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3.1.18

Shoah le colpe nascoste degli italiani

Ed  eccovi  come sempre  , non mi va  di mescolarmi alle celebrazioni forzate  ed obbligatorie     ed  ufficiali    , anche  se  spesso non riesco a trattenermi  e mi contraddico  , uno dei miei   consueti ed annuali  ( anche il ricordo   e  tali tematiche  sono e devono essere   sempre  valide    adilà delle date  celebrative ufficiali  )  post  sulla   giornata  del  27 gennaio  .

Inizialmente avevo scelto di ricordare questo 27 gennaio ( giornata sulla shoah , anche se io preferisco parlare anche di olocausto   cioè d'entrambe  ) con queste due versioni  del suono militare   il silenzio

la prima


eseguita da Paolo Fresu esegue il "Silenzio" alla fine del concerto a Forte Dosso delle Somme (Folgaria - Trento) dedicato al centenario 1914-20014 dell'inizio della prima guerra mondiale nell'ambito del Festival "I suoni delle Dolomiti" il 27 luglio 2014
la seconda  


Suonato da Pippo Noviello

perchè il fascismo ed il nazismo ed quindi l'antisemitismo ( già presente in Europa dal medioevo ) elevato a potenza trovarono l'origine  nell'ardore nel calderone della  grande guerra  e  poi nella  frustrazione  e delusione   dei trattati di pace del Ma soprattutto perchè a volte a troppi bla bla , spesso strumentalizzati ed ipocriti è meglio come già diceva Pietro Calamandrei (1889-1956 )  in questa epigrafe


[...] Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.[....] 



meglio il silenzio .
Ma poi cercando in rete ( silenzio and shoah e poi dopo il libro vedere  sotto  5 dicembre 1943 ) fonti d'ispirazione  per il post ho trovato questa news semi ignorata dai media in quanto si preferisce ( e qui mi ricollego al discorso delle righe precedenti ) ricordare gli eroi ed  gli appartenenti italiani fra  i giusti  delle nazioni  che i carnefici ed i collaborazionisti italiani i fatti drammatici coem questo del 5 dicembre 1943 , il secondo più grande  rastrellamento  di ebrei dopo quello del 16 ottobre 1943 noto come Rastrellamento del ghetto di Roma






I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945

Simon Levis Sullam


Editore: Feltrinelli
Collana: Storie
Anno edizione: 2015
Pagine: 147 p., Brossura
  • EAN: 9788807111334


Un libro che dimnostra che ancora c'è qualcuno\a che ha il coraggio di mettere idiscussione il classico mito italiani brava gente . Ed ha il coraggio di dire che La maggior parte degli ebrei catturati e uccisi durante i due anni della RSI lo furono per colpa di italiani, non solo dei tedeschi. E lo furono per delazione, per invidia, per i motivi più abbietti

Una ricostruzione ---   secondo  il commento   lasciato da   gianni 10/02/2015 15:15:53  su www.ibs.it  da  cui ho preso la  foto --- utile a inquadrare con maggiore equilibrio la Shoah italiana. Vi fu un collaborazionismo a tutti i livelli anche italiano nella deportazione e nello sterminio, con buona pace del mito "italiani brava gente", ormai smontato dalla storiografia, ma rilanciato e amplificato dalla divulgazione di varia natura, specie negli ultimi anni: uno dei tanti sintomi del "paese mancato", in cui regnano l'inconsapevolezza, la retorica, le sublimazioni, le minimizzazioni e la proverbiale, machiavellica ipocrisia.

 e poi  questo articolo  tratto da  

Shoah, le colpe nascoste degli italiani  
di Nicolò Menniti Ippolito



Sabato 5 dicembre 1943 molti veneziani andarono alla Fenice ad ascoltare il concerto di Arturo Benedetti Michelangeli. Domenica 6 dicembre 1943 molti veneziani andarono a vedere a Sant'Elena la partita del Venezia. In mezzo, nella notte tra il 5 e il 6, però, la città aveva vissuto uno dei momenti più drammatici della sua storia con il rastrellamento degli ebrei veneziani che finiranno poi, in gran parte, nei campi di sterminio. È questa l'immagine con cui comincia "I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei 1943-45" (Feltrinelli, pp 160, 15 euro) di Simon Levis Sullam, docente di Storia Contemporanea all'Università di Venezia. Il titolo ricorda quello del saggio di Goldhagen, "I volonterosi carnefici di Hitler", che ha riaperto la questione sulla responsabilità dei tedeschi (e non solo dei nazisti) nella Shoah. E infatti anche Levis Sullam vuole riaprire un dibattito, che è quello della responsabilità degli italiani nella Shoah. Nei campi di sterminio nazisti sono morti circa ottomila ebrei italiani. Possono essere tutti imputati a responsabilità tedesca? Gli italiani sono proprio "brava gente" come amano rappresentarsi? In fondo - si potrebbe dire - nessun italiano è stato condannato per la deportazione degli ebrei, al contrario di quanto per esempio è avvenuto in Francia. E di contro numerosi sono gli italiani a cui è riconosciuto il ruolo di "giusto", nel giardino di Yad Vashem. Eppure la storia.dice Levis Sullam, non è esattamente questa. Anche gli italiani hanno dato il loro contributo alla Shoah. È vero che molti ebrei italiani sono stati arrestati direttamente dai nazisti, ma altrettanti sono stati arrestati e avviati alla deportazione dalla polizia italiana. Non solo, quasi sempre accanto ai tedeschi che arrestavano c'erano italiani che aiutavano, che informavano. Difficile dire che fossero tutti innocenti, anche se i tribunali non li hanno processati. Difficile anche sostenere che tutti gli italiani abbiano protetto gli ebrei, anche se la comunità ebraica ha avvallato per prima questa immagine edulcorata della realtà. La normalità che circonda il rastrellamento ebraico a Venezia (il concerto, la partita) sta a dimostrare che la percezione era diversa. L'antisemitismo non era certamente radicato come in altri paesi, ma esisteva eccome. Levis Sullam ricorda, tra gli altri, il caso del medico veneziano Giocondo Protti, conferenziere ufficiale dell'antisemitismo negli anni Quaranta, che suggellava i suoi interventi con quel tanto di scienza che doveva servire a convincere ed esaltava, siamo nel 1944, "il grandioso, catartico castigo divino" che attendeva gli ebrei. Anche lui innocente, tra l'altro, nel dopoguerra. E poi i delatori, anche ebrei stessi, come quel Mauro Grini che tra Trieste, Venezia, Milano identificò e denunciò un migliaio di ebrei ("anche di più" - si vantava) dietro lauti pagamenti. E ancora chi rubò i beni degli ebrei catturati, chi sequestrò i beni e nel dopoguerra divenne capo del servizio che doveva restituirli (è successo a Venezia). Insomma gli italiani non sono innocenti. L'immagine di un antisemitismo imposto e mal tollerato dagli stessi fascisti è leggenda. Anche gli italiani - dice Levis Sullam - furono carnefici e l'autoassoluzione collettiva del dopoguerra è stato un modo comodo per non fare i conti con le proprie responsabilità

