18.6.23

ribelliamoci al domiino dei like di vanessa ruggeri

 non  ho voglia  di fare  il copia  e  incolla   dell'articolo   .  qui     metto  qui  lo screenschot  delle  due   pagine   dell'articolo della  nuova  d'oggi   . 



 


 Uno  degli interventi più  interessanti che ho letto  sui fatti  di Roma  che rischiano o di finire  assolti    se  non  si  trovano     i  video     del loro crimine  



o se   gli  avvocati  cavillano  e   fanno arrivare   il dibattimento    diopo  l'approvazione    della     la nuova    schifo riforma    sulla giustizia       di    fare  solo   il primo grado     ed  basta  come dice questo commento 



 mi ferm  qui  . erchè   sono talemt e  schifato  che  non  sò che  altro  aggiungere    .  e  poi   due  parole   sono troppe e  una  è poco 

Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia

In  risposta    a  chi   ride   o mi scambio  per  matto  \  stravangante    perchè  metto  ai miei  post    la  musica  che  ascolto  in contemporanea   o cito  l'intera  canzone  o il  testo     facendone   anche   la  parafrasi    .       riporto  questa     storia  realmente accaduta   . 

Unione  sarda  15 giugno 2023 alle 13:57


Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia La via gremita di persone. Qualche chiacchiera, le buste con lo shopping appena fatto. E la musica. Scene di ordinaria quotidianità in città, di qualsiasi città come ce ne sono tante. Succede a New York e succede anche a Cagliari. I musicisti di strada tengono alto l’umore e regalano concerti a cielo aperto. Capita anche però che qualche volta la musica non sia gradita. O meglio, magari è una giornata storta, magari si reagisce in modo troppo impetuoso alle note che invadono l’aria e i negozi.

 Sicuramente questa storia la ricorderanno in tanti: circa un anno fa, infatti, una commerciante di via Manno a Cagliari chiamò i carabinieri per interrompere la performance di Yaacob González García, violinista spagnolo arrivato in Sardegna per seguire la sua arte. La vicenda si concluse bene quasi immediatamente, con i cagliaritani a prendere le parti del musicista e una stretta di mano a suggellare una neonata amicizia. Oggi questa storia, però, ha raggiunto davvero il suo lieto fine. Stefania Donadon ha riaperto il suo negozio dopo un periodo di stop e ha deciso, per l’inaugurazione, di contattare proprio lui, Yacob, per suonare per amici e clienti. «La musica fa da filo conduttore e vince attraverso le nostre differenze» ha detto il violinista, emozionato e con quel sorriso che solo la musica riesce a dare a chi la suona e a chi la ascolta. È bene ciò che finisce bene, insomma. Un epilogo che dai toni accesi di una discussione ha lasciato spazio ai toni alti e melodiosi delle note.
                                          Giulia Salis

Ma  anche  alle polemiche     di quelli  che  ben  pensao     che  si  lamentano     che   non  si   fa  niente   e   poi  quando  si  fa  qualcosa   si lamentano opure un cerca  di   raccogiere  qualche  soldo   senza  andare a   delinquere  (   rubare  ,  spacciare  , ecc )   ecco alcuni commenti    all'articolo 

Avatar
user310148
da 2 giorni
Mi chiedo cos'è che non disturbi ai residenti dei centri storici, c'è sempre la possibilità di andare nei quartieri residenziali per non sentirsi disturbati da chiunque capiti nei vostri quartieri a vostro uso esclusivo, almeno è quello che pretendete. Con queste vicende si ammazza un'intera città e il bello è che ci state pure riuscendo....
Avatar
salsiccio
da 3 giorni
Stemarta firse non vivi nel centro storico. Est modus in rebus (fattelo tradurre, ed insegnalo al musicista)
Avatar
stemarta
da 3 giorni
User308928, gli orari che hai menzionato rientrano pienamente negli orari in cui si può fare musica , se il disturbo è tanto chiuditi le finestre e vivi da eremita così non ti disturba nessuno . In secondo luogo, offrigli un lavoro , così magari può guadagnarsi da vivere in maniera dignitosa. La musica è vita è ci sono tanti artisti di strada che sono dei veri professionisti. Vivi e lascia vivere.
Avatar
user308928
da 3 giorni
Il suddetto violinista è un gran cafone che viene allontanato ripetutamente dalle strade perché disturba i residenti del centro storico ammorbandoci dalle 9 del mattino alle 8 di sera con brani coperti da copyright (da Morricone a Hans Zimmer: SIAE dove sei?) sparati a palla dagli amplificatori collegati al suo strumento stonato. La ricostruzione dell'Unione è del tutto ingenua e romantica: il disturbo della quieta pubblica resta un reato: sequestrategli gli amplificatori e multatelo.
Avatar
Antoniu
da 3 giorni
intelligente forma di pubblicità (dato poi questo articolo). Approvo. Viva la gentilezza e l'intelligenza.

