16.1.13

Muore la padrona, il cane torna in chiesa Il dolore di Tommy, ogni giorno davanti all'altare del funerale L'amore di una donna per i randagi e il suo amico speciale

 




di Maria Lombardi
BRINDISI - Tommy non si perde una messa da quando Maria se ne è andata. L’ultima volta l’ha accompagnata in chiesa e lì l’aspetta tutti i giorni, alle 17 in punto torna da lei che non torna più. Quando sente le campane lascia i vecchietti della piazza e va ad accucciarsi all’altare, se ne sta buono buono accanto al prete mentre lui distribuisce le ostie, celebra matrimoni, battesimi e funerali. A volte s’addormenta dietro quelle parole lente. È Tommy, il cane che ascolta le preghiere. Solo ieri ha saltato la messa, pioveva troppo ed è rimasto nel recinto di casa, nella campagna di San Donaci, un paesino in provincia di Brindisi, ci vivono in settemila e sono la famiglia di Tommy. 
Da quando Maria se ne è andata la casa non è più quella, non è lì che il pastore tedesco meticcio di 12 anni sente la presenza della padrona ma nella chiesa di Santa Maria Assunta. Il giorno dei funerali, due mesi fa, ha seguito il piccolo corteo, è rimasto accanto alla bara davanti ai banchi vuoti mentre don Donato Panna ricordava quella donna di cui non sapeva che dire. Maria te lu campu, in paese la chiamavano così, Maria dei campi che viveva da sola con quattro cani, tutti randagi, e a loro dedicava tutti i suoi pensieri. Aveva 57 anni e la gente ha conosciuto il suo cognome leggendo i manifesti funebri che la sorella ha fatto affiggere sui muri. Di origini abruzzesi, era arrivata ai confini della provincia di Lecce da bambina con la madre, e lì era rimasta. 
I RANDAGI
Maria viveva per i cani, li raccoglieva per strada, li nutriva e li curava. La farmacista di San Donici le dava una mano e anche adesso continua ad assistere gli animali rimasti orfani. Porta cibo e acqua al recinto, si preoccupa che stiano in salute. Maria voleva bene a tutti e quattro ma era Tommy il suo compagno, quello che la seguiva tutti i giorni in giro per il paese e mentre lei faceva la spesa lui l’aspettava paziente davanti al negozio. Qualche volta l’aveva aspettata anche davanti alla chiesa, mai prima del funerale della padrona gli era stato permesso di entrare. Ma quel giorno il prete non se l’era sentito di lasciarlo fuori e l’aveva fatto stare accanto a lui durante la messa, da allora per Tommy le preghiere sono l’unico contatto con Maria, nell’ostinata attesa la fa in qualche modo rivivere.
LE CAMPANE
Il suono delle campane lo riporta lì. Il resto del tempo il cane lo passa in strada, è molto socievole. Si mette al centro dei capannelli dei vecchietti, in piazza, e sta lì ore, come se li ascoltasse. Gioca con la ragazzine che vanno a passeggio, va a prendersi le coccole del tabaccaio e poi fa una sosta in friggitoria per altre carezze. Segue tutti i cortei funebri e aspetta l’arrivo della bara all’altare. Ricordano i fedeli che un giorno c’era il funerale di una bambina di 12 anni, Tommy si è avvicinato al feretro e ha poggiato la zampa sul legno. Il sindaco di San Donici, Domenico Serio, voleva adottarlo ma un paese intero l’aveva già fatto, «non ho avuto cuore - dice - di strapparlo alla comunità». 
Tommy come «Hachiko», il protagonista del film con Richard Gere che per circa dieci anni aspettò il padrone alla fermata del treno. O come il cane «senza nome», un piccolo bastardino color miele che per mesi ha visitato la tomba del sessantenne che viveva con lui a Tonara, in provincia di Nuoro, e questo non è un film ma una storia vera raccontata lo scorso aprile dal custode del cimitero. E come Bobby, il meticcio di quattro anni che per tre giorni ha vegliato il padrone ottantenne morto in caso a Genova. Juna non ce l’ha fatta ad aspettare, è morto a Terni lo stesso giorno del padrone.
Mercoledì 16 Gennaio 2013 - 09:07



Il cane che cerca in chiesa la padrona morta due mesi fa 
La sua padrona non c'è più da due mesi ma Ciccio, un pastore tedesco di 12 anni, non ha mai smesso di aspettarla.