2.1.18

FRANÇOIS-XAVIER NICOLETTI, ALIAS FRANCISCU A VURPA di Emiliano Morrone

Conosco François-Xavier Nicoletti (in foto, ndr), alias A Vurpa«La Volpe», da quasi 30 anni. Ne ho condiviso – e in larga parte condivido – l’inguaribile attaccamento alla Calabria, lo spirito dell’emigrato (di successo) che non accetta lo spopolamento della regione, i disservizi in aumento e il clientelismo che ancora oggi, forse più di sempre, la identificano e caratterizzano.
di Emiliano MORRONE
François è un ex banchiere, brillante, geniale, affabile, di cuore e dalla testa dura come ogni calabrese doc. Per me è una specie di zio: ho avuto il privilegio di discutere a lungo con lui, per telefono e nella sua bellissima casa del rione Fulippa, a San Giovanni in Fiore, paese di cui siamo entrambi figli. Non solo. Ci unisce l’ironia ostinata, il senso della frassia, la leggerezza nel buttarla in commedia e una comicità istrionica che ci ha spesso visto ridere a crepapelle, malgrado il tragico, cioè l’inadeguatezza dei vari governanti, la loro impreparazione e le sofferenze causate alla povera gente da una politica autoreferenziale e falsa, quasi per intero. Dal lontano 2002 abbiamo cercato insieme, non di rado tra nette divergenze, a volte con contrasti perfino aspri a causa dei suoi “pruriti” da accentratore, dicontribuire all’emancipazione della nostra San Giovanni in Fiore, della nostra Calabria, da cui si continua a partire nell’indifferenza generale.
Potrei scrivere la storia di questo personaggio inquieto e scomodo, cui mi lega un affetto speciale, una riconoscenza che non riesco a raccontare bene, vinto dai ricordi. Lo ammetto con candore: François continua a essere, per me, una sorta di istigatore necessario, una specie di alter ego, uno che la canta senza peli sulla lingua e che mi offre spunti per riflessioni, scritti corsari e fame di giustizia sociale.Parto con le somiglianze. Sia lui che io non riusciamo a capacitarci di un fatto, di come sia possibile che l’intelligenza, il talento e la tenacia di tanti calabresi trovi scherno e muri da una massa contenta di subire e patire in locoCome ha osservato, a ragione, l’avvocato Alfonso Luigi Marraoggi la società non sopporta la differenza, non la tollera perché la ritiene pericolosa, destabilizzante, rivoluzionaria. Pensarla diversamente significa, soprattutto in Calabria, attirarsi le antipatie, l’odio di tanti soggetti che campano grazie al sistema e che non avrebbero combinato un bel nulla, se non avessero avuto protettori e appoggi politici. Ne è convinto anche l’amico Mauro Francesco Minervino, antropologo e scrittore che, con coraggio impressionante, ha denunciato in largo logiche e costumi di una terra, la Calabria, in cui la ‘ndrangheta, per quanto capillare e potente, resta un alibiper non ammettere omissioni, corresponsabilità e miopie della classe dirigente, da Roma a Catanzaro e Reggio Calabria.François è un uomo di mondo, che ha vissuto la miseria e la ricchezza estrema; che si è fatto dal nulla partendo da ragazzino col suo parlato sangiovannese crudo; che ha raggiunto traguardi alti con volontà e sacrificio, costruendosi una posizione senza piegarsi e rammollirsi, cosciente che avrebbe potuto contare soltanto sul suo cervello fine e sulla propria capacità di persuadere investitori e padroni della finanza di vertice. Ciononostante, non si è lasciato comprare né ha perduto il suo legame con la terra madre. Anzi, ha impiegato una vita intera a inseguire per missione il riscatto della sua, della mia gente, rimasta a guardare, ad attendere il corso (immutabile) degli eventi.Avevo in animo di scrivere un pezzo di cronaca sull’ultima Consulta degli Emigrati calabresi, tenutasi a inizio dicembre presso la sede della Regione Calabria, a Catanzaro. Poi mi sono detto che sarebbe stato sterile, se non ripetitivo. Vi parlo di François perché, come me, egli non sopporta la finzione né la retorica del potere, che, in occasione della Consulta di fine anno, ha dipinto la Calabria come la California, rinunciando all’equilibrio e al pudore.La Calabria è ancora, purtroppo, l’ultima regione d’Europa: per dati economici, indicatori sociali e qualità della vita. Qui la rassegnazione impera come le vecchie glorie della politica, che assicurano sviluppo e diritti sapendo di mentire, di avere le mani legate e di voler mantenere la situazione attuale, che garantisce proventi e benessere a una ristretta minoranza di palazzo.François vive a Ginevra, ma continua a girare per il globo. Fondatore dell’associazione Heritage Calabria, si impegna per stringere patti di amicizia e gemellaggi con luoghi storici dell’emigrazione o della cultura calabrese; per esempio Clarksburg, in West Virginia, o Paola (Cosenza), la città di san Francesco, caritatevole e miracoloso, con l’omaggio, di Nicoletti, di un meraviglioso arazzo tessuto a mano dal maestro Mimmo Caruso.All’inizio del nuovo millennio, Nicoletti consentì al Comune di San Giovanni in Fiore di beneficiare di fondi europei per il Programma di sviluppo urbano, mettendo sul piatto oltre 100mila euro in contanti per la ristrutturazione di casette, nel centro storico, in cui ospitare residenti all’estero. Un progetto fortunato e poi ampliato, con l’acquisto e la risistemazione di altre dimore abbandonate. Il benefattore non fu compreso, anzi venne deriso da un manipolo di, direbbe Francesco Guccini,«perbenisti interessati», con un’ingratitudine più unica che rara, come gli ripetemmo con l’esemplare direttore di Il CrotoneseDomenico Napolitano, presso il quale mi formai da giornalista.Negli anni altre attività utili, di Nicoletti, di conservazione della memoria e di promozione del rapporto tra concittadini ed emigrati; ad esempio la traduzione in italiano e altre lingue del bellissimo Bread, Wine and Angels, della scrittrice, oriunda sangiovannese, Anna Paletta Zurzolo. Quindi la battaglia politica, nel senso nobile della parola, per l’istituzione della consulta comunale degli emigrati, ad oggi inattiva, nonché un lavoro a tutto campo per creare ponti culturali ed economici tra la Calabria e gli Stati, non solo europei, in cui vivono generazioni di calabresi. E, non da meno, il sostegno diretto dell’ex banchiere alla candidatura di Gianni Vattimo quale sindaco di San Giovanni in Fiore, nel lontano 2005; un diffuso documentario in italiano e in inglese sul pensiero di Gioacchino da Fiore, diretto dal compianto regista Max Cavallo, e lo sforzo di aprire, al posto del locale Istituto Alberghiero, chiuso da un bel pezzo e abbandonato al silenzio del tempo, una scuola internazionale per professionisti della ristorazione e del turismo, di cui né la Regione di centrodestra né quella, attuale, di centrosinistra hanno voluto sapere, preferendo sciupare i fondi (europei) per la formazione professionale.
Infine l’impulso alla nascita del club Unesco di San Giovanni in Fiore e, poiché nemo propheta in patria (sua), la donazione di un’opera di metallo, simbolica e maestosa, al Comune di Soveria Mannelli (Cz): l’albero della pace (in foto appena sopra, ndr), realizzato dal maestro Francesco Talarico e rifiutato alla chetichella dal Comune di San Giovanni in Fiore.Di recente ho avuto il piacere di incontrare ancora François, che non è ancora rincoglionito, nonostante i suoi 80 anni suonati. Tante volte riesco a parlare molto meglio con emigrati come lui – e l’amico Pippo Marra, patron di Adnkronos originario di Castelsilano (Kr) –, che non hanno mai smesso di sognare un futuro migliore per la Calabria, croce e delizia del loro animo da sognatori.

