25.8.22

le piccole cose editrici pubblicano delle perle . Cristian Porcino - un'altra vita

 Ho ritrovato questa splendida recensione al primo romanzo dell'amico   \  compagno  di  strada  Cristian   Porcino   ( qui Qui la rassegna stampa completa https://lerecensionidelfilosofoimpertinente.blogspot.com/2014/12/rassegna-stampa-romanzo-unaltra-vita-di.html?m=1 )    e desidero condividerla❤️ con voi  

«Ci ha un po’ stupito questo romanzo del giovane Cristian Porcino, di cui leggemmo tempo fa un bel libro su Michael Jackson e un altro molto originale su alcuni grandi cantautori italiani. Porcino è un ottimo giornalista, fine osservatore del mondo mass – mediatizzato di cui sa cogliere acutamente le ondulazioni del gusto. Il romanzo “Un'altra vita” racconta con uno stile minimalista l’iniziazione

sessuale ed esistenziale di un ragazzo ebreo che, in patria, è costretto dalla propria cultura sessuofobica a nascondere la “diversità”. Nel suo Paese l’omosessualità è considerata un vero e proprio abominio che offende il comandamento divino. Il giovane ebreo Shlomo non è un filosofo, ma sa riflettere sulla propria condizione e si chiede più volte perché l’ebraismo condanna tanto l’omosessualità, mentre il Vangelo cristiano dichiara la libertà di amare. Shlomo fugge di casa, non sopportando la condanna da parte dei genitori e va a New York, la capitale del mondo che lo affascina e gli insegna a compiere quel rito di passaggio che nel mondo Occidentale non è nascosto nel buio della condanna morale. A New York impara a vivere il sesso in modo libero e consapevole e scopre anche quella dimensione della vita che tutti cercano e chiamano Amore. Porcino usa poche pennellate di colore, anche nelle scene erotiche che altri scrittori tratterebbero con un linguaggio trasgressivo. Crediamo che Porcino abbia scelto di non essere uno scrittore erotico, forse per non omologarsi con la pornografia gay di moda alcuni anni fa. Potremmo invece, considerare “Un’altra vita” come un romanzo di formazione sentimentale, secondo la tradizione settecentesca inventata da Goethe e continuata da Sthendal e da Flaubert fino alla sua ultima ed eccentrica ripresa, quel geniale “Seminario della gioventù” di Busi che Porcino conosce perfettamente"» (Riccardo Di Salvo - Claudio Marchese).

Siccità nel Lazio, viaggio ad Albano dove i piatti si lavano con l'acqua della pasta: "Qui il lago è ormai asciutto"

 

repubblica 25\8\2022

"Da giugno ci facciamo solo una doccia al giorno e laviamo i piatti di sera con l'acqua di cottura della pasta: è difficile ma dobbiamo adattarci". Amadio Malizia, presidente dell'associazione Salute Ambiente Albano, cammina sul bordo del lago di Albano a Castel Gandolfo, di fronte ai piloni di cemento alti più di 5 metri: erano la base di partenza per le gare di cannottaggio, venti anni fa erano sommersi dall'acqua, ora sono a secco. Il lago di Albano - e quelli dei Castelli - si stanno prosciugando a causa di urbanizzazione selvaggia e dei pozzi privati spesso abusivi che drenano acqua dal bacino idrico dell'area: la siccità di questa estate è solo il colpo finale, negli ultimi venti anni il livello del lago di Albano è sceso di oltre 7 metri e cala ancora, almeno un metro nell'ultimo anno.

"Il Comune ha limitato l'uso di acqua corrente, ha disposto di lavare le stoviglie con l'acqua di cottura della pasta, non possiamo lavare verdure o frutta con l'acqua del rubinetto", continua Francesca Gnani che di Salute Ambiente Albano è vicepresidente. Gli effetti di siccità e urbanizzazione selvaggia si sentono sui residenti dei Castelli, fino a Pomezia. Ad Albano il Comune ha vietato l'uso di acqua corrente per qualsiasi scopo non domestico: non si possono lavare oggetti, lavatrici solo a pieno carico e, recita l'ordinanza, si devono "installare dispositivi frangigetto che mescolando l'acqua con l'aria consentono di risparmiare risorse idriche" L'acqua del rubinetto non è ancora razionata ma si può bere e basta: non migliora la situazione negli altri comuni dei Castelli, Castel Gandolfo in testa. "Io come singola utente devo ingegnarmi a mettere in atto queste buone prassi mentre a livello più ampio gli sprechi non si contano: per riparare una perdita su strada ci vogliono settimane", spiega Francesca Gnani.

