Alla fine, incredibile ma vero, il traguardo degli 80 l'aveva raggiunto pure lui. L'aveva addirittura superato d'un pelo, come Ulisse dopo aver avvistato il monte del Purgatorio. E hai voglia a dannarlo nelle Malebolge, intanto l'inosabile l'aveva acciuffato, coi suoi occhi umani, eternando l'attimo. David Crosby è stato l'eroe di un'Odissea americana, sognata, sognante, ma con un lascito di cruda malinconia.
Uno dei primi successi recava un titolo europeo, francese, "Déjà vu", peraltro legato ad alterazioni transoceaniche. Ma Crosby non fu solo sesso, droga e rock'n'roll. Come Ulisse si perdette e sbalestrò, si riprese, ricominciò e cadde. Gli ultimi tempi voleva tornare "per l'alto mare aperto" ma si era poi arreso all'età e alla ragione. Déjà vu anche per questo senso del limite, oggi così raro, e in fondo eroico; non si è indispensabili anche perché lui, nel tempo, aveva già fissato i suoi capolavori. Due su tutti, "Our House" e "Guinnevere", che non era, come scrissero alcuni, l'amore a tre, ma tre donne in una, un poliedro cangiante e caldo di penombre, miraggi, sfumature, case fiorite e distese oceaniche: la vita, in una parola, larga e distesa, ma talmente piccina da stare in una mano.
Ecco perchè pur non essendo ebreo ricordo la shoah . Ma non intendo cristianizzare la Shoah. La Shoah appartiene agli ebrei e alla loro storia. La figura di Edith Stein fu una santa cattolica, una filosofa, una monaca carmelitana ed è giusto dedicarle una memoria specifica. Ma, al tempo stesso, la Shoah riguarda tutti noi. Lo sterminio d’un popolo è stato dettato dall’odio inestinguibile nei confronti di chiunque apparisse “diverso/a” dalla maggioranza e quindi espulso/a dal consesso umano. L’odio per gli ebrei, pur nella sua irripetibile specificità, comprende tutti gli altri razzismi, il bellicismo, la misoginia,l’odio verso i disabili, l’omofobia ecc. Edith Stein ha riassunto tutto questo. Il suo percorso è stato sicuramente cristologico. Ma solo nella misura in cui Cristo, attraverso lei, è stato restituito alla sua vicenda umana. Se Edith si è “cristificata”,Cristo si è “gesuizzato”. Oggi non separiamo più Cristo dal suo ebraismo (né c'è lecito farlo), e questo è un altro dono che Edith Stein ci ha lasciato, anticipando la teologia del Concilio Vaticano II. Ma richiamando anche la Chiesa cattolica alle sue responsabilità per l'atteggiamento talora ondivago ed ambiguo nei confronti del nazifascismo. Edith Stein, come San Paolo, non ha mai rinnegato le sue origini, non ha respinto il suo ebraismo. Ha dimostrato che attraversi l’ebraismo si può essere cristiane e cristiani due volte.
Come ho detto nel post precedente << la labile differenza tra Shoah ed olocausto ma stessa tragedia ed aberrazione >> di non voler più scrivere e riportare storie e notizie in merito all'olocausto \ shoah , ma ho deciso di continuare a fare quello che faccio ogni anno nella giornata ora diventata settimana della memoria ovvero il 27 gennaio . E di fregarmene poi ho cambiato idea ed eccomi qua .Infatti inizialmente oltre che sfiduciato ero assuefatto per la massiccia esposizione a documentari e programmi di
storia ( mixer , La Storia siamo noi , Trent'anni della nostra storia , ecc ) film , fumetti ( vedi archivio e foto accanto del n 83 di Dylan dog ) , letture scolastiche ( i libri di Primo levi e il diario di anna frank e il acchetto di biglie ) . . Ma poi oltre il fatto citato nel post precedente l' imbrattamento delle pietre d'inciampo a Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 gennaio 2023 22:11
"Un oltraggio gravissimo alla memoria della Shoah. Chi vandalizza le Pietre d’inciampo disonora Firenze e i suoi cittadini». Così l'assessora alla cultura della memoria Maria Federica Giuliani commenta il danneggiamento di una 'Pietra d’inciampo' posata sul marciapiede di via Aretina 131 per ricordare Bruno Corsi, deportato a Fallingbostel e ucciso a Braunschweig nel 1944. ..... segue qui
E questo scritto di Pier Paolo Pasolini
ma soprattutto il botta e risposta via email che trovate sotto su una forma di revisionismo diffuso fra la massa ormai ( salvo eccezioni sempre più rare purtroppo ) sempre più analfabetizzata che mette sullo stesso piano due grandi genocidi quello del gulag sovietici e i lager nazisti .
