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11.3.25

La nonna ha un malore in casa: nipote di 12 anni le salva la vita con un massaggio cardiaco



È riuscita a mantenere il sangue freddo senza farsi prendere dal panico, con una prontezza invidiabile per la sua età, ha salvato la vita della nonna. Arianna, 12 anni, ha messo in pratica le nozioni apprese durante un campo estivo di primo soccorso, riuscendo a rianimare l’anziana che non riusciva più a respirare. La notizia è stata riportata dalla Gazzetta di Parma.L'episodio si è verificato alcuni giorni fa nel parmense.

 La nonna di Arianna era appena rientrata a casa e stava mangiando quando, all'improvviso, ha smesso di respirare a causa di un’ostruzione delle vie aeree. Impossibilitata a chiedere aiuto a voce, è corsa nello studio dove si trovava la nipote, cercando di attirare la sua attenzione con un gesto disperato.
Arianna ha subito compreso la gravità della situazione. Senza lasciarsi sopraffare dalla paura, ha chiamato il 118 e, seguendo le indicazioni degli operatori sanitari, ha iniziato a praticare il massaggio cardiaco. Una manovra che aveva già visto eseguire durante un'attività formativa estiva, rivelatasi ora fondamentale per salvare la vita della nonna.Mentre la ragazzina proseguiva il massaggio, sul posto è arrivata l’automedica. I sanitari hanno preso in carico la donna, riuscendo a farle riprendere la respirazione. Prima di essere trasportata in ospedale, l’anziana ha salutato Arianna con un cenno della mano, segno della sua riconoscenza e del sollievo per lo scampato pericolo.



“Come si può criticare una mostra senza averla neppure visitata?” il caso dello scontro tra Gabriele Simongini,curatore della mostra alla GNAMC di roma sul futurismo e ,Leonardo Clerici Marinetti nipote di Tommaso Marinetti

“Come si può criticare una mostra senza averla neppure visitata?” Queste le parole con cui il curatore 


della mostra alla GNAMC, attualmente la più discussa (e visitata) di Roma, replica   su  arttribune  rispondendo alle dichiarazioni del nipote di Marinetti   che  trovate  qui su  arttribune   da  cui  ho preso  la   foto  .Ora  come   ho spiegato in   :  più post     del  blog , nei commenti di quelli che una volta erano Ng ( gruppi i iscussione ) e forum , e nei commenti pagine facebook e altri social , non sono un critico d'arte o un esperto di tecniche espositive e museali .Inoltre non ho fatto ne accademie ne licei artistici . ho semplicimente studiato prima alle scuole medie e poi al liceo scientifco ed anche per un esame universitario storia dell'arte  a livello scolastico .  Da profano m''interesso andando a mostre e nei musei . Quindi il mio è un giudizio da profano appunto  soprattutto  su opere    fondamentali    come   quelle    della avanguardie     del  secolo scorso in particolare quella   de il futurismo  appunto  .Infatti la mia risposta  a  tale quesito  posto  dal  titolo  dell'articolo  citato  : « Come si può criticare una mostra senza averla neppure visitata ? » è   un  po' personale    ( soggettiva  ) che  uso  per  esprimere  un giudizio  \  oservazione critica  su     quello che  : vedo , ascolto ,  sento  . 
Generalmente    la  risposta  è NO perchè  per   poter  criticare   \ stroncare   o  anche   lodare  \  esaltare  qualunque    cosa  ( fatto, persona ,  lavoro  \  opera  , ecc  )  bisogna  : leggere  , conoscere  ,  vedere  , ascoltare     per  intero  se  si  vuol  dare  un  giudizio  globale   o parzialmente  se  si  vuole  dare  un  giudizio  limitato  .  
Lo  stesso discorso    vale    anche    in ambito  artistico \ letterario  ma puà  verificarsi anche il  contratrio  cioè  SI    si  può  recensire  \  giudicare  un opera   ma    a detterminate  condizioni  cioè  se  è un artista   d  cui conosci  già   i  suoi precedenti  .  Infatti   in  questo caso tale  metodo  giudizio  aprioristico  è  in applicabile perchè  :
 non si   tratta  di  dare  un giudizio  sulle  opere    di autori noti  e  conosciuti     da  cui  sai già  cosa  aspettarti  \  dove   volgiono  andare  a parare     o sconosciuti   di  un genere  di  cui  sei  un conoscitore ( novizio  o  appasionato  )  o   hai   un  infarinatura anche  parziale   sulll'argomento  contesto  o  sul  genere  in cui essi  operano   Ma   qui si tratta      di un esposizione mostra  che non ha mai  visto    nè " al  vivo " nè   "  in streaming  "  o foto  \  reportage   i  riviste  o  giornali  . E quindi  non sai come  è stata  allestita  in  che  modo le  opere    di quel museo   note  ( già presenti ella  sua  collezione  temporanea  o permanete    )  o  poco note  (  prestiti  o donazioni esterne  )  sono state  allestiste   o  esposte  per  l'occasione  .  Quindi ecco che  : «  criticare  una  mostra    senza  neppure  averla vista  » mi  sembra  aprioristico   , oltre  che assurdo ed  fallace  

10.3.25

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello




Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie  d'analfabetiu  funzionali   ivi  contenuti  ,  ne  pubblico  alcuni stralci  ( il resto  sono solo  insulti e  farneticazioni  )  anzichè cestinarla   per  chiarire ai  nuovi    che  non hano  tempo  o  voglia  di leggersi le  FAQ    e   a quella    parte  di  lettori\ lettrici   faziosi  e  analfabeti culturali  .


[ ...]  ma  come  tu  comunista    non eri anti  meloni  .   Non   sei  schierato  con le  nazifemministe  o  con quelle  i  area Lgbtq  ?   ti stai  preparando   a  .... .  [...] 


  In gioventu  o preso  per  solidarietà  le tessere  delle diverse   fazioni    del  pci   nate  dopo  la  svoltà centrista    cioè il  Pds   , ma  in realtà   non mi riconoscevo e  ancora   continuo   tutt'oggi   in  nessun partito  \  sovvrastruttura . Ma  essendo  cresciuto  e  sviluppato  il mio pensiero   \ la mia  formazione  cultural e  nella  contraposizione     tra destra e  sinistra   (    quella strorica   \  della prima repubblica   -guerra fredda  )  mi sono  formato  sia   con  il cattolicesimo  precociliare ( nonni  )   e    e deldissenso  \  concilio  zii  ed  amici     di  famiglia  , comunismo  marxista  mio padre e mio zio    ,  catto  comunisti   cattolici del dissenso  mia  zia   materna . E  letture     di  ambo le  parti    e  d'anarchici  ,  libertarie  , no violente\  umanisti   ,  femministe  , ecc  fatte per   conto  mio  .
 Non sono   a mercè i  nessuno\a   ma  sono  libero    un sognatore  , un  utopista  insomma  ,   come   queli delle  canzoni riportate  come colonna  sonora  del  post  (  vedi  fine  post   )  Ecco perchè     riconosco il merito    non importa   ,    chi  lì'abbia  approvata  ( sempre     che  lo   sia  e      venga   fatta bene e  non sia   solo  repressiva     come  ho detto  nel   post  precedente   )  se  a destra o  a sinistra   , tale  legge  . 



