Ecumenici
Leonhard Ragaz
http://ecumenici.altervista.org/html/ (si chiede di citare anche il sito in caso di diffusione sul web) Numero curato da Augusta De Piero, insegnante volontaria in Palestina
eciale Palestina
Bet_GateWall
Ho fotografato la breccia nel muro, ancora senza porta, lo scorso aprile 2005. Era venerdì, una mattina presto: la giornata festiva per i mussulmani garantiva un minor affollamento e quindi maggior tranquillità. Non c’era la jeep dei militari che spesso stazionava alla porta: i militari non amano le fotografie.Ho aspettato che passasse qualcuno; ho scattato la mia fotografia e me ne sono andata. Ogni volta che guardo le figurette di quella donna con la sua bambina riprovo il gelo che sentii allora, mentre cercavo di riprenderle e assieme di non lasciarmi sfuggire tutti gli otto metri di cemento armato che le sovrastavano.Betlemme, da dove venivano, era alle loro spalle…Avevano dovuto abbandonare il mezzo con cui erano arrivate fin là qualche centinaio di metri più a sud.
Se avranno superato il check point, qualche centinaio di metri più a nord, si saranno trovate sulla strada per Gerusalemme, obbligate a trovare un altro fortunoso mezzo di trasporto. Se la loro meta era Gerusalemme (distante meno di 10 km.) l’avranno raggiunta nel tempo di un’ora o forse più, se così voleva il soldato al check point.
La strada che avrebbero potuto percorrere prima della seconda intifada (che iniziò il 28 settembre del 2000 come reazione della famosa passeggiata di Sharon sulla spianata delle moschee, accompagnato da una “scorta” numerosissima: si dice che i soldati che lo proteggevano fossero più di mille) collegava direttamente Gerusalemme ed Hebron, sfiorando il colle su cui sorge Betlemme.
Ora quella strada è stata resa ben più scorrevole, ma è accessibile solo alle “targhe gialle” (automobili di cittadini di Israele, anche se risiedono da coloni nei Territori palestinesi). Anche la tomba di Rachele, la matriarca della tradizione biblica, morta nel partorire Beniamino, che si trova alle spalle delle due donne della foto, circondata da un suo privato muro (a Betlemme i muri si inanellano) è inaccessibile ai Palestinesi. Così di quella tomba racconta la Bibbia: “Poi partirono da Betel. C'era ancora qualche distanza per arrivare a Efrata, quando Rachele partorì. Ella ebbe un parto difficile. <…> Rachele dunque morì e fu sepolta sulla via di Efrata, cioè di Betlemme. Giacobbe eresse una pietra commemorativa sulla tomba di lei. Questa pietra commemorativa della tomba di Rachele esiste tuttora” (Genesi 35:16 - 20) .
Un tempo, nel piccolo edificio che ospita una tradizione, segno di una memoria non più condivisa, si recavano anche le donne mussulmane a chiedere aiuto per un buon parto: ora lo possono fare solo le ebree. Alcune palestinesi invece sono morte di parto e soprattutto sono morti parecchi neonati per i blocchi imposti ai check point.
Il passaggio che vediamo nella fotografia dallo scorso novembre non esiste più: è stato sbarrato da una porta metallica che si apre elettronicamente. Ora coloro che escono da Betlemme non trovano più il check point, di cui ho un disgustato ricordo, ma devono attraversare la zona orribilmente tecnologica. Per accedervi devono oltrepassare una nuova porta, poche decine di metri ad est dell’altra, accanto ad una minacciosa torretta. Quando il l’ho fotografata non aveva il cancello controllabile elettronicamente che ora la sbarra.
Bethlehem Wall
Così mi hanno descritto quel passaggio amici betlemiti:
” Diretta a Gerusalemme, JJ varca con un certo scetticismo la piccola porta riservata ai pedoni e inizia un lungo, intricato percorso nel nuovo sistema di controlli ora in vigore. Molte altre persone attendono che venga loro concesso di passare e formano una lunga coda, attendono pazientemente (la pazienza palestinese é ormai famosa, dato il gran numero di controlli che devono subire), quasi muti, allibiti, resi ancor più minuscoli dall’impianto ad alta sicurezza che sta loro davanti. Si avanza uno alla volta, dopo aver sentito l’urlo del soldato, e solo quando si accende la luce verde; si varca la prima porta, poi la seconda, poi la terza, porte a ruota, come nelle carceri; si depositano tutti gli effetti personali; agli uomini viene intimato di togliersi la giacca, la camicia, la cintura dei pantaloni, si ordina loro di scuotere i pantaloni; ai bambini che in fila aspettano pazientemente di poter andare a scuola, viene chiesto di vuotare le tasche e lo zaino: quaderni, matite, colori… tutto viene sparso e fatto scivolare all’interno delle grosse macchine che ispezionano accuratamente ogni più piccolo oggetto”. So che queste descrizioni possono sembrare noiose ma so anche che a volte viene facilitato il passaggio di pellegrini e turisti “importanti” che poi portano in Italia impropri ricordi, finalizzati a rendere incredibile il tormento quotidiano dei Palestinesi. E questi privilegiati ricordi non ci aiutano a capire perché Betlemme è considerata una prigione a cielo aperto. Augusta De Piero
Arrivare a Betlemme….
