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9.2.25

«A Pola seppellii il mio tesoro. Tornerò in quell'orto a cercarlo» Bruno Blascovich, classe 1940, piccolo imprenditore piemontese, è tra gli esuli istriani che lasciarono in massa la città morente, ineluttabilmente condannata a diventare Jugoslavia e al feroce regime del maresciallo Tito.

 a  chi  mi  dice   che    ricordo  solo i  crimini  italiani e  dei nazisti     nei  balcani  replico  cosi   riportando   qiuesta  intervista  trovata in  rete    . anche  questi sono  stati dei  criminali   e la  prova provante  è quello che  hanno  subito  alcune   famiglie    



Avvenire


«A Pola seppellii il mio tesoro. Tornerò in quell'orto a cercarlo»


                                       di Lucia Bellaspiga • 3 ora/e




«Da anni cerco di entrare nella mia casa di bambino a Pola e recuperare il tesoro sepolto nell’orto prima di partire. Ma in passato mi hanno cacciato via e quest’anno ho trovato tutto sbarrato. Ora vorrei tanto ricomprare la mia casa...». Bruno Blascovich, classe 1940, piccolo imprenditore piemontese, è tra gli esuli istriani che lasciarono in massa la città morente, ineluttabilmente condannata a diventare Jugoslavia e al feroce regime del maresciallo Tito. Un destino comune a 350mila giuliano-dalmati, dunque, ma la storia di Blascovich è diversa a partire dalla fuga da Pola, che non è avvenuta con l'esodo del ’47 ma anni dopo, in piena dittatura comunista, fino all’ultimo minuto con il fiato sul collo della polizia segreta di Tito.

Una fuga rocambolesca. Come mai non partiste con gli altri polesani nel ’47 a bordo della nave “Toscana”, sotto protezione degli inglesi?

Proprio nel settembre del ’47 mio padre Giovanni era sparito nel nulla. Mia madre, Paola Bencich, e noi sei bambini saremmo potuti partire con gli altri, ma avremmo dovuto abbandonarlo. Faccio un passo indietro: prima della guerra papà alle dipendenze di un possidente austriaco dirigeva le squadre di polo a cavallo sull’Isola di Brioni, a nord di Pola, i ricconi d’Europa venivano lì con gli aerei privati a gareggiare. Ma dopo il ’43 a causa della piega che aveva preso la guerra il turismo sparì e lui fu assunto dalla milizia locale come guardiano di Brioni. Noi bambini eravamo tutti nati lì, in una splendida casa con le fondamenta nel mare, tra il vento e le pinete abitate dai cervi. Fino al 15 settembre del 1947 Pola era ancora un’enclave libera, protetta dagli angloamericani, dentro un territorio già tutto jugoslavo, ma quel giorno anche la nostra città fu consegnata al dittatore e il 20 settembre i militari di Tito arrivarono anche a Brioni: mio padre, 37 anni, fu incatenato con altri due e portato via. Per molti mesi non sapemmo se fosse vivo o lo avessero gettato in foiba o fucilato, io con le mie cinque sorelline e la mamma aspettavamo chiusi in casa. Lo vedemmo tornare alla fine del ’48: avevo 8 anni ma non capii che era lui, era partito di 90 chili e ne pesava la metà, la mamma lo riconobbe dagli occhi. Brioni divenne la residenza di lusso di Tito, vietatissima e blindata, e noi con i nostri mobili fummo scaricati sul molo di Pola, dove entrammo in una delle migliaia di case lasciate vuote dai polesani fuggiti. Tutta Pola era una città fantasma e Tito la riempiva facendo arrivare macedoni, montenegrini, bosniaci, serbi dalla Jugoslavia.

Dov’era sparito suo padre in quei mesi?

Solo dopo anni ci raccontò che era stato internato a Goli Otok (Isola Calva), il gulag in pieno Adriatico. L’inferno in terra. Ma appena tornato, nel '48, fu deportato per anni ai lavori forzati all'interno della Jugoslavia, naturalmente senza stipendio, in schiavitù. Tutto questo durò fino al 1952, quando finalmente anche lui ebbe il permesso di venir via con noi.

Chi tornava da Goli Otok – sempre che avesse ancora il senno – non ne faceva parola per tutta la vita.

Bastava il sospetto di aver raccontato qualcosa e si veniva rispediti a Goli Otok. Lì migliaia di schiavi spaccavano pietre per spostarle da una parte all’altra dell’isola e poi viceversa, fino a impazzire. Non esistevano i bagni ma pozzi larghi dieci metri e tutti intorno a defecare, chi non era veloce veniva colpito alla schiena e lasciato cadere dentro il pozzo. Mio padre vide compagni di sventura morire negli escrementi. Mangiavano una volta al giorno una tazza di brodo di verza con dentro farina gialla e una galletta: la speranza era la pioggia, allora uscivano le lumache e le inghiottivano così com’erano. Tutto era top secret, solo la Ozna, la polizia politica di Tito, aveva la lista dei prigionieri (ancora oggi occultata) e il numero dei morti si stabiliva contando le gavette abbandonate. Ma tutto questo papà lo ha raccontato solo a 57 anni, prima di morire per le conseguenze delle torture: era il 1967, la guerra era finita da 12 anni, e noi eravamo ancora in campo profughi a Cremona. Intanto il resto d’Italia si godeva il boom economico.

Come vivevate a Pola, nei lunghi anni in cui vostro padre era ai lavori forzati?

Mia mamma accettò un lavoro che non voleva nessuno, faceva le pulizie nel reparto tubercolotici, ricordo noi sei in fila seduti sul muretto ad aspettarla a fine turno, quando la notte usciva dall’ospedale con gli avanzi dei malati. Fingeva sempre di non avere fame e dava il meglio a noi... Ma era troppo poco, così io e una mia sorellina andavamo a nostro rischio nei cantieri navali con un carretto a grattar via la corteccia dai tronchi usati per la costruzione delle navi, e questo ci permetteva di scaldarci e cucinare. Poi alla stazione dei treni raccoglievamo da terra con una spazzolina i residui di zucchero, farina, caffè usciti dai sacchi, mentre nelle caserme cercavamo i rifiuti per portarli a una donna che aveva i maiali in cambio di due uova, un mazzetto di radicchio e un po’ di lardo. Vivevamo nella paura, pensi che mia mamma per proteggerci esponeva come tutti alla finestra la grande foto di Tito con scritto “Zivio Tito, sloboda narodu, smrt fašizmu”, viva Tito libertà al popolo morte al fascismo. Con un marito ai lavori forzati! Altro che libertà al popolo, era una dittatura feroce. Io non ho mai avuto un’infanzia, le elementari le ho finite a 16 anni e proprio a scuola avvenne il dramma delle mie due identità, uno sdoppiamento che mi perseguita ancora oggi.

In che senso lei ha due identità?

Sono nato Bruno Blasco e così mi chiamavo nel 1946 in prima elementare. Dall’anno dopo – arrivati i titini – ero Blascovich, cognome slavizzato, ma io bambino ero confuso: perché avevo due pagelle con cognomi diversi? Chi ero io? E perché ora ero sbattuto sempre in ultima fila, chiamato “il fascista”, con le braghe e le scarpe bucate, accerchiato e pestato dai nuovi compagni arrivati da regioni lontane della Jugoslavia? È un incubo ancora ricorrente nelle mie notti e d’altra parte ancora un mese fa in Piemonte l’addetto al rinnovo della mia carta d’identità mi ha chiesto se fossi un extracomunitario, visto il cognome. Poi vedendo la sigla PL di Pola mi ha segnato come polacco. Abbiamo tanto penato per raggiungere la nostra Italia e ancora peniamo.

