3.8.16

tour suoi luoghi dell'altra storia della repubblica italiana IV puntata strategia della tensione , le stragi di stato - bologna 2 agosto 1980

 in sottofondo
  Agosto  -claudio lolli
Khorakhanè - Non ho scordato

riprendiamo con le stragi più precisamentre sul periodo della strategia della tensione strategia della tensione . Per essa  s'intende  una Strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario [...] ( da http://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_(Dizionario-di-Storia)/ ) ma che potrebbe continuare ( e seconda me continua tutt'oggi in maniera più subdola ) con << La crisi economica dietro le ragioni della Strategia della tensione, che potrebbe quindi tornare d'attualità seppur con modalità differenti >> come dice quesrto interessante articolo "Strategia della tensione, una tecnica di governo per i momenti di crisi " di Fabio Damen da (Paginauno n. 17, aprile - maggio 2010) L'arco temporale si concentrerebbe in un periodo storico che andrebbe dalla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) alla strage di Bologna (2 agosto 1980), sebbene alcuni studiosi retrodatino l'inizio di tale strategia alla strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947) e fatta finire 1984 con la strage del rapido 904 e comprendente .  Secondo  altri   ( e  secondo il parere  da profano   del  sottoscritto  )   continuata  oltre  alle stragi e altri fatti  certe  e   ipoteticamente  attribuiterle

da  https://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia
Talvolta sono stati considerati parte di una strategia della tensione o affini ad essa, anche la strage di Alcamo Marina e l'omicidio di Giorgiana Masi.

 con le stragi di  :  Capaci \ via d'amelio e le bombe del 1993 ( Fallito attentato di via Fauro Roma Nessuna vittima a Maurizio Costanzo , Strage di via dei Georgofili firenze , Strage di via Palestro \ Padiglione d'arte contemporanea di Milano ,Autobomba a San Giovanni in Laterano Roma , Autobomba a San Giorgio in Velabro Roma 31 ottobre 1993 Fallito attentato allo Stadio Olimpico 
Roma )

Sulle stragi     di stato   \  strategia   della tensione    non ho  testimonianze   dirette    o non ero nato  ( piazza  fontana  , italicus ) o    era  troppo  piccolo  ( bologna  e rapido 904  ) ed   ricordi  sono labili    come  quello    ,  quando passai   sui luoghi delle  stragi   .  I miei  ricordi     si basano  su  racconti dei genitori  , libri  ,  polemiche   con  quelli  vissuti  in quel periodo   ed  hanno vissuto in pieno   quel  periodo   vedi il gruppo fb    strage  di stato  (   ne  trovate   cenni   nel mio post   , cercatelo  dell'archivio ,   in cui intervisto Paolo Cucchiarelli  autore  de Il segreto di piazza Fontana  da  cui   tratta  la scenoigrafia del film . di Marco Tullio Giordana, Romanzo di una strage )
Ora Avendo per  motivi di salute  e  di lavoro  poco tempo    ecco un  docunmentario  (   se  non lovedete  lo trovate   qui  vero concntrato su blogna  (    il  2  agosto  si  sono  celebrati i  36  anni  )  ma  che  contestualizza  bensissimo  la  strategia della  tensione 
..
  non so   che  altro  dire  .Se  non  che  questo specie  le ultime  due  righe 
PER NON DIMENTICARE MAI
2 AGOSTO 1980 STRAGE DI BOLOGNA
Chi sia stato, se la P2, i fascisti, gli anarchici, Mambro e Fioravanti, sicuramennte lo stato lo sa. O forse no.
Sicuramente non lo sanno le famiglie degli 85 morti, i 200 feriti, non lo sa chi prestò soccorso ne chi scappò via. Non lo sanno gli autisti dei taxi, delle ambulanze, degli autobus.
Non lo sappiamo noi, non lo so io.
L’unica cosa che dobbiamo sapere è che noi passiamo ancora per la stazione di Bologna, e che quella targa con 85 nomi, non va scansata dallo sguardo ne dalla memoria.
A distanza di ben 36 anni quasi nulla e’ stato chiarito e questa strage rimane senza spiegazione e colpevoli e le famiglie rimangono senza risarcimento morale e materiale.
Una storia che dopo il boato ha lasciato un gran silenzio.





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SINISTRA E UTERO IN AFFITTO: RISPOSTA LAMPO A MARINA TERRAGNI di daniela tuscano

l'intervento   della Terragni
  http://marinaterragni.it/ora-la-sinistra-dica-chiarezza-cosa-pensa-dellutero-affitto/




Perché sull'utero in affitto la sinistra tace, esprime obliquamente il suo favore o farfuglia imbarazzata? Ecco un tentativo di risposta.
Perché in realtà essa è già assolutamente favorevole all'utero in affitto. Lo sappiamo bene. Solo che adesso esita a esplicitarlo, non conviene ancora politicamente. I tempi non sono maturi. In attesa di "ridere di queste resistenze medievali", per parafrasare un noto rappresentante di quella parte politica (che della c.d. gpa ha usufruito e non esclude di farlo ancora), occorre una massiccia opera di convincimento o "educazione": mettere di fronte al fatto compiuto, diffondere storie zuccherose di coppie di "padri" felici - non certo di mamme: l'utero in affitto serve ai maschi, non alle donne, nemmeno lesbiche - con la velata, ma non poi tanto, minaccia dell'accusa di omofobia per chi dissente.
Accusa speciosa e intellettualmente disonesta, dato che il problema non è, come si tenta di far credere, l'orientamento affettivo degli aspiranti genitori: infatti la maggioranza di chi si rivolge alla gestazione "surrogata" è costituita da coppie eterosessuali.

 

 Ne' e' in discussione il diritto al figlio perché tale diritto semplicemente non esiste: sembra assurdo nel clima di "democrazia emotiva" in cui versa l'Occidente, ma una società civile è tale solo se si fonda sulla relazione e l'altruismo; e gli unici a poter reclamare dei diritti sono i bambini/e, non gli adulti.
Ma tant'è: l'immagine dei "due babbi" a cui solo dei cattivoni senz'anima negherebbero la felicità è troppo ghiotta per non sfruttarla mediaticamente. Una gestante, una donatrice, una immensa madre, "perché non c'erano alternative" (eppure in Italia la "gpa" non può costituire un'"alternativa" essendo ancora penalmente perseguibile, eppure in molti paesi, dal Canada a quasi tutti gli States alla Norvegia, Spagna, Olanda ecc. l'adozione non è affatto vietata come taluni hanno affermato, ma anzi permessa)... e "il resto ce lo mette l'amore", magari anche i soldi perché ne occorrono tantini. Ma questo non sta bene dirlo, perché distruggere con la venalità quadretti così idilliaci?...
Come abbiamo letto da una sostenitrice della c.d. gpa: "Utero in affitto è un'espressione così rozza, brutale" (si badi: è rozza l'espressione, non la pratica). Nessuno racconta che dietro la retorica del dono si cela un giro d'affari di dimensioni colossali, lo sfruttamento delle donne povere, l'obbligo di abortire in determinati casi, la rinuncia definitiva al concepito ecc. ... ben più fruttifero delle adozioni, che infatti non interessano più a nessuno; e così, invece di sveltire e ampliare la possibilità di adottare anche a singoli di qualsiasi orientamento sessuale - sempre tenendo conto dell'interesse del/la minore - si preferisce incentivare quest'altro mercato. Poi non vorrete mica mettere un pupino piccolo, bell'e confezionato come lo desideriamo noi, con uno sconosciuto magari lacero, stortignaccolo e con una storia incasinata alle spalle? Restino pure negli istituti, quelli!...
E vissero tutti felici e contenti, tranne naturalmente chi non ha abbastanza denaro e le sfigate che hanno perso il treno: potevano pensarci prima, farsi furbe e soprattutto nascere ricche. Ecco, essere "progressist*" oggi significa più o meno questo. Con buona pace di Marx e Gramsci.

