https://bit.ly/2Nf9hpI sul mio facebook di Antonello Muzzu : << Pensa agli insulti e non vedere la violazione delle leggi e del territorio italiano da parte di una nave straniera!In qualsiasi altro stato, sarebbe già in galera! >>, lancio questa provocazione ( ovviamente in grassetto per non essere come spesso accade quando ne faccio in post precedenti ) per il ministro del trasporti #tontinelli e #selfini \#ministrodeleinteriora
La Sea Watch è arrivata a Lampedusa, Salvini dice che la capitana Carola Rackete è una "sbruffoncella", i suoi fan colgono l'assist e si lasciano andare nella gara dell'insulto più becero. E c'è pure qualcuno che propone di dichiarare guerra all'Olanda e rinunciare a Lampedusa
Che le più importanti società psicoanalitiche e psichiatriche, in
Italia e nel mondo, non vedano più l'omosessualità come una patologia e,
anzi, sostengano il valore psicologico delle leggi che tutelano i
legami affettivi e familiari delle persone omosessuali, non è più,
fortunatamente, una notizia. Lo è, invece, la decisione dall'American
Psychoanalytic Association (APsaA) di porgere le sue scuse alla comunità
LGBTQ. Scuse "da tempo dovute",
si legge nel comunicato, per aver patologizzato, nel corso della storia,
gli orientamenti non eterosessuali e le identità transgender.
L'annuncio è stato dato pochi giorni fa in occasione dell'apertura del
108esimo convegno annuale dell'APsaA, svoltosi a San Diego, e in
concomitanza con le celebrazioni del cinquantesimo anniversario dei moti
di Stonewall, considerati simbolicamente l'atto di nascita del
movimento di liberazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali,
transgender e queer (LGBTQ). Nel 1969 l'omosessualità era infatti
considerata una patologia mentale e come tale veniva "curata". Disturbo
mentale era considerata anche quella condizione di sofferenza (un tempo
nota come transessualismo e oggi definita "disforia di genere") causata
dall'incongruenza tra il proprio sesso anatomico e la percezione di sé
come uomo o donna. A partire dagli anni Ottanta le teorie patologizzanti
sono state sconfessate e l'omosessualità è stata eliminata dai manuali
diagnostici internazionali.
I professionisti della salute mentale hanno imparato a riconoscere i
danni psicologici causati dallo stigma sociale e scientifico e dalla sua
interiorizzazione (omofobia interiorizzata e minority stress). Chi vuol
farsi un'idea dei presupposti violenti e normativi delle cosiddette
"terapie riparative" può vedere due film recentemente distribuiti anche
in Italia: La diseducazione di Cameron Post e Boy erased - Vite cancellate.
"È arrivato il momento di chiedere scusa", ha detto Lee Jaffe,
presidente dell'APsaA "per il ruolo che anche noi psicoanalisti abbiamo
ricoperto nel promuovere pregiudizi traumatici". Riconoscere gli errori
non cancella il dolore accumulato, ma lo può curare. Anche se qualche
terrapiattista della psiche, sedicente terapeuta, continua a considerare
l'omosessualità una condizione da "riparare", i veri terapeuti sanno
che il loro lavoro consiste nel promuovere l'autenticità, la dignità
individuale e la capacità di amare in accordo con il proprio desiderio.
Riconoscere un errore e scusarsi è un'azione interpersonale (e in questo
caso anche scientifica) importantissima: trasforma un paradigma, ripara
antiche ferite, rende possibile l'elaborazione collettiva di un
pregiudizio e delle sue ripercussioni traumatiche.
