8.9.05

news allucinante

 dalla   nuova sardegna  d'oggi  8\09\2005

 

  riporto questa news  agghiacciante  è a  dir poco   senza  commenti perchè certe  news  ti lasciano l'amaro in bocca  o  senza parole  tanto  da  nonnriuscire  ad trovare le  parole  per  commentare  tale  situazione   e  condannare   l'inciviltà  di certa  gente 

 

Olbia-Sassari a piedi per farsi rimpatriare  
Affamato e pieno di piaghe è stato ricoverato in ospedale   
Sfruttato come servo pastore e mai pagato Oggi forse sarà espulso 
 
SILVANA PORCU 

 

 SASSARI. Dalla Romania fino a Oristano per un lavoro, ma il viaggio più faticoso è stato quello da Olbia a Sassari. A piedi. Per Iacob, 20 anni, il miraggio erano seicento euro al mese, promessi ma mai ricevuti. Senza un centesimo è stato scaricato al porto di Olbia. Ha dormito dove capitava e poi si è incamminato verso Sassari. Un viaggio che gli ha divorato i piedi, consumati fino alla carne. Il ragazzo, ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale Santissima Annunziata di Sassari, racconta la sua storia iniziata l’8 luglio a Onesti, la città rumena dove abita con i genitori adottivi. «Io lavoravo da un idraulico - dice mentre si accarezza i piedi, gonfi e impacchettati nelle garze -. Un giorno un amico che lavorava in Sardegna mi ha parlato della paga che si riceveva qui e così dopo un po’ ho deciso di partire». Seicento euro in Romania si guadagnano con due mesi di stipendio da statale. Una cifra da ricchi. Con la sua valigia Iacob passa la frontiera, attraversa l’Ungheria e arriva a Roma. Con la nave va a Olbia poi raggiunge Oristano con il treno. «La persona per cui dovevo lavorare mi aveva pagato tutto il viaggio - spiega in un italiano stentato - e appena sono arrivato, il 12 luglio, ho cominciato subito ad accudire gli animali». Per Iacob inizia la vita del servo pastore. Nessun foglio da firmare, nessuna stretta di mano. Solo una zappa, il trattore e il mangime. Dalla mattina alla sera per sette settimane Iacob ha curato il bestiame e arato il terreno, ha sistemato la campagna e fatto tutto quello che gli veniva chiesto. L’unico intervallo sono i pasti e qualche sigaretta, regalata dal suo datore di lavoro. O quasi. Dopo un mese e mezzo Iacob non ha ancora ricevuto un soldo e chiede spiegazioni a Sebastiano, il «padrone» di cui il giovane conosce soltanto il nome. L’uomo risponde che la cifra è cambiata. I seicento euro sono diventati 350. Ma bisogna anche togliere le sigarette, altri cento euro in meno. Iacob, arrivato con un sogno in tasca, prova a insistere per essere pagato. Ma Sebastiano non vuole sentire ragioni. Prendere o lasciare. A lui non interessano le speranze di questo ragazzo che ha lasciato la famiglia per inseguire un sogno, non gli interessa neanche sapere che i genitori del giovane, ai quali lui vuole portare quel gigantesco stipendio promesso, sono la sua famiglia adottiva, perché Iacob fino a tre anni fa ha vissuto in un istituto. Il giovane rumeno capisce che la promessa è solo un inganno e prende l’unica decisione possibile: rimettersi in strada verso casa. Dato che non ha un soldo, accetta il passaggio di Sebastiano: l’uomo si offre di accompagnarlo fino a Olbia e pagargli il viaggio di rientro. «Non mi ha mai trattato male - continua Iacob -. Solo che non mi ha mai pagato». Lo dice con un sorriso triste, la delusione stampata sulla faccia. Anche perché la parte peggiore del suo racconto deve ancora arrivare. «Siamo arrivati al porto di Olbia - dice mentre cerca le parole giuste - e lì Sebastiano mi ha detto di aspettare un attimo: doveva guardare gli orari delle partenze». E invece è