  Ecco   la  risposta     a   chi mi  dice   che  sono nazifemmista    ,  quando  non  è vero  ,   anche se   ne condivido alcune     cose    .  Eco  spiegato meglio il   mio  pensiero     che riassume  il miomaschile  plurale  cioè  uniire  pensieri   "  femminili  " con pensieri  " maschli  "

CI mancano le parole. Le parole per raccontare le emozioni, per nominare i sentimenti, per  spiegare cosa proviamo e come entrare in relazione con gli altri. E questa mancanza non è casuale: nelle scuole si insegna la grammatica  delle lingue, ma non quella delle emozioni. Si studiano le formule della matematica, ma nonquelle delle relazioni dove sappiamo bene che 2+2 non sempre fa 4. Cresciamo sapendo che il participio passato di splendere non esiste,ma non sempre sappiamo dare un nome alla tristezza, alla paura, anche alla gioia condivisa con le persone che ci stanno intorno.Senza parole adeguate, fatichiamo a riconoscere e a esprimere ciò che sentiamo.Diciamo “sto bene” anche quando dentro soffia una tempesta, diciamo “non è niente” quando quel niente pesa come un macigno. Le

emozioni represse diventano silenzi, che alimentano incomprensioni, che si trasformano in distanza. E così impariamo a convivere con  un linguaggio emotivo monco, dove il non  detto è un iceberg nascosto sotto la superficie.Per questo,   credo    che  sia necessaria anche In Italia una legge che introduca l'educazione alle relazioni nelle scuole come parte integrante dei programmi didattici. Perché le parole contano. Una  parola  non imparata  oggi è un calcio  in culo domani  ( mi pare  lo disse  Don Lorenzo Milani )  Perché saper dire “mi sento ferito” è diverso da agire con rabbia. Perché  dire “ho bisogno di aiuto” senza vergogna è il  primo passo per il benessere emotivo. Perché  chiamare l’amore, il rispetto, il consenso, la fiducia, con i loro nomi permette di renderli reali, concreti e ci permette di comprenderli e condividerli. Serve una "normativa" che garantisca uno spazio strutturato per insegnare ai giovani a riconoscere, gestire ed esprimere le proprie emozioni in modo sano e consapevole. Un’educazione che promuova il rispetto reciproco, la comunicazione non violenta e l’empatia, strumenti fondamentali per la crescita individuale e sociale. Solo attraverso un intervento  sociale   non solo  istituzionale  possiamo offrire alle nuove generazioni le  competenze emotive di cui hanno bisogno  per affrontare la vita con consapevolezza e  responsabilità. Riappropriandoci di parole e  di emozioni.






9.3.25

per una relazione non tossica e onesta prima di tutto + Manuale di autodifesa puntata XXI I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco SE AVETE BISOGNO DI AIUTO INVIATE LA POSIZIONE e dite sempre dove state andando e mandate la posizione sul cellulare


puntata precedente  post  del  1  marzo





1 ONESTÀ PRIMA DI  TUTTO.  

guardarvi dentro e di essere   onesti con voi stessi. 

 2 CHIEDETE AIUTO. 

Se da  soli non riuscite a essere  obiettivi nella valutazione, e  comunicare  fatevi   aiutare da un professionista che  possa guidarvi in un percorso di  autoconoscenza.

 3 SI PUÒ CAMBIARE. 

Ricordate che la “tossicità”  non è    sempre una caratteristica  intrinseca e inamovibile della  nostra personalità e, per questo, può essere cambiata o meglio  trasformata in quyalcosa di  costruttivo 

 4 ANALIZZATE LE  CONSEGUENZE. 

Cercate   di analizzare le conseguenze  che il vostro comportamento ha sugli altri, in particolare sulle persone cui volete bene. Il risultato principale è quello di  provocare ansia e stress  costanti in se stessi e negli altri.

 5 ASCOLTATE IL PROSSIMO.

 Mettetevi in  ascolto degli altri e  se  ci  riuscite  delle loro  esigenze  \ bisogni  \  spazi . Evitate di creare con liti inutili, di fare critiche poco costruttive e di reagire sempre in maniera altamente difensiva o aggressiva.



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Dite sempre a qualcuno di fiducia dove state andando, soprattutto se avete un incontro con una persona sconosciuta o chiaccherata . Impegnati ( ed  ossessionatìi  )come siamo a difendere la nostra privacy, a volte dimentichiamo che ci sono abitudini che potrebbero tornare utili in caso di pericolo. Una di questa è condividere la propria posizione. Naturalmente, se usato in maniera equilibrata e non come uno strumento di controllo per verificare dove si trova e cosa sta facendo la persona che “controlliamo”, questo stratagemma può risultare molto utile. È importante sapere che per rilevare la nostra posizione e quindi comunicarla a terzi in caso di necessità, è possibile usare Google Maps, che solitamente è preinstallato su qualsiasi smartphone. Prima di tutto occorre attivare  la localizzazione Gps del proprio cellulare. Una volta fatto,  sul nostro smartpone comparirà un pallino sulla mappa  che indica la nostra posizione. Tenendo premuto per qualche secondo il dito sul pallino, in alto nella barra dove digitiamo gli indirizzi comparirà una  serie di numeri, che corrispondono  alle nostre coordinate Gps, rilevabili anche quando siamo in modalità offlne, quindi senza connessione  dati. A questo punto possiamo copiarle e incollarle in un messaggio  da inviare con un semplice sms a chi  vogliamo sappia dove ci troviamo  Se invece vi trovate in una zona coperta dalla connessione dati e potete navigare su Internet liberamente, è ancora più facile comunicare la posizione. Ormai le piattaforme di  messaggistica più di&use consento￾no di condividerla anche per più ore. Pensiamo a WhatsApp,  per esempio, applicazione difusissima. Senza che sentiate  violata la vostra privacy, è possibile condividere anticipatamente (senza aspe"are che si presenti necessariamente il pericolo) la vostra posizione, in modo che chi la riceva pos￾sa monitorarvi e intervenire in caso di bisogno. 