(franceschi)
Ai Castelli l'acqua potabile è fornita da Acea dalle sorgenti del Simbrivio ma per usi non potabili l'acqua si prende dai laghi, eccome. Dalla rocca di Castel Gandolfo partono due tubature che finiscono in un prefabbricato coperto dalla vegetazione da cui si sente il rumore di una pompa idrica, e lungo il lago ci sono almeno 200 locali fra bar, ristoranti, stabilimenti. E spesso l'acqua non potabile arriva da pozzi privati che attingono al lago di Albano, secondo Roberto Salustri direttore dell'Ecoistituto Reseda: "I pozzi servono per irrigare e captano l'acqua del bacino idrico dei Castelli: in media vanno a una profondità di 300 metri, alcuni persino 600 e prendono acqua fossile ricca di metalli pesanti". Il lago di Albano dovrebbe avere una capacità di centinaia di milioni di metri cubi di acqua ma, stima Salustri, ne mancano 45 milioni: il livello dell'acqua cala in media di 30 cm all'anno ma questa estate, a causa della siccità, è sceso di almeno un metro.

L'istituto ha firmato un accordo con le Autorità di bacino e da tempo chiede un censimento dei pozzi in tutta l'area dei Castelli. "Si stima che siano diecimila ma nessuno sa quanti sono i pozzi di aziende, locali o privati". Una barca si avvicina al molo di Castel Gandolfo. "L'anno scorso era almeno un metro più a riva, l'ho dovuto rifare", spiega il proprietario dell'imbarcazione. Amadio Malizia e Francesca Gnani allargano le braccia: "Cosa succederebbe con il termovalorizzatore a Santa Palomba? Consumerebbe centinaia di migliaia di metri cubi di acqua all'anno... E dove la prenderebbe?". Ma l'emergenza riguarda tutti i laghi del Lazio, compreso Bracciano che non si è più ripreso dalla crisi del 2017 quando Acea ancora poteva prelevare acqua destinata a Roma. "Oggi la situazione è simile - spiega Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio - in base alle ultime misurazioni al molo di Anguillara il calo del livello dell'acqua è di 121 cm e da febbraio è costante".

“Sono schifata, non posso rimanere in silenzio”, la sublime risposta di Linda Cerruti ai commenti sessisti ricevuti per una foto su Instagram

una bella riposta noi maschi alfa quella di Linda Cerruti campionessa di nuoto sincronizzato che agli ultimi Europei di Roma ha conquistato la bellezza di otto medaglie. Per celebrarle ha “osato” mostrarle
in questa foto sui social. “Una posa artistica ( vedere foto sotto a centro ) , tipica del mio sport, a testa in giù e in spaccata, insieme alle otto medaglie vinte in quello che è il miglior campionato europeo della mia carriera”
 La reazione ? prevedibile   visto  una sessualizzazione   sempre  più massiccia del corpo femminile.  Infatti  in mezzo a tante congratulazioni, ha ricevuto una quantità spaventosa di commenti sessisti, beceri, ignobili da parte di orde di maschi talmente sfigati ( ovviamente  senza  generalizzare  perché non sempre essere  sfigati  o morti di figa  come ci chiamano alcune donne vuol  dire  maniaci \    femminicidi   ed  essere   esplicitamente  sessisti  o non saperci controllaree  tenere  a freno  i nostri  impulsi   )  da essere 
ridotti a sbavare e a darsi di gomito  , per  descrivere  le  reazioni meno volgari     su una foto di Instagram  in questo caso  .
Alla fine la stessa Cerruti   ha voluto rispondere. Lo ha fatto in modo impeccabile ed  sublime   , senza  incazzarsi    rischiando  di passare   come  :  una   rompiballle ,    per zitella   acida   e rancorosa  , ecc  (  tutto il campionario   maschilista   ma   non solo   con cui    viene definita    una donna  che     si lamenta     ) 


Verificato

Come ogni anno, dopo mesi e mesi di sacrifici, è arrivata quella settimana in cui alzo la testa fuori dall’acqua, e respiro. Sia chiaro, non mi sto lamentando, ma sto solamente riportando la realtà quotidiana che è stata più che ripagata da una carriera piena di soddisfazioni.
Due giorni fa ho condiviso una foto fatta nella spiaggia in cui vado da sempre, in cui ho coltivato i primi sogni e che per me ha anche un forte valore simbolico .
La foto mi ritrae in una posa artistica, tipica del mio sport, a testa in giù e in spaccata, insieme alle otto medaglie vinte in quello che è il miglior campionato europeo della mia carriera.
IL post è stato ripreso da vari  quotidiani  tra i 
quali @gazzettadellosport,@tuttosport,@larepubblicae@ilfattoquotidianoit      Stamattina una mia amica mi invia uno di questi post condiviso dalle testate giornalistiche sulla loro pagina Facebook, lo apro e rimango letteralmente basita nonché schifata dalle centinaia, probabilmente migliaia, di commenti fuori luogo, sessisti e volgari che lo accompagnano. Qui sopra, scusandomi in anticipo con le giovani atlete che mi seguono per quanto leggeranno (ma l’alternativa è il silenzio, che è uno dei motivi per cui oggi leggiamo ancora queste cose), riporto alcuni screenshot esemplificativi della pochezza di alcune frasi a commento della foto. Dopo più di 20 anni di allenamenti e sacrifici, trovo a dir poco VERGOGNOSO e mi fa davvero male al cuore leggere quest’orda di persone fare battute che sessualizzano il mio corpo. Un sedere e due gambe sono davvero quello che resta, l’argomento principale di cui parlare? Il minimo, nonché l’unica cosa che posso fare, è denunciare l’inopportunità di quei commenti, specchio di una società ancora troppo maschilista e molto diversa rispetto a quella in cui un domani vorrei far nascere e crescere i mie figli. Ci tengo, allo stesso tempo, a ringraziare tutte le persone che hanno preso le distanze da questi commenti, mi hanno “difesa” ed hanno apprezzato la foto per quello che è: l’immagine di un’atleta di nuoto artistico orgogliosa dei suoi risultati. E’ questa l’Italia che orgogliosamente rappresento portando la bandiera tricolore in giro per il mondo.



