5.3.14

ma che .... in italia si tenta di combattere la pirateria cinematografica riducendo il passaggio dal'home video alla tv trasmettendo la grande bellezza e già si scatenano polemiche

Riprendendo  il  titolo mi chiedo   ma   allora   che  cavolo bisogna    fare  per  contrastare  la pirateria informatica \  artistica  spesso in mano ( vedere il caso di megavideo  ) in mano  a quella  che  molti economisti  ad iniziare  da Loretta  napoleoni chiamano economia canaglia   sol  reprime e proibire   ? Tutta  questa polemica   per una delle rarissime   volte chela  tv  o il biscione non trasmette cag**te o  film no stra visti  e  rivisti  o  film  di   mio nonno .
Ma  ritorniamo a noi  .
Mi sembra strano che  canale  5   abbia  trasmesso  un film  contenente  : <<   uno spaccato della nostra società, vuota , insignificante, becera, fasulla, ipocrita.... pur avendo molti politici osannato questo "capolavoro" non si sono resi conto che Sorrentino li ha fotografati , per  non dire   volgarità gratuita  ed  ovvia   , per benino?' Insomma questa è la verità sulla nostra società. Più che GRANDE BELLEZZA, direi GRANDE TRISTEZZA  >> (  da https://www.facebook.com/natalina.garavaglia  )  .
  Un  'opera   che  si prende  gioco  anche  se  implicitamente    dal suo capo e  della sua  greffa  anzi peggio  dei salotti   intellettuali  e  mondani    ( vedere cafonal di dagospia  )  .
 Un film  pesante  lento  e  soporifero come  ho  già  avuto modo  dirlo  in un precedente post   a  cui rimando per maggiori dettagli .
Infatti rivedendone l'inizio , mi è  venuto l'abbiocco   come  giustamente  dice   questo post  virale    su  facebook 


  (  vedere per  ulteriori  dettagli  mia recensione )  . Le  ipotesi sono due  :  o mediaset  ha  bisogno di far cassa e  quindi  continuare  a rimanere  in vita  oppure  essendo proprietaria dei diritti ha deciso    come   s'evince  dall'articolo , sotto   riportato  , per  contrapporsi a  Sky Tv .



Nonostante le polemiche suscitate dalla decisione di mandare in onda "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, nel giorno successivo al trionfo agli Oscar, Mediaset conferma che il film sarà trasmesso in prima serata su Canale5 martedì 4 marzo.
Proprio la probabile vittoria dell'Oscar come miglior film straniero aveva indotto gli esercenti cinema, riuniti nelle sigle Anec, Anem, Fice Acec, a protestare contro la scelta editoriale del Gruppo Fininvest che, attraverso la casa di produzione e distribuzione Medusa, dispone dei diritti della pellicola.
Decisione che, secondo gli esercenti, penalizzerà "l'ulteriore sfruttamento dell'opera all'interno della filiera audiovisiva", considerando che il film è ancora in proiezione in 14 cinema italiani con buon riscontro di pubblico, e che l'effetto Oscar avrebbe sicuramente aumentato gli accessi nelle sale. Prima di approdare in
"Un indubbio valore promozionale per la serata televisiva - aveva affermato Lionello Cerri, presidente dell'Anec - che rischia tuttavia di tradursi in una forte attenuazione del potenziale cinematografico, e non solo, del film, oltre a stravolgere la prassi che vede approdare alla tv generalista un'opera cinematografica a circa 24 mesi dalla prima uscita in sala, dopo lo sfruttamento in home video, in video on demand, pay per view e pay tv". Il film, aveva aggiunto Carlo Bernaschi, presidente Anem, "ha già incassato oltre 7 milioni di euro ma si avvia a diventare un successo longevo, considerando inoltre che concorrerà ai David di Donatello che saranno assegnati ai primi di giugno".Scelta editoriale, quella di Mediaset, non estranea alla competizione con Sky. Non è un segreto che il gruppo di Murdoch punti al monopolio sullo sport e sul cinema, così, dopo aver avuto l'esclusiva su Sochi, Formula1 e Moto Gp, ha programmato una serata all'indomani degli Oscar interamente dedicata al capolavoro di Sorrentino. L'opportunità di sabotarla potrebbe aver tentato Mediaset più degli ascolti che, è prevedibile, saranno altissimi.A "La Grande bellezza" Canale5 farà anche seguire “This Must Be the Place”, altro film diretto da Sorrentino e altra prima tv assoluta. Dopo l'accoppiata con Servillo gli spettatori potranno così vedere il regista all'opera con un altro grandissimo attore: Sean Penn.

4.3.14

Quest'anno voglio essere provocatorio e provare per una volta a dire No alle celebrazioni 8 marzo

  Ma, a scapito   di equivoci per  coloro che o decidono   se  leggere   tutto  l'articolo  solo in base  al titolo, non vuol dire    che non dimentichi    di ricordare   cosa  esso significhi  e  di  combattere  culturalmente il  ghettizzarsi   delle donne  ed   Scommetto che  voi donne (    e tutti  coloro  che  ne  sono succubi  )  , o almeno la maggior parte  ,  mi direte   che sono  un  insensibile  e maschilista   o che offendo  la festa delle donne e   il ricordo  di tale  evento o
 che   (  specie i maschi  )   mi vendo   per la  vignetta   che riporto  a sinistra 
 Ma per me   che  odio le celebrazioni  fisse  , infatti  io  ricordo   determinati eventi  (  vedere   come  ricordo  l'olocausto \ Shoah sia  prima che dopo  la  data  in questione  , il ricordo  degli eventi  ( in questo caso  l' 8 marzo  )  è  tutto l'anno   non solo  ad  una data  simbolo   che ormai  è divenuta  , salvo  qualche  mosca  bianca  ,  locali occupati  da  sole  donne  , spogliarelli maschili e  menate  varie 
L'anno scorso, una   mia  amica  , davanti    a  tale mia  obbiezione   sulle celebrazioni della  giornata delle donne  , mi  ha  chiesto  : <<  non ti  biasimo  , ma  allora   tu che proponi ?  coem ricordi  \ celebreresti  la donna >>  ,  stavo per  rispondere  quando  inizio  il concerto  ,  ci dicemmo    ne riparleremo  , ma  poi   ce ne scordiamo  entrambi  .
Bene  questo post  è dedicato  a  *****  ed   è la risposta  alla sua domanda a  cui   non feci in tempo  a rispondere  perchè è partita  all'estero  ed ivi  è rimasta ed  non riesco a  rintracciarla  via internet   . 
Ricordando  ,  non solo  a  date fisse ,   e  raccontando   storie  di  donne  e  del loro coraggio  ( a volte  più degli  uomini ) ,  dei loro dolori   e  sofferenze  ,   del loro   sapere  ., della  loro dignità  . Solo  cosi    si evita  che   : <<  Nel tempo  , ci s'impoverisce nutrendosi   solo uno dell'altro . Se non genera  amare  per  gli altri , anche il sentimento  fra  un uomo e una donna  impoverisce   e  diventa  un limite     >>  (   Etty Hillesum 15 gennaio 1914- 30 novembre 1943,Auschwitz )
Ma soprattutto perchè l'8 marzo : << del 1908 – In questa data, secondo una diffusa credenza, vi sarebbe stato l'incendio nella fabbrica di New York nel quale morirono 129 operaie donne, e che avrebbe quindi dato origine alla Giornata Internazionale della Donna. In realtà si tratta di un equivoco con l'incendio della fabbrica Triangle, avvenuto il 25 marzo del 1911 con 146 vittime. di cui una  40  italiane  >> ( da wikipedia alla voce 8 marzo ) tesi confermata sia da : 1) dal notevole articolo "8 marzo la bufala dell'incendio in fabbrica " di http://blog.ritacharbonnier.com ., 2) dall'articolo " Quella svista sull'8 marzo" del Corriere della Sera dell'8 marzo 2004 di Gian Antonio Stella,
 condivido  quanto dice  nella  discussione  a   questo suo  interessante   e  notevole articolo   citato nelle righe  precedenti   Rita Charbonnier      : << [....] il fatto che le donne tuttora hanno un ruolo secondario nella società non c’è bisogno né di una “festa” nella quale gli uomini fanno gli auguri (di che?) e regalano Mimose, né di un falso storico. Un’analisi approfondita e interessante della questione si trova qui. >>
Quindi   ricordare  o celebrare    tale  se  volete   ma   ( ovviamente  poi ogni una  è libera   di farlo o di non farlo come meglio crede    )   non isolandosi come oche  e ( esperienza  personale     di qualche anno fa  e  di cui  ho parlato  anche  qui nel  blog  )  deridendo i maschi  che vanno  in pizzeria  da   senza  donne  l'8 marzo  o  relegandoli  in una sala  a parte   del  ristorante pizzeria  . O  a spogliarelli maschili    seriali . Concludo   con questo doppio regalo virtuale a  tutte le donne  e   ragazze   la mimosa   ed  una  mia foto   