stato lui a prendere il largo. Dopo avere scaricato Iacob nel bel mezzo del porto, è rientrato in macchina e ha ripreso la via di casa. Il pastore, dopo avere sfruttato per settimane il lavoro di un giovane straniero, l’ha lasciato su una strada, senza pagargli nulla di quello che aveva guadagnato con più di un mese di lavoro. E infrangendo anche quell’ultima promessa di un biglietto verso Civitavecchia per rientrare in Romania.A Olbia non ho mangiato per quattro giorni - dice quasi con imbarazzo -, poi ho trovato la Caritas e per due volte mi hanno dato il pranzo. E di notte ho dormito su un camion che era parcheggiato lì». Iacob, privo di documenti, gioca quella che pensa sia l’ultima carta: andare dai carabinieri per essere rispedito a casa. «Mi hanno detto che dovevo chiamare un amico per poter rientrare in Romania, ma io non avevo soldi per telefonare». Una motivazione che non ha smosso nessun animo: «Sono stati chiari: “Trova una persona, oppure tra due giorni ti facciamo così”» spiega mettendo i due polsi uno vicino all’altro. Iacob prova a rivolgersi a un rumeno che vende fazzoletti a un semaforo di Olbia. Il connazionale gli consiglia di andare a Sassari, «perché i tempi per l’espulsione sono più brevi» gli dice. «Ho chiesto un passaggio a qualche automobilista ma le persone volevano soldi». Al giovane non resta che mettersi in cammino. Qualcuno gli ha detto che le due città distano poco più di una decina di chilometri, al massimo dodici. Non immagina che siano più di cento. E così venerdì scorso questo piccolo Forrest Gump in versione rumena inizia l’ennesimo viaggio a bordo delle sue scarpe. Ma a differenza del protagonista del film di Robert Zemeckis, Iacob sa perfettamente perché lo fa: vuole tornare a casa, scappare da questa spirale che l’ha intrappolato in un posto sconosciuto e senza neanche un soldo per comprarsi qualcosa da mangiare. «Venerdì ho fatto sessanta chilometri a piedi e poi ho dormito in un campo» racconta. Sabato ha ripreso il cammino «anche se qualche volta mi fermavo, mi facevano male i piedi». Dita e talloni sono ridotti a carne viva, ma Iacob non ha scelta, deve arrivare a Sassari se vuole uscire da questo incubo. A quindici chilometri dalla meta, per strada, incrocia un pullman in arrivo da Olbia. Lo guida lo stesso conducente che l’aveva visto incamminarsi dal porto. «Si è fermato e mi ha accompagnato fino alla città». Qui Jacob dorme su una panchina della stazione, non riesce più a muovere un passo. Una persona lo nota e, sentita la sua storia, si offre di portarlo a mangiare qualcosa «ma io non potevo muovermi». All’uomo basta un’occhiata ai piedi per capire che Iacob ha bisogno di cure. Lo porta immediatamente al pronto soccorso. Quando parla di questi piccoli gesti lo sguardo si illumina. E viene fuori un piccolo sorriso: «Anche qui in ospedale sono stati gentili. Mi hanno anche regalato un paio di scarpe». A Sassari finalmente ha saputo che potrà rientrare nel suo paese. Forse già domani, con i piedi fasciati e un sogno ridotto a brandelli, ripartirà verso casa. In tutto questo tempo ha sentito i suoi familiari solo una volta. «Mi è dispiaciuto sentirli piangere ma ora tornerò a casa». È risoluto e felice, questo ragazzo, che il 30 agosto, mentre dormiva per strada, ha trascorso il suo ventesimo compleanno lontano da tutto. La convinzione in questo momento è una sola: «Non tornerò mai più qui. Voglio andare dalla mia famiglia, rivedere i miei amici. Volevo lavorare e guadagnare un po’ di soldi. Adesso voglio solo ripartire».

1 commento:

compagnodiviaggio. ha detto...

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