23.10.23

C’è una via d’uscita Appello di pace la proposta dei giovani ebrei italiani antirazzisti


Chi  dice   che  gli ebrei   siano  tutti\e  per   l  governo israeliano o  è disoinformato   o in  in malafede   perchè vede  la  situazione  israeliano  - palestinese  solo  ed  esclusivamente  nella  loor  contrapposizioner   ,  ingnorando     che     ci  sono  ebrei    che  vogliono  provare     e cercano  di vivere  in pace  ed  coesistgere  con i palestinesi  cioè con  gli arabi  . Speriamo  che   i nostri  politicanti   di maggioranza  ed  opposizione     filo  israeliani   (  ipocritamente  ed  opportunisticamente   per  lo  più  )     gli ascoltino   .  


Tutto va condannato Anche i morti palestinesi

IL LABORATORIO EBRAICO ANTIRAZZISTA,

formato da giovani ebree ed ebrei italiani, esprime angoscia e orrore per la situazione in Palestina e Israele. In questo momento di dolore e di devastazione, in cui piangiamo persone amate sia israeliane sia palestinesi, chiediamo la fine del massacro a Gaza e il rilascio immediato degli ostaggi israeliani.

Siamo ancora sgomenti per la carneficina di Hamas del 7 ottobre: niente può giustificare la strage e la cattura di civili inermi. A questo lutto si è aggiunto l’orrore per la violenta campagna militare israeliana volta a punire collettivamente il popolo palestinese. A Gaza, oltre due milioni di persone sono assediate e bombardate dall’aviazione israeliana, private di cibo, acqua, corrente elettrica e corridoi umanitari. Un crimine di guerra non ne giustifica un altro. Chiediamo al governo italiano e all’unione Europea di attivarsi con urgenza per porre fine allo spargimento di sangue e per raggiungere un cessate il fuoco. Qui in Europa, denunciamo la stretta sulla libertà di espressione e di manifestazione pacifica. Rifiutiamo la retorica dello scontro di civiltà che sta già causando una drammatica recrudescenza di episodi di islamofobia e antisemitismo. Invece di mobilitare alcune minoranze contro altre, è necessario affrontare con serietà ogni forma di razzismo, e ragionare su altre forme di coesistenza oltre lo stato-nazione.

La Nakba, i decenni di occupazione militare della Cisgiordania, le politiche di colonizzazione, apartheid

e l’embargo su Gaza sono tra i fattori che impediscono di immaginare un futuro insieme. Come lo sono gli attacchi indiscriminati sui civili. La comunità internazionale è complice delle ripetute violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e della distruzione fisica e morale di tutte le comunità che vivono nella regione. Chi è sul campo ha bisogno dell’aiuto e della pressione di tutti gli attori coinvolti per fare spazio a una soluzione politica che comporti la fine dell’occupazione e la dignità per tutti i popoli. Non c’è altraviad’uscita.

il libercolo razzista ed omofobo del generale vanacci viene usato nelle scuole e tutti tacciono . cosa dovrà succedere un altra strategia della tensione ed altri anni di lutti e sangue prima di svegliuarci ?

  sfogliando    fb     ho  trovato  questo   post  

Nei giorni scorsi un liceo di Brindisi è stato messo sotto accusa dalla stampa perché l'insegnante di lettere ha scelto di leggere insieme ai suoi studenti il libro di Vannacci. Il fatto è stato presentato un modo estremamente distorto come se la docente fosse impazzita e avesse deciso di sostituire I promessi sposi con Il mondo al contrario del generalissimo. La notizia, sebbene la sua assurdità avrebbe dovuto suggerire prudenza, ha fatto il giro dei social con tanto di critiche alla scuola e alla miseria in cui sta precipitando. Non era vero niente. Quello proposto dalla docente è invece solo una lettura critica del testo di Vannacci, orientata ad esercitare i ragazzi a smascherare le distorsioni ideologiche. Niente dunque per cui strapparsi le vesti e gridare allo scandalo.Nel fetore pestilenziale della stampa italiana la vaga possibilità che una docente esaltata e fascistoide avesse deciso di dare una lettura edificante e costruttiva di Vannacci doveva essere sfruttata. In particolare quelli del Corriere non potevano farsi sfuggire l'occasione di attaccare la scuola pubblica. Del resto si trattava di un liceo del sud, abitato "notoriamente da zoticoni e da docenti sottosviluppati che infestano tutte le scuole della penisola e che hanno il coraggio di mettere in discussione il primato del milanesissimo Manzoni". L'avessero poi veramente letto Manzoni...



