30.3.11

L'alieno


...e di nuovo arriva il buio, lo sgomento, il tedio di giornate sfatte, ceree, anguste. Giornate irrisolte, così pesantemente vuote, in cui ci si sente inani, come un orologio sbilenco.

Giornate in cui constati che non può migliorar nulla. Giornate disgustate, dove ti lasci travolgere dall'ubbia. Perché ingiustizia e prepotenza ti assediano oltre ogni tollerabilità.

Poi ti càpita di sfogliare un giornale e d'incrociare lo sguardo di lui: un musetto rincagnato, una curiosità inespressiva d'uccello, spumeggiato dai primordi della terra. E d'incerte acque.

Nato su una zattera della disperazione, tra Italia e Africa, tra Eritrea ed Etiopia, fuggite a loro volta dalla Libia dilaniata e dilaniante verso gli ospiti neri. L'hanno chiamato Yeabsera, dono di Dio. Internazionale, di tutti, come di tutti è il dolore, ma anche la gioia. Ci spiazza, quel bambino, perché davanti ai suoi occhi si crea un immediato vuoto; non lo spleen, ma un calore sospeso, un fiato, un silenzio d'ovatta.

E sappiamo tutto. Non viviamo in tiepide case. Intorno querimonie, lagnanze, dolore e, ancora, voci naturali di giustizia. Su cui menti rapaci sono pronte a speculare. Ma un bambino è sempre un miracolo imprevisto. Un atto contro natura (Ungaretti) nel momento in cui pretende, prim'ancora del pensiero, il suo diritto al mondo. Al resto, attorno, per un istante almeno, non vogliamo pensare. Lasciateci ancora di fronte a quel fiat. A quell'"io sono" così disarmante e severo nella sua totale, sgombra innocenza.

Morning has broken di Cat Stevens (Youssef Islam)





29.3.11

dopo l'ennesimo due di picche ho deciso smetto di cercare l'amore se viene viene se non viene pazienza

Perché tante persone si sentono sole? Perché è in loro stesse, è nella loro mente e nel loro cuore che hanno creato quella solitudine.
In realtà non si è mai soli. Lamentarsi di essere soli significa dichiarare che si manca di amore; ma si manca di amore perché non si ama.
Quanti uomini e donne si accontentano di sognare l’amore! Attendono il principe o la principessa delle Mille e Una Notte, ed è per questo che si sentono soli: perché aspettano l’amore, e non lo cercano in loro stessi. L’amore che aspettate non verrà mai.
L’amore, non lo dovete mai aspettare: è dentro di voi. Lasciatelo uscire, lasciate che si manifesti e che s’irradi: è il solo modo per incontrarlo veramente.

Omraam Mikhaël Aïvanhov

martedì, 29 marzo 2011 Addesso è la francia che ci rimanda a ventimiglia i tusini la repubblica biorghese che offende le sue tradizioni di libertè fraternitè legalitè





Addesso è la  francia   che  ci rimanda  a  ventimiglia i tusini  la  repubblica biorghese   che  offende le  sue tradizioni  di libertè  fraternitè legalitè




Era prevedibile, alla faccia dei miei  che mi dicono  che ho troppa fantasia , che saremo arrivati alla caccia  all’uomo . Gli abitanti di lampedusa e dintorni  stanno passando dalla  ragione  al  torto  , e lo stato che  fa  ? pensa  alla legge sulla giustizia pur  di rimanere attaccato alla poltrona ed evitare che il  suo leader( e nelle maglie della legge anche loro ) processati  . i cavilli e i garbugli già creati non bastano  più ? . Ora lancio una provocazione , chi se ne  frega  se  gli amici e gli utenti di una determinata formazione culturale e politica\politika mi scambieranno per  voltagabbana o banderuola ., e  quelli dell’altra  come la pecorella smarrita o  il  figlio prodigo che  torna  a casa . La provocazione  è  questa in attesa  che il governo italiano si decida  a fare un testo unico sull’immigrazione e sul diritto d’asilo  piu’ umano .
Fare accordi  non abbandonato con la Tunisia per bloccare il traffico ma con le altre nazioni della Ue perché se ne prendano  loro anche  un po’ visto che molti  scappano dicendo  di voler  andare in Francia  dove hanno  parenti 
Snellire la procedura troppo farraginosa e ingarbugliata per ottenere l’irregolare a regolare


