2.1.16

Aggius, la decana delle tessitrici si racconta: «L’arte del tappeto è nata in uno stazzo»



La decana delle tessitrici al lavoro nel suo laboratorio. Tra vecchie foto, appunti, bisacce e coperte della bisnonna
di Marco Bittau 

da  la  nuova  sardegna del   31 dicembre 2015


Mattia Lepori al telaio

INVIATO AD AGGIUS. Per tutta la vita Mattia non ha buttato via nulla. Vecchie fotografie appese alle pareti, libri e appunti sparsi, scampoli di tessuto e poi tappeti, coperte e bisacce dono di nozze di una bisnonna. Soprattutto non ha mai buttato via i ricordi, la memoria storica dell’arte della tessitura in Gallura, tramandato di madre in figlia da almeno quattro generazioni. Un sapere umile che oggi lentamente scompare di fronte al mercato globale che spazza via le produzioni artistiche di difficile industrializzazione. Quelle che bruciano fatica e non producono reddito da poter dire tessere è un lavoro. Belle e impossibili, legate a un mondo che non c’è più.
Dall’alto di una saggezza antica e di una settantina d’anni portati bene, Mattea “Mattia” Lepori è la decana delle tessitrici di Aggius, custode di un’arte preziosa come la terra in cui vive: uno stazzo secolare nella valle di Fluminaltu, nelle campagne alle porte del paese, irraggiungibile dai telefoni cellulari e dai rumori della modernità. È la sua casa natale e anche la casa dei suoi antenati, un luogo incantato dove il tempo si è fermato e la vita scorre ancora secondo tempi, modi e regole che non esistono altrove. A suo modo, è la culla di una civiltà, quella della tessitura, che annovera anche Aggius (insieme a Nule, Sarule, Mogoro) tra le capitali in Sardegna. Tutto nasce lì, dentro quelle mura spesse come un fortino. Il primo legno del mestiere era un telaio orizzontale oggi custodito come un monumento nella tenuta-museo “Il muto di Gallura” di Gianfranco Serra, appassionato custode della tradizione gallurese. Anche lui è un figlio della tessitura, anche lui da ragazzino ha studiato le donne di Aggius al lavoro nella “Via dell’Ordito”. Quasi una festa per la comunità.




Mattia Lepori lavora ancora oggi nel vecchio stazzo di famiglia a Fluminaltu. China su un “nuovo” telaio – sempre orizzontale – degli anni Sessanta tesse tappeti che sfuggono a qualunque legge di mercato. Opere d’arte che costano care perché ci vuole un’eternità per realizzarle. Sono i tappeti che hanno incantato artisti straordinari come Michelangelo Antonioni e come Maria Lai che tra orditi, intrecci e telai nel 2006 e nel 2008 aveva acceso le luci della ribalta su Aggius con progetti e mostre allestite al museo etnografico Meoc. Mattia lavora sotto una luce fioca, sommersa da disegni e modelli. Il tappeto finito è interamente realizzato da Mattia: lei ha preparato l’ordito di cotone, lei ha tessuto intreccio dopo intreccio, sempre lei ha curato la tintura con i colori naturali estratti dalle erbe del giardino di casa. Gioielli senza prezzo che arredano le ville della Costa Smeralda o di molte capitali europee.
Oggi l’arte della tessitura e l’epopea dello stazzo di Fluminaltu rischiano di scomparire. Ad Aggius le tessitrici frequentano una qualificata scuola di formazione, ma è ancora difficile pensare al tappeto d’autore come una prospettiva professionale. Così Ivana, figlia di Mattia, medita la fuga dal telaio e come lei anche tante altre figlie di tessitrici storiche. «Basta, nessuno tutela e valorizza il nostro lavoro». Deluse, pensano a un futuro che non sia solo la teca di un museo etnografico. Tutte guardano la vita scorrere fuori dallo stazzo.



che l'arte della tessitura fosse molto diffusa e che ancora resiste nonostante la globalizzazione neoliberista che uccide con la sua omologazione ed appiattimento le culture locali è testimoniato da il lavoro di fotografico di Mario Saragato,   <<  fotografo Aggese, artista difficilmente inquadrabile in un genere specifico, spazia tra ritratti locali per sconfinare in atmosfere suburbane, fondendo retaggi umanistici e cinematografici, pulsioni adiacenti e sfumature apparentemente lontane dal nostro quotidiano.>>  ( ..  continua  su http://www.piazzagallura.org/mario-saragato-ritratti-dautore/ )   Infatti sempre da la nuova sardegna del 4\4\2014 