ergastolo per il femminicidio . legge seria anche se solo repressiva come le grida manzoniane o spot propagandistico ?




con il termine ‘femminicio s'indica l’uccisione di una donna in quanto donna: un omicidio radicato nella discriminazione di genere. Questo termine evidenzia una specica dinamica di violenza, spesso legata al possesso, al controllo o alla subordinazione, come è stato riconoscoiuto dalla legge del 2013 che lo ha introdotto per combattere la violenza contro le donne. , non ha ( da quel che ne capisco di garbugli giuridici e leggislastivi ), visto la proposta di legge della meloni, un riconoscimento giuridico vero e proprio. La nuova legge prevede pene severe, inclusa l'ergastolo, per chi commette omicidi motivati da odio o discriminazione nei confronti delle donne. Infatti la legge del 2013 cioè il Codice Rosso ha modificato il Codice penale e il Codice di procedura penale, introducendo misure di protezione per le vittime di violenza domestica e di genere pur considerata un passo importante nella lotta contro i femminicidi, essi continuano a rappresentare una grave piaga sociale in Italia. A parte la legge del 2013 l’unico riferimento istituzionale per ora si trova nel titolo della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, istituita dal Senato. Infatti l'uso del
termine in ambito giudiziario è complesso perché la legge si basa su categorie esistenti, come l’omicidio volontario e le aggravanti di crudeltà o motivi abietti e futili. Perché sia considerato femminicidio, deve emergere una matrice di violenza di genere, non sempre subito riconoscibile. Ci sono anche resistenze culturali: alcuni ritengono che ogni omicidio debba essere trattato senza distinzione di genere, mentre altri sottolineano la necessità di un riconoscimento specico. Pur senza valore legale,secondo alcuni , la sua diffusione ha favorito una maggiore consapevolezza e spinto le istituzioni a intervenire anche se con blande misure di prevenzione e contrasto”. Ecco che la Meloni , bisogna dargliene atto , ha deciso d'apportarvi delle modifiche fra cui l'innasprimento delle pene . Ma tale modifica potrebbe essere come dicono molti una legge di evidente incostituzionalità, come lo era quella sul delitto d’onore e quindi venga bocciata . Ma io credo che questo disegno di legge verrà approvato, perché nessuno oserà opporsi, dato che sarebbe etichettato come patriarca e maschilista e spalleggiatore dei femminicidi. e se dovesse essere impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". E on credo che la Corte costituzionale avrà il coraggio di abbattere una legge palesemente incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza, rischiando di essere a sua volta additata quale amica dei maschilisti? Prima o poi la legge verrà impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". O piuttosto invocherà l'emergenza sociale e le millemila convenzioni internazionali contro il femminicidio e dirà che sì, c'è una sperequazione, ma l'emergenza sociale giustifica tutto? In attesa di capire se passerà il vaglio costituzionale, è politicamente un importante passo avanti, su cui le opposizioni lavoravano da tempo.Ma rischia come la maggior parte delle legggi italiane di rimanere l’ennesima legge inefficace ( ovvero la classica gria manzoniana )se non sarà accompagnata da un serio e profondo investimento culturale ed economico sull’educazione sessuo-affettiva, sulla violenza di genere e sulle radici patriarcali del femminicidio, che questo governo continua ostinatamente a negare. La repressione non basta, cara Meloni.Serve educazione, cultura, prevenzione. Tutte cose su cui siamo indietro di oltre mezzo secolo. E questo governo come quelli che si sono succeduti nella stortia repubblicana direttamente fermo al Medioevo. Altrimenti sarà la solita vuota e insopportabile propaganda securitaria sulla pelle delle donne. Infatti . L'inasprimento delle pene o l'introduzione di un reato non aumenta la sicurezza delle donne in pericolo. Occorrono investimenti per una rivoluzione culturale che passi dallo sgravio del lavoro di cura, dalla scuola e da incentivi seri e consistenti all'accesso al lavoro femminile. Senza autonomia economica non ci sono né libertà né parità né sicurezza. Senza un serio lavoro di educazione sessuale e sentimentale nella scuola, sarà difficile sradicare la concezione patologica di "possesso" dell'altro diffusa purtroppo anche tra i giovani. Temo, tuttavia, che una modifica del codice penale sia molto meno costosa e più redditizia in termini di consenso rispetto ad azioni concrete e efficaci che richiedono competenze, risorse e tempo per la loro realizzazione. Purtroppo in Italia come in Europa domina la logica dell'hic et nunc, mentre le scelte migliori richiedono visione, capacità di programmazione e soprattutto attenzione autentica al bene comune al di là degli interessi di parte. Perfetto. Niente da aggiungere se non che Si potrebbe, semmai, riflettere sulla necessità della prevenzione, dell'educazione, dell'azione culturale per cercare di arginare il fenomeno "femminicidi "... ma è un altro discorso, necessario ma difficile e complicato, inoltre dà poca visibilità, si presta poco alla propaganda, dà risultati sul lungo/lunghissimo periodo... dubito ci sia qualche politico interessato di maggoranza come d'opposizione, meglio norma spot, anche se, contraddittoria e ridicola ed una parvenza che almeno qualcosa è stata fatto

8.3.25

DIARIO DI BORDO SPECIALE 8 MARZO parte 2 ANNO Ⅲ Come la cultura woke mina le basi del femminismo, l’inganno di alcune battaglie giuste condotte in modo sbagliato