Ecco quindi che Mentre noi disquisiamo del ciuffo di Giambruno, e santifichiamo la meloni in una scuola di Francavilla Fontana (Brindisi), ci sono come segnalato siua dal post prima riportato sia dalo screebnshot riportasto a sinistra una preside e un’insegnante di lettere che hanno inserito il libro del generale Vannacci tra i testi scolastici da far leggere ai ragazzi e su cui discutere, perché - spiega la dirigente scolastica - “è un’occasione di crescita e sviluppa il pensiero critico”.La sola idea che in una scuola di qualunque ordine e grado possa entrare una tale centrifuga di immondizia volgare, intollerante, omofoba, sessista e pure sgrammaticata, è semplicemente offensiva e oscena.
Uno schiaffo alle migliaia di insegnanti italiani che, ogni giorno, non insegnano solo matematica o italiano,ecc ma il valore dell’empatia, del rispetto e della cultura.
Ovvero l’esatto opposto di ciò che quel cumulo di carta e inchiostro ( impropriamente chiamato libro ) rappresenta.
La Scuola ha il dovere di elevarsi al di sopra della pochezza del popolino che ha prodotto e sovvenzionato un simile scempio. Invece di abbassarsi al suo livello.Incredibile la pochezza culturale alla quale siamo arrivati . Con tutta la storia e.la.cultura di questa ITALIA.si fa studiare il libro di vannacci? uno che fomenta odio e razzismo?.povera scuola.  Oltre  i   pro  e  gli antiVannacci




Deve essere un liceo privato.
Quelli pubblici hanno i testi nazionali , e questa insegnante, che non ha superato gli esami abilitanti per insegnare in Scuole pubbliche, esprime la pochezza del suo cerrvello culturale.



  in  rete    ci sono   anche  gli ottimisti     

Sono un inguaribile ottimista. Forse è per fare capire ai ragazzi la pericolosità dei luoghi comuni che imprigionano il cervello e il pensiero. Se così non fosse la preside andrebbe cacciata.

   

 

maria luisa congiu la cantante gommista le canta agli hater cresciuti nel declino del servizio pubblico ( ex Rai ) e nelle tv di berlusconi ed affini

Maria Luisa Congiu  Nata a Roma il 18 aprile 1973, Maria Luisa Corgiu ha 50 anni. Figlia di madre romana e padre sardo, originario di Oliena, a 18 anni si trasferisce in Sardegna, dove si dedica allo studio delle tradizioni musicali sarde e della lingua. Nel 1992 inizia la sua carriera musicale, esibendosi in alcuni concerti del suo paese. Sette anni dopo fonda insieme a Giuseppina Deiana, sua compaesana, il «Duo di Oliena». Nello stesso anno esce il loro primo album «Sas sette meravizzas», scritto proprio da Maria Luisa. La consacrazione arriva però nel 2000 con «Abbajara», brano che riscuote molto successo. Nel 2003 realizza la sigla
di «Sardegna Canta», uno dei programmi televisivi più seguiti della Sardegna. Dopo lo scioglimento del «Duo di Oliena», nel 2004 continua con successo la carriera come solista. Moltissimi gli album di successo, da «Arveschida», «Fozas in su entu» e «Milagros», a «Soneanima» e «Ego», passando per «Semplicemente Maria» e «Istellas». Nel 2012 incide poi «MPS», singolo dedicato al Movimento Pastori Sardi.
Nel 2013 arriva la collaborazione musicale con Ivana Spagna, dal titolo «Donne come noi», che la vede duettare insieme alla cantante in tre concerti ad Oliena, Arzana e Muravera, riscuotendo sempre un enorme consenso. Nel 2014 inizia a lavorare al suo nuovo album, con i singoli: «Taj Mahal» e «Su Muttu 'e sos puzzones». Il CD, «Boghe de s'Anima», esce l'anno dopo. Nel 2016, in occasione dei 25 anni di carriera, pubblica poi «Ajò», un brano dedicato agli emigrati sardi. L’anno successivo intraprende una collaborazione col gruppo nuorese degli Istentales, con i quali pubblica il singolo «Lumeras», che dà il nome al progetto omonimo.è una delle voci più belle econdo molti cultori di musica sarda della nostra terra, un simbolo di cui andare fieri.