Aggius, l’arte della tessitura I telai fotografati da Saragato
Una tecnica antica nelle immagini del libro “Un battito e poi il successivo” Un sapere che si tramanda nel museo-laboratorio del paese gallurese
di Marco Bittau
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AGGIUS. Un battito, e poi un altro ancora. La vita e la storia di Aggius scandite dall’incedere meccanico dei telai delle tessitrici. L’ordito, il filato, la trama, il gesto e lo sguardo fermati per sempre dall’obiettivo del fotografo che racconta il senso e la radice delle cose.
Il risultato è un libro da guardare e poi da leggere, “Un battito, e poi il successivo”, pubblicato in sole 100 copie numerate dalla Phileas edizioni. L’autore è Mario Saragato, un giovane e brillante fotografo di Aggius, cresciuto a pane e pellicola nella corte del museo Meoc. Classe 1976, allievo di Salvatore Ligios, ha all’attivo diverse mostre (“35 fotografie facili e una difficile” del 2012, “Piccoli strumenti per interpretare il pianeta terra” del 2013 e “Un’eccezione” del 2014) e tre libri (“Sputeremo sulle vostre tombe” del 2011, “Zugzwang” del 2012 e l’ultimo “Un battito, e poi il successivo”). La sua cifra stilistica è chiara per la nitidezza dell’immagine, oscura per la predilezione di penombre e cieli coperti e nuvolosi. Fosse un pittore seicentesco, apparterrebbe di certo alla scuola di Rembrandt.
Per celebrare l’arte della tessitura ad Aggius, Saragato ha ritratto 32 donne al lavoro, chine sul tipico telaio orizzontale, monumento alla tradizione locale. Si chiamano Masina, Aurora, Simona... Gente comune, volti qualunque, di ogni età. Nei loro sguardi è custodito un profondo segreto: la conservazione dell’arte antica della tessitura. Il grande tesoro di Aggius, la sua storia, la sua cultura. Sono le stesse donne che ancora oggi nelle stanze-laboratorio del museo etnografico si ritrovano per tramandare saperi e manualità in modo che la trama non si spezzi e la storia non finisca mai. Perché lavorare al telaio è un po’ come fermare il tempo e far battere il cuore.
Mario Saragato, a modo suo, prosegue il lavoro straordinario svolto da Maria Lai che, proprio ad Aggius, otto anni fa era stata protagonista di indimenticabili workshop sintetizzati da una serie di opere esposte al museo o installate in modo permanente nelle pareti in granito del paese. “Essere e tessere”, un segno indissolubile. La memoria esposta alla vista di chi passeggia nel centro storico. L’artista di Ulassai aveva ricostruito nei pregevoli “teatrini-telai” tutto il suo universo fatto di trame, filati, giochi d’infanzia e animali feticcio. Oggi con gli scatti di Saragato la tessitura è ancora protagonista. Anche lui scava nella memoria del suo paese, anche lui gioca con gli intrecci e i filati. Anche lui è un fine tessitore. In più aggiunge al suo racconto la potenza degli sguardi delle donne chine sul telaio. La storia ora ha un volto, quello delle donne della porta accanto.
Come Samugheo nell’Oristanese, Sarule in Barbagia o Nule nel Sassarese, Aggius ha legato a doppio filo il suo nome all’arte antica della tessitura. Un patrimonio enorme che il piccolo paese dell’alta Gallura ha saputo conservare e valorizzare intorno a un polo museale (il museo etnografico, il museo del banditismo) e alla cooperativa Agios che gestisce i servizi turistici e culturali. «Un piccolo grande miracolo – dice il presidente della coop, Luigi Gana – ogni anno riusciamo a sostenerci senza contributi economici promuovendo nel mercato nazionale e internazionale l’immagine di un paese tutto da scoprire, fatto di paesaggi incantevoli, natura incontaminata, cucina caratteristica, arte e artigianato di qualità. Un angolo di paradiso in terra».
In questo circuito virtuoso la tessitura ha un ruolo centrale: è il motore della storia. Il battito del cuore che affascina artisti e fotografi, che incanta turisti e viaggiatori. «Un battito dopo l’altro – scrive Maria Teresa Mura, curatrice del museo e presidente dell’associazione culturale Museo di Aggius, autrice dei testi nel volume di Saragato, insieme al filosofo Giuseppe Pulina e all’antropologo Giulio Angioni – è un cuore che pulsa, è un telaio in movimento, è una donna che scandisce il ritmo del proprio lavoro. Dalla notte dei tempi traccia nel tessuto i propri segni, racconta. È la prima forma di comunicazione dopo i gesti e le parole? Sono questi segni che condurranno alla scrittura? Questi segni, questi gesti arrivano a noi
tramandati da madre in figlia sempre gli stessi, sempre uguali. Anche stamattina, nel mio paese, mani sapienti si muovono sul telaio, giocano veloci, leggere, e aggraziate coi fili colorati tra gli orditi e poi decise... Un battito dopo l’altro»

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