Nel 1952 l’addio definitivo a Pola e alla casa. Che cosa ricorda?

Due guardie di Tito, armate e con la stella rossa sul berretto, aspettavano che consegnassimo le chiavi di casa e intanto litigavano per chi si sarebbe preso il grammofono. Fuori casa c’era già un gruppo di bosniaci pronti ad occupare i nostri letti, gli armadi, le care stanze. La porta che si chiude, con l’addio per sempre alle mie cose, è l’altro incubo che mi insegue. Ci impedirono di prendere qualsiasi oggetto, persino le foto appese al muro del matrimonio dei miei e di papà Granatiere a cavallo a Roma durante il servizio militare. Io allora avevo 12 anni e chiesi a mia mamma perché dovessimo lasciare lì le nostre cose, ma lei fingendo mi assicurò che saremmo tornati, così corsi nell’orto, sfilai dal muretto a secco una pietra ben precisa e dietro ci nascosi il mio unico tesoro, tre s’cinche, in dialetto istriano le biglie di vetro che avevo sempre in tasca, e con cui giocavo. Poi tutti e otto andammo mestamente a prendere il treno, ognuno di noi tratteneva l’angoscia per non rattristare gli altri, ricordo che mi chiusi in un vespasiano di fronte alla stazione per guardare l’Arena romana dall’inferriata e poter piangere in pace.

Ma fino all’ultimo fu terrore vero...

Furono momenti concitati. Le guardie cercarono di tirare giù dal convoglio papà, che per difesa prese in braccio due mie sorelline, poi finalmente il treno si mosse. Va detto però che per noi bambini era anche un’avventura eccitante: non eravamo mai saliti su un treno! Ricordo che la mamma durante il viaggio chiese dove fossimo e io, guardando dal finestrino, le risposi che eravamo a “Chlorodont”: era un famoso dentifricio, ma vedevo per la prima volta i cartelloni pubblicitari e credevo fosse il nome di un paese.

Finalmente l’arrivo a Gorizia, nella famosa Stazione Transalpina dove dal 1947 era stato eretto un “muro” come a Berlino.

È vero, di là l’Italia e la libertà, di qua la Jugoslavia e il comunismo. Ed ecco il terzo ricordo che torna nelle mie notti: appena superato il confine, a metà piazza papà si buttò a terra a piangere come un bambino, era riuscito a portare in salvo i suoi figli. Da lì andammo per cinque mesi a Udine nel campo di smistamento profughi, poi fummo mandati all’Aquila per tre anni, dove ricevemmo una balla di fieno per riempire i pagliericci. Dividevamo con altre famiglie lo stanzone di una caserma dismessa, non avevamo sedie né tavoli, mangiavamo seduti sul giaciglio, minestra, mortadella, frutta… le assicuro che per me quello era un hotel a cinque stelle, anche se invece di andare a scuola lavoravo per aiutare la famiglia. Poi finimmo al campo profughi di Cremona altri tre anni, dove ho fatto il calzolaio, il fruttivendolo e le corone da morto per il fioraio, e a 16 anni sono entrato in fabbrica. In seguito a Cremona fondarono il Villaggio Istriano e finalmente avemmo un tetto: lì vivevamo benino, tutti si parlava il nostro amato dialetto e grazie a quel suono meraviglioso potevamo illuderci di essere ancora a Pola. Pensi che dopo i vent’anni, ormai “piemontese” e realizzato, andavo in ferie a Trieste solo per stare seduto in silenzio nelle osterie a sentire il mio dialetto, ero ingordo di quella musica.

Quando tornò la prima volta nell’Istria jugoslava?

Era il 1965, in Piemonte mi ero innamorato della mia futura moglie e volevamo sposarci, ma ce lo impediva la questione dei due cognomi, ero Blascovich o Blasco? Così sono andato a Fasana a recuperare il certificato di battesimo. Da lì guardavo col canocchiale la mia casa di Brioni, a rischio di essere arrestato. Ci andava Sofia Loren ospite di Tito e non potevo io! Poi ho bussato alla mia casa di Pola per chiedere la cortesia di riprendermi le s’cinche 13 anni dopo la partenza, ma mi hanno scacciato, «Cos ti vol? Va’ via, fascista»... Ma questo è il passato, oggi sono un padre e un nonno felice, con le mie sole forze ho assicurato un futuro ai miei cari, ho dato lavoro a tanti dipendenti e tutti mi hanno voluto bene.

Ha mai provato odio per i vostri persecutori?

Mai, sono un uomo di pace. La cosa che mi manda in bestia oggi è quando mi danno del fascista in quanto esule istriano: a parte che ero solo un bambino, ma poi tutta l’Italia era sotto il fascismo, mica solo l’Istria, dunque tutti gli italiani di oggi sarebbero fascisti? Il peggio è che coloro che neofascisti lo sono davvero ci considerano dei loro, ci prendono a braccetto, ci usano. Insomma, da una parte e dall’altra siamo ancora strumentalizzati. Non mi interessa la politica, ma senza Mussolini oggi io sarei nella mia casa in Istria e non dovrei raccontare questa tragedia.

Cosa prova quando vede tanti bambini nei nuovi campi profughi di oggi?

Mi immedesimo totalmente in loro, chi ha conosciuto la miseria sa bene cosa significhi non avere infanzia, essere disprezzati, considerati stranieri, non andare a scuola. Per questo, aiuto sempre le famiglie di bravi immigrati che hanno bisogno.

A 84 anni qual è il sogno nel cassetto?

Uno l’ho già esaudito: nel 2019 dopo 70 anni ho riunito le mie sorelle, che abitano all’estero, davanti alla casa di Brioni. Non siamo riusciti ad entrare perché oggi è la residenza estiva del presidente della Repubblica croata, ma l’emozione è stata indescrivibile, quanti pianti! L’ultimo desiderio ora è chiedere che mi vendano la mia casa di Pola, sfilare quella pietra nell'orto e recuperare le s’cinche. Senza dubbio sono ancora là e non esiste per me tesoro più grande. E poi incastrata sotto il fondo della scrivania avevo anche nascosto la prima lettera d’amore della mia vita perché le sorelline non la leggessero... se i nostri mobili ci sono ancora, c’è anche lei.



8.2.25

diario di bodo 102 anno III wanda processo sommario a Sinner, i Lego sono omofobi e sessisti ? , finalmente il razzismo sportivo viene punito daspo per una tifoa delbasket , mia riflessione sul perdono

 

in sottofondo   
Just The Way You Are (from Old Grey Whistle Test) -Billy Joel




È scorretto che il numero 1 della Wada faccia dichiarazioni pubbliche a due mesi dal processo sportivo dell'anno contro Sinner (è l'accusa).C'è l'arroganza di chi esercita il potere . Ma  quello che     ancora   più delirante la motivazione che lo porta a dire perché Sinner merita condanna. Si sostiene che uno sportivo deve ledere i più naturali diritti dell'uomo nei confronti del suo team, invaderne totalmente la privacy e conoscerne ogni azione, h24.  E  poi   Sinner   gli   ha  licenziati  per  pressapochismo   . Nemmeno un stato totalitario è così delirante.


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Stavolta ,  non importa    se  tale  riflessione    viene  d  destra ,   ha  ragione  .  Siamo   arrivati  a  considerare   un  semplice  gioco unisex    come  i Lego  fonte  di traviamenti   patriarcale    e  omofobico  .  Ora    va bene    essere gi stereotipi del genere  e   contro il patriacarto ed il sessimo   ma  qu si  sta   degenerando    ,  lasciamoli  giocare  in  pace i  bambini \  e ,  lasciamoli   liberi     da tali degenerazioni ideologiche   .