si è artisti in vita ma i media e a massa non s'occorgono salvo qualche barlume . il caso del fotografo Paolo di Paolo

     in  sottofondo     

  
 Tutti i media   eran  occupati   dalle  morti    di  alcune  celebrità politiche  e culturali  . Tanto  da  far  passare  in secondo  piano  la  morte (  salvo  qualche trafiletto   nella  pagina  della  cultura  o riviste  specialistiche  d'arte  e  di  fotografia )   di  uno   dei fotografi italiani , Paolo di Paolo ,  più  importanti  degli ultimi 60  anni  della storia  del  costume    Italiano  . Si può morire dimenticati   (  salvo  da  pochi appassionati    delle  sue  opere  ) o   nell'indifferenza  (  vedere  canzone  in  sottofondo )   , si può morire cercando di  restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione illusione  che si verrà ricordati.
In questi giorni  come   ricorda il  giornalista  
Mario Calabresi  riporto  sotto  l'articolo     delll'ultimo n   della  Newsletters    altre storie     in  quanto  è  grazie   a   lui  che   l'ho scoperto    ed  ho  identificato  alcune  foto    che   avevo    visto   su  alcune riviste   ed  in alcuni siti  <<    ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia. >>


LA STORIA

L’uomo che nacque due volte

di Mario Calabresi


Si può morire dimenticati, si può morire cercando di restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione che si verrà ricordati. In questi giorni ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia.

La prima volta al mare, Rimini 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Si chiamava Paolo Di Paolo, era nato in Molise nel 1925, si era trasferito a Roma per studiare al liceo classico e poi filosofia all’Università. Nel dopoguerra aveva frequentato il mondo artistico romano ed era rimasto affascinato dalla fotografia, così aveva cominciato a “scattare per diletto” (questo per lui era il senso vero della parola “dilettante”) ma presto quel passatempo era diventato un lavoro e il settimanale “Il Mondo” di Pannunzio la sua casa.

Dal 1954 al 1968 è stato uno dei più grandi narratori per immagini della trasformazione dell’Italia, ha raccontato il boom industriale, la Dolce Vita, il mondo del cinema, ha percorso tutte le coste del nostro Paese per raccontare le vacanze degli italiani insieme a Pier Paolo Pasolini (estate 1959) regalandoci un reportage indimenticabile. Un’Italia in cui convivevano giovani donne a capo velato che a Campobasso portavano le ceste sulla testa e ragazze in mini short sul lungomare di Viareggio, nuove linee aeree e trasporti a dorso d’asino, l’autostrada del Sole e la civiltà contadina. Era un tempo di speranza, in cui la fame reale lasciava il posto alla fame di sapere, conoscere e alla voglia di voltare definitivamente pagina.

Il padre della sposa. Trani, Puglia, 1959 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Fuoriserie al Gargano, 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo ha un modo di lavorare rigoroso, molto etico e profondamente rispettoso delle persone che fotografa. Negli anni Sessanta il tema della privacy emerge per la prima volta, i “paparazzi” rompono qualunque codice esistente, violando intimità e tradizioni. Nulla sembra essere più sacro, anche se con gli occhi di oggi non possiamo che sorridere di fronte a chi riteneva lecita qualunque intromissione nella vita dei personaggi pubblici quando apparivano sulla scena. Il presente di questo nuovo Millennio ci racconta di violazioni che arrivano dentro il letto di casa, ma la società di allora viveva il cambio di paradigma come un terremoto. Di Paolo invece è l’uomo delle intimità rispettate. In un’epoca in cui la macchina al collo era diventata un’arma e il titolo di “fotografo” non era propriamente esaltante, lui sceglie il garbo, preferisce fare un passo indietro quando capisce che pubblicare significherebbe creare dolore o rompere un rapporto di fiducia.

Marcello Mastroianni e Faye Dunaway, 1968 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Le immagini che meglio testimoniano questo approccio alla vita e al lavoro non sono quelle dei tanti divi che ha ritratto ma il servizio fatto al Circeo ad Anna Magnani e a suo figlio. Il bambino era poliomielitico e non era mai stato fotografato, questo aveva scatenato la morbosità e la caccia allo scoop, la Magnani viveva la situazione con disperazione e in continua fuga. Finché decise di giocare d’anticipo e, conoscendo lo stile di Di Paolo, lo invitò nella villa di Punta Rossa per bruciare i paparazzi e chiudere la caccia. Si fece trovare con un costume nero e il cane, il figlio era in acqua che nuotava benissimo. Gli disse soltanto: “Sei tu il fotografo? Ahò datte da fà”. Realizzò un servizio unico, di intimità e tenerezza mai viste. In quegli stessi anni fotografò Oriana Fallaci che giocava a fare la diva sulla spiaggia del Lido di Venezia, ma quelle foto non verranno mai pubblicate.