28.3.11

MUSICA

 


mi chiedono perché violo il copy right guardando e scaricando  dalla rete film o cd appena usciti .Ecco la risposta . Perché la musica dev’essere libera  non in mano  alle major  e allo stato  . Se fosse a poco prezzo  ed la legislazione sui diritti d’autore non farraginosa come dimostra  questa  inchiesta  di report va poco a gli autori il resto va  ad  ingrassare  lo stato e le major  . Infatti un mio amico  era  nel comitato della festa patronale di qualche anno fa è volevano portare  alex britti e bennato ma  volevano  60 mila € ,  hanno ripiegato su Marco Masini e il suo gruppo di 3\4 elementi che ne  ha chiesto 20 mila € . Chiacchierando con loro ha detto che la maggior parte se ne va  in tasse, Siae  ( che sono esagerate )  e commercialista e prendono  a testa   si e no  1000 \1200 € . E poi , cosi rispondo anche a chi mi chiede perché cito continuamente  canzoni  e uso “ colonne sonore  “ , la musica non importa il genere purché abbia una melodia e un ritmo   cioè non sia  solo  rumore  come lo sono ( ovviamente è soggettivo ma questa è l’esperienza  che  mi  sono fatto ascoltandola . Infatti è  questione di  gusti ma soprattutto  dipende dal tipo d’educazione musicale  e all’ascolto ricevuta o scuola ed in famiglia . Oltre  che  dall’ascolto senza essere prevenuti o con pregiudizi ed giudizi aprioristici ) certe musiche  della discoteca : << a  quei tempi la musica era cosi brutta  che bisognava  drogarsi o  ubriacarsi (  corsivo mio  )  per poterla sopportare .per  ballare  s’intendeva  agitare il proprio centro nervoso finché a  cervello non arrivava una sensazione di felicità  di cui all’esterno non si vedeva traccia   (…) >> ( introduzione  a la  discoteca  di Sabrina Guzzanti  da REPERT R(a)IOT colonna sonora ).La musica  qualcosa d’intoccabile ,che  dev’essere libera  e per tutti  non solo per pochi  per chi può permetterselo e che nessuno  dovrebbe  né incatenare né rubare ( con plagi più o meno diretti o facendo pagare  per  poterla fruire prezzi troppo alti  ) . Una forza invisibile  capace d’unire  e di creare  storie  come  questa  storia di Pippo - reporter  in  il pianista suonato  
 una  Foto da me scattata  con la digitale  e  tratta da Topolino  n °2887  più precisamente  I-2887-2 (  testi di Teresa Radice- disegni di Stefano Turconi ) 

e unire  \ legare  fra loro storie  che  aprioristicamente  ed a prima lettura sembrano  lontane    e  banali  come  gli articoli che trovo nel web e che  riporto qui  sui  due  blog  Di farci vedere  con le nostre orecchie  e di viaggiare  con la mente  cioè  sognare  e e fantasticare
Di resistere e trovare pace ( infatti m’addormento con la radio accesa ) , tranquillità \  calma (  nella maggior parte dei casi ).









Un antico rimedio  fato di  ritmo e melodia , spontaneità  infatti  e con questo video concludo





a presto Gente

il sonno


L’ispirazione  per il post  d’oggi mi viene  dal calendario da tavolo  (o portatile ) di quest’anno, più precisamente dalla  data del 19 marzo edito da http://www.paroledivita.org  regalatomi da  un amico ( in realtà è un amico  di amici )  di religione \ credo evangelico.   
 La frase in questione  che mi’accingo ad interpretare  è questa : << Fin quando, oh pigro,te ne starai coricato ? quando  ti sveglierai dal tuo sonno? >> ( Proverbi 6:9).              
Ora il sonno ( e siamo tutti d’accordo) è necessario nella  vita di tutti  gli esseri viventi . Ma non dobbiamo esagerare , onde evitare  che si passi ad un altro tipo di sonno , quello  psichico \ mentale  che ci allontana dalle nostre responsabilità .Dobbiamo essere attenti per  essere padroni di se stessi ( cit musicale ),essere svegli , guardare davanti a noi e chiederci o senza ovviamente esagerare ed opprimerci / tormentarci  se siamo sulla strada  giusta o a qualcuno\a  di cui ci fidiamo o  chiedere a Dio ( sia che  si creda in maniera laica - spirituale  sia  che  si creda in modo  dogmatico ) d’indicarci il cammino  da percorrere e poi decidere  con il libero arbitrio il suo più  grande  dono   se


 