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Quallche giorno fa c'è stato un grave episodio di razzismo sportibo . Esso si è verificato durante una partita di basket femminile Under 19 a Rimini, dove una cestista è stata insultata da una spettatrice che le ha urlato "scimmia". La donna, madre di due giocatrici del team avversario, stava trasmettendo l’incontro in diretta su Facebook. Il video, poi rimosso, si è diffuso rapidamente tramite chat private. La
giocatrice, dopo aver udito l’offesa, ha reagito cercando di affrontare la donna ed è stata espulsa dal match. La squadra riminese ha deciso di sporgere denuncia, mentre il club cesenate ha condannato il gesto, sottolineando che la spettatrice non è affiliata alla società. Ieri è arrivata la decisione in merito la ragazza dell'Under 19 dell’Under 19 del Rimini Basket che ha reagito, forse certo in maniera eccessiva ( ma sfido chiunque riceva un insulto del genere riesca difficilmente a porgere l'altra guancia ) agli incommentabili insulti razzisti da parte della madre di una giocatrice avversaria.Non riceverà nessuna squalifica . In compenso, la madre razzista è stata denunciata e ha ricevuto un Daspo di due anni.È finita così. Un degno finale di una storia indegna  .
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concludo questo  n   d'oggi  con  una  riflessione    che  mi  è  ritornata  in mente   dopo la  visone  della  fictione  rai  (  qui  e  qui  la  mia recensione  )   sul  conte  di  montecristo  . ll perdono non cancella il passato, ma permette di costruire un futuro senza il peso dell'odio e dei rimpianti.

la maestra Tomasa e Pedrito di Tina Spagnolo dal gruppo facebook quando sbagli gruppo

 "Il primo giorno di scuola, la maestra signora Tomasa ha detto ai suoi alunni di quinta elementare che lei trattava sempre tutti allo stesso modo, che non aveva preferenze né maltrattava né disprezzava nessuno. Ben presto si rese conto di quanto sarebbe stato difficile rispettare le sue parole. Avevo avuto studenti difficili, ma nessuno come Pedrito. Arrivavo a scuola sporca, non facevo i compiti, passavo tutto il tempo a disturbare o dormire, era un vero mal di testa. Un giorno non ce l'ha fatta più e si è diretto verso la direzione.Non sono un'insegnante per sopportare l'impertinenza di un bambino viziato. Mi rifiuto di accettarlo più a lungo nella mia classe. Sono quasi le vacanze di Natale, spero di non vederlo quando torneremo a gennaio.La direttrice l'ha
ascoltata attentamente, senza dirle nulla, ha esaminato gli archivi e ha messo nelle mani di Donna Tomasa il libro della vita di Pedrito. L'insegnante ha iniziato a leggerlo per dovere, senza convinzione. Tuttavia, la lettura ha raggrinzito il suo cuore:
La maestra di prima elementare aveva scritto: "Pedrito è un bambino molto brillante e amichevole. Ha sempre un sorriso sulle labbra e tutti gli vogliono molto bene. Consegna i suoi lavori in tempo, è molto intelligente e applicato. È un piacere averlo nella mia classe”.La maestra di seconda elementare: "Pedrito è un alunno esemplare con i suoi compagni. Ma ultimamente è triste perché sua madre soffre di una malattia incurabile”L'insegnante di terza elementare: "La morte di sua madre è stata un colpo insopportabile. Ha perso interesse in tutto e passa il tempo a piangere. Suo padre non si sforza di aiutarlo e sembra molto violento. Penso che lo stia colpendo. ”L'insegnante di quarta: "Pedrito non mostra alcun interesse in classe. Vive a disagio e quando cerco di aiutarlo e chiedergli cosa gli succede, si chiude in un mutismo disperato. Non ha amici ed è sempre più isolato e triste"Poiché era l'ultimo giorno di scuola prima di Natale, tutti gli alunni hanno portato a Doña Tomasa dei bellissimi regali avvolti in fogli raffinati e colorati. Anche Pedrito gli ha portato il suo avvolto in un sacchetto di carta. Donna Tomasa sta aprendo i regali dei suoi studenti e quando ha mostrato quello di Pedrito, tutti i compagni si sono messi a ridere vedendo il suo contenuto: un vecchio braccialetto a cui mancavano alcune pietre e un vasetto di profumo quasi vuoto. Per tagliare al meglio con la risata degli alunni, Donna Tomasa si è messa con piacere il braccialetto e si è versata qualche goccia di profumo su ogni bambola. Quel giorno Pedrito è rimasto l'ultimo dopo la lezione e ha detto alla sua insegnante: "Dona Tomasa, oggi lei profuma come mia madre"Quella sera, da sola a casa sua, Donna Tomasa pianse a lungo. E decise che d'ora in poi, non solo avrebbe insegnato ai suoi studenti lettura, scrittura, matematica... ma soprattutto che li avrei amati e li avrei educati il cuore. Quando tornarono a scuola a gennaio, la signora Tomasa arrivò con il braccialetto della mamma di Pedrito e con qualche goccia di profumo. Il sorriso di Pedrito è stata una dichiarazione di affetto. La semina di attenzione e affetto di Doña Tomasa ha fruttificato in un crescente raccolto di applicazione e cambiamento di comportamento di Pedrito. A poco a poco, tornò ad essere quel bambino applicato e lavoratore dei suoi primi anni di scuola. Alla fine del corso, Doña Tomasa ha avuto difficoltà a rispettare le sue parole secondo cui tutti gli alunni erano uguali per lei, poiché provava una evidente predilezione per Pedrito.Passarono gli anni, Pedrito andò a continuare i suoi studi all'università e la signora Tomasa perse i contatti con lui. Un giorno ricevette una lettera dal dottor Pedro Altamira, nella quale gli comunicava che aveva terminato con successo gli studi di medicina e che stava per sposare una ragazza che aveva conosciuto all'università. Nella lettera lo invitavo al matrimonio e lo supplicavo di essere la sua madrina di nozze.Il giorno del matrimonio, Donna Tomasa ha rimesso il braccialetto senza pietre e il profumo della mamma di Pedrito. Quando si sono incontrati, si sono abbracciati molto forte e il dottor Altamira gli ha detto all'orecchio: "Devo tutto a lei, Donna Tomasa". Lei, con le lacrime agli occhi, gli rispose: "No, Pedrito, la cosa è successa al contrario, sei stato tu a salvare me e mi hai insegnato la lezione più importante della vita, che nessun professore era mai stato capace di insegnarmi all'università: mi hai insegnato a fare l'insegnante".

Che palle adesso anche per il bullismo e cyberbullismo fanno una giornata . A quando una giornata del silenzio ?

 Ho scoperto solo oggi che c'è  il  7 febbraio era ( che palle  con questa giornate celebrative e puli coscienza dovrebbero fare giornata  del silenzio o della mon giornata  ) la  giornata contro il bullismo e cyberbulismo .