Pianosa, da isola-carcere a paradiso naturale, ma solo per pochi: ''Qui l'ambiente viene prima dell'uomo''
Acqua da scenario caraibico e distese di macchia mediterranea sono il biglietto da visita di Pianosa, colonia penale del Granducato di Toscana dal 1856 divenuta nel 1977 carcere di massima sicurezza per volontà del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Pur portando ancora i segni di quelle strutture, oggi l'isola rappresenta, con i suoi 10 chilometri quadrati, una delle aree a maggior tutela dell'arcipelago toscano. Sono infatti vietati ancoraggio e pesca, la balneazione è consentita solo per due brevi tratti di costa e le visite, rigorosamente guidate, possono avvenire solamente per 250 persone al giorno. Il vecchio borgo, spopolato ai tempi del 41-bis, oggi è abbandonato e pericolante. Le guide del parco, però, difendono questa scelta: "Alcune strutture di valore saranno recuperate, però - racconta una di loro - non è possibile pensare a un ripopolamento dell'isola. Qui al centro, per una volta, non c'è l'uomo ma la natura".
invece la seconda storia è inversa
Anticitera. L'isola greca dove nacque il primo computer cerca abitanti . Con una popolazione ridotta a 40 unità la splendida isola a sud del Peloponneso, dove venne costruita la prima "macchina calcolatrice" della storia, lancia un bando: ai neoresidenti una casa, un appezzamento di terra e 500 euro al mese per tre anni
Alte scogliere a picco sul mare, calette nascoste e grotte da scoprire, un piccolo villaggio fermo nel tempo e una natura verde e rigogliosa che profuma di elicriso e rosmarino. Benvenuti ad Anticitera, piccola isola greca vicino la (ben) più grande Creta. Situata a sud del Peloponneso (in traghetto dista circa 4 ore da Laconia nel Peloponneso e 2 ore da Creta), questa perla delle isole Ionie è una terra rocciosa, selvaggia, ricca di natura incontaminata che ricopre per intero i venti chilometri quadrati che la compongono. Con le sue acque cristalline è perfetta per fare diving, ma anche per vacanze al mare lontano dalla solita folla delle destinazioni più gettonate. E' la meta perfetta per staccare la spina, sentirsi fuori dal mondo, immersi nella pace.
Date le dimensioni ha un solo paese, tranquillo ma suggestivo, fatto di case bianche e un sali-scendi di vicoli, con un paio di taverne e una manciata di botteghe. L'isola, insomma, non ha nulla a che invidiare alle arci-famose Cicladi, come Paros, Mykonos e Santorini, che saranno pure più grandi, ricche di attrazioni e posti alla moda, sono diventate veri poli turistici per amanti della movida. Anticitera, dal canto suo, rappresenta il volto più autentico della Grecia. Eppure nessuno la conosce, i turisti la snobbano e persino la sua popolazione sembra averle voltato le spalle. Sull'isola infatti sono rimasti solo quaranta abitanti - e neanche un bambino - tutti concentrati nel villaggio principale, Potamos (che è anche il porto).
Anticitera, faro
Da qui l'idea: lanciare una campagna per ripopolare l'isola, cercando nuovi abitanti che siano disposti a trasferirsi e mettere su famiglia. A lanciare la campagna è stata qualche mese fa la chiesa ortodossa greca, che ha offerto per le nuove famiglie sia una casa, che un appezzamento di terra da coltivare o per avviare un'attività e un assegno di 500 euro al mese per i primi tre anni. La strada non è però in discesa. La selezione è guidata dalla chiesa, con una rigida trafila di permessi da ottenere e step da superare. In più i fondi, ovviamente, sono limitati. Le famiglie che ce l'hanno fatta per ora sono quattro: vengono tutti da Atene, perché, nota negativa per gli italiani che sognano un posto al sole greco, la precedenza va alla popolazione greca.
un frame del film da https://www.netflix.com/it/title/80221016 un mix alchemico di realtà e fantasia, Martin Scorsese ricorda il tour di Bob Dylan del 1975 e una nazione che ha bisogno di reinventarsi. ho scoperto la tristissima storia ( Ulteriori news le trovate nei consueti approfondimenti a fine post ) di Ira Hamilton Hayes ( Scanton, 12 gennaio 1923 – Bapchule, 24 gennaio 1955) è stato un militarenativo americano. Era un Akimel O'odham, (nativo americano Pima) appartenente alla Comunità Indiana del fiume Gila.