non so  che altro dire   se  nn buon 8 marzo  

3.3.14

Mafalda compie 50 anni ed è più viva che mai

https://www.facebook.com/pages/Mafalda-Fan-Club-Italiano/167063033341521
http://it.wikipedia.org/wiki/Quino


Leggendo l'articolo  dell'inserto domenicale  di repubblica   lo  trovate  sotto  ( o qui in  pdf  se  non  avete  voglia ne tempo di  leggerlo  tutto )  sui  50 anni   sul  fumetto di Mafalda  penso che : a  differenza  d'altri  fumetti   che  hanno  60 e più e  che  ancora    restano  in vita nonostante  abbiano esaurito la loro funzione  , esso ancora   abbia parecchie  cose  da  dire  e da  dirci  . E  che sia  nonostante  : 1)   per  motivi  politici e  di prudenza., 2)  stanchezza , la versione ufficiale  di Quino  , stanchezza e  paura   della ripetitività  sia stata
Quino autografa una raccolta di strisce su Mafalda a Parigi nel 2004 da  http://it.wikipedia.org/wiki/File:Quino_(cartoonist)_autographs_a_book_in_Paris,_2004.jpg

 chiusa  dopo neppure  9 anni   di vita  editoriale (   1964-1973)  .


  da   la  domenica  di repubblica  del  2\3\2014  


Mafalda Quando nacque in Argentina dalla matita di Quino,per una ditta di elettrodomestici, aveva già sette anni,le caviglie grosse e un cespuglio di capelli neri sulla testa Ora che di anni ne compie cinquanta a chi le fa gli auguri risponde, impertinente, così...


Se quando aprite il frigo e dentro c’è un pollo ma voi vedete — sempre — un «cadavere di pollo» allora siete cresciuti con Mafalda. Se avete almeno un mappamondo in casa, perché quando ne vedete uno sul
tavolo del rigattiere non potete fare a meno di pensare «come va, come te la passi ? »
e vi coglie un istinto irresistibile di portarvelo a casa per proteggerlo — per proteggere il mondo dal mondo — allora l’avete dimenticata,forse, ma lei non ha dimenticato voi. Se quando vi mettete in faccia una crema di bellezza,poi vi guardate allo specchio e vi trovate uguale, e allora guardate la crema, leggete l’etichetta, e mentalmente le dite «Beh, è tutto qui quel che sei capace di fare?» è perché Mafalda vive, imperterrita. Si è installata fra l’ipotalamo e il diaframma, si è nascosta da qualche parte là dentro, e vi parla.
Scrivere di Mafalda oggi che compie cinquant'anni’anni,dire che cosa ha significato come ha cambiato il nostro sguardo sulle cose e perché non ha smesso mai di farlo, raccontare in  definitiva che cosa si pensa di lei è un’impresa disperata della quale bisogna chiedere scusa in anticipo. Chiedere l’indulgenza di Quino che laggiù da qualche parte ci ascolta e farlo sottovoce, come un esercizio di autoanalisi privato. Come un’oretta di ginnastica la domenica mattina, che male non può fare,al massimo non cambierà nulla. Per una volta. È obbligatorio, comunque,  per non procurarsi uno strappo, partire  dall'assioma principale enunciato un giorno con scintillante chiarezza da Julio Cortazar, scrittore geniale e mafaldiano fin dal primo volo, carta d’imbarco numero 01. «Non ha importanza ciò che io penso di Mafalda: Veramente importante  è ciò che Mafalda pensa di me». Questo è: che cosa penserà Mafalda di noi? Della chirurgia estetica e della guerra in Iraq, di Bin Laden e della Merkel, della guerra del talent in tv e degli uomini della provvidenzache arrivano a salvarci dalla rovina, dei test Invalsi a scuola e delle baby escort, di Obama, di Hollande e Julie, dei lavori infiniti
nella metro, del “mi manda un amico comune”, della raccolta differenziata che finisce in  un camion indifferenziato, della Grande Bellezza di Sorrentino e di Gomorra, del cinismo e della rabbia, dei ragazzi 2.0 che “sono tornato su Facebook perché fuori non c’era nessuno”cosa pensa Mafalda? Aiutaci, ragazzina.
Torna con noi. Parlaci.
C’è una striscia in cui lei deve rispondere alla domanda di un compito, a scuola. «Se una persona nasce oggi quanti anni avrà fra mezzo secolo?». Risposta: cinquanta. Commento: «Questo fatto che una che nasce dopo di te sia così vecchia è davvero deprimente».
Però Quino una volta ha detto: «Non sarebbe mai diventata grande, probabilmente.Sarebbe stata una desaparecida ». Alla fine degli anni Settanta l’avrebbero portata








via i militari e sarebbe scomparsa in mare come tutti i ragazzi che sognavano, allora,un mondo più libero e più giusto.
L’avrebbero soppressa, e infatti il suo autore l’ha fatta sparire prima. L’ha messa in salvo per sempre. Perché Mafalda,per chi non lo sapesse, è argentina.Di origini andaluse, Spagna, italiana di adozione, ma argentina. Come Borges e Maradona, come il tango e il malcontento. Una bambina del Terzo Mondo, e noi qui dal Primo tutti a imparare da lei.
Daccapo, dunque. Partiamo da Quino [  foto    destra   ] suo padre che nasce al principio degli anni Trenta a Mendoza, provincia estrema non sempre rintracciabile sul mappamondo, «sugli assegni metterà Joaquin Lavado», il suo vero nome. Quino-Joaquin è un bambino timido e malinconico, eternamente incerto, segnato
dal lutto. È un piccolo orfano, e qui di nuovo siamo chiamati a riflettere su quanti geni del Novecento siano stati orfani, quanto l’assenza dei genitori abbia contribuito al progresso dell’umanità nel ventesimo secolo. Meditate,gente. Quino perde la madre a tredici anni e il padre a sedici, nel frattempo la nonna. Vive in una casa le cui porte sono continuamente parate a lutto, il nastro nero al braccio, il profumo dolce di fiori bianchi della veglia. 
Non avrà figli, come Evita Peròn che diceva «vorrei un paese in cui i privilegiati fossero i bambini »: l’unico bambino di cui dispone come modello a cui ispirarsi è se stesso da piccolo. Mafalda nasce per errore, su commissione:un lavoretto precario, uno  dei primi del ragazzo silenzioso e occhialuto emigrato dalla provincia a Buenos Aires. Una rivista gli chiede di disegnare il fumetto di una famiglia media che faccia pubblicità occulta a una ditta di elettrodomestici, la Mansfield. La protagonista dovrà avere il nome che inizia per emme.
La pubblicità non si farà mai, le strisce di Mafalda restano in un cassetto. Anni dopo un amico, Julian Delgado, gli propone di pubblicare sulla sua rivista —Primera Plana — la storia della bambina che dice «chi è quel cretino che ha inventato la minestra». È il 1964. Cinquant’anni fa. Delgado sparirà nel ’78, sequestrato e ucciso dai militari che torturavano ed eliminavano la gioventù argentina coperti dal rumore degli applausi per il Mondiale di calcio. È così che nasce Mafalda.
Ancora uno sforzo di memoria, per favore.Ancora un momento di concentrazione per tornare a quegli anni. Nel 1964