Anna Magnani al Circeo ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Oriana Fallaci ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Poi “Il Mondo” chiude, i “paparazzi” la fanno da padroni, i direttori dei giornali cominciano a chiedere “scoop” e scandali e lui non si sente più a casa. A 43 anni, nel 1968, decide di lasciare tutto e di uscire di scena. Si trasferisce a vivere in campagna insieme alla giovane moglie, prendono otto cani e Paolo si rimette a studiare. Nella sua nuova vita ci saranno libri di storia e l’ideazione dei calendari dei Carabinieri, ma mai più una sola fotografia.

Per trent’anni i suoi scatti restano chiusi in cantina, nessuno li vede più, finché un giorno, alla fine degli anni Novanta, la figlia Silvia ci si imbatte cercando un paio di scarponi da sci. «Avevo notato incuriosita - racconterà - una cassettiera e uno scaffale stipati di scatole arancioni. Erano piene di negativi e di stampe fotografiche. Poi c’era uno schedario in cui erano classificati, in ordine alfabetico, nomi di artisti, attori e scrittori… Ho iniziato ad aprire le scatole e sono rimasta folgorata da quelle stampe, così sono corsa da papà felicissima per chiedergli chi le avesse fatte. Mi rispose a mezza voce: “Sono mie, le ho fatte io, un tempo sono stato fotografo. È roba passata, non mi va di parlarne”».

Pierpaolo Pasolini ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Paolo Di Paolo con la figlia Silvia - Roma, 2017 © Bruce Weber

Piano piano, però, si scioglie e comincia a raccontare, Silvia pensa che quella storia vada condivisa, si guarda tutti i 250mila negativi e si convince che le sue foto meritino una mostra, ma prima che ciò accada passano altri vent’anni. Quando ho incontrato Paolo Di Paolo la prima volta sono rimasto incantato dal suo stile, dalla sua cortesia, dal piacere che aveva nel ricordare le persone e un “mondo perduto” (questo sarà poi il titolo della grande mostra che gli dedicherà il MAXXI di Roma nel 2019) e dall’amore per il lavoro che aveva fatto finché non gli era stato chiesto di scendere a compromessi.

Lo ricordo all’inaugurazione, emozionato e felice, camminare dritto con un dolcevita rosso e la giacca blu. Non poteva credere di essere stato riscoperto, di aver potuto riaprire una pagina che era stata voltata mezzo secolo prima. Stringeva le mani e rispondeva a televisioni e giornalisti, sorridendo a tutti con una solarità invidiabile. Aveva 93 anni.

Contadina, funerali di Palmiro Togliatti, 25 agosto 1964 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

L’ultima volta che ci siamo incontrati gli ho chiesto quale immagine sceglierebbe se potesse salvarne una sola. Mi ha risposto senza esitazioni: quella scattata ai funerali di Palmiro Togliatti, dove nella grandiosità di un evento di massa emerge il dolore di una donna del popolo. Una donna con i capelli bianchi, un foulard in testa e dei fiori tra le mani. Paolo Di Paolo era rimasto convinto fino alla fine che gli esseri umani e i loro sentimenti dovessero essere al centro della storia.



16.6.23

gioventù bruciata Incidente Roma, testimone: "Filmavano le auto distrutte e ridevano" | I genitori dei cinque youtuber: "Solo una bravata"

Scambiatemi pure per : fascista , reazionario , autoritario e tutto ciò che vi pare . Ma davanti alla reazioni di genitori vedere articolo sotto che giustificano i figli ancher davanti a crimimi come questi , spacciandoli per una bravata , mi fanno pensare che il recupero e la prevenzione sociale (  vedere  mio precedente  post  )per certi soggetti non sia più sufficiente . E mi fa venir meno il detto le colpe dei figli non dovrerbbero mai ricadere sui figli