   concordo    con lei    ha fatto  benissimo a non stare in silenzio o   a ridere    a  denti  stretti   per  i comenti   sessisti  alcuni  d'essi     sul  filo  del rasoio   e a denunciare.
 La tua nona medaglia, forse la più importante. Infatti   da   uomo in lotta   contro il proprio  maschi alfa  ed  pornodipendente    non credo    anche se  quella   non manca      che    tali    commenti  

siano solo    


Ma davvero crediamo che il problema sia  una foto artistica , particolare ed bellissima ? Io Credo che La subcultura e la bestialità ci sarebbero ugualmente e sfogherebbero su altre cose . Il problema è alla radice culturale  a  cui  anni  d'edonismo sfrenato   e  mediatico ( cioè tette   e culi )    ci hanno  abituato  da  non saperci  controllare      e tenere  a freno   . Concordo con   l'amica 



P.s
non capisco quelle 134 risate ( soprattutto donne si va vedere ) che tale post Facebook


post ha ottenuto . Che .... c'è da ridire . Essi\e non sanno o forse ignorano che in certi casi , ovviamente come ho già detto prima senza generalizzare, che tale cultura \ ideologia è l'anticamera del femminicidio \ violenza del genere .
Uno che lotta tuti i giorni per tenere a freno il proprio maschio alfa

24.8.22

quando gli attori possono esprimersi al meglio Sandra bullock in The Unforgivable

 Visto  gli impegni  le  intimate  degli amici    ho  cercato con i miei   vecchi un film su netflix  .
Screenshot ddal trailer ufficiale del film 
The Unforgivable


Dopo  una lunga  ricerca    su Netflix    di  un  film (  ai mie  non piacciono  granché le serie   )   abbiamo  optato   , basandoci   su  :   recensioni internet  e consigli d'amici per The Unforgivable è un film del 2021 diretto da Nora Fingscheidt. Mi ha preso ,  ai miei   non tanto visto che a  sono di  gusti   difficili ,   fin  dalla sinossi . Anche se  avevo qualche dubbio visto che   Sandra bullock   recita   in  film  mediocri e di cassetta . Ma  in questo caso  ha  un buon ruolo    che gli permette  d'esprimersi al meglio delle  sue potenzialità  .Un film  triste ,  profondo . Esso affronta   un tema  complesso ed  attuale  ovvero il reinserimento  degli ex  carcerati , il loro ritorno alla vita  ,   ed  la lotta   contro  chi  ti  giudica  per  il tuo passato ed   non  ti da  una  seconda  possibilità  .Soprattutto quando  si tratta  di  di fatti delicati e  drammatici  come quella  della protagonista  .   Da  vedere 

22.8.22

un partito senza argomenti parla alla pancia strumentalizzando per uso elettorale uno stupro commesso da un richiedente asilo

 Giorgia Meloni ha rilanciato la notizia della donna ucraina violentata per strada a Piacenza,


condividendo il video girato in queste ore sui social e tornando sui cavalli di battaglia in  maiiera  da  sottrarre elettori a  salvini  della sua campagna elettorale: dalla lotta al degrado a quella contro l'immigrazione di massa. Partiamo da un presupposto: pubblicare (per quanto offuscato) il video di uno stupro per parlare dei temi cari al proprio partito in campagna elettorale è una gigantesca mancanza di rispetto nei confronti della vittima. E una strumentalizzazione di un dramma personale. Questo ovviamente non vuol dire che non si possa  e  siu debba  parlare  di quanto accaduto, ma bisognerebbe farlo (tenendo a mente la delicatezza della situazione) centrando il punto della questione: siamo di fronte all'ennesima violenza di genere commessa da un uomo, indipendentemente dalla sua nazionalità, ai danni di una donna.
Quello tra immigrazione e criminalità è un legame illecito, lo dimostrano i dati, e utilizzarlo per fini di propaganda elettorale,soprattuto di fronte a un tragico abuso subito da una donna, è l'espressione della politica più bassa e becera 
La leader, in quaesto caso  di Fratelli d'Italia dimentica di parlare dell'unica cosa che conterebbe in vicende tragiche come questa:le  basi  culturali   della    violenza di genere e abusi contro le donne. 
<< Non è possibile  >>  --- come dice   anche  Annalisa Girardi di  fan  page  <<  che per una donna non sia sicuro ad  uscire  e  a camminare da sola per strada. Non è possibile che episodi di violenza di genere siano all'ordine del giorno >>  tanto  creare  assueffazione   e indifferenza   . Eppure Meloni non parla del problema sociale e culturale dilagante in questo Paese,ovvero l'alto  numero di femminicidi e  di violenznze   sulle  donne  non solo  stupri   ma si limita a enfatizzare che il 27enne fermato con l'accusa di violenza sessuale fosse un richiedente asilo, assicurando la lotta all'immigrazione illegale di massa e all'illegalità come priorità del suo partito  rispetto  a  temi  più importanti ed prioritari 
Ha  ragione  l'amica  

