2.1.16

La mia guida al natale e alle festività 2015\2016 [ come sopravvivere alle festività ] parte 2 III ° befana \ epifania FINE

sulle  note  del brano strumentale    festa  -  Giacomo  Spano   ecco  che  anche  per  quest'anno  l'ultima  puntata  della  guida  del 20126  su come sopravvivere al natale .
Nei link sotto     trovate   alcuni spunti    sull'epifania e  sulla befana



Veniamo  al ost  vero e proprio  .
Dopo l'ultimo dell'anno che
tra un anno passerà eccoci alla  befana  o meglio all'epifania    che 



« L'Epifania
tutte le feste le porta via

poi arriva san Benedetto

che ne riporta un bel sacchetto. »

Infatti il   giorno dell'Epifania ha nei secoli assunto la peculiarità di terminare il ciclo delle feste dell'anno liturgico, mentre il giorno dedicato a san Benedetto richiamava l'attenzione su quelle successive appartenenti al ciclo pasquale.
L'antichità del proverbio è attestata anche dal fatto che la festività di san Benedetto è stata spostata dal 21 marzo al 11 luglio, quindi dopo molto tempo dalla creazione del proverbio  . Oppure  
quest'altro  trovato online cercando qualcosa per questo post

« Befania
tutte le feste manda via

e santa Maria

tutte le ravvia. »

Puretroppo nolenti o dolenti  Dopo il 6 Gennaio si ri torna tutti (o quasi, visto che molti, come  il curatore   del sito http://www.bafan.it/featured/ecco-arriva-la-befana-tutte-le-feste-si-porta-via/  da  cui  come  mio  solito   ho deliberatamente  tratto      l'introduzione del ost  d'oggi  non hanno mai smesso) a lavoro, chi a scuola, chi in fabbrica e chi in ufficio,  o in cerca d'esso  , in attesa dei bagordi carnevaleschi !  e alla solita  routine   \  tram tram quotidiano ..... 
Un momento! Niente fretta! Manca ancora l’ultima delle magiche visite del triduo natalizio (Santa Lucia, Babbo Natale e .. ) : la Befana appunto !



Questa che viene è la sua notte, la notte in cui dolce o carbone, frutta e qualche dono  tecnologico  e  non dipende  da quanti  €  ci     sono rimasti verrà lasciato nelle calze appese ai camini ed alle finestre dai bambini  e  a  quelli cresciuti  :-)  !

da  https://www.facebook.com/befana.italiana1/



infatti  quanti pensieri   e  .....  pensano e  vedendo immagini  moderne   come  esempio queste  due  
   per  gentile  concessione di  Loredana Sofia







  da  https://www.facebook.com/befana6gennaio/?fref=photo
Infatti  l'epifania  o festa della  befana  , come potete vedere  anche  da  questi url   sotto riportati  





 ha diverse sfaccettature   :   religiose  ( pagane  e   cattoliche  ,  ancestrali   della tradizione contadina in alcune  zone d'italia   ) , laiche  ( bambini  e  adulti )  , politica    adiamo  ad  affrontarli singolarmente  

Religiose  

 fra  i siti  più dettagliati   ecco   cosa  dice  wikipedia  https://it.wikipedia.org/wiki/Befana
L'origine fu probabilmente connessa a un insieme di riti propiziatori pagani[5], risalenti al X-VI secolo a.C., in merito ai cicli stagionali legati all'agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo, diffuso nell'Italia Centrale e meridionale, quindi successivamente in tutta la penisola, attraverso un antico Mitraismo e altri culti affini[6], legati all'inverno boreale.Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli quindi al calendario romano, e celebrando, appunto, l'interregno temporale tra la fine dell'anno solare, fondamentalmente il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus[7]. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti (il cui numero avrebbe rappresentato sia i dodici mesi dell'innovativocalendario romano nel suo passaggio da prettamente lunare a lunisolare[8], ma probabilmente associati anche ad altri numeri e simboli mitologici[9]) delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti[10], da cui il mito della figura "volante". Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell'abbondanza).Un'altra ipotesi collegherebbe la Befana con una antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine "strenna") e durante la quale ci si scambiavano regali.La Befana si richiamerebbe anche ad alcune figure importate della stessa mitologia germanica, come ad esempio Holda e Berchta, sempre come una personificazione al femminile della stessa natura invernale.
Rappresentazione di tre befane, ognuna sulla propria scopa.
Già a partire dal IV secolo d.C., l'allora Chiesa di Roma cominciò a condannare tutti riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni, che sfociarono, a partire dal Basso Medioevo, nell'attuale figura, il cui aspetto, benché benevolo, fu chiaramente associato a quella di una strega: non a caso, fu rappresentata su una scopa volante, antico simbolo che, da rappresentazione della purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione, fu successivamente ritenuto strumento di stregoneria[11], anche se, nell'immaginario, la Befana cavalca la scopa al contrario, cioè tenendo le ramaglie davanti a sé.
L'aspetto da vecchia sarebbe anche una raffigurazione simbolica dell'anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare dei fantocci vestiti di abiti logori, all'inizio dell'anno (vedi, ad esempio, la Giubiana e il Panevin o Pignarûl, Casera, Seima o Brusa la vecia, il Falò del vecchione che si svolge a Bologna a capodanno così come lo "sparo del Pupo" a Gallipoli, oppure il rogo della Veggia Pasquetta che ogni anno il 6 gennaio apre il carnevale a Varallo in Piemonte). In molte parti d'Italia, l'uso di bruciare o di segare in pezzi di legno un fantoccio a forma di vecchia (in questo caso pieno di dolciumi), rientrava invece tra i riti di fine Quaresima. In quest'ottica, anche l'uso dei doni assumerebbe, nuovamente, un valore propiziatorio per l'anno nuovo. Secondo una versione "cristianizzata" di una leggenda risalente intorno al XII secolo, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una signora anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci. Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.[12].I bambini usarono poi, mettere delle scarpe e/o delle calze fuori dall'uscio di casa, proprio perché sarebbero servite come ricambio durante il lungo errare della vecchietta; ma, se quest'ultima non ne avesse avuto bisogno, le avrebbe lasciate lì, riempite appunto di dolci.

