15.10.12

Toccami le tette in segno di amicizia Sdoganiamo la palpata di tette come saluto!

   dalla rete
Come provocazione  non è male  , peccato che sia  irrealizzabile e troppo utopistica .
da  http://www.fanpage.it/valentina-nappi/
Se qualcuno/a è attratto/a dalle mie tette, io di sicuro non mi offendo. Certo, anch'io detesto quei gesti – e quelle parole – che hanno il sapore della mancanza di rispetto e si accompagnano in genere a un atteggiamento di scherno. Ma quando c'è rispetto e un pizzico di confidenza – e se non c'è quella repulsione fisica che rende sgradito anche un bacio sulla guancia (ma questo è un altro discorso)-allora una bella palpata di tette non può che farmi piacere. Mi permetto quindi di proporla come gesto di simpatia fra amici o conoscenti, al pari di un abbraccio con baci sulla guancia. Un saluto informale, allo stesso tempo sbarazzino e sensuale, fra una ragazzo e una ragazza o fra due ragazze, magari compagni/e di liceo o di università. Ne potrebbe nascere una moda. Un bella moda.



Io penso  che sia una fesseria  tale proposta     di  Valentina Nappi , perchè toccare  \ anzi palpare il seno   ad una donna è come se una  donna  palpasse  le  palle    dell'uomo .  E voi  donne soprattutto che ne pensate  ?

14.10.12

Il flop dei farmaci no-logo “Sconti e incentivi inutili gli italiani vogliono le griffe”


Logico  che  anche una delle  riforme  più innovative   può sembrare  un fallimento  quando  alla paura  di cambiare , del nuovo  , s'aggiunge  anche  quella  d'andare oltre le proprie abitudini e  di cambiare  .Quindi caro ministro  non demorda  deve fare  la stessa cosa   che  dovrebbe  fare Michelle  Obama per la sua riforma sanitaria  


da repubblica DOMENICA, 14 OTTOBRE 2012
Pagina 23 - CRONACA
MICHELE BOCCI 



ROMA

IL  2012 doveva essere l’anno dei generici per l’Italia. Dopo il provvedimento del ministero della Salute che il giorno di Ferragosto ha imposto ai medici di scrivere il principio attivo del farmaco sulla ricetta ci si aspettava un’impennata delle vendite. E invece adesso, a due mesi da quella legge, c’è chi parla di flop. Lo fa Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici: «Le vendite non vanno, gli italiani non li comprano». Le confezioni vendute dei cosiddetti equivalenti sono passate da 5 milioni e 120mila
di media mensile a giugno-luglio a 5 milioni e 480 mila di settembre. L’aumento è del 6,9 per cento. Visto che nel nostro paese i generici rappresentavano prima dell’estate circa il 17 per cento del totale dei medicinali venduti in farmacia, ad oggi siamo saliti più o meno al 18 per cento del mercato. Siamo cioè distantissimi dalla media europea, che è del 55 per cento con punte del 65 per cento in Germania e dell’85 per cento nel Regno Unito. «Tra l’altro — dice sempre Foresti — i dati ci raccontano di una buona partenza a fine agosto e di un lieve calo alla fine del mese scorso».
Perché i generici non stanno vendendo quanto ci si aspettava? Intanto il provvedimento del ministro Balduzzi prevede che i medici possano continuare a prescrivere il farmaco di marca a brevetto scaduto ai pazienti cronici che lo usavano, o se motivano in ricetta la loro scelta. Inizialmente poi la nuova legge aveva fatto polemizzare i medici di famiglia e non è escluso che qualcuno continui a segnare il prodotto con il “brand” per protesta. C’è poi il ruolo dei pazienti. In molti continuano a preferire i farmaci di marca e li chiedono al farmacista, cosa permessa dalla legge. C’è ad esempio tra gli anziani chi prende più medicinali al giorno e non se la sente di farsi consegnare pillole
di forma e colore diverso rispetto a quelle a cui è abituato. Ha paura di fare confusione. Così paga la differenza tra la cifra rimborsata dallo Stato, che equivale al prezzo del generico, e il costo del farmaco di marca.
dall'articolo  tramite cattura  schermata
Chi produce gli equivalenti vede grigio, mentre le aziende farmaceutiche dei medicinali “griffati” dicono di vedere nero. «Il provvedimento ci ha messo in crisi», spiega il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. Ma se i generici vendono circa il 7 per cento in più, in realtà hanno solo un quarto del mercato dei medicinali a brevetto scaduto. I brand ne hanno tre quarti e il loro calo dovrebbe attestarsi quindi intorno al 2-3 per cento. Cioè essere molto ridotto. «I dati mostrano che per alcune classi di medicinali come gli antibiotici — precisa Scaccabarozzi — ci sono cali molto più accentuati. Abbiamo poi singoli prodotti che, ci segnalano le aziende, che scendono anche del 30-40 per cento». Gli antibiotici di marca, per esempio, sono passati, tra giugno-luglio e settembre, dal 76 al 64 per cento del mercato. Hanno tenuto gli anti-ulcera, passati da 54 a 51 per cento. «Non siamo contrari ai generici — prosegue il presidente di Farmindustria — ma già prima di questo provvedimento il cittadino poteva
sceglierli in farmacia. Oltre a questa legge, che ci penalizza, in sei mesi il nostro settore ha subito tre manovre, come quella sull’abbassamento dei tetti di spesa, che ci mettono in difficoltà gravissime. Ci saranno 10-15 mila licenziamenti in due-tre anni». Menarini, una delle multinazionali italiane, nei giorni scorsi ha detto che per colpa del generico licenzierà 1.000 dipendenti in Italia su oltre 3 mila. «Non è vero che stanno perdendo tantissimo con i generici — contesta Foresti — In tutta Europa, e già anni fa, c’è stato il fenomeno dell’introduzione degli equivalenti e nessuna azienda ha chiuso. Semmai è un problema di politiche industriali. Si sa che i brevetti scadono dopo 25 anni e che quando questo avviene le aziende guadagnano meno. Se ci si prepara a quell’appuntamento puntando su ricerca e sviluppo si ha modo di mettere in commercio prodotti nuovi: chi investe in innovazione si salva dalla crisi».