cosa ne pensano le femministe pure delle dichiarazioni della Pellegrini ? in particolare quelle che .....

... mi hanno fatto , vedere archivio blog , il cazziatone quando espressi dei dubbi sul fatto che Asia Argento poteva denunciare subito d'aver subito molestie e violenza dal porco e depravato di Weinstein anziché aspettare 20 anni .


Ora la mia opinione davantri alle dichiarazioni  di  Federica Pellegrini    riportata  dall'unione  sarda online d'ieri  


                                            Federica Pellegrini


Lo scandalo delle molestie sessuali non riguarda solo il mondo dello spettacolo, ma anche quello dello sport.
A dirlo è Federica Pellegrini in un'intervista a SkySport24.
"Non sono casi eclatanti: se succedesse a me verrebbe fuori ovunque, invece accade a povere ragazzine e nessuno lo sa", ha detto la nuotatrice, che ha deciso di lanciare un appello alle vittime degli abusi, chiedendo loro di non rimanere in silenzio.
"Bisogna volere bene a se stesse e bisogna denunciare subito: se deve succedere qualcosa bisogna avere una famiglia presente o qualcuno di fidato che sappia capire", ha detto ancora la campionessa.
Pellegrini ha poi parlato delle giovani che, magari cedendo a un ricatto, inviano scatti hot, che poi finiscono sui social.
Su Internet "girano tante foto di minorenni", ha continuato la nuotatrice.
"Allora posso dire una cosa alle ragazzine del nostro ambiente? Non mandate foto in giro. Non serve veramente a niente mostrare le t***e e il c**o, perché il vero amore lo troverete fra vent’anni e di sicuro non vi sceglierà perché gli manderete una foto un po' più nuda rispetto alle altre. Quindi per favore smettete questo circolo vizioso", ha concluso.



è questa  sia che lo abbia detto ( cosa che non credo visto che a differenza di beatrice vio la vedo poco su media , mi sembra più discreta e poco prezzemolino ) per farsi pubblicità e farsi vedere sia che lo pensa sinceramente ha ragione troppe ragazzine esagerano nel mostrarsi in pose hot nella rete


1.1.18

Una Madre Ripudia Il Figlio Perché Omosessuale. Il Ragazzo Cerca Ospitalità Dal Nonno E Questo Scrive Alla Figlia:

lo so chè   vecchia  ( e mi pare l'avessi , se  memoria  non m'inganna , qui da qualche  parte   nel  blog  ) infatti risale al 2015  , ma come si sa  certe cose   non hanno tempo  ,   sono come  il vino  ipiù  invecchiano  meglio sono  . Una storia   che  sminuisce  luoghi comuni     del   tipo   : i vecchi  sono  tutti  conservatori e rincoglioniti  .

  da  http://www.blogserena.com/
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Cara Christine:
Sono molto deluso da te come figlia.
Hai ragione, c’è un “disonore in famiglia”, ma non hai capito quale. Buttare Chad fuori di casa semplicemente perché ti ha detto che era gay è il vero “abominio”.Un genitore che disconosce il proprio figlio, ecco cos’è “contro natura”.L’unica cosa intelligente che ti ho sentito dire in tutta questa faccenda è “non ho allevato mio figlio perché fosse gay”.Certo che no.
E’ nato così e non lo ha scelto, non più di quanto si possa scegliere di essere mancini. Tu, invece, hai scelto. Hai scelto di fare del male, di essere chiusa di mente e retrograda. Perciò, visto che stiamo giocando a disconoscere i figli, colgo l’occasione per dirti addio.
Ora ho un favoloso (come dicono i gay) nipote da crescere, e non ho tempo per una figlia stronza. Quando ritroverai il tuo cuore, facci un fischio.

di nuovo auguri di buon anno . meno male che queste feste stanno finendo non se poteva più di .....



di strumentalizzazioni politiche che usano la tradizione ( alberi di natale , presepi , befana , ecc ) , exenofobe e malpanciste ( alla salvini ) , buonismo stupido ed ignorante , bufale \ fake news ( ne trovate sotto un colollario )n , dio messaggi ,di dirette e video ( alcuni divertenti ed originali ) su wzp e su fb , ecc . e  delle  rispettive  polemicjhe  vedere   questi   miei post  sulla mia bacheca  di facebook  I II Meno Male  che tra poco arriverà l'epifania  \  befana  e    tutte le feste  si porta  via  







19 DIC, 2017

Altre 5 bufale sul Natale 2017, tra alberi, doni e feste
Dalle decorazioni natalizie sfrattate alle truffe sugli acquisti online, fino alle celebrazioni di non-Natale e agli alberi di Roma e Milano, una nuova carrellata di bufale a pochi giorni dall’inizio delle feste
(Foto: Skippyjon/Flickr)

Il conteggio delle fake news sul Natale per il 2017 è già salito a quota 10. Dopo le prime 5 bufale che vi abbiamo raccontato un paio di settimane fa, ecco un’altra rassegna natalizia di false notizie, truffe e mistificazioni. Purtroppo le storie che fanno sorridere e le leggende metropolitane divertenti sono ben poche, perché si tratta perlopiù di distorsioni politiche, truffe commerciali e polemiche amministrative. Evidentemente si sta dimostrando una bufala anche l’idea che a Natale si diventi tutti più buoni.

