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14.7.21

14 luglio Oggi moriva Lady Oscar, icona animata che gli omofobi del 2021 etichetterebbero come ‘indottrinamento gender’


 Avevo  visto      sabato 10 su netflix    il  film (    a  fine      post   l'url  della  mia recensione  )   Marie  Antoniette di  Sofia Coppola  la  cosa  sembrava  chiusa li  quando    stamattina    leggendo  il giornale   


mi sono accorto o che  oggi è  14  luglio   l'anniversario   della  rivoluzione Francese   e qui   grandi celebrazioni  e   post  sui social  dei   fans  del Anime  soprattutto  e   del manga   Lady Oscar  .  
In particolare  l'articolo  riportato oggi     di https://www.gay.it/ .  Esso ha ragione il sito quando afferma  che  se  uscisse oggi, Lady Oscar ,  finirebbe per dividere il Paese, con interpellanze parlamentari e proteste di piazza, bambole bruciate a Montecitorio e figurine esorcizzate dai vescovi della CEI.

N,B
Chi come  me      ed  Cristrian Porcino  nostro  utente  autore    del  libro   Altro ed  Altrove    (  vedere   mia  recensione intervista     nell'archivio el blog  )  ha  vissuto , soprattutto l'adolscenza   negli anni  80\90   del secolo  scorso  , esa  già tutto    dell'anime    e  del manga    che     è  un cult   (   qui   in querto video ulteriori e notizie  ) e continua  ad  esserlo anche  oggi   come   si  può  notare   da quest articolo   di qualche tempo del quotidiano la stampa   può  anche    salvo che non voglia  ricordare   o rivevere    quel  periodo   saltare  quest'articolo  




TV di Federico Boni 14.07.2021 - 08:59 | 3.6k
2 minuti di lettura









Il 14 luglio del 1789, Presa della Bastiglia, Lady Oscar moriva, tra tisi e tumulti. André, suo amato, cadeva il giorno prima, a causa di una pallottola, nel pieno di una dichiarazione d’amore attesa una vita intera.41 anni fa finiva l’anime tratto dal celebre manga di Riyoko Ikeda, nato nel 1972, con una 41esima dolorosa e romanticissima ultima puntata, che vedeva i due innamorati morire a cavallo di un’ideale di libertà assoluta, contro la tirannica monarchia.

Oscar François de Jarjayes è l’ultimogenita di una nobile famiglia da sempre leale alla Corona di Francia. Cresciuta dal padre come un soldato, diventa la fedele spalla destra di Maria Antonietta d’Austria. 
Comandante della Guardia Reale, Oscar vive una vita in abiti maschili, indossando quelli femminili in un’unica occasione, nel corso di un ballo di corte. Passasse oggi in tv come prima assoluta, Lady Oscar scatenerebbe quasi certamente la furia dei catto-estremisti italioti, pronti a brandire i forconi contro ‘l’indottrinamento gender’ dei loro figli, contro quell’identità di genere di fatto al centro della trama. Quella protagonista dai tratti androgini, abile spadaccina, cresciuta come un uomo e quasi unicamente con abiti maschili diventerebbe terreno di scontro mediatico e perché no, persino politico. In un’Italia in cui si discute incredibilmente dell’orientamento sessuale dei conduttori Rai, Lady Oscar finirebbe per dividere il Paese, con interpellanze parlamentari e proteste di piazza, bambole bruciate
all’ingresso di Montecitorio e album di figurine esorcizzatI dai vescovi della CEI.
Nei primi anni ’80, quando arrivò finalmente anche nel Bel Paese, l’anime si limitò invece a fare incetta di ascolti, diventando da subito di culto per un’intera generazione. La sigla dei I Cavalieri del Re, con solista Clara Serina, è ancora oggi giustamente venerata, e quanti ragazzi ogni 14 luglio celebrano lei, Lady Oscar, fregandosene abbondantemente della Presa della Bastiglia?
41 anni dopo una parte d’Italia parrebbe essere tornata indietro di secoli, trincerandosi dietro i grembiulini dei propri pargoli per nascondere un bigottismo, una sordità e un’ignoranza di fondo che polemica dopo polemica, menzogna dopo menzogna, raschiano sempre più il fondo del ridicolo.
 
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Cristian a Porcino Ferrara




  