Condannata quindi dalla Chiesa, l'antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male. Già nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, la stessa ricorrenza dell'Epifania fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, assorbendo così l'antica simbologia numerica pagana.
La Befana a Gubbio
Il carbone - o anche la cenere - da antico simbolo rituale dei falò, inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell'ottica morale cattolica dei secoli successivi, nella calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l'anno precedente.                                           Il nome "befana" poi, inteso come il fantoccio femminile esposto la notte dell'Epifania, era già diffuso nel dialettale popolare del XIV secolo, specialmente in Toscana e nel Laziosettentrionale, quindi utilizzato per la prima volta in italiano da Francesco Berni nel 1535, quindi da Agnolo Firenzuola nel 1541.[13] Nel XVIII secolo una Istoria delle Befane fu scritta dall'erudito fiorentino Domenico Maria Manni. Nei secoli più recenti, innumerevoli e largamente diffuse sono le rappresentazioni italiane della Befana, spesso si tratta di un figurante che si cala dal campanile della piazza di un paese, oppure di vecchiettine travestite per distribuire dolci e doni ai bambini. Vi sono ancora taluni rari luoghi in cui è rimasto, nel linguaggio popolare, il termine Pefana come, per esempio, nel paese di Montignoso, nel resto della Provincia di Massa-Carrara, in quella della Spezia nonché in Garfagnana e Versilia, con tradizioni non in linea con le consuete celebrazioni dell'Epifania [14] 
[....  ]  e sempre dalla stesa fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Epifania

Politica \ cuturale


il 6 gennaio è riconosciuto come festività anche agli effetti civili. salvo che nel periodo 1978 / 1985) forse perchè si evocava brutta ricordi . Infatti Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana fascista, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. Dopo la caduta di Mussolini, la Befana fascista continuò ad essere celebrata nella sola Repubblica Sociale Italiana.Ma  forse  per una politica  di  austeritàche  cancello  molte feste religise , fino ad arrivare ad  un compromesso   del1985    che  ne ristabili alcune   :  1 -2 novmbre  ,  8 dicembre , 6  gennaio ,  più i santi patroni    dei singoli comuni  .

 Laica   \ La festa  dei bambini e   bambinoni 


  ecco alcune  consigli su calze  fai da  te    se  siete tradizionalisti   e  aderenti allo spirito natalizio  e  non solo  commerciale  come negli ultimi  40 anni lo è diventato . Infatti  al  tempo dei nostri bisnonni e  nonni  ( almeno  fino a  gli anni 70  \80 ) nelle case si aspettava la Befana appendendo al camino una calza di lana fatta a mano con i ferri dalle mamme o dalle nonne. Essi, da piccoli, credevano molto alla Befana; le scrivevano una lettera esprimendo i loro desideri che, per lo più, non venivano esauditi perché c'era molta povertà. Quando arrivavano i doni della Befana, tutti i bambini erano molto contenti perché era l'unica festa in cui ricevevano dolciumi.Nella calza i bambini trovavano poca roba: qualche mandarino, caramelle di orzo fatte in casa, castagne, noci e lupini; essi sapevano che dovevano essere buoni almeno due mesi prima della festività, altrimenti avrebbero ricevuto carbone, cenere, cipolla, aglio e carote.
Nella calza non si trovavano giocattoli, se non bamboline di stoffa cucite dalle mamme o dalle nonne. Non si preparavano piatti particolari in quel giorno, ma in alcune famiglie ci si riuniva per mangiare castagne, noci e frittelle. In occasione di questa festa, in alcuni paesi venivano dati dei buoni alle famiglie più bisognose per prendere le cose più necessarie, come pane, pasta, zucchero...


prese da 

Come fare una calza della Befana fai da te

Per chi vuole confezionare una maxi calza con le proprie mani, si scrive di seguito cosa occorre:
2 m di stoffa* (colore a scelta)
1 rocchetto di filo per cucire dello stesso colore della stoffa
1 m di stoffa per la banda superiore di un colore a scelta di 15 cm di larghezza
1 rocchetto di filo per cucire dello stesso colore della banda
1 m di nastro colorato
1 ago
1 pennarello
1 paio di forbici

