Senza titolo 826


a chi mi dice  , ed in parte  non ha   tutti i torti  , che  sono  legato al passato e  sono nostalgico   rispondo  con questo articolo  ( scusate il cut\ past   ma    è un periodo incasinato per fare delle  ricerchè e  scrivere io i post  )  ttratto dalla nuova sardegna   del  27\5\2005 e la  foto  che ci hanno fatto  il 26\09\2005  ala fine dela  presentazioone 




Julian Cope, l’ex punk scozzese che studia i templi nuragici  Incontro a Tempio con il musicista e ora anche scrittore di libri sui megaliti sparsi in tutta Europa   
  
  
 
GIULIA BARDANZELLU 



 


«I nuraghi? È evidente che avessero scopi difensivi, così come lo è per costruzioni simili presenti in Scozia. Le tombe dei giganti sprigionano energia positiva? E’ probabile che questa forza la emanassero i luoghi in cui sono sorti. La Sardegna era Atlantide? Non so, mi fido degli storici greci e nei loro scritti ne sarebbe rimasta memoria». Palazzo Pes Villamarina, «Incontro con l’autore», iniziativa organizzata dalla Libreria Max 88 di Massimo Dessena. A rispondere ai quesiti incalzanti di un pubblico attento non è un accademico ma il “cantautore sciamanico”, “rocker visionario”, “cantastorie apocalittico”, Julian Cope.L’ex frontman dei Teardrop Explodes, band post-punk cresciuta con le suggestioni new wave di fine anni Settanta, è in Sardegna per raccogliere materiale per la sua prossima pubblicazione, una monografia sulle tombe dei giganti presenti nell’isola. Già autore di «Megalithic European», volume dedicato alle culture preistoriche europee, il musicista e scrittore di Tamworth ha voluto chiarire subito perché, da oltre 15 anni, si interessa alle culture preistoriche: «È importante studiare i primi templi stabili perché siamo in uno stato di permanente divenire. L’unico modo per guardare al futuro è rivolgersi al passato, dove è possibile riscontrare un medesimo modo di vedere le cose, le ossessioni, e le stesse paure che ci appartengono». La copertina di «Megalithic European» reca l’immagine del portale della Tomba dei giganti di Su monte e’ s’ape, complesso megalitico vicino Olbia, e non a caso è stato scelto un monumento sardo: «A mio parere la Sardegna è stato il vero crocevia delle culture del mediterraneo, punto d’incontro tra nord e sud Europa. Quest’isola è un mistero perché ci sono zone ancora difficili da raggiungere a strutture che forse attendono di essere visitate e studiate».
 Difficile, nonostante gli occhiali scuri, il giubbotto in pelle e il cappello da cowboy, fargli svestire i panni dello studioso per parlare di musica, della sua carriera da solista dopo lo scioglimento dei Teardrop nel 1982, e dell’ultimo progetto dopo diversi anni di silenzio, «Citizen Cain’d», album in cui la teoria del “futuretro” di Cope si dispiega abilmente nei riferimenti agli Stooges di Iggy Pop e a gran parte delle atmosfere musicali di metà anni Settanta: «La storia del rock è troppo ricca, forte e indiscutibile per non andarci a cercare riferimenti da utilizzare oggi. Ho smesso quando ero all’apice per salvarmi - osserva - ma anche perché, per essere scientifico e credibile, dovevo essere persistente nei miei studi». Le domande sulla storia della Sardegna, sulle teorie di Sergio Frau (che confessa di non conoscere) e sul megalitismo europeo, si alternano a quelle sulla sua idea del panorama musicale e sulla visione “sciamanica” del musicista che guarda al passato. Così i rocker diventano le divinità dei templi, prima osannate, poi spazzate via e sostituite da altre, e gli antichi sono definiti dei Mozart, per metafora musicale, e “modaioli”, per l’ossessività delle rappresentazioni ricorrenti nelle pietre delle tombe. C’è davvero tutto e tutto combacia nel mondo di Cope, che ama l’american dum metal e lo speed metal giapponese perché gli piace «la musica utile e senza teorizzazioni borghesi» e che, da studioso, confessa di essere stato accolto benissimo dal mondo accademico inglese «soprattutto dai ricercatori più anziani, che sono felici che qualcuno si avvicini all’argomento per reale interesse piuttosto che per la pubblicazione di un libro fine a se stessa». Alla fine dell’incontro, tra autografi e strette di mano, qualcuno gli passa dei biglietti con i nomi di alcuni siti sardi da inserire nella sua prossima pubblicazione che, a giudicare dalla serietà con cui affronta l’argomento, lo vedrà impegnato ancora per molti anni. «Ho tutto il tempo del mondo”, si legge a conclusione della sua autobiografia «Head-on/Repossessed».

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