12.7.21

il Sex & Drugs & Rock & Roll. di Marie antoniette di Sofia Coppola

In questo  film  del 2006  (  ma  chi se  ne frega  un  buon film   è  sempre  un buon film  a prescidere  dal periodo    in cui  essso è  stato giurato )    La Coppola torna a lavorare con Kirsten Dunst, ne utilizza la fresca malizia ma al contempo la libera dal ruolo "fidanzatina della porta accanto" che Spider man le ha appiccicato addosso e che Elizabethtown ha solo ritoccato. Aiutata da costumi straordinari (Milena Canonero) e da una colonna sonora che mescola sapientemente   al limite  dela dissacrazione   musica d'epoca a brani di Bow Wow Wow, New Order e Phoenix, Sofia Coppola ci fa "sentire" moderna una storia antica, evitando cliché storici e la ricostruzione politica ,  infatti  non  c'è bnessun  accenno    e  nessuna menzione   a :   lo scandalo  \ affare   della collana    ed  ai  fatti  ( salvo  qualche  breve  cenno )  della  rivoluzione  francese    e  l'amore (   qui  viene   fatto  passare  come  una  semplice botta  e  via    la    storia  e  le biografie ed  il  manga Berusaiyu no bara noto come   Lady Oscar  diranno  che è più profondo  )   tra lei ed  il cone  Fersen  . Questo  è  anche  un limite  perchè    lo fa  sembrare  come   postumo    e  diffuso dagli eredi come  avvenne con   l'ultimo di Kubrick , e  incompleto   soprattutto  perr  chi  s'aspetta  un biotopic   .
Infatti << [...] Guardatela nella prima inquadratura che precede il titolo e che ricorda come capacità di sintesi quella del maestro Kubrick in Eyes Wide Shut >> ( da questa recensione  di   https://www.mymovies.it/ ) . 
Ma      allo  stresso tempo  quello  che  è un limite  è  anche   come  potete  vedere  al  trailler   triportato  sotto la  sua  richezza    ed  il  suo pregio  .Infati   Sembra esserci tutta Maria Antonietta e invece ci sono 2 ore in cui procedere nella scoperta.  È di una donna che ci vuole parlare, una donna che soffre per la disattenzione sessuale del marito che si trova caricata come colpa, una donna-bambina che compensa le frustrazioni giocando con scarpe, cibi, cani come una ricca signora di Beverly Hills.






Le osservazioni vengono confermate da ilMorandini Su MYmovies il Dizionario completo dei film diLaura, Luisa e Morando Mrandini
L'alleanza tra Austria e Francia ha bisogno di essere suggellata con un'unione matrimoniale: l'ultima figlia dell'imperatrice Maria Teresa viene così inviata in Francia, per sposare il futuro Luigi XVI. Inizia così l'epopea di Maria Antonietta, la più odiata e calunniata regina francese. Chiudendo la sua trilogia sulla solitudine del crescere, torna alla regia la talentuosa Coppola con un progetto ambizioso: restituire dignità (e fragilità) umana alla contestata sovrana. Basato sulla biografia di Antonia Fraser Maria Antonietta-La solitudine di una regina , il racconto prescinde dal contesto sociostorico: un film in costume, ma non storico (non a caso la rivoluzione praticamente non si vede e il film si chiude prima della decapitazione). Il suo è ancora un altro film su un sentimento e uno stato d'animo. Girato prevalentemente nei sontuosi interni della reggia di Versailles, con una ricostruzione sfarzosa, e i magnifici costumi di Milena Canonero (premio Oscar 2006). La sua vera forza sta nel ritratto della protagonista. Con un approccio moderno, la Coppola crea un universo iperbarocco, una gabbia dorata in cui Maria Antonietta si muove incosciente: le pressioni della madre, gli intrighi di corte e la dolorosa indifferenza del consorte, la noia sono affogate in una vivace ubriacatura di scarpe, gioielli, dolci, tessuti preziosi, parrucchieri e qualche amante. Ai ritmi techno, acid, rock anni '80 (Cure, Air, New Order, Bow Wow Wow, Phoenix) alternati a musica d'epoca, la luminosa Dunst incarna con grazia e malizia questa regina teenager.

Un   film  geniale   si raccontano    fatti storici   senza   scadere  nel   clichè dei kolossal  della storia di Hollywod    o nella   spettacolizzaione    delle serie   L'Impero romano (Roman Empire) serie statunitense/canadese nata nel 2016, prodotta e distribuita da Netflix. La serie ibrida una narrazione classica da fiction televisiva (pur basata sulle ricostruzioni storiche) e un approccio documentaristico con esperti storici e un narratore che spiegano gli eventi e i contesti sviscerando i personaggi . Mi ricorda  l'anime  , citato prima  Lady Oscar .  

11.7.21

generazioni a confronto e lotta fra cultura ed incultura

In  sottofondo 
Francesco Guccini - Un altro giorno è andato (Live@RSI 1982)



visto che ormai Oramai il web si è spostato sui  social   riporto qui  una  discussione    su fb   con  un mio  contatto  . Quindi  non riuscendo    a stare  dietro a  blog  e  social   ,   v'invito  ,  se  volte     leggere   altri  miei  interventi (    commenti  ,   stati condivisioni  , ecc )   come   quello  riporto   sotto    a seguirmi   ( su   fb  non è  necessario   essere     fra  i  contatti  per   leggere   e    commentare     , visto  che ho  scelto   di  non mettere  nessun  blocco   privacy ,  l'unico  blocco   per  motivi organizzativi    è  quello di  poter  postare  i  vostri post  \ stati  sulla  mia bacheca  )  sui  miei   social  che  vi   ripropongo sotto  .
  
facebook 
https://www.facebook.com/compagnidistrada/  la  nostra  appendice    dove   quelo che non riusciamo  a  mettere  qui siul blog  lo trovate  qui  

istangram

 twitter  

 
Dopo    questa  comunicazione  di  servizio     veniamo  al  post      d'oggi    

Sminchionando fra   gli  stati  dei miei   contatti facebook       ne  ho trovato    uno interessante      e  di un mio  amico    ed  ex  collega   d'università  