Incidente Roma, testimone: "Filmavano le auto distrutte e ridevano" | I genitori dei cinque youtuber: "Solo una bravata"

redazione Tgcom24 • 31 minuti fa

Incidente Roma© Ansa


Subito dopo il violento scontro tra il Suv Lamborghini e la Smart che ha provocato la morte di un bimbo e il ferimento della madre e della sorellina, sul posto, nella zona di Casal Palocco, a Roma, sarebbero arrivati anche i genitori dei cinque youtuber che erano a bordo del bolide. E le frasi shock da loro pronunciate per tranquillizzare i giovani avrebbero gelato i presenti. "Abbiamo sentito che rassicuravano i figli — racconta a La Repubblica il dirigente dell'asilo frequentato dalla piccola vittima e che si trova a 150 metri dal luogo dell'incidente — e gli ripetevano che era stata solo una bravata, che si sarebbe risolto tutto".
Nuovi particolari sull'incidente di Roma Non solo. Su quanto avvenuto stanno emergendo anche altri dettagli agghiaccianti. Secondo un altro testimone "i ragazzi hanno continuato a filmare anche dopo lo scontro, tanto che un uomo ha urlato 'Ma che c... state facendo?'".
La procura di Roma ha disposto le perquisizioni in casa di Matteo Di Pietro, il ventenne che era alla guida del Suv Lamborghini, e nella sede della società degli youtuber "The Bordeline". Gli inquirenti analizzeranno presto i telefoni sequestrati ai cinque giovani che viaggiavano sul Suv che ha travolto la Smart sulla c'erano Manuel con la madre e la sorella. Obiettivo degli inquirenti è verificare se sul telefonino del giovane ci siano video girati nella fase precedente, durante o anche successiva all'impatto.
Il giorno dopo lo scontro è quasi peggio. Un pezzo di Roma si è svegliato con l'angoscia di un bimbo morto, una famiglia lacerata, un pugno di ventenni scaraventati nell'incubo di avere provocato un incidente. E la rabbia, tanta, che prende il posto del dolore. "Dopo l'incidente continuavano a filmare, il papà di un altro bambino li ha ripresi, gli ha urlato 'Ma che c... fate' e ha discusso con i ragazzi", ha raccontato un altro testimone, amico della famiglia del piccolo, parlando dei ventenni alla guida del Suv.
Di quel momento, subito dopo lo scontro, c'è un video che gira a Casal Palocco di chat in chat. Si vede l'uomo che urla, la folla che lo trattiene, la Smart accartocciata, la Lamborghini distrutta. E un ragazzo di spalle, in primo piano, con la t-shirt della crew di youtuber The Borderline. E un cellulare in mano.
"Continuavano a filmare e il bimbo era morto", ripete il testimone. La rabbia a Casal Palocco è veramente tanta. E anche il rimorso. "Siamo distrutti, questa macchina sfrecciava da giorni. Andavano fermati", ripetono in coro i cittadini del quartiere. "Questa macchina faceva avanti e indietro. Mi è rimasta impressa perché era molto bella come auto, ma dentro di me, vedendo alla velocità in cui andava, ho pensato: questi se prendono qualcuno lo uccidono", ha aggiunto una donna.
Molti altri abitanti della zona confermano che quell'auto era stata vista in giro già il giorno prima dell'incidente: un Suv, preso a nolo con tariffario da duemila euro al giorno, che non è passato inosservato, con alla guida giovanissimi. "Il proprietario della concessionaria che ha affittato l'auto ai ventenni lo conosciamo tutti. E' arrivato dopo l'incidente ed era arrabbiato perché la macchina era rotta", racconta ancora un testimone.
"Ero in casa quando ho sentito un botto terrificante e sono uscita, in pochi minuti è accorsa molta gente e c'era un ragazzo che prestava i primi soccorsi al bambino, provando a fargli la respirazione bocca a bocca. Non riuscivo ad avvicinarmi perché era una scena raccapricciante". E' ancora scossa una donna di 50 anni che abita a pochi metri.
In tanti sono increduli che sia potuta accadere una tragedia del genere. "Abito qua da 45 anni, la macchina proveniva da una strada da cui non c'è molta visibilità - racconta ancora la donna -. Da quello che mi hanno raccontato alcuni vicini, i ragazzi sul Suv hanno provato a superare una macchina, andavano a grande velocità e hanno investito l'auto della signora che stava aspettando fuori dall'asilo. E' allucinante, ancora non riesco a crederci".
Dove la Lamborghini si è schiantata e dove è morto il bimbo, intanto, c'è un tributo di fiori, peluche e girandole colorate. "Piccolo angelo sei volato in cielo troppo presto. Proteggi da lassù la tua mamma e la tua sorellina", è uno dei tanti bigliettini, lasciati.
E non si ferma il via vai delle persone del quartiere che commosse lasciano giochi e fiori. C'è anche un disegno colorato lasciato da una bimba, che ritrae due bambini accanto a dei fiori a e dei cuori. L'omaggio alla piccola vittima, sotto un albero, è poco distante dall'asilo dove c'era stata la merenda di fine anno con i compagni.
Intanto, omicidio stradale aggravato e lesioni sono le accuse che la Procura di Roma contesta a Matteo Di Pietro, lo youtuber ventenne che era alla guida del Suv Lamborghini che, nella zona di Casal Palocco, ha causato il tragico incidente in cui ha perso la vita un bimbo di cinque anni e sono rimaste ferite la madre e la sorellina. Di Pietro è risultato positivo ai cannabinoidi: nel suo sangue sono state trovate tracce di droga mentre è risultato negativo all'alcoltest.
Un quadro indiziario pesante per il giovane che era al volante del bolide preso a noleggio per compiere una sfida social assieme a un gruppo di youtuber, The Borderline: restare a bordo della Lamborghini per 50 ore di fila. Una challenge che era stata annunciata anche da un video sul loro canale da 600mila followers. Chi indaga sta verificando se nelle fasi precedenti al tragico schianto gli altri quattro (tre ragazzi e una ragazza tutti della crew The Borderline specializzati in challenge sul web) a bordo della Lamborghini blu stessero effettuando dei video, con i cellulari, o stessero incitando il loro amico alla guida. Elementi che se confermati potrebbero portare all'iscrizione 'in concorso' nel registro degli indagati. Determinante sarà l'analisi dei cellulari dei ragazzi.
Gli agenti della polizia locale di Roma Capitale stanno mettendo in fila i tasselli dell'indagine: sono stati ascoltati testimoni e analizzate le telecamere presenti in zona che potrebbero avere ripreso le fasi precedenti lo schianto. L'unica certezza, al momento, è che sull'asfalto non sono stati individuati segni di frenata.

