Sicuramente, il cantante rap Revman è riuscito a catturare l'attenzione di unasto pubblico con i suoi giochi di parole e le frasi veloci e accattivanti. Il suo vero nome è Sebastiano Vitale e di professione fa il poliziotto a Milano. La sua candidatura a Sanremo e la successiva ingiustificata esclusione ha fatto alzare i toni ai suoi fans.Il rapper Revman ha un parlare veloce e accattivante che va oltre il rap.Revman è certamente una delle più grandi sorprese della musica per ragazzi e anche per i meno giovani, poiché sta ottenendo grandi successi sulle piattaforme digitali a partire da Youtube, Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin e tanti altri, grazie alle sue canzoni belle e appassionanti e, soprattutto ai sapienti testi caratterizzati da un vasto uso di termini "polizieschi" che vanno contro la malavita.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
7.7.21
Sebastiano Vitale Il poliziotto che fa il rapper ed La disabilità li aveva allontanati, l’arte li ha riuniti. La storia di due fratelli che hanno trovato il modo di superare le barriere
6.7.21
CARO DAMILANO, DOPO GENOVA 2001 NON ARRIVÒ O ALMENO NON DEL TIUTTO L’ANTI-POLITICA
CARO DAMILANO, DOPO GENOVA NON ARRIVÒ L’ANTI-POLITICAIl Fatto Quotidiano 5\7\2021C’è una sinistra intellettuale talmente ossessionata dal M5S che non riesce a guardare nemmeno dentro la propria storia. Si prenda l’espressoe l’editoriale che il suo direttore, Marcodamilano, dedica a Genova 2001 e alla Diaz. Che se ne trae da quella storia? Che la dura repressione poliziesca, di cui Gianni De Gennaro non si è mai scusato, e la contestuale violenza dei Black bloc hanno distrutto quel movimento rendendolo un ’ 68 “durato 48 ore”. E quella potenzialità politica, quella speranza, finendo in un buco nero, ha consegnato giovani e meno giovani all’antipolitica. A Beppe Grillo. Solo che il G8 è del 2001, il Vaffaday è del 2007. In mezzo? Dopo Genova c’è la stagione dei Social forum, un movimento contro la guerra indicato dal New York Times come “la seconda potenza mondiale”, soprattutto c’è la sinistra al governo. Prodi e Bertinotti, Agnoletto eurodeputato e deputati che vengono da quel movimento eletti da Rifondazione. Semmai è la delusione di quell’esperienza, la sinistra che si fa casta e potere, a spingere milioni di elettori verso i 5 Stelle. Ma quell’energia non si spegne ancora: realizza il referendum per l’acqua pubblica nel 2011, scende in piazza con gli Indignados in quello stesso anno, dopo che aveva manifestato contro il governo Berlusconi. E solo dopo l’ennesima mazzata politica, il governo Monti, favorito ancora da quella pseudo-sinistra rimasta in campo, si dilegua. Dieci anni dopo. Ora, possiamo capire l’acrimonia versogrillo,la foga di voler costringere tutto in una chiave di lettura precostituita arriva a negare la vita e la realtà di quelle centinaia di migliaia di persone che attraversarono Genova venti anni fa. E offrirono una chance di rinnovamento alla sinistra, che questa si guardò bene dal raccogliere. Allora si spiega meglio perché la sinistra italiana e gli “spiegoni” dei suoi cantori non ne azzeccano una.
non c'è stata l'antipolitica vera e propria ma al più antipartitismo o dei tentativi poi naufragati nelle paludi dellla politika ( ho usato la k per differenziarla da quella vera ) o per parafrasare uno slogan del m5 degli esordi nell'olio della scatola di tonno da cui si volevano togliere i tonni .
Io sto con le capre
di cosa stiamo parlando
- https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2021/07/il-caso-di-malika-chalhy-laltro-lato.html
- https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2021/07/malika-la-lezione-per-non-buttare-via-i.html
canzone suggerrita
non è tempo per noi - Luciano Ligabue
Vinicio Capossela - Ovunque proteggi - Musicultura 2015
Dopo aver letto su segnalzione della rivista free dell'omonima catena di centroi commerciali https://www.ioacquaesapone.it/ di luglio 2021 di unno studio condotto da Skuola.net che una importante influencer è per gli studenti italiani uno dei principali modelli da seguire, ho deciso di provare a capirne di più , e di non limitarmi a quello che vedo in mia nipote \ cugina di 2 grado adolesciente .