Ora  il  problema  è    rassegnarsi     o  rimanere solo     come   si  può notare   in diversi gruppi fb      del  tipo   : "  noi  cresciuti   negli ani  60\80 "  oppure     passare   dal  dire  al  fare      cioè    insegnare   o  fornire        ai nipoti o figli  la   tua  cultura   ed   integrarla  con quella  sua  ?.
Io  come potete  vedere   anche dalla risposta  che ho dato al suo post  ed    essendo  cresciuto nella generazione  di mezzo tra    gli anni  70 ( periodo  dell'impgno politico  \  culturale   )   e  gli anni  80\90  (  disimpegno  ,  edonismo\  consumismo sfrenato  )  sono  per  un integrazione   d'entrambe  . Cosi    s'evita   di mandare il cervello all'ammasso  e  formare  un ulterore   generazione  di webebeti    e fenomeni   come  quelli descritti    dalla  puntata  citata  delle iene  . Ma  soprattutto    s'evitra  commenti       da parte  delle  vecchie  gnerazioni  chiuse per  lo  pià nela  torr  d'avorio e nel passato , che  si chiedo   ma  chi  ...   è    questo    o  quell'  artiasta    o  pseudo  tale  .  A  chi  mi dice   che sono utopista   ed  un sognatore     rispondo     con una  lettera  inviatami  qualche   tempo  fa   . 

N.b  ovviamente   per  motivi di  privacy  ho  modificato    ( mi veniva   male  a  tagliarli  )   i  riferimenti    a  fatti  e persone   reali  ivi  contenute ma  la  sostanza  non cambia    .


Caro  redbeppe
 il suoi post sui tormentoni mi hanno commossa, perché ho colto un alito di tristezza. No, lei non è vecchio, ha “solo” buon gusto ed  dv'essere  crescxiuto  in  ambiente  pluri culturale. Tempo fa ho chiesto al mio nipotino dodicenne, comela  figlia  di  suo cugino  , che musica gli piacesse. Mi ha risposto: il rap.                                                                          Così gli ho mandato il video di Adriano Celentano che canta “Prisencolinensinainciusol”    Gli è piaciuto moltissimo e non voleva credere fosse una canzone stravecchia  abbiamo dovuto  cercare  su  internet     per  provarglierlo  . Cosi gli ho fatto una bella compilation di Adriano, e poi ho continuato con Rino Gaetano, Bennato, de  andrè , renato zero  (  quello   vecchio  non gli  ultimi  )  addirittura Endrigo. Ho l’impressione che abbia cambiato gusti o  quanto meno  non si  folizzi solo    su musica o musicaccia    dozzinale   . Probabilmente non dirà ai suoi amici a scuola di ascoltare musica del secolo passato, non capirebbero  ma    almeno  avra  una  cultura  musicale  pluralista  e non appiattita    ed   a senso unico  

                                              *******


  con questo è  tutto 

Aiuto, mi sono perso in cucina! Tra cibi preparati, poco tempo e vecchie abitudini non sappiamo più quale piatto mettere in tavola e non sappiamo più cucinare nonostante le trasmissioni e glinserti di di cucina

 

Nonoastante      sia nato e cresciuto in  campagna  ed   aiuto mio padre  all'orto  , La coscienza della mia ignoranza mi si è rivelata al mercato. Poichè ,  le  nostre patate    , sono venute  male  , mi manda  al mercato   della coldiretti  a prenderne  .  Chiedo al fruttivendolo un chilo di patate e lui mi domanda: «Vecchie o nuove?». Resto paralizzato  e spaesato  .  Mi arrendo  e provo a  chiamare  mia  madre  ,  ma  il   ha  il cellulare  spento    allra   chiedo  consiglio  al fruttivendolo  : «Devo farle rosolate, quali sono più adatte?». Esso  , forse perchè il paese   è piccolo  o  perchè  siamo clienti  abituali   ha pietà di me:   << le vecchie, asciutte e con la pelle rugosa, sono adatte a essere lessate, le patate più nuove, con la pelle liscia e un colore più vivace, servono per tutti gli altri usi.>>
E' stata la prima volta che mi sono reso conto di quanto non conoscessi o  abbia una  conoscenza    superficiale    delle materie prime da usare in cucina  e    ciascuno\a   di  noi 
ha  bisogno degli altri  .  Ora  in prevvisione    di  un futuro  sempre  più vicino in cui  i  miie  non  ci  saranno più , mi    chiedo   Quanto tempo devono cuocere le melanzane? Come si cuociono i fiori delle zucchine? Molti dei miei amici genitori come me, cucinano per i figli e in qualche modo se la cavano. Ma quasi sempre si rivolgono al cibo da supermercato:   cioè surgelati, piatti pronti, gastronomia o preparati che già a partire dall’etichetta ti strillano quanto è facile prepararli e i pochi minuti che ci impiegherai. “Pronto in cinque minuti!”, “Pronto in tre minuti!”. Chi offre di meno? Nessuna censura, né predicozzo sui cibi naturali: i surgelati per chi ha poco tempo sono una benedizione. Ma non è che affidarci così tanto a loro ci ha resi incapaci di capire il cibo?



