il ricordo di tali eventi no è solo il 27 gennaio
Quando, quasi due anni dopo, fu il suo turno, prima che la foto fosse scattata, Czesława Kwoka “si asciugò le lacrime e il sangue dal taglio sul labbro” - come ricorda lo stesso Brasse - che le aveva procurato la kapò a bastonate in faccia.
In quel momento Czesława aveva 14 anni, era appena arrivata al campo, non parlava e non capiva una
parola. Poche settimane dopo, il 18 febbraio 1943, le ammazzarono la madre, Katarzyna. Il 12 marzo fu assassinata con un’iniezione di fenolo nel cuore.
Poco prima che l’Armata rossa fece irruzione ad Auschwitz, i nazisti ordinarono a Brasse di distruggere tutte le foto insieme ai negativi, ma lui riuscì coraggiosamente a salvarne qualcuna. Tra queste, c’era quella di Czesława, che diventerà una delle fotografie più iconiche di sempre di quell’orrore, e nel 2018 fu colorata per aumentarne la vividezza.
Questo scatto è di una dignità, nello strazio, da mettere i brividi.
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La chiamavano affettuosamente “la biondina della Val Taleggio”. Ma lei, Piera Vitali detta Pierina, era prima di tutto una partigiana, una combattente, una donna libera.
E lo è stata sempre, fino all’ultimo istante.
È stata arrestata dai fascisti a 21 anni, mentre combatteva per la liberazione.
È stata interrogata, ma lei non ha fatto i nomi dei compagni.
È stata messa al muro davanti a un plotone armato. Ma lei non ha fatto i nomi.
È stata pestata a sangue, torturata, ma lei non ha fatto i nomi.
Infine l’hanno caricata su un pullman diretto ai campi di concentramento. E lei ha sfondato il finestrino e si è lanciata in corsa, tornando a fare la staffetta partigiana fino alla libertà.
Aveva 21 anni, poco più che una ragazzina.
Due anni fa esatti, Pierina se n’è andata a 96 anni. Lei, una di quelle che la patria l’ha difesa davvero, non a parole o a slogan, ma con un coraggio e una forza (e a un’età) che oggi fatichiamo anche solo a immaginare.
Ciao Pierina, ovunque tu sia.
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