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4.10.25

AGGIORNAMENTO i parlamentari italiani della global flottiglia conigli o « trascinati via, non abbiamo scelto noi di rientrare » ? secondo me conoscendo la politica israeliana

  da  unione  sarda   4\10\2025


«Trascinati via, non abbiamo scelto noi di rientrare», «Siamo stati ostaggi dell’esercito israeliano», «Gli aiuti sulle barche c’erano, quei video sono propaganda israeliana».

Parlano i quattro parlamentari italiani a bordo della Flotilla, i primi ad essere rilasciati ieri dalle autorità di Tel Aviv. Oggi rientrano altri 26 attivisti nostri connazionali, tra cui la sarda Emanuela Pala. Restano in prigione altri 15 italiani.«Siamo stati trascinati via, non abbiamo potuto scegliere, nessuno di noi aveva un'interlocuzione con nessuno. Le speculazioni di queste ore rispetto a questo nostro rientro privilegiato le respingiamo al mittente. Quanto vissuto ha annichilito la nostra possibilità di reagire», ha spiegato in conferenza stampa l’europarlamentare Pd Annalisa Corrado, riferendo che «quando qualcuno interloquiva con noi, avevamo intorno 40 persone armate». E in merito alle accuse che sulle barche non c'erano aiuti alimentari afferma: «I video sono stati registrati quando Israele aveva sequestrato le nostre barche. Dire che non c'erano aiuti è quindi solo propaganda».«Siamo stati brutalmente fermati, catturati in acque internazionali dove noi avevamo tutto il diritto di stare», dichiara invece Benedetta Scuderi, europarlamentare di Avs. «Siamo stati ostaggio dall'esercito israeliano, portati a un porto israeliano, abbiamo subito perquisizioni, interrogatori e non abbiamo avuto accesso ai nostri legali. Le barche sono state sequestrate, le bandiere palestinesi sono state tolte e messe quelle israeliane».Marco Croatti, senatore M5s: «Abbiamo partecipato alla missione come attivisti. Adesso dobbiamo essere un fronte unito per riportare a casa tutte le persone detenute illegalmente. Non dirò quello che ho visto con i miei occhi finché non saranno rientrati fino all'ultimo attivista. Non ho parlato con ministri nel corso di tutta la missione. A bordo della Flotilla c'erano solo scatoloni pieni di cibo. Ci hanno minacciato come terroristi, ma avevamo solo aiuti umanitari. E ora le piazze rispondano all'assenza dei nostri governi».Anche Arturo Scotto, deputato Pd, chiede il rilascio di tutti i detenuti: «Siamo arrivati molto vicini a Gaza, a 35 miglia, e non era scontato – sottolinea - Quelle miglia che ci distanziavano non sono state raggiungibili perché il governo non ha fatto una pressione vera per riaprire quel corridoio umanitario chiuso da anni. Chi era nell'illegalità è chi ha impedito a quelle barche di arrivare a Gaza».Sul rilascio immediato: «Credo sia stato un atto unilaterale di Israele, persino al netto dell'interlocuzione con la Farnesina. Non abbiamo avuto alcuna chiamata da Meloni, abbiamo avuto una interlocuzione con il ministro Crosetto – parlo per me, Corrado e Scuderi - anche nelle ore più complicate dell'abbordaggio. Una interlocuzione continua di cui lo ho ringraziato. Con Tajani abbiamo parlato ieri, intorno alle 9.30 di mattina, quando ci hanno comunicato che saremo rientrati, dal telefono del vice ambasciatore Baldassarri che non sapeva saremmo partiti poche ore dopo».Scotto parla di «24 ore di blackout, non sapevamo dove eravamo e che fine avremmo fatto». «Sapevamo che non ci avrebbero torto un capello, ma non sapevamo quando saremmo usciti – aggiunge - Sappiamo che sono state commesse violazioni gravi ora la testa è perché tutte le delegazioni rientrino a casa"

(Unioneonline)

Il cacciatore di virus: «Nella pandemia la paura è stata la mia compagna» Ferdinando Coghe, 69 anni, va in pensione: «Viaggerò con mia moglie, e ho un progetto»

 UNIONE  SARDA  4\10\2025





«Un viaggio in crociera? No, per carità, non mi sono mai piaciute le crociere. Sto programmando un lungo fine settimana da qualche parte nella Penisola e poi un viaggio in un luogo lontano, magari in Cina».

Lei e sua moglie.

«Con del tempo tutto per noi, finalmente. Ha sopportato stoicamente le mie lunghe assenze dovute al lavoro, e le devo riconoscere il merito di avermi sempre incoraggiato e sostenuto, anche durante i tempi bui della pandemia».

È assai strano parlare di vacanze e sentimenti col medico che – in tema di virus, tamponi molecolari, sequenziamento, regole di igiene – durante il Covid (e non solo) è stato uno dei punti di riferimento più importanti in Sardegna, tanto da aver ricevuto l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. Dopo quarant’anni di onorato servizio, il dottor Ferdinando Coghe è arrivato al traguardo della pensione. Sessantanove anni, originario di Uta, laurea in Medicina e specializzazione in Anatomia patologica, i primi incarichi nel laboratorio del “Santa Barbara” di Iglesias e di interno dell’Università al “San Giovanni di Dio”, ha lasciato l’altro ieri il laboratorio di analisi del policlinico di Cagliari (che ha diretto per quasi due decenni) e la direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera. Dalla sua postazione tra provette e macchinari, ha indagato per una vita il sangue, i tessuti e gli umori dei sardi, ma il grande pubblico ha imparato a conoscerlo durante gli anni della pandemia di Covid poiché il laboratorio dell’Aou è diventato il centro di riferimento per l’analisi e il sequenziamento dei tamponi nel Sud Sardegna. In tre anni di emergenza ben 620mila tamponi molecolari.