15.6.23

se non volete denunciare almeno ribellatevi ed abbiate consapevolezza ed amore proprio solo cosi possiamo aiutarvi

  Anche se  considero   la  bruzzone     troppo  mediatica   da  salotto  mediatico ,    una prezzomolina       se  non ci  sono  mettetemi    - ha  RAGIONE  . Credo sia la professionista più competente e preparata nel sensibilizzare e fare prevenzione sulla violenza.Ogni sua parola è drammaticamente vera e nello stesso tempo utile per qualsiasi donna debba confrontarsi con l'abuso e le relazioni di prepotenza. Infatti ha dichiarato recentemente ( non ricordo la data prcisa in quanto ho preso questo video o estratto di video dalla bacheca facebook di una mia amica )


ha perfettamente ragione

guerra di classe di Daniela Tuscano

Erano nascosti nella stiva dell'ennesima carretta del mare. Sono morti in 100 nel Mare Egeo, tutti bambini.A Roma è morto un bambino. Ed è lo stesso. Sia quei cento sia quell'uno sono vittime dell'ignoranza prepotente, dell'ignoranza voluta ed esibita, sfacciata, vuota. I primi subiscono le migrazioni a causa dei predatori delle loro terre, dai magnati delle guerre, locali e occidentali. Che ingrassano sulle miserie altrui. E le irridono. Il bambino italiano viaggiava su una Smart con la madre e la sorellina di tre anni. Lui ne aveva cinque. Cinque come i debosciati che li hanno falciati via. Balordame che le Smart, si dice, le schifavano. "Ah poraccio!" strillavano all'indirizzo del guidatore. Loro, youtubers di successo, acchiappalike del niente, si potevano permettere la Lamborghini. Mica per usarla, eh. Per sgassare. Per sfasciarla se la scommessa era quella. Perché sì. La Lamborghini si è trasformata nella simbolica arma della lotta di classe. No, della guerra. I "povery" non lottano più: subiscono. Come prima, peggio di prima. La Lamborghini dello youtuber è l'arma di distruzione delle masse che senza soldi non contano niente.
Eppure continuiamo a invocare giustizia. Ce l'hanno promessa. Non vorremmo essere costretti a prendercela.

incidente a casal palocco ( Roma ) gioventù bruciata e politici che la usano strumentalmente

   di  cosa  stiamo     parlando  

Incidente a Roma: chi sono i 5 youtuber a bordo della Lamborghini

Incidente a Roma: chi sono i 5 youtuber a bordo della Lamborghini©    da   https://www.msn.com/it-it/notizie/other  Fornito da   Il Giornale






leggendo le dichiarazioni di Salvini mi accorgo che dopo quella il trapper Elia Baby ( vedere post precedente ) si è davanti un altra vicenda di una generazione persa sia per i primi sia per i secondi . quindi come

Sento dire, ripetere che per i cinque youtuber che hanno ammazzato il piccolo Manuel di 5 anni per una “challenge” di 50 ore a bordo di un Suv ci vogliono ergastoli e pene “esemplari”.Io, invece, continuo a pensare che quei cinque ragazzi che probabilmente si sentivano - e altri coetanei facevano sentire - fighi avrebbero meritato di essere seppelliti dai libri. Gliene avrebbero dovuti dare talmente tanti da non riuscire neppure a concepirla una caz*** del genere, semplicemente perché non c’è nessuna fuga dalla realtà più esaltante che esplorare le vite che non sono le nostre, capire cosa pensano, come vivono, cosa PROVANO.

