12.6.08

Senza titolo 612

  CORREVA L'ANNO 1984 !  VE LO RICORDATE IL FUNERALE DI ENRICO BERLINGUER ?  :-)


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Malati di Cuore

...e così, mi hanno rubato anche la nascita. E, con essa, l'innocenza.





I pediatri degli anni Sessanta-Settanta raccomandavano alle future mamme di partorire in strutture mediche. Non voglio fare dietrologia, probabilmente erano mossi da scrupoli seri. Fino alla decade precedente l'Italia era ancora, sotto molti aspetti, un Paese arretrato e le morti di parto non così infrequenti

Quest'operazione di "pedagogia di massa" non appariva quindi peregrina: e del resto la stragrande maggioranza dei miei coetanei del Centro e del Sud (ma anche dell'area non milanese) continuava a veder la luce in casa.


I miei genitori, onesti operai animati dal proposito - il proposito pugnace e ingenuo di chi ha conosciuto le privazioni - di accogliere nel migliore dei modi quella che sarebbe stata la loro unica figlia, incuranti dei sacrifici economici, accettarono il consiglio di rivolgersi a una delle cliniche più lussuose e accreditate, situata nel centro di Milano: la Santa Rita, naturalmente.


Mi hanno raccontato che, quel giorno, pioveva. Anche questo molto naturale, eravamo in ottobre e le stagioni non ancora così sballate.

Insomma quella fu la mia primissima "casa": tra i motteggi bonari di qualche amico più grande, secondo cui io appartenevo alla generazione dei "bambini da batteria" o dei "nati in cattività". Ma ci si affeziona anche alle proprie "prigioni", specie se dorate. E poi quella santa, la mia protettrice: avrei saputo molti anni dopo che era una malmaritata, molto sofferente: pure la spina in fronte, le aveva regalato Gesù. Un segno premonitore? Chissà. Malgrado ciò la chiamavano la "santa degli impossibili", era legata ai fiori, alla dolcezza, alla tenerezza. Alla maternità. Alla cura degli altri.     Ma adesso, su questi fragili ricordi qualcuno vi ha apportato uno sfregio. Che non è una spina redentrice, ma un chiodo purulento. Non che mi stupisca eccessivamente: da quel piovoso ottobre di 43 anni fa, ho saggiato diverse cose nella vita, e più volte ho sfiorato l'assoluta non-curanza dei degeneri figli d'Ippocrate. Sicuro, non sono tutti uguali, non facciamo d'ogni erba un fascio, stiamo attenti al qualunquismo, ecc. ecc. Vero, vero, ma adesso non riesco a ragionare diversamente. Volgarità chiama volgarità e, se devo dirla tutta, ringrazio Iddio di non aver mai avuto davvero bisogno di loro. Ma un giorno dovrà pur accadere; e confesso di pensare con terrore a quel giorno. Non sono né ricca né potente: cosa ne sarà di me ?

Alcuni amici mi hanno informata che, da almeno tre anni, il Comitato dell'Elefante denunciava certe malefatte, ovviamente inascoltato. Ora che è scoppiato lo scandalo - fra l'altro, solo grazie a quelle intercettazioni telefoniche contro le quali il governo sta scatenando una guerra senza esclusione di colpi - se ne parlerà per qualche giorno, si fingerà indignazione, poi si tenterà, già si sta tentando, di circoscrivere l'episodio alla sola clinica che mi vide nascere, quindi... non mi stupirei se si passasse a un'opera di denigrazione delle titolari dell'inchiesta, le pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella. I nostri esimi statisti, lo sappiamo, non sono teneri coi giudici "persecutori". E tutto tornerà alla normalità. Come prima, peggio di prima.


Forse sbaglio. Forse sono troppo pessimista e, se le accuse verranno provate, i colpevoli puniti in modo esemplare. Ma cambierebbe poi molto ? Amputare un ramo (mai verbo si è rivelato più calzante) non basta per salvare l'albero. E l'albero è il sistema. Ci ripetiamo? Può darsi. Ma anche "loro" ci ammanniscono, da secoli, la medesima sbobba sulla magnificenza del privato (dimenticando che è participio passato di "privare", cioè "togliere"). Tuttavia non mi soffermerei troppo su questo aspetto. In certe strutture pubbliche avviene lo stesso. Punterei piuttosto il dito sul Signor Mercato, a sentir "loro" l'unico, vero garante di prosperità, civiltà, amore & pace.

Cosa c'entra il Mercato?, chiederete voi. C'entra, c'entra.

Lo dimostra l'amabile conversazione del principale accusato. Il quale, sentendosi il fiato sul collo, sembra abbia scritto un sms di questo tenore: "Ormai non dormo più. Sono disperato. Tra le cartelle chissà quante saranno pompate e mi arresteranno come truffatore. L' Arsenio Lupin della kirurgia". Con la "k". Come usa tra adolescenti.

Un truffatore. Ecco come temeva di essere considerato il primario di un'illustre clinica. Senza nemmeno rendersi conto che "pompare" cartelle cliniche per asportare tumori inesistenti o mutilare organi sani in vista di un ragguardevole rimborso non si chiama truffa, ma crimine. Un crimine contro l'umanità.

Ma è proprio questo il punto: l'umanità. E per chi possiede una mentalità da "Mercato", l'umanità non esiste. Anzi è inconcepibile e persino fastidiosa. L'uomo, quell'integrità inscindibile di cui parla Moni Ovadia, per il Mercato è un alieno. Si tratta semmai d'un ammasso di cellule, un'accozzaglia di fegati milze polmoni cuori seni tibie, da commerciare o di cui sbarazzarsi come qualsiasi altra merce fruttuosa o avariata. L'eventuale errore è solo di procedura. Non sorprende pertanto, in quest'ottica, il delitto derubricato a truffa. Il massimo della sciagura, per l'affarista, non è infatti il primo, ma che l'investimento gli vada male.
Lui si è paragonato ad Arsenio Lupin. Il ladro gentiluomo, come forse questi signori non sono tanto. Restiamo sempre in una logica strettamente mercantile. I giornali, invece, hanno scomodato Mengele.







Ma il Mercato ci "pareggia" tutti, o meglio, ci livella. Non è certo democratico. E' massificatore. C'è la massa che prospera, e la massa che subisce la prosperità altrui. Homo homini lupus. E il Mercato che oggettivizza la salute dei corpi, è lo stesso che produce l'ennesima strage sul lavoro (ormai un necrologio quotidiano), o che manda a ramengo l'istruzione e i servizi al cittadino: anche in tal caso è una questione di costi, speculazioni, ricavi, prodotti. Di conseguenza non c'è spazio nemmeno per i Lupin del bisturi, non luogo per vellicare narcissicamente il proprio ego, sia pur perverso.

E nessuno che si sia ricordato dell'unico, vero accostamento possibile: quello col Guido Tersilli immortalato da Alberto Sordi in due famosissimi e profetici film [nelle foto, le locandine]. Tersilli non è un raffinato e amabile truffatore (ci risiamo) come Lupin, né un genio del Male Assoluto come Mengele: a loro modo, due eccezionalità. No. Tersilli è solo un banale, piccolo uomo qualunque, dall'intelligenza mediocre, sballottato fra la sua stessa piccineria e l'avidità altrui. Uno come tanti. Uno che prima commercia, poi fa affari, nella più piatta e prevedibile logica di Mercato. Questa brada normalità, così grettamente terra-terra, non piace né ai vanitosi rampanti, né ai titolisti in cerca di effettacci thrilling.                                                                                                    


                                     Daniela Tuscano





Senza titolo 611

  VI PIACEVANO LE CANZONI DI TERESA DE SIO ?  :-)


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11.6.08

Cinebloggers Trivia Awards

il cdv  losteyeways.splinder.com/ ha  organizzato   questo torneo    se volete partecipare   quii tutte le istruzioni 





Ispirati dai geniali (e spesso diabolici) enigmi di Contenebbia, appassionati dal riuscitissimo esperimento effettuato sulle pagine di Cinedrome, Peeping Tom ed altri prodi cinebloggers hanno deciso di promuovere un torneo cinefilo ad uso di tutti gli utenti della blogosfera. Non si vince nulla a parte un quarto d'ora di celebrità: l'obiettivo è sollazzarsi, conoscersi meglio e chiacchierare di cinema. Qui di seguito trovate il regolamento e le linee guida per la formulazione dei quiz. Buona lettura ! Ci risentiremo presto per aggiornarci sulla data di inizio della seconda tappa, ma possiamo già anticipare che questa si terrà sulle pagine del mitico Cineroom di Para e Chimy (quest'ultimo, vincitore della prima -sperimentale- tappa a cura di Cinedrome).