“I femminismi di fronte alla cultura woke”, Roma, Sabato 8 marzo dalle 10.00 alle 18.00, Fondazione Einaudi via della Conciliazione,10. Con Lucetta Scaraffia ci siamo incontrate e ci siamo chieste se fosse ancora possibile nel nostro paese ragionare su come la cultura woke, ma soprattutto l’estremismo woke, ha minato i principi fondamentali del femminismo, e su come la sua estremizzazione stia mettendo a repentaglio alcune delle conquiste delle donne.
Ne abbiamo parlato con la Fondazione Einaudi, che, grazie al grande spirito liberale, ha
accettato di ospitarci e di organizzarlo. Di questo ringraziamo di cuore il Presidente e tutto lo staff. Abbiamo deciso la data dell’otto marzo, perché in una giornata piena di retorica, ci sembrava giusto andare oltre le passerelle e cercare di esaminare ciò che sta accadendo nel mondo occidentale da molti anni, approfondendo alcuni temi, insieme ad autorevoli studiose e studiosi.
Con Silvia Niccolai affronteremo il tema della strumentalizzazione del diritto; Adriana Cavarero parlerà di maternità, tra parto aborto e gravidanza per altri; Olivia Guaraldo farà un quadro dei diversi femminismi contemporanei e della distanza tra loro; Luca Ricolfi, ci dirà se il patriarcato esiste ancora; Edoardo Albinati rifletterà sulla violenza maschile; Claudia Mancina ragionerà intorno al femminismo che si volta dall’altra parte di fronte alle donne ebree e il sette ottobre; Fabrizia Giuliani affronterà la tematica legata ai cambiamenti del linguaggio.Lucetta Scaraffia ed io, ci conosciamo da anni, siamo due donne molto diverse, abbiamo avuto percorsi diversi, ma il fatto che entrambe abbiamo sentito l’esigenza di confortarci insieme, è una cosa insolita in un tempo in cui rispetto ai diritti civili e i diritti delle donne incredibilmente, più si rivendica la “diversità” più nello stesso tempo si tendono a cancellare punti di vista diversi, si tende a mettere a tacere il dissenso. Si tende a soffocarlo in modo tutt’altro che democratico, tutt’altro che inclusivo. Sembra paradossale ma è così.Molte donne e molte persone LGBT, molte persone progressiste in questi anni, seppur dissentendo sulle modalità di alcune battaglie politiche, non si sono esposte perché temono la gogna e la messa al bando. Credo che sia arrivato il momento di non avere più paura di esporsi pubblicamente, e dire ciò che si pensa su ciò che accade in questo mondo in cui i principi liberali delle democrazie occidentali sono messi duramente a repentaglio. Bisogna svelare l’inganno di alcune battaglie giuste, condotte in modo sbagliato, che stanno mettendo in pericolo i diritti civili e i diritti delle donne. Bisogna liberarsi della prigionia dell’essere schiacciate tra la cultura woke e la cultura antiwoke dei Trump, degli Orban e dei Putin. Perché la parola pubblica torni ad essere libera, e come diceva Luigi Einaudi, “non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.

polemiche sul carnevale di ovodda per la presenza d'animali Le polemiche sul carnevale di Ovodda ricadono nella semplificazione dei social e di una mancanza di rispetto verso la comunità.












ha  ragione  l'amico    dcarbini  su  thereads    da  cui ho preso la  foto    in questione   


Le polemiche sul carnevale di Ovodda ricadono nella semplificazione dei social e di una mancanza di rispetto verso la comunità. Le foto che mostrano i montoni in sangue, sono un artificio acchiappa like, per creare scandalo e muovere accuse pretestuose, ben sapendo che l'osservatore "global" metterà in atto un appiattimento culturale nefasto e distorto della realtà. Cadere in questo tranello non fa altro che distruggere la ricchezza delle comunità e delle loro tradizioni.

Infatti     come dicono  anche  gli articoli  sotto riportati    rispetto  ad altre "  tradizioni "   come  le  corride   le  corse   di cavalli  di massa   e  gli  altri     moderni   metodi   di sfruttamento    : allevamenti intensivi  ,  macelli  , circhi  con animali   , safari di caccia , zoo ,  spettacoli acquatici , ecc    qui  gli animali   erano  già morti   non vivi  e maltrattati   .   Per  motivi  di salute     non ho  tempo  di     stare  molto a  pc   per   estrapolare gli articoli   .      li  riporto  qui in pdf   .  A  voi  decidere  da  che parte  stare 










in italia non ci sono le discriminazioni Lgbtq e dei nuovi italiani , ma anche quella verso i disabili . "Mio figlio è disabile non ci affittano casa" Da Bergamo la denuncia di Francesca, madre di 4 figli di cui uno disabile

Francesca Carulli, 39 anni, è una madre separata che vive ad Albino, in provincia di Bergamo, con i suoi quattro figli. Il più piccolo, Denis, ha nove anni e soffre di tetraparesi spastica, una condizione che lo costringe a muoversi in carrozzina. La sua vita quotidiana è un continuo affrontare sfide, ma la più grande riguarda la casa in cui vive: un appartamento pieno di barriere architettoniche che non è adatto a lui. Ogni giorno, Francesca è costretta a sollevare il figlio in braccio per affrontare tre rampe di scale, un'impresa che le causa dolori continui alla schiena e le toglie le forze.

Le difficoltà di trovare una casa accessibile
Da due anni, come racconta a Il Giorno, Francesca sta cercando un nuovo alloggio, uno che sia senza barriere architettoniche e che permetta a Denis di muoversi liberamente. Tuttavia, la ricerca si è rivelata un incubo. Ogni volta che contatta un'agenzia immobiliare o un proprietario, la risposta è la stessa:«Non affittiamo a famiglie con persone disabili». Nonostante Francesca possa permettersi di pagare un affitto di 600-700 euro al mese, la discriminazione continua. «Ho rcevuto almeno 40 no. Mi considerano poco affidabile, come se un bambino disabile fosse un peso che non riuscirò mai a sopportare», racconta con amarezza. La situazione è ancora più frustrante quando si considera che gli appartamenti da lei visitati sono del tutto inadatti alle esigenze di Denis, ma anche la possibilità di accedere a soluzioni di edilizia pubblica sembra un miraggio. In alcune città, come Milano, solo il 2,5% delle case popolari è privo di barriere, e Francesca si è già rivolta agli enti locali, ma senza risultati. «Mi è stato detto che dovrei
rivolgermi ai Servizi Sociali, ma sono ancora qui, senza una soluzione», spiega. Nonostante le difficoltà economiche e fisiche, Francesca non si dà per vinta.


 
dalla   sua  pagina  facebook  



Ma la sua vita è un eterno via-vai: ogni giorno deve accompagnare Denis a scuola e tornare a prenderlo, spesso interrompendo il lavoro. Purtroppo, la sua vita è segnata da orari incompatibili con un'occupazione, e l'assistenza scolastica per suo figlio non è sufficiente. «Se Denis avesse l'assistenza adeguata per tutte le ore di scuola, potrei lavorare con maggiore serenità», afferma. Francesca racconta anche di aver incontrato altre mamme nella stessa situazione, alcune delle quali hanno addirittura nascosto la disabilità dei loro figli per ottenere una casa in affitto. Questo è un chiaro segno di quanto il pregiudizio e la discriminazione siano radicati nella società, rendendo la vita ancora più difficile per chi si trova a dover affrontare disabilità e solitudine.