* Oltre alla stoffa potete utilizzare il pannolenci o la iuta.
PROCEDIMENTO
Pieghiamo la stoffa a metà, in modo di avere un metro per lato;
disegniamo la sagoma della nostra calza con il pennarello considerando di farla più grossa di almeno un centimetro per le cuciture;
tagliamo la sagoma e cuciamo lungo il disegno ad una distanza di almeno 1 cm dal bordo (ricordarsi di non cucire la parte superiore);
rigiriamo la calza e cuciamo intorno al lato superiore la banda di stoffa che abbiamo comprato;
cuciamola 2 volte ad 1 cm dal bordo superiore e ad 1 cm dal bordo inferiore;
vedremo, così, di avere ottenuto 2 asole da cui, ora faremo passare il nastro colorato (servirà a chiudere la calza dopo averla riempita).

E ora ... la nostra calza per una Epifania perfetta è pronta!!!

   

 Sempre    con calza  fai da    te  http://www.amando.it/natale/befana-fai-da-te.html  oppure    sempre  dallo stesso sito   con   i calzini spaiati


Non buttate via i calzini spaiati o troppo piccoli dei vostri bimbi, ma realizzate in pochi minuti una calza della Befana fai da te



"La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte..."inizia così la famosa filastrocca sulla Befana. E se i bambini l'aspettano con impazienza perchè è l'ultima occasione per ricevere regali e caramelle, gli adulti sperano di avere i cioccolatini e i dolciumi che più amano.Se non avete ancora pensato a che calza della Befana far trovare alle persone care, ma volete lo stesso regalare qualcosa fatto da voi, non disperate: in pochi minuti e con materiale semplice potete sorprendere tutti!

Occorrente:
calzini spaiati
nastro adesivo colorato (washi tape)
una gruccia di plastica
mollettine di legno
nastrini
forbici

Per prima cosa, abbellite la gruccia con il nastro adesivo colorato. 




Io ho scelto le righe rosse e bianche perchè le trovo molto festose, ma potete scegliere qualsiasi fantasia vi piaccia.



Legate un nastrino di raso da una parte all'altra della gruccia, come un filo da stendere...

… sul quale attaccare i calzini appesi con delle mollette di legno.

Io ho scelto una gruccia piccola e i calzini da neonato e da bimbo, in modo da aver calze della befana poco capienti, ma voi potete scegliere le dimensioni dei calzini adatte ai regali che intendete metterci dentro.

Ora dovete solo riempire i calzini con tutti i dolcetti che volete.

La vostra calza della Befana è pronta per essere appesa e stupire i vostri bambini.


Di Alessandra Parlagreco, 06/01/2015 © Riproduzione Riservata




Dopo  che  la  calza \e sono pronti cosa mettere  ?    sia  che la  si faccia  per i bambinoni , partner  , genitori  (  ogni uno\a  un donodi  verso  http://www.amando.it/natale/cosa-mettere-calza-befana.html  )  potete  iniziare  con


Carbone dolce fatto in casa
Passiamo ora al carbone, siete ghiotti del dolce carbone e i vostri bimbi qualche marachella l’hanno combinata? Bene, provate a produrre da soli il carbone da inserire nella calza, sarà economico e sicuramente più salutare di quello trovato in commercio!
Ingredienti
Carbone dolce fatto in casa


1 kg di zucchero
300 grammi di acqua
colorante alimentare nero
1 albume di uovo
zucchero a velo

Preparazione
Fate bollire un kg di zucchero, in 300 grammi di acqua, aspettate che inizi a caramellizzarsi, inserite del colorante nero, aggiungete il bianco d’uovo e lo zucchero a velo, girare bene e spegnere il fuoco. Appena inizia a indurirsi rompere a blocchetti il composto.


poi  continuate  a vostro gusto  o  riempendola  con dolci  comprati  o avanzati   dalle feste  o  altro  


Per il partner  

 Per Lei  

No  il solito calzettone di lana antisesso !Credo che se trovasse calze come quelle che vi sto presentando, forse, forse le verrà di risistemarsi il look per il prossimo anno ed a quel punto il suo arrivo in orari notturni sarà già di per sè una dolce delizia!Calze autoreggenti, parigine, francesine, calze da burlesque, calze a rete, calze velate e sexy collant… non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Music legs propone: Cuban Hell “Love me – Kiss me”
Unknown-1                            Unknown
o ancora Thigh Hi Nurse e French Maid.
4780(T747RBOW-PC080)aaa Calze_Cameriera_Sexy_05

Tra le proposte di Leg Avenue avrei scelto qualche campione spiritoso e bucolico ma il marchio ne produce anche di molto sexy!
LA6115_Calze_FIORE_ROSA_01LA6254_Calze_MARGHERITA_01

Meno romantiche e fantasiose ma indubbiamente in grado di far esplodere ardite fantasie, quelle fetish proposte da Lolitta e Saresia
warmUp                 4608_leggings-schwarz-a18035-1-aOK

e altra biancheria  sex  , vedere  post   sul natale  sexy  . Oppure  creme  , trucchi e  profumi 