<

seguirlo criticamente oppure acriticamente oppure non seguirlo affatto e procedere per  conto  nostro.Solo cosi  possiamo evitare  gli effetti collaterali  (cinismo esagerato , apatia , indifferenza , edonismo , pensiero  unico ed  appiattimento ed  morale \ spirituale ci portano a restare  fermi  nella nostra immobilità’  che  ci fa  diventare sempre  più pigri  e  non solo . Ecco quindi che se  nella nostra vita quotidiana  o  opera  d’arte  se non siamo  vigilanti ed attenti (  vedere  secondo url ) rischiamo di diventare  totalmente  morti viventi o rimanere vivie  non morti che  camminano  che  non distinguono più : la regola dall’eccezione ( parafrasi di vecchi amici di Francesco de Gregori ), il bene dal male che  ci sta attorno ma soprattutto  s’annida   dentro di noi .Solo noi ( poi ovviamente dipende dal punto di vista :-) ) possiamo e dobbiamo prima che sia troppo tardi liberarci  o quanto meno attenuare quel torpore \  dormiveglia  che  sta prendendo prepotentemente piede   non solo in noi ma nel paese ( salvo qualche sacca di resistenza sempre  più effimera ). Ma se non  ci facciamo forza , se non ci scuotiamo finiremo per distruggere non solo tutta  la  nostra  vita  passando dal sonno alla morte lasciando ai posteri  solo macerie  ed incertezze . Rendendo vano  e  distruggendo  \  gettando via    e rendendo vano  i sacrifici  di lacrime  e sangue  fatti  dai nostri avi  che  per  noi sono morti ed  hanno  sputato l’anima per  noi combattendo  ( re,padroni fascisti & nazisti ) o  sacrificandosi  (  emigrazione  dal sud  al nord  o nei paesi europei  dal secondo  dopo guerra  ) . E’  questo che vogliamo  ? Io N   voi non  so

27.3.11

guardare al futuro senza scordare da dove veniamo e chi siamo la storia de La bambina e il gruccione Gabriella Belloni,di Santulussurgiu laurea in Filosofia che ha traformato la sua casa natale in un albergo


Lo so che potrò sembrare nostalgico visto che  in questi due blog  riporto storie del passato o quanto meno legate ad esso , e che dovrei  come  mi suggeriscono  in moltii  lasciarmi  alle spalle  il passato e guardare al futuro .In parte  loro  hanno ragione  non si puà  rimanere  sempre  rimanere  prigionieri del  proprio passato ma   è altrettanto vero   che  dobbiamo  : << Una perfecta excusa para aprender a querernos\Es mirar al pasado con ansias de futuro \ Dejar la puerta abierta a todo caminante \Porque las sendas justas se hacen entre todos  (....) >> Qui  il resto del testo , che poi  è la colonna sonora  del post  d’oggi,di Una Perfecta Excusa  dei Modena City Ramblers  tratta dall’album Radio Rebelde 2002 ). Infatti non si può  guardare  al futuro  e andare avanti  senza  aver  sapere  chi siamo  e  da dove veniamo e cercare  d’integrarlo  con il presente  come la storia che mi  accingo a riportare  .
  
Unione sarda  del  27\3\2011
di GIORGIO PISANO pisano@unionesarda.it

A Roma, dov'è nata e abitava, si è laureata in Filosofia all'università La Sapienza. Segnali premonitori? Ogni tanto, ma solo ogni tanto, le tornavano lampi delle vacanze estive trascorse in un paesino della Sardegna, a casa dei nonni. Da bambina era rimasta colpita dai gruccioni, uccellini coloratissimi che arrivavano insieme a lei coi primi caldi e insieme a lei se ne andavano alla fine dell'estate.
Gabriella Belloni  ( foto  a sinistra  ) 
non poteva immaginare che il destino avrebbe continuato ad aspettarla lì, all'angolo tra i ricordi di un'infanzia felice e le pietre scure di Santulussurgiu. Dopo la laurea, si è trasferita a Monaco di Baviera: anni e anni a spulciare manoscritti del '500 e del '600, le mani protette da guanti per non lasciare impronte e, ulteriore sicurezza, perfino un velo di plastica trasparente per non contaminare in alcun modo quei tesori della scrittura. Appassionanti per chi, come lei, studiava le radici storiche dell'Accademia dei Lincei, addirittura sacri per il suo docente tedesco che li trattava come reliquie d'un santo.
Alla fine, quando si è trattato di dire sì o no, insomma stabilire se mettere casa e vita in Germania, Gabriella s'è fatta prendere da quelle che un grandissimo scrittore ha chiamato le intermittenze del cuore. «A Milano mi aspettava il moroso e su Milano ho fatto rotta». Ci è rimasta diciott'anni, il tempo di far crescere due figlie e coltivare la certezza che la casa dei nonni sarebbe diventata col tempo un richiamo irresistibile.