 Stimata in ogni angolo del’isola e non solo. Nelle scorse ore, qualche “leone da tastiera” ( metaforicamente parlando ) si è permesso di giudicarla per il suo lavoro da gommista. Lavoro che come racconta lei stessa neo servizio sotto riportato
    

 

svolgeva il marito Pasqualino, spentosi prematuramente nel 2020. E che Maria Luisa porta avanti con amore e passione tutti i giorni. “Sono orgogliosa di svolgere il lavoro di mio marito - mi racconta - non ho mai avuto paura di sporcarmi le mani. È un onore esibirmi sui palchi dopo le giornate in officina.” Una lezione di vita con garbo e gentilezza la sua, raccontata anche sulla sua pagina Facebook  con      questo   post    


4 scatti per stendere un velo pietoso su persone che, da dietro una tastiera di telefono o pc, si permettono di fare battute, perché in faccia non ne avrebbero il coraggio. Per la prima volta in tre anni "lo splendido" di turno si permette di ironizzare sul fatto che lavoro in un'officina di pneumatici, come se questo fosse un disonore o un difetto. Al contrario è motivo di orgoglio per me tenere attiva l'attività che con Pasqualino abbiamo costruito dal nulla a suon di sacrifici e sudore. L'unico dispiacere è che non abbia potuto continuare lui a seguirla. Per il resto non posso che andarne fiera e arrivare sul palco a far festa con la gente dopo aver lavorato e guidato per km non è certo penalizzante per la persona, può esserlo per la stanchezza che triplica alla fine di ogni giornata ma umanamente è solo ricchezza. Quindi se qualche altro "splendido" penserà di ferirmi con battute di bassa lega può farsene una ragione: A Paraulas macas, orijas surdas. Se ho condiviso questo pensiero con voi è solo perché non sarò la prima ne l'ultima a passare sotto la lingua avvelenata di qualche persona arida e infelice che si sente viva con certe cose. A tutti voi auguro una splendida serata all'insegna della serenità e della buona musica
A chent'annos un'atera

  diventato  virale  .  Un ottima   risposta  agli odiatori    ingnoranbti  e   privi  di valori    che   ignorano     che   spesso   anche  i  più noti  cantanti nazionali     hanno un secondo lavoro  ,  per  esempio vecchioni  era   anche  professore  nei licei  .

Ecco  quindi  che mi   viene      spontaneo   condividere ,  essendo  cresciuto   nell'età  di mezzo  tra    il lento declino  della  rai  e  il  sorgere  e poi dilagare   tra illegalità legalizzata   delle  tv,  mediaset  in primis , private  questo    editoriale    dell'unione  sarda    di  qualche  giorno  fa        



   
  e  voi   che   ne  pensate  ? 

E' meglio affrontare i mostri \ incubi del passato sotterarli ed godersi il presente ?

E' meglio   affrontare  i nostri monstri \ iuncubi del passato  sotterarli  ed  godersi   il presente   ?
una domanda molto interessante . “Affrontare i mostri  e  gli incubi   del nostro passato o sotterarli ed godersi il presente”  può essere interpretata in diversi modi.  Posso suggerirti alcune riflessioni sul tema. 
Ora Sebbene sia importante imparare dal proprio passato, non dovremmo permettere che esso ci ostacoli nel presente.
Vivere nel passato può impedirci di apprezzare il presente e di guardare al futuro con ottimismo. D’altra parte, affrontare i nostri demoni interiori può essere un’esperienza liberatoria e aiutarci a crescere come individui.
In ogni caso, è importante ricordare che ognuno di noi ha il potere di scegliere come affrontare il proprio passato. Se ti senti bloccato dal tuo passato, potresti considerare di parlare con un professionista qualificato che possa aiutarti a superare i tuoi ostacoli.! In generale, è importante imparare a vivere nel presente e a non rimanere intrappolati nel passato. Come afferma un articolo di Vivere Adesso, la nostra mente tende a soffermarsi sulle situazioni vecchie e ci costringe a rimanere lì dove abbiamo fallito, dove abbiamo sbagliato . Tuttavia, ciò non significa che dovremmo ignorare completamente il nostro passato. Secondo un altro articolo di La Mente è Meravigliosa, il nostro desiderio di ancorarci al passato finisce con l’intorpidire la nostra crescita. Combattiamo una battaglia che rischia di danneggiare la nostra salute psicologica, soprattutto se riviviamo il passato in modo ossessivo, senza goderci il presente . Pertanto, è importante trovare un equilibrio tra affrontare i nostri demoni del passato e goderci il presente.Bisogna  tenere  conto però  che  non esiste   una  risposta   valida er  tutti\e  in quanto  ciascuno  di noi ha   visioni  del mondo diverse   dalla  nostra   cioè varia  da  persona  a persona  come  dimostra      questa  scena    famossima cinematografica  