La sua padrona non c'è più da due mesi ma Ciccio, un pastore tedesco di 12 anni, non ha mai smesso di aspettarla. Lo trovi lì, sul sagrato della chiesa San Maria Assunta a San Donaci, dove tutti i giorni andavano a messa uno affianco all'altro e dove due mesi fa sono stati celebrati i funerali di Maria Lochi, 57 anni, una vita trascorsa a prendersi cura dei randagi. 
Lo trovi anche in chiesa, sotto l'altare, a due passi dal parroco che distribuisce la comunione ai fedeli e lui lì, ad aspettare il ritorno della sua compagna di vita. Una storia, quella di Ciccio, che da mesi commuove un'intera cittadina e che ricorda la vicenda raccontata dal celebre film con Richard Gere, Hachiko. Un cane e il suo padrone, un legame che non si spezza neanche dopo la morte. 
Nel paesino di 7mila anime in provincia di Brindisi tutti la conoscevano come "Maria te lu campu", viveva in periferia, nei pressi del campetto da calcio, da qui il nomignolo. Il cognome comparso sui manifesti funebri fatti affiggere dalla sorella che vive al Nord, tradisce le origini abruzzesi, ereditato da un padre che non aveva mai conosciuto. Alla periferia di San Donaci ci era arrivata da bambina chissà come, insieme alla madre. Sono le poche notizie di una vita border line, ricca soltanto di un serraglio di amici a quattro zampe con i quali divideva il pane, tutti i giorni. Li raccoglieva per strada, li curava, li nutriva e loro ricambiavano facendole compagnia. L'amica degli animali, questo era a San Donaci "Maria te lu campu". Fra tutti, Ciccio aveva un posto d'onore. Il pastore tedesco la accompagnava in ogni dove, la donna gli aveva insegnato a porgere la zampa e ad attendere rispettosamente fuori dall'uscio quando lei si andava a far la spesa, e soprattutto a messa.
L'ultimo viaggio insieme proprio in chiesa, dove agli inizi di novembre don Donato Panna ha celebrato le esequie di Maria fra i banchi quasi vuoti. E' stato allora che Ciccio, per la prima volta, ha varcato la soglia con l'aria mesta e il passo lento. Il parroco non ha avuto cuore di cacciarlo via. "Ho da poco perduto il mio cane, investito da un'auto - racconta il sindaco Domenico Serio - e qualche giorno fa mentre ero a passeggio con mia moglie mi sono imbattuto in Ciccio, abbiamo pensato subito di adottarlo. Quando lo abbiamo chiamato ci ha allungato la zampa, famigliare, ci siamo diretti verso casa e lungo il percorso gli si sono avvicinati il venditore di panini, il macellaio, ed altri. Mi sono insomma accorto che la gente dell'intero paese lo avevo già adottato, e non ho avuto cuore di strapparlo alla comunità. I bambini gli hanno anche trovato un posto dove dormire: Ciccio è insomma il cane di tutti".
E' di fronte all'altare della chiesa matrice che il pastore tedesco ritorna tutti i giorni all'ora della funzione, la comunità dei fedeli per i quali è diventato una presenza famigliare non ha esitato ad accoglierlo, commossa. Tributo d'amore per Maria, che prima del gesto del suo cane Ciccio, non aveva nemmeno mai avuto nemmeno un cognome.


L'altra  storia  è quella  di  Rocky e' convalescente da una insufficienza renale e il Comune di Alliste (Lecce), per allertare cittadini, ha fatto affiggere un volantino con la lista degli alimenti che sono proibiti al cane.Infatti


Rocky, raccontano alcuni giornali locali, è invece un cane randagio buongustaio: va a fare colazione al bar dove c’è sempre qualcuno che gli allunga un pezzo di cornetto, poi trascorre la giornata giocando con i passanti, all’ora di pranzo passa a far visita al macellaio, e la sera si concede pizze o gli avanzi dei ristoranti. Nulla di strano quindi che quando Rocky, conosciuto da tutti in paese, si è ammalato c’è stata una mobilitazione generale e il Comune ha fatto fronte alle spese per le sue cure, decidendo poi di non chiuderlo nel canile pubblico dove pure aveva trascorso più di due mesi di convalescenza ma di rimetterlo in libertà avvisando però i cittadini con un volantino: deve rispettare una dieta povera di proteine. Quando Rocky è stato dimesso ed è tornato ad Alliste, ad accoglierlo c’erano tutti i suoi amici, anche quelli del Comune e il cane, quando li ha visti, si è lanciato dal finestrino dell’auto, correndo verso il gruppo: una scena che è stata talmente commovente da essere immortalata e pubblicata su Youtube.


Perchè elogio la fragilità [ elogio della fragilità reprise ]

con il sottofondo di  questa bellissima canzone  (  chi se  ne  frega  s'è di  quell'antipatico di Vasco Rossi )  cantata    da una delle cantati italiane  più  brave  



Rispondo ad  alcune domande  che mi vengono fatte  sul mio post  precedente  per  quel che  riguarda  la fragilità (  ecco perchè  o messo  nel  titolo  anche reprise  ) .  In particolare  a chi mi chiede: 1)   Perché un elogio della fragilità ?   Perché un volto fragile comunica ed infonde forza perché non confida nell'arroganza , nella sicurezza di chi non sbaglia mai ,di chi non si lascia attraversare dal dubbio .Infatti 



Un volto fiducioso crea volti fiduciosi,
un volto accogliente crea volti accoglienti,
un volto buono crea volti buoni,
un volto fragile comunica e infonde forza
perche’ non confida nell’arroganza,
nella sicurezza di chi non sbaglia mai o nasconde gli errori,
di chi non si lascia attraversare dal dubbio.
Le fragilità vanno amate e custodite gelosamente.
Quelle nostre assieme a quelle degli altri