E' un bel problema . Infatti  sempre  da repubblica   c'è  l'intervista  a Giovanni Siri, psicologo dei consumi   che   afferma “Chi è malato fa meno sacrifici se spende di più pensa di guarire” 



ROMA
da http://www.fondazionezoe.it/code/10972
 «Quando ci si ammala si pensa che spendendo si possa guarire prima, per questo i generici non funzionano». Così Giovanni Siri  (  foto  a destra  ) , professore ordinario di psicologia dei consumi all’Università Vita-Salute San Raffaele, spiega la preferenza per i farmaci di marca.
«Le persone sanno benissimo cosa sono i generici e sono consapevoli del fatto che hanno gli stessi effetti. Però quando si ammalano scatta qualcosa, pensano che spendere, e dunque sacrificarsi di più, sia un modo per stare meglio prima. Pensano di darsi maggiori attenzioni».
Perché tanti li chiedono, anche se sono più cari?
sono  Preferiti perché riconoscibili ed esposti con la pubblicità: così si ritiene che non possano giocare scherzi
Anche se gli studi dicono che i generici sono identici agli altri?
«Certo, ma non dobbiamo sottovalutare il significato della marca. E parlo di tutti i settori merceologici. Alle persone piace perché è riconoscibile, perché fa pubblicità, quindi si espone. Pensano che non gli possa giocare brutti scherzi perché altrimenti ne pagherebbe le conseguenze più degli altri».
Per i cittadini i farmaci sono quindi come gli altri prodotti?
«Sì, c’è anche maggiore attenzione al nome di chi li produce, perché non si tratta di biscotti: i medicinali li prendiamo nel momento in cui siamo sofferenti».
“ „

Preferiti perché riconoscibili ed esposti con la pubblicità: così si ritiene che non possano giocare scherzi

Giovanni Siri, psicologo dei consumi 











finalmente i pastori sardi lo hanno capito Presentata a Nuoro l'aggregazione mirata ad adeguare le produzioni alle richiesteI pastori uniti vanno in ReteAllevatori, caseifici, coop e venditori sfidano il mercato


dall'unione  sarda  Edizione di sabato 13 ottobre 2012 - Economia (Pagina 15)  Presentata a Nuoro l'aggregazione mirata ad adeguare le produzioni alle richieste  Tra i promotori Prolat, Agriexport, Agrifidi e le coop Allevatori uniti Sardegna, Concordia di Pattada, Armentizia di Siniscola e Rinascita di Oliena.

«Lavorare in sinergia sulle diseconomie: negli ultimi cinque anni nel comparto non ha guadagnato nessuno. Abbiamo perso tutti in un settore al collasso». Albino Cubeddu, amministratore della Prolat, dall'alto della sua esperienza commerciale (è arrivato a esportare negli Stati Uniti anche centomila quintali di pecorino romano), lancia un messaggio preciso a Nuoro durante la presentazione della Rete di imprese del comparto lattiero-caseario ovino.
I PROTAGONISTI Iniziativa che vede i pastori unirsi per aggregare il prodotto, le cooperative mettere a disposizione strutture di trasformazione modernissime e la Prolat giocare la partita fondamentale del mercato programmando le produzioni seguendo le esigenze e i gusti del consumatore. Invita i pastori a unirsi e «far valere il loro potere d'acquisto», Albino Cubeddu: confrontandosi con Francesco Dore, presidente di Copagri e della cooperativa Agrifidi, ipotizza già con una serie di interventi coordinati un risparmio di dieci centesimi al litro e fa intravedere l'obiettivo di un prezzo del latte «stabilito mese per mese». Senza demonizzare il Romano, ma «adeguando al mercato gli standard qualitativi». La Rete ha già messo insieme «senza la politica soggetti diversi che - dice Dore - dovranno pensare ognuno a fare bene la propria parte». Il commerciale con la Prolat (oltre 11 milioni di fatturato) interfacciato con 3100 aziende zootecniche e i caseifici cooperativi di Agriexport, Concordia di Pattada, Armentizia di Siniscola e Rinascita di Oliena (50 milioni di giro d'affari).
COOP PROTAGONISTE Totoni Sanna, presidente di Legacoop Nuoro parla di «proposta aperta» e sottolinea il ruolo-guida della cooperazione, prima protagonista con i suoi caseifici e i 2600 soci e la Allevatori Uniti Sardegna. Ogni soggetto porta «esigenze diverse con una finalità comune: immettere sul mercato un prodotto certificato che garantisca valore aggiunto», sottolinea Toto Meloni che con la società Meeting segue ricerca, sviluppo e rapporti istituzionali. Gli allevatori per la prima volta sfidano il mercato, dividendo il rischio d'impresa e, si spera, gli utili.
VOGLIA DI UNITÀ Ne è convinto Salvatore Palitta, presidente del consorzio Agriexport, individuando nella Rete tutti gli strumenti fondamentali per «superare un sistema produttivo frammentato e inadeguato». Con impianti di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e capaci di garantire l'eccellenza certificata, Palitta guarda proprio alla commercializzazione, alla razionalizzazione di un sistema fatto da troppi che si fanno concorrenza svilendo il prezzo.
Michele Tatti

quando la musica rimane a volte più del film alcune celbri colonne sonore di celebri film italiani


12.10.12

L'addio al mondo di Amanda T. 15 anni, vittima del cyber-bullismo





DA REPUBBLICA ONLINE DEL 12\IX\2012

La ragazza si sarebbe uccisa in seguito a ripetuti episodi di violenza, tra cui la diffusione di immagini private online, insulti sui social network, inviti a farla finita, percosse. Due tentativi precedenti, e un video in cui la giovane racconta il suo tormento attraverso messaggi scritti. Che ora restano come potente atto di denunciadi TIZIANO TONIUTTI