Il Covid è diventato un’influenza.

«I vaccini hanno fatto il loro lavoro, e l’ha fatto anche la natura infettando e immunizzando la popolazione. Fermo restando che, pure chi lo ha passato potrebbe contrarre nuovamente il virus con la comparsa di nuove varianti».

Quali saranno le prossime?

«Non possiamo saperlo, speriamo che non siano aggressive e che continui tutto così com’è. Io credo comunque che l’epopea del coronavirus si possa dichiarare chiusa. Poi è chiaro che, se contagiati, i fragili continueranno ad avere conseguenze più importanti rispetto ai giovani e sani».

Alpha, Gamma, Delta, Omicron, brasiliana, inglese eccetera. Le varianti venivano smascherate dal sequenziamento…

«Il sequenziamento del genoma del virus che ci dice qual è il suo codice genetico, da dove viene e come potrebbe comportarsi. Un esame fondamentale dal punto di vista epidemiologico per valutare gli interventi».

Lo si fa ancora?

«Certamente. Come laboratorio di riferimento continuiamo a mandare i dati alla piattaforma informatica dell’Istituto superiore di Sanità, che raccoglie quelli in arrivo da tutta Italia per poi trasmetterli al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie».

È ancora necessaria la mascherina?

«Tutte le malattie che si diffondono per aerosol dovrebbero essere soggette a questa regola. Se prendessimo esempio dal Giappone, Paese che amo e dove c’è una cultura spiccata per il rispetto dell’altro, vedremmo che usano la mascherina per non contagiare e per non farsi contagiare. Serve buon senso e sensibilità».

Vero, però la mascherina non viene più usata neanche da chi lavora in ospedale.

«Non è così. La mascherina non è utilizzata nei corridoi, che sono luogo di passaggio e non di cura».

Virus a parte…

«Il laboratorio dell’Aou di Cagliari è anche il centro di riferimento per le arbovirosi, malattie causate da virus trasmessi da vettori come zanzare e zecche, e quindi copre tutta la diagnostica su West Nile, Dengue, Chikungunya, Zika, Usutu eccetera».

Un lavoro impegnativo?

«È un’attività in emergenza urgenza visto che la diagnosi va fatta quanto prima possibile, e noi l’abbiamo sempre garantita entro 8, 12 ore. A differenza del Covid, poi, che prevede un test molecolare, la procedura è più complessa perché, per esempio, vanno fatte indagini su più matrici».

L’allerta oggi riguarda la West Nile.

«È una malattia che è diventata endemica da poco. Abbiamo il virus che circola perché ha come serbatoio i volatili e come vettore la zanzara. Per fortuna il numero dei casi sintomatici è basso, anche se i dati ci suggeriscono attenzione sul cluster di popolazione interessata...».

I non sintomatici.

«Che sono tanti di più dei 41 pazienti positivi a oggi. Siccome si valuta che l’1,5 per cento dei casi è sintomatico, è evidente che questa porzione è parte di una fetta più ampia. Bisogna rivedere alcuni aspetti delle misure in atto».

Per il resto, un laboratorio di analisi chimico-cliniche cosa fa?

«Esamina le matrici biologiche per supportare i medici nella formazione della diagnosi, nel monitoraggio dell’andamento di una malattia, o nell’individuare gli agenti patogeni che hanno determinato una patologia».

Esami condotti su sangue, tessuti, pus…

«Esattamente. E muco, liquido cerebrospinale, espettorati eccetera eccetera».

C’è un’emergenza, in particolare, che ha visto crescere negli ultimi anni?

«La resistenza agli antibiotici, sia in ambito ospedaliero che territoriale. Dentro l’azienda abbiamo sistemi diagnostici molto rapidi che ci permettono di individuare questi patogeni e di avvertire immediatamente il comitato per le infezioni ospedaliere, la direzione medica di presidio e i direttori della strutture complesse».

Avrà nostalgia del lavoro?

«Al policlinico lascio una squadra molto preparata che sicuramente farà bene, anche meglio di quanto ho fatto io. Per il resto, ho un progetto...».

Viaggiare.

«Non solo. È un progetto di digital pathology che mi permette di esercitare la mia specializzazione in anatomia patologica. Continuerò dunque a lavorare con un bel gruppo: c’è il radiologo, l’oncologo, il patologo, l’ingegnere che si occupa di algoritmi e di intelligenza artificiale».

Una società?

«Non abbiamo ancora deciso la forma».

C’è stato un momento, durante la pandemia, in cui ha avuto davvero paura?

«Non un momento, io ho letteralmente convissuto con la paura. Vede, l’idea di creare il laboratorio Covid è stata mia. Sapevo che avrei esposto i miei collaboratori a un rischio enorme, e questo pensiero mi atterriva perché se qualcuno si fosse ammalato, andando magari incontro a conseguenze gravi, mi sarei sentito responsabile. Al contempo, mi sono attrezzato...».

In che senso?