© Daniela Tuscano

IN PRINCIPIO ERA CHIARA di © Daniela Tuscano

per  approfondire



C'è voluta una spaventosa scia di sangue perché ci guardassimo negli occhi, riscoprendoci fratelli e sorelle. Eppure, un tempo, eravamo amici. Un tempo in cui una cristiana, una donna, un'italiana di nome Chiara Lubich poteva salire su un minbar e proclamare la bellezza dell'unico


Dio. Senza rinunciare a uno iota del Vangelo ma parlando una lingua universale.
da  Wikipedia
Forse perché il Padre Nostro - per usare la definizione d'un giovane intellettuale siriano - è una preghiera "neutra", plasmata su tutti; o forse perché tutti vogliamo la stessa cosa. Stare in pace. La vita è così breve e preziosa.
Le donne lo sanno, perché da esse tutto origina. Sono le sentinelle che anticipano l'aurora. Insieme arrivano prima e insieme procedono.
Se oggi papa Francesco può proclamare che non è la religione, ma il potere e il denaro a scatenare le guerre, lo si deve a quel principio, a quella donna fragile sul minbar, in una moschea americana, vent'anni fa.

                                     © Daniela Tuscano

31.7.16

Funky Tomato, l'azienda di pomodori a filiera partecipata che dice no al caporalato e assume i migranti


Funky Tomato, l'azienda di pomodori a filiera partecipata che dice no al caporalato e assume i migranti .
http://www.huffingtonpost.it/2015/09/10/funky-tomato-no-caporalato_n_8118232.html
Chiara Piotto, L'Huffington Post

Le  foto oltre  che dall'articolo    sono prese  dalla  pagina  fb   di  sfruttazero e  dal sito   della  cooperativa  dell'articolo 

Esiste un’alternativa al caporalato. Può sembrare retorica, ma su mezzo ettaro di terra spalmato tra Puglia e Basilicata è gia realtà. Una chiave possibile sta nelle mani di Funky Tomato, una azienda che coltiva, raccoglie e imbottiglia pomodoro a filiera partecipata. Opponendo al pagamento a cottimo dei lavoratori un regolare contratto. E facendosi finanziare dai propri clienti: chi crede nel progetto ha pre-acquistato i prodotti, 20mila bottiglie di salsa, pelati e pomodori a pezzi.

Il team all'origine dell'iniziativa ha i piedi ben piantati nell'agricoltura. Paolo è agricoltore, come Gervasio, Giulia fa monitoraggio per le condizioni sanitarie dei braccianti, Mimmo è un sociologo, Enrico è un perito agrario, Giovanni è ingegnere, Mamadou è mediatore culturale, Giordano si occupa della comunicazione. Nella zona dove hanno scelto di lavorare e in altre del sud Italia, la filiera del pomodoro coinvolge migliaia di agricoltori e un centinaio di stabilimenti di trasformazione, per un giro d’affari annuo compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro. Centinaia di baracche e di casolari abbandonati nelle campagne diventano le case di migliaia di braccianti stranieri che rispondono alle leggi del caporalato, del pagamento a cottimo (3,5 euro per un cassone di pomodori da 300Kg), delle irregolarità contrattuali.


"Il nostro obiettivo era trovare un'alternativa al caporalato per i migranti che arrivano nel nostro territorio alla ricerca di impiego", spiega ad HuffPost Paolo Russo, membro della squadra che ha lanciato il progetto, "perciò dovevamo garantire loro una quantità abbastanza alta di giorni. Il minimo di giornate lavorative per ottenere il sussidio di disoccupazione agricola è 52. Abbiamo offerto loro questo e un regolare contratto bracciantile stagionale da 39 ore settimanali, a 47 euro per 6 ore e 40." Con questi standard, Funky Tomato ha potuto permettersi di assumere quattro dipendenti: Mamadou, senegalese, Yakouba e Walim, entrambi burkinabé, e Anita, una giovane mamma italiana precaria. "Questo è il senso dell'aggettivo 'funky', che viene usato per indicare una contaminazione tra generi musicali diversi. È lo stesso per i migranti: contaminano e arricchiscono la nostra cultura, sono una risorsa enorme e non elementi di passaggio", aggiunge Russo.
La storia di Mamadou è esemplare. "Quando l’abbiamo conosciuto, in un appartamento di Rosarno, ascoltava Radio Radicale per ore", raccontano i suoi compagni di viaggio. Mamadou in Senegal faceva il pescatore e quando è arrivato in Italia si è messo a fare il buttafuori nelle discoteche.
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 Poi è rimasto senza lavoro, ma non ha voluto cedere al caporalato: "Io sono un uomo libero". Ora è uno dei protagonisti del progetto. Come lui, anche gli altri due lavoratori Yakouba e Walim, hanno rifiutato il lavoro ingiusto dopo averlo sperimentato; hanno sentito diffondersi la voce che Funky Tomato cercava delle persone e hanno deciso di fare un tentativo. "Sono loro ad avere scelto noi, non il contrario", ci racconta Russo, "e noi siamo contenti di fare conoscere loro un modello non industriale e intensiva, perché capiscano che l'agricoltura non è solo sfruttamento ma artigianato e qualità. Qui acquisiscono delle capacità, imparano delle mansioni che possono tornargli utili per trovare altri lavori. Vorremmo iniziare a collaborare con gli Sprar: i migranti non devono essere visti come manovalanza ma essere aiutati a diventare tecnici con specifiche competenze".
Certo, il lavoro è impegnativo. Resistere al mercato con una azienda piccola, artigianale e biologica, non è semplice. Il prezzo di 1,70 euro per chilo di prodotto trasformato è alto rispetto ai prodotti industriali, ma basso rispetto ad altri nati sotto una simile stessa etica produttiva. Gli acquirenti sono principalmente ristorazioni che a loro volta fanno micro-distribuzione, distributori equo solidali, minori, qualche privato. "Volevano diventare utili per un'economia virtuosa", spiega Russo, "creare qualcosa che durasse nel tempo e creasse continuità territoriale. Ci stiamo riuscendo, si è creato un gruppo bellissimo. Ora miriamo a continuare, espanderci, magari sviluppare un progetto simile con l'olio. Ripartiremo con i pomodori la prossima primavera".

