3.5.14

IL caso del complesso nuragico di Greamu uno dei più importanti del Nuorese e della sardegna ma lasciato in totale abbandono dal comune di Fonni

   in sottofondo le  canzoni del  video  di Gremanu :   Isole  e  Meridies - Marino De Rosas .,  Bae Luna Piero Marras 


Per  pasqua e  pasquetta   sono andato  con la  Family ( vecchi e fratello  ) ed  altri  amici di famiglia  siamo andati a vedere la  zona tra  Gavoi e  Fonni   ed  i monumenti  :  1)  le  tombe de giganti di madau   2)   il complesso/santuario nuragico di Gremanu .

TOMBE DI  MADAU 

Chiamate   coi  perchè  al centro della vallata del riu Madau, in direzione del passo di Corr’e Boi, sorgono ben quattro tombe dei giganti, alcune delle quali sorte sui resti di sepolture più antiche. La maggiore delle quattro è lunga oltre 22 metri e presenta un’esedra di 24 metri. L'emiciclo, con un bancone per le offerte, è delimitato da ortostati sui quali si sovrappongono file orizzontali di conci di dimensioni decrescenti verso l’alto. Al centro dell'esedra è il portello d'ingresso architravato. Sull'architrave forse poggiava il fregio a dentelli formato da due blocchi sovrapposti orizzontalmente. La sommità del corpo tombale culminava con una struttura a "naveta", documentata nella tomba più grande. 
Luogo ben  conservato , forse  perchè  vicinissimo alla  strada,   anche  se  con scarse    indicazioni per  raggiungerlo .
Poichè le mie foto   non rendono  giustizia  per descrivere il sito in questione  ecco  un bellissimo video  di Marcello Cabriolu


Per  chi volesse saperne di più   eccovi alcuni siti  


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 GREMANU 

Esso una  bellissima  struttura  archeologica 


 E'  situata  in un luogo  suggestivo  all'interno di un bosco  e  di un' area  verdeggiante  e   ricca  di peonie (  vedere  foto  sotto )    e  di  orchidee selvatiche .  Peccato  che  sia  molto    difficile da raggiungere   se non si usa   navigatori  o mappe  elettroniche  o cartacce   Infatti a  differenza  di Madau , mancano completamente le  indicazioni  dell'ubicazione e per  raggiungerlo   c'è  il  rischio di perdersi , come  è  capitato anche  a noi  la prima   volta  che andammo   senza  trovarlo ,  una volta entrati dentro il terreno privato in cui si trova  . 
Ecco  comunque  come arrivarci  . 
Da Nuoro percorrere la strada statale 389 in direzione Mamoiada-Fonni. Svoltare poi al bivio per Pratobello, dove dall'abitato si procede sulla strada provinciale 2 in direzione di Lanusei. Dopo qualche chilometro si raggiunge il sito . In origine  era  segnalato da cartelli sulla destra. dei cartelli  poi l'incuria  e  i vandali li  hanno distrutti e non più rimessi .  Comunque  trovate  un cancello rosso 

 entrate   e poi richiudete , perchè è proprietà privata   (  forse di pastori e  contadini  )    fate   su 30\40 metri della stradina  ,  poi arrivate  un fiumiciattolo  facilmente  attraversabile ,  ma  con cautela  ,  d'estate ( visto  che il ponte  , a meno che  non siate  abili  indiana  Jones o amanti  dell'avventura  )  

poi arrivate  davanti  a un  "  fortino "   recintato ( non siamo riusciti a capire  che  cosa  sia  )   girate  sinistra    e  li trovate  il primo nucleo  , poi sempre  dritti per  un sentiero di peonie ed  orchidee    selvatiche   (  foto mie  e di mio padre  



















  e  li trovate il secondo nucleo .   per  chi  cerca sulle e mappe  elettroniche  e non    ecco le  cordinate  40°6'28"N   9°20'20"E
Un bellissimo  sito  peccato che non sia segnalato ,che i visitatori debbano vagare nella campagna per trovarlo,che non ci sia un cartellone didattico ed esplicativo,che i visitatori debbano attraverare un torrentello a piedi o avventurarsi su un fatiscente ponticello di legno marcio ,a loro rischio e pericolo .. In qualsiasi paese europeo un simile tesoro avrebbe avuto ben altro risalto !!!!!

1.5.14

ma va !!! Il giurista Rodotà sabato a Cagliari per partecipare al Festival della filosofia «L’Italia corre il rischio di una svolta autoritaria»

in sottofondo  linea  gotica -  Csi-Prg e cara  democrazia  - Ivano Fossati 


Lo so  che  come dice la mia vecchia  dovrei essere   modestia . Ma  ci  sono anche dei casi , come questo  ,  in cui   si dicono cose ovvie  ( a chiunque   ) basta vedere  un tg  o  aprire un giornale  o farsi un   giro per la rete  e per i social  per  accorgesene   \ per rendersene  conto  .  Niente  di nuovo sotto il sole   quindi   non è  una  novità  .E '  dal 1948 ( quel periodo  che va  sotto l'orripilante espressione prima repubblica    )    fino ad  essso  , salvo alcune  scosse    che rischiamo  fra alti e bassi , sangue  e bombe    che rischiamo   la  svolta autoritarià  . Non è che quello  del  giurista  Rodotà   sarà l'ennessimo  , come lo definicono  molti , al lupo al  lupo ?

(  .. )  noi siamo tutti in fila davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un segno,
e noi siamo tutti al fiume a trasformare l'oro in stagno.
Ma prima di aver finito faremo un buco nell'infinito
e accetteremo l'invito a cena dell'Uomo Ragno.
(....) 
                           La  ballata  dell'uomo ragno di  Francesco  de  Gregori    (  testo  )


 Mi chiedo ma ci voleva  un  rodotà   a  dircelo ?  E  che  siamo stanchi  e sfiduciati   di scendere  in piazza   e allora  ci rifugiamo \  ci sfoghiamo nel web  e   ( non è  il mio caso  )  nel reflusso   come  abbiamo fatto  negli annni 80\90  e  poi  dopo il 2007  con il berlusconismo  . Aspettando  , come la  strofa  sopra  ,  un altro  25  luglio e il prossimo governo badoglio 

 da la  nuova sardegna  del   1\5\ 2014

Potere concentrato al vertice, meno controllo e indebolimento degli istituti di garanzia: così riduciamo gli spazi della democrazia
di Costantino Cossu