 e nel  tuo   caso   ?  
Per  il momento nonostante  sia     come  il protagonista del  film   (  vedere  video  sopra   )  uno  che  si  trova    a disagio   e  che  lotta o  almeno    per  non omologarsi   completamente   che  alternano   il  loro vivere   \  viaggiare   frapassato e presente    cercando un centro  di gravità permamente   tra   i due 



Come posso imparare a vivere nel presente?

in linea generale Ecco alcuni consigli per imparare a vivere nel presente:
  1. Pratica la consapevolezza: La consapevolezza è la capacità di essere presenti e di osservare ciò che accade intorno a noi senza giudicare o reagire. Puoi iniziare esercitandoti a concentrarti sulla tua respirazione, sui suoni che ti circondano o sulle sensazioni fisiche che provi .

  2. Focalizzati sulle tue attività quotidiane: Cerca di concentrarti sulle attività che stai svolgendo in questo momento, invece di lasciare che la tua mente vaghi altrove. Ad esempio, se stai facendo una passeggiata, cerca di notare i dettagli del paesaggio intorno a te .

  3. Pratica la gratitudine: Prenditi il tempo per apprezzare le cose buone della tua vita e per ringraziare le persone che ti circondano. Questo può aiutarti a concentrarti sul presente e ad apprezzare ciò che hai .

  4. Limita l’uso dei social media: Gli smartphone e i social media possono distrarci facilmente dal momento presente. Cerca di limitare il tempo che trascorri sui social media e di concentrarti invece sulle attività che ti piacciono .

  5. Pratica la meditazione: La meditazione può aiutarti a sviluppare la consapevolezza e ad apprezzare il momento presente. Ci sono molte app di meditazione disponibili online, come Headspace e Calm, che possono aiutarti a iniziare .


Quali sono i benefici di affrontare il nostro passato? 
stare meglio med  in pace  con se  stessi   ed  avere meno incubi  ed  mostri     che  ti tormentano  
Cosa succede se non riusciamo ad affrontare il nostro passato?
l'opposto della  riposta    precedente

  e    se   ...... 

Basta    adesso    con leseghe  mentali     che  sta per  arrivare  l'alba     e  dobbiamo  coincentrarci  su  una  nuova  fiornata  d'affrontare    .  E  poi  domani  è  un altro  giorno 

diario di bordo n°18 anno I. nei più importanti bivi della vita, non c’è segnaletica” . La storia di Alessandra Musarra, dal femminicidio per soffocamento all’ergastolo di Cristian Ioppolo .e Paolo Nori L’uomo che (non) morì due volte

due storie quelle , di questo n  del  diario  di  bordo,  che   nonostante la diversità unite da qiuesta  frase   : << Dobbiamo abituarci all’idea: ai più importanti bivi della vita, non c’è segnaletica >> di Ernest Hemingway ( (Oak Park21 luglio 1899 – Ketchum2 luglio 1961 )

La  prima  presa  da  https://www.fanpage.it/attualita
smonta il mito  che  tutti  i  femminicidi    finiscano     con pene  irrisorie    e  con  assoluzioni     Essa  è


 La storia di Alessandra Musarra, dal femminicidio per soffocamento all’ergastolo di Cristian IoppoloAlessandra Musarra, 29 anni, viene uccisa la sera del 6 marzo 2019 nella sua casa di Messina dal fidanzato Cristian Ioppolo. Il 26enne, condannato in appello all’ergastolo, l’ha picchiata e soffocata.

