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27.11.25

Non erano solo tre o quattro.Erano più di 100. Cento italiani che, secondo le accuse, letteralmente pagavano per uccidere persone, civili, donne e bambini durante l’assedio di Sarajevo, tra il 1992 e 1996.

 Apro   come di consueto  il web per  la mia rassegna  sull'italia  e  sul mondo  ecco   che  leggo   mi pare  se  non ricordo male  dalla bacheca  di Lorenzo Tosa   che   

 Non erano solo tre o quattro.Erano più di 100.  Cento italiani che, secondo le accuse, letteralmente pagavano per uccidere persone, civili, donne e bambini durante l’assedio di Sarajevo, tra il 1992 e 1996.Tra loro professionisti noti, “di elevata disponibilità economica”, insospettabili che imbracciavano un fucile e si divertivano nei fine settimana a sparare su innocenti, in quelli che erano dei veri e propri “safari umani”.La testimonianza della criminologa Martina Radice a “Fanpage” è agghiacciante.“Posso dire
sicuramente che erano più di 100 gli italiani coinvolti nei safari umani di Sarajevo”.
All’inizio si parlava di tre persone: “un uomo di Torino, uno di Milano e l'ultimo di Trieste". Erano solo le prime persone coinvolte nell’indagine, come ha spiegato Radice.Oggi viene fuori che sarebbero molti, ma molti di più. Così tanti che è anche impossibile stabilire un numero esatto.Cecchini improvvisati che partivano dall’Italia, arrivavano a pagare fino all’equivalente attuale di 300.000 euro per un weekend, per poi tornarsene a casa, dalle loro famiglie e al loro lavoro, come se nulla fosse.La banalità del male. Una macchia morale che - se dimostrata - tocca, per numeri e gravità, un intero Paese.Mi auguro che l’indagine vada fino in fondo, che venga fuori tutto, che la giustizia faccia il suo corso, che non cada tutto nel vuoto. Non basta, ma è il minimo.Èuno squarcio nell’anima del Paese.Perché non stiamo parlando di tre folli isolati.Stiamo parlando ,se tutto verrà confermato, di oltre cento italiani che avrebbero trasformato la guerra in un parco giochi per psicopatici, pagando per “giocare” a fare i cecchini su donne, bambini, civili inermi. Gente “perbene”, con soldi, con famiglia, con rispettabilità sociale.Gente che il lunedì mattina tornava in ufficio con la coscienza linda e la camicia stirata, dopo aver passato il weekend a sparare su esseri umani come fossero bersagli di cartone.Se tutto questo venisse provato, non sarebbe una semplice vergogna: sarebbe una ferita etica nazionale, la dimostrazione lampante che il male non abita solo nei regimi o nei fanatici, ma può covare tranquillo nelle nostre case, nei nostri condomìni, negli stessi luoghi in cui ci illudiamo che la civiltà sia garantita.E allora sì, che si scavi fino in fondo.Che non si chiuda un occhio, che non si insabbi nulla, che nessuno si rifugi dietro la comoda foglia di fico del “non sapevo”.Perché la Verità, quando è così sporca, non si guarda: si affronta.E se tutto questo sarà confermato, non basteranno scuse, né processi individuali.Servirà una riflessione collettiva, feroce, onesta, perché una cosa è certa:non doveva succedere.Non poteva succedere.Non in nostro nome.


  che  di.re  al  peggio   non c'è ma fine   . So   d'essere  banale   , scontato  , retorico  ,  ecc    ma   non riesco a  rovare altre parole per  commentare    ed  esprimere  le mie  sensazioni ed  emozioni   davanti a sifatte notizie  . Riersco   solo a  dire  che esse   mettono in evidenza    come il culto della  violenza     e della guerra   sia   ancora  vivo   dopo  le  inutili stragi   del  XXI secolo   e stia    in particolare dopo  l'11 settembre   2001  ritornamdo sempre  di più    come  un fenomeno  carsico . E  oem  l'umanità  si stia preparando   un altra catastrofe  globale   

diario di. bordo n 155 anno III omonimia fastidiosa frutto del colonialismo sel XIX e XX secolo il caso del ADOLF HITLER A RICONFERMA ALLA GUIDA DELLA REGIONE DELL'OMPUNDJA, IN NAMIBIA ., I SOCIAL NETWORK e LE PIATTAFORME ONLINE SONO DIVENTATI I MEDIA CHE PIÙ INFLUENZANO GLI ITALIANI NELL'ACQUISTO DEI LIBRI, SUBITO DIETRO ALLA TELEVISIONE

  

adolf hitler uunona 1

(Adnkronos) - Adolf Hitler si è candidato di nuovo. Nessun errore di battitura, né allucinazione: in Namibia un consigliere regionale dal nome Adolf Hitler Uunona si è ricandidato dopo aver vinto le elezioni in Ompundja con un margine dell'85% sul suo sfidante. Ora è dato come favorito anche per la tornata del 26 novembre prossimo. 

Il suo nome, che puntualmente suscita curiosità e stupore, è il frutto della complessa eredità lasciata dal passato coloniale tedesco in Africa australe. Ma se in Namibia Adolf Hitler può candidarsi e vincere, in Italia la stessa scelta sarebbe stata bloccata dall'anagrafe. Il passato coloniale si riflette nei nomi. 

La Namibia porta ancora i segni della dominazione tedesca. Dal 1884 al 1915, il territorio fu colonia del Reich con il nome di Deutsch-Südwestafrika. I nomi tedeschi, compreso Adolf, non sono rari nel Paese: rappresentano un lascito culturale che sopravvive alla brutalità del genocidio degli Herero e dei Nama, quando la repressione tedesca uccise l'80% della popolazione herero e il 50% dei nama.

adolf hitler uunona 3

 

Uunona ha spiegato che il padre non conosceva la storia del dittatore nazista quando lo battezzò. Anzi: lo stesso consigliere è molto distante dalla ideologia nazista, è un militante del partito Swapo, che governa dal 1990, e ha dedicato la carriera alla lotta contro l'apartheid. 