Come con le parole si costruisce il diritto e come il diritto costruisce le parole. Un doppio canale attraverso il quale, se le cose funzionano, l’attività legislativa su cui si fonda la vita di una comunità definisce un quadro normativo capace di rispondere alle esigenze dei singoli e dell’intera collettività. Oggi però sempre di meno le cose funzionano, con effetti negativi che sono sotto gli occhi di tutti. “Parole e diritto” è il tema dell’incontro che sabato prossimo, al Festival della filosofia di Cagliari, vedrà protagonista Stefano Rodotà, giurista da sempre impegnato sul fronte della politica. E proprio sul filo del rapporto tra cultura (giuridica ma non solo) e politica si snoda il colloquio con Rodotà in
attesa dell’appuntamento cagliaritano. Professor Rodotà, come si configura oggi il rapporto tra linguaggio e diritto? «Il diritto è una forma di linguaggio che può essere adoperata in maniera ambivalente: per rispecchiare la realtà oppure per occultarla; per sistematizzare un corpo di norme aderente agli interessi collettivi, oppure per favorire interessi corporativi o comunque di parte, se non addirittura personali. Quest’ultima eventualità è più facile che si realizzi se passa, per carenza di competenze giuridiche o per strategia voluta, la logica che le leggi siano confuse, non chiare, non immediatamente interpretabili». Lei si rifà a una tradizione, quella illuministica, secondo la quale il diritto deve essere comprensibile da tutti. Oggi è così? «La immediata comprensibilità delle norme giuridiche è uno dei passaggi fondamentali attraverso i quali si è definita la modernità. Il diritto deve essere un linguaggio accessibile non solo sul piano strettamente materiale (disponibilità effettiva dei codici) ma anche sul piano della interpretazione. Stendhal, in una lettera indirizzata a Balzac mentre vergava le pagine di quel grande capolavoro che è “La Certosa di Parma”, annota: “Per trovare il tono giusto alla mia scrittura leggo ogni mattina due o tre pagine del Codice civile”. Ecco: ci possono essere testi normativi immediatamente comprensibili come quello di un romanzo realistico alla Stendhal, stilisticamente accettabili e nei quali si ritrova, tutta intera, la realtà». C’è però un altro modo di usare il linguaggio del diritto, un modo che c’entra poco con la chiarezza della Ragione cara alla cultura illuminista di matrice francese… «Sì. Come dicevo, il diritto può essere usato anche per nascondere la realtà, per manipolarla secondo fini che con la natura del diritto medesimo non hanno niente a che fare. Ciò può accadere, ad esempio, per difetto di tecnica. E in questo caso l’effetto perverso può, ovviamente, anche non essere intenzionale. Mi spiego: se voglio redigere una norma che sia, come sempre dev’essere a termini di diritto, generale ed astratta, devo essere capace, tecnicamente, di scriverla in modo da comprendere nel testo situazioni che possono essere, tra loro, molto diverse. Se non sono in grado di fare questo, posso anche arrivare a redigere non una norma generale ed astratta valida per tutti, ma una legge valida per pochi, se non addirittura “ad personam”. Poi c’è un’altra maniera, che presuppone una intenzionalità: io voglio deliberatamente rendere poco comprensibile la legge al comune cittadino per riservarne la comprensione a una casta di sacerdoti del diritto, i quali saranno i soli che potranno dire qual è il significato della legge. Con due vantaggi, per i sacerdoti: uno di potere e l’altro, come è facile intendere, economico». Un secondo aspetto del rapporto tra parole e diritto riguarda il modo in cui il diritto considera le parole. «Anche su questo aspetto vorrei fare un riferimento concreto. L’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. Il diritto diventa lo strumento grazie al quale la parola, la libera manifestazione del pensiero, viene tutelata come un diritto fondamentale della persona. Come sappiamo, però, questo diritto non è assoluto, può essere vincolato a dei limiti. E qui si apre tutta una serie di questioni oggi particolarmente vive. La libertà di parola, ad esempio, si confronta con il divieto alla diffamazione: il mio diritto limitato dai i diritti di altri soggetti. Ma poi c’è il problema più generale del diritto al dissenso, che è molto complicato. Quali sono i confini entro i quali il dissenso può essere manifestato? Pensiamo al linguaggio dell’odio nei confronti delle donne, degli ebrei, dei neri, degli omosessuali. Sino a che punto si può considerare che queste forme violente di linguaggio rientrino nel diritto al dissenso? Non è una questione pacifica. Negli Stati Uniti ci sono sentenze che legittimano anche queste tipologie estreme del diritto alla libera manifestazione del pensiero. Un altro ambito di possibile limitazione della libertà di parola è il negazionismo storico. Come si vede, tutte questioni aperte”. A proposito di dissenso, lei è tra i firmatari di un manifesto contro le riforme istituzionali messe in cantiere dal governo in carica. Un documento che si intitola “Verso una svolta autoritaria”. Renzi liberticida? «Qui dal rapporto tra parole e diritto ci spostiamo al modo in cui si sta tentando, nel nostro Paese, di cambiare l’assetto costituzionale. Se io strutturo un sistema istituzionale, come c’è il concretissimo rischio che accada oggi in Italia, prevedendo una concentrazione di potere al vertice, indebolendo norme e istituti di controllo e di garanzia, eliminando gli equilibri tra poteri, sto facendo un’operazione che non è neutra rispetto al grado di agibilità degli spazi della democrazia. La parola autoritarismo può impressionare. E però, ci sono varie forme di autoritarismo. Non c’è solo quello che abbiamo conosciuto durante il ventennio fascista. Anche ridurre gli spazi della democrazia significa praticare una forma di autoritarismo. Ma c’è, oltre al merito, una questione di metodo: autoritarismo è quando, di fronte ad un progetto di riforma costituzionale molto discutibile, alle critiche si risponde con un drastico e ultimativo “prendere o lasciare”. Non c’è margine per la discussione, il confronto disturba il manovratore e tutto ciò che è pensiero critico viene espulso dal dibattito politico. Uno dei caratteri fondativi della democrazia è il dialogo. Posso non essere d’accordo con le tue opinioni, ma sono tenuto a discuterne, a prenderle in considerazione, non mi posso negare al confronto. Quando, come oggi accade, queste premesse sono cancellate, c’è un pericoloso slittamento verso una tentazione autoritaria».

allo stato italiano da fastidio il fai da te ? OLIENA Ordinanza di demolizione per il ponte “fai da te” sul Cedrino, sotto il ponte crollato di Oloè





’OPERA
By pass sterrato  è fatto da volontari . Essi hannno fatto   autofinanziandosi I lavori sotto il ponte di Oloè, una lingua di terra tra le due sponde, sono stati realizzati da un gruppo di volontari di Oliena. Gente esasperata per le difficoltà che ogni giorno devono affrontare, anche economicamente a causa dei costi del carburante, per raggiungere i loro poderi al di la del fiume Cedrino. Una situazione di disagio che si trascina ormai da cinque mesi e che ora rischia di diventare ancora più pesante a causa dell’arrivo della bella stagione con le conseguenti difficoltà per raggiungere la costa di Dorgali.

per  chi volesse  leggere l'articolo  della  nuova  sardegna  d'ieri  lo trova  nell mio post precedente  url  sotto  
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2014/04/stanchi-di-attendere-lanas-alcuni.html

E ti pareva che lo stato italiano non intervenisse per le " fesserie " ( ovviamente senza sminuire la mancanza di sicurezza e  la situazione precaria   cpoem  si  può vedere  dalle  foto    sotto    . Ma tenendo presente che essa è dovuta alla farranginosa burocrazia e l'accontentare i poteri forti che hanno tutto l'interesse che le cose rimangpo in tale situazione  ) e non per altre irregolarità e peggio illegalità più serie .Perchè invece non si preoccupa di , in questo caso , di fare le riparazioni delle infrastrutture essenziali , non puoi metterci un ora , perun pezzo che si può fasre in 15 minuti .

  da la  nuova sardegna del  1\5\2014  

L’ordinanza è stata emessa dal Comune di Oliena, su richiesta della Provincia e dell’Anas, per motivi di sicurezza Il «ponte fai da te» dev’essere demolito
di Pier Luigi Piredda 

OLIENA Ordinanza di demolizione per il ponte “fai 
da te” sul Cedrino, sotto il ponte crollato di Oloè. Un atto dovuto quello del sindaco Salvatore Serra, fatto forse anche a malincuore, ma inevitabile. Nei giorni scorsi, l’amministrazione comunale di Oliena ha ricevuto dalla Provincia la richiesta di emissione dell’ordinanza di demolizione dell’opera provvisoria realizzata dai volontari, perché completamente abusiva. Priva delle necessarie autorizzazioni del Genio civile e dell' Autorità di bacino, ma anche e soprattutto perché potenzialmente pericolosa per la sicurezza. Il collegamento è infatti stato costruito sotto le arcate del ponte della morte (ha perso la vita il poliziotto nuorese Luca Tanzi), in un’area con una pericolosità idraulica molto elevata. Sarebbe infatti sufficiente un lieve ingrossamento del Cedrino, e in questi giorni le condizioni meteo sono particolarmente insidiose con la possibilità di piogge, per far correre grossi rischi a chi lo percorre. E sono ormai centinaia le auto, le moto, i mezzi agricoli e persino i turisti in bicicletta che stanno percorrendo quotidianamente quella lingua di terra che collega le due sponde del Cedrino. L’ordinanza di demolizione è stata affissa nell’albo pretorio del Comune e anche pubblicata sul sito internet dell’amministrazione olianese ed è immediatamente operativa. Già da oggi la strada “fai da te” dovrebbe quindi essere essere chiusa.