Salve
ho letto i suoi interessanti e notevoli post sul genocidio ed aberrazione dei campi nazisti . Ma devo farle un osservazione critica . Non parla di quelle che sono peggiori ed allo stesso livello di atrocità ed aberrazioni che sono avvenute nel regime sovietico . In attesa di un suo post in merito la saluto e le auguri buon lavoro
lettera firmata
Caro Utente
Se vuoi , visto che il blog è aperto a chiunque ha qualcosa da dire , se vuoi mandami un tuo scritto o un tuo articolo in merito , oppure se ti vuoi iscrivere su gmail puoi pubblicare direttamente sul nostro blog .
Sono due storture ideologiche diverse come dice il video sotto riportato
che non dovrebbero essere messi sullo stesso piano e non si posso comparare con il classico questo è peggio di quello . Non esistonono genocidi di serie A e di serie B .
Concludo questa mia replica con con quanto ha detto in un intervista ( e poi ribadito alla 5 domanda in appenddice nell'edizione del 1976 di se questo un uomo che trovi qui https://www.vocedellasera.com/arti/libri/primo-levi-se-questo-e-un-uomo-appendice/ ) ripresa da https://www.qualcosadisinistra.it/2015/02/15/lager-e-gulag-parla-primo-levi/ : [... ]“Il Gulag fu prima di Auschwitz è vero; ma non si può dimenticare che gli scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo era un massacro fra uguali; non si basava su un primato razziale, non divideva l’umanità in superuomini e sottouomini: il secondo si fondava su un’ideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo oggi in un mondo spaccato in due, ‘noi’ i signori da una parte, tutti gli altri al loro servizio o sterminati perché razzialmente inferiori. Particolari esemplari di questo disprezzo sono il tatuaggio e l’uso nelle camere a gas del veleno originariamente prodotto per disinfettare le stive invase dai topi“. E ancora: “L’empio sfruttamento dei cadaveri, e delle loro ceneri, resta appannaggio unico della Germania hitleriana, e a tutt’oggi, a dispetto di chi vuole sfumarne i contorni, ne costituisce l’emblema.” [....] .
Quindi smettiamola di strumentalizzare e ussare ideologicamente la memoria di simili tragedie
con questo è tutto
Libri di approfondimento su Lager nazisti e GULag sovietici
A salvare gli ebrei dai nazi fascisti furono anche i mussulmani come riporto questa vicenda ripresa dalla bellissima pagine Facebook
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza Quando Albert Assouline iniziò a raccontare la sua storia, molti non gli credettero. Ma lui si ostinava a raccontarla, perché voleva che il mondo sapesse chi gli aveva salvato la vita. Per questo, molti anni dopo, nel 1983, scrisse un articolo su una rivista dei veterani francesi, per saldare il suo debito di riconoscenza. Ma ciononostante, molti continuarono a non credergli. Però nel 2005 la sua storia fu confermata, quando il celebre cantante algerino, Salim Halali, morì all’età di 85 anni. Halali si era trasferito giovanissimo in Francia, e lì divenne famoso per la sua voce, ma pochi conoscevano il suo passato. Eppure, alla sua morte, venne fuori la sua storia di sopravvissuto durante la Seconda guerra mondiale, una storia molto simile a quella di Assouline. Erano infatti entrambi ebrei algerini, entrambi in pericolo nella Francia nazista della Repubblica di Vichy. Ed entrambi si salvarono grazie al signore nella foto a destra : Si Kaddour Benghabrit, il Rettore della grande Moschea di Parigi. Benghabrit (di origine algerina ma che da anni ormai viveva in Francia dove era molto stimato), infatti, accolse centinaia di persone in difficoltà, nei sotterranei della Moschea per nasconderli dai rastrellamenti dei nazisti. Non solo: per proteggerli e permettere loro di fuggire, Benghabrit (probabilmente aiutato da una rete di partigiani algerini) falsificò centinaia di documenti, facendo passare per musulmani molti ebrei, uomini, donne e soprattutto bambini. Grazie a questo stratagemma Assouline riuscì a fuggire e a unirsi alla Resistenza francese, e Halali potè sopravvivere agli anni della guerra.Non si sa esattamente quante persone si siano potute salvare in questo modo. Alcune fonti parlano di circa cinquecento, altri ritengono che furono circa 1600. Ma in fondo non è poi così importante tenere una contabilità precisa, perché chi salva una vita salva il mondo intero. E anche se fosse stata solo una, la vita salvata, sarebbe comunque una bella storia di altruismo e solidarietà. Ma soprattutto una storia di speranza e fiducia negli esseri umani, che in certe occasioni riescono mettere umanità e fratellanza avanti a tutto il resto.