E guai a pensare che riguardi solo i ragazzi o una generazione più di un’altra. Riguarda noi, riguarda tutti, e tutti interroga. [....]

continuo a pensare che  <<  puoi dare e aumentare tutte le pene che vuoi - e va bene, ed è giusto, e lo abbiamo anche fatto con l’omicidio stradale - ma che questo vuoto di idee, valori, questo cratere interiore lo colmi davvero solo con la cultura, con l’educazione all’altro, con l’alfabetizzazione emotiva che ti fa capire dove finisce la tua presenza fisica nel mondo e dove comincia quella del prossimo.È più lunga, molto più lunga, infinitamente più faticosa, ma non c’è un’altra via. >>
 Se   voi   ne  avete altre    che  non sia  non solo   carcere   duro  o pena  di morte    fametelo   sapere     qui   nei commenti o  via  email 

14.6.23

Elia Baby alla sua vittima: "Io ho preso 10 anni e rido, tu piangi". Il post sprezzante dopo la condanna

  va bene che  anch'io  sono stato   cinico  . Ma non  fino  a tale  punto   questo   qui    ha  superato  persino  me  . Qui non  si tratta    di  un qualcosa  scritta  impulsivamente  a caldo   ,  che  poi  puoi  cancellare    o  rettificare   come    è  capitato  nel mio  caso  ,  ma   di bastardaggine  vera  e  propria  . Infatti avvocato di parte civile, Jacopo Merlini (  uomo 

morigerato  nei  commenti   ed nel  manifestare   pubblicamente   le  sue  emozioni   )   , che ha ricevuto l'incarico di procedere con ogni azioni a tutela della vittima  ha  rilasciato    questa  dichiarazione  : << l'avvocato di parte civile non gioisce mai per l'eventuale condanna dell'imputato, e ciò per una fondamentale questione di rispetto umano". E sugli ultimi fatti dice: "Quanto apparso oggi sui social non abbisogna di commenti: alla profonda tristezza per quanto accaduto se ne aggiunge dell'altra, inutile e gratuita».>>.   e qui  mi  fermo  non vogio  fare  ulteriore  pubblicità  a  siffatto individuo   il resto  lo trovarre  nell'articolo   sotto   

  da  repubblica  .it

Spavaldo e sprezzante già in tribunale alla lettura della sentenza di condanna, ma ancora più sprezzante sui social, il trapper romano Elia17Baby, al secolo Elia Di Genova, rischia nuovi guai oltre ai 10 anni di carcere che gli sono stati inflitti ieri a Tempio Pausania per il tentato omicidio di un 35enne di Sassari, Francesco Piu, pugnalato alla schiena la notte del 14 agosto 2022 sulla spiaggia di Marinella, nel golfo di Olbia, e da allora costretto su una sedia a rotelle.

I post sono stati segnalati dalla famiglia Piu all'avvocato di parte civile, Jacopo Merlini, che ha ricevuto l'incarico di procedere con ogni azioni a tutela della vittima.
"Io ho preso 10 anni e rido, te piangi", si legge in una stories di Instagram.

E poi ancora:" Ti aspetto con ansia Jeeg Robot, metti le gomme da pioggia", alludendo chiaramente alla invalidità di Francesco Piu. In sottofondo musica che richiama a fatti violenti e a cornice di tutto gesti irrispettosi con il dito medio.

Merlini tiene a precisare che "l'avvocato di parte civile non gioisce mai per l'eventuale condanna dell'imputato, e ciò per una fondamentale questione di rispetto umano". E sugli ultimi fatti dice: "Quanto apparso oggi sui social non abbisogna di commenti: alla profonda tristezza per quanto accaduto se ne aggiunge dell'altra, inutile e gratuita».

1943. Nella #polonia invasa dai #nazisti brilla la stella di #mariannabiernacka, sacrificatasi al posto della #nuora giovane e #incinta da https://www.dols.it/

 

Di Daniela Tuscano

“Se proprio ci tieni, vecchia”.