  Non è improbabile che per far rispettare l’ordinanza vengano incaricati i vigili urbani, come del resto stanno facendo da alcuni giorni anche sul ponte di Papalope. La situazione rischia però di diventare incandescente e non è da scartare l’ipotesi che, se dovesse degenerare anche a causa della concomitanza con la giornata festiva e quindi con una quasi annunciata enorme mole di traffico che si riverserà su quel tratto di strada che porta verso il mare, per evitare problemi di ordine pubblico possa esserci un intervento urgente del prefetto. Intanto, sui lavori dei volontari e sulle “presunte lungaggini” dell’Anas, è intervenuto direttamente Piero Ciucci, presidente nazionale dell’ente che ricopre anche le funzioni di Commissario delegato per gli interventi di ripristino della viabilità statale e provinciale in Sardegna. «Il ponte di Oloè, sulla Sp 46, un viadotto di tre campate in cemento armato, ha riportato danni assai rilevanti – ha spiegato –. Il progetto di ripristino è stato rapidamente elaborato dall’Anas dopo una serie di approfondimenti con i tecnici del Genio civile. Prevede il ripristino e la messa in sicurezza delle spallette e la realizzazione di scogliere per l'alveo e la protezione del corpo stradale, per un importo di circa 3 milioni di euro. Il progetto esecutivo dei lavori è stato da me approvato, in qualità di Commissario, il 22 aprile, in anticipo rispetto alla scadenza del 2 maggio prevista dal Piano degli interventi. In attesa del rilascio della formale e necessaria autorizzazione del Genio civile, per assicurare la massima celerità sono state già avviate le procedure di affidamento dei lavori e l'ultimazione dell'opera è prevista dal piano per il 14 settembre. Ma voglio sottolineare che, tenuto conto della criticità di comunicazione tra le due sponde del fiume Cedrino e dell’esigenza di venire incontro alle legittime esigenze della popolazione e delle imprese del territorio – ha aggiunto il commissario Ciucci – il progetto prevede che, non appena realizzate le opere di consolidamento e di messa in sicurezza delle spalle del ponte, si procederà alla riapertura al traffico. Entro i primi 30 giorni dall'avvio dei lavori e quindi a metà giugno. A due mesi dall'adozione dei lavori – ha insistito il presidente dell’Anas – le attività di progettazione sono già pressoché definite: 47 progetti sono già stati approvati e i restanti 5 saranno approvati oggi, in anticipo rispetto alla scadenza prevista dal Piano. Sono già state avviate 41 gare ed eseguite 31 aggiudicazioni di lavori. 9 interventi sono stati già consegnati alle imprese appaltatrici e sono in corso di esecuzione i lavori. Resta confermato l'obiettivo – ha concluso il commissario Piero Ciucci – di ultimare 50 interventi entro l'anno, mentre soltanto due lavori saranno conclusi a gennaio 2015».

29.4.14

Stanchi di attendere l’Anas, alcuni volontari hanno riaperto il traffico sulla Sp 46 Oliena e il ponte fai da te

visto  che  lo stato italiano  ci  tratta  come discarica   vedi  Elemosina alluvione   e richiesta  soldi   per  l'aiuto  , per  non parlare  bidone  del G8 mancato alla maddalena ,  continuità territoriale  , basi  nato  ,  strade   che  fanno schifo  ,   la 131  (  la salerno -reggio caalabria  sarda  )  a rilento   ecc   Noi sardi ci  arrangiamo  ecco  il caso della strada   fai da te  .  Scommettiamo che  se  fosse stata  una strada  che collega  in cui devono passare  vip  o politici per  andare  nel  loro regno dorato  dela  costa  smeralda  o simili   l'avrebbero  fatta subito  ?

questa  si tuazioen  mi  ricorda  un antica  pubblicità  
 

  la  nuova sardegna del 29\4\2014

Stanchi di attendere l’Anas, alcuni volontari hanno riaperto il traffico sulla Sp 46
Oliena e il ponte fai da te


di Paolo Merlini 
INVIATO A OLIENA 
Hanno atteso pazientemente che il governo mantenesse le promesse fatte all'indomani dell'alluvione. Poi, in questa come in altre occasioni, è prevalso il pragmatismo olianese, l'antica consuetudine di una comunità a risolvere i problemi da sé. 

E in pochi giorni la viabilità con Dorgali, interrotta dal 18 novembre con il crollo del ponte di Oloè, sul fiume Cedrino, è stata ripristinata. Una mattina, due settimane fa, sul posto sono arrivate ruspe, camion, escavatori. E muratori, idraulici, pastori. Un piccolo esercito di volontari che hanno deciso di non sottostare più alle lungaggini dell'Anas, l’ente incaricato della ricostruzione del ponte, perché quella strada interrotta stava facendo perdere tempo e soprattutto denaro a tutti. Agli allevatori, che per raggiungere le proprie aziende a un tiro di schioppo ma di là del ponte erano costretti a un giro impossibile, addirittura passando dalla statale 131 Nuoro-Olbia; agli operatori turistici che negli anni si sono insediati con varie attività, dagli agriturismo ai bed&breakfast, nella vallata ai piedi del Supramonte di Oliena, dove un tempo c'era solo l'hotel ristorante Su Gologone. E così, dopo che un pastore a messo a disposizione un proprio terreno, con tanto di cancello e strada di penetrazione agraria, i volontari si sono quotati e l'improvvisato cantiere di lavoro ha creato una sorta di bretella stradale attorno al ponte: dopo aver accumulato un'enorme massa di terra, è stato realizzato un tratturo dove le auto possono circolare in senso alternato. Le acque del Cedrino sono state incanalate in un ampio collettore e scorrono rapidamente (forse un po' troppo rapidamente nei giorni di pioggia). Non sarà un capolavoro di ingegneria, e probabilmente nessun genio civile l'avrebbe mai autorizzato, ma il nuovo "ponte" di Oloè funziona, ed è percorso mattina e sera da tantissimi olianesi e dorgalesi. Lo attraversano in realtà anche i primi turisti che, dalla Pasqua in poi, hanno cominciato ad arrivare in Barbagia. Le indicazioni nella strada provinciale 46, provenendo da Dorgali o da Oliena, spiegano chiaramente che la strada è chiusa al traffico, ma il passaparola ha funzionato e non si ferma. Nei giorni scorsi c'è stato spazio anche per qualche polemica che rischiava di vanificare il lavoro svolto. La realizzazione della strada sterrata, nonostante la buona volontà degli olianesi, è costata diverse migliaia di euro, e qualcuno ha pensato di ricordarlo agli automobilisti che transitano nel ponte improvvisato. Così, da un parte e dell'altra della strada sono comparsi cartelli con la scritta “È gradito un contributo per le spese sostenute”. In sostanza agli automobilisti veniva chiesa un’offerta, anche minima, per contribuire all’opera pubblica fai da te. Molti hanno aderito con piacere, altri non hanno gradito la presunta gabella, probabilmente perché non erano a conoscenza degli sforzi, anche economici, affrontati per realizzare il “ponte”, e men che meno i tempi lunghi dell'Anas in Sardegna. Insomma, dopo una segnalazione, il caso Oloè è finito in mano alle forze dell'ordine, che sinora avevano chiuso un occhio di fronte alla bretella stradale, forse perché faceva comodo anche a loro utilizzarla. Ma la richiesta di denaro si poteva configurare come un tentativo di estorsione, e dunque i carabinieri di Oliena hanno dovuto spiegare ai volontari di Oloè che non era il caso di continuare perché sarebbe scattata la denuncia. Un po’ delusi, i volontari hanno fatto marcia indietro, confidando nel fatto che la solidarietà dei compaesani può usare anche altri canali. Ma i cartelli con la richiesta di offerte sono ancora là, non si sa mai.