La farfalla della gentilezza
(Nel libro di Robert Satloff, “Tra i giusti. Storie perdute dell’Olocausto nei paesi arabi”, Marsilio 2008, c’è un capitolo dedicato a Benghabrit e alla sua attività nella Grande Moschea di Parigi).
Willy Gnonto sta lasciando tutti di stucco in Inghilterra. Il giovane attaccante del Leeds United è andato a segno anche ieri nel match di FA Cup contro il Cardiff. A salire agli onori della cronaca è stata ovviamente la sua marcatura: volée forte e precisa che non ha lasciato scampo al portiere e che ha contribuito al successo roboante dei Peacocks nella coppa. Terzo sigillo stagionale per l'italiano che - nel corso di quest'annata - sta dimostrando a tutti gli effetti di essere adatto a un calcio difficile quanto bello come quello inglese .
A sottolineare anche la scelta giusta fatta da Gnonto ci ha pensato Jesse Marsch che al termine dell'incontro di ieri ha affermato: "Lo conoscevamo da un po' e la nostra idea era di portarlo qui in futuro. Ma visto che la finestra di mercato stava volgendo la termine abbiamo deciso di anticipare i tempi. È un ragazzo intelligente, umile, che vuole sempre migliorare. Crede nel percorso di crescita che abbiamo creato per lui e per il gruppo".
Un ragazzo intelligente e umile, che "casca a fagiolo" con il progetto del Leeds. Gnonto - almeno per ora - non ne vuole sapere di tornare in Italia, questo ovviamente dopo il fantastico adattamento nella squadra allenata da Marsch che - da tempo - inseguiva uno dei giovani più promettenti del nostro calcio. Parola chiave? Tempismo. Il Leeds ha bruciato subito la concorrenza e i tempi, per portare a
Elland Road un potenziale campioncino. Ancora non credete al suo impatto? Andiamo a vedere certe statistiche: Gnonto - solo nella partita contro il Cardiff - ha collezionato due gol, due passaggi chiave e due su tre duelli aerei vinti. Dimostrazione evidente di come le sue caratteristiche e capacità si sposano alla perfezione col gioco del Leeds.
Ma la domanda sorge spontanea: perché questo ragazzo in Italia non giocava? La verità è che ci siamo un po' accorti tardi del suo talento. Mancini, tempo fa, l'aveva anche convocato in Nazionale nel bel mezzo dello scetticismo più totale. Nel nostro paese non si dà tanta fiducia ai giovani, e questo spinge i nostri club a cercare calciatori fuori dallo stivale. Nella maggior parte dei casi arrivano profili di dubbia utilità oltre a qualità molto ibride, con la "linea verde" italiana che è costretta ad emigrare all'estero in cerca di fortuna oltre a una certa continuità. Eppure il talento di Gnonto era visibile agli occhi di tutti: ha letteralmente trascinato lo Zurigo verso la vittoria del titolo con quattro giornate d'anticipo segnando otto reti. Il suo cartellino era abbordabile, ma nessuno ci ha voluto puntare. Adesso? Il Leeds se lo coccola, con la differenza che in Inghilterra si punta molto alla crescita dei giovani, così come in Germania e in Svizzera. In Italia ai giovani vengono concessi pochi minuti per poi mandarli in prestito e per poi rigirarli al club cadetto di turno senza concedere loro del tempo per maturare. Mancini - come sottolineato in precedenza - si è accorto di lui, e anche il Leeds. Non la Serie A. E poi non ci sorprendiamo se nella nostra nazionale mancano alternative valide.