Se è difficile entrare e uscire dalle città palestinesi, soffocate del muro che si avvita su se stesso come un serpente, è difficile, per i Palestinesi naturalmente, anche arrivarvi.Infatti in quella minuscola terra - più piccolo della Lombardia lo stato di Israele, di estensione minore del Friuli-Venezia Giulia la Cisgiordania e striscia di Gaza insieme - c’è una doppia rete viaria: scorrevole quella che serve ai coloni (ai cittadini di Israele che non risiedono nei Territori è vietato recarvisi dalle stesse autorità israeliane), spezzata da blocchi che impediscono di percorrere un lungo tratto con lo stesso mezzo di trasporto, quella palestinese..Nel distretto di Betlemme, vicino alla cittadina di Beit Jala c’è uno strano check point. Si trova in località Al Khadr dove la strada che collega Hebron a Gerusalemme (la cosiddetta main road) taglia irrimediabilmente il territorio betlemita
Main road_Gilo
Sul fondo è visibile l’insediamanteo di Gilo che strozza – insieme ad Har Homa che gli sta di fronte -
il passaggio dalla Cisgiordania del Nord alla Cisgiordania del Sud”.Altre strade che la raggiungono riducono il territorio a uno strano mosaico: muovono infatti dalle numerose basi militari imposte nel territorio cisgiordano e si immettono nella main road per consentirvi il rapido arrivo di soldati in caso di necessità.Oltre quella strada ci sono alcuni villaggi palestinesi di antica origine(Battir, Husan, Wadi Foqin e Nahhalin), non a caso sorti in una zona ricca di sorgenti. L’acqua che ne sgorga, ora deve servire non solo al consumo dei nativi e all’irrigazione di orti e frutteti ma anche alla città di Betar Illit. un grosso insediamento posto in mezzo ai villaggi e collegato alla scorrevole main road che porta i coloni direttamente a Gerusalemme.I palestinesi però che volessero raggiungere Betlemme, dove si trovano uffici, scuole, ospedali ecc. ecc., possono solo avvicinarsi alla main road, abbandonare il mezzo di trasporto, avventurarsi in carrarecce da a cui è stato strappato l’asfalto e dove grandi buche e avvallamenti impediscono il percorso alle automobili. Infatti se i villaggi, ridotti a bantustan, sono amministrati dall’Autorità palestinese (appartengono a quel territorio che il trattato di Oslo definì zona A) il territorio che li separa da Betlemme, pur se in palestinese, è ad amministrazione israeliana (zona C) L’attraversamento necessario della main road non prevede semafori: avviene a rischio e pericolo dei pedoni che devono anche subire la beffa di doversi difendere dai rischi dello scorrimento veloce delle automobili a targa gialla, negato alle loro con targa verde..
AlKhader_due strade
A fianco del percorso palestinese sono visibili i segnali stradali che appartengono alla main road. Sul fondo dell’immagine sono visibili i cumuli di terra creati come ostacoli, che devono necessariamente venir scavalcati e che nei mesi di pioggia diventano un indescrivibile pantano.
Superato (e, per esperienza personale, assicuro faticosamente) il primo tratto bisogna, prima di attraversare la main road e affrontare un altro percorso simile a quello descritto, superare un fossatello, scavato apposta, che bisognerebbe scavalcare con un balzo se qualcuno non avesse pietosamente ammucchiato un po’ di sassi, sormontati da quello che sembra il vecchio piatto di una doccia. Naturalmente anche qui il passaggio è possibile solo per una persona alla volta, purché si tratti di persona dall’autonoma mobilità.
AlKhader_fossato
Sono rimasta molto colpita dalla dignità con cui la signora (che aveva accettato di venir fotografata), superava,tradizionalmente abbigliata,
il ponticello che tutto è fuorché provvisorio: un manufatto più idoneo probabilmente verrebbe distrutto.Tutta la situazione è assurda: il passaggio dai villaggi alla città è naturalmente molto praticato: ho incontrato un anziano che si appoggiava a due bastoni per andare in ospedale a curare l’ernia al disco, bambini che andavano a scuola, lavoratori di ogni tipo, chi in tuta, chi in giacca e cravatta..
AlKhader_folla
Si possono incontrare anche donne che portano sulla testa cesti di frutta o verdura per venderli a Betlemme. Gli orti dei villaggi producono ortaggi e frutta di ottima qualità, ma il trasferimento dei prodotti da quello che da secoli è il luogo di produzione alla città può avvenire solo sotto forma di trasporto personale. Se i prodotti agroalimentari vengono trasferiti oltre i confini della West Bank devono essere affidati alla responsabilità di Israele: il controllo confinario della West Bank appartiene infatti allo stato di Israele, con tutti i vantaggi e i problemi che ne possono conseguire; uno fra tutti, la questione dei rimborsi delle imposte doganali di cui si è parlato dopo la contestata vittoria elettorale di Hamas.Solo il breve confine fra Gaza e l’Egitto ha da pochissimo tempo, dopo l’uscita dei coloni dalla Striscia, un controllo internazionale. Speriamo funzioni per quel che può! Si è detto, da parte del nuovo governo israeliano, che invece il confine fra i Territori e la Giordania (anche se appartiene alle conquiste del 1967, mai riconosciute dall’ONU come stato di Israele) resterà sotto il loro controllo: la valle del Giordano, ricca di acque, è parte troppo ghiotta per venir riconsegnata.