La gallina a equo canone: affittarla costa due uova Così un imprenditore di Nuoro ripaga ogni settimana i proprietari degli animali A “Geo & Geo” su Rai3 l’esperimento agricolo-commerciale

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  da  la nuova  sardegna  


 La gallina a equo canone: affittarla costa due uova
Così un imprenditore di Nuoro ripaga ogni settimana i proprietari degli animali A “Geo & Geo” su Rai3 l’esperimento agricolo-commerciale di Mario Patteri
Antonio Bassu




NUORO. Compri tre galline, le “affitti” a un allevatore e vieni ripagato con sei uova alla settimana, due per ogni pennuto.
L’idea dell’imprenditore agricolo Mario Patteri torna oggi alla ribalta in televisione, nella rubrica “Geo & Geo” di Rai 3 condotta da Sveva Sagramula, alle ore 16.30. Patteri verrà intervistato in studio, a Roma, sulla singolare iniziativa della sua azienda, la 3P, con stabilimento a Marreri, vicino a Nuoro. Patteri consegna sei uova alla settimana per ogni tre galline che gli vengono date in affitto e delle quali si accolla le spese di custodia, di alimentazione e di controllo sanitario.Conviene?  A quanto sembra si tratta di un circolo virtuoso che accontenta tutti.
Per comprare tre galline bastano 20 euro, abbondantemente ripagati, nel tempo, dalle uova che escono dall’allevamento di Patteri. D’altra parte l’imprenditore trattiene per sé – e naturalmente vende – la produzione settimanale che eccede l’«equo canone» di sei uova per tre animali.
Il conto è presto fatto: tre galline garantiscono in media 18 uova alla settimana, a Patteri ne restano quindi dodici. Con questo sistema il titolare della 3P è già arrivato a gestire 280 galline in affitto e ad assicurare, in contemporanea, la funzionalità della sua azienda. Mentre i proprietari delle galline, oltre a ricevere con regolarità una dotazione di uova freschissime, non devono preoccuparsi per la custodia che è assolutamente gratuita.
Patteri consegna e commercializza le uova nella bancarella di viale Badu’e Carros. Resta a suo carico provvedere al mantenimento e alla cura della salute delle galline: e lo fa con gli scarti degli ortaggi e della frutta provenienti dall’azienda. La 3P vive così un momento produttivo felice.
C’è, infine, un altro aspetto positivo dell’iniziativa che oggi sarà presentata in televisione: ogni proprietario di galline che si presenta al punto vendita di Mario Patteri per ritirare le sei uova settimanali che gli spettano, difficilmente evita di fare la spesa di frutta e verdura. Di conseguenza viene raggiunto anche l’obiettivo di incrementare gli affari con la vendita dei prodotti ortofrutticoli a chilometro zero.
Inoltre l’azienda 3P organizza, ogni anno, con i bambini delle scuole materne e delle scuole dell’obbligo, progetti d’indirizzo alla coltivazione degli ortaggi e corsi di educazione alimentare.
quanto sembra si tratta di un circolo virtuoso che accontenta tutti.

28.4.14

regno o terra dei vip ?

la sostanza non cambia  perch è sempre  ziracchi  e   dipendenti   siamo    che dica  Tony Bulciolu   l'autrice   dello scritto  sotto  e  di questa  foto  .

 Questa  è la mia   convinzione che mi sono fatto   , nel cosrso degli anni quando i matusa mi portavano  a  vedere  i vip in costa 


NEL REGNO DEI VIP

Dare un titolo ad un album e poi ripensarci.
Avevo scelto "La terra dei Vip" ma non mi è sembrato appropriato.
E' il loro regno, dove scorrazzano, ballano, cantano, amano, danno lavoro,
si innamorano delle nostre bellezze,
costruiscono le loro mega ville, solcano i mari con i loro lussuosi yacht, 
riempiono di rumore le nostre città.
Ma è un regno effimero, che dura una sola stagione.
A settembre, ad orde, così come sono arrivati, scompaiono.
I luoghi tornano ai Sardi che da sempre li hanno posseduti.
Fenici, Cartaginesi, Spagnoli, Arabi, Romani, tutti hanno cercato
d' impadronirsi della nostra Terra., ma hanno solamente usato il suolo.
L' anima appartiene solo a noi Sardi.
Siamo sempre stati conquistati, ma a guardare bene, forse non è proprio così.
Da tutti i conquistatori che arrivano e forse la fanno da padroni,
abbiamo appreso conoscenze e ci siamo "arricchiti" culturalmente, poi vanno via, 
scacciati magari da altri invasori, però noi rimaniamo.
Ci sono resti fenici, cartaginesi, romani sparsi per l' Isola, ma su di loro svettano, 
più maestosi e intatti i nostri Nuraghi, costruiti da uomini dell' età della pietra,
che hanno resistito al tempo e alle invasioni.
Siamo stati conquistati numerose volte, ma mai veramente dominati.
Ecco perchè la Terra non è dei Vip.
Li lasciamo governare per una stagione, 
prendiamo e apprendiamo ciò che possiamo.
Ma poi la nostra Terra meravigliosa, forse un pò ferita, silenziosamente torna nostra.

L’ex carabiniere racconta: «Io sono un miracolato dell’alluvione» [ del 18 nobvembre 2013 ]

da la  muova  Galura  del  27\4\2014 

Ha salvato una donna durante il ciclone: «Sono rimasto ferito, così ho fatto i check-up. Solo così ho scoperto di avere un grave male e mi sono potuto curare»
di Serena Lullia 

 
OLBIA. L’alluvione gli ha dato una seconda vita. Paradosso di una tragedia. Giacomo Usai, carabiniere in pensione (  foto   a sinistra  )  la notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel 1988. La
 notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel 1988. Per quel gesto ha ricevuto una medaglia di bronzo al valore civile. Nel cuore del pantano di via Emilia l’ex militare salva la vita alla dirimpettaia del piano terra, e ai suoi due gatti. Mentre strappa la donna alla violenza dell’acqua viene colpito su un fianco da una bombola. Una costola cede. Il dolore sempre più forte lo accompagna per settimane. Poi altre due costole si spezzano. I controlli in ospedale fanno emergere una gravissima insufficienza renale, un problema cardiaco e un mieloma multiplo. Usai viene ricoverato a Olbia e poi trasferito a Sassari. Una degenza lunga tre mesi e mezzo. La scorsa settimana il rientro a casa. 
Occhi vispi, movimenti rapidi da folletto, un vulcano di parole. Giacomo Usai racconta per la prima volta il suo 18 novembre. Una data che ha segnato la sua vita. 