2)  a  chi mi  dice  , commentando  il  mio post  su facebook : << Ana Asia Taglioli Bello stato il tuo ! Domenica alle 22.45  >> E'  vero  ma  lottando  contro  le mie  fragilità   adesso ne  sto scoprendo quello   positivo ( vedi    la  storia    di Margherita Coletta   vedova  di Nassiriya  parte1  parte2   e  questo scritto di Vittorino Andreoli ) perchè come dice  il mio analista  per uscire  dai problemi  bisogna  passare attraverso  gli opposti  . 
Proprio mentre  scrivo  le ultime righe  mi  sono venute in mente  queste  due canzoni   che insieme alla precedente  sono  la colonna sonora  del post  d'oggi
Annie Lennox - Why

Sting - Fragile





Pagatevi anche l'aria che respirate . ticket d'ingresso nel parco giochi a Bologna

Leggendo questa  news  , mi accorgo   che  ed  è  il caso  successo  
A Bologna il paradosso diventa realtà. Un assessore propone di pagare un ticket per entrare nei parchi pubblici e per i giochi dei bambini. La valorizzazione capitalistica delle metropoli non ha alcun pudore.
Finalmente  una risposta   a quella    domanda  in cui  Molte volte ci siamo ripetuti come paradosso che prima o poi ci faranno pagare anche l'aria che respiriamo o introdurranno la tassa sulla tosse. Ma la realtà supera sempre la fantasia .  Infatti   cosa  dice sempre  il  portale  Contropiano.org  

 ecco che un assessore comunale di Bologna, anche lei un tecnico prestato alla politica, avanza la proposta adeguata. L'ispiratrice è Patrizia Gabellini, docente al Politecnico di Milano e assessora all'urbanistica della Giunta Merola. La proposta è quella di far pagare un ticket di uno o due euro per l'uso dei giochi nei parchi pubblici da parte dei bambini. “Si stiamo prendendo in considerazione l'idea di privatizzare alcuni dei giochi per bambini nei parchi pubblici, abbiamo già ricevuto alcune proposte da parte di imprenditori e, qualora andasse in porto, sarebbe previstoun ticket di 1 o due euro, dipende...” dice l'assessora Gabellini (nomen omen viene voglia di dire) al Corriere della Sera. Ma si sa che il modello emiliano del XXI Secolo ha sempre qualche correttivo per le opzioni più brutali. Tra le ipotesi per edulcorare questo orrore economico e sociale, ci sono anche altre strade come “l'autogestione da parte dei genitori o forme di sponsorizzazione”. 
La motivazione come al solito è economica: il Comune spende quasi 800mila euro l'anno per la manutenzione di 128 parchi pubblici e quasi 1.300 tra scivoli, piccole giostre e casette dei sette nani. Quindi pagatevi l'aria “pulita” e i giochi dei vostri bambini.
Le innumerevoli imposte, tasse e balzelli già esistenti, e quelle in arrivo, non bastano più per assicurare il patto tra cittadini e istituzioni: tasse in cambio di servizi. Adesso oltre alle tasse occorre pagarsi anche tutti i servizi. E' la rottura unilaterale di un patto da parte dello Stato e delle amministrazione locali e la cosa non dovrebbe rimanere senza conseguenze.Il paradosso bolognese non deve però sorprendere oltre un certo limite. Da tempo infatti segnaliamo che la lotta per lo spazio e il tempo nelle metropoli è un motivo di conflitto strategico tra la logica della valorizzazione capitalistica e il diritto alla città. Negli agglomerati urbani lo spazio è sempre meno, perchè uno spazio vuoto non messo a valore viene considerato dai “prenditori” uno spreco. Non solo ma diventando lo spazio vuoto (tali vengono considerate le aree verdi) un bene sempre più scarso, è dis-econonomico che sia gratuito e dunque la sua fruizione deve essere messa a pagamento. Un esempio lampante sono le strisce blu che disegnano le strade. E' sufficiente cambiare il colore delle strisce affinchè quello spazio vuoto debba essere pagato per parcheggiare. Coerentemente a questa logica non potevamo che aspettarci di dover pagare anche il verde pubblico e i giochi per i bambini. Anche l'aria resa un po' più respirabile dagli alberi o un tempo di vita sottratto alla giornata lavorativa sociale (sempre più lunga) come quello che magari uno dedica ai propri bambini per portarli a giocare in un parco, diventano uno sperpero nella logica del capitale. Se non possono estorcere valore direttamente sul lavoro, ti fanno pagare tutto il resto, incluso il verde pubblico, lo spazio vuoto, il tempo sottratto alla produzione sociale.
C'è materia per discuterne e mobilitarsi, ma soprattutto c'è materia per una rivoluzione, vera però.