L'Antica dimora del gruccione, stupendo palazzotto di pietra lavica e antiche travi di quercia, è oggi un albergo diffuso. Si chiamano così quelle strutture ricettive nate dal restauro di vecchi edifici nei centri storici. Nessuna manomissione mattonara, semmai quel che si dice recupero conservativo. Gli alberghi diffusi (in Sardegna ne funzionano altri tre) sono nati secondo una precisa e rigorosa indicazione di legge. Il Gruccione ha dodici stanze, una sala d'accoglienza che sembra presa da un libro di Grazia Deledda, pavimenti d'epoca, camere tutte diverse. Può sembrare un paradosso ma ha un'eleganza infinitamente superiore a certi hotel smaccatamente opulenti di Porto Cervo.
Il Gruccione è anche sede periferica dell'università di Scienze gastromiche (la centrale è a Pollenzo, in Piemonte), braccio operativo dello Slow Food, associazione che sostiene il consumo dei prodotti locali e manifesta una forte ideo-allergia (ideo in senso di ideologica) nei confronti dell'industria alimentare di massa. Tutto questo per dire che sarebbe banale definire il Gruccione una locanda: basta metter piede nel minuscolo giardino d'ingresso per capire che qui si respira un altro mondo dove neppure per un attimo ci si può sentire intruppati, sia pure intruppati di lusso.
Gabriella Belloni, classe 1950 portata con leggerezza e distacco, indossa una kefiah verde-libico in tinta con gonna e maglione. Il giovanissimo chef (Roberto Flore, che è poi suo genero) ha invece la kefiah tradizionale bianconero-arafat su jeans e camicia. Insieme alle figlie - Lucilla e Carolina - l'albergatrice filosofa si è lanciata in una sfida difficile. Sfida che per il momento sta vincendo: mai crisi salvo due brevi momenti morti dell'anno: novembre e metà gennaio

Lei faceva tutt'altro. Ricercatrice di filosofia.
«Studiavo la storia della Scienza tra '500 e '600. La scoperta del telescopio e del microscopio ha mostrato un mondo nuovo e fino allora invisibile. Per approfondire questo tema mi sono trasferita in Germania con una borsa di studio. Era la fine degli anni '70 e Monaco il simbolo di un Paese in straordinaria crescita».
Perché abbandonare, allora?
«La mia stagione tedesca, che definisco aurea, è durata sei anni. È stata un'esperienza indimenticabile. A ogni scadenza di contratto ero combattuta, rimandavo la partenza: il fatto è che avevo fidanzato a Milano».
In Italia non c'era possibilità di lavoro?
«Non creiamo equivoci: io non sono una intellettuale precaria, un cervello in fuga, un'emigrata della cultura. Ho voluto andare all'estero per approfondire: era una scelta, non una strada obbligata. Al rientro in Italia ho continuato a lavorare per la Treccani e per l'Istituto degli studi filosofici di Napoli».
Com'è che ha deciso poi il trasloco in Sardegna?
«È questa casa che ha deciso, non io. Mio fratello non era interessato a tenerla ( che ce ne facciamo di una proprietà in un luogo così lontano dalla nostra vita?). Io non me la sentivo di venderla: qui, le tante volte che mi capitava di venire da bambina, stavo bene. È la casa dov'è nata mia madre, dove i miei nonni mi ospitavano d'estate. Grande quanto basta (ottocento metri quadrati) per tenere in piedi una continuità della memoria fitta fitta».
Insomma, s'è fatta prendere dalle intermittenze del cuore.
«In un certo senso, sì. Alla fine degli anni '90 l'Unione europea ha pubblicato i bandi per la creazione degli alberghi diffusi e per la prima volta mi sono ritrovata a pensare di cambiare radicalmente esistenza».
Stufa dell'altra vita?
«No. Roma, Monaco e Milano mi hanno dato moltissimo. Quando però si è trattato di fare il salto e trasferirsi a Santulussurgiu, nel 2002, ho digerito tutto quello che c'era da digerire».
In che senso?
«Mi sono vaccinata mentalmente contro la nostalgia, contro il fantasma di un possibile ripensamento, insomma contro tutti i rischi che l'operazione comportava».
Impresa titanica fare di una casa un albergo.
«Complessa. Sono stati necessari quattro anni. Le pratiche richiedono tempi lunghi che possono sembrare eterni. Non dico che sia stata un'impresa titanica ma certamente non indolore».
Al limite dell'impossibile.
«Quasi. Per realizzare un progetto come questo occorrono determinazione e spinta ideale. La determinazione ti orienta ad andare avanti quando la burocrazia s'incattivisce, la spinta ideale è quella che ti suggerisce di mettere in pratica un'idea d'amore anziché parlarne e basta. In fondo, si tratta di uscire dalla logica dei mi piacerebbe, se potessi... ».
Non si rischia di restare tramortiti nel passaggio da Milano a Santulussurgiu?
«Per nulla. Non mi chiedo mai cosa può dare un luogo ma come posso scoprirlo. Amo imparare a conoscerlo, capire pian piano i meccanismi che ne regolano la vita quotidiana. A Santulussurgiu ho scoperto il cielo, le stelle che lo riempiono di notte, la terra dove metto i piedi. Non me n'ero mai accorta quando stavo fuori».
Eppoi ci sono i gruccioni.
«C'erano anche quando ero una bimba. Mi sono rimasti nell'anima, non li ho mai persi di vista. Ecco perché questa casa si chiama Antica dimora del gruccione».