Regolamento:
Cinebloggers Trivia Awards è un torneo di quiz a tema cinematografico che si sviluppa in diverse tappe ospitate, di volta in volta ed a turno, all'interno dei blog fondatori.
Il curatore del blog che ospita la tappa, di seguito denominato giudice, ha la responsabilità di ideare, in modo equilibrato ed avvalendosi delle linee guida del regolamento, i quiz che la compongono e perciò non può prendere parte ad essa. Ricopre inoltre il ruolo di arbitro della competizione e si fa carico di far rispettare il regolamento. La gara è aperta a chiunque sia titolare di un account splinder e l'ingresso nella competizione è ammesso in qualsiasi momento della stessa.
Ogni tappa sarà costituita esattamente da 10 round da tenersi obbligatoriamente, salvo deroghe approvate dai fondatori, a distanza l'uno dall'altro non superiore ad 8 giorni.
Il giudice ha obbligo di comunicare, sul proprio blog, data ed ora del round almeno 48 ore prima della sua pubblicazione. Data ed ora sono a discrezione del giudice.
Il round comincia nell'istante in cui il quiz è reso pubblico.
I concorrenti devono pubblicare la loro risposta in coda al quiz, sotto forma di commento. Qualsiasi altra forma di risposta è vietata ed è da ritenersi nulla.
Vincitore del round è colui che per primo pubblica la risposta esatta. Fa fede la data e l'ora attribuita al commento dal server di Splinder. Nel caso in cui due o più commenti contenenti la risposta esatta abbiano data ed ora esattamente coincidenti, verrà considerato valido e vincente il commento con numero ordinale più basso.
Ciò implica che un round non potrà in nessun caso concludersi con il risultato di parità.
Ogni concorrente ha diritto a soli tre tentativi: ogni altra risposta successiva alle prime tre sarà da ritenersi nulla.
Sono vietati suggerimenti, sia in pubblico che in privato, sia da parte dell'autore dei quiz sia da parte degli altri utenti.
Il quiz si conclude obbligatoriamente entro 7 giorni con la pubblicazione della risposta esatta, l'eventuale assegnazione dei punti e con l'aggiornamento della classifica.
Alla conclusione della tappa sarà nominato vincitore colui il quale avrà accumulato il maggior numero di punti.
In caso di parità tra due o più concorrenti si procederà ad un round di spareggio riservato ai soli concorrenti interessati.
Il concorrente che si aggiudica il maggior numero di tappe verrà insignito del "Cinebloggers Trivia Award" e potrà metterlo in bella mostra sul proprio blog.
Tutti gli interessati sono invitati a pubblicizzare il Cinebloggers Trivia Awards espondendo sul proprio blog il banner ufficiale del torneo, inserendo il codice html qui di seguito riportato:





Inoltre tutti i partecipanti sono invitati a pubblicizzare l'inizio delle tappe per mezzo di appositi articoli pubblicati sui propri blog.



Linee guida per la formulazione dei quiz:
Ogni round comincia con la pubblicazione del quiz tramite un messaggio sul blog del giudice il quale avrà cura di indicare nel titolo, o nel corpo del messaggio, l'edizione del torneo, il numero della tappa ed il numero del round. ( Esempio: Cinebloggers Trivia Awards 2008 - Prima edizione - Terza tappa - Round 4 )
Ad ogni round saranno messi in palio un numero di punti variabile da sette a tre a seconda che il quiz sia articolato in tre parti ( per esempio: 3 punti per la domanda principale, 1 punto bonus per la prima domanda supplementare, 1 punto bonus per la seconda domanda supplementare), o solo in due parti ( esempio: 3 punti per la principale, 1 per la supplementare) o che non sia articolato (esempio: soli 3 punti). La distribuzione dei punti dovrà essere bilanciata e strettamente correlata alla complessità delle domande.
Sarà cura del giudice di strutturare in maniera adeguata la domanda articolata affinchè le domande supplementari, pur essendo correlate alla principale, non costituiscano facile indizio per la soluzione della stessa.
In caso di domande articolate, ogni concorrente è libero di dare risposta alle domande che desidera, contemporaneamente o, se vuole, in tempi diversi.
I quiz potranno avere le seguenti forme:
- riconoscimento del titolo di un film a partire da una citazione proposta in forma di testo o di clip audio.
- riconoscimento del titolo di un film a partire da un fotogramma.
- riconoscimento del titolo di un film a partire da un brano della colonna sonora (completamente strumentale )
- riconoscimento di nome e cognome di un personaggio del mondo del cinema a partire dalla sua foto
- individuazione di un "collegamento misterioso" che lega due registi o due attori o due film
Per la buona riuscita del quiz sono da evitare, all'interno della domanda, tutti quei riferimenti che permettano una soluzione con l'ausilio di motori di ricerca ( riferimenti a nomi di persona o all' anno di produzione o alla nazionalità, brani vocali, citazioni di battute tratte dal film o di frasi univocamente riconducibili al titolo e rintracciabili sul web)
Sarà cura del giudice verificare, prima della pubblicazione, che il quiz non possa essere facilmente risolto con l'ausilio di un qualsiasi motore di ricerca.
Le decisioni del giudice sono insindacabili.
Ogni azione dei giudici e dei partecipanti deve essere mossa da spirito sportivo e goliardia, come ci si aspetta in ogni gioco degno di tale nome.

Senza titolo 610

  12 / 06 / 2008 / S.GUIDO E S.ONOFRIO !  TANTISSIMI AUGURI DA LUCKY !  :-)


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Le giuste distanze

Potrei stare ore a guardare. Lasciar vagare gli occhi e riempirmi di donne. Le osservo da lontano, chiedo il permesso prima di affogare in due occhi che squadrano qualcun altro. Ammiro gli istanti in cui piegano le ginocchia per sedersi al tavolo.

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Orrore

clinica

Il viola ... colore dell'estate 2008


Protagonista dell'estate 2008 è il colore viola, in bilico tra superstizione e regalità.
Non è certamente semplice da indossare, perchè porta con se definizioni non sempre ottimiste, ma non è sinonimo di intelligenza, conoscenza e devozione religiosa, sobrietà.
E' importante sapere come e quando indossarlo : un ottimo effetto lo potrete raggiungere se in serate mondane, al viola accostate accessori brillanti di paillette, swarovski, o comunque tutto ciò che vi renderà luminose.
Allora cosa aspettate? Non esitate a scegliere tra lampi viola nel vostro look o addirittura un'intera mise.
Sbizzarritevi ...

Senza titolo 609

  L'AVETE LETTO IL LIBRO DALLA TERRA ALLA LUNA ?  :-)


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Armir sulle tracce di un esercito perduto

            Neve! (46)

Cari amici, desideravo fare un  commento, nel post che ho fatto oggi, ma non sono stata in grado di rimpiccolire l' immagine nel commento, l' ho trovata su internet, era grandissima, qui mi è riuscita ridurla. Questa immagine, mi sembrava adatta per le parole penetranti dello scritto, quasi a sentire il lamento, la disperazione, dei nostri soldati, sfiniti  per la fame,  per la stanchezza, con gli arti congelati, marciavano  per noi, con una temperatura  60-70 gradi sottozero, e quelli che  cadevano sfiniti, venivano coperti dal ghiaccio, e li smarrivano per sempre, la loro esistenza. Una tomba nella steppa, lontano dal loro paese, poveri uomini, chi gli avrebbe detto, che la vita che restava era solo, qualche passo in avanti, ormai, il tornare indietro, era solo il previlegio di pochi. Queste sono le guerre  ingiuste, volute da uomini crudeli, e le conseguenze,  ancora oggi le possiamo vedere. Riuscite ad immaginare, la grande sofferenza, che hanno provato prima di morire?  Ho trascritto la poesia, che si trova a  pag. 118, le parole sono così intense,  non ho potuto fare ammeno, di  trascriverle per voi.