A cura di Chiara Ammendola


                Alessandra Musarra (a sinistra) e il suo assassino Cristian Ioppolo (a destra)

La mattina del 7 marzo 2019 Alessandra Immacolata Musarra viene trovata morta nel suo appartamento al rione Santa Lucia sopra Contesse di Messina. A scoprire il cadavere è il padre preoccupato perché la figlia 29enne non risponde più al telefono. Alessandra è stata picchiata e poi soffocata dal suo fidanzato, Cristian Ioppolo, 26 anni, che viene arrestato poco dopo, non prima di aver cercato di sviare le indagini accusando l'ex compagno della vittima. Il 27 maggio 2022 la Corte d'Appello di Messina conferma per la condanna all'ergastolo.‍
Chi era Alessandra Immacolata Musarra, la giovane donna uccisa a Messina
Alessandra Immacolata Musarra ha 29 anni quando viene uccisa dal fidanzato Cristian. Aiuta la madre nel locale di Kebab alle spalle del Duomo di Messina ma da qualche tempo non lavorava più. Dopo un periodo difficile ha infatti incontrato Cristian al quale sembra rivolgere ogni sua attenzione. Con il fidanzato, di tre anni più giovane, ha però un rapporto burrascoso dovuto principalmente alle reazioni, spesso violente, sia fisicamente che verbalmente, da parte di Ioppolo. Convivono in un appartamento a Santa Lucia Sopra Contesse, frazione della città di Messina.



                           Alessandra Musarra (Facebook)

Chi è Cristian Ioppolo, l'ex fidanzato di Alessandra che la uccise per gelosia
Cristian Ioppolo, 26 anni, è originario di Messina. Inizia la sua storia d'amore con Alessandra un anno prima dell'omicidio: il loro rapporto però si incrina quasi subito, a causa della gelosia di quest'ultimo. Il 26enne è taciturno, non ha molti amici e trascorre le giornate da solo o in compagnia di Alessandra, è disoccupato ma non cerca un lavoro, ogni tanto aiuta la famiglia portando le pecore al pascolo. Le difficoltà economiche dei due influiscono negativamente nel loro rapporto.
Il problema principale però è che Cristian è geloso, lo è in maniera ossessiva nei confronti di Alessandra e spesso le sue reazioni sono piuttosto violente. Qualche volta intervengono pure intervenuti i carabinieri: nell'ultimo periodo in particolare il 26enne è ossessionato da un ex ragazzo della compagna col quale teme ci sia stato un riavvicinamento. Comportamenti ossessivi che esasperano Alessandra che decide così di mettere fine alla loro relazione.


                                   Alessandra Musarra e Cristiana Ioppolo (foto Facebook)

L'omicidio di Alessandra e il tentativo di depistare le indagini con un sms
Il femminicidio di Alessandra avviene la sera del 6 marzo 2019. I due sono a casa quando scoppia una lite, l'ennesima, probabilmente perché Cristian non accetta la fine della loro storia e accusa la ormai ex compagna di averlo lasciato per un altro. Il 26enne a un certo punto si scaglia contro Alessandra che aggredisce con calci e pugni, accanendosi sul viso, fino a metterle le mani alla gola per soffocarla, infine la uccide. I pm parlano, durante la requisitoria in tribunale, di una violenza inaudita.Il tempo passa. Sono le 2 di notte quando Cristian, con estrema lucidità, invia col telefono di Alessandra, un messaggio ai genitori ai quali dice di essere stata presa in ostaggio dall'ex fidanzato. Un modo per sviare le indagini, ma che non sortisce il suo effetto: il malcapitato viene interrogato risultando estraneo ai fatti. A quel punto gli inquirenti si concentrano proprio su Ioppolo che viene così arrestato.
Il ritrovamento del cadavere da parte del padre di Alessandra Immacolata Musarra
Il cadavere di Alessandra viene ritrovato la mattina del 7 marzo dal padre che preoccupato dopo aver ricevuto il messaggio dalla figlia, prova a contattarla. Non ricevendo risposta decide di raggiungere l'abitazione della vittima dove fa la macabra scoperta. Alessandra è a terra, ormai senza vita, col volto tumefatto.


               Cristian Ioppolo (foto Facebook)