Per   lui  scegliere cose che userà, quindi evitate boxer con i pupazzetti ed altri stili che possono apparire simpatici ma che non indosserebbe se dovesse andare in palestra o a giocare a calcetto con i

 
colleghi! Puntate sul classico slip o boxer, come quelli in vendita su Asos e Zalando. Il primo sito mette a disposizione slip Emporio Armani a 21,61€, mentre Zalando ha dei bellissimi boxer Benetton a 15€. Se il vostro lui lavora in ufficio, potete puntare anche su una bella cravatta, ma vale lo stesso discorso della biancheria: non esagerate con i colori e i disegni, difficilmente potrebbe indossarla! Se poi volete renderlo in vostro “befano” per un giorno, niente di meglio di un set di calze…in spugna! Il sito La Redoute ne vende 10 pezzi a 9,95€!





buona  epifania  a tutti\e

Olbia legano un petardo al collo di un gabbiano, esplode in area nello stormo.

non so  chi  più  coglione    fra  : 1) gli autori del gesto ., 2)  chi ha messo il video in rete , lo trovate  sotto  , ,salvo che  non l'abbia  voluto fare   per  criticare  quei  sadici  e idioti,  aspettiamo la   sua eventuale  rettifica  \  precisazione     3)   chi  ha  messo  mi piace   acriticamente  ., 4)  chi   ha  scritto

 prima  di lasciarci al  video , che  sconsiglio  di vedere   per chi è sensibile   e debole  di  cuore  . ecco la news    tratta  da http://www.olbia.it/




Olbia, 31 Dicembre 2015 
Ha più di 5.000 condivisioni tra Sardegna e resto del mondo e, di certo, non è una bella pubblicità per la nostra Isola. Questo video, caricato su Facebook da un cittadino sardo residente a Thiesi solo ieri sera, mostra come alcuni ragazzi dall’accento sardo eseguono una crudele azione contro un povero gabbiano. Nel video, i ragazzi legano al collo del volatile un grosso petardo, colpevole di esser approdato sulla loro barca (apparentemente da pesca), e poco prima di liberarlo accendono la miccia. Il gabbiano prende il volo, si allontana congiungendosi con il suo stormo per poi esplodere, tra le meschine risate dei carnefici. Non si conosce l’esatta location del video, alcuni affermano di intravedere Tavolara e che è stato girato nelle coste della Gallura, né si evince la data delle riprese. Fatto sta che, a prescindere da location e data, il fatto è gravissimo e sta scatenando un vero e proprio putiferio. La gran parte delle persone che hanno condiviso il video, infatti, chiede a gran voce l’intervento delle Forze dell’ordine. Qualcun altro, invece, l’ha trovato (purtroppo) “divertente”.




Aggius, la decana delle tessitrici si racconta: «L’arte del tappeto è nata in uno stazzo»



La decana delle tessitrici al lavoro nel suo laboratorio. Tra vecchie foto, appunti, bisacce e coperte della bisnonna
di Marco Bittau 

da  la  nuova  sardegna del   31 dicembre 2015


Mattia Lepori al telaio

INVIATO AD AGGIUS. Per tutta la vita Mattia non ha buttato via nulla. Vecchie fotografie appese alle pareti, libri e appunti sparsi, scampoli di tessuto e poi tappeti, coperte e bisacce dono di nozze di una bisnonna. Soprattutto non ha mai buttato via i ricordi, la memoria storica dell’arte della tessitura in Gallura, tramandato di madre in figlia da almeno quattro generazioni. Un sapere umile che oggi lentamente scompare di fronte al mercato globale che spazza via le produzioni artistiche di difficile industrializzazione. Quelle che bruciano fatica e non producono reddito da poter dire tessere è un lavoro. Belle e impossibili, legate a un mondo che non c’è più.
Dall’alto di una saggezza antica e di una settantina d’anni portati bene, Mattea “Mattia” Lepori è la decana delle tessitrici di Aggius, custode di un’arte preziosa come la terra in cui vive: uno stazzo secolare nella valle di Fluminaltu, nelle campagne alle porte del paese, irraggiungibile dai telefoni cellulari e dai rumori della modernità. È la sua casa natale e anche la casa dei suoi antenati, un luogo incantato dove il tempo si è fermato e la vita scorre ancora secondo tempi, modi e regole che non esistono altrove. A suo modo, è la culla di una civiltà, quella della tessitura, che annovera anche Aggius (insieme a Nule, Sarule, Mogoro) tra le capitali in Sardegna. Tutto nasce lì, dentro quelle mura spesse come un fortino. Il primo legno del mestiere era un telaio orizzontale oggi custodito come un monumento nella tenuta-museo “Il muto di Gallura” di Gianfranco Serra, appassionato custode della tradizione gallurese. Anche lui è un figlio della tessitura, anche lui da ragazzino ha studiato le donne di Aggius al lavoro nella “Via dell’Ordito”. Quasi una festa per la comunità.