Ammetto che non è un mondo che mi attira e spesso mi nausea quello degli influencer: forse perchè essendo della generazione degli anni '70 è avendo vissuto in prima persona la trasfornmazione , ne ho parlato nel primi post del blog , del passaggio dagli stazzi ( maiali , galline ,l'orto , api , vigna ed i loro prodotti ed la loro produzione ) ala azienda florovivivasitica sono un po’ vecchia scuola cioè ho conosciuto il periodo di transizione fra la ribelle e il riflusso ed l'edonismo \ il craxismo \ berlusconismo sintetizzato da Italiano medio un film del 2015 diretto ed interpretato da Maccio Capatonda . Ma, per comprendere i ragazzi d'oggi , ho deciso di proivare a superare questo mio limite e di andare in perlustrazione, iniziando proprio a seguire su Instagram il modello di cui sopra. E così, all’improvviso, sono entrata nella vertigine dei post. Post dei figli, post delle inaugurazioni, post della casa, post delle vacanze, post dei momenti romantici, post ancora dei figli. E poi video e best of della giornata. Tutto in funzione della pubblicità a brand. Brand di bibite, di gioielli, di abiti, di scarpe, di locali, di location, di abbigliamento per i neonati, di parchi , << [...] ad onor del vero >> come dice Angela Iantosca l'editoriale IOACQUASAPONE citato << tutto questo influire serve a volte anche per ‘spingere’ le persone alla cultura, ma questa è un’altra storia ... [....] >>
Anch'io come Angela Iantosca nel suo editoriale
Sarò anacronistica, ma trovo molta più autenticità in un paesino di 150 abitanti che gioisce per il caciocavallo ottenuto dalle mucche podoliche delle montagne di cui è circondato e per le caprette che si incontrano nei campi.
che altro aggiungere se non buona lettura alla prossima
Jacopo Cardillo, in arte Jago ed il suo Figlio Velato
dopo aver visto l'immagine che vedete sopra e questi due video
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Dopo aver conseguito il diploma di Liceo Artistico, si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Frosinone, che abbandona prima di terminare gli studi.
A 24 anni viene selezionato da Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54ª Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia (Padiglione Italia – Roma – Palazzo Venezia).[1] Nello stesso anno, in occasione dell'esposizione Vanitas. Lotto, Caravaggio, Guercino nella Collezione Doria Pamphilj, presenta cinque ritratti di marmo della famiglia.[2]
Il 21 novembre 2012 riceve dal papa la Medaglia del Pontificato, a seguito della realizzazione di un busto in marmo raffigurante papa Benedetto XVI coperto dalla veste pontificia, ispirandosi al ritratto di papa Pio XI di Adolfo Wildt.[3] A seguito delle dimissioni del papa, modifica il busto originale, rappresentando il papa emerito a torso nudo e intitolando la scultura Habemus Hominem, immagine del rappresentante di Dio tornato a essere uomo.[4]
Nel 2013 vince il primo premio al Galà de l'Art di Montecarlo.[5] Nel 2015 vince il premio Catel con l'opera Containers.[6] Nel 2016, all'interno della cripta della Basilica dei Santi XII Apostoli, ha luogo la sua prima esposizione personale a Roma, intitolata Memorie, una selezione di opere realizzate in marmo di Carrara.[7][8]
Nel 2017 con l'opera Eataly si aggiudica il premio del pubblico presso Arte Fiera di Bologna.[9] Nel 2018 espone all'interno del Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese a Roma, con l'opera Venere, e alla Biennale Internazionale di Arte Contemporanea Sacra e delle Religioni dell'Umanità a Palermo.[10][11][12] Espone all'Armory Show nello stesso anno con l'opera Donald e nel 2019 con Memoria di sé.[13][14][15]
Nel 2019 a New York completa il Figlio Velato, scolpendo un blocco di marmo Danby del Vermont. L'opera, ispirata al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, rappresenta un bambino disteso coperto da un velo. Il 21 dicembre la scultura viene collocata presso la Cappella dei Bianchi della chiesa di San Severo fuori le mura, nel rione Sanità di Napoli.[16]
Jacopo Cardillo, in arte Jago, è un eccellente scultore italiano di origine ciociara, nato ad Anagni nel 1987.Mentre lui sin da giovanissimo si è ispirato al grande Michelangelo, cercando di confrontarsi con il maestro del movimento e dell’anatomia scolpita, io mi sono innamorata delle sue opere, del suo talento e del suo estro.Come ben sappiamo non sempre i geni vengono riconosciuti e apprezzati nell’arco della loro epoca, spesso per ignoranza, a volte per mera invidia.Anche Jago ha già attraversato le sue difficoltà, tanto da aver lasciato l’Accademia di Belle Arti e aver proseguito il suo cammino da
autodidatta.L’episodio da lui stesso raccontato è stato il dissenso da parte del suo professore a presentare i suoi lavori alla Biennale, sebbene avesse ricevuto l’invito da Vittorio Sgarbi.Fortunatamente il mancato riconoscimento del suo valore non ha fermato la sua vena creativa, così che oggi noi possiamo godere di sculture che sembrano vive, corpi perfetti nelle loro imperfezioni precisamente riportate, figure scolpite nella dura pietra e nel marmo pesante, ma che sembrano leggere, create da materiali più duttili e morbidi.Ecco il genio, ecco colui che piega il marmo al suo volere.Jago è un Artista e in quanto tale il suo lavoro comunica un messaggio importante, come riportato dalle sue stesse parole:
“Vedere una persona che sa scolpire, che sa mettere al mondo qualcosa, dà coraggio e di questo hanno bisogno le persone, di coraggio.”