AVEVA quindici anni Amanda T. Una ragazzina canadese come tante, visetto carino, sguardo vispo, e una vita connessa in Rete come la maggior parte degli adolescenti di oggi. Una vita che Amanda ha deciso di interrompere suicidandosi, con un gesto su cui gli inquirenti stanno cercando di fare luce.
Amanda si è tolta la vita perché a differenza della gran parte degli altri ragazzi della sua età, non era spensierata. Da quando aveva conosciuto "lui" su Facebook, la sua vita era cambiata. Esponendo al mondo il suo corpo ancora non da donna, in immagini scattate con la webcam durante un momento intimo. Un "flash", come dicono i ragazzi oggi, in cui la ragazza mostrava il seno allo sconosciuto dall'altra parte della connessione.
Lui era un cyber-bullo, ma Amanda non poteva saperlo. Da lì a poco, l'avrebbe minacciata di diffondere le immagini online, se lei non avesse acconsentito di "dare spettacolo" per lui. Finendo poi per pubblicarle comunque. Tanto che Amanda ha ricevuto la notizia dall'agente di polizia arrivato a casa sua, che le ha detto poche parole: "Le tue foto le hanno viste tutti".
Lo scorso 7 settembre, Amanda aveva deciso di raccontare la sua storia con un video, toccante, in cui fa scorrere una serie di cartelli che dipingono una discesa in un pozzo di incapacità di reagire a chi martoriava la sua sensibilità. Trasformando la gioia di ricevere complimenti in una finestrella di chat in attacchi di ansia, depressione, panico nella vita reale.  A quindici anni Amanda ha tentato di combattere contro il bullismo ai tempi di internet, e non ce l'ha fatta. La sua storia scorre su decine di biglietti sfogliati davanti alla telecamera, un sogno di ragazzina che diventa un inferno. A cui Amanda aveva provato a porre fine già altre due volte. 
Alla scuola di Vancouver a cui Amanda era arrivata da qualche mese dicono di aver fatto "di tutto per aiutarla". Ma non è bastato. Perché dopo l'episodio delle foto, che aveva causato una serie di reazioni online, tra cui molte pesanti per la ragazza, c'era ancora violenza in attesa dietro l'angolo. Amanda era andata via, in un'altra scuola, in un'altra città. E là aveva incontrato un altro uomo, più grande, già in una relazione. La compagna dell'uomo l'ha cercata e l'ha picchiata, in pubblico, mentre chi assisteva alla scena incoraggiava il pestaggio. Ma non era il dolore causato dagli altri a ferire Amanda, più di quanto avesse deciso di fare lei: una volta rientrata con il papà, ha tentato di bere della candeggina, sopraffatta dal desiderio di morire. Una lavanda gastrica è stata sufficiente a riportarla a casa. Solo per aprire Facebook e trovare insulti, maledizioni e inviti a farla finita, a bere "il giusto tipo di solvente" per ammazzarsi. 
"Non ho nessuno, ho bisogno di qualcuno", scrive Amanda con la sua calligrafia da ragazza. Negli ultimi fotogrammi del video, sulle sue braccia si vedono dei tagli. Non si sa se provocati da altri o da lei stessa, segni arrivati fino alla pelle dall'anima irreparabilmente danneggiata di un'adolescente. Le ferite di Amanda non si chiuderanno più, la sua storia diventerà una cicatrice come altre simili che vedono l'innocenza scontrarsi con la violenza. E quello scorrere di note, cartelli che raccontano il tormento della ragazza dall'inizio alla fine, sono ora il più potente viatico possibile contro il cyber-bullismo.

Le Storie della Sergio Bonelli -IL BOIA DI PARIGI ( soggettio Paola Barbato -disegni Giampiero Casertano )


Ho appena letto tutto d'un fiato , isolandomi da tv , internet e isolandomi dal parentado Il 13 il primo numero di " le storie " nuova collana mensile della Sergio Bonelli Editore che presenterà le avventure di personaggi ogni volta diversi, raccontate da tutti i migliori autori (sceneggiatori e disegnatori) italiani che avranno, finalmente, carta bianca! Nell’ultimo Giornale Bonelli viene specificato: “Le Storie andrà a costituire, di mese in mese, un omaggio all’antica arte di raccontare, di suscitare emozioni, evocare “spazi mentali” entro cui vagare senza limiti, navigando tra i generi: dall’Avventura più classica al Giallo, dalle suggestioni fantascientifiche a quelle Horror, dai racconti di guerra a quelli Fantasy e persino Western. Infatti è << (....) Nel segno dell'Avventura, come da tradizione della nostra Casa editrice, nasce anche una nuova collana, che da metà ottobre vi accompagnerà ogni mese. le Storie, questo il suo nome, non introdurrà, però, nella famiglia bonelliana un nuovo protagonista fisso, ma verrà animata, di albo in albo, da personaggi ogni volta diversi. L'iniziativa, infatti, punterà molto sulla forza dei suoi autori, proponendo una carrellata di alcuni fra i migliori sceneggiatori e disegnatori italiani. Autori liberi di raccontare vicende che affondano le loro radici nella Storia (con la S maiuscola) o che le immergono nel regno della Fantasia. le Storie andrà a costituire, di mese in mese, un omaggio all’antica arte di raccontare, di suscitare emozioni, evocare “spazi mentali” entro cui vagare senza limiti, navigando tra i generi: dall'Avventura più classica al Giallo, dalle suggestioni fantascientifiche a quelle Horror, dai racconti di guerra a quelli Fantasy e persino Western. Ogni uscita, dunque, nelle sue 110 pagine di fumetto – racchiuse da una copertina dipinta da Aldo Di Gennaro (qui sotto    trovate un assaggio di quella del primo numero e  sopra   a sinistra  la copertina ), ci porterà in un luogo e in un tempo differenti, a scoprire le vite e le avventure di eroi (e anti-eroi). Si parte con "Il boia di Parigi", un racconto ambientato durante la Rivoluzione Francese, firmato da Paola Barbato e Giampiero Casertano. >> ( dall'ultimo numero de il giornale di sergio bonelli pagina delle anticipazioni delle uscite dell'omonima casa editrice ) .