15.1.13

a volte con la musica le paranoie scompaiono e la strada fatta \intrapesa trova conferma

Dopo   un anno   su blog  , mi  è venuta   la paranoia  di chiudere il blog    , visto  che   a differenza  del vecchio splinder    ,  nessuno\a  (  a parte  la  grande Daniela  )   degli invitati  scrive  (  anche se  copia  e  incolla op  con il richiamo al loro  blog  )  o  non commenta ma legge  e basta  . Ma poi  dopo aver  ascoltato sia il disco di  De  Gregori  sulla  strada   e questa  canzone   degli Arangara (  di cui  ho trovato il video  sul  gruppo facebookiano  radio  faber )




ho deciso   di  continua  a  scrivere , a proporre  storie  ,  episodi , ecc  . E   se    

  (....)  avessi previsto tutto questo, 
dati causa e pretesto, forse farei lo stesso,
 mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, 
poi sono nato fesso
e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!
(  francesco  Guccini  l'avvelenata ) 

14.1.13

superare le barriere grazie ad un basso

per  chi volesse saperne  di più  su di lui e  sulla  sua musica   www.manuelmuzzu.com e  questo video qui   sotto 

 

perchè scrivo


Oltre il muro

"Qualunque". Odiava quell'aggettivo appiccicato a un giorno. "Qualunque". Cioè inutile, slabbrato. Da dimenticare. Che avrebbe potuto esser gettato nel cestino, senza soffrirne troppo. Solo che, trattandosi d'un lembo di vita, le sembrava uno scialo. Ore rubate allo stupore, al miracolo e al ringraziamento. Persino all'aria che respirava.
Eppure Milano era davvero qualunque. La solita. Grigio su grigio. Silenzio, intorno alla diaccia periferia; e pennellate di deserto, un deserto di seppia, dilatato. La ragazza attendeva, ormai mancava poco. Sarebbero arrivati gli amici, il pomeriggio risolto. Ma, in quegli istanti di solitudine, quasi malediceva sé stessa, il suo eccessivo tempismo, quel rimaner là, in una virgola di tempo vuota, sospesa nell'ubbia.
Poi, d'un tratto, un tramestio di voci. Uno stormo di voci. Improvvise, all'unisono. Levò lo sguardo: non vide nessuno. Voci senza padrone.
Alla fine, capì. Provenivano proprio da quel muro. Dietro quel muro. Un fitto di siepe spessa, un verde senza gioia, sormontato da caseggiati opachi, tutt'uno col cielo. Erano voci infantili e antiche: risuonavano da un lato all'altro del misterioso, inaspettato giardino. Tinnivano di risate e beatitudine: "Mio!", "Tana!", "Ho vinto!". Voci frenetiche, rotonde e piene, guazzanti come nella gioia pura, ma letterarie, prive di rivalità, con una certa dolente saggezza... E, d'un tratto, persino le finestre, occhi senza balcone, parvero rianimarsi. Lì vivevano le famiglie, vegliavano indulgenti sui figli, rigovernavano dopo un pranzo, accendevano la tv... Forse, qua e là, sulle pareti, un segno di sole, ricordo di terre lontane, relitto d'immigrazione; forse qualche foulard colorato, un soprammobile esotico. Racconti e ricordi.
Ma nulla scalfiva la spensieratezza del presente. Il campo era tutto dei figli. E traboccava, prepotente, di vita. Il miracolo si compiva di nuovo, anche in quel giorno, che smetteva di essere qualunque, e tornava a spargere fiducia e benedizioni.
Poco lontano, la ragazza scorse le sagome sgangherate degli amici. Si avvicinavano sempre più. Non li aveva mai amati come in quell'ora.



13.1.13

Massoneria, prove di rinascita ? intervista di Giorgio Pisano al l Gran Maestro del Grand'Oriente d'Italia Gustavo raffi


  unione  sarda  del 13\1\2013  

Massoneria, prove di rinascita: «La P2? Una loggia di terroristi»

Appena rientrato da un congresso mondiale, il Gran Maestro del Grand'Oriente d'Italia si sente, come direbbero le note ufficiali, moderatamente ottimista. A mettergli buon umore sono le richieste d'iscrizione che si ammonticchiano nelle 757 logge disseminate nel nostro Paese. Piccoli massoni crescono. Perfino in modo esponenziale. A sentirlo, pare ci sia una sorprendente febbre da grembiulino, ammesso che si possa dire così.


Abito scuro (è quasi una divisa), mani enormi e ben curate, barbetta pepe e sale, Gustavo Raffi è un romagnolo da copione: sanguigno e immediato. Ogni tanto sembra ricordarsi all'improvviso d'essere il governatore dei ventiduemila massoni che aderiscono al Grande Oriente e dunque modera, sfuma, imbocca una risposta diplomaticamente triste. Sessantotto anni, due figli (uno è attualmente maestro venerabile nella loggia dove fu iniziato lui), vive e fa l'avvocato in una città che vanta una qualità della vita siderale: Ravenna.
da http://www.grandeoriente.it/home.aspx