«Ho studiato come fare tanti tamponi e bene, ma allo stesso tempo ho messo a punto un protocollo di protezione. Ho fatto il carabiniere, ma devo dire che, in quel periodo, da me non si è mai infettato nessuno. Lo dico con una punta di orgoglio, anche se devo ammettere che siamo stati molto fortunati».

i parlamentari italiani conigli. della global fottiglia



lo so che gli insulti non vanno mai bene ma loro con il loro comportamento è stato da bastardi inside quanto ti prendi un pegno cosi grande lo fai fino alla fine non cerchi scapattoie e lasci gli altri\e con cui
ha condiviso la cosa nella 💩 . Mi  chiedo : ma per coerenza verso chi è rimasto in Israele e non è ancora rientrato, e per coerenza verso gli ideali e la sinistra, non potevano rimanere con gli altri e rientrare tutti insieme ?!O hanno preferito godere dei loro privilegi?! E se lo hanno fatto, è coerenza verso chi è rimasto ancora in Israele?! Ha ragione questo utente social su cui sono agli antipodi


NON È POLEMICA RIPETO NON È POLEMICA
Sono curioso e chiedo... Partecipi ad una iniziativa lodevole come la flottilla per sensibilizzare l'opinione pubblica, la nazione, la galassia bla bla ok.. Le forze IDF vi intercettano e questi 4 soggetti che fanno?
Esibiscono il loro tesserino parlamentare e boom magia si torna subito in Italia con tanto di servizio d'ordine e media che ti aspettano...
La mia domanda è... Perché non avete condiviso fino in fondo questa "avventura" perché è bene ricordare che i nostri connazionali che hanno partecipato all'impresa sono in stato di fermo chiusi in uno stanzone all'interno di una struttura di massima sicurezza israeliana...
Come diceva la buonanima di Alberto Sordi... Perché io so io... E voi non siete un....
"I militari non lasciano mai nessuno dietro" rappresenta un principio etico e professionale che implica la cura e il recupero dei propri compagni feriti o caduti, e talvolta anche di coloro che li hanno supportati. Questo principio è radicato nella formazione di ogni soldato ed è considerato un imperativo morale, anche se la sua applicazione pratica può variare a seconda delle circostanze.


Se fossero stati coerenti avrebbero dovuto rinunciare alle loro prerogativa parlamentari non lasciare i compagni di ventura nella merda nelle carceri israeliane chi rifiuta di firmare il foglio illegale d'espulsione diretta . se sei convinto di ciò che fai non abbandoni i tuoi compagni.

3.10.25

La prima nave da crociera per viaggiatori solitari: qual è e quanto costa



Una vacanza in crociera è sinonimo di divertimento, serate di gala e brindisi in compagnia, dunque un'esperienza assolutamente consigliata per le famiglie o per i gruppi di amici che intendono rilassarsi ma senza rinunciare a un pizzico di follia. I viaggiatori "solitari", ovvero coloro che per volontà o per necessità si ritrovano a partire da soli, solitamente non la scelgono proprio perché per loro risulta difficile fare conoscenze a bordo, dove per tutta la durata della vacanza si incontrano sempre le stesse
persone. Ora però le cose sono cambiate: è arrivata la prima crociera per "solo traveller" e sembra essere destinata a spopolare.
Quando verrà inaugurata la crociera per viaggiatori solitari
È stato annunciato che la prima nave da crociera dedicata ai viaggiatori solitari verrà inaugurata nel 2027, si chiamerà MS George Eliot e offrirà diversi itinerari di 8 o 15 giorni, tutti pensati per andare incontro a ogni tipo di gusto ed esigenza. Il primo viaggio è previsto per giugno 2027, quando agli ospiti verrà data la possibilità di salpare a bordo di una nave da 110 metri dotata di ogni comfort. Pensata per essere un hotel a 5 stelle "galleggiante", dispone di camere di ogni tipo, da quelle col balcone alla francese alle suite, fino ad arrivare alle stanze deluxe con terrazzino.
Quanto costa una crociera per solo traveller
Legni, metalli lucidati e tessuti italiani: all'interno della nave da crociera per viaggiatori solitari tutto è stato pensato per offrire un'esperienza di lusso. Gli ospiti avranno a disposizione numerose opzioni per la ristorazione, tra cui un ristorante principale con tavoli all'aperto, un bistrot e un lounge bar panoramico con vista sul fiume. Non mancherà il solarium con lettini e una piscina all'aperto, ma il punto forte sarà il campo da golf sul ponte. In tutto potranno esserci circa 132 passeggeri, tutti in viaggio da soli. Al momento sono previsti itinerari con tappa a Vienna, Budapest e Salisburgo e i prezzi per 8 giorni si aggirano intorno ai 3.000 euro a persona, mentre per viaggi di 15 giorni sul Reno si arriverà a circa 5.000 euro a persona.

bimba di 10 anni adescata su Snapchat: 52enne a processose togliere o sospendessero la patria poesta a quei genitori che danno il cell con internet ai bambini di 10 anni

 bisogna   insegnare  la prevenzione    basilare    tipo   cme  quella   che i nostri nonne  i  nonni  genitori e  qiualche  maestra  d'asilo  e  elementari illuyminata  ( parlo   per  la  mia   generazione    fine  annni  70  prima anni 80 )  non  fidarsi degli sconosciuti   sulla  rete  e  se  qualcosa   non  va     vi sembra  strano avvisare i  genitori  sempre   che   sappiano cosa   sianomi. social   e le app come snapchat  . Ormai      quello di  dirgli     di  non  dare  il  cellulare  e   internet    al di sotto     dei  13\14  anni   è  una      battaglia persa  come  dimostra questo fatto doi cronaca  . Meno   male che  la madre  ha avuto   un barlume  d'intelligenza  ( lo avesse  avuto rima   a  far  usare  il  cell   ,  con tale  app  alla figlia   sarebbe   sato meglio   )  e  se  'è  accorta  

 dalla nuova  sardegna  del  3\10\2025


«Sei vestita? Sei a letto?», bimba di 10 anni adescata su Snapchat: 52enne a processo