Franca Bassi 


Trascrivo da: 'Armir sulle tracce di un esercito perduto'. di Pino Scaccia
Fra le tante testimonianze sul Duvaj abbiamo trovato una struggente poesia di un certo Sartini, forse Gabrio o Giulio ( il nome è quasi illegibile):


Avanti...
più avanti...
cammina!
La steppa...
non termina mai?
Perchè non ti fermi orizzonte?
[...]
Il cammino riprende.Coi segni di fame,
di sete,
di febbre,
stampati nel viso,
con gli occhi nel vuoto
che cercan la vita:
avanti...
più avanti...
cammina.


10.6.08

Rimetti a noi i nostri debiti






http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2008-uno/crediti-universita/stor_10647853_08300.jpgLa campanella ha esalato l’ultimo drin, gli zaini volano in fretta sulle spalle infilando la porta, mentre sbatacchiano dentro allegramente gli ultimi cimeli raccattati in fretta dalla postazione di un anno di battaglia: il borsello coi pennarelli serviti per l’ultimo capolavoro artistico graffiato sulla superficie del banco, la foto dedicata e controfirmata doverosamente da tutti, nessuno escluso, anche da chi di solito non ci si fila, il fido diario zeppo di disegni e frasi da ultimo giorno di scuola. Andata come è andata, non è più tempo per rimpianti, promesse, misericordia da implorare: les jeux sont faits e ora cieli spensierati si aprono sull’orizzonte di una lunga estate, certamente disintossicante fino a settembre.
Ma al principio di questa estate 2008, gli studenti italiani decisamente non si riconoscono in quest’immagine annacquata dai ricordi di chi la scuola l’ha finita ormai da un pezzo. Niente gavettoni alla fine di quest’anno scolastico 2007/2008, o per lo meno, c’è ben poco da festeggiare.
Quasi in 500.000 sono attesi al varco dell’esame di Stato, esame ripristinato con la vecchia commissione mista, che garantisce sicuramente la serietà di una valutazione che aveva praticamente perso senso, ma che certo non contribuisce ad alleviare lo stato d’ansia dei maturandi. Ancora una volta si rinnoverà l’implacabile rituale della valutazione di un quinquennio, i giorni (e le notti) su cui si concentrano i ricordi commossi di chi c’è già passato e le ansie confuse di chi ancora ci deve arrivare. Per questi quasi ex studenti a metà luglio l’avventura sarà già finita, anche se poi per loro si aprirà l’attesa inquieta del debutto universitario, animata per qualcuno magari da un “sano” discernimento dell’ultimo minuto.
Gli studenti che protestano, invece, gli studenti incavolati, quelli a cui si sono “rovinate le vacanze” sono altri. E sono molti di più. Al termine del primo quadrimestre erano due milioni ad aver riportato almeno un’insufficienza in pagella. 7 alunni su 10, il 70% del totale. Ma più sbalorditiva è la cifra complessiva delle insufficienze totalizzate: otto milioni. Praticamente quattro voti sotto il 6 per ciascuno. E altrettanti debiti da recuperare. Quando? Sono già stati attivati durante il secondo quadrimestre i corsi di recupero e sarebbe interessante poter verificare, dati alla mano, quanto siano stati efficaci. Ma il calcolo dovrebbe comunque considerare che normalmente alla fine dell’anno le insufficienze si dimezzano, per reali recuperi o misericordie dei prof, e quest’anno si dimezzeranno molto di più, anche per assottigliare il numero degli studenti che dovranno fare ricorso alle lezioni dei mesi estivi. E dei prof che dovranno tenerle ovviamente.
La questione è stata la più dibattuta nell’ultima infilata di giorni prima della chiusura delle scuole, coinvolgendo docenti e studenti fino ai tavoli del ministero. Mentre, infatti, si chiudeva l’anno scolastico alle spalle degli studenti italiani insieme ai portoni d’ingresso degli istituti, un avvicendamento ministeriale si compiva nei palazzi di viale Trastevere. Cambiata la maggioranza parlamentare, cambiata la denominazione (e quindi le competenze), e ovviamente cambiato il ministro, ci si attendeva il consueto rituale dei neoprovvedimenti che, non avendo avuto neanche il tempo di essere attuati, già reclamano di essere superati. Ma il ministro Gelmini almeno per il momento pare voler sfatare anche quest’ultimo cliché. A chi reclamava una facile moratoria per risolvere il problema dei debiti scolastici dopo il ricorso COBAS respinto dal Consiglio di Stato il 4 giugno, il ministero ha risposto con una circolare che non ha smentito esplicitamente il fine educativo sotteso dal decreto Fioroni, ma che, riconoscendo le criticità emerse in merito alla pratica attuazione delle strategie di recupero nella complicata babele delle scuole dell’autonomia, ha stanziato ulteriori fondi per l’approntamento dei corsi di recupero e ribadito alcuni criteri, come la tassatività del termine del 31 agosto, rendendo più “elastici” altri, come la “consistenza oraria” che può essere inferiore alle 15 ore e la possibilità di ricorrere a insegnanti di classi diverse da quelle frequentate dai ragazzi durante l’anno.
Respinta quindi la soluzione del “condono”, scelta sicuramente utile a risolvere il problema contingente degli studenti che a settembre affronteranno gli esami, loro malgrado, impreparati, ma che ricorrerebbe a quel meccanismo poco virtuoso per il quale le scuole, sentendosi assolte, certo non sarebbero incentivate a mobilitarsi per dare attuazione al decreto ministeriale l’anno prossimo. Un meccanismo ben poco educativo al quale però purtroppo da tempo nel nostro Paese siamo abituati. E mentre si chiude la vicenda dei debiti scolastici, partita in verità tutta aperta rimandata a settembre (ma si spera non alle finanze private delle famiglie), un altro provvedimento è stato varato dal Governo appena ieri: annullato il decreto interministeriale del dicembre scorso, varato in risposta allo scandalo dei “furbi” all’università, che assegnava ai fini dei test di ammissione fino a 25 punti di bonus in base al curriculum di merito delle scuole superiori. A settembre dunque appuntamento ai blocchi di partenza senza vantaggi per nessuno, azzerato il curriculum di studi della scuola dell’obbligo, ma il problema del numero chiuso certamente non è risolto. Rimane la questione che don Milani amerebbe chiamare del “fare parti uguali tra disuguali” e soprattutto ci sarebbe da chiedersi se sia proprio il caso di gettare insieme all’acqua sporca il principio della continuità del proprio curriculum di studi, pur con i suoi premi e le sue disavventure…




dalla cdv fililuna

La rivincita di Cavallo Pazzo la terra sacra torna ai Sioux

da Repubblica — 09 giugno 2008 pagina 28 sezione: POLITICA ESTERA di vittorio zucconi