Le indagini e l'autopsia sul cadavere
Inizialmente Cristian nega qualsiasi coinvolgimento nell'omicidio della fidanzata spiegando di non ricordare nulla di quella notte, se non l'inizio della colluttazione. La versione non convince gli inquirenti che vanno avanti con le proprie indagini. Secondo il giudice per le indagini preliminari che lo interroga dopo l'arresto la sua amnesia è soltanto una strategia.A chiarire ogni dubbio è l'autopsia sul corpo di Alessandra che, nel luglio 2019, stabilisce che la 29enne è stata strozzata, la morte è sopraggiunta "per asfissia meccanica violenta da strozzamento con segni anche di soffocazione, ed escludono altre dinamiche letifere". La ventinovenne inoltre presenta lesioni a due vertebre cervicali causate dal pestaggio.
Le dichiarazioni della sorella Chiara Musarra
Chiara, la sorella di Alessandra, alle porte del processo d'Appello, decide di rompere il silenzio e ricordare la 29enne puntando il dito contro la richiesta della difesa: “È impossibile dimenticare, ogni giorno è difficile. E poi, pare che questa storia non debba mai finire – le sue parole – pensavamo che almeno giustizia fosse fatta, invece l’ultima udienza ci ha lasciati spiazzati. E’ impossibile per noi pensare che Alessandra non possa avere giustizia, che a noi non venga concesso di trovare pace”, spiega.
La confessione del fidanzato Cristian IoppoloIntanto gli inquirenti continuano le indagini. Viene perquisita casa di Cristian Ioppolo, al rione Camaro, e lì, nel vano lavanderia, gli agenti trovano gli abiti sporchi di sangue. Nel mese di ottobre vengono chiuse le indagini e Ioppolo viene considerato l'unico responsabile del pestaggio che ha causato la morte di Alessandra: deve rispondere del reato di omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva e dalla stabile convivenza.‍‍
Il processo e la condanna all'ergastolo di Cristian Ioppolo
Il 28 gennaio 2020 Ioppolo viene rinviato a giudizio dal giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Messina. Il 18 giugno 2021 viene condannato dalla Corte d'Assise di Messina alla pena dell'ergastolo, confermata il 27 maggio 2022 dalla Corte d'Appello che respinge così la riduzione della condanna a 24 anni.‍ Cristian Ioppolo è condannato anche al risarcimento dei familiari della vittima: 20mila a ciascuno dei due fratelli; 80mila a padre e madre.


La  seconda     tratta  da  Altre/Storie di Mario Calabresi

L’uomo che (non) morì due volte
Ognuno ha le sue sliding doors, momenti in cui il destino prende una direzione che cambia tutto. Per lo scrittore Paolo Nori questi momenti hanno coinciso con le sue due morti, ovviamente false. Vi racconto la sua storia e come l’ho scoperta

                                      di Mario Calabresi





Nelle nostre esistenze ci sono mille possibili biforcazioni, tantissime possibilità di prendere una strada piuttosto che un‘altra. Spesso siamo noi a scegliere da che parte andare, ma ci sono momenti in cui è la vita che sceglie, in cui accadono cose che non controlliamo e che mutano per sempre la nostra traiettoria. Più di vent’anni fa mi aveva colpito un film con Gwyneth Paltrow – si chiamava Sliding Doors - che raccontava come sarebbe potuta cambiare radicalmente la vita della protagonista a fronte di un piccolo dettaglio: riuscire a salire sulla metropolitana per tornare a casa o perderla perché una bambina si mette davanti alla porta. Mi ha sempre affascinato cercare di vedere e capire questi cambi di direzione, è un lavoro che ognuno può fare su sé stesso, ma non mi era mai capitato di incontrare una persona a cui fosse accaduto in modo tanto chiaro e spettacolare come allo scrittore Paolo Nori. E non una, ma ben due volte.