Ero ero stato attirato all'acquisto e  ho  acquistato  in un periodo con € contingentati  sia dal tema ( uno dei periodi storici preferiti  ed uno  dei più importanti ) la rivoluzione francese-il periodo napoleonico sia da questa anticipazione uscita su il forum di  http://www.glamazonia.it  << (....) Storie sarà una collana caratterizzata da storie autonclusive ambientate in contesti narrativi sempre diversi e non collegati tra di essi. La collana, dunque, avrà una struttura che ricorderà la classica e indimenticata Un uomo, Un'avventura, pur conservando, a quanto pare, il formato classico "a quaderno" delle pubblicazioni edite dalla Bonelli (una formula che sembra essere, in poche parole, simile a quella dei Romanzi a Fumetti Bonelli, ma che differirà da questa per periodicità - mensile - e numero di pagine - si parla di volumi da 130 pagine).
Altra caratteristica della collana è che le storie pubblicate sotto la sua testata avranno una struttura della tavola meno rigida di quella classica bonelliana, per consentire agli autori coinvolti una maggiore libertà. >>. Ma in particolare dal vedere come La barbato ( foto a destra tratta con cattura schermata dalla presentazione su youtube del fumetto online davvero ) riuscisse , cosa perfettamente riuscita  a mio avviso  , a cimentarsi con una storia che non sia Dylan Dog e su come venisse reso in ambito fumettistico il personaggio  di  Charles Henri Sanson e  la  sua leggenda   ( trovate qui e nei link sotto ulteriori approfondimenti fra cui le sue memorie ) .
Uno spaccato di vita francese preso nelle concitate fasi della rivoluzione, dove emerge un carismatico protagonista  .
Infatti la  storia  è  Ottima ben  sceneggiata  Paola   è andata  a cercare ,per   trovarli  e renderli benissimo, la personalità e il vero carattere  del Sanson  . E'  riuscita  a liberali   da quegli interstizi della  storia   in cui   le ragioni profonde   degli avvenimenti visibili   vanno  a nascondersi  . Una    una risposta a chi dice che la filosofia e morta ed inutile . Si può fare lo stato discorso che si fece nel film Arancia meccanica sulla differenza contrapposizione tra la bestialità dell'uomo e quella più strutturale organizzata delle istituzioni . In quanto ne il boia di Parigi c'è un rapporto con la morte malato. Anzi. Un rapporto paritario tra vittima e carnefice , di grande dignità: lui la comprende, la rispetta e pretende rispetto. E quella del potere (I giacobini ) che la fanno diventare macelleria .
 Il tutto reso dall'abilità e dal tratto  di  Giampiero  Casertano  (  foto   cattura  da  http://www.mydylandog.it/   a  sinistra  )   ispirato più  del solito e  <<   capace di riportare  in  vita  con rara   efficacia le luci , ma soprattutto , le ombre   di una Parigi  sospesa  >>  [come dimostra l'anime e il manga di Lady Oscar ]   sul confine   tra modernità  e medioevo [...] >>(Gian Maria Contro   dall'introduzione  al Il boia di parigi   ) Concordo , giudizio più che azzeccato ed indovinato con quanto dice il commento di Tommaso << E' una storia molto francese, ci sento dentro un'amarezza e un'ironia acre che sarebbero piaciute al primo De André >>  su http://prontoallaresa.blogspot.it/ più precisamente qui nella recensione di tale album )  .   che altro dire  se  non buona lettura  di questa  splendida storia  in stile  De Andreiano   come la   la  canzone    di cui trovare  sotto  il video  e  che  costituisce  la  colonna sonora    dell'intero post







Concordo , giudizio più che azzeccato ed indovinato con quanto dice il commento di Tommaso << E' una storia molto francese, ci sento dentro un'amarezza e un'ironia acre che sarebbero piaciute al primo De André >>  su http://prontoallaresa.blogspot.it/ più precisamente qui nella recensione di tale album )  .   che altro dire  se  non buona lettura  di questa  splendida storia  in stile  De Andreiano 










approfondimenti  

11.10.12

Un Gruppo di POLIZIOTTI Trascina per Terra e Sbatte in Macchina un BAMBINO !

Lo so che non è bello generalizzare  , ma  quando   ci saranno fra  le  forze  dell'ordine   gente  cosi arrogante  (  vedi  la commissaria  )  e  dei semplici esecutori  d'ordini    che   usano metodi da  democradura  \  stato di polizia 
( Il filmato immortala un bambino di dieci anni, prelevato dalla polizia mentre si trovava a scuola, in un paese in provincia di Padova, e poi trascinato con la forza tra le urla disperate del piccolo e della zia, autrice del video. Il bimbo è al centro di una drammatica guerra tra i suoi genitori separati. Secondo l'ordinanza del giudice, avrebbe dovuto essere trasferito in una struttura protetta per poi essere affidato al padre. Nel provvedimento si precisa anche che il papà avrebbe potuto avvalersi, se strettamente necessario, "dell'ausilio dei Servizi Sociali e della Forza Pubblica, da esplicarsi nelle forme più discrete e adeguate al caso". Quando la polizia riesce a caricare il bambino nell'auto, la zia chiede le ragioni dell'accaduto. Un ispettore donna le risponde che non è tenuta a dare spiegazioni. E aggiunge: "Io sono un poliziotto. Lei non è nessuno".  ) 