Mia madre sostiene che anche lei non sa cucinare. E in un certo senso è vero  a metà : non è che può aprire il frigo e inventarsi una prelibatezza. Diciamo che ha un set di piatti semplici che prepara a menadito  e  per  tradizione  familiare   e qualche prelibatezza per la domenicae  le  feste  . Anche lei era una donna che lavorava , adesso  è  in pensione  ed  si  dedica di più alla  casa    e  quindi alla  cucina   Però  ai suoi tempi surgelati, piatti pronti e piatti con le istruzioni erano molto meno diffusi  o stavano appena  iniziando . Dunque, lei di cibo ne sa certamente  più di me. Ora   per colpa di questa progressiva perdita di sapere    ed  avere  la pappa  pronta  che siamo diventati il Paese europeo con i bambini più obesi ? Non ho la risposta assoluta  , ma qualche anno fa mi colpì    un articolo  che rivelava come noi genitori non avessimo una chiara percezione della forma fisica dei nostri figli. Secondo l’indagine di Altroconsumo, su 20mila famiglie solo il 17% dei genitori vedeva i figli in sovrappeso. E poiché in Italia lo sono il 32% dei bambini è chiaro che c’è un problema di percezione. Lo studio puntava il dito anche contro una cattiva abitudine dei genitori italiani: usare il cibo come gratificazione per i figli, meccanismo che crea un rapporto distorto con l’atto del mangiare. La nostra cultura alimentare, che ci rende famosi nel mondo per la qualità della ristorazione, ma anche un po’ ossessionati dal cibo,  veere   l'incremetatrsi  delle trasmissioni  tv      e  rubriche   televisive  ,   e  non solo dedicate  alla cucina  ed  alle  ricette   di vip   ed  influenzer   fa il resto.
Eppure, finché conoscevamo il cibo, la sua stagionalità, come si prepara, quanto nutre, le cose andavano un po’ meglio. Forse, invece di ricorrere a cibi bio, green, naturali, senza glutine, per celiaci e quindi alla fine ancora più elaborati, faremmo meglio a recuperare, magari insieme ai nostri figli, informazioni su quali patate è meglio usare in padella e nella pentola d’acqua bollente. Ed  andare   a   comprare  ,  possibilmente      ai mercati   o dal produttori   o   a non dipendere  soloed  esclusivamente  dai surgelati    e  dai cibi   da  gastronomici           

perchè il feminicidio e la sua cultura sono cosi pregnanti nel nostro paese ? perchè manca Un’educazione sessuo-affettiva cioè insegnare ad avere cura della relazione, delle emozioni


canzoni. suggerite  

cosa manca al decreto zane  non solo è  Un’educazione sessuo-affettiva Non  l’educazione sessuale   ciò che serve. Ma insegnare ad avere cura della relazione, delle emozioni , del rispetto  ,  della diversità , ecc  eco perchè i femminicidi e la loro ideologia \ base culturale malata è ancora cosi radicata . Infatti Cosa manca? Un’educazione sessuo-affettiva Non è l’educazione sessuale ciò che serve. Ma insegnare ad avere cura della relazione, delle emozioni
Ha raggione quest' articolo preso da io acquasapone


Mer 26 Mag 2021 | di Enrico Molise | Attualità




È sbagliato parlare di educazione sessuale. O, meglio, non è quella che serve davvero. Si tratta invece dell’educazione sessuo-affettiva, che insieme alla componente tecnica, biologica, riguarda pure l’aspetto relazionale legato ai sentimenti, alle emozioni. Inoltre, la nostra società vive un paradosso: ha paura della violenza di genere, delle gravidanze indesiderate, della pedofilia, del bullismo e spesso crede che parlare di sessualità favorisca tutta
una serie di comportamenti. «Gli studi scientifici ci dicono che l’educazione sessuo-affettiva è in grado di smorzare quegli avvenimenti e anche di ritardare l’età del primo rapporto, perché accresce la consapevolezza di sé».

Anche questa volta il nostro punto di riferimento sull’argomento è Marilena Iasevoli, sessuologa romana che ci illustra il legame tra la mancanza di questo tipo di educazione e la violenza di genere.

Parliamo di età.
«I bambini non hanno una grande percezione delle differenze. Le avvertono in relazione a quello che ascoltano e all’educazione che ricevono e fino ai dieci anni i pregiudizi e gli stereotipi non si sono ancora solidificati. Ecco perché è importante dotarli di conoscenza, competenza, di valori che li aiutino a realizzarsi nel rispetto della dignità, propria e altrui. In questo modo per loro sarà possibile sviluppare delle relazioni paritarie, con empatia e rispetto, conoscendo i confini corporei, proteggendo sé stessi e gli altri».
Come iniziare un discorso di educazione sessuo-affettiva con un bambino?
«Le risposte devono essere calibrate in base all’età. Non si tratta di un approccio puramente informativo. Quando il genitore si ritrova davanti ad una domanda non deve farla cadere nel vuoto. Di solito, dai due ai sei anni, le domande riguardano la differenza tra il corpo maschile e quello femminile. Si può parlare anche di come riconoscere e gestire le emozioni, di cosa è possibile fare in pubblico e di cosa solo in privato; del fatto che possano ricevere i baci e le carezze solo dai genitori e magari da altri membri stretti della famiglia. Ma ogni cosa va trattata nel momento in cui viene fuori lo spunto ed è importante non dare informazioni ulteriori: a quell’età si accontentano. Poi, con i più grandi, occorre innanzitutto domandare se hanno già sentito o parlato con qualcuno di quelle cose e calibrare le risposte. Il genitore deve prepararsi con dei libri o rivolgendosi a uno specialista. Sono vicende dinanzi alle quali si ritroverà di sicuro».
E per la discriminazione di genere?
«Viviamo in una società in cui la donna ha sgomitato per svincolarsi dai ruoli che le sono stati cuciti addosso, soprattutto legati alla procreazione e alla cura della casa. Purtroppo questo processo non è andato avanti allo stesso modo in molti uomini, che non hanno metabolizzato pienamente questo cambiamento culturale. Così accade che la violenza venga usata per dominare la donna e per “difendersi” dalla percezione che la mascolinità sia stata minata. Ma anche molte donne hanno interiorizzato questo ruolo e non riescono a uscirne. Così ai figli si può spiegare perché due persone stanno litigando, sottolineare l’importanza della comunicazione e il rispetto dell’altro. I bambini e i ragazzi tendono a imitare, quindi osserveranno e replicheranno alcune dinamiche familiari. È anche possibile cogliere l’occasione di vedere insieme dei cartoni animati e dei film sull’inclusività».