Lo scafandro usato

E quella di sua moglie Maria, 37 anni insieme. Due esistenze in una. «Credo di essere l’unica persona che deve ringraziare l'alluvione – commenta –. Senza quella catastrofe molto probabilmente non sarei qui. Negli ultimi 16 anni non avevo mai fatto le analisi del sangue. Ho sempre avuto una salute di ferro».
L'ex brigadiere capo, 60 anni, rivive quei momenti a 5 mesi di distanza. La pioggia violenta, l'acqua che sale di livello in via Emilia, la strada
il cortile della suia  casa  nel fango 
 che si trasforma in un fiume. «Ho indossato gli stivali e lo scafandro da pescatore per andare a spostare la mia auto – torna indietro con la memoria –. Mia moglie si è affacciata dal terrazzo del nostro appartamento al primo piano e mi ha urlato: “Salva Piera”». Piera Canu vive al piano terra del palazzo di via Emilia. «La porta di ingresso non si apriva – prosegue Usai –, vedevo Piera sul divano mentre l’acqua saliva. Ho forzato la finestra del bagno. Piera urlava che prima dovevo mettere in salvo i suoi gatti. Ho fatto come mi ha chiesto. Una alla volta ho preso le due ceste con gli animali e le ho portate sulle scale. L’acqua era ormai alta un metro e mezzo, un fiume che trascinava di tutto. Mentre sollevavo Piera qualcosa mi ha colpito con forza al fianco, forse una bombola». La donna ricorda con commozione quei momenti. «Se non fosse per Giacomo sarei morta – afferma –. Non so nemmeno nuotare. La casa si è allagata all’improvviso. La televisione parlava di allerta meteo, ma non pensavo mai a una cosa del genere. Ho chiesto a Giacomo di prendere prima i miei gatti. Non posso che ringraziarlo per aver salvato tutti noi».
L’ex brigadiere continua ad avere forti dolori al fianco, non riesce nemmeno a dormire la notte. «Ma non volevo andare in ospedale – aggiunge –. Poi una sera, mentre guardavo la televisione, ho tossito. Stavo ridendo per un film di Stanlio e Ollio. Ho sentito il rumore di qualcosa che si rompeva. Al pronto soccorso mi hanno trovato una costola incrinata e due rotte. Sono stato ricoverato in chirurgia per due settimane. Quando sono ritornato per ulteriori controlli avevo la pressione altissima, a 250, i reni collassati». Scatta il ricovero d’urgenza, poi il trasferimento a Sassari. «Adesso faccio quattro ore di dialisi al giorno e la chemio – commenta Usai senza perdere mai il sorriso –. Reagisco bene alle cure. Spero di ricominciare a fare almeno la metà delle cose di prima. Coltivavo l’orto, andavo a pesca, raccoglievo asparagi, funghi. L’importante è che sono ancora qui. E devo ringraziare l’alluvione».

Angelica , studentessa del liceo artistico di Piacenza rgazza madre di 16 e pro life ma difende la 194 parlandone nelle scuole

 Leggendo , su repubblica  di sabato scorso    , la storia  di  Angelica Pellarini mamma  a  16 anni   che    non  molla  e   n ha  voluto abortire  o  non riconoscere  alla nascita    ( come  la legge prevvede  ) il suo bambinbo  , ma  ha deciso di tenerlo  e  di non lasciare la scuola e  gli studi  ,   metto in discussione  la mia easperienza  con i pro life  , accorgendomi che non sono tutti fanatici  e  con i paraocchi  . L'esperienza  è  una brutta bestiua   , qualcosa  di  volubile  e  mai definitivbo come dice  Pietro Marras in figlio  del  re 
 


Adesso  la  storia  di

  Angelica, studentessa del liceo artistico di Piacenza  di  16  anni , ha partorito il piccolo Maele sei mesi fa. Ha risposto in un'assemblea alle domande di 500 coetanei. "Ora spiego a scuola la mia scommessa di mamma bambina e difendo la legge 194"
Maele  , mesi 5 e giorni 20, è davvero — come dice la sua mamma — «un bel tortello». «Otto chili e mezzo

                                      JENNER MELETTI

 PIACENZA . Maele, mesi 5 e giorni 20, è davvero - come dice la sua mamma - "un bel tortello". "Otto chili e mezzo. A tenerlo in braccio, si fa una gran ginnastica". Il piccolo batte la mano sul tavolo, vuole attirare l'attenzione. "Non mi staccherei mai da lui. Un mese fa l'ho portato in gita con la mia classe, a Reggio Emilia. È stato buonissimo"...
Angelica Pellarini, 16 anni, non si sente una mamma speciale. "Sono una mamma, e questo è tutto. Quando resti incinta il bambino diventa il centro del tuo mondo. Ma il resto non scompare: sono una studentessa del liceo artistico e voglio continuare ad andare a scuola. All'inizio pensavo che tutte queste cose fossero molto normali e soprattutto private. Poi ho saputo di altre ragazze giovanissime,
che si sono trovate nella mia situazione. Alcune sono diventate mamme, altre hanno fatto scelte diverse. E allora ho deciso di parlare di noi e fra noi, per dire a voce alta quelle parole che prima venivano soltanto sussurrate".
È bella e delicata, la storia di mamma Angelica, del suo compagno Simone Savinetti, 19 anni, anche lui studente al liceo artistico, e del piccolo Maele (in celtico vorrebbe dire Principe) che adesso prende il ciuccio e si addormenta. Una storia che è diventata pubblica - raccontata da Simona Segalini su la Libertà - quando Angelica si è presentata a un'assemblea del liceo classico Melchiorre Gioia e davanti a 500 studenti ha raccontato la sua esperienza di piccola mamma e di altre due sue amiche. "Non sono qui per giudicare gli altri e nemmeno per dire che la mia scelta, quella di tenere il bambino, sia la sola giusta. L'importante è che sia fatta veramente da noi. E che sia davvero meditata". Tante domande, e alcune hanno fatto ridere Angelica e le sue amiche. "È vero che si ingrassa tanto? Ti sono venute le smagliature?". Poi le domande serie. "Come l'hanno presa i tuoi genitori?". "Anch'io ho 16 anni. A questa età come si fa ad essere una vera mamma?".
Angelica ha raccontato se stessa. "Diventare davvero una mamma? Il problema non sussiste. Nel momento in cui prendi in braccio il tuo piccolo sei una vera mamma. L'importante è ragionare e non dare retta a chi ti dice che, restando incinta, ti sei "fatta fregare", che ti sei rovinata la vita, che non ce la farai mai... Tutte persone che parlano della fatica che farai e non della gioia che sta arrivando. Quando senti il tuo piccolo che dice "gu", quando ti svegli al mattino e lui ti sorride...". Le amiche di Angelica hanno raccontato storie diverse. D., incinta a 17 anni, è stata cacciata da casa. È andata nell'appartamento del suo ragazzo ma i suoi genitori non possono aiutarla con il bambino e così D. ha dovuto lasciare la scuola. G. - nascosta dietro un paravento - ha raccontato il suo aborto. "Anche quella - dice Angelica - è una scelta coraggiosa. Io non faccio prediche. La legge 194 è stata una conquista delle donne. Dico soltanto che l'aborto deve essere l'ultima strada, quando tutte le altre risultano chiuse. Per questo, nelle assemblee, parliamo anche di prevenzione. Anch'io e Simone stavamo attenti, ma non sempre i contraccettivi funzionano".
La mamma di Maele non nasconde di essere fortunata. "Quando ho saputo di essere incinta, ho deciso subito: il bimbo lo tengo. Ne ho parlato immediatamente con Simone e anche lui non ha avuto dubbi. "Eravamo in due quando c'è stato il concepimento, saremo in due a tirare su il bambino". Mia madre Giusy, quando le ho dato la notizia, mi ha chiesto soltanto: "Tu e Simone siete felici?"". "Quando ho parlato con mio padre - racconta il ragazzo - lui non ha detto niente. Ma il giorno dopo ho visto che gli alberi del giardino più che potati erano stati massacrati. In qualche modo si era sfogato. I miei genitori mi hanno però sempre insegnato che bisogna essere capaci di prendersi le proprie responsabilità".
Angelica pellarini ( 16 )   con il suo  partener  Simone  Savinetti  (  19 )