Lo scrittore Paolo Nori


Ma voglio partire dall’inizio, per restituirvi la storia così come l’ho conosciuta: ho incontrato per la prima volta Paolo Nori, che oltre a fare lo scrittore è traduttore dal russo, viaggiatore e professore universitario, poco più di un anno fa. Ci siamo incontrati perché mi voleva parlare di un possibile podcast tratto dal suo libro “Noi la farem vendetta” sulla strage di Reggio Emilia del luglio 1960, quando durante una manifestazione sindacale nel centro della città la polizia uccise cinque sindacalisti iscritti al PCI. Io, invece, avevo pensato che mi sarebbe molto piaciuto che lui facesse un podcast sulla letteratura russa, su Dostoevskij. Dopo aver discusso un po’ le due possibilità, abbiamo deciso che saremmo andati a mangiare.
Appena ci siamo seduti a un tavolino all’aperto, lui mi ha detto a bruciapelo: «Ma eri tu il direttore di Repubblica quando scrissero che io ero morto?». Sono rimasto di sasso e gli ho detto una frase del tipo: «In che senso che eri morto?». «Era il 2013 e una sera di pioggia venni investito da un motorino fuori da una pizzeria, picchiai la testa, fui portato in ospedale e rimasi alcuni giorni in coma. Si diffuse la notizia che io ero morto e voi la scriveste». Per prima cosa ho fatto i conti e gli ho detto che non avevo nessuna responsabilità perché nel 2013 ero alla Stampa, ma a quel punto la curiosità era tantissima e gli ho chiesto di raccontarmi tutto. E lui mentre guardavamo il menù ha aggiunto: «Quella era la seconda volta che mi hanno dato per morto, la prima era stata nel 1999, quando feci un incidente e rimasi intrappolato nella macchina che prese fuoco, una due cavalli grigia e nera. Una macchina bellissima con la quale ero andato a San Pietroburgo partendo da Basilica Nova, che è un paese in provincia di Parma. Ci avevo messo quattro giorni ed è stato il viaggio più bello della mia vita. Rimasi in ospedale per 77 giorni con ustioni su tutto il corpo e anche quella volta si diffuse la notizia che ero morto». Poi, vedendo il mio stupore, ridendo ha aggiunto: «Sono state le due volte in cui io sono stato più famoso nella mia vita». Come potete immaginare, era quella la storia che non mi potevo lasciar sfuggire.
“Due volte che sono morto” è il podcast di 6 puntate prodotto da Chora Media per RaiPlay Sound (potete ascoltarlo qui). Le prime 3 puntate sono disponibili anche su Spotify


Così, prima di chiedergli altre spiegazioni gli ho detto che Reggio Emilia e Dostoevskij potevano aspettare, che il podcast lo doveva fare sulle due volte che era morto. Siamo rimasti a tavola per due ore e poi lui ha lavorato per quasi un anno e ne è nata una serie potente e meravigliosa, un’indagine sulla propria vita. Perché Paolo, dei suoi due incidenti, ricordava pochissimo, così ha iniziato un viaggio alla ricerca dei protagonisti delle sue storie: i tre ragazzi che lo hanno salvato, tirandolo fuori dall’auto in fiamme, il medico che lo ha operato sette volte, il fratello che aveva dato la notizia alla madre, tutti gli amici che avevano letto che era morto. E poi ancora – quattordici anni dopo – i proprietari della pizzeria che avevano chiamato l’ambulanza, i barellieri, i giornalisti che lo piangevano, la bibliotecaria che quando lo rivide a Bologna andò a toccarlo perché pensava fosse un fantasma…
Un racconto corale che contiene il famoso bivio che cambia la vita: quella telefonata ricevuta quando ancora è in ospedale di una donna – Francesca - che ha bisogno di informazioni per andare in Russia e che al ritorno dal viaggio diventerà la sua compagna e la madre di sua figlia Irma. La loro storia finisce, ma poi riprende perché, quando si sveglia dal coma la seconda volta, trova lei accanto al suo letto.