29.7.16

dignità di una malata terminale che rifiuta le cure : "Sono morta 15 anni fa con mio figlio"



non capisco questo astio nel confronti del medico  che  ha  raccontato  la  vicenda  sul suo fb  , molti magari non riescono a creare o ad avere empatia con i pazienti, in ogni caso magari può servire per far capire un tema importantissimo come l'accanimento terapeutico o l'eutanasia  e  di come  i italia   sia   indietro  su testamento biologico  
 
da l'unione sarda Oggi alle 09:18 - ultimo aggiornamento alle 09:51
 


La storia è stata raccontata sul suo profilo Facebook da Marco Deplano,  (  fotosotto  )  urologo di Carbonia in servizio all'ospedale Sirai.
 

                                           L'urologo Marco Deplano

E' quella di una donna che scopre di essere malata terminale e rifiuta le cure mediche perché - dice - "sono morta 15 anni fa quando mio figlio è morto d'infarto a 33 anni".
Quella che la donna dà al medico è, come lui stesso l'ha definita, "la lezione di vita più toccante".
Ecco il testo integrale, così bello ed efficace da temere sintesi o modifiche.


"Oggi mi chiamano per una consulenza in un altro reparto.
Una delle solite e molteplici consulenze della giornata... ordinaria amministrazione.
Paziente con un tumore in fase ormai terminale con insufficienza renale da compressione degli ureteri.
Arriva con il letto una paziente tra i 70 e gli 80 anni, bianca bianca, capello rosso carota con due dita di ricrescita ma smalto rosa impeccabile.
-"Buongiorno signora".
-"Buongiorno a lei dottore".
Vedo la cartella, la visito e ripeto l'ecografia.
-Allora signora in questo momento i suoi reni hanno difficoltá a scaricare le urine per cui non potendo eliminare le urine per via naturale devo posizionare un tubicino, una specie di rubinetto che scavalca l'ostacolo cosi farà pipí da due tubicini nella schiena collegati a due sacchette...".
-"Scusi se la interrompo... avró un'altra sacchetta anche dietro?" (aveva la colostomia).
-"Si signora...".
Silenzio assordante di un minuto che sembrava interminabile.
Sorridendo mi dice:"Scusi dottore come si chiama?".
-"Deplano".
-"No il nome".
-"Marco".
-"Marco che bel nome...hai due minuti per me?".
-"Certo signora ci mancherebbe...".
-"Lo sai che io sono già morta?".
-"Scusi non la seguo... non è così immediato...".
-"Si... sono morta 15 anni fa".
Silenzio.
-"15anni fa mio figlio a 33 anni e venuto a mancare... ha avuto un infarto. Io sono morta quel giorno lo sai?".
"Mi spiace signora...".
-"Io dovevo morire con lui 15 anni fa, dovevo morire 10 anni fa quando mi hanno trovato la malattia e adesso io non devo più fingere per gli altri. I figli sono sistemati, i nipoti pure... io devo tornare da lui. Che senso ha vivere qualche giorno in più con sacchette soffrendo e facendo penare i miei cari... io ho una dignità. Ti offendi se non voglio fare nulla... io sono stanca e mi affido alle mani di Dio. Dimmi la verità soffriró?".
-"No signora... lei può fare quello che vuole... ma mettendo due...".
-"Marco ti ho detto no. La vita e mia e ho deciso cosi. Anzi fai una cosa sospendi la trasfusione che ho voglia di tornare a casa e mangiare un gelato con mio nipote".
Piano piano ogni parola mi ha spogliato come quando si tolgono i petali a una rosa.
Ho scordato la stanchezza, la rabbia e tutto quello che mi angoscia.
Non c erano piu gli anni di studio, le migliaia di pagine studiate, le linee guida... nulla tutto inutile.
Nudo e disarmato dinanzi a un candore e una consapevolezza della morte che mi hanno tramortito.
Mi sono girato per scrivere la consulenza per evitare che mi vedesse gli occhi lucidi e l'infermiera si è allontanata commossa.
Non sono riuscito a controllarmi e chi mi conosce sa che non è da me...
-"Marco ti sei emozionato?".
-"Si signora un pochino, mi scusi".
-" É bello invece, mi fai sentire importante. Senti fammi un altro favore. Se vengono i miei figli e ti prendono a urla chiamami che li rimprovero per bene. Tu scrivi che io sto bene cosí...Ok?".
-"Si signora".
-"Marco posso chiederti una cosa?".
-"Si signora dica".
-"Sei un ragazzo speciale io lo so e sei destinato a grandi cose. Me lo dai un bacio? Come quelli che i figli danno alle mamme".
-"Si signora".
-"Preghero per te e per mio figlio. Spero di riverderti".
-"Anche io signora... grazie.".
In quel momento era la donna più bella del mondo, luminosa, decisa, mamma, nonna... in una parola amore puro.
Forse é stata la volta in cui sono stato contento di fare una figura di merda.
Smontato, denudato e coccolato da chi avrei dovuto aiutare e invece mi ha impartito la lezione di vita piu toccante della mia vita.
La morte vista come fase finale della vita, senza ansia, paura, egoismo.
Consapevolezza che anni di studio mai ti insegneranno...il mio curriculum valeva meno di zero... Anni di studio, master, corsi... Il nulla.
Parlavano le anime.
Tutto é relativo e io sono piccolo piccolo davanti a tanta grandezza.
Tutto quello che riguarda la vita, quando la si cerca, quando la si ha o la si perde fino a quando finisce va vissuto intimamente nella massima libertà e discrezione.
L'unico momento che davvero unisce chi si vuol bene cancellando litigi e negatività.
Sembra paradossale ma il dolore che è un aspetto dell'amore unisce a volte più dell'amore stesso.
Io credo molto nell'accompagnamento in queste fasi: a volte una parola dolce ha più beneficio di molte medicine.
Comunque vada buon viaggio".

27.7.16

giornali spazzatura e seminatori d'odio parete II

Sullo stesso argomento 

giornali spazzatura I 
Sui fatti di rouen di daniela tuscano

Oggi   sfogliando la  home  di fb  ho  trovasto  questo   post   dell'amico Daniele Carbini 11 h ·
con  cui  concordo in pieno e   che   conferma 








Il terrorismo fa schifo, è orribile, ma in Italia c'è chi gli fa concorrenza fomentando odio e chiamando ad una guerra cristiana di contrapposizione.Per la stessa schifosa logica falsa, strumentale e tendenziosa, le merde dell'informazione, quando c'è un prete pedofilo, dovrebbero fare una prima pagina con il titolo "Dio violenta i bambini".
Da un lato abbiamo terroristi che chiamano alla guerra in nome di Allah, da questo lato abbiamo terroristi dell'informazione che chiamano alla guerra per difendere l'identità cristiana. Fate schifo, ma una cosa mi lascia un po' di fiato: che in Italia abbiamo crociati da tastiera, che la guerra la devono fare gli altri.