Mattia Lepori lavora ancora oggi nel vecchio stazzo di famiglia a Fluminaltu. China su un “nuovo” telaio – sempre orizzontale – degli anni Sessanta tesse tappeti che sfuggono a qualunque legge di mercato. Opere d’arte che costano care perché ci vuole un’eternità per realizzarle. Sono i tappeti che hanno incantato artisti straordinari come Michelangelo Antonioni e come Maria Lai che tra orditi, intrecci e telai nel 2006 e nel 2008 aveva acceso le luci della ribalta su Aggius con progetti e mostre allestite al museo etnografico Meoc. Mattia lavora sotto una luce fioca, sommersa da disegni e modelli. Il tappeto finito è interamente realizzato da Mattia: lei ha preparato l’ordito di cotone, lei ha tessuto intreccio dopo intreccio, sempre lei ha curato la tintura con i colori naturali estratti dalle erbe del giardino di casa. Gioielli senza prezzo che arredano le ville della Costa Smeralda o di molte capitali europee.
Oggi l’arte della tessitura e l’epopea dello stazzo di Fluminaltu rischiano di scomparire. Ad Aggius le tessitrici frequentano una qualificata scuola di formazione, ma è ancora difficile pensare al tappeto d’autore come una prospettiva professionale. Così Ivana, figlia di Mattia, medita la fuga dal telaio e come lei anche tante altre figlie di tessitrici storiche. «Basta, nessuno tutela e valorizza il nostro lavoro». Deluse, pensano a un futuro che non sia solo la teca di un museo etnografico. Tutte guardano la vita scorrere fuori dallo stazzo.



che l'arte della tessitura fosse molto diffusa e che ancora resiste nonostante la globalizzazione neoliberista che uccide con la sua omologazione ed appiattimento le culture locali è testimoniato da il lavoro di fotografico di Mario Saragato,   <<  fotografo Aggese, artista difficilmente inquadrabile in un genere specifico, spazia tra ritratti locali per sconfinare in atmosfere suburbane, fondendo retaggi umanistici e cinematografici, pulsioni adiacenti e sfumature apparentemente lontane dal nostro quotidiano.>>  ( ..  continua  su http://www.piazzagallura.org/mario-saragato-ritratti-dautore/ )   Infatti sempre da la nuova sardegna del 4\4\2014 


Aggius, l’arte della tessitura I telai fotografati da Saragato
Una tecnica antica nelle immagini del libro “Un battito e poi il successivo” Un sapere che si tramanda nel museo-laboratorio del paese gallurese
di Marco Bittau
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AGGIUS. Un battito, e poi un altro ancora. La vita e la storia di Aggius scandite dall’incedere meccanico dei telai delle tessitrici. L’ordito, il filato, la trama, il gesto e lo sguardo fermati per sempre dall’obiettivo del fotografo che racconta il senso e la radice delle cose.
Il risultato è un libro da guardare e poi da leggere, “Un battito, e poi il successivo”, pubblicato in sole 100 copie numerate dalla Phileas edizioni. L’autore è Mario Saragato, un giovane e brillante fotografo di Aggius, cresciuto a pane e pellicola nella corte del museo Meoc. Classe 1976, allievo di Salvatore Ligios, ha all’attivo diverse mostre (“35 fotografie facili e una difficile” del 2012, “Piccoli strumenti per interpretare il pianeta terra” del 2013 e “Un’eccezione” del 2014) e tre libri (“Sputeremo sulle vostre tombe” del 2011, “Zugzwang” del 2012 e l’ultimo “Un battito, e poi il successivo”). La sua cifra stilistica è chiara per la nitidezza dell’immagine, oscura per la predilezione di penombre e cieli coperti e nuvolosi. Fosse un pittore seicentesco, apparterrebbe di certo alla scuola di Rembrandt.
Per celebrare l’arte della tessitura ad Aggius, Saragato ha ritratto 32 donne al lavoro, chine sul tipico telaio orizzontale, monumento alla tradizione locale. Si chiamano Masina, Aurora, Simona... Gente comune, volti qualunque, di ogni età. Nei loro sguardi è custodito un profondo segreto: la conservazione dell’arte antica della tessitura. Il grande tesoro di Aggius, la sua storia, la sua cultura. Sono le stesse donne che ancora oggi nelle stanze-laboratorio del museo etnografico si ritrovano per tramandare saperi e manualità in modo che la trama non si spezzi e la storia non finisca mai. Perché lavorare al telaio è un po’ come fermare il tempo e far battere il cuore.
Mario Saragato, a modo suo, prosegue il lavoro straordinario svolto da Maria Lai che, proprio ad Aggius, otto anni fa era stata protagonista di indimenticabili workshop sintetizzati da una serie di opere esposte al museo o installate in modo permanente nelle pareti in granito del paese. “Essere e tessere”, un segno indissolubile. La memoria esposta alla vista di chi passeggia nel centro storico. L’artista di Ulassai aveva ricostruito nei pregevoli “teatrini-telai” tutto il suo universo fatto di trame, filati, giochi d’infanzia e animali feticcio. Oggi con gli scatti di Saragato la tessitura è ancora protagonista. Anche lui scava nella memoria del suo paese, anche lui gioca con gli intrecci e i filati. Anche lui è un fine tessitore. In più aggiunge al suo racconto la potenza degli sguardi delle donne chine sul telaio. La storia ora ha un volto, quello delle donne della porta accanto.
Come Samugheo nell’Oristanese, Sarule in Barbagia o Nule nel Sassarese, Aggius ha legato a doppio filo il suo nome all’arte antica della tessitura. Un patrimonio enorme che il piccolo paese dell’alta Gallura ha saputo conservare e valorizzare intorno a un polo museale (il museo etnografico, il museo del banditismo) e alla cooperativa Agios che gestisce i servizi turistici e culturali. «Un piccolo grande miracolo – dice il presidente della coop, Luigi Gana – ogni anno riusciamo a sostenerci senza contributi economici promuovendo nel mercato nazionale e internazionale l’immagine di un paese tutto da scoprire, fatto di paesaggi incantevoli, natura incontaminata, cucina caratteristica, arte e artigianato di qualità. Un angolo di paradiso in terra».
In questo circuito virtuoso la tessitura ha un ruolo centrale: è il motore della storia. Il battito del cuore che affascina artisti e fotografi, che incanta turisti e viaggiatori. «Un battito dopo l’altro – scrive Maria Teresa Mura, curatrice del museo e presidente dell’associazione culturale Museo di Aggius, autrice dei testi nel volume di Saragato, insieme al filosofo Giuseppe Pulina e all’antropologo Giulio Angioni – è un cuore che pulsa, è un telaio in movimento, è una donna che scandisce il ritmo del proprio lavoro. Dalla notte dei tempi traccia nel tessuto i propri segni, racconta. È la prima forma di comunicazione dopo i gesti e le parole? Sono questi segni che condurranno alla scrittura? Questi segni, questi gesti arrivano a noi
tramandati da madre in figlia sempre gli stessi, sempre uguali. Anche stamattina, nel mio paese, mani sapienti si muovono sul telaio, giocano veloci, leggere, e aggraziate coi fili colorati tra gli orditi e poi decise... Un battito dopo l’altro»