Sassari Una chat tra compagni di classe: a nove e dieci anni, sull’app Snapchat (utilizzata principalmente dai giovanissimi), bambini e ragazzini si inviano immagini divertenti, parlano con amici e familiari tramite testi, adesivi e, appunto, Snap (ossia foto e video). Ma, come tutti gli strumenti di comunicazione che viaggiano sui social, ha i suoi rischi e, soprattutto, le trappole degli adulti sono dietro l’angolo. Ed è quello che è accaduto a una bambina di 10 anni di Sassari, adescata – secondo la tesi della Procura – da un uomo di 52 anni che l’ha contattata, le ha scritto messaggi dal contenuto esplicitamente pornografico prima di essere scoperto dalla mamma della vittima che lo ha denunciato. L’inchiesta è stata condotta (vista la tipologia del reato) dalla Dda di Cagliari che due mesi fa ha disposto la citazione diretta a giudizio.
Ieri mattina 2 ottobre, nell’udienza predibattimentale davanti al giudice Antonello Spanu, l’imputato (di origini laziali) difeso dall’avvocato Roberto Baldi, ha annunciato di non voler ricorrere a riti alternativi e verrà processato con il rito ordinario che inizierà il 12 gennaio con il giudice Anna Pintore.
La vicenda aveva scosso profondamente i genitori della bambina caduta in una squallida trappola. Per lei e per i suoi amichetti quella chat era un gioco. Uno spazio di interazione creativa attraverso l’utilizzo – tanto per fare un esempio – di adesivi di simpatici animali che vengono sovrapposti ai volti. E proprio da qui sarebbero partiti i primi messaggi del 52enne, da un apprezzamento all’immagine di un cane pubblicata dalla vittima. “Sei a letto? Quanti anni hai? Sei vestita o no?” alcune delle frasi più “innocenti” che le avrebbe scritto. Perché poi sono arrivate quelle oscene, volgari, di sesso esplicito. Non sapeva, l’imputato, che a rispondergli non era la bambina bensì sua madre.
La donna era stata messa in allarme dalla mamma di un’amichetta della figlia che aveva letto i primi messaggi del 52enne e l’aveva immediatamente avvisata. Lei aveva finto per un po’ di essere una bambina: sua figlia di 10 anni, per la precisione. Quello che era stata costretta a leggere sul display del cellulare era raccapricciante. Messaggi dal tenore inequivocabile e dai contenuti indecenti. A quel punto è scattata la denuncia e l’inchiesta è passata alla Dda di Cagliari, titolare il pm Marco Cocco. Ieri l’udienza predibattimentale e la scelta, da parte dell’imputato, di voler essere processato con il rito ordinario. Convinto di poter dimostrare di non aver commesso reati e in particolare di non aver adescato la minore perché, a suo avviso, quelle chat sarebbero aperte a chiunque e non ci sarebbe bisogno di un “invito”. Il giudice Antonello Spanu ha quindi disposto l’apertura del dibattimento per gennaio del prossimo anno. Intanto, i genitori della bambina si sono già costituiti parti civili con l’avvocato Gianfranco Oppes che li assisterà durante il processo. 

DIArio di bordo n 149 anno III Bianca Pitzorno: «Tutta folclore e fuori dalla storia, detesto l’isola descritta ai turisti» .,La ripartenza Dall’incendio alla rinascita: la lavanderia che restituisce la sabbia alle spiagge ., Coltivatori di funghi a 900 metri sul livello del mare: la scommessa contro lo spopolamento

conconcordo   con Concordo in pieno con la  scrittice  Bianca Pitzorno

 la  Nuova   Sardegna   2\10\2025 

L’intervista-la mia Sardegna
Bianca Pitzorno: «Tutta folclore e fuori dalla storia, detesto l’isola descritta ai turisti» 

La scrittrice racconta l’infanzia e la gioventù vissuta a Sassari: «I giochi, le vasche, i primi flirt; Piazza d’Italia era il cuore della vita sociale

                                                  di Massimo Sechi
Bianca Pitzorno: «Tutta folclore e fuori dalla storia, detesto l’isola descritta ai turisti»


«Io non mi sento sarda, mi sento sassarese. Per me Sassari è una enclave nella Sardegna così diversa che, per chi è veramente sassarese come sono io, il resto della Sardegna è un paese straniero come fosse il continente». Bianca Pitzorno non usa mezzi termini quando parla della sua terra e della sua città. Nata in via Roma, vissuta in Piazza d'Italia fino ai 26 anni, la scrittrice ha fatto di Sassari il centro della sua memoria e di molte sue storie, senza mai cedere alla retorica dell'identità sarda, un concetto che non nasconde di detestare, così come tanti stereotipi sull’isola.

Se pensa a Sassari quali ricordi le vengono in mente?

«Prima di tutto Piazza d’Italia, che era il cuore della vita sociale, ma anche il posto dove andavamo a passeggio, facevamo le vasche. I bambini più piccoli giocavano a rincorrersi, noi alle medie ci divertivamo con la guerra francese, poi un po’ più grandi nascevano i primi flirt. Poi c'è il liceo Azuni. Ho frequentato in quell’edificio dalla prima media alla terza liceo. Tutti i giorni andavo da Piazza d'Italia lungo via Cagliari, via Torre Tonda, i giardini pubblici. Mio fratello si era preso l'appento (la briga) di contare quante volte avevamo fatto quel percorso nella nostra vita ed erano infinite. Se parliamo invece di profumi ricordo quelli della favata, i lumaconi, le frittelle fatte con l’imbuto. E anche la zagara dei frutteti intorno alla città».

Quanto c'è di Sardegna nei suoi libri?

«C'è naturalmente tanto, perché per tutti gli scrittori la propria esperienza è la prima base della scrittura. Ho vissuto un quarto della mia vita qui e inevitabilmente alcuni dei miei libri sono ambientati a Sassari, ad esempio una serie di libri per ragazzi è ambientata nella scuola di San Giuseppe, storie veramente successe lì. Ho scritto dannandomi l'anima la biografia di Eleonora d'Arborea, perché non c'era quasi alcuna documentazione. La Sardegna c'è sempre tanto perché è stata la mia esperienza del periodo più importante della vita».