 la fiducia   verso  le  forze dell'ordine  e  sfotto  come  questo 


Donna d'ogni tempo




Non solo è bella, ma ha lo sguardo fiero, diretto. Questo la rende al tempo stesso adulta e bambina. Solo i bambini, o i poeti, o gli eroi riescono a levare gli occhi, a snudare l'altrui ipocrisia con la schiettezza inconsapevole e audace delle anime primitive. Lo sguardo dei bambini, dei poeti, degli eroi non ha bisogno di veli. Somiglia molto allo sguardo di Dio, dal quale non si può scappare. Ecco perché i malvagi, i falsi, i violenti non lo sopportano. Lo evitano; e, se non riescono a domarlo, non hanno alcuno scrupolo a farlo tacere per sempre.
Malala Yousafzai ha quattordici anni. Sono tanti, sono pochi? La misurazione del tempo è molto relativa, soprattutto se si tratta di adolescenti. Non bambini ma nemmeno propriamente adulti, considerati impropriamente "terra di mezzo" e invece alla disperata ricerca di un posto per sé nel mondo, gli adolescenti incutono paura a un mondo invecchiato e rigido. Malala, di paura ne infonde tanta. E' pachistana e, dall'età di undici anni, quando si è ancora del tutto bambini, tiene un blog, un semplice blog come fanno altri bambini e adolescenti in ogni parte del mondo. Solo che, dal suo blog, Malala non sfogava frustrazioni da figlia insoddisfatta, non lo riempiva di cuoricini né, come accade ad alcune teenager italiane, aspirava a diventare velina. Malala scriveva altro: "Dateci penne per scrivere, prima che qualcuno metta armi nelle nostre mani"; e protestava perché nella sua provincia certi maschi barbuti, che sotto il pretesto della religione mascherano la propria violenza e ignoranza, aggredivano le ragazze, impedendo loro di frequentare la scuola. Secondo costoro, l'unico compito delle donne è quello di servire il loro padrone, con gli occhi bassi e col silenzio.
"Diffonde idee laiche, ci attacca, è una fan di Obama" gridavano i barbuti. L'hanno seguita, scovata su un autobus diretto a scuola, e le hanno sparato, ferendola gravemente alla testa e al collo.
Ma non sono riusciti a fermarla. Quel suo sguardo, per loro così insopportabile e odioso ("osceno", l'hanno definito), continuerà ad accusarli e a perseguitare la loro cattiva coscienza.
"Da anni Malala aspettava quel killer, ma ha continuato a difendere il futuro, il suo e anche il nostro", scrive Corradino Mineo di Rainews.
Perché il "nostro"? In fondo, potrebbe obiettare qualcuno, Malala vive in un Paese lontano, è immersa in una cultura molto arretrata. Qui, da noi, certe cose non accadrebbero mai. Qui, da noi, le donne sono rispettate. Sono pari agli uomini.
Ora, a parte il fatto che non si capisce perché il metro per giudicare "pari" una persona debbano essere gli uomini, informatevi un po' come vivevano le donne del nostro Sud fino a pochi anni fa, e, in qualche caso, ancor oggi. Chiedete da quanto tempo le donne italiane hanno diritto di voto. Non lo sapete? Dal 1946; in Myanmar, tale diritto risale al 1922.
Fate un'inchiesta su quanti lavori erano preclusi alle donne italiane in un recente passato. Domandate a quanto risale il nuovo diritto di famiglia, per cui l'uomo non è più capo della donna e della famiglia. Cercate di sapere quando è stato abolito lo jus corrigendi, che permetteva al marito di picchiare la moglie e i figli "a scopo correttivo". Scoprite come mai l'adulterio di un uomo veniva sanzionato con una multa, e quello della donna con la galera. Sappiate che, per una donna che commetteva un delitto "d'onore", si aprivano le porte dell'ergastolo; un uomo rischiava, al massimo, cinque o sei anni. Questo fino al 1981.
E guardate, soprattutto, i dati: gli stupri nell'ultimo periodo sono aumentati del 60%, quasi tutti commessi in famiglia o da fidanzati abbandonati, che non potevano tollerare l'idea che la "loro proprietà" decidesse da sola, e senza di loro. Del resto, questi delitti restano quasi sempre impuniti, anche perché fino al 1992 la violenza sessuale era un "reato contro la morale" che comportava pochi anni di carcere. Il pregiudizio, però, che tutto sommato la donna "se la sia cercata" è ancora molto diffuso.
Se poi guardiamo gli attuali modelli televisivi, e anche politici, quel che viene proposto come "ideale" alle ragazze è la donna che si concede a tutti, che usa sé stessa solo per il proprio corpo e si vende al miglior offerente per ottenere soldi facili e agevolazioni d'ogni tipo.
Per molto tempo ha furoreggiato una trasmissione dall'eloquente titolo La pupa e il secchione. Vi siete mai domandati perché Il pupo e la secchiona sarebbe stato improponibile?
A Sesto San Giovanni il Comune ha lanciato il progetto Toponomastica femminile, per l'intitolazione di quattro parchi cittadini a donne importanti del passato. E, in effetti, vie, piazze, luoghi pubblici delle città italiane recano spessissimo nomi maschili, come i libri scolastici e le grammatiche; e ciò in barba alla realtà, dove le donne sono state spesso protagoniste in vari campi della cultura, dell'arte, della scienza e della religione, e in un Paese come il nostro, dove il 90% dei laureati sono donne e non uomini. Donne che, peraltro, difficilmente trovano impieghi all'altezza della loro preparazione. In compenso, in caso di crisi, sono le prime a venir licenziate; e fate una ricerca sui "licenziamenti in bianco" che molte donne sono costrette a firmare preventivamente, in spregio a tutte le leggi vigenti.
Quando poi l'insegnante propone questi argomenti a scuola non è raro trovare il furbetto o furbetta di turno, di solito impegnato/a nei fatti suoi, che a un certo punto salta su e chiede, con una punta d'ironia: "Scusi prof, ma lei è femminista?". Ignorando il significato dell'aggettivo, per costoro "femminista" è sinonimo di donna isterica, odiatrice di uomini.
Chiederemmo mai a una persona che sta annegando: "Scusa, ma a te non piace l'acqua?"?
Che le donne abbiano dei diritti non è infatti per nulla assodato, non presso la mentalità maschile ma, talvolta, nemmeno tra le stesse donne.
Ecco perché lo sguardo di Malala oggi interessa tutte. E tutti. Non è "faccenda del suo Paese" né tantomeno della sua religione, l'Islam, che non vieta da nessuna parte l'istruzione alle ragazze. E' faccenda comune. Perché dietro i pretesti dell'onore, della modestia, della politica, della religione si nasconde la pretesa antica, e barbara, degli uomini a dominare altri esseri viventi, la natura, le cose. Ecco perché Malala scrive: "Dateci penne e non armi". Ella sa bene, dal poco/tanto dei suoi quattordici anni, che l'ignoranza è sinonimo di violenza, di sopraffazione, di guerra. E, in un mondo globale come il nostro, non si può più distinguere tra vicini e lontani. Il benessere delle donne comporta, automaticamente, una maggior felicità degli uomini perché significa maggiori diritti per tutti, sempre e comunque.
Malala è un'eroina dei nostri tempi e di ogni tempo. I diritti, infatti, non sono un dato acquisito una volta per sempre. Malala ci ricorda che sono il frutto di sacrifici e di lotte e che, per essi, molte e molti hanno perso la vita a cui pure tenevano tanto.
I ragazzi italiani che si trascinano stancamente a scuola e le ragazze che durante l'ora di grammatica sbuffano sognando bamboleggianti il fidanzatino di turno è bene che si sveglino.