Fu un veterano della seconda guerra mondiale nella battaglia di Iwo Jima e la sua notorietà deriva dal fatto di essere stato immortalato, con altri fanti di marina, nella fotografia iconografica che ritrae un gruppo di soldati intenti a innalzare la bandiera statunitense. Dimenticato perchè ( ed per me i veri eroi sono questi ) << rifiutò sempre la condizione di eroe, e anzi si attivò per correggere una imprecisione sulla identificazione di uno degli altri raffigurati ( Harlon Block, primo a destra), che - successivamente caduto in battaglia - era stato dimenticato. Per questo fece 1300 miglia con l'autostop per raggiungere la famiglia di Harlon in una fattoria del Texas, chiedendo loro di far riaprire l'inchiesta e accontentandosi della semplice gratitudine dei familiari.Rientrato a casa Ira non riuscì a tornare alla normalità: troppa celebrità, troppi film e troppi inviti a convegni e cerimonie. Da parte sua considerò la sua notorietà per il "finto" innalzamento della bandiera (come di fatto era, trattandosi solo della ripetizione di un primo momento ben più importante per chi stava combattendo) una pura sciocchezza.
Ziauddin Yousafzai sapeva, ben prima di avere una famiglia sua, che non voleva fosse come quella da cui veniva lui. Sapeva che voleva per le sue figlie una vita diversa da quella delle sue sorelle, che avevano i pezzi di polli peggiori, memo scarpe e meno vestiti, nessuna educazione scolastica, e da quella di sua madre che non poteva uscire da sola e non aveva documenti. Ziauddin Yousafzai è il padre di Malala, la giovane pakistana premio Nobel per la pace.
Nel libro Let Her Fly: A Father’s Journey, Lasciarla volare: il percorso di un padre, racconta la battaglia per i diritti delle donne e la sua relazione con la figlia. «Quando ho sposato mia moglie, Toor Pekai», spiega sul settimanale Time, «abbiamo deciso di mantenere la parità in famiglia, rispettandoci come partner e crescendo nostra figlia Malala esattamente come i nostri figli Khusal e Atal». Una scelta personale venuta dall’esperienza perché quest’uomo racconta di non aver sentito la parola femminista fino ai 45 anni, fino all’attacco contro la figlia, colpita dai Talebani perché andava a scuola, e al trasferimento a Birmingham nel Regno Unito. «Era però femminismo quello che avevo cercato di mettere in pratica per anni nella mia famiglia e nella mia comunità». «Credo», prosegue, «che i padri abbiano un ruolo cruciale nella lotta per i diritti delle donne. Certamente quando i tuoi diritti sono violati è la tua voce quella da far sentire più forte per combattere l’oppressione. Per questo le voci delle donne sono le più importanti nel femminismo, ma, nelle società patriarcali, la voce di un padre è la seconda per importanza nel far partire il cambiamento». Secondo il padre di Malala è la famiglia il punto di partenza della rivendicazione dei diritti delle donne. «Quando un padre comincia il percorso nel femminismo può cambiare il futuro di tutta la sua famiglia». Lui stesso non sa perché ha cominciato questa battaglia, forse perché era stato bullizzato da piccolo per la balbuzie e la pelle scura. «Ero arrabbiato per qualsiasi tipo di discriminazione contro qualcuno solo per essere nato in un certo modo». Di una cosa è certo: il patriarcato non funziona, la vita costruita in questo modo è triste e frustrante per chiunque. «Ho visto famiglie in Pakistan con un figlio e cinque o sei femmine e solo il padre lavora perché questo impongono le norme sociali e solo il figlio lavorerà. Tutto il peso su di loro perché le ragazze devono stare a casa, non possono studiare e avere un lavoro, solo aspettare di trovare un marito. Questo ragazzo sacrifica la sua vita e le ragazze non possono esprimere il loro potenziale. L’infelicità porta infelicità e accade, in maniera diversa, anche nei paesi occidentali, dove le ragazze hanno la stessa educazione scolastica dei maschi, ma poi gli stipendi più bassi, le molestie e la misoginia danneggiano le loro carriere e le loro vite». I dati del Malala Fund e della Banca Mondiale dicono che se tutte le ragazze avessero 12 anni di scolarizzazione l’economia mondiale avrebbe un guadagno nell’ordine di grandezza di milioni di miliardi di dollari. «Malala ora studia a Oxford e, anche se ho pianto, nella prima settimana in cui era lontana da me, sono felice nel vederla indipendente e sicura nel mondo. I buoni genitori sono quelli che danno la libertà ai propri figli».