I nonni hanno messo a disposizione un loro appartamento. "Dieci giorni dopo il parto - racconta Angelica - ero in classe per una verifica. Ancora adesso ho la media dell'8. Alle 11 del mattino arrivava a scuola mia mamma e mi portava il bimbo, per l'allattamento. Partendo dalla mia esperienza di mamma - studentessa, ho preparato un progetto, che si chiama "Sensibilizzazione alla vita". Noi piccole mamme abbiamo bisogno di qualche aiuto: un posto dove allattare a scuola, ad esempio, che non sia la stanzetta dei bidelli. E abbiamo bisogno di una nuova norma che ci consenta di non perdere l'anno se ci sono più di quattro mesi di assenza. Ci sono crediti per gli studenti che fanno i tutor dei più giovani, si potrebbero mettere anche per chi aiuta noi mamme. Il mio liceo, comunque, è stato meraviglioso. Gli insegnanti e i compagni di classe ci hanno portato il passeggino triplo e altri regali. A settembre andrò a parlare del mio progetto in altre scuole. Alcuni ragazzi che mi avevano sentito al liceo Gioia mi hanno invitato anche in due parrocchie. Io sono cattolica ma non praticante. Del resto, la nostra - mia e delle altre ragazze - è una questione di diritti e non di fede". Il "bel tortello" si sveglia, vuole la mamma. "Un altro figlio? Pensiamo di sì. Ma dopo l'università".in braccio, si fa una gran ginnastica». Il piccolo batte la mano sul tavolo, vuole attirare l'attenzione. «Non mi staccherei mai da lui. Un mese fa l'ho portato in gita con la mia classe, a Reggio Emilia. È stato buonissimo ».
Non si sente una mamma speciale. «Sono una mamma, e questo è tutto. Quando resti incinta il bambino diventa il centro del tuo mondo. Ma il resto non scompare: sono una studentessa del liceo artistico e voglio continuare ad andare a scuola. All'inizio pensavo che tutte queste cose fossero molto normali e soprattutto private. Poi ho saputo di altre ragazze giovanissime, che si sono trovate nella mia situazione. Alcune sono diventate mamme, altre hanno fatto scelte diverse. E allora ho deciso di parlare di noi e fra noi, per dire a voce alta quelle parole che prima venivano soltanto sussurrate». È bella e delicata, la storia di mamma Angelica, del suo compagno Simone Savinetti, 19 anni, anche lui studente al liceo artistico, e del piccolo Maele (in celtico vorrebbe dire Principe) che adesso prende il ciuccio e si addormenta. Una storia che è diventata pubblica — raccontata da Simona Segalini su la Libertà — quando Angelica si è presentata a un'assemblea del liceo classico Melchiorre Gioia e davanti a 500 studenti ha raccontato la sua esperienza di piccola mamma e di altre due sue amiche. «Non sono qui per giudicare gli altri e nemmeno per dire che la mia scelta, quella di tenere il bambino, sia la sola giusta. L'importante è che sia fatta veramente da noi. E che sia davvero meditata». Tante domande, e alcune hanno fatto ridere Angelica e le sue amiche. «È vero che si ingrassa tanto? Ti sono venute le smagliature?». Poi le domande serie. «Come l'hanno presa i tuoi genitori?». «Anch'io ho 16 anni. A questa età come si fa ad essere una vera mamma?». Angelica ha raccontato se stessa. «Diventare davvero una mamma? Il problema non sussiste. Nel momento in cui prendi in braccio il tuo piccolo sei una vera mamma. L'importante è ragionare e non dare retta a chi ti dice che, restando incinta, ti sei "fatta fregare", che ti sei rovinata la vita, che non ce la farai mai… Tutte persone che parlano della fatica che farai e non della gioia che sta arrivando. Quando senti il tuo piccolo che dice "gu", quando ti svegli al mattino e lui ti sorride…». Le amiche di Angelica hanno raccontato storie diverse. D., incinta a 17 anni, è stata cacciata da casa. È andata nell'appartamento del suo ragazzo ma i suoi genitori non possono aiutarla con il bambino e così D. ha dovuto lasciare la scuola. G. — nascosta dietro un paravento — ha raccontato il suo aborto. «Anche quella — dice Angelica — è una scelta coraggiosa. Io non faccio prediche. La legge 194 è stata una conquista delle donne. Dico soltanto che l'aborto deve essere l'ultima strada, quando tutte le altre risultano chiuse. Per questo, nelle assemblee, parliamo anche di prevenzione. Anch'io e Simone stavamo attenti, ma non sempre i contraccettivi funzionano». La mamma di Maele non nasconde di essere fortunata. «Quando ho saputo di essere incinta, ho deciso subito: il bimbo lo tengo. Ne ho parlato immediatamente con Simone e anche lui non ha avuto dubbi. "Eravamo in due quando c'è stato il concepimento, saremo in due a tirare su il bambino". Mia madre Giusy, quando le ho dato la notizia, mi ha chiesto soltanto: "Tu e Simone siete felici?" ». «Quando ho parlato con mio padre — racconta il ragazzo — lui non ha detto niente. Ma il giorno dopo ho visto che gli alberi del giardino più che potati erano stati massacrati. In qualche modo si era sfogato. I miei genitori mi hanno però sempre insegnato che bisogna essere capaci di prendersi le proprie responsabilità». I nonni hanno messo a disposizione un loro appartamento. «Dieci giorni dopo il parto — racconta Angelica — ero in classe per una verifica. Ancora adesso ho la media dell'8. Alle 11 del mattino arrivava a scuola mia mamma e mi portava il bimbo, per l'allattamento. Partendo dalla mia esperienza di mamma — studentessa, ho preparato un progetto, che si chiama "Sensibilizzazione alla vita". Noi piccole mamme abbiamo bisogno di qualche aiuto: un posto dove allattare a scuola, ad esempio, che non sia la stanzetta dei bidelli. E abbiamo bisogno di una nuova norma che ci consenta di non perdere l'anno se ci sono più di quattro mesi di assenza. Ci sono crediti per gli studenti che fanno i tutor dei più giovani, si potrebbero mettere anche per chi aiuta noi mamme. Il mio liceo, comunque, è stato meraviglioso. Gli insegnanti e i compagni di classe ci hanno portato il passeggino triplo e altri regali. A settembre andrò a parlare del mio progetto in altre scuole. Alcuni ragazzi che mi avevano sentito al liceo Gioia mi hanno invitato anche in due parrocchie. Io sono cattolica ma non praticante. Del resto, la nostra — mia e delle altre ragazze — è una questione di diritti e non di fede». Il «bel tortello» si sveglia, vuole la mamma. «Un altro figlio? Pensiamo di sì. Ma dopo l'università ».  Il diritto di abortire, per le donne, è stato una conquista. Ma deve essere l'ultima strada, serve prevenzione Andrò in altre classi per dire che le babymadri non devono essere penalizzate ma aiutate. Non rinuncio a laurearmi " "

27.4.14

«Amore come assoluto La forza delle donne che percorre i secoli» A Sassari martedì 29, per la rassegna “Fioriture”, una delle più autorevoli esponenti del pensiero femminista

sono tropo stanco  per riportare  l'articolo    e riporto il pn


Sedilo ricorda oggi, con lo storico Sandro Portelli, il sergente Cocco, trucidato dalle truppe hitleriane alle Fosse Ardeatine Storia di Pasquale, ucciso dai nazisti a 24 anni