aggiungo    sollo    questi versi

   S'il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président

di    una  famosa  canzone   francese rifatta in italiano  da  Ivano Fossarti   degli anni 50   contro  la  guerra   coloniale    d'algeria  

[ BUfala ] La carta di credito per gli immigrati

  Alcune  bufale   vecchie    e   nuove  sugli immigrati  tanto  vecchia  e sconrtata  che la stessa  fonte  si è incazzata   e  sconfortata 
da http://www.butac.it/la-carta-di-credito-per-gli-immigrati/

Poi dopo la carta di credito il governo ha deciso che tutti quelli che hanno la casa al mare devono tenere una stanza libera in caso di bisogno profughi, e la FIAT ha promesso che ad ogni immigrato che tiene famiglia a Natale regala una nuova 500.
Dai ragazzi davvero occorre che sbufaliamo questa robaccia? Non c’è neppure bisogno di fare fatica visto che la stessa testata da cui me la segnalate spiega chiaramente d’esser un sito acchiappalike, no scusate un sito di “satira”:
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Se leggete Butac (   ed altri    siti antibufale   aggiunta  mia  )    e ancora cascate in queste boiate:  il nostro è un blog che va chiuso, la nostra missione è fallita. Mi rifiuto di scrivere un’altra riga su bufale di questo livello. Non è interessante, non è divertente. Se siete così sciocchi da condividere roba così pigliandola per buona mi dispiace, ma fate parte della larga schiera di analfabeti funzionali, lo siete, non giustificatevi con la pigrizia, siete gente che non dovrebbe avere accesso alla rete, non siete capaci di leggere una pagina fino in fondo, non siete in grado di discernere tra realtà e finzione…
No, non chiuderò Butac, anche se a breve rallentiamo il numero di post, si parte per le vacanze, ma vorrei davvero che vi faceste un esamino di coscienza. Avete avuto il dubbio fosse vera? Imparate a leggere dalla prima all’ultima riga di una pagina, per cercare eventuali tracce che possa trattarsi di un falso. Avete amici che la prendono per vera? Beh, se siete molto amici e non volete perderli sarà il caso che impariate ad ingoiare il rospo e fare buon viso a cattivo gioco, quelli non cambieranno idea anche a seguito della sbufalata, sono uTonti DOC, che vi diranno che tanto noi 30 (o 35 o 40) euro al giorno glieli diamo e che quindi la notizia non è del tutto bufala, si arrampicheranno sugli specchi, non vi daranno mai ragione, e domani condivideranno il Senatore Cirenga, as usual.
Io al vostro posto li metterei tra quelli che vengono ignorati da Facebook e pulirei seriamente la mia bacheca, ma sono amici vostri, mica miei.
L’amico David Puente aveva già provveduto a dire la sua, ma lui è sempre più signore di me.
maicolengel at butac punto it



26.7.16

GIACOMO E GIOVANNA © Daniela Tuscano





.L'hanno sgozzato il giorno dopo il suo onomastico, a 86 anni, nella stessa città in cui visse Giovanna d'Arco, che ne aveva 19. Il vecchio e la giovane, entrambi martirizzati. Così diversi e lontani, ma travolti dal medesimo odio. L'odio è sempre vecchio, anzi, rancido, pur se compiuto da mani imberbi. E per questo, talora, anche più crudeli ed empie.
Empi sono i terroristi (non pazzi, non squilibrati come la stampa ipocritamente li dipinge), e non solo perché hanno trucidato padre Jacques Hamel mentre celebrava Messa, sulla scorta d'un altro martire, Oscar Romero. Empi sono i terroristi perché, non rispettando il culto dell'altro, non ne rispettano l'umanità. Empio è chi in nome di dio considera infedeli e impuri i "diversi da sé". Empio è chi impedisce all'altro di professare il proprio credo, o cambio di credo, o nessun credo. Gridiamoglielo forte e chiaro: empio! E diabolico. Il vero ateo è lui.
Non si permetta di decidere la sorte di uomini e donne. Non ne ha il diritto. Sono questi ultimi gli unici responsabili delle proprie scelte e verranno giudicati solo da Dio. Non da cani rabbiosi che ne fanno un'ignobile caricatura!
Non pretenda d'invocare il fuoco dal cielo per consumare i nemici. Men che meno di eliminarli. La Scrittura è esplicita in proposito.
Il disegno dei terroristi è lucidissimo. E così l'obiettivo finale, cioè il Papa. Padre Jacques poi, proprietario come Francesco, credeva e praticava l'ecumenismo, proprio quello che l'Is non tollera.
Il sangue dei martiri grida all'alto, oggi qui in Europa, ma anche a Mogadiscio, in Siria, in Iraq, in Nigeria. Chissà se i nichilisti occidentali alfine lo comprenderanno.
E vivranno, vivremo, in questi anni, come quei fratelli e sorelle che colpevolmente abbiamo dimenticato; come tutti quegli Abeli di cui non ci siamo sentiti custodi.
Per padre Jacques, come ieri per Giovanna e quelle tante vittime, cristiane, yazide, musulmane straziate dall'odio, non cadremo nella limpida, luciferina trappola dei criminali: trascinare il mondo intero in una guerra di religione.
È già invece, da molti anni, guerra alla religione. Che ne uscirà stremata. Forse colpita al cuore. Per sempre.
Forse, solo allora, comincerà la Fede. E risorgerà quell'umano per cui Giacomo, Giovanna e i tanti martiri sono caduti e purtroppo ancora cadranno.

© Daniela Tuscano


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La stampa che giustifica la violenza sulle donne è irresponsabile oltre ad essere carta straccia

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Nella seconda metà di luglio dell'anno 2016, in Italia, e più precisamente in Lombardia, può capitare di leggere testate, come "La Provincia di Varese", che in prima pagina, taglio medio, inseriscono uno strillo intitolato "E' riuscita a distruggermi la vita. Ha vinto lei, vi chiedo perdono". Richiesta, all'apparenza, del tutto illogica: perché mai un uomo la cui vita è stata distrutta invocherebbe il perdono? Dovrebbe farlo chi gliel'ha rovinata, no?