Inizialmente , quando ancora s'era in piena partita ovvero al 2 quarto , commentai a caldo cosi :
Mai poi ragionando meglio , cioè a freddo soprattutto dopo questa intervista a Pozzesco a Sardegna Live del 24 giugno 2019
POZZECCO DA SOGNO: "RIMANGO ALLA DINAMO PERCHÉ AMO LA SARDEGNA". IL COACH RACCONTA LE EMOZIONI DELLA STAGIONE TERMINATA
Intervista all'uomo che ha cambiato la stagione della Dinamo. La Sardegna si è fermata per assistere all'impresa degli uomini del Poz: "Mi fermano per strada e mi ringraziano, ma dovrei ringraziarvi io uno per uno"
Da giocatore lo chiamavano “la mosca atomica”. Un soprannome piuttosto brutto, ammetterà lo stesso Gianmarco Pozzecco qualche anno più tardi, ma ci si era affezionato anche lui con quei capelli tinti di rosso, il cerotto sul naso, il sorriso guascone e la sfrontatezza dei suoi vent’anni vissuti al massimo dell’intensità.
Ribelle e geniale, playmaker straordinariamente moderno, le sue giocate furono una ventata di freschezza nel mondo della pallacanestro italiana. Il 15 maggio 2008, al PalaDelMauro di Avellino, si ritirava uno dei campioni più amati e controversi degli anni d’oro del nostro basket. Ma di stare lontano dalla vita di spogliatoio, il Poz, proprio non voleva saperne e così la decisione di insegnare quello sport ai giovani in giro per lo stivale e non solo. Orlandina, Varese, Cedevita, Fortitudo. Un percorso fatto di alti e bassi e poi, quando anche la carriera da allenatore sembrava essere in procinto di esaurirsi, l’approdo fra i Giganti.
L’ingaggio di Pozzecco a Sassari è arrivato a sorpresa a febbraio 2019 dopo le dimissioni di Vincenzo Esposito che ha lasciato la Dinamo all’ottavo posto in classifica con i playoff scudetto da inseguire, le Final Eight di Coppa Italia e gli ottavi di FIBA Europe Cup da disputare. Il percorso dei biancoblu in coppa si è fermato in semifinale, ma sono riusciti a portare a casa il primo trofeo internazionale nella storia dello sport sardo con la vittoria in Europe Cup contro i tedeschi del Wurzburg. La vicenda scudetto, poi, è storia nota. Dopo aver avuto la meglio su Brindisi e Milano i sardi si sono arresi solo in Gara 7 contro una frizzante Venezia che ha portato a casa il quarto tricolore. Al ritorno della Dinamo a Sassari oltre 5mila persone hanno atteso in piazza d’Italia i beniamini dello sport isolano. Una grande festa di popolo, una sbornia di gioia ed entusiasmo che il Poz non ha ancora smaltito e oggi, intervistato da Sardegna Live, commenta così.
La prima cosa che ci si chiede in queste ore, seppure ci sia l’ufficialità, è questa: il Poz rimane a Sassari anche l’anno prossimo?
Quando sono arrivato ho firmato un contratto fino a giugno, con possibilità di rinnovo per altri due anni. La società aveva però inserito una clausola di uscita che le consentiva di valutare se prolungare la mia permanenza o meno. Io speravo che il presidente si convincesse a togliere la clausola e Sardara l’ha effettivamente tolta dopo un mese vedendo che le cose andavano bene. Quindi se ero contento prima, lo sono ancora di più oggi. Ho allenato in posti dove avevo giocato come Bologna (sponda Fortitudo, ndr) e Varese, lì ho pagato il fatto di avere un coinvolgimento sentimentale forte. Qui a Sassari non ho mai giocato ma oggi ho un coinvolgimento uguale a quello di Capo d’Orlando, Fortitudo e Varese. Poi noi siamo professionisti e ci sono logiche che non puoi prevedere, ma adoro questo posto ed è l’unica cosa vera. Il rapporto che le persone hanno con me, l’affetto che mi dimostrano quotidianamente dopo solo cinque mesi è incredibile.