In Italia Adolf Hitler potrebbe candidarsi? La risposta alla domanda è semplice: in Italia, un Adolf Hitler non solo non potrebbe candidarsi ma non potrebbe mai esistere legalmente, perché nomi del genere sono vietati dalla legge . La normativa che regola l'attribuzione dei nomi ai nuovi nati è chiara: la legge 396/2000, agli articoli 34 e 35, vieta esplicitamente di imporre nomi che possano ''arrecare pregiudizio morale'' o che siano ''ridicoli o vergognosi''. 

Tra i nomi proibiti rientrano quelli che richiamano personaggi storici controversi: Adolf Hitler, Benito Mussolini, Lenin, Osama Bin Laden. L'obiettivo è proteggere i minori da identità che potrebbero segnarne negativamente l'esistenza.Il decreto non dà un elenco completo dei nomi vietati, ma delle regole che stabiliscono quali non si possono affibbiare ai nuovi nati: Oltre al Dpr del 2000, che fissa le regole di base, la giurisprudenza interviene nei casi specifici per definire quali sono i nomi vietati in Italia.

 

adolf hitler uunona 2

Nel dubbio, se avete intenzione di chiamare vostro figlio ''Doraemon'', ''Pokémon'' ''Pollon'', ''Goku'', ''Bender'' o ''Venerdì'' come il giorno della settimana e uno dei personaggi del romanzo Robinson Crusoe di Defoe, sarebbe meglio cambiare idea.  Inoltre, gli ufficiali di stato civile devono rifiutare nomi che coincidano con quelli del padre o di fratelli viventi, cognomi usati come nomi, appellativi di marchi commerciali come Nutella o Ikea, personaggi di fantasia come Goku o Moby Dick. 

Il limite massimo è di tre nomi staccati: ad esempio, ''Gianmaria'' conta come uno solo mentre ''Anna Maria Bianca Rosa'' viene respinto. Se un genitore insiste nonostante l'avvertimento, l'ufficiale registra il nome ma avvia immediatamente una segnalazione al procuratore della Repubblica per la rettifica giudiziaria.La Namibia subì tra il 1904 e il 1908 il primo genocidio del Novecento, perpetrato proprio dai colonizzatori tedeschi contro le popolazioni Herero e Nama.

 

adolf hitler 14

L'80% degli Herero e il 50% dei Nama furono sterminati attraverso impiccagioni, fucilazioni, campi di concentramento e l'avvelenamento sistematico dei pozzi d'acqua. Il generale tedesco Lothar von Trotha ordinò lo sterminio completo: ''Ogni Herero, con o senza armi, con o senza bestiame, sarà fucilato''. Quel genocidio, riconosciuto dalla Germania solo nel 2021, anticipò le tecniche che i nazisti avrebbero poi perfezionato nei lager europei.Eppure, nonostante questa brutalità, la Namibia non ha vissuto la tragica esperienza dell'Olocausto. 

Nella percezione collettiva locale, il nome Adolf rimanda alla colonizzazione tedesca, non al nazismo, come invece succede in Europa. Nel Paese africano vivono ancora 13.000 tedeschi discendenti dei coloni, parlano tedesco, celebrano l'Oktoberfest, possiedono televisioni e giornali nella lingua di Goethe. I nomi tedeschi, Adolf incluso, fanno parte di questa eredità culturale stratificata, segni di un passato coloniale che non coincide con l'immaginario europeo del nazismo. Lo stesso Adolf Hitler Uunona scherza sul fatto di non avere ''mire espansionistiche di dominio globale'', consapevole della reazione che il suo nome provoca oltre i confini africani.




sempre  dal portale    dagospia



BOOKTOK

(ANSA) - I social network scalano la classifica dei media che più influenzano gli italiani nell'acquisto dei libri: dichiara di aver scelto almeno un titolo da comprare negli ultimi dodici mesi sulla base dei suggerimenti di booktoker e bookinfluencer o altri contenuti sui social il 20% della popolazione 15-74 anni. Meglio fa solo la televisione, con il 24%. A seguire i podcast (15%), la radio (15%) e quindi giornali e inserti culturali (13%).

 

I dati completi su come i media influenzano le scelte di lettori e acquirenti saranno presentati il 6 dicembre a Roma, all'interno del programma professionale di Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria organizzata dall'Associazione Italiana Editori (AIE) dal 4 all'8 dicembre alla Nuvola dell'EUR, durante l'incontro La forma del libro: booksthetic, collezionismo e nuove comunità di lettura, in Sala Aldus alle 15.30.

BOOKTOK

 

Intervengono: Loredana Baldinucci (Il Castoro OFF), Mario Bonaldi (Blackie Edizioni), Vincenzo Campo (Edizioni Henry Beyle). Modera Elisa Buletti (Giornale della Libreria). Nello stesso giorno altri due incontri saranno dedicati all'editoria turistica e ai nuovi generi del romanzo. Gli editori che stanno reinventando il libro di viaggio si tiene alle 13.30 in Sala Aldus, intervengono Vittorio Anastasia (Ediciclo), Pietro Biancardi (The Passenger/Iperborea), Mauro Morellini (Morellini editore), Giulio Perrone (Perrone editore).

booktok

 

Modera Samuele Cafasso (Giornale della Libreria). A seguire, ore 14.30 in Sala Aldus, È l'ora dei romanzi di de-formazione? Un'occasione per osservare la narrativa che cambia pelle nell'era delle traiettorie spezzate e delle identità mutevoli. Intervengono Eugenia Dubini (NN Edizioni), Tiziana Triana (Fandango Libri), Tiziano Cancelli (Mercurio Books). Modera Alessandra Rotondo (Giornale della Libreria).