Poi, addentrandosi nella lettura, il mistero comincia a diradarsi. La distruttrice di vite non può più chiedere perdono, è morta. Non di morte naturale. L'ha ammazzata il distrutto. Che non era uno qualunque. Bensì il marito (pur se, ironia della sorte, si chiama Scapolo). Distrutto. Dalle continue angherie di lei: "non un violento" ma - come testualmente riferito dall'autrice (!) dell'articolo, Simona Carnaghi - "un uomo mite, lavoratore, che voleva andarsene da una donna che a suo dire l'aveva vessato fino all'esasperazione e che lo minacciava 'Se mi lasci ti riduco sul lastrico'. Un uomo piegato da quel rapporto. Vinto. Un uomo che è esploso". E certamente quell'ennesimo litigio a proposito delle vacanze era un motivo bastante a far esplodere un uomo così mite, il quale, colto da "raptus", prima ha preso a martellate l'intollerabile Santippe, poi l'ha soffocata, così, per non sbagliare, per finir bene il lavoro. E a chi l'"accaduto" - è scritto proprio così, "accaduto", come si trattasse d'una disgrazia, o d'un disguido: l'ho distrutta, è accaduto! - apparisse un po' troppo freddo e calcolato per essere un semplice raptus, la giornalista spiega: "non ha mai maltrattato la moglie, ha perso la testa cedendo a una violentissima quanto non giustificabile follia TEMPORANEA", purtroppo conclusasi con la morte della distruttrice per mano del distrutto. Ma è stata l'unica volta, si badi bene, non l'aveva mai ammazzata prima, era sempre stato buono e dolce. D'altronde, concluso l'"accaduto", il distrutto ha subito dato prova della sua sensibilità, anzi, della sua "pietà", come sottolinea l'ineffabile Carnaghi: "ha coperto il corpo dopo aver recuperato lucidità (...) e ha chiuso i due cani di famiglia nell'altra stanza per evitare che si avvicinassero al cadavere". Fosse mai che lo profanassero, magari sbranandolo. Magari distruggendolo.
Poi, nella sua immensa bontà, ha chiesto pure perdono. Insomma la vittima dell'"accaduto" non è l'accoppata, che anzi "ha vinto" e adesso, sotto terra, se la starà ridendo alla grande, ma il mite marito, il distrutto, che per colpa sua ha la vita rovinata (però vive). Accade questo, nella seconda metà di luglio dell'anno 2016, a firma d'una donna, Simona Carnaghi, su un giornale di provincia dell'Alta Italia. Chi crede, può mandarle due righe, così, tanto per ringraziarla della professionalità.
Non è l'unica, invero. Alcuni chilometri più a Sud, commentando le atroci sevizie inferte a un adolescente da due pedofili di mezz'età, il direttore de "Le Cronache di Salerno" titola: "Froci e pervertiti violentano 17enne". Aurelio Mancuso, di Equality Italia, s'è fatto portavoce dello sdegno di molti, i quali hanno visto in quelle frasi paludate un'equazione tra pedofili e "froci". La replica del direttore non necessita, a nostro avviso, di ulteriori chiose. Su una considerazione, buttata lì un po' a caso e di cui nessuno s'è curato, pensiamo però sia opportuno soffermarci. "La vicenda di Cava [dei Tirreni, dove il crimine ha avuto luogo], è BEN PIÙ GRAVE - argomenta il direttore - di uno stupro che pure è cosa gravissima". Verrebbe da chiedere quale sia la differenza tra l'una e l'altro. Violare una donna è meno grave rispetto a un ragazzo? Anzi, assai meno grave? Può asserirlo solo chi non ha nemmeno una lontana idea di cosa sia uno stupro. Forse perché c'è sempre "ben altro" prima d'una donna, forse perché siamo tutti figli d'una cultura che fino agli anni '70 del Novecento ha propagandato la supremazia assoluta del maschio, dei suoi "raptus" e del suo vittimismo delittuoso; e che fino al 1996 ha considerato la violenza sessuale un reato contro la morale, davanti a cui premono altre urgenze, BEN PIÙ GRAVI. Forse perché una donna non è mai altro, nient'altro che una donna. Nella seconda metà di luglio dell'anno 2016, molti (e, ahimè, molte) la pensano ancora così; taluni lo scrivono sui giornali.

© Daniela Tuscano


   ricevo   e riporto sempre   dall'amica   ed  utente  Daniela  Tuscano   questo appello 


No Raptus
Il 19 luglio scorso Loretta Gisotti, 54 anni, è stata assassinata dal marito. L’uomo l’ha presa a martellate e l’ha finita strangolandola.
Sul quotidiano La Provincia di Varese, a firma di Simona Carnaghi, sono usciti due articoli così intitolati: “Lei era sempre critica con Roberto e “E’ riuscita a distruggermi la vita. Ha vinto lei, vi chiedo perdono.
Gli articoli giustificano la violenza compiuta dall’uomo, colpevolizzano la vittima e, in un rovesciamento dei ruoli, empatizzano con l’assassino, evidenziandone la sofferenza.
Nel primo articolo si parla di una coppia normale che stava per andare in vacanza, nel secondo invece di una coppia che era già separata. Secondo la giornalista una critica non gradita nei confronti di un uomo sarebbela goccia che fa traboccare il vaso” e può quindi portare al  massacro di una donna come fosse un evento del tutto comprensibile se questa osa entrare in conflitto col marito.
Una narrazione che normalizza il femminicidio. La descrizione dei fatti si fonda sulle  dichiarazioni dei vicini di casa o su quelle dello stesso assassino senza alcun approfondimento. Viene evidenziato il dolore (comprensibile) della madre del femminicida ma si tace su quello dei familiari o amici, della vittima, come se non avessero anch’essi un lutto da affrontare.