Se fino a qualche giorno fa i protagonisti indiscussi delle falsità online erano i mercatini natalizi, ora la scena è dominata dagli alberi di Natale. Maltrattati, rubati, trasferiti e villipesi, ormai da simbolo del Natale sono passati a rappresentare l’oggetto della discordia. Qui di seguito una rassegna delle storie (false) più chiacchierate.


1. A Bolzano l’albero di Natale NON è stato sfrattato Prima storia e prima vicenda caricata di polemiche politiche.
La sala comunale Europa di via del Ronco, a Bolzano, lo scorso 14 dicembre ha ospitato una festa dei veterani dello sport in cui è stata premiata come atleta dell’anno la campionessa del mondo junior di ciclismo Elena Pirrone. Al termine della manifestazione la sala è stata rimessa in ordine, ma gli allestitori hanno lasciato nella stanza “una trentina di cartoncini verdi legati tra loro a formare un albero di Natale”. La mattina successiva gli uffici comunali hanno contattato uno degli organizzatori per chiedere di rimuovere, nel giro di poche ore, anche quegli ultimi allestimenti.
Ufficialmente il motivo della richiesta è il rispetto del regolamento di utilizzo della sala che, come ha raccontato anche David Puente sul suo blog, afferma che “all’atto della concessione il presidente del quartiere deve richiedere”, tra le altre cose, “l’uso corretto delle attrezzature e la conservazione dell’ordine esistente”. Tuttavia, secondo gli organizzatori, “l’albero di Natale di cartone rimosso in fretta e furia fa solamente sorridere” poiché, poche ore dopo ,nella stessa sala si sarebbe riunita una comunità musulmana e parrebbe evidente che la vera motivazione della richiesta è stata che “quella decorazione avrebbe potuto offendere la sensibilità dei presenti”.
Al di là delle possibili interpretazioni sul rigore con cui è stato applicato il regolamento (difficile dire se e quanto sia stato sfruttato come pretesto), restano però alcune falsità nel modo in cui questa storia è stata raccontata. Giornali come Secolo d’Italia, Il Giornale, Alto Adige e Voxnews hanno ripreso la notizia con toni forti e polemici, ma ne hanno parlato come se fosse stato “sfrattato” l’albero di Natale “dal comune di Bolzano”, mentre si tratta della rimozione di una sola decorazione installata dagli organizzatori privati di un evento e lasciata in una sala pubblica (oltre il tempo di concessione in affitto della sala) senza alcuna autorizzazione. Una ricostruzione che, peraltro, hanno confermato gli stessi organizzatori. Per essere pignoli sarebbe opinabile anche l’utilizzo dell’espressione albero di Natale, dato che si tratta di una composizione di cartoncini.
Soprattutto, però, il sito Voxnews ha raccontato la storia utilizzando come immagine quella di un’altra bufala che avevamo già raccontato qualche giorno fa relativa al rito del Julgrandsplunding: questa immagine, combinata a un titolo grammaticalmente ambiguo e con un soggetto sottinteso di troppo (Musulmani offesi da albero di Natale in comune, lo rimuovono), può essere facilmente fraintesa e lasciar pensare che siano stati i musulmania rimuove l’albero di Natale.L’immagine utilizzata da Voxnews


2. La bufala nel pacco sotto l’albero

Secondo una ricerca condotta da Vitreous World in 9 Paesi tra Europa e Nord America, rispetto all’anno scorso c’è stato un aumento del 35% dei casi di acquisto inconsapevole di prodotti contraffatti tramite e-commerce, arrivando a toccare quasi un terzo degli acquirenti. Le truffe riguardano soprattutto gli acquisti in negozi online sconosciuti e la scarsa affidabilità di alcuni dei risultati forniti dai motori di ricerca. Come evitare di farsi prendere per i fondelli? Controllare che il nome del sito sia corretto, verificare che non ci siano grossolani errori grammaticali, fare qualche verifica sulla reputazione del portale su cui si intende acquistare e non farsi ingannare da offerte lampo (abbassando la guardia) o da prezzi stracciatirispetto ai veri valori di mercato. Si tratta di consigli utili per tutte le stagioni, ma che vale la pena di ricordare soprattutto nel periodo che precede il Natale in cui, colti dalla frenesia per gli acquisti, capita più spesso di commettere errori.


3. La truffa del buono regalo di Decathlon

Come esempio concreto del fenomeno appena raccontato, una delle principali truffe natalizie in circolazione in questi giorni riguarda l’azienda di articoli sportivi Decathlon. Come racconta Bufale per tutti i gusti e come ha scritto su Facebook la stessa azienda, molte persone si sono viste recapitare sullo smartphone un messaggio di testo (principalmente via WhatsApp) che riporta: “Decatlhon per festeggiare il Natale ricompensa tutti con un buono da 200€. Io l’ho appena preso!! Guarda!”. Il link riportato in coda al messaggio non conduce però al vero sito Decatholon, ma a un clone in cui si può facilmente cadere vittima dell’inganno e fornire i propri dati di pagamento a qualche malvivente. A quanto pare il sito-truffa finge di far partecipare gli ignari acquirenti a un sondaggio, premiando il loro sforzo con 150 (falsi) buoni da 200 euro estratti a sorte, seguendo una dinamica simile a quella che in passato ha riguardato H&M, Zara e Ikea.


4. La grande festa delle buone feste

Altro caso di strumentalizzazione politica è la vicenda che ha interessato l’istituto Italo Calvino di Milano, dove la preside Dorotea Maria Russo ha indotto per domenica 17 dicembre un evento dal nome La grande festa delle buone feste. Fin da subito il nome è stato interpretato come la scelta di rimuovere la parola Natale e quindi di nascondere il valore culturale-religioso delle festività di fine anno, generando una lunga coda di interventi, pareri, articoli e interviste, raccolte con dovizia di particolari da Valigia Blu.
Al di là delle valutazioni politiche e ideologiche, il motivo per cui questa storia merita l’appellativo di bufala è che non si è trattato della cancellazione degli eventi natalizi, ma dell’aggiunta di un ulteriore momento di festeggiamento che potesse essere inclusivo verso tutte le religioni e culture, permettendo la partecipazione di tutti. Come riportatoanche su Repubblica, la preside ha chiarito che la festa delle buone feste anticipa il periodo di vere e proprie celebrazioni natalizie e che “per festeggiare ufficialmente il Natale ci sarà una settimana intera di eventi […] con tanto di recite, canti, tombolate e presepi viventi, dolci tipici e momenti conviviali, come da tradizione”. Nessuno, insomma, nella scuola ha mai parlato di cancellare il Natale e le celebrazioni tradizionali, ma si è pensato di creare un ulteriore momento di festa multi-culturale. Dunque è scorretto, e falso, parlare di “annullamento della festa di Natale della scuola”, anche perché – essendo domenica – si tratta di una manifestazione in orario extrascolastico, a differenza di quelle dedicate al Natale.