  

Non saprei cosa dire . Suggerisco però questi due libri 


I SOGNI  HANNI LA TESTA DURA di Elena  Buccoliero

Le storie raccolte in questo libro, tratte da articoli pubblicati da Elena Buccoliero sul blog on line di Azione Nonviolenta “Prima le donne e i bambini”, nascono dall’esperienza dell’autrice maturata durante il periodo di servizio come giudice onorario al tribunale per i minorenni di Bologna, dal suo impegno con insegnanti, adolescenti, tutori volontari per il Comune di Ferrara, dalla Fondazione emiliano-

romagnola per le vittime dei reati.Sono affidate al lettore non con la presunzione che la visione dell’autrice sia esaustiva e offra un punto di vista oggettivo, ma come semplice stimolo a nuove riflessioni. Non smarrire la traccia dei pensieri è azione necessaria non solo per sé ma anche per altri quando la cronaca riconsegna eventi o singoli episodi analoghi. Il filo tematico che ordina i testi definisce capitoli che si reintrecciano di continuo. Nella raccolta si attraversano diverse “stanze” che affrontano temi quali la tutela dei bambini, la violenza sulle donne e quella assistita dai figli, la migrazione e l’intreccio tra culture, il coronavirus con il suo impatto sferzante sulla vita di ognuno, gli adolescenti (il bullismo, la scuola, la giustizia penale minorile…). Ogni pagina è una finestra sul nostro mondo e sul mondo, alla ricerca di ciò che sa renderci umani e capaci di accogliere l’umanità dell’altro.

 




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RESISTENZA E NONVIOLENZA  CREATIVA  a cura di Laura Tusdo con introduzione  di Alex Zanotelli


Stiamo vivendo in una congiuntura storica del tutto paradossale: ogni giorno si fa sempre più vicino l'eco del conflitto russo-ucraino e le grandi potenze, invece di perseguire la politica del disarmo inaugurata negli anni '70, corrono invece verso un implemento del proprio arsenale atomico, come in una macabra gara il cui unico traguardo possibile è l'armageddon nucleare. La Cina infatti possiede 200 ordigni, ma entro il 2030 vorrebbe raggiungere il migliaio; gli Stati Uniti hanno già 3000 bombe pronteal lancio e lo storico rivale, il Cremlino, ne ha almeno altrettante puntate verso ovest. Varie altre nazioni, a volte dette potenze secondarie (come se questo potesse sminuirne la pericolosità), possiedono la tecnologia per la bomba atomica o stanno addirittura accrescendo il loro armamentario. Basterebbe un minimo incidente per far saltare tutto, conducendo la razza umana all'estinzione su questo pianeta. Ecco perché diventa importante fare informazione seria e soprattutto impegnarsi per divulgarla. Farsi veicolo di conoscenza, sensibilizzando le persone comuni, lavorando soprattutto sulle generazioni più giovani, è la strada maestra da percorrere per liberare il mondo intero dal fardello della distruzione nucleare. Prefazione di Alex Zanotelli.



7.2.25

c'è bisogno o non c'è bisogno di una seconda stagione per il IL CONTE DI MONTECRISTO CON SAM CLAFIN TRAMESSO DALLA RAI ?


Nato e  cresciuto   a  cavallo  tra  le     vecchie  (  remarke  ,  spin off  , ecc  )   e le  nuove     (  remarke  ,  prequel  , sequel  ,   reboot  ,  ecc )   tecniche cinematografiche  \  artistiche  e  nuovi  generi    :  fantasy, distopic,  ecc   non sono contro  la  creatività   e il creare     qualcosa  di nuovo   anche  ispirandosi  e  o  saccheggiando      come  dice  Bob Dylan  nel   8° epitaffio (da “11 Epitaffi abbozzati”) – Bob Dylan. Note di copertina in ” The times they are a-changin”” e pubblicato in Bob Dylan – folk, canzoni e poesie – Ed.New Compton

Sì, sono un ladro di pensieri
ma, vi prego,  non un ladro d’anime
Ho costruito e ricostruito
a partire da tutto ciò che era in attesa,
come la sabbia delle spiagge
da cui si costruiscono molti castelli,
a partire da quello cui era stato dato inizio
ben prima del mio tempo
[... ] 

 da  http://www.asiablog.it/2014/05/24/bob-dylan-ladro-di-pensieri/   e per  volesse  sapere  di  più su gli altri   10    qui    su   https://it.wikipedia.org/wiki/11_Outlined_Epitaphs      ultteriori  analisi  ed   dell'opera     







e  riabolare  attualizzare     non solo  nel  cinema  e    nella  tv ,  a ma  anche   nelle  altre  opere lartistiche  letterarie   (  rimanzi   ,  racconti , fumetti  ,  ecc  )  i classici e al passato  perchè  :  il fatto è che  purtroppo  non si riesce   ad inventare  qualcosa  di nuovo  da  quasi   duemila  ani . Ma  si rimescolano solo e  carte. Ogni volta  viene  un mazzo diverso  ma in fondo   il mazzo è semre  lo stesso  . L'importante  è  non perdere la voglia di giocare  ... di sedersi al tavolo con  i fuoriclasse   ed  appprezzare ii loro stile   e soprattutto non barare  ....  . Ma   accettare  il  fatto   che le fonti   d'ispirazione   (  il fuori classe ) hanno  un inizio ed  una fine    ed una  volta   usati   non possono  essere  a  meno che  non si stravolgono   e  snaturino   usati  ancora  .  È il  caso    del  discusso   Conte  di montecrisot  andato  in onda  sulla  Rai . Infatti  si è appena conclusa   è già   c'è già voglia della seconda stagione. Si  sta  parlando naturalmente della serie tv campione d’ascolti «Il conte di Montecristo», terminata con un record di ascolti il 3 febbraio su Rai1. Ispirata all’omonimo romanzo di Alexandre Dumas, la maxi produzione italofrancese ha raccontato l’avventura del protagonista Edmond Dantès, interpretato dall’attore Sam Claflin, che dopo molti anni riesce a mettere in atto il suo piano di vendetta contro le persone che lo avevano tradito.Una volta rivelata la vera identità del Conte, Fernand Mondego si suicida per la vergogna ed il rimorso, l'amata Mercedes ed il figlio di lei Albert intraprendono una nuova vita lontano da Parigi e lo stesso Edmond si prepara ad affrontare il suo futuro. Il finale rimane insomma fedele a quello del romanzo originale, e la scelta di Albert di non combattere contro Edmond è un simbolo di possibile redenzione e di un avvenire meno caratterizzato dall’odio.Esso  s'è concluso  con un finale    ovvio e  scontato   ( ne ho parlato qui )    che ha chiuso tutti gli archi narrativi principali, ma  molti spettatori  abituati alla serie  tv  suddivise  in stagioni   si chiedono ora se ci sia spazio per un  seguito.Se ci sarà una seconda stagione de Il Conte di Montecristo, che sarebbe se  si  ragiona in  termine   di  audiens  , più che giustificata visto l'enorme successo riscontrato   Ebbene, attualmente  per  fortuna  non ci sono conferme ufficiali, anche perché a ben vedere la serie è stata progettata come una
miniserie evento che comprende l’intera storia raccontata nel romanzo di Alexandre Dumas. Per questo motivo ai bene informati appare attualmente improbabile , meglio cosi  ,  che la produzione possa prendere in considerazione uno spin-off o una continuazione con una trama originale. D’altronde, ha un senso riscoprire i grandi classici, come per l’appunto la famosa storia del Conte di Montecristo, senza modificare  e stravolgere    troppo ancor peggio aggiungere qualcosa che esula dal racconto originale.Ma  soprattutto  si  sarebbero   anche  I tempi di realizzazione  che  lo impedirebbero   momentaneamnte  , Del resto, se mai ci dovesse essere un seguito, non potrebbe mai essere in tempi brevi. Considerando infatti i tempi di scrittura di una nuova sceneggiatura, da fare ex novo senza la traccia del romanzo originale e stando attenti a non tradire    stravolgere  lo spirito del romanziere originale, più quelli di produzione e post-produzione, non è possibile ipotizzare che l'ipotetica seconda parte possa vedere la luce prima del 2026 se non addiruttura 2027, considerando anche il tempo necessario a programmare e comunicare la stessa messa in onda. Tuttavia, i dati sono stati dirompenti, e nulla vieta purtroppo   che qualcuno ai vertici di Rai Fiction inizi già a pensarci. Per quanti si sono appassionati alle vicende del Conte, insomma, non resta che incrociare le dita ed attendere. Per me   la  serie  tv   ha stabilito un ritmo narrativo ben definito e ha lasciato il pubblico abbastanza   soddisfatto. Una continuazione potrebbe essere difficile da giustificare senza stravolgere la trama originale . Infatti L’avventura di Edmond Dantès si è conclusa con il finale della prima stagione, adattando fedelmente il romanzo. Per questo motivo, una seconda stagione richiederebbe una storia completamente originale, magari concentrandosi su alcuni personaggi secondari come Haydée o Albert de Morcerf. Un’altra ipotesi potrebbe essere l’introduzione di un nuovo arco narrativo basato sul tema della vendetta o sul ritorno di Edmond in un contesto differente. Tuttavia, meglio   cosi  , l’idea di espandere la trama originale non sembra essere nei piani degli autori. Resta da vedere se il successo della fiction potrà cambiare queste premesse., Volete  sapere cosa ne penso io. Da un lato, un'altra stagione potrebbe andare oltre la storia originale di Dumas, quindi c'è il rischio di non mantenere l'integrità della narrazione e stravolgerla. Dall'altro, se fatto con cura, potrebbe approfondire i personaggi e offrire nuove prospettive. Detto questo, la qualità dell'opera   mi fa credere ce il team creativo potrebbe continuare a sorprendere ed emozionare.In sintesi: sono curioso di vedere cosa potrebbero fare! E voi ? Vorresti vedere una seconda stagione?   Sarebbe   interessante pensare a come potrebbero svilupparsi ulteriormente i personaggi e le trame. Una continuazione potrebbe esplorare nuove avventure, magari introducendo nuovi antagonisti o approfondendo le storie personali dei personaggi principali. Tuttavia, sarebbe importante mantenere l'essenza del romanzo originale di Dumas , come  è stato fatto  ,    a parte qualche  piccolo stravolgimentio  e  un finale  scontato ed  ultra prevvedibile   , rispettare i fan della storia classica. Chi vivrà vedrà 