Paolo Nori con sua figlia Irma


Quando abbiamo presentato il podcast, al cinema Anteo a Milano, Paolo mi ha presentato sua figlia Irma, che ha 19 anni, e insieme hanno cominciato a raccontarmi un sacco di altre cose, su quanto tutto quello che è successo sia stato determinante nelle loro vite. Ho pensato che questa storia la volevo raccontare anche io e così li ho intervistati insieme nella nuova puntata del mio podcast Altre/Storie. (lo potete ascoltare qui).
La prima cosa di cui abbiamo parlato con Irma, che studia Astronomia a Bologna, è che se non ci fossero stati Alessandro, Roberto e Amir, tre persone così coraggiose da buttarsi a turno nel fuoco per cercare di tirare fuori suo padre da quell’auto in fiamme, lei non ci sarebbe. E questa è la cosa che più l’ha colpita del racconto del padre.
Irma ricorda benissimo la seconda volta, quando Paolo è stato investito, come se il tempo si fosse fermato: «Avevo otto anni e quando abbiamo ricevuto la telefonata che diceva che era stato ricoverato in ospedale, io ero seduta per terra con il gomito appoggiato sul divano, stavo guardando la televisione e c'era ancora Pepe, il nostro gatto». La tennero a casa da scuola per una settimana perché i suoi compagni di classe le dicevano: «Abbiamo saputo che il tuo babbo è morto».
«Quando è uscito dall'ospedale lui e la mamma sono venuti a prendermi a scuola, io non lo sapevo e sono corsa ad abbracciarlo. E poi tutti i miei compagni di classe e la mia maestra hanno fatto lo stesso. Che bello!».
Quel secondo incidente, meno doloroso e con conseguenze fisiche meno importanti, è stato però quello che ha inciso di più, sia sul lavoro di Paolo che sulla sua vita privata: «Quando mi sono svegliato dal coma, la prima persona che ho visto è stata proprio Francesca. Se non ci fosse stato il primo incidente, probabilmente io e Francesca ci saremmo conosciuti lo stesso. Ma se non ci fosse stato il secondo probabilmente non saremmo tornati insieme, perché nell'incoscienza del risveglio le ho detto una cosa che ha riacceso la nostra relazione. Però non voglio dire cosa».
Sono tante le storie di persone che vengono date erroneamente per morte e che così scoprono cosa si pensa di loro. Successe allo scrittore americano Mark Twain che per smentire il necrologio diffuso dall’agenzia Associated Press scrisse un laconico telegramma: “Spiacente di deludervi, ma la notizia della mia morte è grossolanamente esagerata”.
Chiedo a Paolo cosa abbia capito dai commenti alle sue morti: «Quando sono tornato a casa, ci ho messo del tempo a smaltire tutte le mail che mi erano arrivate, messaggi mandati a un morto. Tutte cose belle, ma non credo che fosse quello che la gente pensava veramente di me, perché quando uno è morto diventa subito più simpatico. C’è stata un’ondata d’affetto che mi ha fatto molto piacere che però non ho preso come la verità».
Paolo è dotato di un grande senso dell’ironia, ma si capisce che queste esperienze di rinascita lo hanno cambiato in meglio, tanto che la sua chiusura è provocatoria e spiazzante: «Ti posso dire una cosa? Morire la seconda volta è stata proprio una bella esperienza che mi sento di consigliare a tutti».

22.10.23

SMONTIAMO UN TABU SESSISTA non dobbiamo mai giudicare una donna per le sue scelte sessuali un cortometraggio ricorda il diritto delle donne a fare del proprio corpo ciò che si vuole

 "Se di un uomo che va a letto con tante donne diciamo che è un Don Giovanni, un gran fico, allora perché pensiamo che una donna che fa sesso con tanti uomini sia una 'facile'? Se la domanda potrebbe suonarvi retorica, banale e ridondante, chiedetevi perché sentiamo ancora il bisogno di farcela.
La verità è che ancora oggi applichiamo due pesi e due misure (come
minimo!) quando si parla di libertà sessuale: nell'immaginario collettivo persiste una visione angelica (o demoniaca?) della donna come oggetto passivo di una "conquista" del maschio, mentre un arcaico subconscio comune insiste nel voler sminuire e ridicolizzarne il suo ruolo di soggetto attivo capace di scegliere, desiderare, lasciarsi andare in piena libertà. Questa discriminazione si manifesta in modo subdolo e strisciante in molti aspetti della vita sociale,   anche  quando si parla di sesso , argomento  er  i quale     dovrebbero    cadere tutte le maschere  riemergono tutti quei pregiudizi primordiali e radicati.
Per rompere i codici e ricordare a tutti che il diritto di fare l'amore senza essere giudicati è universale  il regista Teddy Etienne ha realizzato il cortometraggio ''Dites Oui''  (   sotto  in lingua  originale  oppure    qui   con i  sottotitoli in italiano   ) 



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 in gara nel Mobile Film Festival, un concorso internazionale che premia video di un minuto girati con uno smartphone."Una donna dovrebbe fare del proprio corpo ciò che vuole, senza che la società o la religione la reprimano, la giudichino e la insultino. Oggi chiediamo alle donne di dire sì alla loro libertà". Queste le parole del regista che ha voluto esprimere un'esigenza non più procrastinabile.

Luce ed ombra

da www.luca-b.it #lucab    tramite  https://www.pinterest.it/

Luce e ombra sono due lati della stessa medaglia... Una non può fare a meno dell'altra... Sono indissolubili.Non bisogna mai abbandonarsi alla disperazione anche se a volte essa può essere preziosa e ci può dare energie e speranza per riscattarci ! Ogni sforzo prevede una ricompensa....  .  Infatti  << Luce e  ombra, non esiste l'una senza l'altra, ma sta a noi comprendere che le ombre esistono proprio per insegnarci a vivere nella luce... (Luca B    da  cui  ho preso anche   la  foto  del  post ) >>

Perché le persone ci deludono? lezioni di filosofia di Cristian Porcino


  Le   delusioni    dipendono  anche  da noi .