La donna cui l’ufficiale nazista scaglia in faccia quest’epiteto ha solo 55 anni, età che oggi nessuna, almeno nell’opulento Occidente, assocerebbe al tramonto della vita. Al massimo al periodo maturo, ancor rigoglioso di fascino e lusinghe. Vecchio, qui da noi, non è del resto più nessuno: la parola viene ritenuta scorretta e offensiva proprio come al tempo delle dittature, che disprezzavano i corpi in declino e magnificavano i fisici freschi e atletici, salvo poi mandarli a morire in guerra. Ma Marianna Biernacka (1888-1943) della vecchiaia non ha paura. La sua è una generazione concreta. Consunta anche, certamente.  Sa che il tempo ha pochi spazi e ci vive dentro, nelle stagioni e tra le fatiche. E poi, a vederla, dimostra almeno dieci anni di più. Vecchia, d’accordo. E allora? Il suo periodo è quello, è madre, suocera, nonna, e fuori impazzano le bombe e la sua Polonia è invasa dalle truppe di Hitler. Marianna abita in due stanze assieme al figlio, alla moglie di lui e a una loro bimba piccola. Non si sono potuti permettere un appartamento proprio, sono poveri, e non si capacitano nemmeno della furia tedesca: oltre a non possedere nulla, non si occupano di politica e sono sempre stati devoti e modesti. Alcuni partigiani polacchi, rifugiatisi nei pressi, hanno ucciso in un attentato membri della Wehrmacht e per rappresaglia questi ultimi hanno preso a caso, o a casaccio, i primi civili sotto tiro. La sorte cade proprio sulla famiglia di Marianna. Solo che la sua richiesta suona bislacca anche al gerarca, forse la considera davvero una vecchia rimbambita. D’altronde, a chi importa? Se tanto ci tiene, la “vecchia” sarà accontentata. E la vecchia “tiene” a uno scambio di persona. I nazisti hanno deciso di fucilare suo figlio e sua nuora incinta. Marianna non riesce a proteggere lui. Ma, se si accontentassero d’una vecchia, se davvero contassero una per due, lei sì, ci “terrebbe”. Stranamente, la “proposta” è accettata. Marianna viene arrestata e passata per le armi, assieme al figlio, il giorno dopo.Gli agiografi trovano affinità tra la sua vicenda e quella del “gigante polacco”, il francescano Massimiliano Kolbe

, martire ad Auschwitz, che donò la vita per un padre di famiglia. Noi preferiamo accostarla a Noemi, la suocera che, secondo il racconto della Bibbia, si prese cura della nuora straniera, Rut la moabita, e a lei rimase legata l’intera vita, nella gioia e nelle sofferenze. Noemi ribaltò una volta per tutte lo stereotipo maschilista-patriarcale dell’inimicizia tra suocera e nuora e, in generale, della mancata solidarietà fra donne, ritenute incapaci di legami profondi e di quella che i greci chiamavano phylia, l’intima comunione di anime e corpi di cui solo gli uomini, superiori in quanto simili a dèi, potevano provare. Ma Noemi non era greca, era ebrea e, pur immersa in un contesto fortemente patriarcale, percepiva, anzi viveva Dio dentro di sé, sapeva istintivamente che anch’essa era immagine di Dio (non il dio-riflesso dei maschi della tradizione greca e dei ministri del sacro). Per questo si sentiva figlia e vedeva nell’altra una sorella prima ancora che una parente acquisita o “imposta”, e non le interessava fosse straniera; l’universalità di Dio già si affaccia nelle pagine del Primo Testamento e trova compiutezza in Gesù di Nazareth, nella cui fede Marianna Biernacka, la Noemi polacca, crebbe e visse.Marianna non era teologa, non ne aveva bisogno. Come Noemi, Dio l’aveva dentro, la inabitava, come la cucina, come la casa. Come una madre: perché c’era anche un bimbo lì, un bimbo che ancora non vedeva, un fanciullo nascosto che premeva la vita più di quello partorito dalle sue stesse viscere; e capì che toccava proprio a lei, alla “vecchia” ormai sterile, generarlo di nuovo, biblicamente pure allora, e non esitò. Mentre sembrava trionfare la furia diabolica che spezzava ogni vita, mentre l’invidia dei maschi squarciava le donne e i loro grembi, tante piccole, sconosciute Davidi emergevano dal buio e mondavano il mondo.


Articoli correlati:

13.6.23

Giulia Tramontano: Visitazione profanata [Reprise ] © Daniela Tuscano

Lo stesso discorso di quanto già scritto  in precedenza .  È ancora più valido  davanti ad dei nuovi femmicidi .
Non mi va di mettere l'URL /collegamenti ipertestuali  .  Ma preferisco riproporre  ancora lo scritto   bellissimo  di Daniela  