10.10.12

L’uomo col vizio di fare il pavone e il narciso invecchia prima

l'articolo riportato sotto  mi  ha  fatto ricordare  questo cartone della mia infanzia C'era una volta Pollon più  precisamente l'episodio 04 - La rivincita di Narciso (  prima parte ., seconda parte  ) .  Ma  soprattutto  rafforza  la mia convinzione  che   queste nuove  generazione  e i  suoi modelli (  corona in primis  )   sono  gente  senza identità  propria   che  non riuscendola o volendola  trovare la cercano  nel scimmiottatore le donne con manicure , depilazione  , ecc   Ma  ora bando ai ricordi e  le considerazioni  personali  ed  ecco l'articolo 

da http://www.ilgiornale.it/   - Dom, 07/08/2011 - 02:08






http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42281
tramite  google  immagini alla  voce  Narciso  
Ce lo racconta un rapporto dell'Ecology -letters rivista di scienza. Parla di una creatura che popola il Nord Africa, la cui specialità è sfoggiare, con gli esemplari dell'altro sesso, tutto il suo sex appeal: a partire da una figura fisica sinuosa, spumeggiante e intessuta di colori. Si chiama «otarda ubara», la specie più vanitosa del Nord Africa. Una specie più vanitosa del pavone, che indugia nel'l’ostentazione del proprio piumaggio ogni qualvolta si trova al cospetto di una «pulzella».
 Sì perché la pratica peccaminosa è prerogativa della categoria maschile.      
Ma una controindicazione che sembra impartita dal cielo, da una misteriosa entità metafisica, da un piccola forma di provvidenza ornitologica che veglia sulle sorti delle povere «femmine ubara», stabilisce che gli esemplari più vanitosi (quelli che più a lungo si cimentano in questa pratica di corteggiamento), sono proprio i primi a invecchiare. I primi anzitutto a perdere la fertilità; poi, i primi a «lasciarci le penne» nel vero senso dell’espressione. «È solo un uccello esotico» obietterà a gran voce l'emisfero maschile della specie umana. Invece mai sottovalutare i volatili. E mai dimenticare che gli amici pennuti ci assomigliano più di quello che pensiamo, soprattutto nelle vicende sessuali. Una prova? Il «diamante mandarino» (altra specie d’uccello il cui nome sembra tutto un programma) è stato protagonista recente di una scoperta sulla trasmissione-eredità di un gene prima sconosciuto: il gene del tradimento sessuale. 1554 esemplari di questa specie sono stati studiati per un esperimento, poi pubblicato dalla rivista Pnas. Separate dai genitori - per escludere che qualunque comportamento dei figli dipendesse da un'emulazione di mamma e papà - le uova di questi uccelli hanno generato tanti piccoli fedifraghi quanti erano i loro genitori (madre o padre) promiscui. Il tradimento è scritto nel Dna, dunque, anche negli uomini? A volte sì. Il diamante mandarino è l'uccello con comportamenti più simili all’uomo, dicono gli scienziati. Il che, certo, non è ancora ragione sufficiente a farci pensare che anche nei maschi umani l’invecchiamento sia influenzato dal narcisismo. Eppure, la vanità e l’età che avanza sono sempre state acerrime nemiche, soprattutto dalle nostre parti. E sempre più nel sesso maschile. 
sempre  da  gooogle  immagini  alla voce  narciso 
Non occorre setacciare palestre e centri estetici, per stabilire quanti uomini consacrati al proprio corpo ci siano nel mondo. Tutto è già scritto nell’autorevole mito greco. Come dimenticare la storia del bel Narciso? Il ganzo seduttore della ninfa più bella del mondo (la dolce Eco) usurata nel corpo e nell'anima dalla passione per lui; ma lui, preda così ghiotta e così fatale del proprio fascino, da restare ucciso dalle acque specchianti di un fiume, prigioniero del proprio riflesso giovane e appetitoso.Bel paradosso sarebbe, insomma, scoprire che il nostro universo maschile ha le stesse caratteristiche degli «otarda ubara»: quanto più impegno si profonde nella caccia agli sguardi, e alle prede da cogliere in rete, tanto più presto si diventerà anziani. Farebbe rabbrividire, un simile affresco, il profilo tracciato dalla psicoterapeuta Umberta Telfener nel suo «Ho sposato un narciso» (Castelvecchi, 2006). Qui si svelano tutti i segreti e le strategie di una tipologia maschile più dilagante dell’«uomo ubara». L’uomo narciso - quello con tanto di sindrome diagnosticata, e quindi di pedigree - che catalizza le attenzioni di dozzine e dozzine di donne attraverso qualità da antologia: la bellezza, l’arguzia, la sensibilità, la posizione sociale invadibile. E una fragilità delle più distruttive che una compagna possa immaginare. E, ancora, un’attitudine atavica alle pratiche ereditarie del «diamante mandarino».

per aprofondire 
http://it.wikipedia.org/wiki/Narciso_(mitologia)
http://www.sperimentaleleonardo.it/itinerari/ipertestodoppio/analisi_del_mito_di_narciso.htm

9.10.12

Gandhi: puritano, misogino e sessista? oppure si tratta di una decontestualizzazione ?