5. Rubacchio e Spelacchio

Sugli alberi di natale di Roma e Milano – battezzati quest’anno rispettivamente Spelacchio e Rubacchio – si è già parlato e scrittomoltissimo, sia sui giornali sia sui social. Tra le tante cose vere, come gli oggettivi problemi estetici e le tante foglie perse dall’albero della capitale in piazza Venezia, sono state raccontate anche alcune falsità.Un dettaglio di Spelacchio (Foto: Andrea Ronchini/Getty Images)

Riguardo a Spelacchio, è stato detto (unendo varie fonti) che è un larice che soffre perché ha poche radici, che anziché distruggere la natura sarebbe stato meglio utilizzare un albero di plastica perché più ecologico, e che l’albero sarebbe stato mandato a Roma dalla val di Fiemme per far fare una figuraccia. Tuttavia, come scrive Ansa, si tratta di informazioni sbagliate. Spelacchio è un abete rosso che ha subito il taglio di tutte le radici (come accade per qualunque albero di Natale di quelle dimensioni) ma che soffre per altri motivi. Dal punto di vista ecologico, non è affatto detto che un albero in plastica sia più rispettoso dell’ambiente, sia perché la sua produzione comporta una certa produzione di anidride carbonica (che dipende dalle dimensioni) e soprattutto perché di per sé non comporta alcun danno ambientale se l’abbattimento è adeguatamente gestito piantando nuovi alberi. Infine, Spelacchio non era originariamente brutto o sciupato, ma probabilmente ha sofferto a causa di un trasporto inadeguato e stava già in precedenza soffrendo la siccità. Nelle ultime ore è stato dato sostanzialmente per morto.Il cosiddetto Rubaccio a Milano (Foto: Awakening/Getty Images)

A Milano, invece, Rubacchio si è guadagnato questo nome sulla base della notizia del presunto costo di un milione di euro. Tuttavia la notizia è presto smentita per due motivi: il primo è che l’albero in piazza Duomo è stato offerto da Sky e donato al Comune, il secondo è che – per ammissione degli stessi diffusori della bufala – non è stato reso noto il costo dell’albero. Una versione più recente della bufala, scovata da David Puente, sostiene che il prezzo totale sia in realtà di due milioni e mezzo di euro, e che l’albero sia stato riciclato dall’Expo e ottenuto per soli 400 euro. Si tratta, al contrario, di un albero portato a Milano dal Trentino Alto-Adige, dove era già destinato all’abbattimento perché di altezza superiore ai limiti consentiti per ragioni di sicurezza.

concludo    e rinconfermo quando ho detto  nel  post   : <<  come sopravvivere alle festività natalizie XII il capodanno ed il primo dell'anno >> della  guida    di sopravvivenza  natalizia    di quest'anno   con il  post    di https://www.facebook.com/Ilsilenziodellanima/
  di  Serena Takdeer

Buon anno  ragazzi\e



Perché  come dice ogni anno bello o brutto che sia trascorso, sull'arrivare della fine .. forse proprio per la parola fine .. a me viene tanta tristezza. Non perché dia peso a questa data .. ma perché di anno in anno trovo sempre più immotivate queste feste forzate e persone che sentono il dovere di divertirsi per forza.Senza polemica, vi auguro di divertirvi davvero


31.12.17

chi lo dice che i mussulmani o islamici odino e dia fastidio il presepe ed il natale ragiona con luoghi comuni "A Natale non ci sono pelle, né lingua né cultura che non entrino nell'abbraccio di Dio". il caso Ad Aleppo anche i musulmani vogliono il presepe

ringrazio l'amica   e  utente  di  questo blog  Daniela  Tuscano (   che mi manda  tutti i suoi articoli da pubblicare   e che  pubblico     causa difficolta  con google e  blogspot  )  e della nostra  pagina facebook ( dove  li  pubblica  )    per  avermi segnalato   questo articolo  .



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Per conoscere tutti i progetti per aiutare i cristiani di Aleppo, guarda qui