provo a riboicottare l'ormai logoro e stantio festival di san remo

 lo  so  che   il mio   sarà un gesto snobbistico  e  estinato al fallimento come   m'era successo   quando ci provai tempo  fa  ,    perchè  a i tempi   in cui    non esistono più i media di  ua  volta  quando  il  boicotaggio  era  più  semplice ma  soprattutto  perchè  Il festival  è  talmente 


radicato  nella  cultura  (  sotto   cultura  )  nazionale    che     a  anche     se  lo si  odia     se ne  parla   e  si  commenta lo stesso  ,  proprio come il calcio e certe  trasmissioni televisive  . Ma  quest'anno   voglio sfidare me stesso e   fare  come  fecci ( quasi riuscendoci  )    che boicottai  per  motivi  etico \  morali  i mondiali    di calcio del 2022   non  ce l'avevo  con  gli abitanti proverò a  fare  lo stesso     anche se  sarà   più difficile  visto che :  1)  san remo e san remo  .,2)  ovunque  se   ne  parla  . Infatti , una  volta    tanto  quel  vecchio trombone  di Vittorio  Feltri ha     ha  ragione   , perchè   : <<  Anche cambiando canale, prima o poi te lo becchi. È così invadente che viene voglia di sparare al televisore. >> .  avendo  letto i  testi    la  maggior  parte  delle canzoni  sembrano scritte da ragazzini che fischiettano per strada. Uno dei bersagli principali di Feltri è il ruolo crescente dei rapper nel Festival, considerati i principali responsabili del suo declino artistico:    i rap   \ trap  Non cantano, parlano. È una deriva che dimostra il decadimento culturale della musica italiana. In pate   è vero    però    ci sono   anche    se    è come cercare  perle  in  mezzo alla  merda     pezzi  bellissimi  come     erore    di  caparezza   o  la  versione  rap  di  Generale  di  de  Gregoiri  rifatta      da Anastasio  qui il  sublime testo   
Secondo il giornalista, Sanremo sarebbe diventato una sorta di “sagra dell’analfabetismo musicale”, privo di interpreti capaci di emozionare.  on ha  tutti  i torti   .  Ma non  è solo  quello   .ormai il  festival  di San remo   ,   da  40 anni  a questa  parte  ,  è  un festival     dei soliti noti   salvo qualchje  emergente   \  nuove  proposte  messe  li    come  contorno  .  Le parole di Feltri si inseriscono in un dibattito sempre acceso sulle scelte artistiche di Sanremo e sul peso crescente del rap e della trap nel panorama musicale italiano.Mentre il Festival si prepara a debuttare sotto la guida di Carlo Conti, l’attacco del giornalista conferma come l’evento continui a dividere l’opinione pubblica tra chi lo considera una celebrazione della musica contemporanea e chi, come Feltri, lo ritiene un simbolo del suo declino.Uno schifo assoluto, per fortuna esiste lo scettro, ovvero il telecomando che magicamente schiacciando vari tasti ti teletrasporta su altri canali, poi c'è lo stereo, alla sera si possono ascoltare vari vinili, o  cd  magari leggendo un buon libro.   le  web  tv  . Oppure  .....  fare  l'amore   .  L'idea che siamo tutti idioti che per forza dobbiamo stare davanti allo schermo della tv e guardare il peggior programma disponibile, non penso sia aderente alla realtà. Si può andare anche a fare una passeggiata, le sere passate c'erano anche delle belle stellate ... ce ne sono di cose migliori da fare . 


Per il momento sto resistendo  alla pubblicità  usando  l'unica aŕma che abbiamo a disposizione  per la tv il telecomando 

6.2.25

ISCRIVERSI A UN CORSO DI DIFESA? È UNA BUONA IDEA. come difendersi se aggrediti alle spallle Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XVIII


Leggendo le diverse puntate del : Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco pubblicata dal settimanale giallo mi sorta la domanda : A cosa serve la difesa personale? la risosta che mi sono dato è ovvia e scontata cioè per non fare mettere i piedi in testa da nessuno e difendersi se ti aggrediscono . Cosi ho accontonato la cosa . Ma due giorni dopo nell'ultima puntata del Manuale di autodifesa ...... ho trovato , coincienza o casualità una risposta dettagliata che mi ricorda lezioni del maestro Miyagi. - The Karate Kid (The Karate Kid) I diretto da John G. Avildsen. Infatti  secondo   Antonio Bianco 