  DA  LA NUOVA  SARDEGNA  DEL  26\4\2014

Per la casa editrice Chiarelettere si tratta di una scelta «inopportuna e contraria al libero dibattito delle idee e delle opinioni».Fa discutere l'esclusione dal Salone del Libro, a Torino dall'8 al 12 maggio, della presentazione di “Il direttore”, ultima fatica letteraria di Luigi Bisignani. Il romanzo, che racconta di affari tra cardinali e banchieri, è stato escluso dal programma dopo che era già stato inserito. «Evidentemente - sostiene il direttore editoriale della casa editrice, Lorenzo Fazio - i contenuti del thriller non sono ben visti nell'anno in cui il Vaticano è ospite d'onoredi Torino». La ricostruzione viene respinta al mittente dagli organizzatori del Salone, per i quali «non esiste alcun nesso tra la presenza del Vaticano e l'esclusione del volume». La Fondazione, infatti, fa notare che nel programma della kermesse sono presenti cinque volumi della casa editrice. E che il volume di Bisignani è stato escluso «d'accordo con la casa editrice Chiarelettere», che lo ha voluto sostituire con un volume dedicato a un tema delicato come l'eutanasia.SEDILO Oggi Sedilo ricorda Pasquale
Cocco, ucciso a 24 anni alle Fosse Ardeatine, 70 anni fa. Con inizio alle 17.30 (locali di Sa Prima Ighìna) lo ricorderanno una nipote, Franca Sanna, lo storico che ha dedicato molti anni alle biografie dei 9 sardi uccisi dai nazisti nella strage delle Ardeatine, mentre Natalino Piras rievocherà l'antifascismo dei sardi nella Penisola, e la vicenda del Battaglione Angioy che i gerarchi fascisti apprestarono dopo l'8 settembre del 1943 per reclutare i soldati sbandati che soprattutto dal Lazio cercavano di tornare in Sardegna. Fra loro era anche Pasquale Cocco, fatto sergente di quel battaglione, e che insieme al capitano Gavino De Lunas, il postelegrafonico di Padria e notissimo cantante di Canto in Re, cercò di sfuggire alla trappola del trasferimento al nord al servizio della Repubblica di Salò cui il battaglione "etnico" era votato. E' una pagina tragica e inquietante del "sardismo" al servizio di due cause contrapposte, e il Comune di Sedilo ha voluto associare la ricorrenza delle Fosse Ardeatine a Sa die de sa Sardigna per farne occasione di riflessione su questa pagina non del tutto chiarita dagli storici, fatta di inganni e tradimenti, sotto la regia del sottosegretario alla presidenza del consiglio della Repubblica di Salò, il lussurgese Francesco Maria Barracu. Pasquale Cocco era un pilota dell'aeronautica che si arruolò dopo gli studi ginnasiali a Santulussurgiu e un corso a Borore, e che dopo l'8 settembre si ritrovò in compagnia di altri sardi nella Roma occupata dai nazisti. Fu sospettato di simpatizzare per la Resistenza e per gli azionisti attivi nella capitale, e quando si tagliò le vene dei polsi per sfuggire al battaglione Angioy quando ne comprese lo scopo, venne condotto nel carcere di via Tasso, da dove venne prelevato per essere condotto alle Fosse Ardeatine. L'iniziativa di Sedilo sarà conclusa dallo storico della letteratura a La Sapienza Alessandro Portelli, americanista di fama, autore nel 1999 di "L'ordine è già stato eseguito", una ricerca sulle fonti orali attorno all'eccidio e soprattutto all'attentato di via Rasella che a lungo è stato considerato non solo la causa della rappresaglia e dei 335 morti delle Ardeatine, ma la causa giustificata dell’eccidio. Portelli smonta questo luogo comune, e oggi ripercorrerà le tappe della sua ricerca, invitato a riflettere e aiutare a riflettere sulla funzione della memoria, del ricordo, ora che i testimoni diretti di quelle vicende stanno man mano venendo a mancare. L'iniziativa di Sedilo è la quinta della serie di manifestazioni organizzate dai 9 comuni sardi che hanno dato i natali agli altrettanti uccisi. Si svolge sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, della Regione e del Consiglio regionale, che sarà rappresentato oggi dal vicepresidente Eugenio Lai.

25.4.14

storie e pensieri a confronto dina croce ( ex partigiana ) e Gabriella Vargiu ( una ragazza di 28 anni )



la storia di Dina Croce  partigiana e staffetta. Percorreva 105 chilometri ad andare e 105 chilometri a tornare, in bicicletta. Dalla montagna a Milano per portare cibo e messaggi. Per la democrazia, per l'Italia. Per noi.  Grazie  a  Dina e  a http://youmedia.fanpage.it/user/SaverioTommasi




Sembra trovare  conferma  in uno scritto  di  Gabriella Vargiu   , una mia concittadina   della generazione   fine  anni '80 primi '90



...La giovinezza è come una sfrenata corsa in bici, quando d'improvviso ti rendi conto di aver raggiunto la serenità di un mare calmo e il fiore dell'età è solo un ricordo nella mente e nel cuore di un nuovo anziano...

queste due storie mi riportano alla mente  una canzone di  Francesco de Gregori   e    tratta  da  una storia    che mi raccontava  anche mio nonno  paterno da bambino  


 nella discalia  trovate  tutta  la storia   
P.s

a  chi mi dice  perchè metto  post  miei  e non miei  con foto   rispondo  ,  condividendo  in pieno  ,     con quanto dice  Gabriella   : << 
Molti credono che le foto siano solo un fermo immagine di un particolare momento, per me ogni foto è un viaggio è un poter esprimere assieme alle parole qualcosa che hai dentro... Amo la fotografia perchè in ogni foto ognuno di noi può vedere e raccontare una propria storia, a seconda di ciò che essa provoca a livello di pensieri e di emozioni >> 

Le stelle non si spengono da Mariliciaa Sole e Nuvole

www.facebook.com Sono meno brillanti le stelle stasera, nel Cielo aleggia aria di mestizia, è come se tutto fosse sbiadito, una pennellata di grigio ha patinato ogni cosa. Dove si rincorrono le nuvolette rosa, dove si è nascosto lo
spicchio di luna, non sento nemmeno il canto degli Angeli, tutto è fermo in perfetta immobilità. Con lo sguardo incollato alla volta celeste, cerco di frugare alla ricerca di luce, un raggio, un raggio solo per fugare ogni timore. Pensosa scandaglio il Cielo e scaccio i molesti pensieri: se si spegnessero anche le stelle nel buio vivrebbe l'Umanità!  ...continua  a leggere

ogni lettura non embed è resistenza Le frasi di Pertini e Gramsci in giro per Bologna Il flash mob degli studenti per il 25 Aprile



“Ogni lettura è un atto di resistenza”. Oppure le frasi di Sandro Pertini (“Oggi la nuova resistenza consiste nel difendere le posizioni che abbiamo conquistato”, “I giovani non hanno bisogno di prediche ma di onestà, coerenza…”) e di Pietro Calamandrei (“La libertà è come l’aria…”). E il monito di Gramsci sull'importanza di vivere da cittadini e da partigiani. E’ il flash mob dei ragazzi e delle ragazze della Rete degli studenti dell'Emilia-Romagna e della Rete degli universitari di Bologna: stamattina all’alba, prima di partire con il treno per la cerimonia a Monte Sole, hanno tappezzato la città di cartelloni che ricordano i valori del 25 Aprile, della Resistenza e della lotta per la Liberazione. “E’ il frutto di un percorso di studio e incontri”, spiega Angelo Chilla, coordinatore regionale. “La nostra è una campagna di sensibilizzazione per riportare la memoria nelle piazze e nei principali luoghi di ritrovo e di transito. La data del 25 Aprile per noi non è solo occasione per ringraziare i partigiani e i Padri costituenti, ma il punto di partenza: abbiamo il dovere di farci portatori di un vento di cambiamento, per una società più giusta e solidale” di ILARIA VENTURI
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Ucciso dai nazisti fu seppellito a Kanalski Lom, in Slovenia Ora l’Anpi di Nuoro ha riportato i suoi resti in Sardegna Dopo settant’anni su pitzinnu “Varadda” ritorna nella sua Bitti


 musica  in sottofondo  


  ci sarebbero anche    consigliatimi da  Roberto Ansaldi del gruppo di radiofaber ( radio dedicata a fabrizio de Andrè )