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In un’epoca in cui si parla spesso (troppo spesso) di scontro di civiltà fra islam e cristianesimo, la Siria ha rappresentato da sempre un esempio di convivenza millenaria fra fedi diverse. Il terrorismo di matrice salafita ha cercato di distruggere il mosaico siriano inserendo nel Paese il germe di un odio interreligioso che non esisteva, anche grazie alla politica del clan Assad che ha governato la Siria per decenni e che ha protetto questa costruzione nazionale dalla deriva estremista religiosa. La guerra civile e l’avanzata del terrorismo islamico hanno sicuramente ferito la Siria, così come la pacifica convivenza fra le comunità religiose presenti sul suo territorio. Ma cristiani e musulmani, in molte parti del Paese, ancora convivono: e il Natale di quest’anno ne è stato la dimostrazione.Come già descritto in questa testata, ad Aleppo è il secondo Natale senza guerra, festeggiato fra chiese riaperte, altre mai chiuse, alberi addobbati, processioni festose e presepi. Ma, come ricordato su Italia Oggi da monsignor Georges Abou Khazen, padre francescano della Custodia di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, la povertà, la mancanza di lavoro e le macerie rendono la situazione ancora estremamente complessa. Ma è proprio nella tragedia che la convivenza fra cristiani e musulmani si è fatto più forte. «Durante il conflitto abbiamo sviluppato nuovi modi di incontro tra cristiani e musulmani. E oggi grazie a questo siamo impegnati insieme in molti progetti per aiutarci a vicenda». Monsignor Khazen, intervistato dalla testata italiana, parla di un Natale di gioia, nonostante tutto, in cui sono gli stessi musulmani a manifestare sentimenti di amicizia verso i cristiani. «I musulmani in questi giorni di Natale vengono da noi e ci dicono: perché non avete ancora fatto il presepe? Girano ogni chiesa per visitarli con le loro famiglie, desiderano profondamente vivere anche loro la gioia del Natale. Che non è una sfida all’altro, ma la festa di tutti gli uomini».La convivenza fra comunità religiose è quello che vuole rimarcare padre Georges Abou Khazen. “È una convivenza e una collaborazione che continua. La guerra, i morti, le tante difficoltà ci hanno messi insieme e ci sono molti progetti d’ aiuto che facciamo insieme a loro”. Fra questi progetti, anche quello di “Una goccia di latte per Aleppo”, progetto benefico di Aiuto alla Chiesa che soffre cui ha aderito anche Il Giornale. La tragedia della guerra non ha fatto distinzioni fra musulmani e cristiani. E non sono fatte distinzioni neanche per la ricostruzione. Cristiani e musulmani devono tornare a convivere, anche se le ferite della guerra e del terrorismo islamico hanno scalfito la bellezza del vivere insieme fra cristiani e musulmani. Molti cristiani sono fuggiti e non torneranno, molti sono morti, e sarà difficile ricostruire la comunità cristiana di Aleppo. Ma il ritorno alla normalità si vede anche in questi piccoli gesti, nel ritorno del Natale. “In alcune parti della città, quelle non distrutte, sono state ornate di luci le case, davanti al municipio è stato messo un grande albero di Natale” dice monsignor Khazen a Italia Oggi, “il Natale non è una sfida ai non credenti. Anche i musulmani lo aspettano, guai se non facciamo i presepi, ci vengono a dire: perché non lo avete fatto? Il Natale è una festa di pace, gioia e speranza per tutti. I musulmani vengono a visitare le nostre chiese, vogliono sentire e toccare la stessa gioia che viviamo noi”. Un miracolo di Natale? No, non è una favola, ma è il miracolo della Siria. Un Paese che ha resistito a una guerra orrenda e che cerca disperatamente di nuovo la pace. Hanno provato a distruggere il suo mosaico di culture, ma non ci sono riusciti. Ed ora Aleppo, da emblema della devastazione, torna a essere simbolo di speranza.
 e  per questo  suo intervento  sui fatti  accaduti  , uno dei tanti sempre  più frequenti purtroppo  in italia ,   stavolta  alla scuola primaria Beato Odorico da Pordenone di Zoppola

Daniela Tuscano A parte il fatto che in Perù sono cristiani, mi domando - da docente e se le vicende si sono svolte davvero come riportato nell'articolo - perché la scuola permetta che in cattedra salgano persone ignoranti e incompetenti. Screditano l'intera categoria. I bimbi stranieri non c'entrano, state attenti a non cadere nel tranello. Sono un pretesto. "Gesù" non dà fastidio a loro. Dà fastidio alla maestra laicista e politicorrOtta. Se conoscesse veramente la storia, saprebbe che i musulmani rispettano moltissimo Gesù e, se non considerano il Natale una festa religiosa, però la ritengono significativa in quanto ricorda la nascita d'un profeta e celebra pure Maria, profetessa anch'essa (e unica donna menzionata nel Corano). La vera laicità aggiunge, non toglie; del resto, i musulmani stessi - perché era questi che voleva ingraziarsi la maestrina, gli altri non fanno testo - non hanno alcun rispetto per chi rinnega il proprio background. Se amasse veramente ciò che insegna, saprebbe che il non credente Pasolini si definiva "figlio delle chiese e delle pale d'altare", perché senza il cristianesimo non si può comprendere né l'arte, né la letteratura, né la filosofia, né la musica né la stessa politica dell'Italia (e dell'Europa). E non solo: poiché il cristianesimo ha pur sempre origini in Medio Oriente e censurare adesso Gesù, quando siamo in presenza di una forte immigrazione copta da Egitto e Corno d'Oro, non è solo suicida ma stupido. La verità è che sono questi nichilisti a voler abolire il Natale in nome d'un indifferentismo idiota, d'un sincretismo plastificato di estrazione nordamericana. È pertanto bene vengano alla luce tali episodi, nella loro miseria morale e intellettuale, e si prendano i dovuti provvedimenti.








ed concludo facendo miei , anche se credenbte ma non più praticante come un tempo , le parole de il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, con la celebrazione della Santa Messa nella Basilica di San Marco  a natale  del 2017   : << A Natale Dio raggiunge ogni uomo e ogni popolo, - ha commentato - anche i più abbandonati e vilipesi. Non si dà, così, più razza o popolo esclusi dal gesto di Dio. Se Dio si rende presente nell'umanità, allora, nessuno più potrà sentirsi escluso e potrà escludere nessuno; non c'è colore della pelle, non c'è lingua, non c'è cultura, non c'è razza, non c'è continente che non entrino nell'abbraccio di Dio e dei suoi discepoli.>>  (  dall'app mobile    aggregatore  di  news http://www.newsrepublic.net/ )













30.12.17

come sopravvivere alle festività natalizie XII il capodanno ed il primo dell'anno





[....] vedi caro amico cosa si deve inventare
per poterci ridere sopra,
E se quest'anno poi passasse in un istante,
per continuare a sperare. vedi amico mio
che in questo istante ci sia anch'io.
come diventa importante
io mi sto preparando è questa la novità
L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
[.... ]

            Lucio  dalla in  "caro amico  ti scrivo ( l'anno che verrà ) "