WASHINGTON Le terre di desolata e stupenda bellezza, dove tra resti fossili dei dinosauri crescono soltanto leggende di guerrieri e spettri di bambini uccisi, torneranno a essere abitate dai loro legittimi proprietari, da i nipoti di Nuvola Rossa, di Piccolo Grande Uomo e soprattutto dallo spirito di colui che su di esse regna e aleggia, da Cavallo Pazzo. Seicento chilometri quadrati di Badlands in South Dakota, di male terre impossibili da coltivare e difficilissime da attraversare per chi non ne conosca le trappole e i crepacci di sabbia, dove avvenne l' ultima strage di Oglala Sioux a Wounded Knee 118 anni or sono, saranno restituite dall' Esercito degli Stati Uniti che le aveva requisite come poligono di tiro per l' artiglieria, agli Oglala della riserva di Pine Ridge. E se nessun speculatore immobiliare, nessun costruttore di casinò o di parchi di divertimento progetta di invaderle con scavatrici e cemento, per la loro disabitata solitudine lontana da ogni città importante, per il consiglio degli anziani, riunito nella scuola elementare intitolata ovviamente a «Tasunka Uitko», a Cavallo Pazzo, la restituzione delle «cattive terre» è un piccolo, ma dovuto gesto di rispetto da parte dell' uomo bianco. Le «mauvaise terres», come le chiamarono i primi esploratori francesi, le «mako' shika» in lingua Lakota che significa la stessa cosa, non sono terre utili. Sono terre sacre. Terra santa, come le chiamerebbero le religioni dei bianchi. Ai piedi delle Montagne Nere, che proteggevano i territori di caccia degli Oglala Lakota, dei Sioux che galoppavano in queste prateria del Nord fino a quando i cercatori scoprirono sciaguramente oro nel suoi ruscelli, le Badlands sono una collezione di calanchi, vallette corrose, sabbia, creste taglienti e scarnificate dal tempo, dove vennero a morire milioni di dinosauri, prima che un migrante venuto dall' Asia vi mettesse piede diecimila anni or sono. Sotto quelle sabbie e protetto da quelle gole raschiate dal vento che al tramonto assumono colori che sbalordirono Fran Lloyd Wright alla sua prima visita («non credevo possibile che esistessero luoghi così stupefacenti»), riposano, in un luogo segreto e conosciuto soltanto agli sciamani e alle vecchie profetesse della nazione Sioux, le ossa dell' ultimo guerriero arreso ai soldati blu, dell' eroe che inflisse a Custer e all' arroganza del Settimo Cavalleria la tremenda lezione del Little Big Horn. Cavallo Pazzo. Nel 1942, subito dopo l' aggressione aeronavale dei giapponesi a Pearl Harbour, gli eredi in kaki dei soldati blu, la US Army, requisì le «Maleterre» per addestrare i suoi artiglieri. Ma da anni ormai sono state abbandonate e aggregate al sistema dei Parchi Nazionali, come altri celebri luoghi di turismo, il Parco di Yellowstone o i grandi Canyon del sud ovest, che in realtà erano tutti territori delle nazioni indiane e delle tribù. In questa landa, dove qualche raro ciuffo d' erba e cespuglio ostinato cresce fra l' argilla e le rocce e gli «alberi del cotone», i pioppi sui bordi dei pochi ruscelli, tenendo in vita una popolazione di piccoli roditori e di bellissime volpi dalla coda lunga, il passaggio degli accampamenti militari e dei pochi turisti che vi avventurano hanno lasciato le tracce della loro indifferenza. Bottiglie, lattine, piccozze, plastica, bossoli di proiettili d' artiglieria, carcasse di veicoli corrosi dal vento e dal sole, scavi per recuperare abusivamente ossa preistoriche e munizioni inesplose, abbandonate quando l' Esercito ha trovato altri poligoni d' addestramento. Fu qui, nel 1890, che l' ultima battaglia, in realtà un massacro, avvenne, quando i resti delle varie tribù della nazione Lakota, da tempo sterminate e domate, tentarono, nel villaggio di Wounded Knee, una manifestazione di protesta contro le autorità federali che volevano espellerli anche da quell' angolo di nulla a costringerli a chiudersi nelle riserve. Nella confusione, nella paura, e nel ricordo ancora bruciante e amaro della lezione inflitta da Sioux e Cheyenne a Custer e al Settimo Cavalleria vent' anni prima al Little Big Horn, la consegna dei fucili da parte degli indiani che pretendevano di essere pagati per le armi, divenne una sparatoria libera. Lasciò nella neve che copriva quel giorno la sabbia, più di 300 Lakota e 35 soldati, colpiti dal «fuoco amico» nella confusione e nel panico. Molti dei Minoconju e degli Hunkpapa, i Sioux che erano stati anni prima guidati a Toro Seduto, morirono assiderati, congelati come alpini italiani sul Don nel vento polare che d' inverno scende dal Canada su queste terre. Fra loro, l' ultimo capo dei Mineconjou, capo Grande Piede. Ma se il ritorno delle terre sacre ai legittimi eredi è una tarda riparazione storica alla litania di torti e di prepotenze fatte dagli invasori europei ai nativi, all' «ambientalismo dei parchi fatto a spese dei proprietari indiani» come dice l' etnologo dell' università di Brown Keith Janes, il dramma che questa restituzione apre è il classico di tutta la condizione degli Indiani che ancora vivono nelle riserve. I soldi. Bonificare, prendersi cura e aprire a un turismo controllato, guidato e rispettoso questi 600 km quadrati di nulla, costa soldi. E nelle scuola intitolata al cristo guerriero dei Sioux, a quel Cavallo Pazzo che «ancora vive con noi e un giorno tornerà a salvarci», come viene sussurrato ai bambini, William LaMont, uno dei leader dei circa 20 mila che vivono nella riserva, ha ammesso quello che tutti sanno: «Non abbiamo i mezzi per curare le Badlands e abbiamo bisogno dell' aiuto dell' uomo bianco e dei suoi soldi, se vogliamo riprenderle». Orgogliosi e nobili guerrieri da cent' anni trasformati in bambini bisognosi dell' elemosina di chi li ha ridotti così, per campare. Se campano, perchè è proprio fra i teen agers indiani, e soprattutto Sioux, che le statistiche registrano la massima incidenza di suicidi. Altri spettri fra gli spettri delle terre cattive.

se glòi url non si dovessero leggere andate qui sull'altro mio e nostro blog qui su

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Cavallo_Pazzo"
Bibliografia

* Stephen E. Ambrose. Cavallo Pazzo e Custer. BUR, 2000.
* Dee Brown. Seppellite il mio cuore a Wounded Knee. Mondadori, 2003
* Mari Sandoz. Cavallo Pazzo, lo "Strano Uomo" degli Oglala. Rusconi, 1999.
* Vittorio Zucconi. Gli Spiriti non dimenticano. Mondadori, 1998. ISBN 8804458240
* William Matson e Mark Frethem. "The Authroized Biography of Crazy Horse and His Family Part One; Creation, Spirituality, and the Family Tree". Crazy Horse family oral history. Reelcontact.com, 2006.

Siti

* Guerre indiane
* Crazy Horse memorial
* I ritratti degli indiani d'America
* (EN) http://www.native-languages.org/iaq21.htm
* www.farwest.it

Senza titolo 608

  VI PIACEVA PUPPY IL CANE FILOGUIDATO ?  :-)


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La rivincita di Cavallo Pazzo la terra sacra torna ai Sioux

“Se un giorno qualcuno vorrà ricordarmi, non avrà bisogno di riunirsi intorno a un catafalco funebre... Gli basterà volgere lo sguardo alle alture, alle valli, ai fiumi e ai boschi delle Black Hills. Io sarà là per sempre.”
Magico Vento riporta le parole di Cavallo Pazzo, n 101  pag.128. sotto    fra i link  un urlò con la scheda   un  la scheda di ubcfumetti  su questa  storia
                                                                                           da Repubblica — 09 giugno 2008   pagina 28   sezione: POLITICA ESTERA  di vittorio zucconi 