Ieri la gente in piazza vi ha riservato una accoglienza trionfale. Tanto amore per i ragazzi ma sembrava quasi che la gente più che capitan Devecchi, il celebre Polonara o l’idolo di casa Spissu non vedesse l’ora di salutare Pozzecco, come se fossi tu il grande personaggio della festa.
Mi rende felice, ma voglio che i riflettori siano puntati sui miei ragazzi. Provo più soddisfazione quando vedo la gente attorno a Marco, Achille, Jack e gli altri anche se chiaramente vivo di emozioni. Mi si scioglie il cuore quando faccio le foto coi bambini che fanno i muscoli con me, Achille o Rashawn. Mi rendo conto che la gente è molto affezionata a me, ma i protagonisti sono i ragazzi. La mia fidanzata è arrivata qualche settimana fa e l’avevo avvisata di quanto la gente fosse affettuosa. Abbiamo vissuto insieme altri contesti e sa che la gente mi riconosce, ma l’avevo avvisata del fatto che non avevo mai visto una roba del genere. Una continua dimostrazione di affetto di cui, nonostante l’avessi avvertita, è rimasta stupita anche lei. La cosa che mi sorprende è che non c’è un target, si va dal ragazzino alla signora più anziana. E poi un comune denominatore: la gente mi ferma e mi ringrazia. Anche se sono io che dovrei fermare tutti loro e ringraziarli. Ci sono posti speciali e posti un po’ meno speciali e questo è un posto speciale senza ombra di dubbio.
L’esperienza della Dinamo ha appassionato tutta l’Isola. Quanto avvertite il fatto di non rappresentare semplicemente una città, ma un’intera regione?
Non ho una buona memoria e non ricordo quando abbia parlato per la prima volta in conferenza della Sardegna, ma sono certo che era passato poco tempo. La sensazione che avessimo un’Isola dietro ce l’ho avuta fin da subito. Se non ci ho messo tanto a capirlo significa che è una cosa forte, un sentimento che vivi quotidianamente. Quando giochiamo nella penisola incontriamo sardi di Nuoro, Oristano o Cagliari che ci sostengono con un affetto che è lo stesso dei sassaresi. Un sentimento simile l’ho avvertito solo in Sicilia, è un fatto che va al di là dello sport. Il sardo è sardo, punto. Trovo bello come i sardi, pur sentendosi parte dell’Italia, avvertano una propria identità distinta che si esprime anche nelle tradizioni che avete conservato. Ho visto la Cavalcata Sarda, è qualcosa che nelle altre parti d’Italia non esiste, si è persa, è straordinario.
Dalla sincerità delle tue parole emerge che quando in piazza hai detto che quest’Isola ti ha cambiato la vita non era una frase di circostanza, lo senti davvero.
Prima di venire in Sardegna ero professionalmente quasi finito. La considerazione che aveva di me il mondo della pallacanestro era ai minimi termini per degli errori che avevo commesso da allenatore. Nella mia testa ero in pensione. Sono capitate due cose: la follia di Sardara che mi ha dato questa opportunità e il fatto di essere catapultato da un’Isola bellissima come Formentera a un’Isola altrettanto straordinaria come questa. Ho conosciuto un contesto straordinario dove per me è un po’ più semplice dare il meglio di me stesso e mascherare i miei difetti. Sono una persona un po’ particolare che vive molto di sentimenti e, nel momento in cui mi trovo in un contesto confortevole, riesco a creare attorno a me qualcosa di felice. Quando vivi in un contesto felice anche professionalmente riesci a dare qualcosina in più. Mi è cambiata la vita per questo motivo.
Come è proseguita la festa ieri sera?