Seminari universitari sul casizzolu, sulla carne sardo-modicana (il bue rosso): da queste parti non arrivano solo escursionisti, bikers, mitteleuropei che sperano (sbagliando) di trovare una rete aggiornata e ragionata di sentieri, itinerari segnalati con tempi di percorrenza e lunghezza. Da queste parti arriva anche chi ha un arretrato di libri da leggere, chi vuol scoprire il fascino delle stradine intorno alla chiesa del paese, le case strette e alte di un popolo che fa pochissimo rumore. Gabriella Belloni spiega ai suoi allievi la cultura del territorio, il rapporto tra lavoro e produzione, la necessità di salvarsi scegliendo la qualità. Nel suo “hotel” una camera costa 45 euro a persona (colazione compresa), con la mezza pensione si arriva a 70. Da quando ha aperto i battenti è andato tutto molto bene. «Clientela internazionale», dice lei. Ossia viaggiatori ben informati, che non si muovono a caso. E che pretendono, giusto perché non guasta, che al prezzo pagato corrisponda qualità e servizio inappuntabile. Logica slow food, per capirci: tutto può anche sembrare casuale ma non lo è mai.

Lei parla di turismo sostenibile e integrato: che vuol dire?
«Il punto di partenza è operare in un centro storico che non abbia subito modifiche. Se è intatto diventa una sorta di presidio, di bandiera del territorio. A questo aggiungiamo i cibi e le ricette locali scartando il prodotto indifferenziato dell'agroindustria».
Un turismo tendenza Smeralda dunque le fa orrore?
«Per istinto corporativo non direi mai male dei miei colleghi albergatori. L'orrore non c'entra. Il mio tipo di ricettività ha un'altra logica, un altro stile, un rapporto molto stretto con l'ospite».
Cioè?
«Niente a che vedere con un grande hotel che deve trattare una clientela molto più ampia e differente. Non sono un industriale delle vacanze. Io vorrei semplicemente che questa attività mi consentisse di lavorare onestamente e mi desse una prospettiva».
Gliela sta dando?
«Sono impegnata insieme alle mie figlie e al fidanzato di una di loro. La cosa comincia a girare, funziona insomma. Se il territorio avesse già sviluppato una certa sensibilità saremmo a buon punto».
Critiche e mugugni del paese.
«Non ce ne sono che io sappia, ma è la cultura dell'albergo diffuso che deve crescere. Per quanto mi riguarda ho una stagione di quasi dodici mesi l'anno. Sotto Carnevale ho dovuto rifiutare molti ospiti».
Secondo lei, i sardi sanno cosa sia il turismo?
«C'è molto da fare: la distanza fra sardi e turismo resiste. Manca soprattutto il coraggio di mettersi in gioco, c'è la paura di sbagliare, sentirsi sotto esame».
E di essere professionali.
«Io parlo per me, non ho titoli per fare le bucce agli altri. Quando dico, ad esempio, che proponiamo prodotti locali non bleffo».
In certi agriturismi la carne è polacca, il prosciutto slavo...
«Quello che io garantisco al cliente lo metto per iscritto. In mancanza di prodotti locali, faccio capo al mercato equo e solidale. Mi rifornisco a Cagliari. Proposte chiare, rapporto leale col cliente: l'unico vero segreto è questo».
Scusi, la sua è ricettività di sinistra?
«Nel mio albergo chiunque è benvenuto. Uno che fa il mio mestiere non può fare differenze fra destra e sinistra, ci mancherebbe».
Non ha risposto, signora.
«Chiarita la premessa, non posso negare che ci sia una certa visione del mondo che incide sul modo di essere e di proporsi».
Camere tutte diverse, tocco radical chic, no?
«Fossi una radical chic non sarei venuta ad abitare a Santulussurgiu. L'albergo diffuso è qualcosa di particolare, non è un hotel con stanze vista mare oppure no ma comunque fatte tutte in serie e tutte uguali».
Cosa le manca?
«Niente. Lavoro volentieri con l'università di Scienze gastronomiche. Non mi sento sola: il confronto quotidiano con una clientela sempre diversa mi arricchisce».
Fatta salva la poesia dei gruccioni, tornando indietro?
«Non ho cambiato vita da un giorno all'altro. Ci ho pensato a lungo, ne ho discusso con le mie figlie. Ho valutato, verificato, ponderato. Dopo, soltanto dopo, mi sono corazzata contro il timore di un pentimento tardivo».
E quindi?
«Scegliere mi ha reso serena».