WASHINGTON  
Le terre di desolata e stupenda bellezza, dove tra resti fossili dei dinosauri crescono soltanto leggende di guerrieri e spettri di bambini uccisi, torneranno a essere abitate dai loro legittimi proprietari, da i nipoti di Nuvola Rossa, di Piccolo Grande Uomo e soprattutto dallo spirito di colui che su di esse regna e aleggia, da Cavallo Pazzo.
Seicento chilometri quadrati di Badlands in South Dakota, di male terre impossibili da coltivare e difficilissime da attraversare per chi non ne conosca le trappole e i crepacci di sabbia, dove avvenne l' ultima strage di Oglala Sioux a Wounded Knee 118 anni or sono, saranno restituite dall' Esercito degli Stati Uniti che le aveva requisite come poligono di tiro per l' artiglieria, agli Oglala della riserva di Pine Ridge. E se nessun speculatore immobiliare, nessun costruttore di casinò o di parchi di divertimento progetta di invaderle con scavatrici e cemento, per la loro disabitata solitudine lontana da ogni città importante, per il consiglio degli anziani, riunito nella scuola elementare intitolata ovviamente a «Tasunka Uitko», a Cavallo Pazzo, la restituzione delle «cattive terre» è un piccolo, ma dovuto gesto di rispetto da parte dell' uomo bianco. Le «mauvaise terres», come le chiamarono i primi esploratori francesi, le «mako' shika» in lingua Lakota che significa la stessa cosa, non sono terre utili. Sono terre sacre. Terra santa, come le chiamerebbero le religioni dei bianchi. Ai piedi delle Montagne Nere, che proteggevano i territori di caccia degli Oglala Lakota, dei Sioux che galoppavano in queste prateria del Nord fino a quando i cercatori scoprirono sciaguramente oro nel suoi ruscelli, le Badlands sono una collezione di calanchi, vallette corrose, sabbia, creste taglienti e scarnificate dal tempo, dove vennero a morire milioni di dinosauri, prima che un migrante venuto dall' Asia vi mettesse piede diecimila anni or sono. Sotto quelle sabbie e protetto da quelle gole raschiate dal vento che al tramonto assumono colori che sbalordirono Fran Lloyd Wright alla sua prima visita («non credevo possibile che esistessero luoghi così stupefacenti»), riposano, in un luogo segreto e conosciuto soltanto agli sciamani e alle vecchie profetesse della nazione Sioux, le ossa dell' ultimo guerriero arreso ai soldati blu

dell' eroe che inflisse a Custer e all' arroganza del Settimo Cavalleria la tremenda lezione del Little Big Horn. Cavallo Pazzo. Nel 1942, subito dopo l' aggressione aeronavale dei giapponesi a Pearl Harbour, gli eredi in kaki dei soldati blu, la US Army, requisì le «Maleterre» per addestrare i suoi artiglieri. Ma da anni ormai sono state abbandonate e aggregate al sistema dei Parchi Nazionali, come altri celebri luoghi di turismo, il Parco di Yellowstone o i grandi Canyon del sud ovest, che in realtà erano tutti territori delle nazioni indiane e delle tribù. In questa landa, dove qualche raro ciuffo d' erba e cespuglio ostinato cresce fra l' argilla e le rocce e gli «alberi del cotone», i pioppi sui bordi dei pochi ruscelli, tenendo in vita una popolazione di piccoli roditori e di bellissime volpi dalla coda lunga, il passaggio degli accampamenti militari e dei pochi turisti che vi avventurano hanno lasciato le tracce della loro indifferenza. Bottiglie, lattine, piccozze, plastica, bossoli di proiettili d' artiglieria, carcasse di veicoli corrosi dal vento e dal sole, scavi per recuperare abusivamente ossa preistoriche e munizioni inesplose, abbandonate quando l' Esercito ha trovato altri poligoni d' addestramento. Fu qui, nel 1890, che l' ultima battaglia, in realtà un massacro, avvenne, quando i resti delle varie tribù della nazione Lakota, da tempo sterminate e domate, tentarono, nel villaggio di Wounded Knee, una manifestazione di protesta contro le autorità federali che volevano espellerli anche da quell' angolo di nulla a costringerli a chiudersi nelle riserve. Nella confusione, nella paura, e nel ricordo ancora bruciante e amaro della lezione inflitta da Sioux e Cheyenne a Custer e al Settimo Cavalleria vent' anni prima al Little Big Horn, la consegna dei fucili da parte degli indiani che pretendevano di essere pagati per le armi, divenne una sparatoria libera. Lasciò nella neve che copriva quel giorno la sabbia, più di 300 Lakota e 35 soldati, colpiti dal «fuoco amico» nella confusione e nel panico. Molti dei Minoconju e degli Hunkpapa, i Sioux che erano stati anni prima guidati a Toro Seduto, morirono assiderati, congelati come alpini italiani sul Don nel vento polare che d' inverno scende dal Canada su queste terre. Fra loro, l' ultimo capo dei Mineconjou, capo Grande Piede. Ma se il ritorno delle terre sacre ai legittimi eredi è una tarda riparazione storica alla litania di torti e di prepotenze fatte dagli invasori europei ai nativi, all' «ambientalismo dei parchi fatto a spese dei proprietari indiani» come dice l' etnologo dell' università di Brown Keith Janes, il dramma che questa restituzione apre è il classico di tutta la condizione degli Indiani che ancora vivono nelle riserve. I soldi. Bonificare, prendersi cura e aprire a un turismo controllato, guidato e rispettoso questi 600 km quadrati di nulla, costa soldi. E nelle scuola intitolata al cristo guerriero dei Sioux, a quel Cavallo Pazzo che «ancora vive con noi e un giorno tornerà a salvarci», come viene sussurrato ai bambini, William LaMont, uno dei leader dei circa 20 mila che vivono nella riserva, ha ammesso quello che tutti sanno: «Non abbiamo i mezzi per curare le Badlands e abbiamo bisogno dell' aiuto dell' uomo bianco e dei suoi soldi, se vogliamo riprenderle». Orgogliosi e nobili guerrieri da cent' anni trasformati in bambini bisognosi dell' elemosina di chi li ha ridotti così, per campare. Se campano, perchè è proprio fra i teen agers indiani, e soprattutto Sioux, che le statistiche registrano la massima incidenza di suicidi. Altri spettri fra gli spettri delle terre cattive.

 




Bibliografia




  • Stephen E. Ambrose. Cavallo Pazzo e Custer. BUR, 2000.

  • Dee Brown. Seppellite il mio cuore a Wounded Knee. Mondadori, 2003

  • Mari Sandoz. Cavallo Pazzo, lo "Strano Uomo" degli Oglala. Rusconi, 1999.

  • Vittorio Zucconi. Gli Spiriti non dimenticano. Mondadori, 1998. ISBN 8804458240

  • William Matson e Mark Frethem. "The Authroized Biography of Crazy Horse and His Family Part One; Creation, Spirituality, and the Family Tree". Crazy Horse family oral history. Reelcontact.com, 2006.



Siti


fumetti
www.ubcfumetti.com/magicovento/


fra il serio e il faceto riflessioni sull'universo





Sherlock Holmes e il Dr. Watson vanno in campeggio.
Dopo una buona cena
ed una bottiglia di vino, entrano in tenda e si mettono a dormire.
Alcune ore dopo, Holmes si sveglia e, col gomito, sveglia il suo fedele
amico:
'Watson, guarda verso il cielo e dimmi cosa vedi... '

Watson
replica: 'Vedo milioni di stelle'.

Holmes: 'E ciò, cosa ti induce a
pensare?'

Watson pensa per qualche minuto: 'Dal punto di vista
astronomico, ciò mi dice che ci sono milioni di galassie e,
potenzialmente, miliardi di pianeti. Dal punto di vista astrologico,
osservo che Saturno è nella costellazione del Leone. Dal punto di vista
temporale, deduco che sono circa le 3 e un quarto di notte. Dal punto
di vista teologico, posso vedere che Dio è potenza e noi siamo Solo
degli esseri piccoli ed insignificanti. Dal punto di vista
meteorologico, presumo domani sia una bella giornata.

Invece lei cosa
ne deduce Holmes?'

' A Watson... MA VAFFANCULO....... c'hanno fregato
la tenda.

Senza titolo 607

  VE LO RICORDATE IL FILM VENEZIA LA LUNA E TU ?  :-)


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chi lo ha detto che le occasioni perdute rendano tristi




Domenica sera ero tornato dalla gita fatta nell’Arcipelago de La Maddalena, , con l'associazione culturale e ambientalista camminalimbara ( www.camminalimbara.com )  e in collaborazione con l’Associazione di arzachena “GAIA TRA LE ONDE” stanco e contento anche se un po' triste per essermi dimenticato per il 4 anno consecutivo la macchina fotografica . Infatti non ho potuto fotografare i panorami e i gabbiani che si avvicinavano a prendere il cibo  dale  mani  dei bambini e non solo .
Ma appena ho ascoltato omaggio alle occasioni perdute di Bollani





 i primi 4 pezzi , mi sono accorto che non sempre le occasioni perdute sono sintomo di tristezza . Disco bello , non eccelso , come mi sarei aspettato conoscendo Bollani un vero animale da palcoscenico sia in gruppo ( e i pezzi fati con il gruppo lo dimostrano ) che da solo infatti ed andato oltre la richiesta degli autori del film aggiungendovi pezzi suoi in solitario .