Abbiamo cenato insieme al St. Joseph. Sai, stiamo molto bene insieme, però è anche normale che alla fine dell’anno, soprattutto se vivi lontano da casa come capita agli americani, non vedi l’ora di tornare. La nostra è stata una stagione lunga. La maggior parte delle squadre hanno finito chi a fine aprile, chi a inizio maggio. Le uniche due squadre arrivate al 22 giugno siamo noi e Venezia quindi è stato faticoso anche dal punto di vista mentale. Si percepisce che oggi questi ragazzi hanno la necessità di stare un po’ a casa dai loro familiari a ricaricare le batterie. Però stiamo talmente bene che quando siamo insieme siamo felici.
Il Poz dove trascorrerà le vacanze?
Avevo promesso ai ragazzini che si sono iscritti al Camp della Dinamo che avrei partecipato anche io quindi sto andando a Olbia e passerò qualche giorno con loro. Poi andrò una settimana a casa mia a Formentera, il 5 luglio andiamo con Pasquini, Stefano e gli assistenti a Las Vegas a vedere la Summer League e seguire qualche giocatore per il prossimo anno. Poi farò altri dieci giorni di vacanza, mi sposo con Tania, e tornerò per preparare la nuova stagione.
Dopo lo scudetto del 2015 si chiuse un ciclo e il roster venne rifondato. Dopo i successi di quest’anno, invece, quali sono le prospettive per quanto riguarda l’organico?
Il mio primo desiderio è quello di confermare più giocatori possibile. Se durante l’anno affermavamo che questi sono ragazzi straordinari è perché lo abbiamo pensato realmente, quindi abbiamo questa voglia. Poi i giocatori hanno una carriera molto corta quindi se hanno opportunità di lavoro stimolanti come giocare in Nba o in Eurolega vanno capiti. E’ normale che possano valutare scelte diverse da quella di rimanere a Sassari. Ma ho la consapevolezza che tutti siano estremamente affezionati a questo posto e a questi tifosi, quindi dovranno trovarsi di fronte a delle offerte nettamente più vantaggiose rispetto a quello che possiamo offrirgli noi per accettarle.
delle 7 gare ricorderò oltre fatto che è arrivata senza aver perso ( comprese le partite della coppa e i la fase dei play off ) gli ultimi 3\4 mesi , la tenace resistenza a non arrendersi e darla vinta al Venezia , al miracolo della gara 6 in cui domino e reagi colpo . Ricorderò per sempre , almeno spero😎😁😂🤔 , questa fantastica azione . Infatti non c’è scudetto che mi possa emozionare di più anche se la squadra del giocatore dell'azione ha perso. E poi << Se vincere è difficile e ripetersi lo è ancora di più, consolidarsi ad alti livelli non è comunque un traguardo semplice
Stabilirsi al vertice di un campionato abbastanza “monoteista” come la Serie A di basket – che dal 2000 a oggi ha visto cinque squadre (le uniche a vincere più di una volta) spartirsi diciotto titoli, di cui due revocati, su 20 – richiede un mix di abilità, bravura, continuità, solidità e fortuna. [...] >> infatti sempre secondo questo articolo del sito https://www.ultimouomo.com/ << Col trionfo di sabato sera in gara-7, l’Umana Reyer Venezia è diventata una di quelle cinque squadre, bissando idealmente lo Scudetto del 2017 e siglando la terza stagione consecutiva con almeno un trofeo, vista la FIBA Europe Cup 2018 >> Eco quindi che Questa sconfitta nulla toglie all'impresa portata avanti dalla Dinamo, ricordiamoci 22 partite vinte di fila, le grandi emozioni che questi ragazzi hanno saputo regalare a Sassari e alla Sardegna intera, dobbiamo essere orgogliosi perché quello che hanno fatto è veramente immenso, grazie ragazzi grazie Pozzeco grazie presidente Sardara💪💪💪. Una sconfitta che sa , come si può vedere dal filmato di sardegna live riportato sopra , visti gli onori ricevuti dai tifosi e sostenitori , di vittoria .