Ascanio Celestini: contro il papa, il duce e il fascimo

26.3.11

che strano paese il nostro celbra in pompa magna le vittime e dimentica gli eroi

come dicevo  dal titolo si celebrano in pompa magna  , e  i familiari  delle vittime  non s'oppongono nolenti o volenti , le persone  che  mandano  (  o scelgono d'andarci perchè ci credono  o vngono indottrinati oppure  per lucro e  facile guadagno  ) al macello nelle  pseudo  o vere  missioni umanitarie  . 
Ma  si scordano. fin quando  qualche  coraggioso  che sfida  i  tabù  di stato  e   non  ,  se ne ricorda   come il caso di Pietro Sini eroe di Nassyria che    è stato riconosciuto  4  anni  dopo  qui la  sua storia
Forse perchè odiano gli eroi vivi, perchè posso raccontare come sono andate le cose...
mentre commemorano in pompa magna gli eroi morti...(cancellando anche la compagna, il caso di Adele Parillo  compagna  di Stefano Olla  reggista morto a nassyria  , che quell'eroe si era scelto nella vita ) perchè i morti non possono parlare ....e protestare come  ha  fatto   lei  quando  fu allontanata  dal Vittoriano  durante le celebrazioni ufficiali  perchè ha sempre detto che << Stefano (e tutti gli altri morti) non era un EROE...ma una VITTIMA. >>
Mentre  i veri eroi   che  compiono  veramente  un atto  eroico  rischiando la vita  vengono o emarginati  ( vedere  caso  sopra  )  o dimenticati    come  quello  di cui  racconto  la storia   nel post d'oggi

Vedi le foto ROMA Si erano dimenticati tutti di lui, g  d'Angelo Licheri, il piccolo uomo di origine sarda, “l'eroe di Vermicino”. Fu quell'ex tipografo magrissimo che 30 anni fa fece trepidare tutta l'Italia con il suo tentativo di salvare Alfredino Rampi. Licheri riuscì a raggiungere il bambino in fondo al pozzo artesiano, 60 metri sotto terra, ma non ce la fece a legarlo per tirarlo su. Walter Veltroni l'ha scovato in una casa di cura dove Licheri vive da solo, in condizioni indigenti, con una gamba amputata per il diabete. Ha raccontato la storia nel suo libro di prossima uscita “L'inizio del buio” e intanto ha avvisato il ministro dell'Interno Roberto Maroni dello stato di salute di questo eroe dimenticato. Ieri Veltroni e Maroni sono andati a trovarlo nella casa di cura San Raffaele di Velletri e gli hanno consegnato un assegno di 10mila euro, erogato dall'Associazione nazionale vigili del fuoco. 
per  chi non conoscesse o ricordasse o volesse ricordare tale fatto ne  trova  una sintesi qui


Oltre uno che va a minorenni nella pdl c'è chi giustifica i pedofili e la pedofilia il caso di daniele capezzone

questo non è un vero libertario maun malato che magari nasconde una tendenza pedofila grave : << La pedofilia ,al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, non può essere considerata un reato">>Daniele cazzo pene ... ehm .. Capezzone,Pdl,consulente di Silvio Berlusconi .
Capezzone  vergognati e dimettiti 

25.3.11

quando il passato può essere una risorsa Montevecchio, così gli ex minatori salvano cimeli e memoria

unionesarda  del 25\3\2011
Gli angeli custodi delle vecchie miniereMontevecchio, così gli ex minatori salvano cimeli e memoria

DAL NOSTRO INVIATO
LELLO CARAVANO (caravano@unionesarda.it )


MONTEVECCHIO Vanno su e giù per i vecchi cantieri, controllano, qualche volta recuperano attrezzi e macchinari, spesso trovano piccoli gioielli meccanici abbandonati nelle discariche di ferrovecchio nascoste tra le sughere che circondano Montevecchio. Per gli angeli custodi della grande fabbrica del piombo e dello zinco, un vecchio chiodo arrugginito può raccontare una storia, la ruota di una pala meccanica diventa il simbolo di un lavoro che non c'è più, la cabina di comando ridotta in pezzi della sala dell'argano di pozzo Sartori svela una piccola rivoluzione, quando nella miniera tra Guspini e Arbus fu introdotta la meccanizzazione. Oggetti che ai più dicono poco o niente, spesso buoni per essere svenduti o depredati, secondo il destino di pozzi e gallerie chiusi da un giorno all'altro. Loro invece sanno che lì c'è scritta la loro vita e quella dei padri, e magari anche dei figli, costretti spesso ad appoggiarsi alle pensioni di chi ha trascorso anni duri sotto terra finché è stato deciso che dalle viscere dell'Isola non doveva uscire più un minerale.
UN PATRIMONIO Quelli di Sa Mena hanno festeggiato da poco i dieci anni di vita. Si sono costituiti in Associazione minatori per tener viva la cultura e la memoria storica del lavoro nel ventre della terra, cioè la storia stessa dei paesi del Guspinese e dell'Arburese. Ben prima di costituirsi in sodalizio, hanno capito che era necessario darsi una mossa, subito dopo la chiusura degli impianti - dicembre 1991, una specie di tsunami sulla vita di centinaia di famiglie - per evitare che quello straordinario patrimonio di fabbricati e di archeologia industriale che si estende fino a Ingurtosu e guarda le dune di Piscinas venisse spolpato e depredato e si trasformasse, come in qualche caso è avvenuto, in un cimitero postminerario. Hanno pensato al futuro, recuperando centinaia di piccoli e grandi cimeli da esporre in un museo, per far conoscere a figli e nipoti - e magari turisti - un'epopea che non tornerà, cominciata ufficialmente quando nell'aprile del 1848 re Carlo Alberto assegnò a Giovanni Antonio Sanna la prima concessione mineraria. 