Vacanze, regali e viaggi di lusso, in attesa del fatidico ultimo giorno dell'anno. Ma non tutti lo celebrano il 31 dicembre. E, dunque, per chi sta programmando di festeggiarlo all'estero, vale il detto: "Paese che vai, Capodanno che trovi".
Per quelli  che   lo celebrano    è una festa come un altra   che  varia  da  popolo a popolo ( anche  se  ormai   con la  globalizzazione  conformastista    si celebra    convenzionalmente  daove   non si celebra  il primo gennaio  ) .  Infatti  il  Capodanno nel Mondo, non per tutti è il  gennaio La tradizione di festeggiare la fine dell'anno è tra le più belle  ( dipende  dai punti di vista   esempio a me  quest'anno  ogni tanto mi succede   quest'anno   lo festeggio come la    la slide  , inviatami tramite  wtzp )  e  antiche  del pianeta, ma non in tutto il mondo si celebra l'ultima notte di dicembre. Ecco dove andare per un "Capodanno alternativo"
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Non è obbligatorio uscire o fare qualcosa , si può ancore " festeggiare " o soli o a casa con i matusa senza sfarzi un abbbraccio un bicchiere di vino alla mezzanotte . Infatti il capodanno o primo dell'ann che dir si volgias : << è il giorno dell'anno in cui più ci sbattiamo per divertirci e più facilmente finiamo per non riuscirci.>> come suggerisce linkiesta.it   a cui  mi sono ispirtato  immettendoci anche delle  mie espeirenze  di vita  avuita nella  nottwe  fra il 31  dicembre  e il 1  gennaio  e    da cui  h deliberatamente  tratto   la  seconda  parte  del post  della guida  di quest'anno  .
Capodanno rientra a pieno diritto in quell’insieme infausto (  ma  anche  non perchè magari ci serve  come volvola di sfogo per lasciarci alle spalle un brutto periodo )   di giorni dell’anno nei quali sentiamo il dovere morale, esistenziale, etico e civile di fare qualcosa di FICO. Di divertirci UN CASINO. Per carità, a volte è davvero spassoso.  Infatti io ne ricordo di capodanni che oserei definire “leggendari”,senza peccare di facile entusiasmo.Mi sono diverttito  anche   in una situazione  , in quanto la compagnia era  divisa  e sparpagliata   ,  a  tre  icioè io  il mio amico e la sua morosa   .  C’erano tutti gli ingredienti che dovevano esserci: gli amici, la musica, il moroso\a, l’alcol, la goliardia, l’euforia, il trastullo, il cazzeggio, l’amica che s’infrattava con l’amico della tipa con cui ti infrattavi tu, i fumogeni, com'è bello far l'amore da Trieste in giù e le luci stroboscopiche persino. Che belli che erano quei capodanni. Non c’erano l’età adulta, le responsabilità, le preoccupazioni, i lutti. Non c’erano neppure i suoceri, i nipoti, i figli da mettere a letto, i cognati,e parentame  vario con e e tutto il corollario di parenti da onorare ( se lo si celebrava in famiglia  )  o le amngiate pantagrueliche    e il dover mettere da parete  i soldi  ( ora sempre  più proibitivo  con 'stpo ...  dell'euro )   per  andare o in ristorante  o fra  amici\che  . Insomma, c'è stato un tempo in cui il Capodanno l'ho amato anche   se   ne  sono uscito male  cadistorsione  ala caviglia  perchè  ero scivolato  ballando   causa pavimento  viscidio  da spumante lanciato addosso   e  a mo'  di   vittoria  da  formula  uno o  portiera dell'auto incastrata  in un altra macchian perchè  quando stavo scendendo in fretta per  via  dela pioggia " torrenziale  " un altera macchina  non ha  frenato   e lo spoertello aperto s'è incasatrato  nel suo fianco, ecc  . Quando è stato naturalmente e sinceramente divertente bene  o amle  .
Da qualche anno a questa parte, però,  saràla vecchiaia  incipiente  ( ormai    sono entrato negli 'anta  )  la ricorrenza inizia a suscitarmi una malcelata insofferenza (non rientrando io in quella schiera di belli, ricchi e tonici che vanno a festeggiare l'arrivo del nuovo anno alle Seychelles o altri paradisi tropicali  , per intenderci; se ce ne fosse anzi qualcuno alla lettura, è invitato ad andare a spulciare la Lonely Planet e a lasciarci in pace a crogiolarci nei nostri programmi treash   nazional-popolari ).
Il problema sostanziale del Capodanno risiede proprio nell’obbligo di divertirsi, costi quel che costi (indifferentemente che siano i nostri risparmi o la nostra dignità). Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, colto alla sprovvista, in assenza di più gradite proposte, orfano degli allettanti e velleitari propositi stilati nei mesi precedenti, non si è trovato a prestare il fianco (e la presenza) a una delle seguenti situazioni (il tutto pur di non incorrere nel moralmente deprecabile “non fare un cazzo a Capodanno”):

1. Il veglione di Capodanno → tutti abbiamo almeno un amico che a più riprese nella vita, prova a convincerci che sia plausibile andare a festeggiare la fine dell’anno in qualche locale che assomiglia a un dopolavoro degli anni settanta, con i tavoli e le sedie di plastica bianca, i festoni, a ballare la macarena e — se sei fortunato — asereyè.   indomma   alla  fantozzi


Così nessuno mette in mezzo la casa,  (  prima o seconda  che sia  ) si mangia, si balla, ci si DIVERTE, tutti insieme a fare il conto alla rovescia eeeehhh…siamo i watussi, siamo i watussi, gli altissimi negri...e questo vantaggiosissimo pacchetto costa solo 35\40 euro a persona.

2. Il capodanno in piazza → questo genere di scelleratezza è comprensibile solo se non si ha ancora il diritto di voto. O se lo si è conquistato da 6 mesi. Se hai superato i 20 anni e ti viene in mente di andare — boh — a Roma/Bologna/Milano/Firenze, per andare a festeggiare il Capodanno in Piazza,o nelle piccole  cittadine  ciò significa in mezzo alla strada, a farti entrate il gelo fin dentro la colonna vertebrale, e stare in piedi, insieme ai cingalesi, per guardare un concerto dei Modà (o, peggio mi sento, di Gigi D’Alessio), io una domanda me la farei. E mi darei pure una risposta chiara.


3. La “festa” a casa dell’amico, del cugino, della tua amica. Che tu dici: dai, figo, conosciamo gente nuova! Ottimo! Arrivi carico\a di ottimismo e fiducia nel genere umano, con un outfit strategicamente studiato per sembrare figa ma non troppo, un rassicurante total black con minigonna inguinale ma nessuno sbrilluccichio troppo impegnativo. Stivale overknee, ma senza tacco. Splendida e florida di speranza, ti ritrovi in una casa dove c’è una cumpa di amici che si conoscono tutti dalle scuole elementari, seduti attorno a un tavolo, a giocare al mercante in fiera o amenità simili …

4. La “cena” a casa di amici. Che conosci. Sposati. Coppie. Ci sono anche dei bambini. Nessun single dell’altro sesso. Un’amica\o della scuola materna della proprietaria di casa, che si è mollata\o da 2 mesi. Passi la serata ad ascoltare le sue disgrazie. Tracanni vino senza pietà, nel vano tentativo di sopravvivere al palletico. C’è la tv accesa in sala. Il climax della serata sono le stelle filanti accese alla mezza. All’1.15 i primi se ne andranno. Alle 2 sarai a letto. Depressa.e  dire  ma chi  cazzo me lo ha  fatto fare 

5. La cena al ristorante. Il cenone, chiamato così solo per legittimare il fatto che devi spendere 100\150 euro a testa, bevande escluse, per mangiare tendenzialmente di merda. Talvolta rispettando anche uno specifico dress-code, tipo “Gold”. E, sia chiaro, nei 150 euro non è incluso il vestito di paiettes che indosserai solo quella sera e quella sera soltanto. Devi comprarlo a parte.