Infatti alcuni commenti presi sui social confermano quello che voglio dire : << Onore ai Veneti,hanno vinto meritatamente con un’altra squadra che ha dato veramente tanto...Forza Dinamo e complimenti di ❤️a Venezia 👍👍👍👍👍>> Complimenti a chi ha vinto ma anche a chi ha perso in gara 7.BRAVE TUTTE E DUE LE SQUADRE.L'unico anno in cui ci sono stati 2 vincitori, uno a inizio serie l'altro alla fine.
stavolta serra ha perfettamente ragione e descrive benissimo ., togliendomi le parole di bocca , il mio giudizio su tali programmi . Lo so che sembrerò snob ma : << [..... ] Non è tempo per noi che non ci adeguiamo mai\ Fuori moda, fuori posto, insomma sempre fuori, dai \ Abbiam donne pazienti, rassegnate ai nostri guai\ Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai [....] >> . Infatti è successo che una sera d'estate al fresco della sera di qualche anno fa con gli amici \ che si parlava degli insulsi programmi
ed io rimasi in silenzio per( se non ricordo male ) per 40\45 minuti . e loro si stupirono e dalla mia risposta simile se più dura del video prima citato ne nacque un interessante dibattito .
Infatti come dice Michele Serra nella sua Amaca : << In omaggio alla necessità di capire l'epoca prima di giudicarla, ho cercato di decifrare la storia di Wilma e Stefano [ foto al lato ] i due giovani sposi del reality Matrimonio a prima vista che vorrebbero divorziare ma non ci riescono.Mi pare di avere capito che si sono sposati in televisione, ma non per
finta, perché il matrimonio, pur essendo combinato da e per uno show,
era un matrimonio vero; che ora vorrebbero divorziare, non in
televisione ma per davvero, ma la cosa fatica a compiersi, forse perché
non è ancora nato il format "Divorzio a prima vista" che magari
consentirebbe procedure più snelle; e insomma che il ruolo di sposi,
benché fatturato come prestazione televisiva, ha avuto le stesse
implicazioni e ricadute di un matrimonio non in onda. Un po' come se un
attore che interpreta Otello, una volta levatosi il trucco, tornando a
casa ammazzi veramente la moglie.>>. Ora come fa notare anche M.Serra se per i non amanti di tali generi o annoiato come me dopo averne ( per curiosità , perchè c'era un tuo corregionale o un tuo cittadino ) visto le prime due edizioni del Gf e una ( non ricordo se la prima o la seconda ) d'Amici di Maria de Filippi : << arrivare fin qui, ha un poco faticato, sappia che è stato faticoso anche
per me scrivere le poche righe precedenti. Perché la storia stessa, per
la sua natura di strettissima con-fusione tra vita e spettacolo, tra
finzione e verità, non consente una vera disambiguazione, una lettura
chiara dei ruoli. Che non abbia capito io, che cosa è davvero accaduto,
non è grave. Un poco più grave è che non lo abbiano capito i due
protagonisti, se non nel breve scampolo di lucidità di una frase di lei
("venire filmati per cinque settimane di seguito ha falsato tutto").>>.