MINATORE-SCRITTORE L'elenco è lunghissino. Un'infinità di piccoli attrezzi manuali, perforatrici, una vecchia fune di canapa dell'argano di Piccalinna, una miniatura di un mulino a sfere, la bilancia per pesare i minerali, la sirena di pozzo Sartori che scandiva le lunghe giornate di lavoro, ma anche gli allarmi aerei o l'annuncio di un incidente mortale. Telefoni, picconi, lampade a carburo. «Ci davano il carburo col contagocce, guai a sprecarlo», racconta Mario Fadda, vicepresidente, nato e residente a Montevecchio («Sono rimaste settanta famiglie, come fantasmi»). E poi la perforatrice a mano, la pisita , micidiale attrezzo che lavorava all'asciutto, in uso fino a metà del secolo scorso (solo più tardi arrivò la macchina a getto d'acqua, che consentiva l'abbattimento delle polveri). «Me l'hanno regalata dicendo: ecco cussa chi ha boccìu mera genti », ricorda Serafino Leo, 76 anni. «Sa perché ci regalano i vecchi attrezzi? Perché sanno che finiscono in buone mani», aggiunge il minatore autore di “Sa vida mea in sa mena” (ricordi di una vita in miniera scritti prima in sardo poi tradotto in italiano).
«Il nostro obiettivo è di tenere viva l'attenzione sul mondo delle miniere e anche di stimolare le amministrazioni, affinché si pensi a utilizzare e gestire il patrimonio restaurato anziché lasciarlo chiuso», dice Ugo Atzori, presidente dell'associazione Sa Mena, un centinaio di soci, quasi tutti guspinesi.
ACCORDO STORICO Atzori ha creduto da subito alla possibilità di dare una nuova vita alle miniere. Ha fatto parte di quel manipolo di sei minatori che per 28 giorni, tra aprile e maggio 1991, si rinchiuse a 300 metri di profondità nel buio del pozzo Amsicora, mentre centinaia di compagni aspettavano in superficie, per scongiurarne la chiusura. Uscirono solo quando la Samin, società dell'Eni che gestiva le miniere, firmò un impegnativo accordo che metteva la parola fine all'epopea dei pozzi ma apriva un nuovo scenario tra Montevecchio, Ingurtosu e Funtanazza: trasformare le miniere in un'occasione turistica e culturale. Quei minatori vedevano lontano. Pensavano al futuro, ai loro figli, sulla scia di altre esperienze europee, di città e paesi che sono riusciti a sopravvivere alla fine della civiltà che tra Ottocento e Novecento ha segnato la storia e il paesaggio in Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Sardegna. «Pensavamo a un futuro di alberghi, ristoranti, centri sportivi, ippovie, musei. Ci hanno ascoltati? Direi di no», aggiunge Atzori.
IL SOGNO-ILLUSIONE Il sogno è rimasto tale, forse adesso si è trasformato in un'illusione. E dire che Guspini aveva tracciato la strada per tempo. Edifici e percorsi restaurati (su tutti lo splendido palazzo della direzione), visite guidate nelle gallerie e nei vecchi impianti. Poi qualcosa si è inceppato. Non ci sono più idee, i soldi in cassa sono sempre meno, non c'è più la convinzione di un tempo? Chi non manca all'appello sono loro, quelli di Sa Mena, quelli della miniera. A vent'anni dalla chiusura sono sempre lì. A organizzare mostre e incontri (l'anno scorso il raduno regionale dei minatori), a raccontare ai giovani cos'era la vita nel buio delle gallerie, a proporre dimostrazioni sul lavoro, prima che storie e conoscenze vadano perdute. Su richiesta, accompagnano anche i visitatori. Continuano a proporre iniziative, invitano i minatori ad aderire all'associazione e portare il loro contributo, stimolano le amministrazioni a rompere gli indugi: «Regione, Parco geominerario, Comunità del parco, cioè i Comuni, devono uscire dalla fase di stallo - afferma Ugo Atzori - noi come sempre offriamo la massima disponibilità». Sono stati loro a far nascere il primo nucleo del museo minerario, senza il loro contributo il regista Gianfranco Cabiddu non avrebbe potuto girare le immagini del documentario - con centinaia di comparse - che nelle intenzioni doveva costituire la spina dorsale del percorso multimediale da offrire ai turisti. Ma il progetto si è misteriosamente bloccato. E dire che in quei giorni sembrava che Montevecchio fosse tornata a vivere. «Purtroppo era una finzione, solo apparenza», dice Egidio Cocco, esperto di minerali e amministratore dell'Associazione.
L'ESEMPIO DI ROSAS I minatori in pensione continuano a credere che il futuro sia qui, tra Montevecchio e Ingurtosu, dove l'unica novità in questi anni è stata la scommessa, finora vinta, di tanti agriturismo e bed and breakfast che accolgono visitatori incantati da questi paesaggi ma spesso spaesati perché non trovano un punto di ristoro o di informazioni aperto. Si guarda con un misto di ammirazione e rammarico all'esperienza di Narcao, dove l'amministrazione comunale ha avviato la riconversione della miniera di Rosas coinvolgendo i minatori in pensione: il vecchio impianto è accogliente, ci sono un bel museo e il percorso multimediale, bar, ristorante, le case degli operai ospitano i turisti a prezzi ragionevoli. «Il Comune di Narcao ha avuto massima fiducia nei vecchi minatori», afferma Atzori.
EMOZIONI E RIMPIANTI Montevecchio, miniera di emozioni , recitava lo slogan di un tempo. Ora l'emozione sta lasciando il posto al rimpianto per il tempo sprecato. Eppure la suggestione, per chi visita questo straordinario patrimonio di archeologia mineraria, è sempre la stessa. E poi ci sono loro, gli angeli custodi di Montevecchio e dintorni. Controllano e vigilano. Salvano, quando possono, ricordi e cimeli. Pensionati con una sola passione: non far morire la loro vecchia miniera.