DIARIO DI BORDO SPECIALE 8 MARZO parte 1 ANNO Ⅲ .Storie didonne Silvia Baldussu, la pilota delle Poste «Non esistono lavori per solo uomini» Romana con radici nell'isola, 48 anni, due figli, è primo ufficiale su Bocing 737 ., Grazia Pinna in campo nel 1979: «Sono stata la prima ad arbitrare in Italia» ., I dimenticati dell’arte: storia di Luisa Giaconi ( 1870-1908 ), la poetessa silenziosa ., Cinque straordinarie donne per ragionare sull’8 marzo “Womeness” ocumentario in onda su Sky

  canzone  suggerita     
Pane  e rose  -  Casa  del vento

 Visto    che  è  un   po' difficile  per  me  uomo,  che  pur  combattendo  anche interiormente   il proprio sessimo \  maschilismo  e   riportando post    contro ua  cultura  misogina  e sessista   perchè le  done siano trattate meglio,  parlare  \  scrvere un pensiero   compiuto e non retorico   \ banale sulla  giornata  del 8 marzo   che in realtà dovrebbe essere  tutto l'anno non  solo una  giornata  ,  raccontero   delle  storie prese  dalla rete  . Più  precisamnte     da  la nuova   sardegna    e     dalla  già citata  su  queste  pagine  della  rivista   arttribune 
una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.





Grazia Pinna in campo nel 1979: «Sono stata la prima ad arbitrare in Italia»



Cagliari
 «Se credi che il mio arbitraggio non vada bene, il fischietto prendilo tu». Grazia Pinna, 81 anni, natali a Carloforte e fiorentina d’adozione «per amore», quarantasei anni fa è diventata così la prima donna arbitro d’Italia. «Negli anni Settanta ero presidente della squadra che aveva appena disputato la partita di un torneo dilettantistico della Uisp. La provocazione del direttore di gara, seduto al tavolino del mio bar a Campi Bisenzio, non mi spaventò. Andai all’Unione italiana sport per tutti, mi iscrissi al corso per arbitri, e dopo un anno ero sul campo di Firenze a dirigere la mia prima partita, in mezzo agli uomini che quel giorno me ne dissero di tutti i colori».
Correva l’anno 1979, la notizia, per l’epoca, era sensazionale: «Arrivarono duecento giornalisti da tutta la provincia. Mi chiamavano l’arbitro col rossetto». Il primo fischio d’inizio partita, al femminile, fu quella domenica al “Barco” di Firenze, per Castello–Fiorenza. Divisa nera, pantaloncini che lasciavano ammirare le gambe più sexy della domenica, moneta verso il cielo, palla al centro: «Tutto è iniziato quando il direttore di gara di una partita dove giocava la mia squadra mi lanciò la sfida perché gli contestai un rigore. Mi disse “fallo tu visto che sei tanto brava”. E io non persi tempo». Grazia Pinna, che vive ancora a Firenze, al contrario della sorella gemella Vittoria che ha sempre vissuto a Cagliari, non nega di esserne stata molto orgogliosa: «La Figc non accettava donne, le porte erano chiuse, mentre alla Uisp si potevano fare i corsi». La prima volta in campo? «Una grande emozione, era un avvenimento per tutti, soprattutto per i giornalisti che si precipitarono allo stadio per scrivere di me. I primi minuti sono stati terribili, avevo paura di condizionare la partita, poi credo di essere entrata perfettamente nel ruolo».Non sono mancati pregiudizi e scorrettezze: «Uno spettatore mi insultò dicendomi che come donna potevo essere brava soltanto a letto. Mi girai, lo guardai dritto negli occhi e gli dissi “sì può darsi, ma certamente non con te”. L’ispettore mi disse che era vietato replicare al pubblico, però ormai era andata». Sotto la pioggia e sotto la neve, la bella Grazia non si tirava indietro: «Mai. Quando mi chiamavano ero sempre pronta a partire. Devo dire che sono stata sempre molto severa, anche se i giocatori non si sono mai lamentati. Piuttosto il pubblico sì, dagli spalti sentivo spesso borbottare». I cronisti sportivi erano tutti a bordo campo: «Quel giorno si dimenticarono di darmi penna e cartellino, dunque scordai di segnare il primo gol. La partita si concluse due a uno, ma io ero talmente stordita dall’emozione che non mi resi conto quale squadra vinse». “L’arbitro col fondotinta”, “l’arbitro col rossetto”: «I titoli dei giornali erano spesso così, io però non mi sono mai offesa, anzi, in partita portavo anche i gioielli».La passione per il calcio l’ha sempre avuta fin da ragazzina: «Il mio idolo era ovviamente il grande Gigi Riva, ma seguivo anche l’arbitraggio di Sergio Gonella. Io ho portato in campo la mia sensibilità, insegnando ai ragazzi la sportività di una stretta di mano a fine partita. E quando entravano in campo dicevo loro di salutare il pubblico». La celebrità le ha fatto arrivare lettere di ammiratori da tutto il mondo, oltre che dall’Italia: «Mi scrissero perfino dal Messico. Volevano sposarmi, ma anche se all’epoca ero vedova non mi interessava».Fra i corteggiatori avvocati e professori: «Qualcuno mi mandò il biglietto aereo per raggiungerlo». Le donne arbitro? «Se oggi sono importanti, anche a livello internazionale, forse un pochino lo devono al mio coraggio di indossare i pantaloncini corti e fischiare qualche rigore. Avrei voluto tanto arbitrare in Serie A, ma all’epoca le porte erano blindate, non ci volevano». Ora che le donne arbitro scendono in tutti i campi di Serie A e non solo e sono numerose anche in Sardegna, Grazia Pinna è felice: «Quando iniziai avevo 36 anni. Non vorrei essere presuntuosa, penso che sia un po’ anche merito mio: sono stata la prima in Italia».
                                      (ilenia mura)


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I dimenticati dell’arte: storia di Luisa Giaconi, (1870-1908)
la poetessa silenziosa Originaria di Firenze, morì solo a 38 anni. La sua poesia, che affascinava Dino Campana, attende ancora di essere riscoperta. Anche dagli editori