Non basta professarsi donna per dirsi vicina alle donne.
Se pubblichi il video di uno stupro, e lo fai solo per dimostrare la nazionalità dello stupratore, sei uno sciacallo, senza rispetto, senza umanità.
Sei un essere umano orribile che reitera quella violenza non per condannarla, ma per farci consenso. In pratica sei una donna misogina, sessista, pericolosa come lo stesso uomo violento che pretendi di condannare. Perché tu, Meloni, e l'orco, siete fatti della medesima sostanza.


trattandola anche bene .
Ecco perchè  confermo , nonostante  , le  critiche   di molte  femministe  fans  di Marina  Terragni ,   la mia  presa  di  posizone  favorevole  a  Natalia   Aspesi     , condivisa  con  


FRATELLE E SORELLI D’ITALIA.
Finalmente una donna a capo del governo italiano, cioè un primo ministro che essendo femmina rappresenti il massimo della democrazia, della parità, dei diritti, delle inclusioni, degli aiuti, di ogni forma di libertà verso il sol dell’avvenire che neanche ti immagini. A non essere d’accordo con il documento firmato da alcuni gruppi di associazioni di donne italiane dal titolo impegnativo:”Un orizzonte politico comune a donne di tutti i partiti”. e, anzi, ad esserne fermamente contraria e contrariata è, guarda caso, una donna: una giornalista di sinistra, una firma tra le più importanti nel panorama italiano: Natalia Aspesi.
Nel contestare il documento Aspesi si pone una domanda non banale: “Lo avete proposto anche a Giorgia Meloni che è donna come noi, e che ha fondato il partito fratelli dimenticandosi le sorelle?”
È lo stesso quesito che mi attanaglia da giorni; al netto dei programma e dei progetti il nome del partito di Giorgia Meloni è maschilista fin dal titolo, è un programma chiaro, senza fronzoli, così come nei 15 punti del manifesto elettorale (lo fa notare sempre Aspesi) non c’è una a sol volta la parola “donna”; al massimo l’aggettivo femminile, quasi sempre collegato con i sostantivi ‘infanzia’, ‘famiglia’, e anche ‘giovani’ e “disabili’.
Essere donna non significa essere la migliore e la più brava.Ho sempre contrastato questo concetto poco ideologico e molto consolatorio: non ho nulla in comune con la Meloni o la Santanchè e ho molto in comune, per dirla con Natalia Aspesi, con il maschio Pisapia.
Insomma, probabilmente Giorgia Meloni vincerà le elezioni e sarà il primo Presidente del Consiglio donna. La rispetterò e attenderò quello che riuscirà a fare non in quanto donna o mamma o cristiana, ma in quanto esponente di un partito chiamato fratelli d’Italia, un nome che non possiamo neppure modificare in fratelle o sorelli d’Italia.
Non tutte le donne voteranno certe donne.
Io sono felicissimo di poter votare una donna. E lo farò, ma non sarà Giorgia Meloni.




20.8.22

Tantissima solidarietà, ancora, al dott. Nganso - Patrizia Cadau

Antefatto



Andi Nganso ha 35 anni, è un medico di origini camerunensi. Arrivato in Italia nel 2006 per studiare medicina, dopo aver lavorato per la Croce Rossa italiana, inizialmente nei centri di accoglienza di Lampedusa e Bresso, poi a Roma, da qualche mese è medico di urgenza ed emergenza in Veneto. Era in servizio al pronto soccorso di Lignano Sabbiadoro (Udine) quando, per via della propria pelle, si è visto scaraventare addosso da un paziente, un uomo di circa 60 anni della provincia di Treviso  una serie ininterrotta di insulti razzisti. “Non toccarmi, sei nero!”, “Preferivo due costole rotte che farmi visitare da un ne**o”, gli ha urlato l’uomo. Parole che restano cristallizzate in un audio registrato nel mezzo dell’aggressione.