Prima di tutto si tratta di una disciplina psicomotoria, preziosa perproteggersi da qualsiasi evento di minaccia messo in atto sia con armi sia a mani nude. È inoltre uno strumentodi aggregazione sociale e per la consapevolezza di quelli che sono i limiti di ciascuno di noi. Ancora, si tratta di una disciplina adatta anche alle persone non più giovanissime, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico. La difesa personale stimola infatti la memoria, i riflessi e riattiva il fisico in ogni sua parte, a patto che non ci siano problemi di salute gravi. La necessità di doversi difendere da eventuali aggressioni o semplicemente di saper affrontare con prontezza possibili situazioni di molestia è purtroppo unsiesigenza sentita da molte persone.
In ragione della mo l t e p l i c i t à delle situazioni che si possono verifcare, lo studio e la pratica dell'autodifesa personale dovrebbero svilupparsi con tecniche semplici, con una preparazione mentale all'imprevedibilità delle azioni, con fluidità, con la consapevolezza che nulla può essere assoluto, con attenzione minuziosa all'unicità di ogni allievo e con una grande puntualizzazione sull'equilibrio. La pratica assidua della difesa personale costringe ognuno, prima o poi, a fare i conti con se stesso: chiunque avverte infatti lo stress o legame tra corpo e anima, il vincolo causale tra i movimenti del corpo e la propria personalità. Si può decidere se indirizzarsi freddamente al più puro tecnicismo, oppure afferare l'occasione di conoscere se stessi. Praticare la difesa personale è innanzitutto spogliarsi del vissuto quotidiano, di pregiudizi, maschere e ansie, e indossare l'nsegnamento impartito con semplicità, vale a dire l'accettazione delle nostre identità, con i nostri pregi e le nostre qualità.La sfida sta nel far uscire allo scoperto la parte più nascosta di noi stessi.
Infatti  non esiste ( o almeno dovrebbe🙄😜🧠 ) competizione se non quella sana di ciascuno con se stesso per migliorarsi e superare i propri limiti; è importante credere nelle proprie capacità, senza ostentazione, e avere in mente che il primo avversario si nasconde sempre dentro di noi

5.2.25

COME ROVINARE UNA FICTION PROMETTENTE CON UN FINALE PREVVEDIBILE IL CONTE DI MONTECRISTO CON SAM CLAFIN TRAMESSO DALLA RAI


  Per   parafrasare  un  famoso  saggo  di  Umberrto  Eco   che in   Elogio del Montecristo in Su gli 
specchi e altri saggi, Milano, Bompiani, 2001 affermava   << [....]   Il Conte di Montecristo è senz'altro uno dei romanzi più appassionanti che siano mai stati scritti e d'altra parte è uno dei romanzi più mal scritti di tutti i tempi e di tutte le letterature.  [....] >> sul  conte  di  motecristo  di  Dumas  Padre., la  serie tv è  fatta benissimo  e  malissimo allo stesso  tempo  .
Scritto  Benissimo 
Tale     riadattamernto   del conte di monte cristo di Dumas padre ha  trasmesso  ed  esplorato  anche    se   sinteticamente   con notevoli differenze   con  il romanzo   (   qui  la  trama  del  romanzo     ) ma  se   senza   togliere  nulla  o  quasi    ad esso  .   Tratta     in maniera    sublime   i temi della  vendetta  , della  redenzione, rimanendo fedele    al romanzo di Alexandre Dumas, e ha presentato un cast di attori talentuosi   e  compresi  alcuni  esordienti  .  Infatti  ha suscitato emozioni forti tra i fan  e  non con molti che hanno elogiato la qualità della produzione e l'interpretazione degli attori . Infatti ha conquistato milioni di spettatori che fedelmente, episodio dopo episodio, hanno seguito rapiti le vicende di Edmond Dantès.  raggiungendo  nonostante sia  come  il  fil   andto  in onda  su canale  5  ,  tratto anch'esso dalla leggendaria opera letteraria  di Dumas   si tratta di due adattamenti completamente diversi, realizzati da team creativi ben distinti: la fiction Rai, composta da otto episodi, è stata diretta da Bille Auguste e interpretata dall'attore inglese Sam Claflin, ed è una produzione franco-italiana; il film cinematografico, invece, è una produzione Pathé pensata come un vero e proprio blockbuster europeo, sulla scia del successo dei film de I tre moschettieri con Vincent Cassel e Eva Green. La miniserie ispirata al capolavoro letterario di Alexandre Dumas, si presenta   quindi   come una produzione di altissimo livello. Dalla cura dei costumi all'ambientazione storica, tutto è stato realizzato con grande attenzione ai dettagli, regalando agli spettatori un'esperienza visivamente straordinaria e narrativa intensa.  sia  che   si   sia letto ( come  nel mio caso)  l'opera    di Dumas  Padre  Questo nuovo adattamento televisivo del celebre romanzo ha, sin dall'inizio, il pregio di essere curato
nei minimi dettagli, dalle scenografie ai costumi. Le location sono perfettamente in linea con l'estetica romantica: il maniero dell'Isola d'If, le scogliere e le ville del conte a Parigi sono solo alcuni esempi di ambientazioni che immergono lo spettatore nel contesto storico e culturale dell'Ottocento.Allo stesso tempo, la sceneggiatura è resa più incisiva e attuale. Emergono infatti i temi universali dell'ingiustizia e del desiderio di vendetta, esplorati anche attraverso l'influenza dell'opinione pubblica e della stampa per portare alla luce misfatti e truffe.La serie si distingue per un proprio stile e una propria identità narrativa, con scelte che non sempre aderiscono fedelmente al romanzo, suscitando alcune critiche da parte del pubblico, che tuttavia ha premiato l'adattamento con un grande seguito. La regia attenta di Bille August conferisce alla narrazione un ritmo lento e cadenzato, senza però mai far calare l'interesse dello spettatore. L'uso di brevi inserti didascalici aiuta a orientarsi tra le trame e sotto-trame di questa complessa costruzione narrativa. I flashback, inseriti nei momenti di maggiore tensione, non banalizzano l'opera, bensì facilitano la comprensione degli snodi principali, rendendo più chiari i significati profondi della vicenda.La scrittura è estremamente razionale: ogni elemento, inclusi i personaggi secondari, è funzionale alla scena e allo sviluppo del racconto. Man mano che si concludono i capitoli della vendetta, i personaggi lasciano la scena per sottrazione, senza dispersioni narrative. Lo stesso trattamento è riservato al personaggio di Haydée, la cui evoluzione porta a una variazione significativa rispetto al finale del romanzo, pur mantenendo intatta la morale della storia: l'amore come fonte di cura e resilienza.Adattare "Il Conte di Montecristo" è sempre una sfida ambiziosa, trattandosi di un'opera intramontabile, ricca di colpi di scena e personaggi complessi. Questa nuova versione si confronta inevitabilmente con i precedenti, come lo sceneggiato diretto da Edmo Fenoglio nel 1966 con Andrea Giordana, quello del 1998 di Josée Dayan con Gérard Depardieu e Ornella Muti, e il film di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, presentato fuori concorso a Cannes nel 2024.



Il cast internazionale è un altro dei punti di forza della serie, conferendole una dimensione corale e omogenea. Jeremy Irons è perfetto nel ruolo dell'abate Faria, mentre Lino Guanciale interpreta con ironia e carisma il brigante Vampa. Sam Claflin, nel ruolo del protagonista, restituisce un Edmond Dantès tormentato e serioso, ben centrato nel suo percorso di trasformazione-logoramento.