Per guadagnarsi da vivere copiava le opere degli artisti del passato, mentre in segreto scriveva liriche intense e appassionate nella Firenze di fine Ottocento, che piacevano a Dino Campana
Schiva e riservata, Luisa Giaconi (1870-1908) era nata in una famiglia aristocratica ma non agiata.Il padre Carlo discendeva dalla nobiltà sassone ed aveva sposato Emma Guarducci, ma era un semplice insegnante di matematica, che si spostava in diverse città italiane per il suo lavoro. Soltanto alla sua morte Luisa poté tornare nella natia Firenze, dove terminò i suoi studi all’Accademia di Belle Arti. Dopo il diploma trascorreva le sue giornate nei musei fiorentini a copiare i capolavori, mentre affinava la sua sensibilità poetica, anche grazie all’amicizia con il suo vicino di casa Enrico Nencioni, critico letterario ed esperto di letteratura inglese. Erano “taciturne giornate”, come le aveva definite il suo caro amico Angiolo Orvieto, fondatore della rivista Il Marzocco, dove uscirono i suoi primi versi a partire dal 1899, a seguito della delusione causata dal fallimento della casa editrice Paggi, dove Luisa aveva a lungo sperato di pubblicare le sue poesie.
Nello stesso anno la Giaconi iniziò una relazione amorosa con il giornalista e professore di letteratura inglese Giuseppe Saverio Gargàno, che collaborava con la stessa rivista. “L’interesse di Giaconi”, scrive Nicolò Bindi, “sta nell’invisibile, nel tentativo di rappresentare ciò che l’occhio, o l’orecchio, può arrivare ad intuire, ma non a vedere o sentire concretamente. Da qui, il legame con la dimensione onirica, chimerica, nel desiderio di un’altra dimensione priva dei dolori e del rumore tipici della modernità”. I suoi componimenti, di evidente matrice simbolista, risentono di letture variegate, che vanno da Dante a Leopardi fino all’ Ecclesiaste, con un interesse spiccato per la filosofia di Schopenhauer. Tra i suoi pochi ammiratori spicca Dino Campana, colpito da versi come “Li autunni non furon che eterne primavere velate di pianto; e la vita fu sogno e l’amore fu sogno, e parvero sogni le luci delli astri, e la dolcezza dei fiori, ed il tempo, e la morte. Poi che noi siamo sogni”. Tra le poesie più note di Giaconi figura Dianora: Campana lo propose al suo editore, che lo inserì per errore in una raccolta del poeta.  

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   sempre  dalla  stessa  fonte  


Cinque straordinarie donne per ragionare sull’8 marzo

“Womeness”, in onda in prima visione su Sky Arte sabato 8 marzo, è il docu-film che descrive cinque influenti donne del nostro tempo a partire dal tema del corpo, inteso come “catalizzatore di accadimenti”


                                    Setsuko Klossowska de Rola con Yvonne Sci


Sono la scrittrice Dacia Maraini, la politica e attivista per i diritti civili Emma Bonino, l’artista verbo visiva Tomaso Binga, la pittrice e scultrice giapponese (moglie del pittore Balthus) Setsuko Klossowska de Rola e la compositrice e cantante iraniana (in esilio) Sussan Deyhim le cinque protagoniste di Womeness, il docu-film in onda – in prima visione – su Sky Arte sabato 8 marzo. In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, Sky Arte propone dunque la terza opera scritta e diretta dall’attrice e regista Yvonne Sciò, che prosegue così il proprio itinerario alla scoperta dell’universo femminile.Su Sky Arte una prima visione al femminile per l’8 marzoLe voci scelte appartengono a quelle di “cinque donne autentiche, diverse per nazionalità, estrazione e vissuto, ma uguali nel sentire” spiega la regista, motivando la selezione compiuta per Womeness. “Mi piaceva, in particolare, l’idea che le loro parole, a distanza, fluissero in un unico filo conduttore del racconto. Da una parte Dacia Maraini, Tomaso Binga ed Emma Bonino raccontano sé stesse, la loro infanzia e

Emma Bonino con Yvonne Sciò
le loro conquiste, che hanno intriso gli ultimi sessant’anni della nostra storia recente, e tirano le somme della condizione femminile nell’Italia che è stata gettando uno sguardo verso quella che sarà” prosegue Sciò. 
In relazione, infine, alle due presenze internazionali, la regista afferma: “Sussan Deyhim, cantante e performer iraniana, mi racconta quei momenti drammatici della rivoluzione in Iran e dell’impossibilita di poter tornare nel suo Paese, in quanto donna ed artista, e apre al ricordo della sua collaborazione con Shirin Neshat e Richard Horowitz, suo compagno e Golden Globe awarded scomparso durante la post produzione del film.” Con Setsuko Klossowska de Rola, Sciò raggiunge Villa Medici, a Roma, alla ricerca delle tracce del tempo trascorso dall’artista in quella storica sede: “sono poi infinitamente grata a Setsuko di avermi regalato il racconto della sua vita e della sua rivoluzione silenziosa fatta da giovanissima seguendo in Italia, contro ogni pregiudizio, il pittore Balthus” conclude la regista.
I contenuti del sito di Sky Arte sono curati da Artribune. Scoprite a questo link tutte le novità di palinsesto e le news che arricchiscono il portale.  






7.3.25

‘Ritorno in classe tra sberle e risate I bimbi del’64: a lezione di amicizia La foto nella torta recita: “$essant’anni fa eravamo compagni alle elementari” Sassari, ogni 10 anni la rimpatriata: scattano l’istantanea nella stessa posizione

 Sassari
Erano esattamente 60 anni che Danilo Mattei aspettava questo momento. Il maestro, che gli aveva tirato le orecchie così tante volte dafarlo diventare un piccolo Dumbo, adesso era immobile davanti a lui, e nonaveva più scampo. Era arrivata l'ora della sospirata vendetta. Ha afferrato il coltello, e lo ha affondato con pupilla predatrice.“Tiè-ha urlato-beccati questo” mentre la lama, con un preciso fendente, tagliava la testa di netto. E gli ex compagni di classe hanno esclamato"Qleeee”, ridendo a crepapelle. Poi ha continuato a tagliare la fettina di torta alla crema tutto divertito, tra gli applausì generali.Le rimpatriate, quando non ci si vededa più di mezzo secolo, sono fatte così.Si cazzeggia, si ride e si fa a fette il proprio passato color seppia.La loro fotografia, stampata in bianco e nero sulla torta dell'anniversario, recita: “Sessant'anni fa eravamo in prima elementare".



nella foto della torta: Da sinistra in alto: Augusto Garau,Giuseppe Canu, Tullio Torru,Francesco Santu, Nando Deligia,Tonino Satta, Piero Delogu;al centro(da sinistra ): MassimoDedola, Antonio Dedola,.Franco Dachena, Danilo Medde,Giuseppe Ungolo, Danilo Mattei;seduti (da sinistra): Francesco
Piras, Angelo Serra, CostantinoFoddai, Mariano Tola e Angelo Poddighe.Sotto la foto dell'ultima
rimpatriata