Quindi si rischia di arrivare alla violenza di genere o a subire anche azioni meno violente perché alla base c’è una mancata educazione sessuo-affettiva o anche solo affettiva? Riguarda pure il non volersi bene?
«L’educazione sessuo-affettiva comprende la socialità, le relazioni fisico-corporee, il rispetto di sé e degli altri, la consapevolezza di quando poter dire di sì e quando fermarsi; ma anche la capacità di cogliere i segnali verbali e non-verbali. In assenza, si può arrivare alla violenza di genere, perché, chi non ha avuto nessun tipo di apprendimento sulla relazione con gli altri e sulla gestione dei conflitti, non sa cosa voglia dire affrontare una relazione, sessuale o meno, in termini di scambio equo, paritario e rispettoso. Ed è anche una questione di volersi bene, perché è legata alla crescita dell’autostima. Chi non ce l’ha è probabile che si ritrovi in una relazione in cui abusa o viene abusato. Nel primo caso perché vuole sentirsi forte; nel secondo perché ha una bassa considerazione di sé e crede di meritare quel comportamento. La mediazione degli adulti è fondamentale, perché può spiegare al bambino una determinata situazione, evitando che partecipi in maniera scorretta». 

La responsabilità è familiare?
«Non sarebbe giusto dare questa responsabilità esclusivamente all’educazione familiare o delegare l’informazione a quello che possiamo trovare su Internet. Non possiamo pensare che tutti i genitori siano consapevoli e che tutti abbiamo gli strumenti adatti. Dovrebbe essere responsabilità dello Stato, con l’introduzione dell’educazione sessuo-affettiva tra le materie di insegnamento, da non affidare ai docenti delle materie scientifiche. Con loro è possibile parlare di come è fatto il corpo umano, ma occorre inserire delle figure specializzate in materia per guardare a tutti gli aspetti che sono legati al corpo, e quindi alle relazioni, ai limiti e al rispetto».
 

 

Come ridurre i consumi di carburante , Dalle bottiglie di plastica nascono piumini , Una birra prodotta con il pane invenduto, Bi-Rex: come ricavare la cellulosa dagli scarti alimentari

 

Con dei piccoli accorgimenti alla guida è possibile viaggiare in modo più economico e sostenibile

Mar 22 Giu 2021 | di Giovanni Caretti | Ambiente

Complice la pandemia, l’estate del 2021 sarà all’insegna dei viaggi in Italia e degli spostamenti in auto. Un motivo in più per tenere un comportamento di guida corretto e sostenibile, aumentando il livello di sicurezza e riducendo consumi ed emissioni nocive nell’ambiente. Evitare gli scatti con sorpassi inutili e brusche frenate, ad esempio, non diminuisce solo il rischio di incidenti: fa calare la spesa per il carburante e l’impatto sull’ambiente, sia dal punto di vista delle emissioni che dell’inquinamento sonoro. Il consiglio, quindi, è di utilizzare appena possibile le marce più alte, mantenendo i giri del motore più bassi. Anche il condizionatore andrebbe messo in funzione solo se strettamente necessario: se la giornata non è particolarmente afosa, fino a 60 chilometri orari conviene tenere i finestrini abbassati; a velocità superiori, invece, l’attrito finisce per vanificare il risparmio di carburante. Più in generale, è bene tenere a mente che i dispositivi elettronici aumentano i consumi e le emissioni anche del 25% e bisogna fare attenzione anche ai carichi inutili, che possono far schizzare i consumi su del 40%: ogni chilogrammo in più di bagagli trasportati richiede un utilizzo maggiore di benzina o gasolio.
L’IMPORTANZA DELLA MANUTENZIONE
In molte auto moderne, inoltre, è possibile attivare la modalità “Eco” che permette di ottimizzare il consumo di carburante e di minimizzare le emissioni. Su qualunque tipo di mezzo a quattro ruote resta inoltre essenziale la manutenzione: gli pneumatici sgonfi, oltre a rappresentare un problema sul fronte della sicurezza, peggiorano le prestazioni e costringono a soste più frequenti dal benzinaio. In proposito, è il caso di montare gli pneumatici invernali solo nella stagione fredda perché non solo fanno salire il consumo, ma producono anche più rumore, alimentando l’inquinamento acustico. Anche il controllo periodico dell’olio resta fondamentale per far girare al meglio il motore e per evitare il rischio di immettere nell’ambiente sostanze nocive, dovute a una cattiva combustione o all’usura di liquidi e componenti meccaniche. è sempre bene, infine, cercare di evitare i giorni di esodo da bollino rosso o nero. Se dovesse capitare di restare imbottigliati nel traffico, è importante ricordare di spegnere il motore quando l’auto è completamente ferma; se invece la colonna si muove a passo d’uomo, meglio avanzare lentamente piuttosto che fermarsi e ripartire di continuo.            