La sua nomina risale al 1999 (è quasi un Papa) e andrà avanti fino al 2014. Riceve un'indennità annua di centoventimila euro. Amici e avversari gli riconoscono un grande sforzo per aprire l'istituzione all'esterno. «È la mia glasnost», precisa con orgoglio. In un remotissimo passato è stato esponente del Pri, culla di tanti liberi muratori.Ha lasciato part time la vita profana (come direbbero loro) nel 1968: quell'anno, mentre il mondo studentesco saliva sulle barricate per inseguire una rivoluzione poi fallita in corso d'opera, è entrato in massoneria. Non trovava niente di meglio da fare? Sorride, fa ruotare il mezzo toscano tra le mani e spiega: «Le risposte della politica non mi convincevano». Giura che a folgorarlo sulla via della loggia sia stata l'educazione al dubbio, la scoperta che «ammettere un proprio errore è già una vittoria».Molto di quello che fa e pensa è condensato in un libro ( In nome dell'uomo ) dove, superata un'agiografica e prona intervista introduttiva, tenta di trovare una ragione e una logica a un movimento che per molti, nella migliore delle ipotesi, è soltanto folkloristico. Raffi sa molto bene che si potrebbe dire infinitamente peggio sulla massoneria ma sull'argomento è ferratissimo. Ha cultura e intelligenza, soprattutto autoironia, per affrontare le critiche più velenose. Tra le 225 pagine del suo manifesto, il tono oscilla a tratti fra l'evangelico e il romantico non senza qualche inciampo di conclamata autostima. Pagina 26: La massoneria nel terzo millennio si pone come sentinella etica contro le trionfanti ideologie del non pensiero . Esagerato: a tratti sembra Vendola in raptus di lirismo acuto. «Il paragone non mi offende. Nella vita deve trovar posto anche la poesia».
Che senso ha essere massoni nel XXI secolo?
«Si tratta di vedere se un uomo ha la capacità di interrogarsi, se ha la forza di chiedersi che senso abbia la sua vita, cosa sia giusto fare e cosa non fare. La massoneria è l'educazione a coltivare il dubbio».
Per tanta gente siete soltanto un gigantesco comitato d'affari.
«Questo qualcuno ha sbagliato porta. È un modo di pensare tipicamente italiano. Per quanto ci riguarda abbiamo certamente una colpa: in passato non abbiamo fatto niente per farci comprendere».
Sicuro sia solo un problema di comprensione?
«Senza dubbio. Oggi la massoneria è un'istituzione aperta. Fior di intellettuali sono venuti a sentirci: mi riferisco a persone come Margherita Hack o a premi Nobel come Rita Levi Montalcini».
Siete una lobby che non dichiara, non interviene, non commenta...
«Non è così. Questo è uno dei tanti pregiudizi che resistono sul nostro conto».
Falso dire che vi piace giocare a nascondino?
«Falso. Il fatto è che ci sono norme precise, dobbiamo rispettarle. Ci vietano di parlare di religione o di politica, tutto qui».
A proposito, come vedete Mario Monti?
«Ho appena detto che non posso esprimere opinioni politiche in senso stretto».
Provi a dirle in senso largo, allora.
«Sulla carta ha credenziali di tutto rispetto, non è certamente un uomo improvvisato. Fatta questa premessa, la nostra disponibilità a parlare riguarda i grandi temi, non le questioni spicciole. La scuola, per esempio».
Che vuol dire?
«Significa che la massoneria è per la scuola pubblica. Perché, mi domanderete. Perché rappresenta l'unica via che consenta a un individuo di formarsi una coscienza; di diventare, se davvero lo vuole, un uomo libero».
Ci sono massoni coperti, noti cioè solo al Gran Maestro?
«Nemmeno uno. Non ne esistono».
C'erano.
«C'erano. Ma in realtà non hanno senso. Se si riferisce a quella struttura deviata...»
Si chiama P2, avvocato. P2. La guidava Licio Gelli.
«Storicamente quella loggia era segreta perché i fratelli che ne facevano parte rappresentavano il potere e dunque bisognava metterli al riparo dai postulanti».
Comunisti?
«Comunisti, cosa?, se oggi ce ne sono nelle nostre fila? Sicuramente. Ma non vado a spulciare gli elenchi degli iscritti: è un'operazione che non mi piace e non mi interessa. Punto ad altro».
A cosa?
«A far emergere le intelligenze senza sottoporle a indagini. La massoneria, così ci capiamo, non è una camera di compensazione per frustrati e falliti».
Preti?
«Ce ne saranno anche».
Questa è una risposta andreottiana.
«Dico spesso che in giro ci sono tanti massoni senza tessera e altrettanti tesserati che massoni non lo saranno mai».
Come si fa ad essere massoni e cattolici insieme?
«Questione complessa. La massoneria non è una Chiesa, è religiosa ma non ha religione, pretende che i suoi iscritti siano credenti. Il fatto che poi uno possa essere cattolico o musulmano per noi è secondario».
Però non appena vi iscrivete siete automaticamente scomunicati.
«Oggi come oggi la scomunica in quanto tale è stata depennata dal codice canonico. C'è però il Papa che ha comunque ribadito il distacco del Vaticano».