Ritorna spesso nell’isola?

«Io vengo spessissimo in Sardegna. Ho ancora una sorella che vive qui, una gran quantità di cugini, moltissimi amici fin dalle elementari con i quali sono rimasta molto legata. La mia necessità di tornare è di vedere quelle persone, non tanto di vedere la terra, ma le persone che a differenza mia sono rimaste a vivere qui. E quando riesco a beccarla, vado alla commedia sassarese, mi fa scompisciare dalle risate».

Che cosa non le piace della Sardegna di oggi?

«Ho vissuto il momento in cui è nata la Costa Smeralda, perché proprio in quel periodo facevo la mia tesi con Lilliu e partecipavo a degli scavi a Arzachena. Ho visto stravolgere quei luoghi. Devo dire che detesto la Sardegna raccontata a fini turistici, anche in alcuni libri recenti di successo. Si inventano una Sardegna fuori dalla storia, ad uso di chi arriva nell’isola con il tutto compreso, non esce dal villaggio se non per due gite guidate e se ne torna a casa sua con un’idea di questa terra favolosa ma che poi non è quella reale».

Quali scrittori sardi apprezza di oggi e del passato?

«Apprezzo moltissimo Marcello Fois quando parla di Sardegna come nella saga dei Chironi o  in “Memorie del vuoto” sulla vita di Stocchino. Ma mi piace anche quando racconta storie ambientate nel continente, come nel suo ultimo romanzo.  Anche Toti Mannuzzu era un grande scrittore. Poi c'è stato Sergio Atzeni: “Bellas Mariposas” secondo me è uno dei libri di formazione sull'adolescenza più belli della fine del Novecento. Invece ci sono altri scrittori che offrono una descrizione della Sardegna tutta folclore, magica. Quelli non li posso sopportare. La Sardegna ha avuto una storia nell'Europa, ai tempi di Eleonora i Giudici di Arborea erano alla pari dei principi europei. E ha avuto le sue classi sociali: non solo pastori e contadini, ma avvocati, ingegneri, pittori».

Cosa consiglierebbe a un giovane scrittore sardo: partire o restare?

«Oggi è necessario avere un agente. Quando uno ha un buon agente, che viva in Sardegna o fuori è uguale, deve vivere dove si trova meglio, dove ha i suoi affetti. Questo col fatto di fare lo scrittore non c'entra niente. Attenzione però: con questa moda della Sardegna favolosa, se uno si presenta con i gambali e la berritta, anche con un testo mediocre viene guardato con più interesse di uno vestito in jeans come un ragazzo di Trieste».

Tra i tanti premi ricevuti, che posto hanno quelli legati a Sassari?

«Il Candeliere d’oro fu un riconoscimento affettuoso, nato quasi per caso, dopo la mia laurea honoris causa a Bologna. Ma il premio che ho amato di più è stata la “chiave d’oro dei cancelletti degli orti”, che mi consegnò lo scrittore Franco Enna e che mi nominava sassarese in ciabi. Forse mi ha fatto più piacere quello che non il candeliere d’oro speciale».

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IDEM 

La ripartenza
Dall’incendio alla rinascita: la lavanderia che restituisce la sabbia alle spiagge


Sassari 
Quattro anni fa, sembrava tutto finito. Le fiamme avevano distrutto i sogni e i progetti di una vita: la prima sede della ditta di pulizie Arte Clean era andata in fumo insieme ad altri nove capannoni e altrettante aziende nella parte sud di Predda Niedda  «Quell’incendio ci ha cambiati: forse le cose non sarebbero andate così» dicono Barbara Grandu e Sandro Usai, con un sorriso che quattro anni fa sarebbe stato inimmaginabile. E che però è diventato possibile, grazie all’aiuto di tanti e alla forza di volontà dei due.

«Pian piano siamo riusciti a rimetterci in piedi, abbiamo iniziato a lavorare con importati realtà turistiche della Costa Smeralda, e ci siamo resi conto di un fatto: gli asciugamani, per quanto vengano scossi e sbattuti dalle persone, contengono ancora tanta sabbia, che resta nella trama» raccontano. E così, prima per gioco e poi sempre più seriamente, insieme ai propri dipendenti hanno iniziato a raccogliere la sabbia che restava nei filtri degli essiccatori: «Noi ci teniamo alla nostra terra bellissima e se possiamo in qualche modo, anche piccolissimo modo, contribuire a tenerla bella, lo facciamo volentieri».
Al termine della stagione, il bottino raccolto è stato di 40 chilogrammi: «È tanto, è poco? Non lo so, è un inizio. Sappiamo da dove arriva, perché da lì arrivano gli asciugamani, e così, dopo aver filtrato la sabbia, ripulendola da cicche e gomme, la abbiamo riportata a Liscia Ruja» dice Sandro.