Il modo innovativo con cui lavora pietra e marmo dimostra un apprezzamento per la cultura pop, influenzata però dalla tradizione classica.Impossibile non apprezzare questo giovane scultore anche attraverso i video che generosamente posta sui vari social.Scopriamo quindi una persona in un certo senso umile, che non si incensa davanti alla telecamera, anzi spiega come le sue opere nascano dall’utilizzo di materiali e attrezzi comuni, che puoi comprare in una qualsiasi ferramenta, non pensando forse che proprio questo suo semplificare e semplificarsi fa di lui un grande artista e una grande persona.Jago ci permette di guardare il dietro le quinte, il parto della sua scultura perché a suo parere:
“Il dietro le quinte a volte è più importante dell’opera stessa”,motivo per cui utilizza i social per mostrare il suo making of.
Ogni sua scultura ha una storia, un intento, una fonte.Il Papa ad esempio non fu accettata dal Vaticano, che la respinse definendola disdicevole perché al posto degli occhi c’erano due fori. Il fatto che il Papa non la vide mai, quindi non espresse il suo giudizio in merito, passò in secondo piano…
Quando il Pontefice si dimise Jago spogliò la statua, proprio come si era in un certo senso spogliata Sua Santità e gli diede due occhi, profondi, vivi, che sembrano seguire ogni movimento di chi la guarda.Un comportamento coerente e coraggioso quindi da parte dell’artista, che infatti sostiene che “L’arte è una grande opportunità per dare coraggio alle persone”.In tutte le sue sculture è evidente il lavoro, simil-michelangiolesco, per mostrare i vari strati e aspetti della materia che compone la realtà che ci circonda. Anche le opere più surreali superano in un certo qual modo il soggetto stesso, per comunicare attraverso la morbidezza e i particolari minuziosi.
Massi squarciati, elefanti, cuori, bambini immersi in una testa come nel grembo materno, si ammantano così di un’individualità e specificità che li rendono inimitabili ed eterni.
“Anche se vieni giudicato perché da bambino volevi assomigliare a Mozart, tu continua a suonare e non smettere mai di sognare, perché male che andrà, alla fine in un modo o nell’altro diventerai te stesso.”
uniti nella vita e nella morte ed altre storie
repubblica 5\7\2021
Carla Medina e Luciano Borrè hanno vissuto insieme una vita intera, hanno trascorso legati più anni di quelli che hanno passato senza conoscersi. Lei aveva 89 anni, lui 94, sono stati sposati per 69 anni dopo un anno di fidanzamento. Sono morti a poche ore di distanza l'uno dall'altra nella loro casa di Maggiora, nel Novarese. Erano i genitori del dottor Silvio Borrè, primario del reparto di malattie Infettive dell'Asl di Vercelli.