Consiglio anch'io tutti gli amanti e << anche ai due sposi: rivedere The Truman Show, è
un film di vent'anni fa [ certo ] ma dentro c'era già quasi tutto. Nella scena
finale,
[ specialmente ] quando lui riesce a evadere dallo studio televisivo, piango regolarmente di gioia. >> e m'accorgo quanto sia bello essere considerato snob , da chi li guarda g credendo d'evadere dalle brutture del mondo e dalle responsabilità finendo poi per rientrarvi in maniera conformistica . Ma soprattutto libero e sincero rispetto a quelle persone che s'indignano in privato per la schifezza ma poi per non fare figure di 💩 con la massa li guarda
lo so che tali argomentazioni sono fuffa e vengono a noia ed non vale la pena perdere tempo ed sprecarne a riportarne . Ma dimostrano l'ignoranza e la mancanza d'argomenti e predicare bene e razzolare male perchè se ci pensiamo bene ed ancora facciamo funzionale l'intelletto , lo spirito critico \ libero arbitrio ci s'accorge che anche loro sono per la dittatura del pensiero unico e come quelli che contestano chiamandoli : << un imbecille globale che ripete sempre lo stesso discorso >>
Ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: “Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo”.Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 72 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte.Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampatoqual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.C’è l’Imbecille Cantante che dal palco, ispirato direttamente dal dio degli artisti, dichiara che lui canta contro tutti i muri e tutti i razzismi. Che eroe, sei tutti noi.Poi vedi l’Imbecille Attore o Regista che dal podiolancia il suo messaggio originale e assai accorato, perfettamente uguale a quello del precedente cantautore, ma lui lo recita come se l’umanità l’ascoltasse per la prima volta dalla sua viva voce. “Io non amo i muri, non mi piace chi vuole alzare muri” Che bravo, che anticonformista.Segue a ruota l’Imbecille Intellettuale, profeta e opinionista che per distinguersi dal volgo rozzo e ignorante, dichiara anche lui la Medesima Cosa, sui muri ci piscio, morte al razzismo, morte a Hitler (defunto sempre da 72 anni), viva l’accoglienza, i neri, i gay e i trans.L’Idiota Collettivo, versione ebete dell’Intellettuale Collettivo post-gramsciano, non pensa in proprio ma scarica l’app ideologica che genera risposte in automatico. Poi c’è l’imbecille a mezzo stampa o a mezzobusto che riscrive o recita ispirato l’identica pisciatina contro i Muri.E poi c’è il Presidente o la Presidente, che in veste d’Imbecille Istituzionale, esprime lo stesso, identico Concetto, col piglio intrepido di chi sfida i Poteri Forti (ai cui piedi è accucciato o funge da zerbino).Non c’è film, telefilm, concerto, spettacolo teatrale o sportivo, gag e omelia tv in cui non si ribadisca la lotta tra il Bene e il Male: Aperti e Filantropi contro Chiusi & Ottusi, Accoglienti contro Razzisti, Omofili contro Omofobi, Xenofili contro Xenofobi e Negrofobi.Voi quelli del Muro, noi quelli del Telepass.Le bestie da scacciare sono quasi sempre vaghe, anonime, mitologiche; e già, il male è sempre oscuro, cospira nel buio, non ha volto, solo maschere storiche o ridicole. Ora va di moda la maschera di Trumputin, in Europa di Le Pen, da noi di Salvini.Tu senti uno, cambi canale e ne senti un altro idem, spegni la tv e senti alla radio un altro ma il Discorso è sempre quello, apri il giornale e leggi ancora l’Identica Opinione; a scuola idem con patate, all’Università peggio-mi-sento, i Palloni Gonfiati dai media compilano lo stesso Modello Unico.Nessuno di loro è sfiorato da dubbi, invece a te sorge un primo dubbio: è un’allucinazione o è sempre la stessa persona, l’Imbecille Globale, che cambia veste, fattezze e mansioni e ripete all’infinito l’Identico Discorso?Segue un secondo dubbio: ricordo male o eravamo in democrazia, che vuol dire libertà e pluralismo, cioè opinioni libere e divergenti a confronto? Loro non credono alla Verità, sono relativisti, però guai a dissentire dal Discorso Obbligato con fervorino finale anti-Muro.Ma possibile che tutti la pensino allo stesso modo, conformi, allineati e omologati, e ritengano che la cosa più urgente e più importante del momento, il Messaggio Unisono da dare all’Umanità sia sempre quello? Allora ti sorge un terzo dubbio.E se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo?Se fosse lui il Portavoce multiplo del Non-Pensiero Unico, cioè del nuovo regime totalitario-globalitario? E se fosse proprio quell’Uniformità Totale e quel corale accodarsi la miseria prioritaria del nostro tempo?Non so voi, ma io di quell’Imbecille Planetario che ripete il Discorso Unico e Identico all’Infinito, non ne posso più.
neanche noi non ne posso più
anzi non meglio
Quindi , anche noi , " caro " veneziani dovremo dire la stessa cosa su di voi visto che sentiamo ovunque lo stesso , anche se a parti inverse discorso \ ritornello . Manca la via di mezzo che ci permette di vedere le cose in maniera obbiettiva e senza " storture ideologiche " d'entrambe le fazioni le parti