ma in fondo non è niente è la vita soltanto

a volte mi chiedo perchè il passato è sempre li , arrembante ed ossessivo . Devastante . Quelle volte il passato non è solo presente ma anche futuro ! una condanna , un peso angosciante da cui è impossibile liberarsi .Ma poi ripenso a come sono adesso è vado avanti perchè  : <<  c'è un gioco da fare e una ruota che riparte \E un vagabondo sa che deve andare avanti  >>


Ma  soprattutto    queste  due  versioni di una famosa  canzone  








1.3.14

dalla sardegna la bella voce di Mirella Cossu

chi lo dice  che per fare  un disco   si debba per  forza necessariamente  vincere  o fare polemica  e il bastardo   nei   reality e  talent  show  . I discografici   guardino youtube  e  la rete  , oltre   a  guardarsi intorno  . In questo   caso basta  fare  5\10 km .
Certo ne  deve  ancora  fare  di strada , ma  ha iniziato bene , e poi  viste le premesse  (  leggete  sotto  l'articolo )     e  questo due    video   del  suo canale    ne   sono la  prova  




da la nuova sardegna 11 febbraio 2014 —   pagina 20
Il sogno artistico di Mirella Cossu è diventato un cd
di Sebastiano Depperu 
LURAS La soddisfazione di avere tra le mani il primo disco, quello che segna il proprio esordio nel mercato musicale, è diventata realtà per Mirella Cossu, giovane cantautrice lurese con le note nel sangue. La prima “creatura” della ventiquattrenne artista ha preso finalmente forma e si chiama come lei: “Mirella”. «Canto da quando ero bambina, forse ho iniziato prima di parlare – dice lei orgogliosa – e lo racconto in “Cercando”, uno dei cinque brani contenuti nel mio primo album. Che ho chiamato con il mio nome, una scelta compiuta come per ricordarmi e dirmi: sii fiera di te stessa». Giovane ma tenace, non ha mai smesso di credere nel suo talento. Esono in tanti a crederci da sempre. 





«Coltivo il sogno per la musica da quando ho memoria – racconta, ancora –, la prima volta che mi sono esibita su un palco avevo sette anni; proprio sul palco mi sono sempre sentita a casa. Inoltre, ho quaderni pieni zeppi di appunti di emozioni vissute ed ascoltate. Ho sempre sentito mio il desiderio di comunicare con la musica. Ed ora eccomi qui con questo album d'esordio». Le sue due grandi passioni, per la scrittura e per la musica, si sono fuse e hanno fatto diventare Mirella Cossu una cantautrice. «La prima canzone che scrissi si intitolava "Moment", col testo scritto in un inglese maccheronico – continua la giovane lurese – mi diverte risentire quell'audiocassetta. Avevo ancora la voce bianca. Qualche tempo dopo, ho iniziato a suonare la chitarra: il mio primo grande amore». Numerose le esibizioni del talento gallurese nei pub, nelle feste in piazza e nei vari concorsi come interprete, come spiega lei stessa: « Amici, Una voce per Sanremo, Isola Festival Paradiso e anche Il Cantagiro. Ma sono sempre stata desiderosa di mettere da parte le cover e far conoscere le mie canzoni. Quelle contenute in “Mirella” raccontano vari periodi della mia vita. All'interno di esse c'è una Mirella sempre diversa: determinata, nostalgica, riflessiva, incazzata». Si tratta di cinque tracce pop-rock registrate tra Olbia e Milano, curate da Andrea Pica, noto produttore e musicista italiano. Ecco i titoli: “La scelta”, “La porta di casa”, “Prima o poi”, “Non ti capisco più” e “Cercando”. Un album nel quale la cantante traduce in musica storie che, almeno una volta, ognuno di noi ha vissuto sulla propria pelle. «E' un album nel quale credo molto, dedicato alla mia famiglia che non ha mai smesso di supportarmi e sopportarmi». L'album, dunque, è già disponibile nei negozi di musica e scaricabile da iTunes.

Il grande cuore del ragazzo senegalese, ambulante in spiaggia e studente all’Ipia Dopo l’alluvione ha aiutato nella casa allagata l’amico, tecnico nella stessa scuola

Il grande cuore del ragazzo senegalese, ambulante in spiaggia e studente all’Ipia
Dopo l’alluvione ha aiutato nella casa allagata l’amico, tecnico nella stessa scuola 
Mansour e Luciano felici:
abbiamo sconfitto il fango
la nuova sardegna  cronaca  Olbia- Gallura  del 1\3\2014  

di Dario Budroni 
OLBIA Nato e cresciuto a Thies, Senegal, Mansour ha scelto l’Italia con il sogno di costruire una vita tutta sua. «A dir la verità, la mia famiglia non sta male. Però ho voluto lasciare il mio paese per scoprire nuovi orizzonti – continua il ragazzo -. Io amo Olbia, qui la gente mi vuole bene, così ho deciso di frequentare una scuola professionale. Adesso sono in terza, in classe con dei ragazzi più piccoli, ma non è un problema. Non vedo l’ora di diplomarmi. Poi spero di trovare un bel lavoro qui a Olbia. Questa è una città aperta e solidale che non meritava l’alluvione. Così come non la meritava Luciano. Per questo ho voluto dare una mano a chi mi ha accolto a braccia aperte». Si guardano in faccia e sorridono, poi si scambiano 