           

Dalle bottiglie di plastica nascono piumini

Da 75 bottiglie si ottengono 2 chili di fibra dall’effetto identico alle piume d’oca. E con un’app si può diventare designer della propria stanza

Mar 22 Giu 2021 | di Domenico Zaccaria | Ambiente


Una calda trapunta imbottita con plastica riciclata, sinonimo di rispetto per l’ambiente e per gli animali. Il tutto potendo scegliere il proprio piumino direttamente da casa, grazie alla realtà aumentata. Tecnologia e sostenibilità si fondono nel progetto Casahomewear, che ha lanciato una nuova linea eco-friendly. Per imbottire una trapunta matrimoniale si impiegano 2 chili di fibra derivati da circa 75 bottiglie di plastica riciclata. Ciò è possibile grazie al processo di estrusione: si fondono le scaglie di poliestere derivanti dalla plastica raccolta, per ricavare i polimeri che compongono prima il filato e poi la morbida e calda ovatta. Il risultato, spiega la responsabile ricerca e sviluppo Lara Corna, «è un prodotto che ha la stessa consistenza ed emana lo stesso calore del piumino d’oca, ma rispetta l’ambiente e, fattore non secondario, costa molto meno. 






Le bottiglie di plastica, una volta raccolte in tutta Europa, vengono selezionate, lavate e ridotte in scaglie in uno stabilimento bergamasco certificato Grs (Global recycled standard), a garanzia di una filiera controllata». In pratica uno degli oggetti che maggiormente impattano sull’inquinamento dei nostri mari diventa una preziosa nuova materia prima, in perfetta ottica di economia circolare.
BASTA UN CLICK
Tutto, in questa linea ecologica, è studiato per minimizzare gli impatti ambientali. I prodotti sono realizzati al 100% in fibre naturali, non viene utilizzato alcun filato sintetico derivante dal petrolio e i coloranti scelti sono ecocompatibili e completamente atossici. Persino il packaging è pensato per essere riciclabile: le confezioni possono essere riutilizzate più volte e diventare fodere per cuscini o sacchi portabiancheria. 
Il tutto si inserisce nella grande novità tecnologica portata dall’applicazione per smartphone e tablet di Casahomewear, che coniuga la realtà aumentata con la realtà virtuale e l’uso del 3D, per personalizzare l’acquisto della biancheria della camera da letto in tempo reale. Gli utenti possono trasformarsi nei designer della propria stanza e il procedimento è semplice e intuitivo: basta inquadrare il letto con uno smartphone, scegliere le lenzuola preferite per la propria camera e valutare come si sposano con il resto dell’arredamento, prima di decidere se procedere all’acquisto.      

Bi-Rex: come ricavare la cellulosa dagli scarti alimentari

Produrre carta ricavando cellulosa dai sacchetti dell’umido, dalle trebbie di birra, dal riso e dalla spremitura di agrumi: ecco l'intuizione di due giovani scienziate del Politecnico di Milano

Mar 22 Giu 2021 | di Francesca Favotto | Ambiente


Sono giovani, sono competenti, sono geniali. E se il loro progetto viene ritenuto efficace su scala industriale, potranno dire di aver contribuito con la loro scoperta alla salvaguardia dell'ambiente. Greta Colombo Dugoni, dottoranda in Chimica Industriale e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano, insieme alla collega Monica Ferro, ha scoperto un modo alternativo di ricavare cellulosa per produrre carta, da cui è nato il loro progetto Bi-Rex. 

Partiamo dall'inizio. 
«Ormai due anni fa, lavorando in laboratorio su nuovi solventi, mi sono confrontata con Monica, che stava invece lavorando sulla cellulosa, e mettendo insieme le idee, abbiamo concluso che, partendo dagli scarti delle biomasse agroalimentari che oggi vengono semplicemente inceneriti, producendo anidride carbonica, si possono ricavare nuove materie prime, tra cui la cellulosa, tale e quale a quella che si estrae dagli alberi. Questo si tradurrebbe in meno inquinamento e meno piante abbattute». 

Ma quali sono gli avanzi su cui avete lavorato e da cui si può trarre la cellulosa?
«Per ora, ci siamo concentrate sulle trebbie di birra, sui sacchetti dell'umido, sul riso e sulla spremitura degli agrumi. Tutte queste rappresentano fonti alternative di cellulosa». 

In questi due anni, quanta strada avete fatto? Quali ostacoli avete incontrato?
«Ci siamo adoperate per ottenere dei finanziamenti che andassero a sostenere economicamente la nostra intuizione: nel 2019 abbiamo ottenuto 30mila euro, vincendo una challenge lanciata da Deloitte e PoliHub. Ora puntiamo a ottenerne 160mila come fondo investimenti preseed Poli360, per studiarne la fattibilità tecnica e la sostenibilità a livello industriale, perché al momento abbiamo visto che la nostra idea funziona sì, ma in laboratorio su grammature ridottissime». 