 Io non avrei mai immaginato, quando ero molto più giovane, che mi sarebbe toccato vivere in una società così scoraggiante.Avevo fiducia nel futuro, la gente che pontificava di razzismo, odio, mi sembrava miseria umana destinata a implodere nella propria merda culturale.I miei coetanei, cresciuti a pane, catechismo e ora di religione, mi sembravano gente normale, umanamente parlando, chi più e chi meno, e insomma ero certa che da lì a poco, l'arretratezza sarebbe stata nebulizzata dalla cultura, dalle conquiste sociali, dai valori umani.Mi sembrava che quelli che ancora additavano la gente sui barconi (allora arrivavano dall'Albania, per dire), o se la prendevano con i terroni o i neri, fossero solo vecchi stronzi, o giovani stronzi, comunque destinati progressivamente all'isolamento sociale.Insomma non ero io quella strana

A cinquant'anni mi ritrovo a sentirmi strana, in una società che disprezzo profondamente, con due figli adolescenti a cui cercare di spiegare che è l'impegno dei singoli a fare la differenza, anche se per quanto ci si possa impegnare alla fine si è travolti dalla massa. Una massa di analfabeti, cattivi, violenti.E così ecco spiegata la mia reazione alla storia di un medico italiano, Andi Nganso, insultato da un paziente perché nero, insultato al punto da dover fare intervenire le forze dell'ordine.Insultato insieme alla collega infermiera, anche lei oggetto di insulti perché donna.Il tutto in un pronto soccorso di un ospedale veneto.Peraltro, Andi Nganso, non è nuovo a questo tipo di aggressioni.Niente.Io me ne tiro fuori, non ho armi, risorse per fronteggiare questa melma subumana, non ho più risorse neppure per me.In sintesi, alla fine, quella diversa sono diventata io.Tantissima solidarietà, ancora, al dott. Nganso.

i giovanii non sono solo bimbiminchia

 


19.8.22

Nella casa famiglia di Napoli che ospita la bimba vittima della violenza dei genitori, segregata tra indicibili sofferenze: "Non parla, ma adesso ti guarda se la chiami"



da   repubblica  



Elsa a 9 anni "impara a vivere e ti stringe la mano": coccole, frullati e peluche







Ha il sorriso obliquo di chi per 9 anni di sorrisi non ne ha fatti a nessuno e non ne ha ricevuti. I fratellini che la nutrivano di nascosto dai genitori, con quel che avanzava loro di latte e biscotti, le dimostravano affetto così, preoccupandosi che sopravvivesse all'abbandono, nel migliore dei casi, e alla violenza cieca di genitori che l'hanno rifiutata da sempre. Picchiata, maltrattata, e chissà cos'altro.








Ma adesso Elsa, nome di fantasia, ha una casa colorata e pulita, attrezzata e piena di giocattoli. Un nido, finalmente, dove comincia per lei una nuova vita. Circondata da altri 5 bambini, il più grande ha 13 anni, e soprattutto dalle cure e dall'amore del gruppetto di educatori, infermieri e terapeuti che gestiscono "La casa di Matteo" a Napoli. Una struttura socio assistenziale che ieri ha aperto le porte a Repubblica.



Elsa ha finalmente, qui, la possibilità di rimettersi in piedi. "Camminerà? Correrà come tutti gli altri bambini? Non lo sappiamo - spiega Matteo Cudemo, il ventottenne coordinatore educativo della struttura - . Presto cominceremo un recupero attraverso la psicomotricità e la logopedia. Ma innanzitutto vogliamo che Elsa capisca cosa vuol dire essere amata".







E forse i primi passi in questa direzione la bimba li sta già facendo. Dopo che per 9 anni non è esistita agli occhi del mondo, pur essendo registrata all'anagrafe in un paese in provincia di Caserta, dopo che è diventata un fantasma per il sistema sanitario, come per quello scolastico o assistenziale, Elsa si guarda attorno curiosa del mondo.
Era un nulla lasciato a terra a marcire, gli arti spezzati in più punti per le percosse e saldatisi storti, le anche fuori sede, la schiena che non ha imparato a stare diritta, né in piedi né stesa. Ora ha un divano sul quale siede, circondata da cuscini che le impediscono di cadere, e finalmente un amico: è un altro ospite della struttura, ribattezzato "Kung fu Panda", un ragazzino forzuto quanto affettuoso che ha scelto proprio il posto vicino a lei, sul divano, per guardare e mostrarle i cartoni animati che vanno a manetta sul suo tablet.



La pietà di un vicino che ha segnalato la presenza della piccina alle autorità comunali ha permesso il giro di boa nella vita di Elsa. È intervenuto il Tribunale per i minori, poi per un mese la bambina è stata ricoverata nell'ospedale pediatrico Santobono (mentre i genitori sono finiti in galera e i fratellini affidati a una casa famiglia).
Infine, la struttura in cui Elsa ha cominciato persino a mangiare, dopo 9 anni di denutrizione. Non ha imparato ancora a masticare, ma sono bastati pochi giorni di omogeneizzati e frullati, come fosse un bebè, per farle apprezzare i sapori nuovi e destare in lei la curiosità per il cibo. "È un ottimo segno", dicono gli operatori che la seguono e che non disperano, sin dai prossimi giorni, di poterla "svezzare".