Particolarmente interessante è la metafora della vendetta come una forma di dipendenza: essa divora il protagonista, ma non lo ripaga degli anni di ingiustizia e reclusione.Funziona tutto, nonostante qualche ingenuità, come la mancanza di travestimenti: Edmond Dantès, quando si presenta come il misterioso nobile, non viene riconosciuto solo in base al tempo trascorso e agli abiti lussuosi.A  parte la  siua  amata    che  lo  riconosce  dalla     voce 
 Scritto  malissimo 
questa trasposizione televisiva presenta un difetto che non passa  anche  a  chi conosce  per  somi  capi il  romanzo  omonimo , inosservato: la velocità eccessiva del racconto. Essendo tratta da un romanzo molto lungo e complesso, la serie ha scelto di comprimere gli eventi. Per questo è arrivata alla terza puntata con un ritmo che, pur mantenendo alta l'attenzione,ha  rischiato  di disorientare lo spettatore. Gli episodi scorrono rapidamente, così come i personaggi e le loro vicende. Lascia, però, poco spazio per immergersi a fondo nelle relazioni e nei dettagli che sono invece l'anima del romanzo originale  e delle diverse  traspozioni    ciematografiche  in particolare  (   la  mia  preferità  è  il  contodimontecristo  Il conto Montecristo miniserie televisiva Italiana del 1997 diretto da Ugo Gregoretti, ispirata al celebre romanzo di Alexandre Dumas padre. La fiction andò in onda in prima visione su Rai 3 ogni domenica e martedì e che vede come attori Alessio Boni e Sergio Rubini ambientata fra il 1945\992 girata anche in sardegna  nella mia   provincia      poi  i gusti   sono gusti 😛😂😋 )    quella         è  grazie  a  d  essa  che  ho  letto spontaneamete  e non  obbligo  scolasticamente   il romanzo  . Il  finale   è   scontato    e  fin qui  niente  d'eccezionale   per chi   lha  letto ilromanzo    visto  le  altre traspoosizioni  cinematografiche  ma    è  stravolto    rispetto  all'opera  originale  . Ora  certo non bisogna pretenere che una trasposizione finisca esattamente come l'originale , ma quando asi tratta di un opera clasica della letteratura dovrebbe o essere uguale o quato meno avvicinarsi il più possibile all'originale . Ma qui .... . Per chi non ha letto o no ricorda il romanzo il regista sembra secondo molte recensioni preoccupato soltanto di rendere la sua opera facile da seguire. La sua regia perde completamente di personalità e inventiva, risultando didascalica e scolastica: non c’è alcuna ricerca stilistica né nell’illuminazione né nei movimenti di macchina, perché l’obiettivo è semplicemente permettere a un pubblico generalista – composto da giovani, adulti e anziani – di seguire la serie senza fatica, senza doversi impegnare in una visione complessa dopo una giornata di lavoro o di studio.


Comuque  per  me     che     ho  letto  :    alcuni estratti    in  francese  alle  superiori  alle  superiori e  successivamente    poi il romanzo  dove  la  trasposizione   cinematografica   prima    citata  . è   una  buona    trasposizione, ben    fatta  ,    dove  il riadattamento  all'attualità   e i  piccoli  stravolgimenti   \ licenze creative   (    a parte  il  finale  )      non  intaccano   ,  anzi  invitano  a  leggere  o rileggere  (  nel mio  caso  )   il romanzo  originale  . 
 Infatti   la serie si distingue per un proprio stile e una propria identità narrativa, con scelte che non sempre aderiscono fedelmente al romanzo, suscitando alcune critiche da parte del pubblico, che tuttavia ha premiato l’adattamento con un grande seguito. La regia attenta di Bille August conferisce alla narrazione un ritmo lento e cadenzato, senza però mai far calare l’interesse dello spettatore. Una  due  putate  in più  non    sarebbero  state  male  soprattutto   concentrandosi    un  po'  di più  sui  personaggi  di Mercedes  e  di  Haydée — Principessa albanese, comprata quale schiava da Edmond e, al termine della vendetta del Conte, sua futura sposa. Haydée era figlia di Alì-Tebelen, Pascià di Giannina.

Comunque    Da vedere   





 

4.2.25

il nuovo squadrismo è gettare fango ed esporre al pubblico ludibrio . il caso Lam Magok Biel Ruei, vittima e testimone delle violenze compiute dal generale Almasri che a denunciato i ostri ministri

 Il titolo poteva benissimo essere "La sinistra lancia il nuovo negro" che tanto non faceva clamore. Questa persona è uno sconosciuto, non si sa nulla di cosa fa e di come la pensa, ma basta un articolo per lanciare l'amo nel golfo degli idioti , analfabeti  funzionali  , e vedere quanti violenti e odiatori sono pronti ad abboccare. Che ci sia una campagna denigratoria verso la destra da  parte della sinistra, è innegabile. Ma fin quando c'era la sinistra al governo o il movimento 5 stelle, la destra non ha fatto diversamente. Molte   volte bisognerebbe uscire dalla forma mentis del nemico imposto per capire come migliorare il nostro mondo. La destra si batte contro l'immigrazione clandestina quando sono state le loro leggi, governo Bossi-Fini a creare questa forma di allarme . La sinistra si batte per gli immigrati, ma,  per  il  90  % , al solo fine di sfruttarli per i loro comodi più ignobili.


La verità di tutto ciò sta nel mezzo, e l'odio è veicolato dai mezzi stampa politicizzati e finanziati dai partiti. Siete voi stessi le vittime di questo sistema, i burattini d'odio della destra, dei  loro giornali   del razzismo e dell'inciviltà. Ma non lo comprenderete mai.






3.2.25

perchè il 10febbraio non sia solo motivo di propaganda , strumentalizzazione fascista

canzoni suggerite
  •  Magazzino 18 - Cristicchi
  •  esodo  -- Chiara Atzeni 
  • HAI MAI NOTATO CHE GLI ADDII  -- "

 Come ogni anno  da  oggi  dopo quella  della memoria   inizia la  settimana  del  il  giorno  del  ricordo   ovvero  il 10 febbraio   . 
Da  21   anni cioè   con  l'istituzione  della legge  legge 30 marzo 2004 n. 92, si ricorda giustamente una storia semi conosciuta ( eccetto studiosi specialisti, gli abitanti del friuli venezia Giulia, e in nazionalisti del Msi eredi di Fdi ) all'opinione pubblica nazionale il massacro delle #Foibe (pozzi carsici) e dell'esodo #giulianodalmata e #istriano, uno dei momenti tragici della 2°guerra mondiale soprattutto nell'Adriatico e nella ex Jugoslavia . 
Voglio inoltre ricordare a tutti gli amici che  mi suggeriscono libri sulle foibe scritti da gente di destra e nazionalisti    che per inquadrare meglio la storia: dovrebbero leggere un breve ma essenziale riassunto di non basarsi solo sul libro di Bernas  citato nel bellissimo  musical  magazzino 18 d  Simone  Cristicchi . Ecco  che  prima di toccare un argomento così delicato e dibattuto   ci  si dovrebbe   sforzare  di andare oltre la vulgata ufficiale del 10 febbraio e leggere o almeno sfogliare le pagine introduttive di "Foibe" di Giacomo Scotti (uno storico di tutto rispetto, di cui vale la pena leggere un'intervista a prescindere  dalla   sua ideologia  ).Tanto per capire la differenza, Scotti è uno che ha studiato la questione per decenni, e che - pur essendo senz'altro di sinistra e avendo vissuto a lungo in Jugoslavia - non ha mai risparmiato le critiche anche al regime di Tito tanto che è stato il primo a scrivere un libro sule  brutture    del  carcere     Titino   di  Goli Otok  (  foto sotto )


Questo Bernas invece è uno che per vendere il suo libro ha bisogno:

1) di infilare nel titolo le parole "fascisti" e "italiani", così tanto per allargare il target
2) di farsi fare la prefazione da Veltroni
3) di farsi fare la postfazione da Fini

Questo   si  che  è     riduzionismo   non  chi     vuole  ricordare e sottolineare che le grandi tragedie e sofferenze dei popoli, quelle stesse del giorno d’oggi, nascono dai nazionalismi alimentati dalle ambizione di sopraffazione e di dominio sugli altri» Il fascismo e il comunismo Titino  nel nostro caso 