una pacca sulla spalla, come per smorzare una commozione che riaffiora ogni mattina, quando si incrociano nei corridoi della scuola. Il segreto di questo legame lo rivela direttamente il più grande dei due, Luciano Atzeni, 60 anni, assistente tecnico del laboratorio di informatica dell’istituto professionale Ipia. «Il fango ha consolidato la nostra amicizia» confessa con tono gentile. Accanto a lui, con un sorriso che conferma tutto, c’è Mansour Gadiaga, 28 anni, senegalese, studente di mattina e venditore ambulante di pomeriggio, d’estate vera star tra ombrelloni e asciugamani al sole: «Luciano è un mio carissimo amico, quella mattina non potevo non aiutarlo». E subito il nastro dei ricordi si riavvolge fino al 19 novembre, il giorno dopo l’alluvione, a poche ore da una tragedia che ha capovolto la normalità. Un dramma che continua a raccontare storie di esistenze distrutte, ma anche di solidarietà, eroi quotidiani e vera integrazione, come in questo caso. «Avevo letto che una delle zone più colpite era proprio quella di via Emilia, dove c’è la mia scuola – racconta Mansour, che frequenta il corso manutenzione e assistenza tecnica dell’Ipia, istituto guidato dal preside Gianluca Corda -. Quindi mi sono fiondato lì, pronto a dare una mano. Ma prima sono passato in via Baratta, una strada vicinissima, dove abitava Luciano. Era il finimondo. Casa sua era ricoperta dal fango e i mobili rovesciati per terra. Un disastro». E impotente davanti all’apocalisse c’era quindi il signor Luciano. «Io sono di Iglesias e vivo a Olbia da 5 anni. E sono da solo. Ma per fortuna è arrivato Mansour. Lui è stato il primo ad aiutarmi – racconta Luciano Atzeni -. Senza pensarci due volte si è tolto alcuni vestiti ed è entrato in mezzo al fango, aiutandomi per tutta la giornata a liberare la casa. È stato un gesto bellissimo che non dimenticherò mai. Quel giorno, a casa mia, praticamente abbiamo lavorato solo io e lui». Un’esperienza che ha rafforzato un’amicizia sincera, capace di andare oltre l’età e la provenienza. Mansour Gadiaga e Luciano Atzeni si sono infatti conosciuti qualche anno fa al professionale Ipia, con il secondo che, a tempo perso, dava ripetizioni di matematica al primo. Un legame forte, favorito anche dalla simpatia e dal carattere espansivo di Mansour. A Olbia da soli 4 anni, il ragazzo senegalese è conosciutissimo in città. D’estate, per vivere e pagarsi gli studi, lavora come ambulante nelle spiagge dagli olbiesi, da Pittulongu a Cala Banana, tanto da diventare presto un piccolo simbolo dell’estate. Una squadra di calcio, per esempio, in occasione di un torneo nella spiaggia di Bados, ha addirittura scelto il suo nome come sponsor ufficiale da stampare sulla maglia. «Hanno voluto pubblicizzare la mia attività di ambulante», racconta col sorriso Mansour, che come immagine del suo profilo Facebook ha una foto con il rapper Salmo. Un idolo dei ragazzi olbiesi. Un altro amico in città. 

anche clienti delle prostitute hanno un etica . Imperia, ragazzine si prostituiscono Un cliente le denuncia alla polizia

sto coprendo le talee di Helichrysum più  precisamente  di

                           Helycrisum italicum


Famiglia: Asteraceae o Compositae.
Nome scientifico: Helichrysum italicum.
Etimologia: Helychrysum, dal greco “helios”= sole e “Chrysos”= oro, per il colore dei fiori.
Nome sardo: Erba de Santa Maria – Allu’ e fogu – Frore de Santu Juanne – Bruschiadinu- Abruschiadinu- Uscradinu- Uscradina.
Habitat: L’Elicriso è originario dell’area del Mediterraneo ed è una delle piante più caratteristiche della Sardegna. Esso è presente, in modo particolare nei terreni calcarei mesozoici dell’area centro- orientale dell’isola e, comunque, ben esposti al sole. E’ possibile trovarla in altitudini dai 500 ai 1400 m. Richiede una buon’esposizione al sole.
Descrizione: L’ Elicriso è una pianta molto aromatica ha la forma di un cespuglio molto ramificato, alto circa 40 centimetro; 15– 30 capolini riuniti in corimbo hanno un involucro di brattee al cui interno si trovano dei fiori giallo-dorati. I fusti sono legnosi, contorti con rami arcuati ascendenti. Ha foglie lineari- filiformi, le inferiori lunghe meno di 3-4 cm e largo cm 0,10, fortemente revolute con la pagina superiore tomentosa.
Parti utilizzate: Gambi, foglie e fiori.
Periodo di fioritura: Maggio - Settembre in base all’altitudine.
ProprietàLe proprietà dell’elicriso sono antinfiammatorie generali, cutanei, connettivali;anticoagulanti, antiflebitiche, antiematoma, analgesiche, antiatritiche, ipocolesterolizzanti, espettorante, anticatarrale, cicatrizzante, antipsoriassiche , antiallergiche (anche in uso veterinario), antibatteriche e stimolanti pancheatriche.
L’uso nei secoli: i sardi apprezzano molto questa specie il cui profumo ricorda il tipico pastore sardo per quell’aroma che portava a casa appena rientrato dalla campagna. L’asprezza e la dolcezza dell’ambiente naturale della Sardegna esprimono il carattere orgoglioso del suo popolo. L’Elicriso è una pianta aurea come, secondo una legenda, i capelli di quella ninfa che, innamorata di un Dio e non corrisposta, fu trasformata in elicriso prima di morire d’amore. Tra le credenze popolari relative ai poteri di questa pianta officinale, non poteva mancare la qualità di portafortuna, cita un detto: “Di fortuna resti intriso, chi si adorna di elicriso”. Essendo una specie particolarmente aromatica, fino al secolo scorso,in Sardenga si preparavano fasci essiccati di elicriso ai quali si dava  fuoco, per poi essere strofinati sull’epidermide del maiale ucciso, ai fini di  eliminare le setole e di dare un aroma intenso alla carne. Un altro utilizzo tradizionale fu quello di poggiare sopra il formaggio, mazzi di elicriso, per proteggerlo dalle mosche. Infine, quando ancora non esistevano farmaci per liberare e disinfettare le vie respiratorie, in Sardegna si praticava “ S’affumentu”, tradizionale metodo che alleviava il mal di testa e preveniva le infezioni bronchiali.

Avvertenze: Da evitare l’uso dell’olio in stato di gravidanza, a soggetti epilettici, o in casi di pressione alta. Non frizionatelo, né massaggiatelo direttamente sulle vene varicose.


quando su una pagina dell'unione sarda di qualche tempo fa  ho letto questa news 


                                                             Una prostituta



Sulla scia delle baby prostitute dei Parioli, un nuovo caso a Imperia.

Un nuovo caso di baby prostitute, dopo quello ai Parioli romani, è stato denunciato a Ventimiglia. Tre studentesse di 14 e 15 anni fornivano prestazioni sessuali per avere disponibilità economiche e comprare oggetti di lusso. Un trentenne, che aveva ottenuto un incontro con una di loro conosciuta attraverso un annuncio su un sito internet, ha rifiutato il rapporto ed è andato direttamente alla polizia.
Le adolescenti, tutte di buona famiglia, per ogni rapporto - che avveniva in auto o nei piazzali o in zone isolate dell'entroterra - si facevano pagare 30 o 50 euro, a seconda della prestazione: i loro clienti avevano spesso la loro età, in molti casi, però, erano più grandi. L'"attività" era iniziata un mese fa e i genitori, secondo quanto emerso, erano all'oscuro di tutto. Gli indagati al momento sarebbero 5: avevano avuto incontri sessuali con le minori.



ladymafia colpisce ancora


Anche stavolta  il mio non giudicare  aprioristicamente  preso alla lettera e  la mia testardaggine  di  voler    recensire \  dare  un giudizio  solo  dopo aver letto  o  visto la  cosa in  questione , ho  comprato ,  contraddicendomi  con quanto  dicevo  precedentemente  , il primo numero  del  nuovo fumetto  noir  Lady Mafia  .
 Ciò  che mi  ha  portato a tale  decisione sono oltre al battage mediatico  \  pubblicitario  :  1)  la risposta  censoria  che  avviene   come    dice  Perruggini Antonio , mi pare  sulla pagina fb  del fumetto   (  vedere  per  l'url   il link  precedente  )  : << Quando un racconto di mafia non rispecchia le ideologie di chi su di essa ha costruito insperate fortune, per lo più politiche, allora diventa un "pericolo". Invece di tentare orribili censure, si progonga di eliminare dal mercato tutte le opere che hanno infangato persone poi rivelatesi innocenti. E' la calunnia che va censurata non la libera iniziativa di questi ragazzi. L'antimafia è una cosa seria, non uno spot utile alle carriere.  >>., 2)   certe  critiche   ed  osservazioni gratuite  fatte senza  aver  letto  il fumetto  e  certe  senza  neppure  aver  visto : 1 il  trailer  ., 2 )  i disegni contenuti  nel video ufficiale  dei  Nahima - La Mia Identità (Official) 



o  sentito   gli autori
  .