Mi  vengono i mente  anche    il battaglione  alleato  sempre dei modena  e  il  film musicale    \  e  disco  "materiale resistente"  di Guido  chiesa




Ucciso dai nazisti fu seppellito a Kanalski Lom, in Slovenia  Ora l’Anpi di Nuoro ha riportato i suoi resti in Sardegna   Dopo settant’anni  su pitzinnu “Varadda” ritorna nella sua Bitti


di Natalino Piras 

Questa è la storia di Joglieddu (Giorgio) Sanna. Era nato a Bitti il 30 giugno 1924. Aveva appena vent'anni quando fu ucciso a Tolminski Lom, Slovenia, il 28 novembre del 1944. Era partigiano, nome di battaglia “Varadda”, nella Brigata triestina d'assalto, una sezione della Brigata Garibaldi che in Slovenia combatteva i nazisti insieme con le forze della Resistenza jugoslava guidata dal maresciallo Tito. Joglieddu era cresciuto ragazzo-pastore, nella dura campagna. A 19 anni venne mandato alla guerra di Mussolini e Hitler ma si trovò a fare il partigiano. Cadde in battaglia e fu sepolto a Kanalski Lom.




 Non se ne sapeva niente fino a due anni fa. Poi come un miracolo. Di questi giorni, in tempo di Pasqua, siamo andati a riportarlo a casa, familiari bittesi e gente dell'Anpi (l’Associazione nazionale dei partigiani italiani) di Nuoro. Eravamo Rosetta Sanna, mia moglie, nipote del partigiano Giorgio, Bianca mia figlia e Pietro Dettori, presidente dell'Anpi nuorese. Da diverso tempo, con Dettori e altra gente dell'Anpi lavoriamo insieme per questo ritorno: Maria Giovanna Piras, Domenico Cabula, Bore Muravera e Piero Cicalò questi ultimi due coautori con Pietro e me del libro Pitzinnos Pastores Partigianos. Ragazzi a indicare i ventenni mandati a combattere, classi 1923-24, che provenivano da Bitti, Orgosolo, Orune, Dorgali, Orosei, Galtellì. Dopo il tragico 8 settembre 1943 si ritrovarono a "banditare senza causa" nelle campagne dell'alto Lazio. Furono arruolati tra i repubblichini di Salò e inviati da Roma al confine tra Friuli Venezia Giulia e terre slave. Una notte del gennaio 1944 i pitzinnos sardi scapparono in massa dalla caserma di Villa Opicina, in quel di Trieste. Diventarono partigiani. Il ritorno a Bitti di Joglieddu caduto in battaglia sembrava cosa impossibile. Due anni di ostacoli, specie burocratici, da quando abbiamo saputo del luogo di sepoltura, Kanalski Lom. Ma ci siamo riusciti. 15 aprile. Anton Bavdaž se ne sta appoggiato al muro di cinta del cimitero di Kanalski Lom. Da là si vede la risalita per Špile, a 900 metri, nido d'aquile, crocevia di sentieri. A Špile cadde Joglieddu e là andò a riprenderlo Anton Bavdaž. Oggi Anton ha 88 anni. Ne aveva 18 nel 1944. Sole freddo su Kanalski Lom, quel 28 novembre di settant'anni fa. Dal basso, a 700 metri, si sentivano il crepitare dei mitra e altri rumori di battaglia. Venne giù dalla montagna uno che commerciava in cavalli, per dire che a Špile c'era un uomo morto, ucciso dai nazisti. Anton fu incaricato di andare a recuperare il corpo. Disponeva di un carro con un bue. Arrivò a nel crocevia e vide l'ucciso, un fianco completamente squarciato, faccia al cielo. Stringeva nel pugno una medaglietta, una Madonnina. Aiutato da un forestiero che poi sparì, Anton caricò l'ucciso sul carro. Ci volle un'ora di viaggio per il ritorno. Nel cimitero di Kanalski Lom il parroco Štanko Sarf frugò nelle tasche dell'ucciso e così scoprì l'identità di Giorgio Sanna. Ora Anton è là, appoggiato al muro di cinta del cimitero, i gomiti che premono sulla pietra. A Špile ci aveva mostrato il punto in cui ritrovò Joglieddu, un albero tra i rovi, il fusto tutto crivellato di proiettili. Nel camposanto di Kanalski Lom si sono fatte quasi le 10 quando inizia lo scavo. Terra scura impastata con schegge di granate, residuo della prima guerra mondiale che qui ha infuriato cent'anni fa. Poi la seconda guerra, le battaglie dei partigiani contro i nazifascisti. Mitja, di Nova Gorica, e il suo aiutante mettono tavole di recinzione intorno alla tomba di Joglieddu. Poi iniziano a spaccare le pietre dell'aiuola. I colpi risuonano dentro il silenzio partecipe di una piccola folla di italiani e di sloveni. L'operaio continua a scavare e a un certo punto smette con la pala. Va a prendere una cazzuola. Siamo a 90-100 centimetri di scavo. Ancora terra. La cassa, quattro tavole messe su alla bell'e meglio, raccontava Anton Bavdaž, sono diventate anch'esse terra. Compaiono ossa. Un brivido. Smette il brusio. Ci si guarda fissi negli occhi. I sardi del Circolo di Gorizia hanno portato panni candidi per adagiarci sopra le ossa del partigiano. Ci sono tutte: la testa, le ossa lunghe, il femore, il bacino. Poi, all'altezza di una delle mani, compare una medaglietta. È quella che a Joglieddu, lo scrive nelle lettere che aviere a Perugia spediva a casa, gli aveva mandato da Roma zia Lucia, suora di clausura, morta nei bombardamenti alleati del 1943. 18 aprile. Lungo Venerdì Santo. Siamo appena tornati dalla Slovenia e fra un po' ripartiamo per Olbia dove intorno alle 19 atterrerà l'aereo proveniente da Verona. Poi, direzione Bitti. Arriveremo a sera inoltrata. Giorgio Sanna torna finalmente a casa. Per settant’anni i suoi famigliari hanno elaborato un lutto a corpo assente. Ora invece Joglieddu torna e nessuna parte del suo corpo manca. Tutto è composto in un'urna. Penso all'esumazione. Eravamo là nel cimitero Spoon River di Kanalski Lom. Prima dello scavo avevamo coperto la tomba con la bandiera dell'Anpi nuorese, fermata agli angoli da quattro copie del nostro libro. Il vessillo dei Quattro Mori, portato dai sardi del Circolo di Gorizia, lo abbiamo sistemato nel muro attaccato alla tomba, dietro la croce di legno, un lembo a contatto diretto con la bandiera della Slovenia. 20 aprile. Pasqua. Joglieddu sta nella chiesa della Pietà, al centro del suo paese natale. È tornato. Come fosse risorto.Anton Bavdaž ci aveva detto che, settant'anni fa, quando Joglieddu venne calato nella fossa, come all'improvviso comparvero partigiani sulle creste collinari intorno a Kanalski. Spararono in aria per rendere gli onori al compagno caduto. 

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...