Ovvero vi ha depenalizzato, come ha fatto Berlusconi col reato di falso in bilancio.
«Bravo, proprio così. Qualcosa del genere. Ufficialmente la scomunica non c'è più».
Che rapporti avete col Vaticano?
«Formale, rispettosa e civile convivenza».
Non avete più la coda e le corna, insomma.
«Sì, ma va detto che papa Paolo VI è il pontefice che preferiamo. A lui si devono le aperture del Concilio Vaticano II, aperture che oggi sono state cancellate. Sono tornati al primato della Dottrina. E il discorso si fa inevitabilmente diverso».
Su cosa?
«La dico in breve: Benedetto XVI condanna il relativismo. Noi siamo relativisti. Non abbiamo come lui una verità assoluta, indiscutibile e inattaccabile».
Si dice che l'Opus Dei sia la massoneria della Chiesa.
«In passato hanno attribuito all'Opus Dei tutte le nefandezze che a suo tempo attribuivano a noi».
Ci sta dicendo che sono pure martiri?
«Rispondo indirettamente: l'Opus Dei non è un mio problema».
Dite che l'uomo è libero se è libero dal bisogno. Siete un club borghese?
«Al nostro interno ci sono iniziative umanitarie, mense e rifugi per gli ultimi. Non facciamo esclusioni».
Crisi di vocazione niente, vero?
«Da quando il Grand'Oriente ha lanciato la politica della trasparenza facciamo qualcosa di assolutamente nuovo e inedito: controlliamo gli accessi, non accettiamo più di un certo numero di iscritti l'anno».
La massoneria come la Bocconi: a numero chiuso.
«Non è questo il problema. Si tratta di non far implodere l'istituzione ed evitare scompensi. Mica si può passare l'anno a iniziare nuovi fratelli».
Tratteggiamo i nuovi iscritti.
«L'età media di quelli che sono entrati durante il mio...»
... regno.
«Magistero. Sono repubblicano, la monarchia non mi è mai piaciuta».
Allora, chi sono i nuovi massoni?
«Artigiani, professionisti, lavoratori di ogni tipo: non ci sono discriminazioni».
Secondo lei perché in Italia si parla di grembiulini dietro a ogni affare importante?
«È un luogo comune. Leggende metropolitane. Servono prove concrete per dare consistenza alle chiacchiere».
L'esclusione delle donne: patetica, ridicola o soltanto antistorica?
«L'apertura alle donne non può essere una decisione del solo Grande Oriente d'Italia. Deve essere una scelta condivisa con i fratelli delle altre massonerie regolari».
Ma il cittadino Gustavo Raffi che ne pensa?
«Il mio parere è francamente irrilevante».
Seconda risposta andreottiana.
«Mannò. Il fatto è che il Gran Maestro non può pronunciarsi su tutto e su tutti come se stesse discutendo di una partita di calcio».
Dite che i riti servono a suscitare dubbi e interrogativi. Senza, elettroencefalogramma piatto?
«I riti hanno un loro fascino, un ruolo e un peso. Ha presente un sindaco con la fascia tricolore? Per noi i riti sono, grosso modo, la stessa cosa».
Definisce l'Italia un Paese stanco e moralmente demoralizzato .
«C'è pure bisogno di spiegarlo? Quando, durante le fasi pre-elettorali, compaiono i Masaniello vuol dire che qualcosa non sta funzionando».
Masaniello, per caso, fa Grillo di cognome?
«L'ha detto lei. Mi allarma il pericolo di una demagogia incombente».
Altra citazione: La laicità dello Stato viene violata attraverso espedienti...
«Ci riempiamo la bocca con la Costituzione e sulla sua laicità. Dopodiché troviamo mille trucchi per aggirarla».
Sta insinuando che Santa Romana Chiesa è più di un vicino di casa?
«Mi sembra lampante».
La massoneria non si schiera, dite voi. Allora perché nel '94 stavate con Berlusconi?
«No, no, assolutamente no. Non mi risulta. Posso giusto riconoscere che dei massoni, dei massoni e non i massoni, possano aver visto con simpatia Forza Italia. Ma niente di più».
La P2 era una scheggia impazzita nel Grand'Oriente, giusto?
«Giustissimo».
Lei ha addirittura paragonato i piduisti ai terroristi, giusto?
«Giustissimo».
Significa che i vari Berlusconi, Costanzo, Cicchitto e company erano terroristi?
«Quando mai, non facciamo discorsi provocatori. Mi spiego: le Brigate Rosse stanno ai partiti della sinistra come la P2 stava al Grande Oriente d'Italia».
Il Piano di Rinascita democratica firmato Gelli era un golpe?
«Non mi sono mai preso la briga di leggerlo...»
Terza risposta andreottiana.
«Vabbè vabbè. Ho il sospetto che si sia trattato di una ricostruzione postuma, cioè che abbiano voluto far trovare quelle carte per dare una veste nobile a un'iniziativa che nobile non era».
Nobile?
«Allora la dico ancora meglio: secondo me la P2 era un comitato d'affari che agiva in sinergia col cardinal Marcinkus, il banchiere Roberto Calvi e soci per obiettivi non propriamente evangelici».
Parliamo del dopo. Avete accolto tra le vostre braccia piduisti pentiti?
«Chi ci dice che gli elenchi trovati a Castiglion Fibocchi sono veri?»
D'accordo ma la domanda era: avete perdonato?
«Qualcheduno. Sto parlando di poveri diavoli, non di cervelli».
pisano@unionesarda.it