  




È uno squarcio nell’anima del Paese.
Perché non stiamo parlando di tre folli isolati.
Stiamo parlando ,se tutto verrà confermato, di oltre cento italiani che avrebbero trasformato la guerra in un parco giochi per psicopatici, pagando per “giocare” a fare i cecchini su donne, bambini, civili inermi.
Gente “perbene”, con soldi, con famiglia, con rispettabilità sociale.
Gente che il lunedì mattina tornava in ufficio con la coscienza linda e la camicia stirata, dopo aver passato il weekend a sparare su esseri umani come fossero bersagli di cartone.
Se tutto questo venisse provato, non sarebbe una semplice vergogna: sarebbe una ferita etica nazionale, la dimostrazione lampante che il male non abita solo nei regimi o nei fanatici, ma può covare tranquillo nelle nostre case, nei nostri condomìni, negli stessi luoghi in cui ci illudiamo che la civiltà sia garantita.
E allora sì, che si scavi fino in fondo.
Che non si chiuda un occhio, che non si insabbi nulla, che nessuno si rifugi dietro la comoda foglia di fico del “non sapevo”.
Perché la Verità, quando è così sporca, non si guarda: si affronta.
E se tutto questo sarà confermato, non basteranno scuse, né processi individuali.
Servirà una riflessione collettiva, feroce, onesta, perché una cosa è certa:
non doveva succedere.
Non poteva succedere.
Non in nostro nome.

26.11.25

L’islamofobia uccide solo chi ne è accusato” di Younès Ben

Rigrazio la nostra l'utente daniela Tuscano per     avermi segnalato quest  articolo   di  ( foto   al centro  )   su   l'Attivista per la laicità fin dall'adolescenza, il ventiduenne Younes Ben Haddou è membro del movimento Primavera Repubblicana. Sbalordito dai risultati "agghiaccianti" del sondaggio Ifop, lo studente di economia invita i giovani francesi di origine musulmana a "scegliere la Repubblica" rispetto all'islamismo.


Di fronte alla dilagante ascesa dell'islamismo, che sta colpendo una fetta sempre più ampia della nostra gioventù, è giunto il momento di un risveglio repubblicano. Per contrastare questa ideologia mortale, che si sta diffondendo tra un numero allarmante di giovani musulmani francesi, la semplice indignazione non è più sufficiente. Di fronte alla negazione e alla compiacenza di una certa estrema sinistra [in Italia, vedi la difesa di predicatori che inneggiano al 7 ottobre https://www.quotidianopiemontese.it/2025/11/25/non-solo-contro-la-violenza-sulle-donne-a-torino-si-sfila-in-solidarieta-allimam-espulso-video/ , ndr], e di fronte alle fantasie di "grande sostituzione" dell'estrema destra, riaffermare con forza i nostri principi repubblicani e intraprendere azioni concrete per neutralizzare l'idra islamista devono diventare priorità assolute.


Impegnato nella lotta contro l'islamismo fin dall'adolescenza, non ho mai smesso di impegnarmi per promuovere una società basata sull'emancipazione e sulla libertà. Ho visto la violenza dell'islamismo crescere nella nostra società, in un silenzio assordante.


Islam rigoroso

Da giovane musulmano francese, profondamente devoto ai valori della Repubblica, non posso ignorare ciò che rivela l'ultimo sondaggio Ifop: un preoccupante aumento dell'ideologia islamista, in particolare tra i giovani. I dati sono agghiaccianti. Mi rifiuto categoricamente di permettere che vengano minimizzati in nome di un fuorviante "antirazzismo", così come mi rifiuto di permettere che vengano strumentalizzati per trasformare milioni di cittadini musulmani in sospetti permanenti.


L'aumento della pratica religiosa non è di per sé un problema. Lo diventa quando funge da trampolino di lancio per un progetto separatista, quando troppi giovani, immersi in un "Islam 2.0" più rigoroso, si allontanano dall'ideale repubblicano. Quando quasi una giovane donna musulmana su due indossa il velo, quasi tre volte di più rispetto a vent'anni fa, sorge legittimamente la questione del significato di questo simbolo: non è un mero dettaglio dell'abbigliamento, ma un segno diametralmente opposto all'ideale repubblicano e femminista.


Una società emancipatrice, in cui le donne siano pienamente uguali agli uomini, non può essere costruita se una parte significativa dei nostri giovani sceglie – o è costretta a scegliere – un simbolo di regressione, spesso intriso di significato politico. Ho già denunciato questo nel caso degli abaya : questi indumenti non sono neutri; sono al centro di una battaglia culturale. La nostra società è malata di un'ideologia a cui sempre più giovani stanno aderendo. Quando quasi il 40% di loro approva in tutto o in parte le posizioni islamiste, il doppio rispetto a un quarto di secolo fa, dobbiamo affermare con forza che l'islamismo non ha posto nel nostro Paese e non ci sarà mai.


Trappola islamista

La strategia islamista mira a indebolirci dall'interno: a indebolire chi siamo, ciò in cui crediamo, il nostro stile di vita, le nostre libertà fondamentali, l'uguaglianza, la laicità e il nostro modello universalista. Si basa anche su un vittimismo perpetuo, tentando di dipingere i repubblicani come "islamofobi". Respingo questo termine perché "islamofobia" uccide solo coloro che ne sono accusati, come Samuel Paty o la redazione di Charlie Hebdo . Questa accusa fallace e pericolosa impedisce a molti musulmani di denunciare gli abusi a cui assistono nelle loro famiglie, nei loro quartieri e nei loro luoghi di culto. Questo processo estremamente pericoloso mette in pericolo coloro che, come me, difendono un Islam illuminato, pienamente compatibile con i principi repubblicani.


La battaglia culturale deve essere condotta con risolutezza all'interno delle famiglie musulmane stesse, incoraggiando i genitori ad adottare misure preventive contro i predicatori islamisti che prosperano sui social media. Dobbiamo riprendere il controllo affinché i nostri giovani non cadano più preda di un indottrinamento violento e radicale. Questa lotta deve essere condotta anche nelle moschee, attraverso una formazione più solida per gli imam e una posizione inequivocabile contro l'islamismo. Vi ricordo che nei paesi governati da salafiti o islamisti, è la maggioranza silenziosa a pagare il prezzo più alto.