mia  scansione  con l'app  cam scanner  del   primo numero  
Ora   cari utenti non so quali fumetti siete abituati a leggere ma a me  non è proprio piaciuto  granché  , forse  perchè sono abituato   al noir  e  ai  film e  fiction sulla mafia   ed  i polizieschi  .  
Artisticamente è disegnato male non me ne voglia l'autore, ma ho visto auto produzioni decisamente più belle e meritevoli della "distribuzione nazionale" di LM.
I testi sono lenti, noiosi e  lunghi alcune volte insomma "non si fa leggere" volentieri  a chi preferisce   i testi  da  ritmo  veloce . Ottima  l'idea  di parlare  di tematiche scomode  ( violenza  sulle donne , omofobia , ecc  )  ma   secondo me   andava fatto  all'interno della storia   e  non a parte .
La tematica della "vendetta fai da te" senza  un travaglio interiore  o delusione delle  istituzioni  o quanto meno  di  chi lotta   quotidianamente  dal basso   per la legalità   non riesco  spiegarmela   (la mafia le uccide la madre e lei si fa giustizia da sola...bel messaggio! ) . E  mi   che  prima  di passare  a lla  cultrura  non  violenta  e  lasciarmi alle spalle  la mia precedente    ne  ho fatto di vendette e  di repicche per  i torti   ( veri o presunti  )   subiti  . Quindi  adesso  ho , ancor  di più di quanto dicevo  nel post  precedente  ( vedi url  sopra )   tutti gli elementi  per   dire   che   ladymafia  è un noir mediocre e  che eviterò di  buttare   €  comprando  gli altri   , anche se  devo dire  che  il finale  è invitante  ed  intrigante   .  Concludo   con   questi due articoli   che  confermano quianto diocevo  nel mio  post  precedente   su lady mafia  e  che   spero mettano a tacere  chi mi dice  che  la prima gallina  che  ha  fatto  l'uovo  tu  dai retta il primo  da  http://www.giovannifracasso.it/  
[....]
quando un organismo come l’antimafia tira in ballo certi valori e concetti…il passo può essere veramente breve.
Loro sono “il bene” no?
E se il bene dice che fai male…beh…qualcuno potrebbe attivarsi. Ma poi, guardatevi attorno: che censura pensate di esercitare sul web Ogni tentativo è morto in partenza. Io spero, ovviamente, che la questione si risolva senza problemi, che nessuno dia seguito a queste “denunce”… E che si sia trattata solo di una bella pubblicità per una serie italiana, di quelle che fanno bene alle vendite degli editori locali. Ma se così non fosse, e le cose si mettessero male, invito Pietro Favorito a pensare ad una vendita tramite Amazon o altri canali esteri alternativi, che delle baggianate italiane se ne fregano. E mettere in promozione su Facebook una qualche offerta a tutti gli amanti del fumetto. E nel caso più estremo a mettere a disposizione da un qualche sito estero (da una fanzine francese, per esempio) i file .cbr almeno del primo numero.
Porta all’estero la vendita e lascia questi poveracci nel loro brodo primordiale.
Prima che scatti il sequestro di tutti gli albi…
Affinché, appunto, l’azione della censura si trasformi in un surplus di pubblicità e permetta a lui di trarre qualche vantaggio da questa squallida vicenda italica.
Anche perché le recensioni della critica più o meno specializzata, lo hanno in questi giorni portato come buon esempio di fumetto noir italiano, nessuno dei critici si è lamenta per l’eccessiva violenza o per la violenza gratuita (diciamocelo: in una puntata media di The Walking Dead ce n’è molta di più, fisica, psicologia e comportamentale).
qui  l'articolo  completo   il secondo  dal  blog  (  vedere  sopra  l'url   dell'articolo )  dal blog  di roberto recchioni  http://prontoallaresa.blogspot.it

[... ] 
- La questione del ritiro dalle edicole. Proprio come per Mater Morbi, appena un fumetto tocca un argomento sensibile, in Italia si alza qualche trombone a criticarlo e, nei casi più estremi, a chiederne il ritiro.Questo ci dice una cosa importante: che gran parte dei nostri fumetti sono ignorati perché non toccano mai argomenti sensibili. Sono, in sostanza, culturalmente innocui e quindi trascurabili.E mi sa che questa non è una cosa tanto positiva, no?Il secondo aspetto che mi fa piuttosto ridere (per modo di dire) è che se un fumetto piace ai lettori e agli addetti ai lavori, se -in sostanza - è approvato dalla comunità fumettistica, allora quando qualcuno cerca di censurarlo in qualche maniera, c'è una reazione forte e indignata.Se, invece, il fumetto è schifato da suddetta comunità, allora se ne può chiedere il ritiro senza che nessuno dica nulla. Anzi, capita pure che ci sia qualche applauso.Dal mio punto di vista, la censura fa schifo sia nei confronti dei fumetti belli, sia nei confronti dei fumetti brutti e le polemiche sorte intorno a Lady Mafia sono una roba da condannare senza appello a prescindere.
da wikipedia
e  per  finire  sempre  a  supporto  della  mia posizione   quest'articolo  di  http://www.statoquotidiano.it/  Ma soprattutto  correggendo un mio errore  , da  una lettura    delle recensioni  in rete  e    discussione    con amici appassionati e    fumettisti  , lì'aver paragonato come  hanno fatto  certi  quotidiani e  siti    (  quando in realtà hanno  in comune solo   il ruolo di anti eroe  ) Diabolik in gonnella . Al massimo  se  vogliamo fare   di qui maggiori dettagli  )  e non si lascerebbe comandare da gente così meschina e vigliacca,mentre Veronica (pur con la sola intenzione di vendicarsi almeno  cosi   me  parso  leggendo il fumetto  ) è al servizio del boss Frank Calabrese ., inoltre lui usa congegni più sofisticati ed efficaci ed ha una mentalità che gli impone di non far soffrire persone innocenti quando vuole raggiungere i suoi scopi ( e questo ricordando che Veronica ha ucciso un pentito di fronte a suo FIGLIO,cosa che Diabolik non farebbe mai);ancora, sono due personalità comletamente diverse ed inamalgamabili.A tutt'oggi sono portato a pensare che chi abbia fatto alla signorina De donato il "complimento" sopra citato si sia completamente scordato di EVA KANT, che di sicuro è molto più assimilabile al compagno di quanto non lo sia Veronica.Ultima (ma non per importanza) differenza è l'ambientazione:mentre DIABOLIK ED EVA agiscono città fittizie Veronica viene sballottolata per tutta la puglia,che invece è reale. 
paragoni  \ confronti  può  essere   descritta  come  un  nuova  lady oscar .Infatti  , lo ricordo  anche dallle letture  fatte   , è  risaputo che Diabolik odia la malavita pur  avendoci un fortissimo  legame  (   come dimostrano le sue origini  