Il capitano e l'abbraccio all'allenatore: "Una grande amicizia, va oltre il calcio"L



IL CAPITANO DEL CAGLIARI, DANIELE CONTI
Conti felice per il gol e per il successo: "Oggi era importante vincere".Daniele Conti firma con un colpo di testa il successo del Cagliari. Una rete che ridà morale ai rossoblù: "Oggi era importante vincere. Non so se questa possa essere la partita della svolta. Sono però contento per i miei compagni: in queste ultime settimane hanno sofferto tanto". Dopo il gol il capitano è andato ad abbracciare Diego Lopez: "La nostra amicizia va avanti da quattordici anni. Va oltre il calcio". Decisivi anche i tifosi: "Ci hanno sostenuto. Sono la nostra forza. In settimana avevo chiesto un grande aiuto. Lo hanno dato durante tutta la partita".

elogio fragilità

Dopo aver letto l'introduzione dell'agenda del 2013 di giorni non violenti mi ritorna alla mente : questa citazione
« Il mare non fa mai doni, se non duri colpi, e, qualche volta, un'occasione di sentirsi forti. Ora io non so molto del mare, ma so che qui è così. E quanto importi nella vita, non già di esser forti, ma di sentirsi forti, di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa. »> ( racconto La carne dell'orso di Primo Levi, edito nella collana ET di Einaudi all'interno di Primo Levi - Tutti i racconti  ) 
Ma   a   spronarmi e  a bloccare questo mio  viaggio interiore  è  questo pezzo  jazz




 Nel mio rimettermi in discussione \  autocritica   ho   deciso di fare , come suggerisce  l'agenda   giorni non violenti 2013  , una  serie di post   sulla  fragilità e il suo aspetto positivo ( non solo quello negativo  vedi il caso  di  Carolina picchio , ne  ho  parlato qui su queste pagine   )  o meglio l'elogio d'essa  . Infatti è  già  dal riflusso degli anni  80  (  )  ed  ora sempre peggiore  ed  anche  economica  .
La  bibbia ( Samuele  1  17  38-39  )  ci  fa  capire  di come « La fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza... »(Carine Mc Candless ) e  di come essa  possa  avere un valore costruttivo  come   dice  anche questa  canzone  


 che  funge   insieme  al pezzo  di jazz   citato  nelle righe precedenti   e ad  : Amico fragile di Fabrizio  de  Andrè  e  The Ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen ( qui una  traduzione  in italiano  ) da  colonna  sonora  del post  d'oggi  . Ora  la  fragilità    se aiutata ed allenata  .Infatti ciò può  essere   << un  invito ad alleggerirci   , ed a  ritrovare la  nostra fragilità  se vogliamo vincere le nostre  battaglie della  vita  >> .Essa può essere  anche un valore  inestimabile  e non una menomazione  .Infatti (  e qui mi ricollego  alla vicenda di Carolina P e  a  fatti del genere   )   è proprio  da essa  che   che  scaturisce   una forte dose  di sensibilità \ leggerezza . semplicità  , tenerezza     qualità sempre  più rare  in un mondo  pieno di merda  ... fango  ...  ma che vanno recuperate ed integrate  con la virtù  ( da non creare  situazioni  di disagio  )   se  vogliamo rendere  più  vivibile  la nostra  vita  e la  nostra opera  d'arte  . Ed anche quella  di chi ci  sta  accanto  . 
Inizio pubblicando  un articolo  non mio ma  che riguarda  questo  tema  


Elogio della fragilità

L'elogio della fragilità non significa l'elogio della sofferenza che fa parte della fragilità; ma l'elogio della fragilità vuole sottolineare, sia pure radicalizzando il mio discorso (ma se non si scende alla radice delle cose umane nulla, o quasi nulla, di esse si capisce), come nella fragilità, dimensione ineliminabile dalla vita, ci siano valori che danno un senso alla vita: alla vita di ciascuno di noi. L'essere consapevoli di questo, della fragilità come esperienza necessaria, significa accogliere, e rispettare, la fragilità degli altri; senza disconoscerla e senza ferirla. Ma significa anche che, nella fragilità, nella nostra e in quella degli altri, si abbia la percezione del valore della debolezza e della insicurezza che fanno parte della vita e che si contrappongono a ogni forma di onnipotenza e di violenza. Non è forse, questo, il pensiero di san Paolo quando, nella prima lettera ai Corinzi, dice che la debolezza è la nostra forza?
Aldo Bonomi-Eugenio Borgna, Elogio della depressione Einaudi



11.1.13

numero chiuso università incostituzionale ?, i gay posso addottare ? . coprte europea richiama l'italia per le torrure di bolzaneto \ genova g8 20012

 finalmente delle buone  news  da  rainews del  11\1\2013

la prima  , perchè  nonostante  sia  ancora  un po' incerto  su tale argomento , è un segnale  che i tempi stanno cambiando   anche dai  noi 



Roma, 11-01-2013

Per la Cassazione non è altro che un "mero pregiudizio" sostenere che "sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". In particolare, la Prima sezione civile (sentenza 601) si è così espressa affrontando il caso di affidamento tra un uomo di religione islamica che aveva avuto un figlio con una donna italiana, residente a Brescia, che successivamente era andata a convivere con una donna. 