La Repubblica, da parte sua, deve affrontare questa questione con ben maggiore determinazione, senza alcun compromesso con il veleno dell'islamismo. La scuola deve essere il fondamento di una società che non tollera alcun estremismo. Ciò richiede la ferma applicazione della legge del 2004, maggiori risorse per consentire agli insegnanti di trasmettere i principi che sostengono il nostro fondamento repubblicano e sanzioni esemplari contro coloro che cercano di intimidire o delegittimare l'istituzione educativa. La laicità deve essere al centro di questa battaglia. La sua promozione deve accompagnare l'intero percorso scolastico dei nostri giovani cittadini al fine di sviluppare le loro capacità di pensiero critico, condizione essenziale per resistere ai tentativi di indottrinamento.


Scegliere la Repubblica

Dobbiamo anche perseguire una politica molto più ambiziosa in materia di diversità sociale e residenziale, al fine di allentare la morsa della retorica comunitaria che ha prosperato sulla segregazione e sull'isolazionismo per troppi anni. È necessario dare maggiore sostegno alle associazioni che difendono concretamente i principi repubblicani sul campo, nonché una lotta incessante contro le ingerenze straniere, in particolare in ambito religioso. Per questo motivo, chiedo una rinascita repubblicana, che unisca tutti i nostri cittadini di buona volontà, per sradicare l'islamismo ovunque metta radici. La dinamica attuale è preoccupante, ma non siamo condannati all'inevitabilità di fronte a questa ideologia medievale.


Faccio appello ai nostri giovani concittadini musulmani: scegliete la Repubblica e la libertà anziché l'oscurantismo, respingete la tentazione del vittimismo e intraprendete una lotta coraggiosa e imprescindibile contro l'islamismo. L'islamismo non è altro che odio. Questa ideologia è il pericolo che dilaga in tutto il mondo, anche in Francia. Diffonde ideologie razziste, omofobe, antisemite e sessiste. Lo dico da musulmano francese: non cederemo mai.


Testo originale qui https://www.marianne.net/agora/tribunes-libres/refusez-la-tentation-victimaire-l-appel-d-un-jeune-francais-musulman-au-sursaut-contre-l-islamisme?fbclid=IwY2xjawORqklleHRuA2FlbQIxMQBzcnRjBmFwcF9pZA80MDk5NjI2MjMwODU2MDkAAR4YV_9NDuCVLZhZQGRIcgxFc6KYrZvjbrhIbvHBa4P2FSMTLoERpKKmKAyYkw_aem_HhxGmaBN0f7k0pg-3ONlxw&utm_campaign=mrf-facebook-Marianne&mrfcid=2025112469216d82f83ced3cfcae350a

esagerazioni - degenerazioni della cultura woke ovvero del politicamente corretto a tutti i costi . il codice etico della sapienza di roma

 Certo le molestie e  il bullismo sono   un problema   che  va  affrontato ma  qui  si esagera  .  Infatti   si rischia  ulteriormente   da  non  capire   quando  si  può scherzare   o  criticare   qualcuno  o  qualcosa    o  quando  no  .  

Leggo    su  Dagospia  che  



L’UNIVERSITÀ DELLA SAPIENZA la PIÙ “WOKE” DEI CAMPUS AMERICANI – L’ATENEO ROMANO HA INTRODOTTO UN NUOVO CODICE ANTI-MOLESTIE, SIA SESSUALI CHE...MORALI – MA COSA SI INTENDE PER “MOLESTIE MORALI”? TRA LE ALTRE COSE, “I RIMPROVERI OFFENSIVI DEL DECORO DELLA PERSONA” E “LA DELEGITTIMAZIONE DELL’IMMAGINE MEDIANTE INSINUAZIONI SU PROBLEMI PSICOLOGICI O FISICI RISPETTO ALLA SUA QUALITÀ PROFESSIONALE” – MA CHE VOR DI'? ADESSO NON SI PUÒ RIMPROVERARE QUALCUNO CHE ARRIVA IN AULA VESTITO A CAZZO DI CANE? IN QUALSIASI ALTRO POSTO DI LAVORO (E DI STUDIO) CI SONO DELLE REGOLE DI DECORO DA RISPETTARE . 

 Estratto da www.romatoday.it

 

UNIVERSITA LA SAPIENZA ROMA

Un nuovo codice anti-molestie e un premio di laurea in memoria di Ilaria Sula. Sono le novità introdotte dalla Sapienza, dopo il via libera del Senato accademico, in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. 

IL NUOVO CODICE ANTI-MOLESTIE

Il nuovo "codice di condotta per la tutela della dignità delle persone e per la prevenzione delle molestie” riguarderà tutte le persone che studiano o lavorano a qualunque titolo, anche occasionalmente, all’Università.

 

università la sapienza roma

Una prima e importante novità rispetto al codice vigente già dal 2021 consiste nella possibilità di segnalare gli atti e i comportamenti molesti subiti nell’ambito del rapporto di studio o di lavoro, anche al di fuori degli spazi dell’Ateneo e in qualsiasi modalità, compresa quella telematica o informatica. […] 

Tra le novità c'è poi il riconoscimento delle molestie morali e degli atti discriminatori fondati sul genere, sulla condizione genitoriale, sull’orientamento sessuale, sull’origine etnica o sulla provenienza territoriale, sulla religione, sulla disabilità, sull’età, sulle diverse opinioni politiche o sindacali, sulla condizione economica e sociale. 