da  http://blog.donnamoderna.com/sessoeluna/


114349563_844e692d48.jpgSono consapevole del fatto che, in un mondo così privo di valori come quello in cui viviamo, parlare male di Gandhi sia un po’ come sparare sulla Croce Rossa….
Però, sono altrettanto convinta di almeno due cose: 1) che la storia debba sempre prevalere sul mito 2) che gli Eroi umani non siano mai totalmente deificabili, in quanto sono fatti di materia molto fragile, come del resto tutti noi.
E allora, anche il grandissimo Ghandi può (e deve) essere guardato non solo come un mito o come un Eroe, ma anche come un uomo del suo tempo, che pensava, diceva e faceva cose che, con il passare degli anni, non appaiono più condivisibili.
Se la revisione storica colpisce tutti i personaggi, compreso Gesù Cristo, figuriamoci se non poteva colpire anche Gandhi, l’uomo che liberò l’India e distrusse il potente impero britannico senza mai alzare la voce, solo con il suo movimento non violento.
Un articolo pubblicato qualche giorno fa sul giornale progressista britannico The Guardian e firmato da Michael Connellan, uno scrittore che vive a Nuova Delhi, descrive un Gandhi molto diverso da quello che tutti noi conosciamo e celebriamo, soprattutto quando si parla di diritti umani.
Il leader spirituale indiano viene presentato in questo articolo come un uomo non particolarmente attento e sensibile verso il genere femminile: un personaggio che oggi potrebbe essere definito in modo spregiativo un “puritano“, oltre che sessista emisogino. Ecco allora la sintesi dell’articolo:
Il Mahatma (che significa “Grande Anima”) ha fortemente contribuito a rendere l’India una delle nazioni più represse, dal punto di vista sessuale, che esistono al mondo, ed un luogo veramente terribile per le donne.
Gandhi disprezzava infatti i propri desideri sessuali, e disprezzava il sesso in qualsiasi contesto, tranne che per la procreazione.  Riteneva che il sesso fosse dannoso per la salute di un individuo, e che la libertà sessuale avrebbe portato la popolazione indiana al fallimento. Per questo dunque, racconta Connellan, consegnò il suo Paese a quello cheMartin Lutero chiamava, già ai suoi tempi “l’inferno del celibato”. Il Mahatma stesso fece del resto voto di castità (senza peraltro consultare la moglie).
Nei discorsi di Gandhi, così come nelle ricostruzioni storiche dei suoi agiografi, si sostiene che le donne dovevano essere considerate pari agli uomini e che il loro inserimento a pieno titolo nella società sarebbe stato fondamentale nella lotta per l’indipendenza dell’India. Niente dunque avrebbe potuto lasciar supporre un pregiudizio così forte di Gandhi verso le donne, anche perché la stessa forma di protesta da lui adottata, quella “non violenta”, viene da sempre considerata come un metodo di lotta “femminile”, capace di neutralizzare con la non violenza la brutalità “maschile” del dominio britannico.
Sembra però, da molti fatti e fattarelli, che Gandhi sulle questioni di genere la pensasse in modo decisamente ostile alle donne. Ad esempio, quando il leader spirituale indiano era ancora un dissidente in Sud Africa e scoprì che un uomo aveva molesto due ragazze, sue seguaci, Gandhi rispose a questa violenza tagliando personalmente i capelli delle due giovani, al fine di “neutralizzare l’occhio del peccatore “, che veniva così “sterilizzato”. Gandhi stesso parlò di questo episodio nei suoi scritti, lasciando trasparire un messaggio durissimo verso il genere femminile: le donne hanno la responsabilità delle aggressioni a sfondo sessuale che subiscono.
Una tale eredità culturale sembra che permanga ancora, nell’India moderna. Nell’estate del 2009 ad esempio, in alcuni Colleges dell’India del nord vi furono casi di molestie sessuali sulle studentesse. La reazione delle autorità fu quella di vietare alle donne di indossare i jeans, poiché il vestire all’occidentale veniva percepita, già di per sé, come una “provocazione” femminile da parte dei maschi del campus.
Gandhi pensava che le donne violentate perdessero il loro valore in quanto esseri umani. Sosteneva inoltre che i padri potevano essere giustificati nell’uccidere le figlie che avevano subito una violenza, per il bene della famiglia e l’onore della comunità.
Gandhi, stranamente, vista la povertà della nazione, condusse anche una guerra contro icontraccettivi, definendo apertamente le donne indiane che li usavano come “prostitute”.
Altra stranezza: per mettere alla prova il suo voto di castità, Gandhi cominciò a dormire accanto a giovani donne nude o svestite, compresa sua nipote, causando sconcerto fra i suoi discepoli.
Verso la fine della sua vita, la Grande Anima moderò moltissimo le sue idee, ma ormai, sempre secondo l’autore dell’articolo, il danno era fatto, e questa eredità culturale la si può osservare ancor oggi in ogni articolo di giornale, quando si racconta che la vittima di uno stupro si è suicidata, a causa della “vergogna“.
Per un’altra generazione dunque, dopo quella di Gandhi, sarebbe sopravvissuto l’atteggiamento gandhiano verso le donne, che possono essere tutt’oggi considerate, a seconda del loro comportamento, fonte di orgoglio o di vergogna, per gli uomini che le “possiedono”.Secondo lo scrittore indiano Singh Khushwant, citato nell’articolo, “i nove decimi della violenza e della infelicità di questo Paese deriva dalla repressione sessuale”. L’India di oggi, secondo il World Economic Forum, è, tra l’altro, uno tra i Paesi del mondo in cui la parità uomo-donna è meno realizzata.
I riformatori indiani si battono duramente contro le consuetudini del patriarcato, della dote, dei delitti d’onore, così come contro l’Aids, il feticidio femminile o l’abbandono delle bambine appena nate, ma hanno difficoltà a superare questi antichi costumi e pregiudizi indiani che non solo non sono stati combattuti da Gandhi, ma che anzi sarebbero stati da questi avvalorati.
Se la genialità di Gandhi fu dunque quella di realizzare una grandissima rivoluzione politica non-violenta, ricorda Connellan, la violenza dei suoi pensieri nei confronti delle donne ha contribuito ad incentivare innumerevoli delitti d’onore e ad una grande sofferenza fra la popolazione femminile dell’India.
Potremmo concludere con questa incisiva citazione di George Orwell, che ho letto nell’articolo: “i santi dovrebbero essere considerati colpevoli fino a che non vi è la prova che essi sono innocenti” (Reflections on Gandhi, 1949). Bella citazione, certo, che ci riporta al discorso iniziale, ovvero che la santità non è di questo mondo.
Permettetemi però di lasciarvi sempre con Orwell, ma con un’altra sua brillante citazione: “Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente anche le cose che non vuole sentire”…. Questo significa non solo raccontare questi fatti poco gratificanti sul massimo leader spirituale indiano, ma anche poter dire agli inglesi tutti, conservatori e progressisti, che scrivano sul Guardian, così come sul Times, che non possiamo far finta di non capire che per loro la perdita del sub-continente indiano, ad opera di Gandhi, è ancora una ferita molto difficile da rimarginare.
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Immagine: DbKing