L'uomo, in Cassazione, ha contestato l'esclusivo affidamento del figlio accordato alla madre dalla Corte d'appello di Brescia (26 luglio 2011), sulla base del fatto che il bimbo era inserito in una famiglia gay per cui avrebero potuto esserci "ripercussioni negative sul bambino". A suffragio di questa tesi, la difesa ha citato l'art.29 della Costituzione sui 'diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio'. 
La Cassazione ha respinto il ricorso e ha evidenziato che alla base delle lamentele "non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". 
In questo modo, annota ancora la Prima sezione civile presieduta da Maria Gabriella Luccioli, "si da' per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che comunque correttamente la Corte d'appello ha preteso fosse specificamente argomentata". 
Il Tribunale per i minorenni di Brescia aveva già disposto l'affidamento esclusivo del figlio minorenne alla madre con incarico ai servizi sociali di regolamentare gli incontri del minore con il padre, da tenersi "con cadenza almeno quindicinale".
Paola Concia plaude alla sentenza "La Cassazione giustamente afferma che non ci sono certezze scientifiche a questi preconcetti - dice Concia - In realtà, ci sono tanti studi provenienti anche da Oltreoceano che dimostrano come l'orientamento sessuale all'interno di una coppia non condiziona in alcun modo la crescita di un bambino che ha necessita' di amore e affetto". Paola Concia ricorda che il centrosinistra ha inserito nel suo programma "il riconoscimento dell'omogenitorialita'". Quanto alla posizione contraria della Chiesa, Paola Concia dice: "la Chiesa rappresenta uno scoglio? Può essere sconfitto da una politica autorevole". La concia evidenzia come "la Prima sezione civile della Cassazione si dimostra ancora una volta una sezione all'avanguardia. Si sa che le sentenze fanno giurisprudenza. In questo caso è stato applicato il buon senso".
Arcigay: una sentenza storica 
Una "sentenza storica, i candidati agiscano di conseguenza". E' il commento di Arcigay alla sentenza della Cassazione sui figli affidati a famiglie gay. ''Ancora una volta - afferma Flavio Romani, presidente Arcigay - un tribunale italiano da' ragione alla famiglia composta da persone dello stesso sesso. Non solo, negli anni scorsi, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno dichiarato il matrimonio omosessuale perfettamente compatibile con la nostra Costituzione, ora la Corte di Cassazione ribadisce quello che ripetevamo da tempo e cioè che un bambino cresce in una famiglia di mamma e mamma o di papà e papà esattamente allo stesso modo di un bambino che cresce in una famiglia uomo-donna. E' l'amore che cresce un figlio o una figlia, non l'orientamento sessuale dei genitori. Quello di oggi è un pronunciamento istituzionale storico che da un assist formidabile alla futura maggioranza per legiferare finalmente per il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la piena uguaglianza delle famiglie''. ''Ricordiamo che gia' oggi in Italia - aggiunge - esistono migliaia di figli e figlie di coppie omosessuali che sono discriminati per legge: e' un orrore sociale e legislativo che va rapidamente superato. I partiti politici prendano finalmente atto di questa sentenza e adeguino i loro programmi e le loro prospettive ad una realta' che ormai non puo' essere lasciata senza tutele e normative. Basta quindi con la corsa ai distinguo e alle mezze misure sui diritti civili e la dignita' delle persone, l'uguaglianza sostanziale che i tribunali e la societa' gia' ci riconoscono, e che solo la politica si ostina a voler ignorare, va riconosciuta per Legge'', conclude Arcigay.


la seconda     perchè  finalmente   qualcuno  mette  dei dubbi costituzionali  al numnero chiuso nelle università

Roma, 11-01-2013

Il Tar del Lazio, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla costituzionalità del 'numero chiuso' nelle università, ha ammesso con riserva decine di studenti (tutti appartenenti all'Unione degli Universitari) esclusi per non aver raggiunto il punteggio minimo previsto dal concorso di ammissione. "E' la fine del numero chiuso italiano", commenta il coordinatore Udu, Michele Orezzi.


 L'ultima   è  sintomo  della  figuraccia  del nostro paese in ambito di diritti umani

La Corte Europa dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha giudicato ammissibili i ricorsi presentati da 20 cittadini italiani e europei per i maltrattamenti subiti alla caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova del luglio 2001.

qui  maggiori  news  su  quello che fu  il  G8  del 2001  e quindi anche su Bolzaneto 



Lo ha comunicato l'avvocato Riccardo Passeggi del foro genovese che, insieme ad alcuni colleghi e al professor Valerio Onida e Barbara Randazzo, aveva presentato ricorso. La Corte ha comunicato la pendenza al Governo italiano che ha tre mesi per presentare informazioni sull'accaduto e pene comminate.               La Corte ha quindi chiesto al governo italiano di fornire informazioni dettagliate sull'accaduto, sull'inchiesta, sui processi e sull'adeguatezza delle pene comminate ai responsabili. La Corte ha inoltre dato carattere di urgenza al ricorso e comunicato la pendenza del ricorso stesso al Governo italiano, assegnandogli il termine di tre mesi per controdedurre per iscritto.
Il ricorso alla Corte di Strasburgo per le violenze subite dai manifestanti fermati all'interno della caserma di Bolzaneto era stata presentato circa un anno fa da un gruppo di avvocati genovesi e milanesi, insieme al professore universitario e costituzionalista Valerio Onida che aveva partecipato alla sua stesura.

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