27.2.14

le delizie del carnevale - le frittelle II

dopo   quelle  " virtuali  "  (  vedere post precedente )  eccovi quelle  fatte dalla mia vecchia da mia madre




le delizie del carnevale

nel  prossimo post   riporterò anche delle mie foto  sule  frittelle  di mia madre per  il  momento prendete  queste


non ricordo la data dell'articolo della  nuova sardegna
LE DELIZIE 
I segreti della nonna per le frittelle  del Carnevale 
di Dario Budroni 
OLBIA Industria di serpentelli dorati. Si comincia con un impasto profumato, si termina con una abbondante nevicata di zucchero. La macchina della frittella accende i motori. E con dinamismo si prepara a contenere l’assalto di un esercito divoratore. «Quante ne prepariamo? Beh, nei giorni clou anche 400 chili» confessa Maria Rossella Cassitta, 33 anni, tutta dolci e fantasia. In ogni forno, in ogni pasticceria: da ora in poi si penserà innanzitutto alla frittella. «Durante il Carnevale è così, spesso
abbiamo file lunghissime da smaltire» continua Maria Rossella, dal 2000 titolare della pasticceria Le Delizie, una delle più rinomate della città. «Prima era di mio zio. Diciamo che sono cresciuta in pasticceria, così ho ereditato anche tutte le ricette di famiglia – racconta davanti al suo bancone carico di dolci -. Per esempio quella della frittella. Io le preparo seguendo la ricetta di mia nonna. Il segreto è comunque usare ingredienti naturali e genuini, la farina che utilizziamo arriva da Tempio». Maria Rossella, con l’aiuto di sua zia Domenica, vera esperta da competizione, comincia a preparare le sue frittelle in piena notte, spesso anche alle 3. Prima prepara l’impasto e poi, con l’immancabile saccapoche, lo si riversa pian piano in grossi padelloni pieni di olio, fino a creare frittelle che spesso superano il metro di lunghezza. «Seguiamo solo la ricetta gallurese, figlia di una lunga tradizione. Cioè farina, acqua, lievito, uova e aromi. E poi a seconda dei gusti anche zucchero o miele – continua Maria Rossella, originaria di Priatu, nella sua pasticceria che si affaccia su via Mameli -. Qui il cliente può acquistare solo la frittella del giorno. Non vendiamo mai quelle del giorno prima. Quelle che avanzano, per esempio, le regalo». Ovviamente la pasticceria Le Delizie prepara le frittelle per tutti quei clienti che, durante la settimana del Carnevale, spuntano con l’acquolina in bocca dietro il bancone di vetro. Ma lavora molto anche con supermercati e feste private. E ovviamente non dimentica la produzione di tanti altri tipi di dolci. Le Delizie è infatti specializzata in dolci sardi, in pasticceria secca o fresca. Realizza anche ottime torte, in collaborazione con Monia Cake Design, piccola impresa che si occupa della decorazione in pasta da zucchero. «Questo è il mio mondo, ho iniziato da piccola a dare una mano ai miei familiari, fino a diventare la titolare all’età di 20 anni. Per me è una grande passione» conclude Maria Rossella Cassitta, prima di tornare al lavoro dietro le sue immense montagne di frittelle.

I termini, i personaggi e gli oggetti per capireil carnevale un universo arcaico ancora vivo Ballos, sonazzos e viseras Tutte le parole di un rito antico e contemporaneo

per  tutti\e queli  che   mi hanno   chiesto leggendo  questi  articoli postati nei  giorni  precedenti 
 ulteriori  news  su  nostri carnevali  trovate  qui sotto , preso dalla nuova  sardegna del  27.2.2014  un mini dizionario  che potrebbe essere il punto di partenza  per  chi vuole  saperne di più insieme a  http://www.leviedellasardegna.eu/il_carnevale_in_sardegna.html



In Sardegna è il tempo delle tradizioni che arrivano da un passato lontano I termini, i personaggi e gli oggetti per capire un universo arcaico ancora vivo  Ballos, sonazzos e viseras Tutte le parole di un rito
antico e contemporaneo