A inquadrare nella giusta prospettiva la storia di quel periodo ha contribuito  tra  gli  altri anche lo storico Sandi Volk, che spesso è intervenuto anche https://www.antiwarsongs.org/ per sfatare alcuni luoghi comuni che circolano in Italia sulla storia della Dalmazia e di Trieste.
Il ricordo  ufficiale e della destra delle foibe non distingue le foibe del 1943 da quelle del 1947 e viene mescolato al periodo dell’esodo degli italiani. E’ singolare inoltre che dalle terre istriane, nei resoconti odierni, scompaiano ( salvo eccezioni dove vengono tratti en passant ) i nazifascisti e non si parli più delle loro stragi, dell’italianizzazione forzata e del razzismo anti-slavo che hanno alimentato la voglia di rivalsa, ma rimangano solo “italiani” contrapposti agli “slavocomunisti” di Tito.
13 luglio 1920 f
u incendiato dai fascisti il 13 luglio 1920, nel corso di quello che Renzo De Felice definì "il vero battesimo dello squadrismo organizzato" Il Narodni dom (in sloveno Casa nazionale, Casa del popolo) di Trieste era la sede delle organizzazioni degli sloveni triestini
Il Narodni dom in fiamme il 13 luglio 1920
, un edificio polifunzionale nel centro di Trieste, nel quale si trovavano anche un teatro, una cassa di risparmio, un caffè e un albergo (Hotel Balkan).
Il 21 settembre 1920 Mussolini rivendicò orgogliosamente gli incendi delle Case del Popolo di Trieste e Pola in un discorso incendiario al teatro Politeama Cescutti di Pol  dichiarando la necessità di estendere il territorio italiano “… sacrificando 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”: il fascismo di frontiera era utile per sedare le agitazioni sindacali e risolvere il “problema slavo”. 
La campagna di italianizzazione vera e propria iniziata nel 1922 impose il divieto di parlare in sloveno, la chiusura delle scuole “non italiane”, il cambio dei cognomi e della toponomastica; furono inoltre devastate le sedi operaie, chiusi i circoli culturali e le associazione sportive slovene. L’azione del governo fascista annullò l’autonomia culturale e linguistica delle popolazioni slave ed esasperò i sentimenti di inimicizia nei confronti dell’Italia.
All’epoca le foibe venivano già utilizzate dagli squadristi per far sparire le teste calde. Tra le due guerre mondiali, inoltre, gli esuli sloveni e croati dalla Venezia Giulia furono oltre 100.000.
Poi ci fu la brutale occupazione del 1941: l’Italia fascista era al seguito dei nazisti che invasero tutta la Jugoslavia. Seguirono stupri, massacri, bombardamenti e deportazioni di massa specialmente a danno di serbi e altre minoranze; violenze di cui l’esercito fascista fu parte attiva con la creazione di campi di concentramento come la Risiera di S. Sabba, a Trieste o il campo di Gonars a Udine. Alla fine della guerra la Jugoslavia conterà circa un milione di vittime di cui 300.000 direttamente attribuibili alle truppe d’occupazione italiane.
Dopo l’8 settembre del ’43, con le sorti della guerra rovesciate, con il fascismo in rotta e con una recrudescenza da parte dei nazisti, le popolazioni slave, oppresse dalla dittatura e dall’occupazione militare, ebbero modo insorgere in un complesso coacervo di motivazioni etniche, nazionali e ideologiche. L’esercito popolare e bande di irregolari intensificarono la lotta contro i simboli della dittatura: contro gerarchi del fascismo, camicie nere e civili collaborazionisti. Come in tutte le guerre ci furono anche vittime innocenti e all’interno dello stesso campo partigiano. Durante la guerra di liberazione dall’invasore avvennero centinaia di fucilazioni e una serie di infoibamenti il cui numero non è mai stato chiarito; non vogliamo fare la conta dei numeri, ma sono cifre che cambiano di anno in anno nei testi di propaganda delle destre post/neo-fasciste. Dopo la fine del conflitto bellico, nessun italiano criminale di guerra è stato processato.
Realtà storica testimoniata e documentata: un fenomeno complesso, con un prima e un dopo, che annualmente diventa un’arma di propaganda per gruppi e associazioni che si rifanno idealmente e/o politicamente al fascismo, alla repubblica di Salò o che fanno direttamente apologia del nazismo; movimenti che riducono tutto all’”odio slavo-comunista contro chi aveva la colpa di essere italiano”; quegli italiani che, a dispetto dei massacri compiuti in Libia, Etiopia e Grecia, sembrano essere sempre brava gente.
Chiunque decida di prendere in considerazione la questione delle foibe deve tenere conto di questo contesto: non per negarle o per ridurne l’importanza, ma per comprenderle. Chi invece rivendica platealmente l’eredità ideale del fascismo e della Rsi, quando parla di “foibe”   dovebbe   se  ha   coraggioe  coerenza  rivendicare anche l’italianizzazione forzata, la dittatura, la ferocia della guerra e i massacri subiti dal popolo slavo: una vergogna d’Italia che non si cancella nemmeno settant’anni dopo.
Ma purtroppo, invece di essere motivo di studio serio per non ripetere gli errori passati, e capire come ci si è arrivati e le conseguenze fino alla fine della guerra fredda , è motivo di propaganda e di orgoglio, riduzione delle responsabilità e scaricabarile solo sui comunisti o per i fascisti e per certa sinistra non comunista . Vediamo di capire cosa furono e come inquadrarle è fondamentale affrontare questo tema con rispetto e sensibilità, evitando generalizzazioni e semplificazioni.
Quindi le foibe si posso dividere in due fasi la prima non necessariamente comunista in quanto fu anche una rivolta popolare avvenute fra il 25 luglio e l'8 settembre dove i cadaveri di fascisti e collaborazionisti uccisi dai partigiani italiani e jugoslavi si mescolano con le vendette e con la reazione ( non giustificabile perchè sempre di violenza e d'abberrazione si tratta ) alla pulizia etnica e razziale del fascismo e del nazismo ., la seconda fase cioè quella totalmente comunista avvenuta da quando le forze Tito entreranno , il 1 maggio 1945 a Triste dove le foibe continuano ad essere utilizzate per seppellire i cadaveri di fascisti e collaborazionisti uccisi dopo la liberazione dell'Italia insieme a quei partigiani slvined italiani chevosarino criticare tito e le sue mire espansionistiche 



Le uccisioni avvennero in un contesto di ostilità conclusa, e spesso sono state interpretate come atti di vendetta o giustizia sommaria  da  alcuni d'altri  come  puliia  etnica   da parte  slava     in quanto  bastava  per   essere   italiano secondo slcunino dissidente e critico verso toto   per   essere   inquadrato come  nemico  del  popolo e  come    fascista  per  finirci dentro  .
 In sintesi, la principale differenza sta nel contesto temporale e politico: le foibe del 1943 sono legate alla fase di guerra  cioè al controllo   del  fascismo  e occupazione tedesca, mentre quelle del 1945 sono legate alla fase di fine ostilità e liberazione. Poi seguira  l'esodo ,  la  divisione  in  due   della  zona  di trieste    e  il Memorandum di Londra del 1954  e  fino al 10 febbraio   1994 la  congiura  del  silenzio salvo  alcune    voci   libere insieme  ai nazionalisti   e  ai fascisti    Quindi    Se si vuole arrivare ad una vera riconciliazione si deve avere una storiografica scevra il più possibile   dalle ideologie. Questo è raccontare la storia. Usare certi episodi e tacerne altri per mera propaganda equivale a seminare odio.  Inoltre   e  qui  concludo   Se non si ricordano anche le cause, si racconta una storia a metà.
Per  chi  volesse  approfondire   tali argomenti  cosi  complessi   e  " divisivi  "       ancora     a  quasi 80  anni dal tratto di pace  del 1947  e 60 anni  1954   dalla  soluzione    della questione  di triste    ecco  alcuni  link  a  360°   o quasi

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

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