Armir sulle traccie di un esercito perduto

Carissimi, amici di Sardegna oggi sono dodici mesi che scrivo per i blogs: Cegliemessapica, Ceglieterrestre, Blogfriends, Losmemoratodicollegno, e CVD. Vi confesso una cosa: quando mio nipote Stefano, ha aperto il mio blog Terrestre, poi diventato 'Ceglieterrestre' grazie al pittore Pino Santoro che mi ha presentata al blog Cegliemessapica, mio nipote, mi ha spaventato, dicendomi di fare attenzione ad aprire la posta perchè, anche in questo spazio virtuale, ci sono i nemici. Ero così impaurita, che, quando sono stata invitata a partecipare a Blogfriends, non rispondevo, per questo mi scuso, con il gestore del blog e con la redazione, per gli sbagli commessi; in questo anno di collaborazione. Non desidero elencare il numero dei posts e delle visite, lo ritengo inutile. So solo, che ho scritto tantissimo e ho ancora tanti limiti, spero un giorno di arrivare a migliorare la mia collaborazione.
Per ricordare questo giorno, desideravo scegliere, un post dei tanti fatti. Per giorni sono andata indietro e avanti, ho trovato difficoltà, per decidere, sono affezionata a tutti, anche se scritti con degli sbagli. Ricordo, la bella natura, le belle immagini di fiori bellissimi, orchidee spontanee, donatemi dall'agronomo Pasquale Venerito. Post per aiutare bambini soli bisognosi di amore.Avrei potuto mettere la mia favola, nata  grazie agli amici e alla gita presso la masseria 'Jazzo', le grotte di 'Montevicoli': quante cose belle ci sono a Ceglie, e mi dispiace che non vengono valorizzate. Solo questa mattina, alle prime ore del giorno, ho deciso di ricordare, 'Armir sulle traccie di un esercito perduto'. Era da tempo, che avrei dovuto scrivere un post, ma non riuscivo a recuperare il libro e grazie a  una amica, Danith, conosciuta nel blog, l'ho trovato perchè mi ha regalato il suo volume.
Perchè ho deciso di parlare di 'Armir..', è semplice, perchè un libro, è triste nel contenuto e anche molto sfortunato, per essere finito al macero. I nostri eroi i nostri morti, sono morti ancora, perciò, ho deciso che in questo giorno 10 di giugno, finchè vivrò ricorderò sui blogs che partecipo, i nostri soldati. Un grazie al giornalista  Pino Scaccia, per averlo scritto con amore. Lo tengo insieme alla mia favola, sulla scrivania, per non dimenticare. Armir è un pezzo di storia, scritta con il sangue dei nostri eroi, ricordiamoli, parliamo con i bambini anche di loro. Cercando nel libro le tracce di un mio parente disperso, l'occhio è andato al mio cognome 'Bassi' ben nove volte riportato tra i caduti alla pagina 131. Non ci sono tracce del mio parente disperso, solo un compagno, l'ha visto morire e  ha riportato a casa il suo orologio. Non dobbiamo lasciare, che, la memoria, dei nostri cari, sia solo un labile ricordo, non lo trovo giusto, che i nostri morti, i dispersi, non debbano lasciare memoria, marcire al macero. Sono i nostri morti, noi  dobbiamo rirordarli, e odiare chi muove la macchina della guerra, loro sono partiti, per noi. Ricordiamoci,  che le guerre, sono solo un'invenzione dell'uomo crudele e guerrafondaio. Se l'uomo si accontentasse di quello che ha, si abituasse a convivere e a donare un pezzo del suo pane, ci sarebbero meno bambini che muoiono di fame. In questi giorni sto leggendo il libro,  con amarezza e dolore devo interrompere la lettura, per la grande emozione. Quante sofferenze, quanta crudeltà hanno subito i nostri uomini e seguiteranno a subire tutti i popoli in  guerra e i poveri soldati ignari di un destino crudele, sono partiti per difendere la Patria, e non sono più tornati. Sicuramente che anche nelle vostre case , ci sara un ritratto ingiallito con un fiore e una luce accesa, una lettera d'amore, di un amore mai consumato, un mazzetto di fiori nascosto dentro le pagine di un libro ormai invecchiato, per ricordare quel lontano giorno quando il vostro uomo è partito in guerra e non è più tornato. Ebbene questo libro mandato al macero racchiude la loro storia. Facciamo che questi nostri eroi non siano più soli. Ricordarli e come farli rivivere. Grazie,  Franca Bassi


Pino Scaccia scrive.



Dopo la ritirata, la cattura. E la prigionia. Fra tante testimonianze e tanti documenti raccolti in questo 'viaggio all' indietro', sono rimasto particolarmente colpito dagli schizzi dei Lager, disegni ricostruiti alla memoria dei prigionieri, insieme  alla mappa  dei campi di concentramento. I disegni sono opera di un architetto padovano, Giuseppe Bassi, classe 1919. Naturalmente c'era anche lui. "Ricordo quando arrivammo a Tambov, nei primi giorni del '43. Stavamo trenta gradi sottozero e finalmente avevamo trovato comunque un rifugio per la notte", ha raccontato a "Uno mattina". Ecco disegnate le baracche di Tambov, lo schizzo del Lagher di Susdal, una veduta generale del campo di Krinowaja definito "tomba del corpo d' armata alpino" (in pochi mesi morirono ventisettemila italiani), il cimitero di guerra karagitschow com' era, un misero rancio distribuito a Oranki. Racconta ancora Bassi: "Ho lasciato lì, morti,  almeno settecento amici. Stanno tutti in una ampia fossa comune. Lungo la strada che noichiamavamo del fieno c'è l'unico segno riconoscibile: una manica al vento". Testimonianze, dunque, di valore storico, ma anche un modo per ritrovare quei campi e le migliaia di morti sepolti intorno, uno sull'altro.


             marcia della morte


Eroi


Erano in molti
sono partiti
hanno lasciato
la loro casa
la famiglia
i figli appena nati.
Hanno lasciato
la loro vita
dispersa
in terra nemica.
In pochi sono tornati
malati e stanchi.
Solo il vento
gelido della siberia
e una coperta di ghiaccio
a scaldare i corpi
giovani e stanchi.
Ricordiamoli
e come dare una  speranza
che non sono morti
per la gloria
ma sono morti
per la Patria
Ricordiamoli
sono i nostri eroi.


Franca Bassi


interno bunker 


 


 

9.6.08

Senza titolo 606

  10 / 06 / 2008 / SANTA DIANA E  SANTA MARCELLA !  AUGURONI ONI ONI SMACK DA LUCKY !  :-)