Elsa ha finalmente un lettino, arancione, con i pupazzi sulle lenzuola. Il suo recupero passa anche da lì, dalla normalità dell'infanzia che sin qui le hanno negato. E dall'affetto di chi, per la bimba è un miracolo, la pettina e le raccoglie i capelli in codini, la bacia e la coccola. Elsa avverte la loro delicatezza. E lo dimostra imparando, giorno dopo giorno, ad alzare lo sguardo quando si sente chiamare con un vezzeggiativo. La bimba non sa parlare. Non ha sin qui conosciuto parole d'amore.
Chiude gli occhi se incrocia sguardi estranei, ritrae il visino se le giunge una carezza, ma stringe la manina a pugno se al palmo le si accosta un dito, come il riflesso dei neonati che intenerisce i genitori. In Elsa è ben più di un riflesso. Alle dita dei giovani operatori della "Casa di Matteo" si aggrappa come a dei salvatori; e Flavia Crisci, educatrice di 24 anni, confessa: "Non ho esperienza della maternità, ma credo che l'amore per Elsa si accosti straordinariamente a quello che proverei per un figlio. Speriamo che qui Elsa possa rinascere". E dimenticare la casa dell'orrore e i genitori orchi.



La struttura socio assistenziale che la ospita è dedicata ai bambini fino a 13 anni non normodotati. Fu fondata cinque anni fa da Luigi Volpe - che aveva appena perso il figlio Matteo - e dall'attuale assessore al Welfare della giunta Manfredi, Luca Trapanese. Proprio Trapanese ha accompagnato il presidente della "Casa di Matteo", Marco Caramanna, a prendere la bambina in ospedale, una settimana fa. "Benvenuta piccola - ha detto l'assessore - da oggi inizia una nuova vita dove la violenza e l'incuria cedono il passo all'amore e alla cura".
E dopo i primi giorni in cui si spaventava per ogni presenza estranea, ora ci accoglie facendo smorfie che non raccontano timore, ma fiducia. La presenza dei visitatori non la turba, ma certo le coccole vanno centellinate per non infastidirla. Di certo quel sorriso obliquo racconta, oggi, che la bimba ha capito che qui la violenza non è di casa.

18.8.22

gli anni più belli di Gabriele Mucino

 


Gli anni più belli è un film del 2020 diretto da Gabriele Muccino . Il film racconta la storia di quattro amici, interpretati da Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria, nell'arco di 40 anni, dagli anni ottanta a oggi.

Un film  senza infamia e senza lode  uno dei tanti film  che fanno leva sulla nostalgia dei bei tempi andati Uno di quei film  fatti  ( o quasi ) con lo stampino che offre il cinema italiano da 30 anni a questa parte  ad  iniziare  dai  capostipiti  :  1) Il grande Blek film del 1987 diretto da Giuseppe Piccioni, con Sergio Rubini .,  2  ) Italia-Germania 4-3 un film italiano del 1990 diretto da Andrea Barzini. Il titolo è ispirato alla semifinale di calcio dei Mondiali di calcio di Messico 1970.
Gli anni   più belli  viene  salvato   da un  cast eccellente e con degli ottimi esordienti la cantante. Emma compresa .E colonna sonora le cui musiche  sono composte da  Nicola Piovani una garanzia dopo Morricone  ed ,soprattutto il pezzo inedito che da il titolo al film  ,di Baglioni . Un film niente male , passabile per una serata televisiva piatta  fatta di repliche ed  di programmi  insulsi , propaganda politica , pieni d'interruzioni pubblicitarie ( anche  sic quellaa pubblica di cui paghiamo il.canone  ) Una delle  cose decenti su una piattaforma  ( Netflix ) piena di polpettoni , film da cassetta, al 80\90 % di mediocre  / pessima qualità. In mancanza     di meglio è  un  ottima  scelta   per passarci  la serata  . 


Era il 18 agosto 2015 quando Vincenzo Curtale è diventato, suo malgrado, un piccolo grande eroe di Giampaolo Cassitta

 Era il 18 agosto 2015 quando Vincenzo Curtale è diventato, suo malgrado, un piccolo grande eroe salvando la vita ad altri ed offrendo la sua. Questo pezzo uscì sulla Nuova Sardegna e ve lo ripropongo per riflettere, per amare il mare e per rispettarlo.