Le rimpatriate, quando non ci si vededa più di mezzo secolo, sono fatte così.Si cazzeggia, si ride e si fa a fette il proprio passato color seppia.La loro fotografia, stampata in bianco e nero sulla torta dell'anniversario, recita: “Sessant'anni fa eravamo in prima elementare". Loro sono i bambini del 1964,
scuola Sacro Cuore, grembiule scuro,colletto candido e fiocco rossoE 10 anni fa, dopo 50 anni, si sono rincontrati per la prima volta. Torta con'immagine di classe, eloro che posano nella stessa identica
posizione, per riattualizzare i ricordi.Questa riunione del 2015 è diventata tradizione, e l'upgrade con la stessa istantanea, e sempre con il medesimo schieramento, è andato in scenauna settimana fa.
Sono tutti allievi delmaestro Giovanni. Insegnante all'antica; nato nel1917,dai metodi non esattamente Montessoriani. «Poca pedagogia, ma un'beh di ciaffi». Anche il maestroli chiamava di-versamente, «Con un eufemismo amava definirli scappellotti — racconta Tullio Torru (impiegato comunale in pensione) - che suonava decisamente meglio. Così lìchiamava con i nostri genitori. Ma erano “ciaffi avveru", e li distribuiva generosamente ogni santo giorno»: Tanto che Tullio teneva la contabilità degli “scappellotti” nel suo personalissimo diario, e lo aggiornava quotidianamente. «In quinta ne avevamo collezionato diverse migliaia».Il record giornaliero però ce l'haFrancesco Piras (ex docente di scuola superiore), e nè va fierissimo: «54, un numero stampato sulle guance e nella memoria, che mi ha accompagnato per tutta la vita. Il mio numero fortunato». Aveva qualche problemino con l'aritmetica, e maestro Giovanni non faceva sconti. La matematica era la sua 0ssessione, e l'unità di misura era lo schiaffo. Tradotto: un errore un “ciaffotto”.Un alunno discalculo; in quella classe, sarebbe sopravvissuto un mese.«Quella divisione io l'ho sbagliata 54volte - dice Francesco — ma alla fine l'ho capita eccome». Anche perl'italiano e la grammatica maestro Giovanni aveva il suo metodo collaudato: didattica a suon di sberle. «Un giorno mi fa leggere un testo — racconta ancora Tullio Torru — è come sempre si mette dietro di me în posizione d'attacco». Lo scolaro, per istinto di sopravvivenza, declama come fosse un piccolo Gassman alle prese con la Divina Commedia. «A uncerto punto c'era la parola Glicine, e io, che non l'avevo mai sentita, faccio l'errore di pronunciarlà. come coniglio». Il maestro nonfa una piega, lo fa finire, e poi da dietro gli assesta un ceffone. «Rileggi!!!- mi dice--ma senza dirmi quale fosse l'errore. E io non avevo la più pallida idea di dove avessi sbagliato». Passava in rassegna le parole come uno scanner, ma niente. Glicine non veniva mai fuori come Ghilicine, il GLI era sempre quello di coniGLio. «Mi ha salvato la campanella, ma prima di tornare a casa sono corso nella fontana di via Pietro Micca, e con un telo imbevuto d'acqua mi sono fatto:gli impacchi sulle guance perspegnere l'incendio. A quei tempi mamma e papà mi avrebbero dato il resto». compagni ridono: «Ma dìlaverità:quanto leggi bene adesso? Pure lepause giuste...». Nel 1964 mica c'erano i dislessici, i disgrafici o gli iperattivi: c'erano i bravie gli asini, questa volta senza eufemismi, le  tirate d’orecchie, per maestro Giovanni, erano il miglior approccio pedagogico.
«Nando Deligia (ex poliziotto) non eraproprio uno scolaro modello - raccontano i compagni era l’unico ripetente in prima elementare. Se Francesco Piras ha il record giornaliero di schiaffi, il primatista indiscusso di ciaffotti quinquennali è Deligia. Non c'era gara per nessuno". E Massimo Dedola (ex dirigente medico): «Però a Francesco Dettori, figlio dell'onorevole, uno solo schiaffo. Bella democrazia».Invece Antonio Dedola (ex macellaio) ricorda ancora il primo giorno di scuola. «Vedo un bambino che piange, mi spavento, non voglio entrare. Mia madre si affida al maestro, la tranquillizza: stia serena, ci.penso io. E infatti milasciali, seduto fuori dall'aula, a singhiozzare fino.alla campanella. Il gior-no dopo, però, sono entrato senza fare storie» Era severissimo e amava il suo mestiere:«Tutti speravamo che non venisse, ma in 5 anni avrà fatto 3 giorni di assenza- dice Augusto Garau (ex
ferroviere)- e si tratteneva anche mezz'ora in più», E poi c'era il terrore per la Sua 850 grigia: «Appena
la vedevamo per strada scappavamo tutti. Perché significava che non stavamo studiando».Qualcuno lo ha rivisto molti anni dopo.«Me lo immaginavo enorme — dice Angelo Serra (ex funzionario di Banca) invece eravamo noi degli scriccioli. Sul  maestro scherziamo, ma lo ricordiamo con affetto..È la persona che ci ha insegnato l'impegno e la disciplina».Per Canu (ex oss) conserva la pagella  datata 1965  (  foto a  destra  ) : «Guardate qui, non  ero così male. Aritmetica 8; comportamento 10». E Piero Delogu (direttore di distretto Asl, l'unico che di andare in pensione non vuole saperne),chiude l’amarcord con.la riflessione più dolce: «Sapete la-differenza tra i  compagni delle elementari e quelli dimedie o liceo? L'ingenuità e la purezza d'animo, A10 anni non c'è posto perla malizia o lecattiverie. Ti unisce un’'amicizia genuina. E quell'affetto ti resta perla vita..Loro per me sono come fratelli», Il-tempo può segnare le rughe,ma certi legami restano impressi, cmeil primo giorno di scuola.

rivenimenti macabri al museo della shoa di roma

Spett pro Palestina 
 posso capire  e  sono  d'accordo   con voi sulla  la  prima parte  dello  striscione perchè sono  antiosinista sempre  antisemita  mai   : <<  45 mila morti  , Gaza  Libera  >> ma   il resto d'esso   Qui  si  passa  da   protesta   normale  all'antisemitismo  vero e proprio  . Vergogna  .