24.3.11

g8 genova2001



caso internazionale costruito dagli speculatori politici ? o cos'altro a voi giudicare gente . la mia opiunione la sapete e potete immaginarla

la mafia è ovunque anche dentro di noi

Ho capito finalmente! Per fare carriera politica bisogna essere collusi con la mafia o comunque essere almeno indagati per corruzione aggravata!! Ecco dove ho sbagliato...ed io ad insistere sull'onestà e sulle capacità e  la prova  è  questa
da http://notizie.tiscali.it/ del 23.3.2011

Francesco Saverio Romano (foto Ansa) 

 Francesco Saverio Romano (foto Ansa)  


Governo, Romano nuovo ministro dell'Agricoltura: via libera con riserve da parte di Napolitano

Alla fine Francesco Saverio Romano è diventato ministro per le Politiche agricole ma le riserve di Giorgio Napolitano già palesate da indiscrezioni di stampa nei giorni scorsi si sono tradotte un minuto dopo il giuramento in una nota ufficiale. E del tutto inusuale.
Romano, accompagnato dal premier Silvio Berlusconi, dal sottosegretario Gianni Letta e dalla famiglia ha recitato la formula di rito nella sala della Pendola del Quirinale: cerimonia brevissima e molto sobria. Atmosfera totalmente formale, Capo dello Stato e premier non si scambiano neppure una parola. Pochi minuti dopo ai giornalisti è stata consegnata una nota nella quale si afferma senza mezzi termini che il presidente della Repubblica "ha espresso riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell'opportunità politico-istituzionale". Romano è infatti indagato per concorso esterno in associazione mafiosa - procedimento per il quale il gip non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dai pm palermitani e dovrà decidere nelle prossime settimane - e a suo carico c'è anche un procedimento per corruzione aggravata nato dalle rivelazioni di Massimo Ciancimino.
Detto questo per il Capo dello Stato, in base a come Napolitano ha sempre interpretato i suoi poteri, non "c'erano impedimenti giuridico formali che giustificassero un diniego" alla nomina. Nomina chiaramente e ripetutamente caldeggiata dal Cavaliere per assicurarsi l'appoggio dei 'Responsabili' di Romano determinanti per la tenuta della maggioranza e la sopravvivenza del governo.
Un passo indietro degli uomini di Romano significherebbe per il governo, chiamato ad assumere decisioni importanti a cominciare dalla questione Libia, il rischio molto concreto di una débacle.
I dubbi del Colle sull'opportunità politica della nomina restano e infatti Napolitano ha auspicato "che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l'effettiva posizione del ministro". Nota di fronte alla quale Romano si dice dispiaciuto perché a suo giudizio "non riflette il pensiero del capo dello Stato" anche perché si afferma che lui è "imputato" ma questa - ha sottolineato - è una "inesattezza".
L'opposizione è andata all'attacco sul caso. Per il Pd tutta la vicenda "ha dimostrato la debolezza del presidente del Consiglio che, per puntellare la sua malandata maggioranza, ha dovuto sottostare ad un vero e proprio ricatto". "La nomina di Romano - ha commentato da parte sua il presidente dei deputati dipietristi, Massimo Donadi - è sbagliata e inopportuna, per non dire di più. Un indagato per mafia non può fare il ministro". Infine, Fabio Granata di Fli ha sottolineato che "è stata evidenziata la bassezza dell'operazione politica del 14 dicembre con la conseguente nascita dei Responsabili"
 questo sito 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...