No, davvero non riescono a non colpevolizzare la donna. "Giulia all'appuntamento con l'assassino è andata, e non doveva farlo!" si ode adesso dai pulpiti mediatici.L'amante invece (l'omicida la tradiva, anche), è stata più accorta. È rimasta a casa malgrado le raccomandazioni di lui. "Ora sono un uomo libero" le avrebbe detto.Aveva appena assassinato la compagna e il figlio che portava in grembo. Il loro figlio.Aveva poi cercato di bruciare cadavere. Questa la sua idea di libertà.Giulia come Lea Garofalo, il bambino come Giuseppe Di Matteo. Perché femminicidio e figlicidio sono delitti di mafia. La mafia del suprematismo sessuale, il terrorismo del patriarcato, la radice prima d'ogni violenza e ingiustizia.Violenza e ingiustizia che il Magnificat - ricorreva ieri, giorno in cui Giulia è stata ritrovata, la festa della Visitazione di Maria -  dichiara sconfitte per sempre con l'arrivo d'un fanciullo amato. Un dio bambino che ripudia i  patriarchi, ma che alla calda energia della madre - la corredentrice - non sa rinunciare.Potrebbe. Non è forse Dio l'Onnipotente?Ma il Dio di Gesù Cristo, il Dio del Magnificat, è onnipotente nella misericordia. Utero di tenerezza.Lo è in tutto ciò che il mondo considera debole, insignificante,  muliebre. E il mondo, da sempre, appartiene ai patriarchi.Per questo il Dio del Magnificat "non è di questo mondo".Giulia, donna, madre, non di questo mondo, non poteva rinunciare alla sua personale Visitazione. Purtroppo dall'altra parte non c'era una Elisabetta, né un altro bimbo che esultava nelle di lei viscere. Non uteri di tenerezza ma egotismo del patriarca. Di cui bisognerebbe guardarsi, lo sappiamo. Ma anche la croce è simbolo d'"imprudenza". L'imprudenza di chi una possibilità la concede sempre. Di chi si fida, di chi ama.Oggi, nell'immondezzaio dove Giulia è stata gettata come un rifiuto, la sua immagine è sormontata dalla sguardo di Maria. Maria ci ha promesso un "tempo femminile" generativo, un tempo della madre senza patriarchi, un tempo che oggi, ancora una volta, dal patriarca è stato vituperato. Ma chi ama nasce ogni volta. Chi ama rivive, e vince il mondo. 

© Daniela Tuscano

Cosa potevano mai avere in comune #guidobodrato, #francesconuti e #treatwilliams? Di Daniela Tuscano

 E passi per i primi due, se non altro per la comune origine. Ma l'americano, l'#hippie per antonomasia, ancorché tardivo (il musical #hair, quello definitivo, uscì nel 1979...)? Poco o niente, in effetti. Li univa, tuttavia, un secolo e un millennio. In questi giorni si fa un gran

parlare della scomparsa d'un "protagonista del #novecento" che non serve nominare, e a cui saranno riservati quei #funeralidistato negati a #falconeeborsellino. Ma l'uomo che umanamente non è riuscito a vincere la fragilità, l'uomo potentissimo al quale mio padre operaio è sopravvissuto di due anni, non fu il Novecento. Fu un #corsoericorso, il perenne #arcitaliano che ritorna, a cicli, come un #esantema, ora tragico ora fatale, un genio del limite, il #remida degli "ismi". I primi tre, no. Sono stati soltanto uomini, interpreti d'un'epoca irripetibile. Bodrato il #democristiano, Bodrato il politico, quando politico equivaleva a #statista, io lo ignoravo. Militavo dall'altra parte, e poi #sinistradc per me non significava nulla. La grigia modestia di Bodrato adombrava, ai miei occhi, l'intellettuale di razza. Era lo #stellone Bodrato, ma uno stellone per cui valeva ancora la pena. #francesconuti anticipò #pieraccioni con una vena indolenzita che il secondo non poteva eguagliare. Non era il mio comico preferito, ma la lunare crudeltà della malattia, la #depressione alcolizzata, testimoniarono con verismo la vanità del successo. Nuti fu un #oderisi del cinema; come, in un certo senso, anche Williams, lo #yankee atipico, che a suo modo - sia pure con gli "sciocchi fiori" pasoliniani - impersonò un Novecento alternativo. Illusorio sì, ma che sperava di credere. È morto in in incidente d'auto. Simbolo del simbolo, veloce e distrutto come un rombo di tuono.

Che ipocriti chiedono rispetto ma poi sono i primi a non darlo - di patrizia cadau

 Quando uno è un uomo di un certo livello e spessore umano, lo dimostra a costo di rasentare lo sciacallaggio.




L'ennesimo sputo in faccia a Beppe Englaro, un uomo anziano, che ha vissuto una delle tragedie più sentite nel nostro paese, e che ha semplicemente perso una figlia in un calvario durato diciassette anni, lottando per le sue volontà .Che vergogna.E poi chiedono rispetto e compassione. 


O si lamentano , aggiungo io perbuna banale battuta politica come quella da me citata, vedere  mio post precedente