Carla è mancata sabato sera, Luciano si è spento otto ore dopo, domenica mattina. Entrambi sono rimasti a casa fino all'ultimo, nonostante la lunga malattia che li aveva colpiti. "Le loro condizioni nell'ultimo anno erano diventate problematiche - racconta il figlio - erano entrambi in sedia a rotelle ma questo non impediva loro di tenersi compagnia. Seduti vicini discutevano ed era bello sentirli. 'Guai se osi farmi lo scherzo di andartene via prima tu', si dicevano a vicenda".A metà della scorsa settimana le condizioni di Carla sono peggiorate e la donna è andata in coma. "Papà si è reso conto di tutto perché nonostante l'età e la malattia era lucidissimo, e da quel momento non ha più voluto farsi alzare dal letto". Non ha voluto proseguire senza la donna con cui ha condiviso tutta la sua vita. Il cuore di Carla e quello di Luciano si sono fermati a poche ore di distanza dopo aver battuto insieme tutta la vita.Erano entrambi originari del piccolo comune del Novarese dove hanno vissuto fino alla fine, assistiti dai loro quattro figli e da una badante. Lui era stato un dipendente della Bemberg di Gozzano, l'azienda tessile con il marchio tedesco che si era insediata agli inizi del '900 nell'area del lago D'Orta. Carla aveva fatto la casalinga fino a quando i figli non erano diventati grandicelli poi aveva trovato lavoro in un negozio, a Maggiora, per contribuire alle spese per far studiare i quattro figli."Li si potrebbe definire una coppia di altri tempi - continua Silvio Borrè - e un po' lo erano perché si erano fidanzati 70 anni fa, poi si erano sposati dopo un anno di fidanzamento come si usava una volta. Ma erano anche genitori che sapevano stare al passo con i tempi". Erano molto credenti e la fede era un altro aspetto che li aveva tenuti uniti. "Da quando avevano smesso di uscire la domenica per la messa, potevi trovarli in casa nel massimo silenzio a seguire la celebrazione in televisione. E poi tutte le sere dicevano il rosario prima di dormire".Anche l'Asl di Vercelli ha voluto porgere le condoglianze di tutta la direzione generale al medico "colpito in queste ore dal grave lutto di entrambi i genitori - si legge nella nota dell'azienda sanitaria - La direzione e i colleghi esprimono le più sentite condoglianze".
il fatto quotidiano del 5\7\2021
5.7.21
Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita
Zucchero - Rispetto
lo so che vi sarete , come il sottoscritto rotti gli zebedei stufati diu sentire parlare di marika e della sua vicenda e di come ha spesso i suoi soldi e della sua arrampicata sugli specchi per giustificarsi , ma stavolta (giurò che sarà l'ultimo post che dedicherò a tali vicende salvi chje che non s'avverera la profezia che ho fato nel post precedente , cioè quella di vederla ospite dala de
- Il Fatto Quotidiano
- SELVAGGIA LUCARELLI Inviate le vostre lettere a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo, 2. selvaggialucarelli@gmail.com
Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita
Buongiorno signora Lucarelli, ho 22 anni, lavoro come babysitter, vivo in un appartamento in affitto a Milano, ho un cane e un gatto che non ho potuto portare con me, sono zia di quattro bambini stupendi (due in realtà devono nascere ma so già che saranno meravigliosi), convivo con la mia spettacolare fidanzata, sono un’ex ginnasta e ballerina, mi sono diplomata l’anno scorso dopo due anni di interruzione della scuola per poter lavorare, canto stonata sotto la doccia, ho le lenzuola di Harry Potter, amo la pizza e la tartare di salmone e mi piace tanto l’azzurro. A 18 anni e un mese sono scappata di casa perché la mia vita era diventata insostenibile: giusto un mesetto e mezzo prima mia mamma aveva scoperto nel peggiore dei modi la mia neonata relazione con una ragazza, naturalmente non l’ha accettata. Ho subito violenza verbale e fisica a casa mia, “alzi la voce” era la scusa, ma io la voce la alzavo per essere ascoltata, perché in tutto quel tempo nessuno si era fermato a chiedermi come stessi io che, da studentessa adolescente e povera di una scuola gesuita circondata da spocchiosi ragazzini con la puzza sotto il naso i cui genitori pagavano la mia borsa di studio, mi sono scoperta lesbica e sono stata la prima a non accettarmi.
Mi sono rimboccata le maniche, ho lasciato la scuola, ho lavorato e mi sono potuta addirittura permettere di andare in vacanza con i MIEI soldi sudati con il MIO lavoro.
A maggio di due anni fa sono tornata a casa con mia mamma, ci siamo più o meno riappacificate nonostante lei continuasse a non accettare la mia sessualità. Ho lavorato e nel mentre a settembre sono tornata a scuola. Poi un infortunio, ho lasciato il lavoro per riuscire bene a scuola, ho chiesto la disoccupazione per avere un aiuto perché comunque a casa di mia mamma pagavo l’affitto della mia stanza. Avevo circa, tra tutto, 450 euro di spese al mese escluso il cibo. Di disoccupazione ne prendevo 670,40. O sarebbe dovuto essere così. Ho chiesto la disoccupazione a metà gennaio, con i tempi dell’inps sarebbe dovuta arrivare a febbraio, ma è iniziata la pandemia. Ho visto la mia disoccupazione a maggio. Nel frattempo pagavo a rate la macchinina di mia nonna che intendeva poi regalarmi all’ottenimento della patente di guida (che non potevo, e non posso tuttora, permettermi). Ho arrancato per mesi. Mi sono arrangiata. Mi sono diplomata, ho subito iniziato a lavorare e a settembre ho preso casa con la mia fidanzata. Tutto da sola. Con grandi difficoltà. E non cerco compassione o pacche sulla spalla, sono fiera di ciò che ho fatto e so di non essere l’unica ad averlo fatto.