Un Uomo Senza Braccia E L'amico Non Vedente Hanno Piantato Insieme Più Di 10 Mila Alberi ed altre storie



due storie curiose  che certamente  saranno  vecchie  ma  ed  alcuni portali \  siti magari  le  riciclano e  le riusano  , ma che  importanza  ha  alla   fine  ? .
 La prima di come l'unione di coloro che hanno un handicap possano creare un opera d'arte che è anche d'aiuto per i  normali " ( lo che non dovrei usare come mi suggerisce la lettura di -- regalatomi per natale -- del libro Mi girano le ruote di Angela Gambirasio , questo insulso termine e discriminatorio verso chi ha un handicap perchè fa delle distinzioni inappropriate fra chi è o lo è diventato dalla nascita e noi che non lo siamo , ma non ne trovo altri ed quindi che lo metto fra virgolette )


La storia di amicizia di Jia Haixia e Jia Wenqi ha davvero dell'incredibile. Hanno 53 anni, vivono in Cina e le loro vite si sono incrociate a causa delle disabilità che entrambi possiedono: Haixia è nato con una cataratta congenita che gli ha tolto la vista ad un occhio. La crudeltà della vita spesso non ha limiti, ed è rimasto completamente non vedente dopo aver subito un incidente sul lavoro all'altro occhio.Wenqi invece ha subito l'amputazione di entrambe le braccia a tre anni, in un tragico incidente.
Entrambi alla ricerca disperata di un lavoro a causa della loro situazione difficile, si sono incontrati nel 2000 e da quel giorno si aiutano a vicenda per esplorare il mondo.
La loro storia di amicizia incredibile non è tutta qui, perché i due hanno piantato oltre 10 mila alberi in dieci anni, in tutto il territorio cinese.


"Io sono le sue mani, lui è i miei occhi", afferma Haixia. "Siamo un'ottima squadra".

La coppia si incontrò nel 2001 quando entrambi erano alla ricerca disperata di un impiego, difficile da trovare a causa delle loro disabilità.
immagine: yzdsb.com

Non trovando un lavoro non si sono arresi e l'hanno inventato: hanno iniziato a piantare alberi.

Il loro non è solo un lavoro ma un impegno per la comunità: hanno affittato più di un ettaro di terreno e si sono messi al lavoro.

immagine: queqiaoba.com

Haixia e Wenqi si alzano ogni giorno alle 7 di mattina e iniziano ad interrare i fusti. Per arrivare al loro terreno devono attraversare un fiume. Wengi porta l'amico dall'altra parte, mentre lui lo guida con gli occhi.

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Il guadagno non è grande, ma ormai sono spinti da un'idea molto più importante. Sono decisi a rimboscare la loro terra. Non potendo acquistare nuovi alberi, tagliano da quelli già grandi dei rami che poi interrano.

immagine: epaper.yzdsb.com

Quando bisogna arrampicarsi per tagliare i germogli, Wenqi dirige attentamente dal basso Haixia con i suoi occhi.