Il documento si occupa anche dei comportamenti che possono configurarsi come molestie morali Tra questi: i rimproveri offensivi del decoro della persona; la delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a terzi, mediante insinuazioni su problemi psicologici o fisici della persona rispetto alla sua qualità professionale;

l’emarginazione e l’isolamento con intento persecutorio, quale l’ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, la limitazione della facoltà di espressione o l’eccesso di controllo

università la sapienza roma 3

; l’attribuzione di compiti impropri. Il documento precisa infine che è da considerare molestia anche ogni forma di ritorsione contro chiunque segnali comportamenti molestanti o ne sia testimone.[…]  

Crudezza ai crudi di Luigi Almiento

 Si può essere turnisti di una rubrica imparentata con la satira e, allo stesso tempo, ammonire sui rischi che la satira comporta? Vero, il genere non può avere buongusto ed è politicamente scorretto, proprio come certi Caffè. Però ha una regola: scandalizzare per far riflettere, non
scandalizzare e poi facciamo una pizzata.

Eppure il presidente della Federazione degli Ordini dei biologi, l’ex senatore di Forza Italia Vincenzo D’Anna, ha deciso di passeggiare in un campo minato come la violenza sulle donne. Scrive sui social: «C’è a chi piace cruda e a chi cotta, la moglie». Voleva satiricamente criticare la violenza sulle donne, ma l’ha capito solo lui: non aiutava (anzi!) il fatto che si riferisse a Valentina Pitzalis, sfigurata col fuoco dal “suo” uomo che incendiò la loro casa di Bacu Abis, e solo lui morì. Lei, già piagata, ora è pure. Più che ovvio.Ieri era la Giornata contro la violenza sulle donne e i biologi sono spesso d’aiuto alle vittime con le analisi del Dna dell’aggressore. D’Anna avrebbe potuto ironizzare sullo stupratore o picchiatore: «Sei carino sul mio vetrino». Invece ha scelto le donne «cotte» e «crude». Ora sta ballando senza le stelle su un pavimento rovente, mentre uno dopo l’altro gli Ordini regionali dei biologi lo mollano al suo destino: quello di ex capo.Lo ricorderemo così, crudi. Lui e il suo cognome così inopportunamente femminile.

il consenso spiegato alla borgonzoni e a queli che l'hanno fatto saltare quando dei meme valgono più di mille parole

 viste oltre  la  classica  strumentalizzazioni  politiche  ideologiche   e  le  molte lamentele  dovute  a  disinformazione  e    alcune   a  ingnoranza  e  paura    di mettere  indiscussione il proprio ego  dominante     ai politici      che  hanno    rinviato  la legge  e    a  loro  seguaci   da     da   Angelo Greco (@angelogrecoofficial) • Threads,



 





















25.11.25

ecco un modo di combattere i femminicidi aiutare anche gli uomini maltrattanti e spiegare che non è superiore



L'uomo in massima parte non accetta di essere respinto,invece dovrebbe capire e andare avanti
nella sua Vita senza provare rancore che possa sfociare violenza Su questo tema bisognerebbe aumentate
le lezioni di educazione sentimentiuale e di sensibilizzazione nelle scuole




  

 



da che parte guardi il mondo tutto dipende

 leggendo  a  scrocco  dal  figlio   di nostri amici   “Zio Paperone, Paperino... alla ricerca del sasso perfetto” apre   il n   3652   di Topolino proiettando i nostri personaggi in un cambio di paradigma un po' straniante. Schemi di pensiero e conoscenze si ribaltano e capovolgono.Quando la prospettiva da cui vediamo il mondo perde il filtro dalle nostre esperienze (la bussola con cui ci orientiamo), finiamo spesso col mettere in discussione la nostra visione delle cose. A volte riusciamo a comprendere e  a  scherzarci su      come    la  vignetta    della Zinchè   sempre  sullo  stesso numero   a  sinistra   ,  realtà che abbiamo sempre avuto davanti agli occhi .Adottare prospettive flessibili ci apre al cambiamento, ci rende elastici e meglio attrezzati alle sfide della vita, e a dimostrarcelo oggi... saranno dei semplici sassi !  E  proprio    a  proposito  di sassi   sono  le  mie  foto      che  trovate  sotto  . Sassi e  pietre  sfuggite   al  repulisti  ( nascoste   chissà  dove   o buttate  via    in campagna  )  della  mia  libreria  da  parte   di mia   madre   apptrensiva  (   anche troppo       descritta   benissimo ne video  parodia        dei   I  sansoni


 

  L'importanza    dei sassi  , pietre  , fossili,  e altri  piccoli oggetti   (   di cui  vi  palerò un  altra  volta    altrimenti     il  discorso  si  alluga  troppo  )       dipendono da  persona  a  persona . Infatti   ho  ne   ho  raccolti     da me   in alcuni  luoghi simbolo  della  mia  isola   ,  fatemi portare     dai viaggi     d' amici   e parenti o  comprati in   un distributore  i pietre   . 





Io   alcuni  sassi   del  lago  tiberiade o   di  una casa  casa  di  palestinesi    mi  pare  jennin  o      della  cisgiordania     distrutta    dai  coloni \  esercito israeliano     portatami   da alcuni amici  andati  in israele   \  palestina anni  fa  in un  viaggio 
 organizzato  dalla  rivista      confronti  .,  o  di altri luoghi  simbolo scogliere irlandesi  o  terra  del  fuoco  \  fine del mondo   in cile  .,    o di   quello che fu  il muro  di Berlino  . 

quando si smetteranno le bufale e le deligittimazioni delle iniziative culturali come quelle contro la mostra sul patricarto il 25 novembre smetterà 'essere una giornata retorica e rompi

<< non insegnare a tua figlia ad essere preda ,insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >> ( joumana haddad poetessa libanese -1970 - vivente )