Perché facciamo le fotografie, gli scatti? Io desidero ricordare, fermare momenti che potrei dimenticare, farli diventare concretezza, ricordi, portarmi dietro i sentimenti che sto vivendo. Magari potessimo racchiudere in uno scatto i sentimenti ma in un certo senso è quello che succede. Uno sguardo particolare, una luce leggera, un sorriso, un abbraccio, la famiglia, gli amici per sempre in uno scatto, nell’attimo che non fugge più. Guardare le fotografie diventa così rievocare, rivivere, sorridere e a volte il sorriso può diventare pianto, malinconia e i sentimenti tornano vividi, tornano a quell’attimo; dietro uno scatto c’è una storia, un vissuto, un
progetto. O può esserci il disegno di un futuro che non è stato, che ha cambiato strada diventando altro. In quei rettangolini ci siamo noi, come eravamo, come siamo diventati nel trascorrere del tempo e lo stupore a volte colora i nostri occhi nel ritrovarci tanto cambiati. Ma sempre noi, abitati da noi stessi, con i nostri sogni e i nostri desideri, le nostre delusioni e forse qualche rimpianto. Nel giorno per giorno la consapevolezza del tempo si assottiglia, andiamo avanti lasciando indietro una noi che i giorni trascorsi, i mesi, gli anni, hanno cambiata e non siamo capaci di cogliere il dettaglio nell’immediato. Lo vediamo lì nella foto, in quell’attimo catturato che riporta indietro. Un viaggio, questo sono le fotografie, un viaggio nel tempo, nel nostro personale tempo. Un’autobiografia per immagini e si passano le ore a guardarle perché la nostra storia, vista con gli occhi di oggi, dà vita a tanti ragionamenti, commenti, pensieri. Quello che avremmo potuto fare, che abbiamo fatto, quello che non avremmo dovuto fare, quello che è stato e piace ancora oggi, tanto, e fa sorridere. Racchiudono la nostra vita, le nostre emozioni, parlano di noi e anche se siamo soli a fare il viaggio quei rettangolini sono pieni di mille parole che invadono la stanza di aneddoti, di situazioni… una vera cronaca dei fatti tuoi che riempiono e allo stesso tempo svuotano il cuore. I ricordi hanno questo potere: fanno ridere e piangere. Le emozioni vanno e vengono e stai lì, continui a guardare quelle foto e non ti stanchi mai di cercarle. Abbi Cura Di Te
Il casco refrigerante per chi fa chemioterapia e permette di non perdere i capelli…… due pazienti sulle tante , potranno usufruirne: grazie a contributi pubblici e privati! Elogio e plauso a chi ha permesso questa opportunità. Con l’augurio che diventino di più e che tutte le donne possano usufruirne
In realtà perdere i capelli è nulla , di fronte al rischio di perdere la vita…
Ma è un trauma, perché rende visibile la fragilità della malattia a tutti…
Un trauma, pur sapendo che poi i capelli ricrescono…
Il nostro paese fa parte che ci piaccia o no della Nato, ma ciò non esclude che si possa lavorare per la pace. Esprimiamo pieno appoggio al popolo ucraino, vittima di invasione, ma riteniamo che appoggiare incondizionatamente Volodimir Zelens’kij significhi perdere quell’obiettività che potrebbe essere utile per recuperare credibilità come interlocutori e promuovere efficacemente un percorso di pace.