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La fenice Eppure, quattro anni fa, ogni cosa sembrava perduta. L’incendio fu devastante. «Era il 21 settembre 2021 e il mondo si fermò» racconta Barbara Grandu. Sarebbe stato molto facile arrendersi, anche perché all’enorme ondata di commozione e solidarietà, come spesso capita in questi casi, non corrispose poi un concreto aiuto economico. «Ma abbiamo avuto la fortuna di incontrare degli amici, degli angeli che ci hanno aiutato a rimetterci in piedi» spiega. E in quel momento tutto è cambiato, a cominciare dal logo di Arte Clean. Un nuovo simbolo che non poteva che essere la fenice, l’uccello mitologico che rinasce dalle sue stesse ceneri, rossa come le fiamme che avrebbero potuto distruggere un progetto, ma che invece ne hanno fatto nascere uno nuovo, trasformando una impresa di pulizie specializzata nelle case vacanze in una lavanderia artigianale all’avanguardia, con un occhio di riguardo per l’ambiente. «Non sarebbe potuto accadere senza coloro che ci hanno aiutato, a cominciare dalle nostre dipendenti, che hanno acquistato personalmente scope, palette e altri utensili per continuare a lavorare dopo che il materiale era andato distrutto» raccontano Barbara e Sandro. Ma non sono state le uniche: «Siamo stati accolti alla Farfalla, dove il personale amministrativo ha potuto chiudere le fatture entro il 30 settembre grazie a due vecchi computer sistemati e donatici dal nostro tecnico. Ci ha aiutato anche Agricola Mariani, mentre Filippo Salaris, di Sorgente Solare, ci ha portato qui, nella sede dove stiamo adesso, noi non avevamo soldi per pagare l’affitto ma ci ha detto: “Iniziate a lavorare, ci rivediamo fra un anno e mezzo”. O ancora i commercianti del centro, che ci hanno aiutato con una donazione grazie all’impegno di Diana Tessuti. Insomma, abbiamo ricevuto tanto bene, e ora vogliamo restituirlo». E anche riportare la sabbia nelle spiagge di origine è un piccolo modo per farlo. «Ora stiamo studiando con il nostro fabbro-inventore, Giovanni Lella, un macchinario che ci consenta di scuotere gli asciugamani ancora prima di metterli in lavatrice» spiega Sandro Usai. Che mostra orgoglioso i macchinari dell’azienda: «La mia idea è che tutti gli utili vadano investiti in innovazione tecnologica: non ho bisogno di comprarmi la Porsche, questa è la mia Porsche» dice, indicando una macchina che piega i tovaglioli. Più in là ce n’è una per il lavaggio dei tappeti: «In Italia non le produce nessuno e non se ne trovano più, l’abbiamo dovuta far arrivare dalla Turchia».Di fronte c’è un macchinario per stenderli, progettato sempre dal solito fabbro-inventore. «Ma l’automazione non deve sostituire il fattore umano, che è la vera risorsa di un’azienda che ha scelto di lavorare con la qualità piuttosto che con la quantità. Il gruppo ha circa una quarantina di dipendenti, e anche se il lavoro segue un andamento stagionale, la gran parte ha il contratto a tempo indeterminato, perché non possiamo permetterci di perdere la loro professionalità».

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I titolari dell'azienda a Belvì Dante Carboni e Luciano Onano

Belvì I funghi più alti della Sardegna nascono a Belvì. Li coltivano da oltre quattro lustri, esattamente da 24 anni, Dante Carboni e il suo socio della Società agricola funghi belviesi, Luciano Onano. Consapevole che il marketing gioca anche su alcune parole chiave, anche l’altimetria dei prelibati funghi lo è, per conferire maggior appeal al prodotto. «Sì, siamo a circa 900 metri dal livello del mare. Penso che sia l’unica azienda per la produzione di funghi che lo faccia a questa altezza. In Sardegna di sicuro, ma probabilmente anche in Italia. Non mi risultano casi del genere. I competitor ci sono. E anche tanti, ma sono tutti in pianura», dice l’imprenditore con il nome del sommo poeta e con un sorriso accogliente e i modi decisi e rapidi della gente di montagna. Da sempre abituata a darsi da fare e a superare difficoltà imposte in primis dalla geografia e orografia dei luoghi.La sua è una famiglia di commercianti («mio nonno paterno veniva da Bosa era de “sos perriganos” citando il soprannome che nella città del Temo marchia tutti in maniera indelebile), ma per i funghi c’è una passione tutta personale e una competenza acquisita negli anni. Sicuramente ha contato anche essere un cercatore esperto in un territorio che sa regalare soddisfazioni. «Tutti noi abbiamo sempre vissuto nel bosco e i funghi li andavamo a cercare fin da bambini. Si creava una sorta di competizione. Io ero gelosissimo dei miei e quelli che prendevo li dovevo assaggiare io per primo», dice l’imprenditore che con il socio i funghi li coltiva in nove serre adagiate in mezzo al bosco. Un punto che si raggiunge percorrendo una strada che si arrampica tra i fusti di corbezzolo. «Di sicuro non ho mai venduto i porcini che ho trovato, quella è un’altra storia», dice Dante che qui da sempre ha trovato il suo equilibrio con la natura tra funghi, caccia e pesca.«La produzione annua solitamente supera i 540 quintali. La stagione dei funghi da queste parti inizia ad agosto e di solito si conclude ai primi di luglio. Poi sono altri a farla arrivare nelle tavole dei consumatori. Noi serviamo i gruppi principali della grande distribuzione a cui diamo un prodotto fresco che piace e di conseguenza per fortuna si vende». Le tipologie sono diverse. Principalmente qui si producono i pleurotus ostreatus, bianco ostrica, molto apprezzato per la sua consistenza carne e il sapore gradevole. Poi il cardoncello, pioppino e pleurotus cornucopia. «Facciamo anche qualcosa per le aziende che lo commercializzano sott’olio. Insomma, ci si da da fare», commenta anche sul bilancio di una vita da coltivatore, come tutti i commercianti si mantiene molto cauto.
«A volte si perde, altre volte si pareggia e poche altre ancora si fa qualche utile – commenta – Forse sarei già dovuto andare in pensione, ma sono ancora qua. Mi piacerebbe che mio figlio che al momento sta studiando prenda in mano l’attività e gli dia continuità. Un ragioniere in azienda serve sempre, così come braccia e volontà», aggiunge. «È il sogno di ogni belviese avere dei figli che possano rimanere in questi territori. Il passaggio generazionale è importante, così come poter condividere le varie tappe dell’esistenza vicini e non a migliaia di chilometri di distanza». In questi anni non sono mancati anche i finanziamenti e i supporti per piccoli grandi investimenti. «Qui ogni piccolo contributo aiuta non poco ogni impresa, perché viviamo in delle zone dove gli spostamenti sono difficoltosi e i costi anche per i soli spostamenti delle merci lievitano. Basta immaginarsi che noi quando siamo in produzione mediamente produciamo al giorno 5-6 quintali di funghi. Il prodotto che non si può conservare più di tanto deve essere un prodotto giornaliero per non perdere le sue qualità». L’impresa, l’azienda agricola funghi belviesi, e le altre sono un toccasana per il paese e il territorio. «Significano presenza, reddito e vita per le persone e in bosco. Non è poco, è tutto». 