Il lavoro richiede molta fatica e pazienza perché i risultati non sono visibili nell'immediato. Ma veder crescere lentamente i piccoli alberi è già abbastanza per portare nelle loro menti un senso di pace.

"Ce la caviamo da soli", dice Wenqi. Nonostante il lavoro sia logorante, sono orgogliosi e felici della loro impresa.

immagine: epaper.yzdsb.com


Molte persone, dopo aver conosciuto la storia di Wenqi e Haixia hanno devoluto denaro ad un fondo creato per garantire ai due una casa e cibo. Sono stati raccolti anche dei soldi per poter operare Haixia, in modo da restituirgli parzialmente la vista. L'amicizia tra i due è meravigliosa così come la loro missione è senza dubbio esemplare. 



la seconda storia , sempre dallo stesso sito , riguarda   un   gatto  salvato  da  un cane durante  un alluvione  . Essa

1.1.16

Castellania, trovata la bici dell’ultima corsa di Coppi Scoperta da un appassionato a Milano, esposta durante le celebrazioni di sabato. Realizzata da Fiorello Masi nel 1959, usata dal Campionissimo al Trofeo Baracchi

 Mi  sa  che   de  Gregori quando   ha  ripreso  dal fratello   questa  canzone


pensasse    a    storie  come     questa   del ritrovamento  della  famosa    che  il grande   Fausto  Coppi   uso  nella  sua ultima corsa  .
La news   è    riportata     da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca del 30 dicembre 2015.  Una  storia   bellissima   che  dimostra    che  anche  come  sembra  volerci dire     lo stesso  De  Gregori  in  la  storia  , è la passione ti fa fare delle scoperte storiche . 
 come quella  riportata  sotto  





CASTELLANIA
 Il Campionissimo: un mito che non muore, anzi che si rilancia grazie a una sorprendente scoperta. E’ stata, infatti, ritrovata a Milano e sarà esposta nei prossimi giorni, a Castellania, la mitica bicicletta, con la quale Fausto Coppi gareggiò nell'ultimo anno di attività agonistica.
Il prossimo due gennaio, in occasione delle annuali manifestazioni commemorative per l’anniversario della morte del campionissimo, sarà presentata ed esposta al pubblico la “Fiorelli Coppi” con la quale l’Airone gareggio nella squadra della Tricofilina Coppi.
Nella giornata in cui tutti gli appassionati di ciclismo si danno appuntamento per ricordare il grande ciclista tortonese, il Comitato Colli di Coppi, organizzatore de “La Mitica” ciclostorica, ha donato agli appassionati, un’occasione in più per ritornare a Castellania. L’ultima mitica bicicletta che il grande Fausto usò nel 1959, sarà presentata alla stampa ed al pubblico.
«E’ stata ritrovata a Milano grazie alle ricerche di un appassionato di ciclismo, Giampaolo Bovone – dichiara il presidente del Comitato Pietro Cordelli - E’ una Fiorelli Coppi che il grande Faliero Masi costruì all’inizio del 1959 per la squadra “Tricofilina Coppi” capitanata dal Campionissimo».
Una bicicletta davvero bella che Fausto Coppi fece realizzare da uno dei migliori telaisti italiani dell’epoca e che accompagnò Fausto nella sua ultima impresa agonistica, il “Trofeo Baracchi” del 4 novembre 1959, disputato in coppia con il campione francese Louison Bobet».
La bicicletta, perfettamente conservata, è dal punto di vista della ciclistica, come indicano gli esperti,un raro esempio di stile ed eleganza e porta ancora il nastro del manubrio di quell’ultima corsa di Fausto Coppi.
Acquisita recentemente dal figlio Faustino Coppi, sarà esposta nella sala consiliare del Comune di Castellania dove farà bella mostra insieme ad un’altra bicicletta gemella, da pista, con identiche misure di telaio, 58 ½ x 57 cm.
L’invito naturalmente, che avanza il Comitato, è quello ad intervenire numerosi per commemorare Fausto Coppi, ammirare la mitica Fiorelli Coppi. Resta anche vivo l’invito per firmare la petizione a sostegno della candidatura della “Bicicletta” al Premio Nobel
per la Pace 2016 “Bike the Nobel” promossa dalla trasmissione “Caterpillar” di Radio 2». Sempre sabato 2 gennaio alle ore 10.30, nel mausoleo di Castellania, si terrà la tradizionale consegna del premio “Welcome Castellania” a due noti giornalisti sportivi.