E per ricordare gli eroi.
Bisogna amarlo molto il mare. Occorre sentirne il frastuono anche quando è calmo, riconoscerne gli umori, assaporare i colori che disegnano tutto il nostro orizzonte. Dal mare non si fugge. Lo sa chi arriva sulla battigia a scrutare tramonti e sperare che all’alba qualcuno o qualcosa ti trasporti verso
un’altra terra, verso un’altra vita. Lo sanno i marinai che raccolgono amori e regalano promesse, tra i porti gonfi di salsedine e di odori tra il fritto e la malinconia. Lo sanno i sardi che lo vivono dalla nascita come un solco azzurro adatto alla solitudine e alla bellezza. Il mare si muove. Per questo va ascoltato. I turisti dedicano un approccio fugace ai contorni. In vacanza conta vivere intensamente l’attimo e postarlo sul social, affinché tutti possano ammirare il luogo e la percentuale di azzurro e di limpidezza del mare che incontri. Come quello di Sardegna. Il mare trasporta. I bambini lo sanno e raccolgono metri cubi di spiaggia, costruiscono paesaggi fantastici che, come d’incanto, quel mare sornione e silente, pian piano riporterà nel suo ventre. Il mare si rispetta. Lo dicono i vecchi e lo insegnano ai giovani. Ma i giovani, a volte, non ascoltano. Non solo. Ci sono giovani cresciuti e rimasti piccoli ed esuberanti, con il viso stagliato per la sfida perenne: uomini capaci di sfidare il drago con le proprie mani. Ma non conoscono il mare. Non sanno della forza e della costanza dell’acqua, della naturale ed egoistica propensione a raccogliere tutto, a limarlo e arrotondarlo. Questo fa il mare e lo fa inconsapevolmente: elimina gli angoli delle cose. Lentamente ma inesorabilmente. Bisogna amarlo molto il mare e rispettarlo. Lo osservi lontano e ne misuri le onde, quelle braccia che accolgono e ti spostano. Diventi un fuscello quasi invisibile nella schiuma, diventi conchiglia da levigare. Il rispetto ti porta a contemplarlo in silenzio quel mare. Ecco: tra le tante cose che non si riescono mai a fare d’estate è quello di sedersi sulla battigia e registrare il rumore del mare. Non si ha mai tempo per queste cose. Ci servono i tuffi e la sfida tra noi e lui. Eppure, a ben leggere, ci sono sempre racconti terribili, di un mare cattivo e nemico che ha ucciso uomini e donne. Anche bambini. Ma il mare, per alcuni, è solo lo strumento per coltivare speranze. Sono i mezzi con i quali si affronta ad essere sbagliati. Figuriamoci, poi, se si sfida così, a mani nude, per una nuotata tra le onde alte e spumose, per un’istantanea da regalare agli amici che potrebbe diventare l’ultima foto della tua vita. Come è accaduto a Cabras, nella penisola del Sinis, mare forte e dolce, lento e smisurato ma quando si muove, da rispettare. Vincenzo Curtale, un uomo di 41 anni, sardo, con addosso il rumore del mare lo aveva capito subito. Non faceva il bagno. C’erano altri a farlo. Ad ingoiare onde e sorridere dentro un’acqua che avvolgeva e ti allontanava dalla riva. Lui, ha capito quello che stava per accadere. Lui ed altri amici si sono buttati dentro quell’acqua forte e rigogliosa nel tentativo di salvare chi, invece, quell’acqua non l’aveva saputa non solo sentire, ma neppure osservare. Non c’è riuscito. Ha salvato gli altri ma lui non è morto. Da quell’acqua è nata la tragedia, la polemica sui soccorsi, l’impossibilità di presidiare tutte le coste della Sardegna. Perché è sempre così: la colpa è sempre di qualcun altro. Se c’è un incidente cerchiamo l’Anas, se tuo figlio di sedici anni muore per una pastiglia di ecstasy, la colpa è della discoteca. Adesso la polemica è legata alla mancanza di soccorsi, in un luogo quasi solitario, non il lido di Alghero o Platamona o al Poetto. Bisogna amarlo molto il mare. E rispettarlo e capire quando si può affrontare con un sorriso e quando, con lo stesso sorriso, si deve solo fotografare. Per questo eroe moderno ci saranno solo poche parole. Il mare avrà anche i suoi occhi, come quelli di molti migranti. E’ un quadro di Picasso, il mare. Da contemplare e da decifrare.

Don Franco Barbero, il prete che sposa i gay, ha una moglie e fa celebrare le donne. in quanto L'amore è sempre un dono

 non mi  sono pentito  d'aver intervistato    ( qui la mia  intervista  con annesso il  suo blog  ed i suoi contatti )   a Don Franco Barbero,


il prete che sposa i gay, ha una moglie e fa celebrare le donne. in quanto : << L'amore è sempre un dono>>. Infatti    Quello che  lui ha  subito     si   Formalmente si chiama «sospensione dal servizio».