Mia mamma non mi ha cacciata di casa, ma mi ha reso la vita talmente invivibile per la seconda volta che sono dovuta scappare, di nuovo, definitivamente. Ho preso la decisione di andare via dopo il mio primo stipendio: mi sono presentata al lavoro con un occhio nero e dopo mille domande ho deciso che era ora di finirla.
Da sola con la mia compagna abbiamo affrontato un isolamento, poi la quarantena, gli stipendi quasi dimezzati per sei mesi perché lavoravamo entrambe in un locale nell’ambito della ristorazione. Ho lasciato l’università a cui mi ero iscritta perché la retta non potevo permettermela. Ho rinunciato al mio sogno di studiare e me ne sono costruita un altro: vivere.
Ho deciso di scriverle perché ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava nella storia di Malika. Ci sono centinaia di ragazzi come me e come Malika che si ritrovano senza famiglia, ma nessuno riceve 150mila euro da persone che donano loro i soldi per ripartire. E soprattutto nessuno li sputtana in una Mercedes che non serve per ripartire, basta una Twingo usata del 2012 come la mia, che è già un lusso. Sa cosa avrei fatto io con tutti quei soldi? Per prima cosa avrei prenotato privatamente la risonanza magnetica al cervello che aspetto da mesi. Poi avrei fatto la patente. Avrei pagato la retta dell’università. Mi sarei messa una piccola cifra da parte per coprirmi le spalle MENTRE LAVORO. E il resto lo avrei dato a tutte le altre persone che hanno bisogno.
Sono arrabbiata. Perché tutti meritano di ricostituirsi una vita dopo che la propria viene distrutta. Farlo è difficile, io ci sto provando ma a volte sembra davvero impossibile. Malika nella sfortuna (perché ciò che è successo a lei non dovrebbe succedere a nessuno) ha avuto la fortuna di avere un paese che le è stato accanto e un aiuto economico a ripartire. Eppure non se lo meritava. Sa cosa penso? Che chi sta male e davvero ha bisogno, non chiede aiuto. Io non ho mai chiesto aiuto perché mi sento debole, perché non voglio attirare attenzioni su di me. E quando sono andata via di casa con 100 euro in tasca e nemmeno le mie mutande che mia mamma non mi ha mai dato, la prima cosa che mi sono chiesta non è stata “come farò senza soldi e senza vestiti?”, il primo pensiero è stato “e ora come cazzo faccio senza l’abbraccio di mia mamma? Senza sapere che è dalla mia parte? Senza una famiglia? ”. Ce l’ho fatta signora Lucarelli, da sola. Ce la sto facendo. Ho ancora strada da fare ma ce la sto facendo. E sono indignata per come Malika si è comportata
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Grazie per questa lettera onesta, forte e priva di retorica, cara A. Io credo che la ricostruzione di una vita debba passare anche attraverso gli sfizi, specie a 22 anni, ma bisogna essere trasparenti fin dall’inizio. Malika ha peccato in questo. Non doveva avventurarsi in promesse di beneficenza e psicologo, era sufficiente un più asciutto “i soldi mi serviranno a vivere con leggerezza i miei 22 anni, ne ho bisogno” e le avremmo perdonato tutto.
4.7.21
dobbiamo accettare il fatto che le donne a volte ed in certe situazioni sono meglio degli uomini . il caso del'agente Sara che convince un assasinio barricato in casa a consegnarsi ed evitare il peggio

Insegnando impariamo!
«I giovani non sono abituati ad essere realmente ascoltati in classe, e quando provano ad esprimere liberamente un loro pensiero vengono zittiti da un sistema gerarchico che pone al di sopra di tutto l’autorità degli insegnanti considerati custodi del sapere acquisito e quindi dato. Io non agisco così. Insegnare per me è condivisione e fascinazione. Non impongo nulla ai miei allievi e cerco sempre di stimolare il loro spirito critico attraverso il dialogo. Jean-Jacques Rousseau sosteneva che: “Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino”. Nessuna preparazione, per quanto ottima, ci esonera dal conoscere i nostri allievi. Ascoltarli è un dovere e un’occasione per crescere umanamente e professionalmente»
Cristian A. Porcino Ferrara ©️
emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello
Apro l'email e tovo queste "lettere " di alcuni haters \odiatori , tralasciando gli insulti e le solite litanie ...

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Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
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