2.10.25

Global Flotilla, silenzi e complicità: appunti da una rotta interrotta






Dopo   il bliz  d'ieri.  la  situazione   è in continua evoluzione, ma ecco il quadro più aggiornato  trovato  i rete  chiedendo a  coplot   cioè  la   IA  di   bing\  msn   :

🚢 Global Sumud Flotilla: chi è arrivato e chi è stato bloccato

La Mikeno è riuscita ad arrivare a Gaza

  • Secondo fonti turche e attivisti, la nave Mikeno ha raggiunto le acque territoriali della Striscia di Gaza, infrangendo simbolicamente il blocco navale israeliano 

  • Tuttavia, i contatti con l’equipaggio sono stati persi poco dopo l’arrivo, e non è chiaro se siano stati intercettati o abbordati 

🚫 La maggior parte delle navi è stata intercettata

  • Le forze israeliane hanno abbordato circa 40 delle 47 imbarcazioni della Flotilla.

  • Alcune barche sono ferme in mare per problemi tecnici, mentre 3 sono ancora in navigazione, ma strettamente monitorate.

  • Gli attivisti arrestati, inclusi circa 40 italiani, saranno espulsi nei prossimi giorni

⚠️ Israele nega che qualcuno sia arrivato

  • Le IDF (Forze di Difesa Israeliane) sostengono che nessuna nave abbia raggiunto Gaza, smentendo le dichiarazioni degli attivisti

---- Questa tensione tra fonti ufficiali e testimonianze dirette è già di per sé un tema potente  , infatti   il confine tra “macerie” e “rovine”  di cui abbiamo  discusso precentemente  sempre su queste pagine si riflette anche nel modo in cui la verità viene raccontata e contestata. Infatti    intreccia questi eventi con una riflessione sulla disobbedienza civile, la narrazione del potere e il diritto alla testimonianza i fatti della Global Flotilla con una riflessione più ampia sul silenzio istituzionale e il diritto alla disobbedienza:  Ecco  come   secondoi  il mio grillo  parlante  , mentre le navi della Global Sumud Flotilla venivano intercettate in acque internazionali, alcuni Stati hanno scelto di richiamare i propri ambasciatori in segno di protesta. Hanno riconosciuto l’illegalità dell’abbordaggio, la violazione del diritto marittimo, l’arroganza di chi confonde sicurezza con impunità.E l’Italia?  33   ,  secondo  alcue  fonti  40 .  cittadini italiani sono stati arrestati. Eppure, il governo tace. O peggio: suggerisce che “se la sono cercata”. Come se la solidarietà fosse una colpa. Come se la disobbedienza civile fosse un capriccio. Come se il Mediterraneo non fosse anche nostro.La Mikeno, forse, è arrivata a Gaza. O forse no. Le versioni si contraddicono, i segnali si perdono. Ma la verità non è solo nei porti raggiunti, è anche nei tentativi, nei corpi che si espongono, nelle rotte che sfidano il blocco.Questo non è solo un fatto di cronaca. È una domanda politica, etica, poetica: Chi decide quali vite meritano soccorso? Chi stabilisce quali voci possono navigare? Chi ha il diritto di dire “non in mio nome”? 

 -- Se vuoi, possiamo aggiungere una citazione apocrifa come incipit, o un’immagine simbolica che evochi la rotta interrotta. Vuoi che lo trasformi in una versione visiva per il tuo blog ? 

... non credo   due  parole sono poche  ed  una  è  troppo

--- ok 


gli stati esteri richiamo gli ambasciatori israeliani per le illegalità commesse contro la global flottiglia e la meloni per i 3 italiani tace o dice d'arrangiarsi

Lorenzo Tosa
5 h ·


Voglio leggerveli tutti, uno in fila all’altro.
Sono i nomi dei 33 italiani che sono stati sequestrati illegalmente dall’esercito di Israele e che ieri hanno scritto un pezzo di Storia del nostro Paese.
Voglio che rimangano qui a imperitura memoria, dopo che per oltre un mese sono stati insultati, derisi, offesi, incolpati dal governo italiano di complicità con terroristi, di voler far saltare la pace e ogni genere di accusa umanamente sopportabile.
Voglio che chiunque, leggendoli, possa dire che 33 patrioti - anzi partigiani - italiani ieri, 1 ottobre 2025, nelle acque internazionali al largo di Gaza, hanno compiuto un atto di Resistenza in supplenza morale, civile, umanitaria e politica (nel senso più alto) del governo italiano e di quasi tutti i governi europei e mondiali.
I loro nomi sono:





Pietro Queirolo Palmas
Antonio La Piccirella detto Tony
Simone Zambrin
Annalisa Corrado
Arturo Scotto
Margherita Cioppi
Michele Saponara
Paolo Romano
Saverio Tommasi
Maso Notarianni
Federico Frasca
Gonzalo Di Pretoro
Irene Soldati
Marco Orefice
Sara Masi
Lorenzo D’Agostino
Andrea Sebastiano Tribulato
Fabrizio De Luca
Paolo De Montis
Ruggero Zeni
Silvia Severini.
Nicolas Calabrese
Barbara Schiavulli
Benedetta Scuderi
Marco Croatti
Carlo Alberto Biasoli
Jose Nivoi
Adriano Veneziani
Alessandro Mantovani
Cesare Tofani
Dario Crippa
Giorgio Patti
Manuel Pietrangeli.
                         Grazie, solo questo.