6. La discoteca, dove la cosa più mass che tu possa trovare ti costa comunque 50 euro consumazione inclusa (peccato che per sopravvivere alla fauna te ne servano ALMENO TRE di consumazioni), per ritrovarti pressata come una sardina sotto sale, a squamare in mezzo ai primati. Questo a meno che tu non investa la tua tredicesima (chi ce l’ha) per prendere un tavolo e sbronzarti, finendo nel migliore dei casi a limonare con qualcuno di cui non ricorderai le generalità dopo 2 ore.

7. La cena con i parenti. Perché sai, a questo punto, invece che passarlo con gli estranei preferisci stare con la tua famiglia! Uhm. Ne sei sicuro? Ciò implica che: ti ingozzerai così tanto da assumere il fabbisogno calorico di tutto il Lussemburgo, giocherai alla tombola, dovrai rispondere, peggio chje a natale  ,  alle domande delle zie del genere: "Hai conosciuto qualcuno?", "Ma non c'è proprio nessuno che ti piace?", infarcite da "Sai chi ha avuto un bimbo?" (discorsi che avete fatto pochi giorni prima, a Natale, ma che saranno riproposti con lievissime variazioni sul tema). Il tutto nell'estenuante attesa della mezzanotte, quando sarai nuovamente tenuto a mangiare una fetta di panettone e a brindare con delle discutibilissime bollicine, vendute nella stessa scatola del succitato panettone. No dico: sicuro sicuro che sia l'opzione migliore?

8. Il Capodanno romantico a due. Questo, a meno che non siate innamorati di fresco, ma proprio di fresco, generalmente si riduce in lei che cucina (perché si sa che a mangiar fuori a Capodanno si mangia male), lui che sceglie un film da guardare dopo cena, una bottiglia di vino, la telefonata dei genitori per fare gli auguri a mezzanotte e una opinabile sessione di mambo orizzontale di buon auspicio, per un altro anno in cui si fornicherà solo per anniversario e compleanni.

9. La Capitale europea, il viaggio che puoi permetterti e che fa figo quando la gente ti chiede "Cosa fai a Capodanno?" - "Vado a Parigi". Certo. Fichissimo. Peccato che spenderai inutilmente il triplo di quanto avresti speso ad andarci in un qualunque altro periodo dell'anno, e che il freddo che patirai, ma il freddo, il freddo guarda che tu non puoi averne l'idea, una cosa che ogni 10 passi dovrai entrare in una caffetteria per non andartene in ipotermia e morire, guarda, sarà veramente indimenticabile.

10. La serata con il gruppo storico di amici.Generalmente funziona che si portano le carte, cluedo, la wii, pictionary e tutto l'armamentario che dovrebbe consentire di non avere un attacco narcolettico prima della mezzanotte. In memoria dei vecchi tempi, si comprano ettolitri di vodka che nessuno berrà, preferendo piuttosto della coca cola zero o della cedrata. La location, di solito, diventa la villa al mare dell'amico che s'immola e la mette a disposizione. Peccato che una villa al mare, a dicembre, disabitata, diventa un'esperienza così hard core che finite a fare il trenino indossando il piumino. E il giorno dopo siete comunque raffreddati.

Insomma, Capodanno è il giorno dell'anno in cui più ci sbattiamo per divertirci e più facilmente finiamo per non riuscirci.Ad ogni modo, 



io , salvo  imprevvisti lo  festeggiero cosi 
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qualunque sia il modo in cui voi scegliate di trascorrerlo, che con buona probabilità farà in definitiva cagare, io vi auguro che sia una buona fine e che sia un buon inizio.

Il perdono al suo investitore, la nuova vita di Nicole Il terribile incidente, il coma, cinque mesi d’immobilità, tre di riabilitazione.



  da  http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2017/12/28/

MONTEBELLUNA. Una serata di festa, all’improvviso il buio avvolge tutto: un terribile schianto nell’auto guidata dall’amico, due giorni di coma, cinque mesi immobile nel letto dell’ospedale, tre di riabilitazione. «Ma poi la vita riprende più bella che mai, forse anche perché hai sfiorato la morte e hai scoperto gentilezza, amicizia, amore, empatia, forza in te stessa, una grande voglia di farcela e non ultimo il perdono»

. È l’inno alla vita di Nicole Smith, 27 anni, nata a Londra e ora residente a Montebelluna.La notte del 22 agosto 2016 è rimasta coinvolta in un terribile incidente. L’auto guidata dall’amico Edward Koroni, 25 anni, albanese con residenza a Gazzo Padovano, esce di strada in via Aldo Moro a Vicenza. Nicole, seduta dietro di lui, viene sbalzata fuori dall’abitacolo in fin di vita. «Di quell’incidente non ricordo nulla», dice oggi. Due giorni di coma, poi il risveglio nella sala della rianimazione. «Attorno a me medico, infermieri, tubicini e monitor», rivive l’inizio della sua sfida. Davanti a lei una lunghissima convalescenza.
«Due le strade», aggiunge Nicole, che studia Scienze della Comunicazione all’università La Sapienza di Roma, «abbattersi e alimentare la rabbia nei confronti di chi ha causato tutto questo. Oppure decidere che sì, la prova è grande ma la vita è una bellezza». Così Nicole riparte con «un’innata energia». Carta e penna e condivide con il suo diario emozioni, paure, successi, insuccessi e persino la ferma volontà di perdonare chi l’ha obbligata a «140 giorni di immobilità nel letto dell’ospedale con il bacino fratturato». «Non sono stati mesi facili», confessa, «ma anche nel tunnel più nero ho capito che si può sempre scorgere la luce. E quella luce prende il nome di gentilezza, amicizia, voglia di vivere, ... e perdono. Sì, perché ho rivisto e perdonato anche Edward, il ragazzo che guidava: è inutile alimentare la rabbia, allora non aiutava alla mia salute. Forse per me il perdono è stato più facile perché mi sono ripresa completamente e relativamente presto. O forse proprio questo atteggiamento ha accelerato i tempi di guarigione. Se sono ancora qui è stato per un miracolo operato da quella forza spirituale che ci guida».Con Edward si sono rivisti non appena è stata in grado di alzarsi in piedi. «Ed è stato un lungo abbraccio riempito da suo continuare a chiedermi scusa. Questa esperienza ha cambiato anche lui: ora è più attento a chi lo circonda». Quella notte si era messo alla guida con in corpo un mix di droga e alcool, «ora è più consapevole». Lo scorso giugno, in un parco di Montebelluna, Nicole ha riunito tutti gli amici per una grande festa che ha chiamato “Inno alla vita”. A tutti oggi ripete: «Dopo averlo vissuto sulla mia pelle, vi dico che rabbia porto solo rabbia, un inutile spreco di energie».

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