                                 Paola Dellagiovanna

avere dei punti di riferimento anche musicali ed artistici ti aiuta a non soffermarsi sulle elucubrazioni più ricorrenti [ perchè festeggiamo il capodanno ]




Meno male che ho certezze ed riesco a allontanare subito , senza adagiarmi a cercare la risposta , le consuete elucubrazioni di fine anno .
Ma andiamo con ordine 
Ogni anno, all'avvicinarsi del 31 dicembre, si accende il dibattito tra chi è propenso a lasciarsi trascinare dall'entusiasmo della massa e decide di trascorrere una notte di follie e chi vuole invece distaccarsi dall'oppressione del "divertimento a tutti i costi" e opta persoluzioni più pacate e intime.Se avete voglia di un'argomentazione un po'più autorevole rispetto ai consueti dibattiti sul veglione, provate a leggere la riflessione  sul Capodanno di Antonio Gramsci, riproposta da   questo articolo  di http://www.curioctopus.it/



L'intellettuale sardo, considerato uno dei più importanti pensatori del XX secolo, considera il Capodanno come l'ennesimo giogo messo al collo della massa, costretta a festeggiare alimentando una macchina consumistica enorme e adagiandosi sulla convinzione che l'anno prossimo sarà diverso.Il suo augurio è invece quello di abbandonare le scadenze, considerando ogni giorno come utile per fare un bilancio dei propri traguardi e porsi nuovi obiettivi.

"Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati."



  Infatti ogni anno ,  da un po'  di tempo ,  mi chiedo  con  insistenza  (    sarà l'avvicinarsi della vecchia   visto che    quest'anno  a febbraio compio 40 )  tutti vogliono disperatamente divertirsi, cercando di festeggiare in qualche misera patetica maniera! Festeggiare che cosa?.... Un altro passo verso la tomba? .
Ma  a poi trovo la risposta in : 1) questa strofa  finale    di ..... una  famosa canzone ( non vi dico il titolo perchè ve la propongo ogni anno ma  chi  volesse la trova  qui )

(....) "cosa si deve inventare
per poterci ridere sopra,

per continuare a sperare?

E se quest'anno poi passasse in un istante,
vedi amico mio
come diventa importante
che in questo istante ci sia anch'io.
L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
io mi sto preparando..è questa la novità."


ma soprattutto da 2) il monologo Monologo finale di Boris   uno dei  protagonisti   del   film di Woody Allen Basta che funzioni






non so  che altro dire  buon anno  :-)  


31.12.15

chi lo dice che con le cose fatte con i piedi sono negative . Il caso di Enrica Scotti, È senza le braccia menomata dalla nascita a causa di un farma e qguida cocon i piedi Ora dopo tre anni arriva l'ok dala motorizzazione per la patente

La storia di oggi riportata dal quotidiano locale del gruppo geolocal  (    gruppo editoriale  la    repubblica  \  espresso  )  http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/ tramite la  pagina facebook   https://www.facebook.com/gelocalcronacaitaliana/

È senza braccia, ma guida. Usando solo i piedi, anche per girare il volante. È fresca di patente Enrica Scotti. Un traguardo raggiunto a Milano, perché dalla motorizzazione di Pavia aveva incassato una bocciatura all’auto utilizzata per la guida. Non sarebbe stata tecnologicamente adeguata, le avevano obiettato. 


Così si è vista costretta  a    rivolgersi  ad un ’altra motorizzazione per ottenere l’agognata patente, coronamento di un sogno per il quale si è battuta per ben tre anni. Un sogno di indipendenza, condizione a cui ha sempre aspirato. Adesso è alla guida della sua Cinquecento rosa pallido, decorata con fiori stilizzati, segno di quella speranza e di quella allegria che non la vogliono abbandonare, nonostante le mille difficoltà di ogni giorno. Il suo corpo mostra infatti evidenti i segni lasciati dalla talidomide, il farmaco assunto a partire dal dopoguerra dalle donne in gravidanza per combattere le nausee. Enrica Scotti ha 53 anni ed è una degli oltre dodicimila bambini, cinquecento in Italia, focomelici. Significa che hanno avuto uno sviluppo degli arti, superiori e inferiori, parziale oppure del tutto incompleto. Lei è nata senza braccia. Una menomazione che Enrica supera quotidianamente con tenacia. Abitava a Milano, ma il padre ha voluto tornare a Genzone, suo paese d’origine, piccolo centro che «ha saputo accoglierla con affetto», sostiene il sindaco Giovanni Arioli. «È stata dura, ma alla fine ci sono riuscita», dice Enrica. Il suo viaggio nella burocrazia inizia nel 2012. «Ricevo un primo «no» dall’Asl di Pavia - racconta -. Ma a Milano mi danno l’ok». Superato il primo scoglio, si prepara per l’orale e inizia ad esercitarsi nella guida. È dura. Ma lei, con estrema abilità, ha imparato ad utilizzare i piedi per lavorare al computer, all’uncinetto, a punto croce. «Sono riuscita a passare lo scritto - precisa la donna -. Ma la motorizzazione mi ha impedito di affrontare l’esame di guida, sostenendo che l’auto non era munita di un joystick collegato elettronicamente al volante». Mezzo idoneo invece per Milano che le rilascia la patente. «Il cambio è automatico, con un piede comando volante, frecce e luci, con l’altro premo freno e acceleratore. Sono felice, ringrazio  le scuole guida di Belgioioso, Villanterio e Locate Triulzi e l’installatore che ha adeguato l’auto». «Il suo è un esempio di grande forza di volontà - aggiunge -. Riesce a condurre una vita quasi normale e il più possibile indipendente, aiutata dalla mamma Franca e dal fratello Luca».

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...