ATTITIDU A Bosa il Carnevale mantiene la caratteristica del festeggiamento spontaneo e improvvisato. Il martedì grasso è dedicato alla sfilata i cui personaggi principali sono Gioldzi e le maschere di “s'attittidu” (lamento funebre). Le Attittadoras, piangono la morte di Gioldzi facendo riecheggiare i loro esagerati lamenti. Gioldzi è raffigurato da un bambolotto, spesso smembrato, portato in braccio o su una carriola. Le Attittadoras chiedono al pubblico “unu tikkirigheddu de latte” (un goccio di latte) per il neonato Gioldzi, abbandonato dalla madre distratta dalla festa. La richiesta di latte (che poi in pratica si trasforma in richiesta di vino o Malvasia di Bosa), permette di allacciare rapporti metaforici giocati a livello di allusioni-sessuali. Al tramonto del sole si assiste ad un cambio di scena: le maschere delle Attittadoras scompaiono per lasciare il posto alle maschere in bianco ovvero le anime del Carnevale che sta finendo. BUNDU Su Bundu è la maschera protagonista del carnevale di Orani. Su Bundu indossa abiti da contadino; la maschera è in sughero tinto di rosso con lunghe corna, un grosso naso e baffi. Durante il rituale, Sos Bundos mimano il rito della semina, impugnando su trivuthu, un forcone di legno, accompagnandosi da grida cupe. Un essere metà uomo e metà bue che, con i suoi spaventosi muggiti, emula i suoni del vento. Ancora oggi, in molti paesi, in giornate particolarmente ventose si usa dire “parete chi vi suni sos bundos”, ossia “pare che fuori ci siano i demoni” accostando il personaggio bundu proprio al demonio. COMPONIDORI Su Componidori è il protagonista assoluto della Sartiglia. La sfida equestre prevede una prova di estrema abilità compiuta appunto da un uomo a cavallo, Su Componidori, e da altri cavalieri che devono tentare di infilzare con lo stocco una stella di metallo posta, tramite una fune, lungo il percorso. La parola Sartiglia si suppone derivi dal castigliano sortija, ossia anello, corsa all'anello; questo appassionante gioco pare sia arrivato da noi a partire dal 1100 proprio. La Sartiglia è organizzata da due Gremi: quello dei contadini, posto sotto la tutela di san Giovanni Battista e quello dei falegnami, protetto da san Giuseppe. Le due corporazioni organizzano rispettivamente i tornei la domenica e il martedì. DIONISO Era uno dei più inquietanti dei dell'Olimpo greco, signore dell'irrazionalità e dell'ebbrezza. Era un dio molto chiassoso che veniva chiamato anche Bacco, che in greco significa “clamore”, da cui deriva la parola italiana baccano. Legato alla linfa vitale che scorre nei vegetali, linfa che si ritrae durante i mesi invernali e che poi torna a scorrere vivida in quelli estivi, ed infatti gli erano cari tutti quei frutti ricchi di succo dolce, come l'uva, il melograno o il fico. Una divinità che rappresenta in particolare lo stato di natura dell'uomo, la sua parte primordiale, che resta presente anche nell'uomo più civilizzato. Non pochi vedono nel Carnevale Sardo una rappresentazione delle feste dionisie, che nell'antica Grecia venivano celebrate tra febbraio e marzo, periodo che segnava il passaggio tra inverno e primavera. La morte del dio, nelle sue rappresentazioni di toro, cervo e cinghiale, viene pianta amaramente da queste maschere tetre, luttuose. Ma la rinascita è immediata ed il riferimento è sin troppo chiaro al ciclo delle stagioni. Ancora oggi le maschere sarde replicano i loro riti per un dio chiamato Maimone, di cui si ricordano ancora le invocazioni per la richiesta della pioggia. Un dio del quale si rappresentava la passione che aveva subito, attraverso la sofferenza che si infliggeva a una vittima umana che solo all'ultimo momento, prima di essere gettata sul rogo, veniva sostituita da un fantoccio, spesso chiamato Zorzi (il fecondatore). ERITHAIOS Nel Carnevale di Orotelli, insieme ai Thurpos, è presente anche la figura de S'Erithaju (parola che deriva da eritu, cioè riccio) che per alcuni studiosi potrebbe essere riconducibile ad antichi rituali di iniziazione sessuale. S'Erithaju porta sul viso una benda di tela rossa e un saio bianco, sotto il quale si cela una collana di cuoio, cui sono applicati tappi di sughero ricoperti di pelli di riccio con aculei. Durante il rito si avvicinano alle donne presenti e, abbracciandole le pungono con gli aculei simboleggiando così la metafora della penetrazione e fecondazione connessa con i rituali di propiziazione di una futura annata agraria. I Thurpos invece, hanno il viso nero, dipinto con il sughero bruciato, su zizziveddu o tintieddhu; con questo gesto perdono la propria identità umana e, attraverso la simbiosi uomo-animale, si trasformano in buoi aggiogati che mimano le varie fasi del lavoro contadino. FILONZANA Nel carnevale di Ottana, insieme ai Boes e Merdules, sfila la maschera de sa Filonzana (la filatrice). La sua è una figura tanto ambigua quanto affascinante, è un uomo vestito da donna vecchia che, gobba e con andatura distorta, si infila tra il pubblico e il corteo delle maschere. La maschera de sa filonzana deriva dalle tre parche greche o moire romane, che secondo la mitologia erano delle divinità simboleggianti il destino degli uomini e inesorabili filatrici della vita di tutti gli esseri umani. Sa Filonzana infatti, durante il rituale va in giro con fuso e conocchia e, con delle forbici da tosare appese al collo, minaccia il pubblico di recidere il filo in caso in cui non le venga offerto da bere. Gli altri protagonisti del carnevale ottanese sono i Merdules e i Boes che in un cerimoniale cruento e affascinante ripropongono scene della vita del mondo contadino: Sos Merdùles, ossia gli uomini, i contadini, vestiti con mastruche (pelli bianche o nere), il viso coperto da maschere lignee e antropomorfe, dai tratti spesso deformati, procedono lentamente, ricurvi su stessi e con delle redini (socas), guidano e tengono a bada Sos Boes; il loro significato è reso più evidente, oltre che dalla pantomima, anche dall'etimologia della parola Mèrdule che, con molta probabilità, deriva dal termine ottanese “mere de ule”, letteralmente padrone del bue. Sos Boes indossano pelli di pecora bianche, abito in velluto, e portano in spalla una cintola, generalmente di cuoio, da dove pende un pesante grappolo di campanacci. Il viso dei Boes è coperto anch'esso da “sas caratzas” (maschere) con sembianze zoomorfe, con corna più o meno lunghe che donano maestosità all'intera figura. GAVOI Il carnevale di Gavoi conserva l'ancestrale valore apotropaico e rigenerativo determinato dal suono, che vuole risvegliare la natura dal letargo invernale, allontanare gli influssi negativi e propiziare l'abbondanza della comunità. L'evento di questa giornata è “sa sortilla 'e tumbarinos”, il raduno di centinaia di tamburi suonati da donne, uomini e bambini che sfilano per le vie del paese indossando l'abito di velluto maschile dei pastori, le scarpe chiamate “sos cosinzos” e “sos cambales” o l'abito femminile delle vedove con il viso rigorosamente dipinto di nero. Anche nel caso del vestito vale l'inversione dei ruoli. I tamburi realizzati con pelli di pecora o capra su una struttura di legno, rappresentano gli strumenti principali della festa insieme a “su pipiolu”, il flauto di canna, “su triangulu”, il triangolo di ferro battuto, “su tumborro”, uno strumento realizzato da una vescica di animale essiccata e rigonfiata come cassa di risonanza che viene fatta vibrare da una corda come se fosse un violino. CARRASECARE Con il termine Carrasecare (o Harrasehare) si vuole indicare il Carnevale sardo, un carnevale tragico, lontano dall'allegoria e dai termini burleschi dei carnevali di Viareggio o di Venezia. Il termine Harrasehare, infatti, parrebbe derivare dal sardo harre 'e sehare, vale a dire carne umana fatta a pezzi, fatta a brandelli, proprio come era stato sbranato Dioniso dai Titani; attraverso questa interpretazione si voleva ricordare la presenza in questi riti di vittime sacrificali, residui di antichi riti pagani propiziatori di morte e rinascita. INTINTOS A Ovodda non esiste una vera e propria maschera tipica, ma si assiste al mascheramento in massa di tutti gli abitanti del paese, che dipingendosi il viso di nero con la fuliggine si trasformano in uomini Intintos. A differenza degli altri paesi sardi, in cui il carnevale termina il martedì grasso, a Ovodda si conclude il giorno successivo, ovvero "su merhulis 'è lessia", il Mercoledi delle ceneri, data che coincide co il primo giorno di Quaresima. Questo fa del Carnevale di Ovodda una festa trasgressiva visto che per la chiesa, il mercoledì delle ceneri è il giorno dedicato al digiuno e alla penitenza, esattamente l'opposto del carnevale. Il culmine della festa si raggiunge quando la ribellione sfocia nel processo e nell'eliminazione, con il rogo, di Don Conte, la sua morte viene vista come una liberazione dal malocchio lasciando una rinascita della terra e del bestiame, e auspica inoltre prosperità e gioia per i giorni restanti! nLULA Le maschere più importanti del carnevale di Lula sono tre: Su Battileddu,( la figura principale), sas Gattias (le vedove) e sos Battileddos issocadores. La denominazione Battileddu deriva dalla parola sarda battile, una sorta di tappetto usato come sotto-sella per gli asini e i cavalli; in seguito però il suo significato si riferisce ad un oggetto di scarso valore o, se riferito a persona, allude al suo essere trascurato e sporco. Su Battileddu ha il viso sporco di sangue e annerito dalla fuliggine e il corpo ricoperto di pelli di pecora e montone. cadores fanno da contorno al rituale. Intorno a lui si muovono altre maschere dal volto nero che lo aggrediscono fino ad ucciderlo. Su Battileddu viene quindi fatto sfilare su un carro, ma alla fine risorgerà, caratteristica che dimostrerebbe come anche la maschera di Lula, come la maggior parte delle maschere sarde, tragga origine dai riti Dionisiaci. MAMUTHONES E ISSOHADORES I misteriosi protagonisti del Carnevale di Mamoiada, Mamuthones e Issohadores, sono arrivati a noi come arcani testimoni di una millenaria tradizione orale. I Mamuthones, maschere nere e tragiche dall'espressione sofferente e affaticata, avanzano in gruppo di dodici con salti cadenzati che provocano il suono assordante dei campanacci, elemento propiziatorio ed apotropaico. Si muovono in maniera composta e solenne, osservando un assoluto silenzio e rappresentano l'immagine dell'oscurità, della natura morente nei suoi molteplici aspetti di uomo, donna, animale. Gli Issohadores, chiari e leggiadri nei loro costumi colorati, scortano il gruppo dei Mamuthones con un incedere più aggraziato dando il ritmo alla processione delle maschere nere. In mano tengono un laccio di giunco (sa soha), che lanciano con abilità verso le persone per acchiapparle, coinvolgendo in tal modo la comunità nel rito e donandole simbolicamente benessere e fertilità. nOLZAI Il carnevale di Olzai, come quello di Ovodda, ha la particolarità di proseguire fino al mercoledì delle Ceneri e poi fino alla domenica delle pentolacce; le strade del paese vengono animate dalle tre maschere caratteristiche del carnevale olzaese: sos Intintos, sos Murronarzos e sos Maimones. Sos Intintos, vestiti con “zippone e antalera”, hanno i visi imbrattati di nero, sono travestiti da vedove a lutto per la morte del carnevale e sfilano il mercoledì delle ceneri. Sos Murronarzos, indossano abiti d'orbace e campanacci; usano imbrattarsi il viso col sughero bruciato, originariamente lo coprivano con veri musi di maiale o cinghiale, oggi sostituiti da maschere lignee. Sfilano sempre in coppia. Sos Maimones, mezzo uomini e mezzo fantocci dalle fattezze femminili, hanno quattro braccia, quattro gambe e due teste. Sono maschere particolarmente allegre ed esplicite che personificano la fertilità umana. PASSU TORRAU Sino alla prima metà del Novecento, la buona riuscita di una festa dipendeva quasi esclusivamente da come si svolgevano le danze e particolare attenzione si prestava all'aspetto sonoro e coreutico. Sos Ballos, inoltre, rappresentavano anche una delle più importanti occasioni di socializzazione offerte alla comunità, e, in particolare, erano occasione per uomini e donne di poter stare a stretto contatto e comunicare le proprie simpatie amorose. Tra gli strumenti musicali nel cui repertorio vi sono molte musiche da ballo si possono menzionare “is launeddas, sas benas, su pipiolu, sa trunfa, s'affuente, su tumbarinu, su triangulu, sa chitarra”, “su sonette a bucca” (l'armonica a bocca), “su sonette” (l'organetto diatonico), “su sonu” (la fisarmonica). Lo studioso Giovanni Lilliu vedeva nel ballo «una vera orgia mimico-musicale propiziatrice d'amore», abbastanza vicina ad una danza rituale magico-erotico-sessuale. Per altri studiosi il ballo sardo è di origine greca. Il ballo più diffuso nell'isola è su ballu tundu (il ballo tondo) o duru-duru, imperniato su un cerchio che si ricompone più volte dopo ogni variazione coreografica. Da molte parti si balla su passu torràu (il passo che ritorna), detto anche ballu sèriu (ballo serio), una danza imponente, caratterizzata da un passo che si ripete e si conclude con una genuflessione. In tutta l'isola a seconda delle zone, degli strumenti che li accompagnano e dalle coreografie i balli e le danze tradizionali assumono nomi e connotazioni differenti. TEMPIO Il Carnevale di Tempiopausania  ha subito nel corso degli anni diverse trasformazioni, fino a diventare uno spettacolo folkloristico con una sfilata di carri allegorici che inscenano per le strade della cittadina una pantomima satirica con risvolti anche politici, diventando una sorta di Viareggio in miniatura. Il carnevale nella Gallura in generale, ha origine antica. ma risalire al principio non è facile perché molte tradizioni sono completamente scomparse. Le sfilate dei carri allegorici sono iniziate nel 1956, mentre prima vi era semplicemente un'esibizione di costumi composti da stracci e vestiti vecchi con particolari acconciature, all'insegna dell'improvvisazione e della spontaneità. VÍSERA ( O BÍSERA) È la maschera utilizzata nel carnevale, sono presenti diverse tipologie di vìseras, con varianti relative al materiale (legno, sughero, ceramica), alla tipologia (antropomorfe o zoomorfe) e al significato. Comune a innumerevoli popolazioni era l'utilizzo di tale simbolo sin dall'età arcaica, raramente sostituito, ma spesso affiancato da pitture corporali e tatuaggi. La maschera si configura come un'efficace mezzo di comunicazione tra gli uomini e le divinità, un tramite che consente di proiettarsi all'interno di un mondo “altro”, divino, rituale, mistico. Colui che indossa la maschera perde la propria identità per assumere quella dall'oggetto rituale rappresentata. In linea molto generale, la maschera è strumento con cui ingraziarsi la volontà dei numi agricoli e pastorali, utilizzandola a beneficio della comunità. La maschera, spesso, è associata al culto degli antenati ed il soggetto umano o animale è il più diffuso.