Oggi 25 novembre  giornata     contro la violenza    sulle  donne    in una   classica   (  sempre   di meno  in un clima impazzito   a causa del  cambiament climatico  )  giornata    piovosa    e  plumbea  , si coinclude    quela  che ormai  è  diventata    come  succede  con le  giornate    dell'ipocrisia \    giornate  palla in cui  Fa specie peraltro vedere poi le stesse persone che oggi creano e condividono post come questo, pubblicare domani 25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, slogan
contro la violenza di genere.Siete ipocriti ed incoerenti. Perché anche insultare  direttamente  o  indirettamente   una persona via social è violenza.Vedi il  caso   di Valentina  Pitzalis   o   di tutti   quelli  che scrivono commenti contro la cagliaritana Martina Smeraldi, 25 anni pornostar, candidata per l'Oscar del porno, sono spessimo i primi che hanno visto ogni suo film in tutte le piattaforme. E proprio      pe  per  concludere  per  quest'anno la  carrellata   contro culturale   sulla settimana     del 25 novembre in cui  s'approfondiscono retoricamente   ma   anche  no  e [SIC]   si  strumentalizzano \  ideologizzano   i  temi  del femminicidio  stavo cercando   ispirazione   per    creare un post  riuflessivo  e   ìil meno   banale  possibile   .
 Ed l'ho trovato    nella  notizia     riportata  sotto  . Dalla  cui  lettura   si deduce     che la  cultura  ( incultura    in  realtà )    tossica si combatte  andando  oltre  la   solita  contrapposizone   tra  atriarcato ed  anti   patriarcato   .  Insomma    bisognerebbe    ,  solo  cosi   i  femminicidi e la  violenza  di genere   verrà  ridotta  e  forse  scomparità  , smettere  di  alimentare   classificandolo  \  etichettandolo  come  abberrazione \  egenerazione   (  quando non lo  è  ) della  cultura  woke   così una narrazione che sminuisce le istanze portate avanti dal movimento femminista,  vedere    estratto  sotto  ,    riducendo a caricatura battaglie che mirano invece a rendere visibile un problema profondo e tutt’altro che risolto. Si tratta di un meccanismo consolidato, che permette di ignorare le responsabilità culturali, politiche e istituzionali, e impedisce la possibilità di un confronto serio su cosa hanno prodotto le disuguaglianze e la violenza di genere.






"Follia woke", "concentrato di teorie gender", "buffonate", "volgarità": è bastata la locandina dell'evento per scatenare i giornali di destra contro il Mupa, il Museo del patriarcato, l'evento lanciato da ActionAid in occasione della settimana di avvicinamento al 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una mostra provocatoria, accompagnata da panel e laboratori dedicati a temi come i corpi, la narrazione della violenza e il diritto alla città, con l’obiettivo di immaginare un mondo in cui il patriarcato – origine di stereotipi e discriminazioni che permettono il perpetuarsi della violenza – diventi finalmente solo un “pezzo da museo”.


Quindi   per   combattere  o ridurre    il femminicidio    bisogna andare oltre le  classiche  commemorazioni \  celebrazioni  retoriche ( la maggior parte )   e  mettere  in atto   sul serio  altrimenti  sono  solo  pugnette    e  non  fatti,  delle  serie  politiche   socio culturali  di prevenzione  , educazione,d'aiuto fiscale  \ econimico  ed  legislativo   ai centri  antiviolenza    e  occuparsi  anche degli orfani  dei  femminicidi  . Infatti   Il nostro sistema investe molto  e  male    sulla risposta penale  per  chi commette i reati.  Infatti   ogni tre giorni in Italia viene ammazzata una donna: un dato spaventoso, che non possiamo più accettare  e  prendere  sotto  gamba il  fenomeno :   con discorsi giustificazionalisti e  benaltristi o  in certi casi pseudo  scientifici  come  quelli avvenuti  qualche  giorno fa da  parte  di  due  rappresentanti  governativi   come il  ministro  Nordio e la ministra  Rocella  
 Per fare fronte a questo scempio, le istituzioni hanno   giustamnìmente   introdotto nuovi strumenti di prevenzione: divieti di avvicinamento, pene più  severe e altre forme di tutela come il braccialetto  elettronico. Ma tutto questo, purtroppo, non è bastato.  Si agisce troppo poco e  male    con preconcetti e pregiudizi    sulla prevenzione, l’educazione (  vedere   la  mancata proposta  , problema  atavico   in italia   sono d'anni   che non siriesce  ad  introdurre   nel  sistema scoastico l'eucazione   affettiva  e  sessuale   ) e il contrasto agli  stereotipi. La lotta alla violenza deve spostarsi sul piano sociale e culturale ed  informativo  vista  la  propaganda  e  le  Fake news   e  disinformazione   che  ancora  persiste  . In  sintesi   Dobbiamo come dice      l'articolo  riportato a  sinistra  sopra    tratto  da Giallo    della  scorsa settimana    e il  suo  speciale  sul   25    novembre   Ma  soprattutto    rispettiamo  , proviamoci il  più possibile almeno ,    con i  fatti ogni  giorno : Ma  soprattutot ,  scusate    se mi  ripeto    ancra    una  volta     fare  come la  poesia  citata ad inizio post

24.11.25

Il Supramonte visto dai “Cuiles”, l’ultimo avamposto dei pastori di Luciano Piras


la  nuova  sardegna   22 novembre 2025 21:46





Da Dorgali a Baunei, da Oliena a Orgosolo e Urzulei: un libro di Leo Fancello censisce 263 ovili e raccoglie le testimonianze dei protagonisti


Dorgali «La domenica, le famiglie dei pastori si riunivano in un pinnettu per giocare a tombola o a carte, seduti sopra dei sacchi riempiti d’erba». Così raccontava tzia Michela Mandoi, dorgalese classe 1932, scomparsa pochi mesi fa. Raccontava, lucida e felice, di quei pochi momenti di svago, di quell’unico giorno settimanale consacrato al riposo, anche se poi si lavorava comunque, perché negli ovili, in fondo, c’è sempre qualcosa da fare, persino di domenica. «Nel cuile – aggiunge tziu Nanneddu Fronteddu Berritta, pure lui di Dorgali, dov’è nato del 1933 – producevamo formaggi e salumi che vendevamo in paese a negozianti ed albergatori. I maiali venivano comprati da pastori di Desulo. Generalmente, secondo l’abbondanza di pascolo, le capre producevano tra i 50 e i 70 litri di latte al giorno, dai quali ricavavamo tre, quattro formaggi».
Bastano queste poche pennellate, questi pochi passaggi rubati al nuovo libro di Leo Fancello, “Cuiles. Storie e tradizioni del Supramonte”, appena pubblicato dalla Edes di Sassari, per immergersi in un mondo che ormai sta scomparendo, vinto dai tempi, dimenticato dai social eppure ancora benedetto da madre natura, regina indiscussa nelle cime più impervie di Baunei, Dorgali, Oliena, Orgosolo e Urzulei.