  Infatti   



è  qu,i  no aggiugo niente    di mio  perchè due parole  sono troppe   e  una  è poco  . 

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n° LI : ECCO COSA FARE SE ENTRI IN CONTATTO CON L’AGGRESSORE METODI RAZIONALI ED ISTINTIVI

   Leggi anche  Da settimane non facciamo che ripetervi che l’obiettivo, nel caso in cui siate vittime di un’aggressione, non è comba!ere, [ a meno  chje  non sia  costretto a  farlo ]  , ma liberarsi e scappare. Nel caso in cui però non possiate fare altrimenti e dobbiate entrare in contatto con un aggressore, è fondamentale tenere a mente alcuni concetti. Puntate sempre a zone sensibili come occhi, naso, gola, inguine e ginocchia. Usate un tono di voce forte: urlare può spaventare l’aggressore e attirare l’a!enzione di altre persone, che potrebbero darvi aiuto. Per difendervi usate quello che avete: borsa, chiavi, ombrello o uno spray legale.Se arrivate al conta!o, potete dare un colpo al naso con il palmo: spingete il palmo verso l’alto contro il naso.Provocherà un dolore immediato alla persona e vi darà la possibilità di scappare. Ancora, colpite l’inguine con il ginocchio: se l’aggressore vi è vicino, afferrategli le spalle o la testa e colpite con forza l’inguine. Avrete la possibilità di scappare. Anche un calcio secco al ginocvchio o allo stinco è semplice da eseguire: può far perdere equilibrio e perme!ervi di allontanarvi. A volete può essere prezioso liberarvi da una presa al polso


non tirate “contro” la forza, ma ruotate il polso verso il punto più debole della presa (tra pollice e indice) e tirate indietro. Guadagnerete secondi per scappare. In#ne, spingete con le mani il petto o il volto dell’aggressore. Sarà utile per creare distanza e guadagnare tempo prezioso per la fuga. Oltre alla fiicità, anche l’aspe!o verbale ha la sua importanza. Urlate comandi brevi e forti. Parole come “Lasciami!” e “Aiuto!” possono fare la differenza: rinforzano la vostra detterminazione e possono spaventare l’aggressore, ancora una volta perme!endovi di allontanarvi. Perché, non lo ripeteremo mai abbastanza, la vera vittoria è la fuga.


Vero quello  che   dice   Antonio bianco esperto antigressione  . Ma    possono esserci     dei casi  in  cui   l'aggressore   può  reagire  ai tuoi tentsativi  di difesa     no violenti  . Infatti   ci sono  casi  in cui   urlare peggiora la situazione con un aggressore, è fondamentale adottare strategie più efficaci e sicure. Ecco alcune indicazioni basate su approcci psicologici e comportamentali   : oltre  a  quest  articolo  « Scappare dal vortice di una persona aggressiva: 5 strategie efficaci » di  https://studiolegalelavorospoltore.it/psicologia/ ecco   altri 8  punti  

 1. Non reagire con la stessa intensità

  • Evita di alzare la voce o rispondere con rabbia.

  • Mantenere un tono calmo e controllato può disinnescare l’escalation.

 2. Adotta una postura assertiva, non provocatoria

  • Stai dritto, ma non minaccioso.

  • Evita gesti bruschi o invadenti.

 3. Usa frasi brevi e chiare

  • Comunica con fermezza: “Non voglio litigare”, “Mi allontano ora”.

  • Evita spiegazioni lunghe che possono alimentare la tensione.

 4. Allontanati se possibile

  • Se sei in uno spazio pubblico o hai una via di fuga, usala.

  • Non restare in un luogo chiuso con una persona che mostra segni di aggressività crescente.

5. Non cercare di “ragionare” nel momento di furia

  • Quando una persona è sopraffatta dall’emotività, la logica non funziona.

  • Rimanda ogni discussione a un momento più tranquillo.

 6. Riconosci i tuoi diritti

  • Hai il diritto di proteggerti e di non subire violenza verbale o fisica.

  • La consapevolezza dei propri limiti è un primo passo verso la difesa.

 7. Cambia atteggiamento: da reattivo a proattivo

  • Preparati mentalmente a riconoscere i segnali di escalation.Impara a dire “no” con calma e decisione, senza entrare nel gioco dell’aggressività.

8.  ultima  ratio  Difenditi     con  le techiche    di aerti marziali  (  quelle  citate  sopra     e nelle puntate precedenti  ) 






e poi dicono che gli immigrati non rispettano le nostre tradioni e la nostra identità il caso di don felix parocco di Ossi che ha parlato della lingua sarda e di quanto sia essenziale insegnarla a scuola.


Lui è Don Felix, il parroco di #Ossi.

Nei giorni scorsi durante un evento al paese ha parlato della lingua sarda e di quanto sia essenziale insegnarla a scuola.
Don Felix (ormai sardo di adozione) ha dato delle idee per evitare che il sardo scompaia. Idee in cui ci ritroviamo tutti.Grandissimo Don!❤️‼️Prendetevi tre minuti del vostro tempo e ascoltate questo discorso fino alla fine ‼️









Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   dopo a  morte    di  Maurizio Fercioni ( foto   sotto  a  centro ) , fondatore del Teatro Parenti a Milano e primo tatuatore d’Italia Gia...