Nell'ultimo periodo avete vinto anche un altro premio.
«Sì, abbiamo partecipato al progetto StartCup Lombardia, tramite PoliHub, che offre sostegno economico alle idee imprenditoriali durante la fase di accelerazione. Abbiamo vinto il premio Eni Joule, che ci ha permesso di ottenere 15mila euro e di accedere al programma di accelerazione Joule Energizer». 

Ora i vostri obiettivi quali sono?
«Vorremmo costituire una startup: il nostro intento è portare la produzione su scala industriale, mantenendone il principio green. Questa sarà la vera sfida, ma è il momento giusto per provarci. Per saperlo ci vorrà ancora un anno e mezzo circa. Mal che vada, abbiamo brevettato il nostro solvente come anticalcare, ecologico ed ecosostenibile: se non dovesse più servire per trasformare le biomasse, abbiamo già pronto questo piano B».      


 

Chi sono Greta Colombo Dugoni e Monica Ferro

Hanno rispettivamente 28 e 37 anni e sono originarie di Inveruno e Lonate Pozzolo, due piccoli paesi della provincia milanese. Hanno incrociato le loro strade nei laboratori del Politecnico di Milano: Colombo Dugoni è una dottoranda in Chimica Industriale e Ingegneria Chimica, mentre Ferro è un Tecnico Laureato del Dipartimento Giulia Nasta. 
Ora, dopo aver confrontato le rispettive intuizioni in laboratorio, hanno scoperto il modo di ricavare dagli avanzi agroalimentari delle biomasse una materia prima molto simile alla cellulosa. Se la loro idea si rivelasse sostenibile a livello industriale, ciò si tradurrebbe in meno inquinamento e meno piante abbattute per la produzione di carta e prodotti da essa derivati. E l'ambiente ringrazierebbe. 
                                                  

9.7.21

genova 2001-genova 2021 dalla Diaz e a bolzaneto alle torture nelle carceri di di Santa Maria Capua Vetere. nulla è cambiato

https://www.wired.it/attualita/politica del   30\6\2021

Violenze di massa sui detenuti, torture a opera degli agenti, è quanto avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Fatti gravissimi che si legano a un episodio di abuso di potere con cui, a vent'anni di distanza, l'Italia non ha fatto i conti: la scuola Diaz al G8 di Genova
Detenuto nel carcere di Regina Coeli a Roma. (Foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images)

La magistratura l’ha definito “uno dei più drammatici episodi di violenza di massa ai danni dei detenuti”. È la tragica descrizione di quanto avvenuto nell’aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), che viene fuori da mesi e mesi di analisi delle chat degli agenti penitenziari, audio, videocamere di sorveglianza e referti vari. Gli indagati sono 117 e ora in 52 hanno ricevuto misure cautelari, come arresti ai domiciliari e interdizioni. Questo riguarda tanto i presunti autori delle violenze quanto chi ha provato a nasconderle, come alcuni medici Asl e dirigenti del carcere.
Gli agenti avrebbero commesso abusi indiscriminati nei confronti dei detenuti, in una sorta di vendetta dopo una rivolta scoppiata la sera prima e rientrata in poche ore per la scoperta di un detenuto positivo al Covid-19. Si parla di botte perfino a un detenuto in sedia a rotelle, pugni, schiaffi e testate con i caschi a detenuti inginocchiati e denudati, tunnel umani al cui interno venivano fatti passare a uno a uno i condannati per picchiarli in massa. Nelle chat degli agenti si parla di “metodo Santa Maria”, mentre i detenuti vengono definiti come “vitelli da abbattere”, “bestiame” e altri deliri di esaltazione della violenza.
Sono passati venti anni esatti da quando l’Italia fu teatro di quella che Amnesty International definì “la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale”. Nel luglio 2001 a Genova, nei giorni del G8, si apriva una ferita che oggi ancora non si è rimarginata, con la macelleria messicana della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, la morte di Carlo Giuliani e la violenza indiscriminata delle forze dell’ordine nelle strade contro i manifestanti. Fu tortura su larga scala, come d’altronde ribadito di recente dalla Corte europea dei diritti umani, ma in Italia non esisteva nemmeno una legge che prevedesse questo reato, arrivata solo nel 2017.
Gli abusi di potere commessi nel corso del G8 di Genova sono stati perlopiù coperti, i protagonisti delle violenze nella migliore delle ipotesi sono rimasti al loro posto, nella peggiore hanno ricevuto addirittura delle promozioni e oggi l’Italia continua a pagare il fatto di non aver saputo fare realmente i conti con quella tragedia di venti anni fa, di non aver fatto un passo oltre a quella vergogna. E il metodo Genova, con episodi di violenze indiscriminate delle forze dell’ordine, di insabbiamenti e omertà diffusa, di tortura à la Bolzaneto e Diaz, continua oggi a macchiare la quotidianità del Belpaese, in particolare delle sue carceri. Quanto emerso in queste ore nell’istituto di Santa Maria Capua Vetere è infatti solo la punta dell’iceberg: da quando l’Italia si è dotata di una legge sulla tortura, si è scoperto che la tortura nel paese esiste, eccome se esiste.
Associazione Antigone ha raccolto tutti i casi di applicazione di questo “nuovo reato” nell’ambito del sistema carcerario italiano. C’è l’agente di polizia penitenziaria condannato lo scorso gennaio per tortura contro un detenuto nel carcere di Ferrara. C’è la condanna in primo grado per tortura e lesioni aggravate a carico di dieci agenti del carcere di San Gimignano, arrivata lo scorso febbraio. Ci sono le misure cautelari, tra cui i domiciliari, disposte a gennaio per diversi agenti accusati di tortura contro i detenuti nel carcere fiorentino di Sollicciano. Ci sono altre misure cautelari emesse nel 2019 nei confronti di 13 agenti del carcere Lorusso e Cutugno di Torino, per un’inchiesta su presunte torture e altri abusi commessi nei confronti dei condannati. E poi ci sono fior fior di altre indagine in stato ancora più embrionale, dall’istituto milanese di Opera a quello emiliano di Modena, passando per Melfi, Pavia e altre carceri.
C’è un problema di abusi di potere e violenze nelle carceri italiane che è figlio dell’impunità seguita ai tragici fatti del G8 di Genova di venti anni fa. Per tutto questo tempo si è continuato a chiudere gli occhi, si è dovuto aspettare ben 16 anni per una legge sulla tortura zoppa e che sta iniziando solo ora a fare il suo corso, ci si è continuati ad opporre a misure di buon senso come quella dei codici identificativi sulle divise degli agenti per meglio individuare eventuali abusi. Intanto, una fetta importante della politica ha spianato la strada a tutto questo, permettendo di fatto che il metodo-Genova oggi continui il suo corso. Dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che ha definito quella sulla tortura una legge che impedisce alle forze dell’ordine di fare il loro lavoro, al capo della Lega Matteo Salvini che ogni volta che scoppia un’inchiesta per tortura nelle carceri corre a dare la sua solidarietà agli agenti indagati – lo ha fatto anche in queste ore, annunciando una visita a Santa Maria Capua Vetere per offrire sostegno simbolico.
L’Italia è ancora impantanata nell’orrore di venti anni fa e il contesto politico-sociale non sembra preannunciare miglioramenti imminenti.