8.10.12

non mollar michele obama e fregatene se gli studenti americanio si ribelano e gridano basta verdure ridaateci le patitine fritte



Anche  con Regan  Nancy regan ebbe  difficoltà  per il suo piano contro le   droghe  . Ed uso  ( vedere foto  a destra  )   comparendo  come  ospite  di una puntata  la famosa serie tv degli anni '80 Arnold  nota  meglio  al pubblico  italiano  con il famoso titolo  il mio amico  Arnold . 
<< Si trattava >> secondo  il forum di tv-pedia.com/ di   dell'episodio "Colpo giornalistico" ("The Reporter", in originale) appartenente alla categoria dei cosidetti "very special episodes", affermatasi nelle sit-com specialmente negli anni '80 per dare risalto a particolari tematiche sociali (nella serie specifica ce ne furono vari): quest'episodio della quinta stagione (1982/83) era infatti dedicato al problema della droga, come poi ho rammentato andando a reperire informazioni, e la presenza dell'allora First Lady si spiega col fatto di essere lei stessa promotrice di una campagna di prevenzione intitolata "Just Say No".
Quindi  Michelle  dovrebbe  , se realmente  tiene a questa riforma  epocale  ( non si  è mai  visto nessun presidente  Americano  che  si occupasse  ,vedere l'articolo sotto per capire il livello a cui si è arrivati  , geravissimo problema  esportato anche  nei paesi occidentali in particolare nel  nostro paese  del fenomeno  obesità e  di  sovrappeso )    



partecipare  a programmi tv   di cucina  , di medicina , serie  tv  , ecc  in cui si parla  di Obesità e salute    
E  almeno all'inizio non tenere conto di queste  proteste  , perchè poi  la  gente  s'abituerà  anche se  ci  vorrà del tempo  visto  che  si parla di tale problema in America  da  40  anni ed  è logico   che all'inizio ci  siano  delle  rivolte come queste qua  
  da  REPUBBLICA_DOMENICA, 07 OTTOBRE 2012
Pagina 19 – MONDO






Sciopero contro il cibo a scuola: “Sarà sano ma non ci piace”  I Gian Burrasca d’America dicono basta all’insipido rancio e come la Rita Pavone della tv si organizzano per boicottare i menu preparati con burocratica cura dal Food and Nutrion Service della Casa Bianca: che saranno, finalmente, anche sani per legge, ma volete mettere con i gustosi snack e il junk food di una volta.
ANGELO AQUARO
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK


dalla rete 
Corsi e ricorsi. Ricordate il Giornalino di Vamba? Lì i ragazzi si ribellavano alla dittatura del magro. E con un vero e proprio attentato, annegandovi le palline di anilina, costrinsero le regie mense a servire l’agognatissima pappa col pomodoro. I tempi naturalmente cambiano e gli studenti di Sharon Springs, Kansas, oggi sono ricorsi a You-Tube per manifestare la loro insofferenza trasformando il successo dei Fun, “We Are Young”, nel più arrabbiato “We Are Hungry”, siamo affamati. Il video già s’invola verso la vetta del milione di clic. Mentre a involarsi letteralmente nei cestini sono i vassoi e le confezioni distribuite in tutt’America inseguendo le disposizioni dell’odiatissima “Healthy, Hungry-Free Kids Act”, la legge cioè che vorrebbe vedere i bambini «sazi e sani».
dall'articolo
A un mese dalle elezioni il New York Times, che sbandiera la rivolta, evita di sottolinearlo: ma la legge è stata voluta proprio dall’amministrazione di Barack Obama e sembra infatti seguire la dieta talebana che ai bambini d’America vorrebbe imporre Lady Michelle con il suo movimento “Let’s Move”. Le nuove disposizioni mettono finalmente un limite alle calorie che hanno fatto di un bimbo americano su tre un obeso: e dunque non più di 650 alle elementari, 700 alle medie e 850 alle superiori. Ma il frugale legislatore ha imbrigliato anche la fantasia degli chef delle scuole. E quindi addio nachos sorgenti dal formaggio: la felicità è uno snack di fagiolini e pesche sciroppate. Addio patatine fritte e irresistibili: ben venga invece la patatona dolce — e sanamente al forno. Neppure il pane è più quello di una volta: anche qui il bianco non va più di moda, l’integrale vada per tutti. E in quest’America dove per far consumare più latte devono chiamare Jennifer Aniston, protagonista di scabrosissimi spot con le labbra bagnate di bianco, ai ragazzi hanno tolto perfino il latte & cacao: solo scremato, please. La rabbia corre su Internet. In New Jersey, gli studenti della Parsipanny High School hanno aperto una pagina Facebook per invitare al boicottaggio. E da Pittsburgh a Milwaukee il boicottaggio ha raggiunto livelli del 70 per cento. Anche perché oltre al danno i ragazzi si sono visti servire la beffa dell’aumento: da 2.50 a 2.60 dollari ogni orrido pasto. Sandra Ford, la presidente dell’assediatissima School Nutrition Association, assicura che le scuole stanno prendendo tutte le misure per far digerire i nuovi menu, coinvolgendo magari gli studenti nella preparazione: e sai che festa. Ma l’impresa è titanica: gli psicologi dell’alimentazione hanno calcolato che i bambini devono essere esposti fino a 10 volte di più a verdura e vegetali per assuefarsi al sapore. Quanti vassoi dovranno ancora finire nei cassonetti prima che i Gian Burrasca d’America riconquistino la loro pappa ?

ora  vado a camminare perchè  anch'io  a causa  di fame nervosa  sono in sovrappeso  

Tigri romantiche, trapianti suini, bestemmiatori fatali, smemorati fedeli, babbi Natale atletici, docenti truffaldini e omicidi su Google

Il prof di Economia si laurea in Fisica sfruttando un errore e gli esami di un omonimo L’accademico dell’anno è il prof. Sergio Barile, doce...