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Per te


Per te suonerò note d’arpa e d’antico


fino ad infrangere il silenzio muto di istanti


trascorsi nell’attesa fremente d’un ritorno


Per te nella notte più buia sarà musica dolce


a vestire i miei occhi del tuo volto lontano


che m’inebria di gioia e di noi in danza di stelle


Per te spanderò melodia ad indicarti il sentiero


che a me ti riconduca fra suoni ed echi d’amore 


su pentagramma di baci qual tappeto di rose 


-Maya-

a volte siamo schiavi della tecnologia

Il post  che avevo l'intenzione di scrivere l'altra volta è  questo  

Venerdi scorso mentre  attendevo che  ci facessero entrare nell'aula per lo scritto di  francese , chiaccherando  con una  ragazza sul parodosso  ( per  usare  un  eufemismo   ) del fatto che   mettono 
internet e quindi le email dei prof a cui rivolgersi   nella facoltà  di lettere   di Sassari  ormai divenuto essenziale  visto il crescere  dei fuori sede   e degli studenti ( compreso il sottoscritto ) "pendolari " e dei  e i prof  , salvo alcuni  , non rispondono o riospondono dopo mesi    , mi è venuto  in mente  quello che  mi è successo in banca  due\tre giorni prima  .
Stavo per  recarmi in banca  per  pagare  dele cose importanti   dell'azienda, ma una dipendente  ( nostra cliente )  mi dice   che non c'è linea  di  riprovare più  tardi , ma  io testardo e caparbio come sono  a non seguire  i  consigli degli altri    , entro lo stesso  .
Dopo  mezz'ora  \  quaranta minuti  d'atesa   me  ne vado   comprensivo , visto  che  c'è stato il giorno prima  un bruttissimo temporale     che  ha creato problemi  eletrici  nel  quartiere , faccio buon viso a cattivo  gioco e  ritorno più tardi .
Ritorno dopo due  ore  laa situazione era peggiorata  . In fatti  era si ritornata la linea  , ma  a singhiozzo  , cioè era  a perto un solo sportello e  non potevio fare    alcune  operazioni .
Allora mi metto a fate battutine  ,  a voce alta  tipo : << la bolletta si paga , oppure  gettate  quel pc  e  compratene uno  nuovo  >> , risate  dele persone presenti in sala  e  risposta  del personale : << ma  non dipende  da noi se se non cè'è linea  .
Dopo uin'altra mezzora  d'attesa , era quasi l'una  , e  la situazione s'era  sbloccata   dico : <<  forse a mano   si fà prima >> , e una  signora   davanti  a me  :<<  purtroppo oggi a mano  non si  può fare niente , solo manhgiare  >>  e  un altro   sottovoce : << ...  e pisciare  >> , poi  dopo due persone  , è toccato  a  me  dopo aver perso unaintera mattinata  sono riuscito  "nell'impresa " . Ecco quindi come  simao schiavi e dipendenti  della tecnologia  e di come non la sappiamo  e non la vogliamo  usare  nonostante  sia  ormai divntata fondamentale   e   di come non si riesca a fr niente  senza   d'essa  , basta un virus  informatico eo  un  black out  e siamo fregati  e penalizzati 







Il baciamano

Care Amiche e Amici

come sarebbe bello se tutti i cattolici "dissidenti" prendessero carta e penna e scrivessero personalmente al proprio vescovo pregandolo di inoltrare la papa il proprio dissenso dall'orrenda visita di Berlusconi al papa con "baciamo-le-mani" incorporato. L'effetto sarebbe più grande che non una raccolta di firme perché sarebbe personale e spedita vi posta, segno che si è pensato, scritto, andato alla posta e imbucato. Non importa se nno risponderà nessuno. Ciò che importa è il gesto profetico in se stesso.

A tutti con amicizia e stima.


Paolo Farinella, prete


PS. "Il Giornale" di Berlusconi questa volta con un titolo virgolettato "Farinella: Arsenico per il Papa", chiede alla gerarchia la mia sospensione a divinis. Non sapevo che il mio vescovo fosse Paolo Berlusconi, ma tutto è possibile, anche l'impossibile, se è possibile che Berlusconi Silvio sia ricevuto dal papa.





Finestrella politico-religiosa



di Paolo Farinella, prete


Genova, 09 giugno 2008

 L’immagine di Silvio Berlusconi che prende tra le sue la destra anulata del papa e, «inclinato capite», compunto, ne bacia l’anello, consapevole della dissacrazione che compie, ha fatto il giro del mondo e si è depositata nell’immaginario collettivo dei più come atto di devozione verso l’autorità, riconosciuta, del papa. Il contrasto con le dichiarazioni di Romano Prodi, dopo il «fattaccio» della Sapienza di Roma è abissale e incolmabile. Il cattolico praticante appare il nemico e censore del papa, mentre l’inquisito per frode ed evasione, il condannato, il corruttore, il compratore di senatori a suon di attricette da strapazzo, il puttaniere, il Piduista, l’ateo divorziato difensore della famiglia, appare, di colpo, quasi per magia, l’umile figlio della Chiesa, «prostrato al bacio della sacra pantofola». Il gesto del bacia-anello è stato ripetuto ancora alla fine dell’udienza. «Repetita iuvant».


Dicono i bene informati che il rito del «baciamo-le-mani, Santità!» non è stato spontaneo e istintivo, suggerito dall’emotività del momento che sarebbe stato comprensibile. E’ stato studiato a freddo da esperti psicologi e creatori di consenso d’immagine. Ciò aggrava il fatto e costituisce un doppio «vulnus» che difficilmente sarà riparabile. Peccato, che il papa sia stato al gioco e non abbia rotto il giocattolo fin dall’inizio. A meno che tutto non fosse concordato, come fa supporre il fatto che il Vaticano abbia preteso, fatto unico nella storia della diplomazia vaticana, la presenza del «Gentiluomo di sua Santità, Gianni Letta, come «garante» e testimone dell’incontro. Segno che Berlusconi è tenuto al guinzaglio corto dal sistema clericale imperante.

Come cittadino italiano, sono indignato che il presidente del consiglio dei ministri, che rappresenta la mia nazione, abdichi alla sovranità e alla dignità del mio paese, prostrandosi in baciamano che somiglia più a rappresentazione di stampo mafioso che non a un atto di devozione sincera. Mi ripugna essere rappresentato da un uomo che pur di ingrassare il suo «super-ego», dimentica ogni parvenza di dignità e usa e strumentalizza qualsiasi cosa gli sia utile per i suoi perversi scopi. Egli «fa finta» perché è un finto uomo che ha sempre vissuto di finzione, costruendo sull’apparenza e sull’effimero un potente potentato economico e ora anche politico, «clero iuvante». A questo «homo parvus» dell’opportunismo e della strumentalizzazione si oppone la chiarezza fiera di un grande statista, integerrimo cattolico e anch’egli presidente del consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, che il papa Pio XII nel giugno del 1952, volle umiliare, annullando l’udienza privata con la famiglia, già programmata da mesi, perché si oppose all’ordine del papa di fare il governo con i fascisti. De Gasperi convocò ufficialmente l’ambasciatore della Santa Sede presso l’Italia, e, stando in piedi, dietro la sua scrivania di capo del governo dell’Italia, disse: Signor Ambasciatore, riferisca al papa che come cristiano accetto l’umiliazione, come presidente del consiglio dei ministri della repubblica italiana, protesto energicamente e chiedo spiegazioni.

Come cattolico praticante, sono indignato e scandalizzato che il papa si presti al gioco mediatico di accreditare come modello di figlio devoto e pio della Chiesa un individuo come Silvio Berlusconi senza chiedergli previamente un atto di conversione e/o di penitenza. Egli è adoratore di «mammona iniquitatis» perché ha fatto l’ingiusta ricchezza con l’inganno, il furto, la corruzione, l’evasione fiscale. Egli è divorziato, abortista e i suoi figli convivono more uxorio, fatti che sarebbero questioni private, se il presidente del consiglio non si dichiarasse cattolico e non andasse dal papa «coram populo et mundo» a parlare in difesa della famiglia secondo la visione della Chiesa: allora anche le sue scelte private diventano fatti pubblici e criteri ermeneutici. Egli è implicato con la mafia (ne ha ospitato uno a casa sua ed è fratello germano di un altro, condanno in secondo grado per mafia). Egli sta perseguitando gli immigrati, tra i quali vi sono migliaia e migliaia di uomini e donne di religione cattolica, di cui il papa dovrebbe essere padre, difensore e vindice, in forza della sua paternità universale. Ho visto latinoamericani, africani e orientali, cattolici, piangere di fronte allo scandalo del papa che accettava l’omaggio di un persecutore ateo e amorale.

Il pastore riceve il lupo travestito da agnello, e abbandona gli agnelli al loro destino: anzi a molti, a tanti, pare che il pastore così sembra autorizzare il lupo a devastare il gregge. E’ ancora fresca nella memoria, la scelta del papa che, per opportunità di equilibri politici internazionali, non volle ricevere il Dalai Lama, premio Nobel per la pace, mentre a meno di tre mesi delle elezioni, riceve il predatore d’Italia, colui che con le sue tv ha degradato l’Italia in forza del principio, pubblicato sul giornale del papa, l’Osservatore Romano (6 giungo 2008), che «la televisione privata dovrebbe avere tra le sue funzioni quella di divertire, come seconda funzione quella di informare e soltanto successivamente, quella di formare». Egli ha detto queste cose alla radio e sul giornale del Vaticano e nessuno gli ha tolto la sedia di sotto e lo ha rimandato a casa. Di fronte all’opinione pubblica, il papa approva.