Il regno dei cuiles: «Le antiche dimore di chi in quei monti ha duramente lavorato per lunghi anni, allevando capre e maiali» spiega Fancello. Professione geometra, speleologo, guida ambientale e turistica, profondo conoscitore di ogni sentiero e anfratto del Supramonte. È qui, in questi labirinti carsici che dalle zone interne guardano al Mar Tirreno, che Leo Fancello ha censito ben 263 insediamenti umani, dove «svettano le superbe capanne di abitazione, i pinnettos, che ricordano da vicino le capanne nuragiche» spiega l’autore di questo libro frutto di oltre trent’anni di escursioni, incontri, interviste, rilievi, studi, fotografie. Oggi sono soltanto due, forse tre le famiglie che ancora vivono e lavorano nei cuiles: a Buchi Arta, ai confini tra il cielo e il mare, tra i ginepri di una pietraia che si affaccia su Cala Luna e una falesia che squarcia l’orizzonte infinito.
Di ogni cuile individuato, Fancello presenta una scheda tecnica, ne descrive le condizioni attuali, misura la quota altimetrica, segnala la presenza o meno di recinti per animali o di siti archeologici. Fancello va oltre: accanto alle tecniche di costruzione e alle caratteristiche architettoniche, differenti da paese a paese, da zona a zona, raccoglie le testimonianze dirette, i racconti in prima persona dei protagonisti e delle protagoniste che hanno vissuto i cuiles di un tempo: pastori, caprari soprattutto. Storia e storie dei Supramontes. «Ciascuna secondo la propria singolare identità ma nel quadro antropologico della comunitaria cultura pastorale» evidenzia Bachisio Bandinu nella presentazione del saggio, una guida sicura nell’ambiente naturale di questa porzione di Sardegna, un viaggio nel passato che porta dritto dritto al futuro, dalla conformazione geologica all’etnografia, dalla preistoria alla tecnologia, dai metodi di allevamento alla tradizione orale. Persino alla poesia. Leo Fancello ci aggiunge anche la narrazione: uno stile tutto suo, che intreccia parole e immagini, suggerimenti e constatazioni, dati analitici e generali, documenti, sogni, speranze e cruda realtà.




Perché se oggi i cuiles sono tappe di un percorso alla scoperta delle meraviglie del Supramonte, non bisogna mai dimenticare che quelle stesse capanne sono state croce e delizia di generazioni di uomini e donne che hanno dovuto lavorare sodo per tenere in piedi la famiglia. Un mondo raso al suolo, letteralmente, dall’arrivo della petrolchimica, devastante per le campagne del Nuorese. Molto più del banditismo, la piaga tanto temuto allora, quando era facile negli ovili fare a tu per tu con chi era alla macchia. L’ospitalità era sacra, non poteva essere negata a nessuno, come in mare aperto non può essere negata una ciambella galleggiante a chi rischia di affogare. «Questo libro non rappresenta solo il ricordo di un tempo passato che non si ripeterà mai più – chiude Angelo Capula nella postfazione del volume –. Non è soltanto il racconto di vite vissute ma è un messaggio per l’attuale generazione e quelle future. In questa prospettiva il Supramonte, con i suoi cuiles carichi di storia e storie millenarie, è un bene unico, di inestimabile valore, un’importante opportunità e anche una sfida che gli amministratori pubblici devono saper affrontare». «È stata una corsa contro il tempo e, probabilmente – saluta Leo Fancello –, siamo arrivati un po’ tardi. Sono rimasti pochi uomini e donne in grado di raccontare quel mondo, e molti cuiles, fra non molti anni, saranno ridotti ad informi cumuli di macerie». La speranza ultima è che questo patrimonio non vada mai perso.
Il glossario Dalla A di “ae”, che in italiano significa “aquila reale”, e di “ae trina” che sta per “aquila del Bonelli”, alla Z di “zumpeddu”, “sgabello basso, di sughero, legno o ferula”. Leo Fancello ha pensato bene di inserire nel suo libro “Cuiles. Storie e tradizioni del Supramonte” anche un piccolo “Glossario” che raccoglie i vocaboli sardi dorgalesi che ruotano attorno al mondo degli ovili. Poche pagine utilissime per i lettori che si avvicinano per la prima volta a questo spaccato di Sardegna. Intanto, una precisazione: “cuile”, singolare di “cuiles”, viene detto anche “coile”, “coiles”. Indica l’ovile, l’insediamento pastorale. “Cuile ‘e monte” è l’ovile di montagna. “Cuile ‘e settile” è l’ovile d’altipiano. “Cuile d’eranu” è l’ovile utilizzato dalla primavera all’autunno. “Cuile pesau” dae terra è la capanna con le travi che partono dal suolo. “Cuile a muridina” è la capanna con le travi che poggiano sul muro perimetrale. Poi ci sono i “culuminzos de cuile”: le travi principali della capanna di abitazione. Il riparo per i capretti prende il nome di “edile” mentre la capra che ha un’età compresa tra i tre mesi e un anno si chiama “gargazza”. “Su camu” è il morso di legno per svezzare i capretti. E via discorrendo, passando per “mandra” o “corte”, il recinto per gli animali, per “secotiana”, capra che figlia da febbraio in poi, fino a “taschedda”, piccolo zaino di pelle, e “teracu ‘e pè”, servo pastore con gregge proprio. Scorrere l’ordine alfabetico del glossario è un modo per ricapitolare quanto svelato da questo “Cuiles”, nuovissima fatica letteraria di Leo Fancello, già autore di altre pubblicazioni sul tema andate esaurite da tempo. Sua la guida pratica ai sentieri dei Supramontes “Trekking dei cuiles”, ormai introvabile.