i vip a volte sono persone normali ed accettano di mischiarsi al popolo il caso di Lewandowski gioca con i bambini in piazza a San Pantaleo.

 Un sogno che si è avverato quello che hanno vissuto alcuni ragazzi a San Pantaleo (frazione di Olbia, in Sardegna). Mentre stavano giocando in piazza, si è improvvisamente avvicinato a loro Robert Lewandowski. L'attaccante del Bayern Monaco, in vacanza insieme alla moglie,

non ha resistito al richiamo del pallone e ha scambiato alcuni passaggi con i ragazzi, visibilmente emozionati. Il video è stato pubblicato tra le storie di Instagram dallo stesso centravanti polacco. Ecco la    come  riporta   la  notizia   il portale   locale  https://www.galluraoggi.it/cronaca/

Ha visto alcuni bambini giocare in piazza e probabilmente si è rivisto lui da piccolo e non ha resistito al richiamo. Così, con assoluta disinvoltura, è entrato nella mischia dei ragazzini che correvano dietro il pallone, ha iniziato a palleggiare e a sbalordire con alcuni dei suoi numeri. Fuori programma inatteso ieri sera a San Pantaleo, frazione del comune di Olbia, per il centravanti del Bayern Monaco e capitano della nazionale polacca, Robert Lewandowski.Il calciatore ha scambiato qualche passaggio, ma non è stato immediatamente riconosciuto dai presenti. L’azione è stata seguita da una piccola folla incuriosita seguendo i tunnel e dribbling della stella del Bayern. Un bel momento, soprattutto per i bambini, che potranno raccontare di aver sfidato uno dei giocatori più forti al mondo.


Mi ricorda la  bella storia   di 



 Paperino e il dribbling del tombino  che trovate qui 



7.7.21

perchè ancora vivo ed lotto

 vivere  la  vita  - Mannarino 


ero cosi  giù  che   mi   facevo le solite  elucubrazioni  mentali    del  tipo  :  a  che serve  vivere  e  lottare  se  cadi  o vieni tradito  .ho trovato la  risposta   in questo stato   fb  di  un mio  contatto 

La vita, a volte non è tenera e ti mette davanti prove davvero difficili. Per questo capita che a coloro che hanno vissuto e vivono situazioni complesse, il vedere calpestati i diritti dei più fragili, è motivo di rabbia infinita. Ovviamente non si pretende comprensione da tutti indistintamente, si capisce che per altri la vita ha riservato prevalentemente situazioni positive e di questo dobbiamo
essere tutti felici, ma da coloro che si candidano a rappresentare le istanze di tutta la popolazione, dobbiamo pretendere un interessamento ancora più pesante e concreto, per quelle condizioni che necessitano di assistenza e più certezze.
Spesso, invece, capita il contrario di quanto la logica e il buon senso dovrebbe suggerire e ad essere “aiutati”, sono soprattutto coloro che hanno fatto dell’interesse privato, prevalentemente dei più forti, una condizione e una filosofia di vita.
Il disprezzo per l’indifferenza verso i più deboli, non basta e in questo momento storico, non sembra nemmeno una opzione tra le più gettonate, occorre invece che chi ancora crede in certi valori e certi principi, faccia sentire sempre più forte la sua voce e combatta con tutti gli strumenti possibili e disponibili questa apatia strumentale e collusa con un mondo che non rappresenta più la società reale.
Non si deve MOLLARE, la lotta sarà dura!


Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...