 
Nell’articolo ricorre, poi, il fantomatico “raptus” anche se l’Associazione nazionale degli psichiatri italiani ha detto da tempo che non esiste.
L’articolo 17 della Convenzione di Istanbul che responsabilizza i media per cambiare la cultura della violenza è palesemente disatteso, nonostante da anni si parli di cambiare il linguaggio della stampa nei casi di violenza contro le donne, nonostante l’impegno della rete di giornaliste Giulia, che nel 2014 realizzò il  video Io me ne curo per sensibilizzare i mass media ad adoperare un linguaggio che non rimuova la gravità della violenza contro le donne
Eppure continuiamo ad imbatterci in articoli come questi.
Quello che scrivono i giornali incide così come quello che racconta la tv.
Se in un articolo di giornale o in un servizio tv che racconta la violenza subita da una donna, o un femminicidio, si sottolinea come era vestita, o se era antipatica, criticona, poco carina con il marito, le si fa violenza un’altra volta, o la si uccide di nuovo.
Se si insinua che, in fondo, se l’è cercata le si fa violenza, o la si uccide, di nuovo.
Se si parla di delitto passionale, di raptus, la si violenta o uccide di nuovo.
Le parole non sono neutre, e chi fa giornalismo ha una enorme responsabilità nella lotta, o nella conferma, degli stereotipi che alimentano la violenza.
L’informazione consapevole comincia da chi la fa, quindi dalle giornaliste e dai giornalisti, che sono la prima linea della buona o della cattiva informazione, che a sua volta è parte fondante della formazione delle coscienze individuali e collettive.
La serie di articoli pubblicati dal quotidiano la Provincia di Varese è un esempio vergognoso e ripugnante di come non dovrebbe mai essere trattata la cronaca di un femminicidio.
Per aderire scrivete a nadiasomma@alice.it o potete aderire nello spazio dei commenti del blog. Potete anche partecipare a mailbombing alla redazione: redazione@laprovinciadivarese.it  allegando se volete appello e firme.
Monica Lanfranco, Nadia Somma, Giulia Giornaliste, Simona Sforza, Suny Vecchi Frigio, Anarkikka, Antonella Penati di Ass. Federico nel Cuore, Donatella Martini, Barbara Bonomi Romagnoli, Luisa Garbatelli Rizzitelli,Veronica Mira, Barbra Bellini, Imma Cusmai, Ombretta Toschi, Ass.Demetra donne in aiuto, Stefano Marullo,Michela Bianca Nocera,Se Non Ora Quando Napoli,l’Associazione TerradiLei,One Billion Rising Napoli, Irma Lovato Serena, Giulia Laboranti, Cristina Barbieri, Rossana Ciambelli, Clelia Delponte, Donata Villari, Ilaria Nassa, Federico Raffaelli, Silvia Cattafesta, Daniela Tuscano, Pamela de Lucia,  Giusi Dessy, Laura Marrucci, Weruska Mannelli, Katia Cazzolaro, Yoghi Paola Gualano, One Billion Rising Rimini, Michela Prando, Gabriella Bifarini, Franco Barbuto, Andrea Mazzeo Fazio, Agata Manfredi,  Federico Raffelli, Maria Rossi, Roberto Peduto, Tilde Macinelli, Olinda Alò, Tiziana Scarano, Monica Mantivani, Manuela Evangelista,Nunzia Tuberosi, Simona Spaggiari, Marco Holsen,Claudia Varcich, Daniela Benvenuto, Carla Stancampiano, Daniela Iori,Cristina Rubagotti, Karen Ka, Monica Matticoli, Ernesto Sferrazza, Paola Sacchiero, Sara Paoli, Caterina Mion, Nabila Di Pilla, Sara Michieletto, Giovanni Moia, Stefano Dall’Agata, Aurora Munarin, Stefania Prandi, Stefania Spisni, Ornella Guzzetti, Michela Prando, Silvia Cattafesta, Inma Mora Sanchez, Veronica Mira, Vera Bessone, SOS Donna – Faenza, Cinzia Boffi, Christian Sarno,Viviana Elisabetta Gabrini, Paola Tavella, AnnaMaria Passaggio, Isolina Mantelli, Rompi il Silenzio – Centro antiviolenza – Rimini, Pasionaria.it, Manuela Fedeli, Sonia Balzani, Maura Musci, Francesca Cau, Fiamma Lolli, Luigina Pompei, Emanuela Valente, Claudia Forini, Valeria Bucchetti, Alessandra Novarese, Loretta Gisotti,Maurizio Lavore, Maria Grazia Borla, Danila Zangarini, Sabrina Sisto, Telefono Rosa Mantova, Catia Morellato, Alessandra Vanni, Chiara De Baggio, Luisa Giannitrapani, Francesca Genovese, Anna Meli, Valerio Prigiotti, Giovanna Covi,
(l’elenco delle firme  è in continuo aggiornamento)

25.7.16

eroi solitari del nostro di tempo di Franco Bifo Berardi -Matteo Tassinari

        Il bilico guidato da Mohamed Lahouaiej Bouhlel

Il camion del terrore

Terrorismo, disperazione, suicidio
        di Franco Bifo Berardi
Si stanno intensificando gli episodi di suicidio assassino: una persona (generalmente un giovane maschio) uccide quante più persone gli capitano a tiro prima di essere ucciso da un agente della sicurezza, un soldato o un poliziotto. L’ultimo, in ordine di tempo, è un maschio 31enne franco-tunisino, che ha scaraventato un camion lanciato ad alta velocità sull’affollato lungomare di Nizza uccidendo più di 84 persone. Si tratta di terrorismo, ci dicono i giornali che giorno dopo giorno documentano episodi di guerra civile globale nell’area euro-mediterranea e in vaste zone dell’Africa e dell’Asia oppone l’esercito islamista all’occidente.
In altre zone, come il Messico e il Brasile, si scatena l’esercito narcotrafficante contro la popolazione civile, mentre negli Stati Uniti d’America mobilita un esercito immenso di squilibrati mentali forniti di armi micidiali e in libera vendita dovunque, motivando, in questo modo, i poliziotti ad uccidere giovani afro-americani. Come nel caso recente di Dallas, quando un afro-americano, reduce dalla guerra afghana, sparava su poliziotti preferibilmente bianchi. Si tratta di terrore, questo è certo. Ma non sono sicuro che la spiegazione ideologica o religiosa sia quella che meglio ci spiega le ragioni di questa violenza che ormai è divenuta l’orrenda norma della vita quotidiana nella società globalizzata.
Libia, ISIS conquista aeroporto a Sirte
Alla fine di giugno 2016 un ragazzo palestinese di 17 anni, Muhammad Nasser Tarayrah, si é introdotto nottetempo in una casa di Kyriat Arba (letteralmente la "Città dei quattro") un insediamento israeliano alla periferia di Ebron, e ha ucciso a coltellate una ragazzina ebrea di 13 anni che stava dormendo nel suo letto. Pochi istanti dopo un soldato israeliano ha ucciso il giovane assassino. Niente di particolarmente sorprendente o di nuovo, anche se non è possibile restare indifferenti
L'insediamento di Kiryat Arba a Gerusalemme

Gli aironi solitari
Kyriat Arba è un insediamento di coloni israeliani che la legge internazionale considera illegale, l’aggressione israeliana è ininterrotta da decenni per cui è del tutto comprensibile che i palestinesi ripetutamente aggrediscano i coloni che hanno occupato le loro case e distrutto le loro vite. Ma l’azione dell’adolescente Tarayrah ha un carattere particolare per l’età dell’assassino e della vittima, e perché si inserisce in una successione impressionante di azioni che possiamo definire terroristiche solo se estendiamo enormemente il senso di questa espressione. Palestinesi di ogni età ripetono un gesto che appare inspiegabile secondo ogni logica militare o politica: escono dalle loro miserabili abitazioni con un coltello da cucina e si avventano contro il primo cittadino israeliano che capita, tentando, per lo più senza successo, di ammazzarlo.
L'“Intifada
dei coltelli”
Questi guerriglieri armati di coltello ottengono invece quasi sempre un altro risultato, quello di essere uccisi dai soldati israeliani, che sono armati fino ai denti. Si tratta di un’insurrezione, come suggerirebbe il nome “Intifada dei coltelli” che i giornali hanno dato a questa esplosione priva di senso militare e politico? L’insurrezione è un atto collettivo, un processo fondato sulla condivisione quotidiana di lungo periodo, e si prefigge generalmente di rovesciare un regime. Nel caso dell’Intifada dei coltelli si tratta di aironi individuali, solitari e per di più è evidente che i mezzi non sono adeguati per ottenere il fine.