miei ricordi fotografici e non solo di ornella vanoni alla Agnata di de andrè 13.8.2008

 voglo  ricordare   la  morte  della  vanoni  ,  un  pezzo  della  canzone italiana   che  se  ne  va  ,   rispescando   tra  i mieiricordi  fotografici e non solo    di  un suo  concerto    di  questi    18  anni fa  . 
  Nel  lontano 13  agosto   2008   all'Agnata  di  Andrè   si esibi  Ornella  vanoni  . Ricordo   che fu   un  bel  ,  anche  se  non eccelso    vista l'importanza   della Vanoni  e la  (  per  i  fans  di De  andrè )  sacralità  del luogo  .







Infatti  ricordo     che il pianista   che  l'accompagnava  , allora  all'esodio   se  non  ricordo  male  ,  il  figlio    di  Enzo  Janacci  dovette   fare  i  salti mortali   per  coprire  alcune  sue  stecche  e    che  lei    fece rifare   una  due  canzoni     fra  cui anche attenti al  gorilla  perchè   aveva  sbagliato  le  strofe  .






 Ricordo    che   furono dati ordini al pubblico su richiesta della stessa vanoni da quelli della fondazione de andrè e di time jazz di non essere fotografata, ripresa da davanti o dalla sinistra del palco ma solo di profilo . Infatti le mie   foto    sono ( tanto  se  c'è reato  è ormai prescritto     visto  che sono  passati  quasi  20 anni  )  pirata e  fatte    con il  metodo    carpediem . Infatti   dovetti " battagliere "  con  gli adetti    che     controllavano severamente  il  pubblico nel mio  caso   un pacchetto   di  carmelle    era  stato  scambiato   per  un  cellulare . Ma    ci furoino risate   quando stava  alzandomi  per   cazziarmi   rivolsi   , facendo  gestoi d'offrire  ,  il  pacchetto   verso  l'addetto  .    

caccia alle streghe e umorismo becero i casi i Valentina Pitzalis sopravvissuta al femminicidio e Cecilia Angisano giudice minorile nel caso della famiglia del bosco

Capisco il tipo che come me usa l'ironia e il sarcasmo perchè sempre allegri bisogna stare come diceva una vecchia canzone ma ci sono dei limiti che non andrebbero mai superati o se lo si fa cercare scuse migliori o stare zitti e subire il crucifige .


leggo basito da Lorenzo Tosa
Questo individuo si chiama Vincenzo D’Anna, ex senatore di Forza Italia nonché attuale Presidente dell’Ordine dei Biologi.E questa qua sotto è la frase agghiacciante che ha scritto su Valentina Pitzalis, la donna e attivista contro la violenza di genere vittima di un tentato femminicidio nel 2011 da parte del marito, che ha tentato di darle fuoco, sfregiandole il corpo e il volto per sempre. “C’è a chi piace cruda ed a chi cotta la moglie” ha scritto su Facebook come un hater qualsiasi che affolla quella cloaca maxima che sono spesso i social.È un commento talmente orrendo, ripugnante, che non avrebbe neanche bisogno di commento.Solo di dimissioni immediate.Invece D’Anna cosa fa? Spiega, si offende, addirittura contrattacca:“Commento sarcastico e non valevole di offesa per la povera vittima. Precisazione a beneficio dei mistificatori!!” Sarcastico? Mistificatori?Quando la toppa è molto ma molto peggiore del buco. Una voragine di sessismo, violenza verbale incompatibile con qualunque incarico pubblico o di categoria.I soliti destroidi [ ma anche altri corsivo mio ] diranno che “non si può più dire niente”.E invece siamo nell’epoca in cui si può dire tutto. Senza mai pagarne le conseguenze.

il secondo caso   riguarda  

Cecilia Angrisano, la giudice che ha firmato l’ordinanza sulla casa nel bosco di Chieti e Presidente del Tribunale dei Minori dell’Aquila  Lo hanno rifatto, come sempre, sempre con lo stesso metodo squadrista.In queste ore è finita nel mirino di tutta la destra e dei suoi “giornali”, se così si possono chiamare.Addirittura “La Verità” la espone all’indice in prima pagina con tanto di foto centrale e un titolo che viola qualunque codice deontologico o principio di dignità.“Ecco chi è il giudice che ha portato via i i figli ai genitori nel

bosco”.
Come se fosse una sadica che si diverte a separare famiglie.Non solo. La accusano anche di essere un’attivista Lgbbtqi+, come se difendere i diritti delle persone fosse - nella loro visione del mondo distorta - qualcosa di cui vergognarsi.Una vera e propria caccia alle streghe, una gogna pubblica, con la stessa modalità già utilizzata con la giudice Apostolico per Lampedusa, con Silvia Albano nel caso dei centri in Albania. E ora Angrisano. Questo non è giornalismo o informazione . Questo è squadrismo puro. Orchestrato dai massimi esponenti del governo assieme ai propri trombettieri di regime.Voglio esprimere la massima solidarietà a questa servitrice dello Stato, la cui unica “colpa” è quella di aver applicato la legge con disciplina e onore, di aver messo al primo posto la tutela dei minori, consapevole di quello che rischiava in un Paese guidato da populisti con la clava.E no, non le nascondo la faccia, perché non c’è nulla da nascondere né da vergognarsi. Anzi, sono grato a questa giudice. E, come a lei, a tutti i giudici che fanno bene il proprio mestiere in un clima infame.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   dopo a  morte    di  Maurizio Fercioni ( foto   sotto  a  centro ) , fondatore del Teatro Parenti a Milano e primo tatuatore d’Italia Gia...