Zidicosu, Zorzi, Gioldzi e Radjolu, chi è il capro espiatorio che verrà sacrificato 
Il re fantoccio morirà sul rogo
MAMOIADA La maggior parte dei Carnevali sardi è riconducibile ad arcaici rituali propiziatori; quasi tutti sono caratterizzati dal sacrificio di una vittima che a seconda del paese assume nomi diversi: il nome più comune per identificare il re del Carnevale è Zorzi. Ma sono tante le varianti con le quali viene
una mia   foto   carnevale  2012 del nostro  Re Giorgio e Ghjòlglju 
chiamato il Dio del Carnevale: Isili lo chiama S'urdi de s'antecoru, a Desulo è detto Zidicosu, a Dorgali Radjolu, a Tempio Re Giorgio e Ghjòlglju, Gioldzi a Bosa, Juvanne Martis sero a Mamoiada, Olzai, Ollolai, Narcisu o ce homo, è il pupazzo tipico del carnevale fonnese. Don Conte a Ovodda, Cancioffàli di Cagliari, Zizzaròne a Gavoi, Zorzi conchi-tortu a Silanus. Si tratta di una maschera-pupazzo, simbolo del dio o del capro espiatorio, che in tutti i carnevali scompare di morte violenta: viene impiccato, bruciato o gettato in un fosso, affinché le sue ceneri fecondino la terra. I fantocci per lo più finiscono al rogo, ma non mancano i casi di annegamento, defenestrazione, decapitazione, impiccagione ed altre morti ingloriose. Il reato del quale viene ritenuto colpevole è quello di essere causa delle pene che l'umanità sopporta durante l'anno. In passato, il sacrificio si concludeva con delle vere e proprie orge, durante le quali gli uomini in età virile gridavano e cantavano versi scurrili al grido di “Andira, andira, andirò”, forse variazione di Andrìa (appellativo di Dioniso e del membro virile). Ancora oggi in molti paesi il fantoccio viene accompagnato da uomini mascherati da prefiche e da canti dal linguaggio scurrile. A Bolotana il fantoccio è seguito dal coro «Zorzi lassa su piachere-ca torra sa pacha Santa, lassa su piantu chi torra Sabadu Santu…», a Norbello cantano «Zorzi non ti c'andes- aspetta ca ti frio duos oos», a Mamoiada le prefiche lo piangono cosi: «Juvanne meu, prenu 'e pazza, mesu meazza, meazza 'e mesu, torrami sa vresa chi m hii c'has pihau, Juvanne». Nella Roma antica il dio dei saturnali veniva personificato da un uomo che veniva sacrificato per il bene della collettività; poi venne sostituito con un fantoccio di paglia. La sera del martedì grasso veniva bruciato come vittima designata che, morendo purificava gli uomini e la comunità, e attraverso l'esorcismo della sua morte diveniva simbolo di rinnovamento della fecondità.



25.2.14

viaggio nel tempo attraverso la soffitta

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 le  foto  sono  di https://www.facebook.com/andrea.deiana


P.s  se non riuscite  a leggere il commento sotto  rieccovelo


Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate e filtri giusti.
Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa. La grande foto è l’immagine di un’ idea.
Tiziano Terzani

concludo    con in sottofondo  La  grande famiglia  -  Modena city Ramblers