Santità, mi sento parte integrante della Chiesa-Sacramento e riconosco la sua autorità di papa in quanto vescovo di Roma, ma non mi sento parte di un sistema che pure lei rappresenta: un sistema di connivenza con i potenti che prosperano sui poveri, che affamano i poveri, che manipolano i poveri che nessuno difende. Nemmeno il papa.



Note a làtere:
1. Silvio Berlusconi ha regalato al papa una croce tempestata di pietre preziose fatta fare apposta: un pezzo unico e solitario. Nello stesso momento a due passi di distanza, la Fao ammetteva il suo fallimento sul dramma della fame del mondo: la croce tempestata di diamanti e il Crocifisso affamato. Mai stridìo di simboli fu più drastico. Il 6 giugno 2008 «fu vera gloria ? Ai posteri l’ardua sentenza». Per me, resta un giorno di lutto per la Chiesa cattolica, un fallimento del papato, una vergogna per l’Italia ferita nella sua dignità di Nazione laica.


Un'analisi dal regista del documentario "Nazirock"

Un'analisi dal regista del documentario "Nazirock"
C'è un collegamento tra questi gruppi e politica istituzionale



Claudio Lazzaro



In qualche modo Nazirock, il film che ha raccontato i riti e le violenze della destra radicale, nasce proprio a Verona. Stavo viaggiando in terra di Padania per realizzare Camicie Verdi, un documentario sulla Lega Nord, quando mi sono imbattuto nel Veneto Fronte Skinheads.


Il leader era Piero Puschiavo, leader di una band di rock. Un tipo di rock che ha molti nomi, identitario, nazional socialista, non conforme, ma che in Europa e negli stati Uniti viene sbrigativamente chiamato nazirock.


I testi di solito hanno a che fare con l'odio per gli immigrati, con la difesa delle radici e dell'identità nazionale. Abbondano le istigazioni alla violenza, non mancano le nostalgie della Repubblica di Salò. Piero Puschiavo adesso non fa più la rockstar identitaria, ma è il coordinatore per il Veneto del Movimento Sociale Fiamma Tricolore.


E nel film vediamo che il leader della Fiamma Tricolore, Luca Romagnoli, viene accolto sul palco degli oratori da Silvio Berlusconi, alla manifestazione del 2 dicembre 2006, quella dei due milioni.

I due si stringono la mano, Berlusconi accarezza la bandiera della Fiamma.
C'è quindi un collegamento tra il Veneto Fronte Skinheads e la politica con la A maiuscola, quella parlamentare e istituzionale. Un collegamento allarmante, perché se andiamo a vedere chi era l'ispiratore del Veneto Fronte Skinhead scopriamo che si tratta di un certo Jan Stuart Donaldson, famoso per le sue canzoni razziste e per le sue dichiarazioni su Hitler: «Di lui ammiro tutto, tranne una cosa: avere perso».



Allora forse ci rendiamo conto che certi movimenti dovrebbero stare fuori dalla politica istituzionale. Perché quando la base di questi movimenti si sente sdoganata e legittimata dal sistema politico, allora, con ogni probabilità, diventa più aggressiva, tende a recuperare lo spazio che per anni si era vista negare.
Non voglio dire che la colpa della tragedia di Verona debba ricadere in modo diretto e inequivocabile sui movimenti politici della destra radicale.


Ci sono forme di tribalismo giovanile in tutto il mondo. Le bande che difendono il territorio e aggrediscono il diverso si trovano anche nei paesi a democrazia più avanzata.

Eppure se la violenza di destra aumenta e si propaga (i dati sono impressionanti, anche se stampa e televisione nella maggior parte dei casi tendono a ignorarli) una ragione ci deve essere.

Se restiamo alle cause di natura di natura culturale, non dimentichiamo che il Veneto è la terra del sindaco leghista Gentilini, che a Treviso - scherzando, bontà sua - incitava i cacciatori a sparare agli immigrati, dopo averli infilati, per non spargere troppo sangue, in un costume da leprotto.


Il Veneto è terra di Lega. Ma quando in Camicie Verdi intervisto Mario Borghezio, nel suo letto d'ospedale (gli autonomi lo hanno picchiato) e gli chiedo se qualche politico gli abbia fatto visita, lui mogio mogio risponde: «No, nessuno. Mi hanno chiamato solo la Mussolini e Roberto Fiore». Quindi Borghezio, il leghista più amato dal popolo padano dopo Bossi, ha un filo diretto con il leader di Forza Nuova e con la nipote del Duce, che fino a due anni fa coordinava il cartello della destra estrema, assieme al già citato Romagnoli (quello che non è sicuro che le camere a gas siano veramente esistite), a Tilgher (condannato per ricostruzione del Partito fascista), e a Fiore (condannato a più di cinque anni per banda armata).


C'è un terreno comune, ci sono in Veneto iniziative comuni tra la Lega Nord e questa destra radicale. E infatti Borghezio ha salutato con entusiasmo l'elezione di Alemanno a sindaco di Roma: «Da patriota padano - ha scandito - onore al merito ai romani. Un sindaco con una faccia onesta e simpatica e al collo il simbolo dei nostri antenati Celti».

Poco male se la croce celtica è anche il simbolo di una divisione delle SS.


Del resto Marcello De Angelis, l'intellettuale più vicino ad Alemanno, quello che ha organizzato il seminario sul Ritorno delle élite, quando era leader di Terza Posizione si è aggiudicato una condanna a cinque anni.

Può anche darsi che i "ragazzi dal cuore nero" responsabili dell'omicidio di Verona siano solo degli sprovveduti con scarsissime nozioni di politica, ma è certo che l'esempio dato dalla classe dirigente, o più in generale il clima politico di questa nuova stagione, certamente non li ha dissuasi, non li ha fatti sentire fuori, estranei alle regole di una democrazia.

Detto questo, credo che con questi giovani si debba dialogare.


Se li guardate, nelle sequenze di Nazirock, non vedete ragazzi cattivi.


Nei loro occhi, più che odio c'è paura. Sono ragazzi spaventati dalla globalizzazione.

Sono i nuovi proletari che potrebbero fare gli idraulici, se non ci fosse un extracomunitario che lo fa a metà prezzo.

Credo che il linguaggio per parlare con loro vada trovato, e subito, prima che sia troppo tardi.

Ho avuto una conferma di questa urgenza (che Pasolini aveva già avvertito nel 1974) presentando Nazirock in un centro sociale a Perugia. Eravamo nell'ex mattatoio (...).


Quella sera all'ex mattatoio c'erano molti giovani skin, che assomigliavano in tutto e per tutto ai giovani che avevo filmato al raduno di Forza Nuova. Stesso abbigliamento, stesso tipo di rock.

Ma le parole erano diverse (...) erano lì attenti ad ascoltare il nostro dibattito sul nazifascismo e intervenivano, da cittadini democratici.

Chi, cosa aveva fatto la differenza ?

Evidentemente il radicamento che i centri sociali riescono ancora a realizzare tra i giovani e nella società civile. Mentre la sinistra dei salotti televisivi non ricorda più nemmeno cosa sia.

i tuoi occhi di pietro atzeni

I tuoi occhi


 


Il roseto non baciato dal sole


mostra la sua sagoma scura


sotto questo cielo senza luce


coperta per nascondere i sogni


tutto cambia la notte


tutto diventa uguale tutto


ma non i tuoi occhi


i tuoi occhi


illuminano la mia notte


mi abbagliano stordendomi


nel profondo dell’anima


dolcemente


anche al buio


sono cielo azzurro e rondini


illuminano il mio sorriso


più del sole a mezzogiorno


risplendono dentro di me


promessa di paradiso


a portata di mano


 


Pietro Atzeni

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...