Per fermare i combattimenti e invitare le parti a sedersi a un tavolo è necessario essere disponibili ad ascoltare le ragioni di tutte le parti in conflitto, a cominciare dalle popolazioni delle regioni contese
Con queste premesse riteniamo assolutamente inopportuno ospitare il presidente Zelens’kyj a Sanremo, cosa che equivarrebbe a consentirgli un comizio senza alcun filtro di fronte a tutti gli italiani. Far parlare all’interno del programma più seguito della televisione italiana il capo di uno Stato straniero in guerra, equivarrebbe a sposarne completamente tutte le politiche; a diventare alleati senza alcun distinguo della propaganda di guerra espressa dall’Ucraina. E la propaganda di guerra non è mai descrizione obiettiva dei fatti. Per questo per quel possa servire ho firmato la petizione di https://chng.it/Hw7wWFts5Lincui si chiede
c << si eviti di ospitare il presidente Zelens’kyj nella trasmissione del Festival della canzone italiana.>>
Mi accorgo che ha ragione l'articolista IFQ d'oggi
Siamo tutti schiavi dei trucchetti della dialettica , sottoscritto compreso . Soltanto che io sono , pur con una laurea anche se non specialistica , un semplice cittadino , lui è un ministro ( o almeno dovrebbe essere ) della cultura . Quindi mi chiedo
e qui mi fermo perché non saprei cos'altro aggiungere a quanti detto da chi ne sa più di me . Ma soprattutto per evitare , essendo di carattere impulsivo , di scadere nel volgare ed insulto personale oltre che ( ma questo è un effetto di chi va sempre in direzione ostinata e contraria ) nel qualunquismo gratuito nell' antipolitica . E poi continuare a dargli addosso è, come sparare sulla croce rossa
Silvia e Davide sono sorella e fratello, diversissimi tra loro : lui ignora qualsiasi tipo di attività fisica, adora gli insetti e divora libri ....lei super attiva 24 ore su 24 e amante dello sport. In particolare, del calcio. Lui non ha praticamente mai calciato un pallone, lei non perde occasione.
Al campetto dell’oratorio, l’allenatore della scuola calcio del paese la nota e chiede alla madre di portarla agli allenamenti. “Mamma ti prego ti prego voglio andarci” “Ma sei proprio sicura? Saresti l’unica femmina” “Non mi importa, ti prego ti prego” .Comincia la scuola calcio, ed è solo l’inizio: l’allenatore ci aveva visto giusto e in pochi anni Silvia compie passi da gigante e viene ingaggiata dalle giovanili di una squadra importante.
E contemporaneamente iniziano anche i commenti delle altre mamme “certo che è strana Silvia però, perché non fa danza come tutte le altre?” “È un maschiaccio” “Ma cos’hanno in testa i genitori? A calcio? Con i maschi?” E naturalmente i compagni e le compagne, che sentono i giudizi delle mamme, la inquadrano come quella strana. A scuola rimane fuori dai gruppetti, ai compleanni qualcuno si scorda di invitarla ... lei ama il calcio, lo sport le riempie le giornate, ma un pochino (o forse più di un pochino) ci soffre. Oggi Silvia è un’atleta professionista con una brillante carriera davanti, ma se si gira e vede quella bambina, ancora fa male. Riflettiamo prima di fare commenti, allarghiamo i nostri orizzonti, combattiamo i pregiudizi. I bambini e le bambine ci ascoltano ... e nessuno mai dovrebbe sentirsi strano e rimanere escluso. Men che meno perché ha avuto una mamma che ha saputo guardare al di là del rosa e dell’azzurro e le ha permesso di rincorrere i sogni e coltivare la sua passione
Mia madre, quando noi figlie eravamo ragazze, ogni tanto ripeteva di badare a non lasciare tutto d'un colpo eventuali fidanzatini. Era un consiglio di cui ebbi a capire l'importanza in seguito. Da bambine, ai miei tempi, era sempre validissima la proibizione delle caramelle dagli sconosciuti. Un nostro zio, buono come il pane ma un pò ruspante, passato il tempo delle caramelle, ci diceva di non accettare da nessuno sigarette di droga. Noi lo prendevamo
affettuosamente in giro per via di quelle sigarette, ma ognuno, in famiglia, ci mise del suo per proteggerci dai tempi difficili già da allora. Ricordo, a proposito, un fatto molto brutto, culmine di un amore sfortunato e anche breve, che portò alla scomparsa dalla faccia della terra di Anastasia, detta Sia, che, dopo una storia con un ragazzo, decise di lasciarlo. Era costui uno straniero di zone problematiche del mondo, ma questa è una nota "di colore" e basta, che non influì più di tanto sul drammatico accadimento. Sia, una giovane e brava insegnante, non voleva più essere la ragazza di quest'uomo che un giorno le sparò mentre erano in auto a parlare. Anni fa andai a trovare i genitori nella loro casa fuori città che non era nè di mare nè di montagna, ma semplicemente una di quelle case in cui si portano certe cose che non servono, le piccole collezioni di pupazzetti, le enciclopedie, qualche soprammobile di troppo, la barchetta a vela di legno da appoggiare sul vecchio televisore. In casa c'erano i genitori di Anastasia. Nel sottoscala, il babbo, in silenzio, era impegnato a sistemare uno scaffale. La madre Rosa, imbiancata nel crine, dopo le frasi di circostanza, mi raccontò del drammatico fatto pregandomi di non toccare l'argomento col marito. Me lo disse a gesti e mezze parole sussurrate con lo sguardo. Non ricordo cosa mi riferì di tutta la vicenda giudiziaria. Sapeva con certezza che ora sua figlia stava bene, nonostante la precoce e dolorosa interruzione della sua avventura umana e questo fatto le era stato riferito da una medium "specializzata" in madri disperate. Venni rassicurata sul fatto che nessuno le spillasse soldi, ma, chissà... Rosa appariva tranquilla, quasi ciarliera, come se stesse in seduta psicanalitica, come avesse bisogno di essere rafforzata nelle sue convinzioni.