Il massacro in Marikana, sud Africa


"La morte è un diritto,
ed esigo questo diritto"
Come spiegare allora questi atti? A me pare chiarissimo che i giovani palestinesi, stremati dalla miseria, dall’umiliazione, dalla sistematica violenza dello stato fascista e razzista di Israele si stanno suicidando, stanno commettendo quello che in inglese si chiama suicide by cop. Il giovanissimo Tarayrah, per parte sua, aveva spiegato il suo gesto in modo che più chiaro non si può, scrivendo sul suo profilo Facebook le seguenti parole: “Death is a right, and I demand this right”.
    Il suicidio come 
                 fuga dall’inferno
Occorrevano parole più chiare per darci la possibilità di comprendere di che stoffa sia fatto il cosiddetto terrorismo che sta lacerando il tessuto della società contemporanea? Quella stoffa è la sofferenza di una parte crescente dell’umanità contemporanea, soprattutto dei giovani, non solamente arabi o islamici. Il suicidio come linea di fuga dall’inferno dell’umiliazione colonialista, dall’inferno della miseria metropolitana, dall’inferno della precarietà e dell’umiliazione.
Secondo World Health Organisation negli ultimi quaranta anni il tasso di suicidio è aumentato nel mondo del 60% (ripeto per chi non avesse ben capito: sessanta per cento). Secondo alcune fonti che ho avuto modo di consultare, questo dato di per sé impressionante non rende a pieno la realtà, perché in molti paesi del mondo (tra cui l’Italia) i Ministeri dell’Interno danno indicazione ai medici di non dichiarare che una persona si è volontariamente data la morte se questo non è provato da una dichiarazione esplicita.

"HEROES, suicidio e omicidi di massa"
Impressionato da questo fenomeno, qualche anno fa gli ho dedicato un libro nel quale avanzo l’ipotesi che non si tratta di una contingenza casuale, ma di una conseguenza del tutto comprensibile delle condizioni di solitudine, umiliazione, miseria psichica e materiale e della percezione sempre più netta che la solidarietà tra oppressi si è dissolta per effetto della competizione e della precarietà e dunque non c’è più speranza di una rivolta collettiva, di una liberazione sociale.
C’è un momento in cui l’ipocrisia e le buone maniere vanno messe da parte. E un liberale deve dire le cose come stanno, pena essere accusato un domani di essere stato imbelle davanti ai mostri avanzanti. Per quieto vivere, pensando di salvaguardare la propria tranquillità borghese. Deve dirlo senza temere di urtare le “anime belle”, che poi spesso tanto belle non sono e grondano ipocrisia.
Ciò che bisogna dire oggi, chiaro e forte, senza ambiguità, è che l’Iislamismo è il nuovo totalitarismo e che come tale va combattuto prima che sia troppo tardi. Il totalitarismo è, come si sa, non un avversario ma il nemico assoluto della società liberale. E lo è sia perché la sua visione della vita, essendo appunto “totale”, non tollera quella distinzione fra le sfere di attività umane, in primo luogo fra la politica e la religione, che è alla base della nostra civiltà; sia perché è animato da un sentimento di “purezza” che considera sacrilega la possibilità stessa che possa esistere una società pluralistica.
Il titolo del libro è "HEROES, Suicidio e omicidi di massa" edito dalla Baldini e Castoldi. Ma cosa è accaduto di nuovo negli ultimi quaranta anni che possa spiegare un incremento così drammatico del suicidio? Cosa è cambiato nell’ambiente in cui i giovani si formano? Due risposte mi vengono alla mente. La prima si può formulare in questi termini: quaranta anni fa venne avviato un esperimento sociale che ha rapidamente cambiato le relazioni fra gli esseri umani, disgregando profondamente la comunità sociale, mettendo gli individui in una condizione di isolamento, di precarietà e competizione continua.

Questo libro è dedicato alla tendenza che domina l’età del capitalismo finanziario: il suicidio. Non si tratta soltanto dell’inquietante aumento del tasso di suicidio individuale (60% di aumento negli ultimi 40 anni), ma del fatto che l’umanità intera sembra avere scelto di suicidarsi. Forse la decisione l’hanno presa in pochi, ma tutti siamo costretti a prenderne atto. O forse non l’ha proprio deciso nessuno, ma tutti siamo in trappola in questa carlinga che vola nella notte della follia finanziaria, mentre non sappiamo come aprire la porta della cabina di pilotaggio. Tanto dentro il pilota non c’è. L’ha detto varie volte Mario Draghi, che passa per un signore molto assennato. Non importa per chi votate alle elezioni, ha detto Draghi. Non importa quale governo abbiano scelto i greci, non importa che voi siate d’accordo oppure no. La politica economica europea va avanti con il pilota automatico. E dove ci porta il pilota automatico dovremmo averlo capito. Se ci fosse stato inchiostro all’Angleterre non avreste avuto bisogno di tagliarvi le vene.
(Vladimir Majakovskij a Sergej Esenin)

L’esperimento   accattivante
del Neo-liberismo
La persona che lo impose per prima vinse le elezioni politiche inglesi dicendo che “la società non esiste, esistono solo individui famiglie imprese in competizione tra loro”. Il thatcherismo è diventato poi un dogma indiscutibile per tutti coloro che vogliono concorrere al potere politico.


La seconda risposta che mi viene alla mente riguarda la mutazione tecnica e comunicativa: negli ultimi decenni la comunicazione interumana è stata progressivamente trasformata dalla diffusione di macchine connesse la cui funzione essenziale è quella di permettere lo scambio di informazioni a distanza e di rendere possibile lo svolgimento di complesse operazioni produttive e comunicative senza bisogno che i corpi si incontrino nello spazio.
Questa innovazione ha eroso nel tempo la capacità degli esseri umani di sentire affettivamente la presenza dell’altro, mentre la prima ha inoculato nella mente di ogni individuo la convinzione che la vita ha valore soltanto per i vincenti, sottoponendo ogni individuo ad uno stress competitivo costante. Solo alcuni vincono, mentre la grande maggioranza dei partecipanti al gioco vive condizioni di frustrazione, umiliazione e miseria crescente. Non è sorprendente allora e quindi, che i soggetti socialmente più deboli, si trovino sempre più spesso a desiderare la morte. Il suicidio appare come una liberazione e insieme una vendetta, un’aggressione mortifera contro i responsabili di un dolore le cui cause sono difficili da individuare.

21.7.16

Cristian Porcino. . un filosofo pop contro contro l’omofobia e il femminicidio - Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne

Se c’è una definizione in grado di racchiudere l’essenza di Cristian A. Porcino Ferrara è di sicuro quella di filosofo pop. Non ha mai disdegnato di analizzare o giustapporre problematiche, fenomeni e icone che appartengono alla cultura popolare; pensiamo ad esempio a Renato Zero oggetto di un altro bel saggio scritto da Porcino in coppia con Daniela Tuscano.
Ciò che emerge con chiarezza dal libro “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” è l’estrema attualità, e l’approfondita disamina di due temi che stanno sconvolgendo il nostro presente. Un testo che stimola l’uzzolo del lettore e lo spinge a divorare il libro in un batter di ciglia. Già in passato l’autore si è cimentato nello studio delle canzoni dei nostri cantautori, e ancora una volta riesce a fendere il muro dell’omertà e dell’indifferenza che racchiude la tematica dell’omosessualità e del femminicidio.
Dall’omofobia radicata nel mondo del calcio alla femminofobia di cui si è fatta promotrice la religione e non solo. Troviamo inoltre il sessismo linguistico e la campagna elettorale Usa tra Hillary Clinton e Donald Trump, la legge sulle unioni civili e i significati di alcune canzoni di artisti come Elton John, Renato Zero, Francesca Michielin, Madonna, Mika e tanti altri. Colpisce alla fine il progetto educativo ideato per essere realizzato nelle scuole. “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” è un valido sussidio per insegnanti, genitori ed educatori, accattivante nel linguaggio e quindi particolarmente adatto ai più giovani. Infine va segnalata la dedica iniziale di Porcino rivolta a Eddie Justice, vittima del massacro di Orlando, e a Sara Di Pietrantonio.