frame del video   che trovate  sottto


 I più la chiamano scomunica. Per don Franco Barbero, il prete di Pinerolo che unirà in matrimonio Federica e Isabel, ex suore missionarie, è arrivata nel 2003, quando poteva già definirsi un anziano. È rimasto senza un tetto, senza cibo, senza soldi. Lo ha ospitato la comunità in cui oggi vive e a cui si rivolgono coppie omosessuali, ma non solo, da tutta Italia. Franco Barbero è un prete che, nonostante l’esclusione dalla Chiesa, continua a sposare coppie gay e lesbiche. Celebra l’eucarestia. Nel pinerolese è amato da tutti. Molti lo considerano un paladino dei diritti. Oggi ha quasi 80 anni. È stato lui a ospitare le due suore in comunità e ad aiutarle nella ricerca di una casa e di un lavoro. «Stiamo facendo un bel cammino insieme, sono due donne molto positive – racconta - ho un gruppo con cui facciamo un percorso. Ci sono anche loro. Amare la chiesa vuol dire aiutarsi a liberarsi. Dio vuole la felicità – dice don Barbero – e quando la chiesa crea leggi oppressive bisogna avere il coraggio di dire che invece Dio è bello e che ci vuole felici.
«Io ho quasi 80 anni – racconta  ad  un intervista  di qualche  tempo  fa  a l corriere  della sera    - e ho visto tanta gente soffrire in nome di Dio. Ma era colpa della Chiesa, non di Dio. Ho avuto una vita bellissima. In mezzo ai poveri, per la strada». La scomunica del 2003 non ha cambiato nulla. «In verità nella mia diocesi continuo a professare – spiega l’uomo espulso dalla gerarchia ecclesiastica – cioè è come se la scomunica non ci fosse stata. Prima c’è l’obbedienza a Dio, poi il diritto canonico». E così don Franco continua a dire messa – « celebro l’eucarestia nella comunità dove risiedo, e paghiamo l’affitto per starci» – e viene chiamato in molte parrocchie per farlo. «Ricevo molti inviti – ammette – effettivamente, nonostante la sospensione, mi chiamano davvero in tanti. Non ho fatto né soldi né carriera nella mia vita, vivo con le persone di strada. Ma sono molto amato. Da quando la chiesa mi ha sospeso mi aiuta la mia comunità, non mi serve niente. C’è solo da vivere. E la vita è bellissima ». Punto di riferimento Don Barbero è diventato un punto di riferimento per molti cattolici respinti dalla Chiesa. Per gli omosessuali, ma anche per coloro che hanno preso i voti e che scoprono di volere vivere la loro sessualità. Il suo blog – «non lo so usare, perché sono un analfabeta di internet» – è uno dei mezzi con cui dialoga con le persone. «Ricevo tantissime lettere al giorno», dice, e ricorda che Isabel e Federica lo hanno trovato cercandolo da lontano. «Dall’Africa mi hanno contattato. Ho sentito da subito una profonda sintonia e loro si sono affezionate a me. Io a loro. C’è tanto bisogno di ascolto. Io amo più le persone che mi fanno delle domande che quelle che dichiarano certezze».  Sia    questo  articolo    del corriere   sia     sia  quello  riportato  sotto     confermano  qiuello che  dicevo all'inizio    sono orgoglioso  di  averlo intervistato  


da repubblica

"Ratzinger licenzia il prete che sposa i gay" titolavano i giornali nel marzo 2003. Un provvedimento pontificio che non ha comunque impedito a Franco Berbero di continuare a celebrare nella sua comunità e di seguitare nel farsi chiamare "don", titolo che a Pinerolo nessuno sembra mettere in discussione.



 "In quasi 60 anni di ministero ho sposato 690 coppie omosessuali" racconta con orgoglio don Franco nello studio della casa in cui vive con la moglie. A 83 anni suonati snocciola con grande precisione i ricordi della sua memoria: racconta di quando, giovane prete, pensava che la Chiesa avesse in mano la verità e dei successivi anni pieni di dubbi, incontri e pregiudizi infranti. "Nel '63 un ragazzo omosessuale mi fece conoscere il suo compagno. Quell'incontro mi ha cambiato la vita. Nel '71 fondai un gruppo di incontro per i gay e 7 anni più tardi cominciai a sposarli" ricorda don Franco. Una pratica da subito condannata dai suoi superiori ma che esplose definitivamente solo nel 2000 quando, in occasione del giubileo, il prete di Pinerolo si spinse a dire che l'omosessualità è un dono. "Non volli mai ritrattare quella frase, sarebbe stato scorretto nei confronti di quello che avevo fatto e nei confronti della mia comunità". Nel 2003 viene dimesso dallo stato clericale, ma don Franco non ha mai rinunciato a portare avanti il suo ministero in disobbedienza ai diktat vaticani. Nelle sue comunità di Pinerolo, Torino e Piossasco continua a celebrare matrimoni tra gay, lesbiche e trans, ha una moglie e permette alle donne di amministrare l'eucarestia. "Con la sua chiusura, la Chiesa sta perdendo tantissime chiamate di Dio - racconta con le lacrime agli occhi -. Tante persone si stanno allontanando convinte che per far parte della Chiesa sia necessario avere un tesserino: o sei maschio eterosessuale o rimani fuori. Io dico che questo messaggio compromette il Vangelo".
 
di Davide Cavalleri