Il padre di Sofia De Barros: «Mia figlia è morta di leucodistrofia metacromatica (Mld) ma il suo sangue è servito al test di diagnosi precoce: tutte le regioni lo adottino»

 Sofia De Barros aveva otto anni quando ha perso la sua battaglia contro la leucodistrofia metacromatica (Mld). Prima che se ne andasse, i loro genitori Guido e Caterina, hanno donato per la ricerca le gocce di sangue della figlia malata, pur sapendo che il gesto non l’avrebbe fatta guarire.
Signor De Barros, perché quelle gocce di sangue erano importanti?
«Per fare in modo che nessun altro bambino morisse di questa malattia. Grazie a quelle gocce donate da noi e altre famiglie con bimbi affetti da Mld, è stato messo a punto un
test per la diagnosi precoce di questa patologia neurodegenerativa finanziato al Meyer da Voa Voa! Amici di Sofia, l'associazione da noi fondata nel 2013».
Così si è arrivati in Toscana alla possibilità di diagnosi precoce?
«Esattamente, in Toscana si è arrivati alla possibilità di una diagnosi precoce che fa la differenza tra la vita e la morte: per la Mld esiste una terapia efficace, ma solo se iniziata prima della comparsa dei sintomi. Il progetto, finanziato sempre da VoaVoa, vede coinvolti la Regione Toscana, l’ospedale Meyer con il Laboratorio di Screening Neonatale e la struttura di Malattie metaboliche».
Adesso questa malattia è tornata alla ribalta con il caso di Gioia.«Lei è una bambina dell’Emilia Romagna a cui non è stato possibile fare una diagnosi precoce visto che la sanità della Regione non si è dotata di questa possibilità. Il progetto pilota per la diagnosi precoce non è un obbligo dei governi sanitari delle Regioni. È una sperimentazione che viene lasciata all’iniziativa del governo sanitario regionale di ciascuna regione».
Cosa significa non dotarsi di questo test?
«Non dotarsi di questo test a mio avviso costituisce una omissione di soccorso, visto che si sa che, nel caso nasca un bambino o una bambina con quella patologia, esiste una cura che è in grado di salvare il piccolo a patto che venga somministrata prima della comparsa dei sintomi».
Quindi si potrebbero salvare vite?
«Si potrebbero salvare numerose vite ma si sceglie di fatto di non farlo, e complice di questa omissione di soccorso è l’idea che questa patologia sia molto rara e che capiti a soltanto a poche decine di bambini, ma in questo modo si costringono a sofferenza atroci decine di bambini e decine di famiglie che si vedono perdere davanti agli occhi i propri figli e le proprie figlie».
Lei è amareggiato per questo?
«Ogni volta purtroppo bisogna arrivare al morto per tornare a sensibilizzare sul tema. Mi pare un atteggiamento agnostico restare ad aspettare che altre regioni facciano la sperimentazione. Se incrociamo le braccia noi, cade il silenzio su questa patologia, e invece bisogna parlarne perché si possono salvare vite attraverso progetti di screening che non hanno certamente costi proibitivi».
Qual è la sua speranza?
«La mia speranza è che l’Emilia Romagna, e poi tutte le altre regioni italiane, seguano l’esempio virtuoso di Toscana e Lombardia, adottando direttamente lo screening o attivando quanto prima un progetto pilota. A dicembre abbiamo inviato una lettera aperta al Presidente De Pascale, ripresa dalla stampa e oggetto di un’interrogazione regionale. A oggi, purtroppo, non abbiamo ricevuto alcuna risposta, nonostante la nostra disponibilità a sostenere economicamente l’avvio del programma».

i fanatici complottisti non si fermano neppure davanti all'udio del papa sofferente .

 Poche  ore  fa  è stato diffuso in piazza San Pietro un audio-messaggio di Papa Francesco per la prima volta da quando è ricoverato.Venti secondi appena di parole pronunciate a fatica, in spagnolo, da un uomo profondamente malato, sofferente. Lo ha fatto lui, di sua spontanea volontà. Infatti   colpisce e inorridisce (  ma  credo che  i complotisti   più duri diranno che  è un invenzione  e un trucco  per far  credere   alla gente  la  loro verità )  che ci sia stato bisogno persino di questo audio per smentire e zittire le voci dei miserabili che in queste settimane hanno continuato a sciacallare sulla salute di un uomo di 88 anni, dandolo addirittura per morto in nome di chissà quale delirante complotto. Un pensiero umano a Papa Francesco, uno dei giganti dei nostri, cupissimi, balordi, tempi.
Indipendentemente dalla fede  e  dlla  religione  , c’è qualcosa di profondamente umano e toccante nel sentire la voce fragile di un uomo anziano e sofferente che sceglie di farsi sentire, non per sé, ma per fermare il chiacchiericcio indegno che lo circonda. Papa Francesco, con tutte le sue forze, che  piaccia   o meno , continua a essere un riferimento morale in un’epoca dove la compassione sembra spesso merce rara .  Al di là delle convinzioni personali, a lui va un pensiero di rispetto e di augurio sincero  da  un laico credente  non praticante   quelo  che le  mie  nonne   iper credenti     definivano miscredente  o fariseo .  Poche  ore  fa  è stato diffuso in piazza San Pietro un audio-messaggio di Papa Francesco per la prima volta da quando è ricoverato.Venti secondi appena di parole pronunciate a fatica, in spagnolo, da un uomo profondamente malato, sofferente. Lo ha fatto lui, di sua spontanea volontà. Infatti   colpisce e inorridisce (  ma  credo che  i complotisti   più duri diranno che  è un invenzione  e un trucco  per far  credere   alla gente  la  loro verità 🙄😥😲👎🏼👿💩) 

 che ci sia stato bisogno persino di questo audio per smentire e zittire le voci dei putribondi  e miserabili  figuri (metaforicamente  parlando)  che in queste settimane hanno continuato a sciacallare sulla salute di un uomo di 88 anni, dandolo addirittura per morto in nome di chissà quale delirante complotto.Un pensiero umano a Papa Francesco, uno dei giganti dei nostri, cupissimi, balordi, tempi.Indipendentemente dalla fede  e  dlla  religione  , c’è qualcosa di profondamente umano e toccante nel sentire la voce fragile di un uomo anziano e sofferente che sceglie di farsi sentire, non per sé, ma per fermare il chiacchiericcio indegno che lo circonda Papa Francesco, con tutte le sue forze, che  piaccia   o meno , continua a essere un riferimento morale in un’epoca dove la compassione sembra spesso merce rara .  Al di là delle convinzioni personali, a lui va un pensiero di rispetto e di augurio sincero  da  un laico credente  non praticante   quelo  che le  mie  nonne   iper credenti     definivano miscredente  o fariseo .  

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...