(Gianni Buonafede)


Il libro è in vendita su amazon. per acquistarlo andate  qui 

20.7.16

MEMORIA E CONOSCENZA © Daniela Tuscano

MEMORIA E CONOSCENZA
"Evento storico", "memoria storica". Quante volte abbiamo letto o udito queste espressioni? Troppe, probabilmente. E per questo sono diventate pura retorica, suoni fluttuanti in un etere che ogni giorno, anzi, ogni ora, si riempie d'altri eventi e memorie pronti a sostituire nel nostro immaginario quelli appena depositati - e subito svaniti. La storia, per natura legata al passato, alla meditazione, al silenzio, oggi ci precede; immagini s'accalcano a immagini, spesso truci e impietose eppur
imprendibili  nella blogosfera.
 È il martellamento continuo a creare un minimo di certezze quand'anche siano pregiudizi, di valori pur se spesso si tratta di razzismo (sempre meno) camuffato.
CONTRO OGNI AMBIGUITÀ - Quando un evento è ritenuto degno di "passare alla storia"? Quando ha provocato qualcosa d'enorme, epocale, straordinario, nel bene e nel male. Ma più spesso a scuotere è il male: lui a fissarsi nella memoria, con buona pace delle anime candide. E non è vero non lasci traccia: la lascia, invece, spesso indelebile, e senza speranza. Perché di fronte al male il nostro atteggiamento è da sempre ambiguo. Lo ricusiamo ma ne siamo affascinati. Non è sempre "invincibile" (tutt'altro) né tantomeno inevitabile, basta però ne abbia l'apparenza e ne subiamo la sinistra attrazione.
La storia perpetua quest'ambiguità. Il pantheon storico ospita grandi condottieri, grandissimi dittatori o entrambe le cose, conquistatori, gloriose epopee di "civiltà" spesso a danno di altre ben più degne di tale nome. Predominanza quasi assoluta di bianchi, occidentali e caucasici, donne inesistenti e, su tutto, l'idea che la virtù e la ragione coincidano necessariamente col predominio, la gerarchia e il sopruso.
La seduzione del male di questi tempi ha poi assunto inedite coloriture.
Già nel lontano 1979 Giovanni Testori osservava: "Anche la poesia, anche l'arte sono state in grado di dar forma e figura agli assassini; al male; non ai santi; non al bene. Così mi domando se gran parte della cultura moderna sia veramente stata critica e giudice nei confronti del male o se, col gesto di colpirlo, non abbia alle volte trovato un modo sinistro e luciferino, per diventarne complice".
Nella nostra memoria si sono fissati Hitler e Mussolini, Stalin e Pol Pot, Bin Laden e al Baghdadi; oggi conosciamo la fisionomia di Bouhlel e dei killer di Dacca, molto meno quella delle loro vittime e oppositori.
Ebbene, esigiamo una revisione del concetto di storia; vogliamo definire "rivoluzionario" ed "epocale" chi sovverte i "valori" dell'intolleranza e della violenza, non quanti li propugnano. Solo così si disarma, anzi, si dissangua il male.
Questo non è il periodo dell'estremismo islamista. Esso va ovviamente conosciuto e studiato, per difendersene. Ma non dobbiamo concedergli, e concedere ai mezzi di comunicazione, di monopolizzare il nostro immaginario.
IL DOVERE DI RICORDARE - I protagonisti di questa fase della vicenda umana non sono al Baghdadi e i suoi epigoni. Si chiamano Faraaz Hossein, Ishrat Akhond, Khaled al-Asaad, Mohammed Bouazizi, Khaled Wahab e molti altri. Alcuni vivi, la più parte morti. Taluni più lontani nel tempo (ad esempio Wahab, difensore di ebrei durante il nazismo), altri nostri immediati contemporanei. Moltissimi autentici martiri, come ricorda la madre di Faraaz: "Ho sempre detto a mio figlio una cosa: rispetta sempre le donne e la loro dignità. Poteva uscire vivo da quel ristorante [di Dacca, dove i jihadisti hanno fatto strage di stranieri, compresi nove italiani]. Ma non ha dimenticato questi insegnamenti e non ha lasciato sole le sue due amiche. Ha mantenuto vivi i valori in cui credeva a costo della vita". Faraaz era musulmano. Non aveva trovato niente nella sua religione che l'autorizzasse a disprezzare le donne, anche se non molto osservanti, come le sue emancipate amiche. Secondo i referti medici ha lottato con gli assassini che le stavano torturando, prima di essere ucciso assieme a loro.
Il sacrificio di Ishrat ha replicato, sotto certi aspetti, il gesto eroico del filosofo Bergson nella Francia occupata dai nazisti. Anche Ishrat, come Faraaz, era musulmana. Ma s'e' rifiutata di recitare i versi del Corano davanti agli assassini. Non era quella la religione che aveva conosciuto, pur se ne aveva l'involucro. L'Islam dei jihadisti per lei equivaleva al "Gott mit Uns" sugli stendardi hitleriani: una bestemmia.
Era musulmano Khaled al-Asaad, il direttore del museo archeologico di Palmira, decapitato da Daesh per non aver svelato l'ubicazione delle opere d'arte; era musulmano Bouazizi, che col suo sacrificio contribuì alla cacciata di Ben Ali in Tunisia, l'unico paese in cui fra mille difficoltà si è avviato un processo di democratizzazione. È musulmano Hamadi Ben Abdesslem, la guida turistica che salvò i turisti italiani a lui affidati durante l'attentato del Bardo; è musulmana la famiglia tunisina che, a Nizza, ha salvato otto studenti italiani dal Tir criminale di Bouhlel.
Musulmane, infine, erano la prima e l'ultima delle vittime di Bouhlel. Non eroi, ma persone semplici: una donna velata, Fatima Charrihi, madre di sette figli, dall'aria mite e rassegnata che ha avuto il solo torto di trovarsi su quella maledetta traiettoria, quel maledetto 14 luglio, per godersi i fuochi artificiali; e un bellissimo bambino di tre anni, Kylian Mejri, sterminato assieme alla madre Olfa. Tutti franco-tunisini, come l'omicida.
La nera parabola di Bouhlel non deve oscurare lo splendore di queste vite, né i loro nomi. Non si commetta il tragico sbaglio d'identificare l'Islam con le bestemmie dei fondamentalisti. Una storia che lo permetta non farebbe che perpetrare la connivenza col Male.

© Daniela Tuscano

Pretendere che italiani e immigrati ed in nuovi italiani condividano la stessa idea della donna come persona libera

Qualche  giorno    fa  stavo sfogliando la  slide   di msn.it      è  sono  capitato    su quest  articolo di  HuffPost Italy Dei fatti di C...