Uscii dopo qualche ora, da quella casa piena di cimeli, frastornata, e, con qualche lacrima di sincero dolore, pensai alle raccomandazioni di mia madre, alle caramelle e alle sigarette di droga. Aprii il finestrino e sputai lacrime e rabbia perché anche mandare a fare in culo un fidanzato è un fatto che può decidere della vita o della morte di una donna, e a questo non riuscivo e non riesco a dare una logica o anche poco logica spiegazione.
Inizialmente forse sfiduciato ed amareggiato. Brutto segnale per il Paese e per i valori democratici la notizia avevo non sollo di non scrivere più ed non riportare testimonianze e storie a tema e di lanciare questa provocazione
a questo punto , propongo provocatoriamente di abolire la settimana della memoria che inizia il 27 gennaio , tanto ormai il fascismo e il nazismo sono sdoganati e la normalità. Ci eviteremo un fiume di inutile ed ipocrita retorica — pensieroso.
Indossare la maglietta "Auschwitzland" non è reato: assolta Selene Ticchi . l tribunale di Forlì: "Il fatto non costituisce reato". a cura della redazione repubblica di Bologna
Ma poi è passata . E sono ritornato con i piedi per terra . E continua a fare post su tali eventi Infatti Visto che la Giornata anzi la settimana della Memoria 2023 è praticamente alle porte, è tempo di chiarire una piccola, ma fondamentale differenza su questi due termini. Pur avendo significati diversi, raccontano entrambi l’orrore dello sterminio degli ebrei e non soloperpetrato dai nazisti con la collaborazione dei fascisti nel corso della tragica Seconda Guerra Mondiale. Scopriamo allora insieme in cosa si differenziano questi due termini che, spesso, vengono usati come sinonimi o come unico termine . Iniziamo con la definizione di Olocausto. Tanto per cominciare questa parola, che deriva dal greco, letteralmente significa “bruciato interamente”. Già da questo possiamo capire il dolore che si cela dietro a queste nove semplici lettere. Inizialmente con questa parola si voleva indicare la morte per un sacrificio di un animale alle divinità. Un omaggio, possiamo dire, ma che col tempo è diventato anche sinonimo del sacrificio di Gesù sulla croce per gli uomini. Oggi usiamo il termine Olocausto quindi per indicare lo sterminio degli ebrei come se tutte le persone morte per la follia nazista siano di ebrei Invece Il termine Shoah, i ha un significato semantico diverso. Infatti se lo traduciamo letteralmente lo leggiamo come Tempesta Devastante. Ed effettivamente l’orrore della Seconda Guerra Mondiale, la morte di persone innocenti nei campi di concentramento e nei campi di lavoro, può essere facilmente paragonato ad un evento atmosferico disastroso e folle come un uragano o una tempesta. Infatti inizialmente il termine Shoah era usato nella Bibbia, ma poi gli ebrei lo hanno utilizzato in prima persona per indicare proprio l’orrore e le violenze crescenti subite da queste persone per mano di Hitler e del nazismo . Qual è la differenza quindi tra i die termini ? Se vi state chiedendo ancora dunque quale sia la differenza tra Shoah e Olocausto sappiate che è minima ma c’è. Anche se, come abbiamo visto, il significato è simile perché entrambi i termini servono per indicare la morte di tantissimi ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno una origine diversa.
Quindi a mio avviso al di là del significato dei termini Ciò che conta è che sono termini entrambi forti e precisi che raccontano le discriminazioni e poi l’orrore dei campi di concentramento, delle camere a gas, del trattamento folle e inumano subito da chi era stato catturato.