15.3.14

alla ricerca di un film misterioso hanno ucciso un altro bandito opera del regista romano Guglielmo Garroni, datata 1976

forse ho trovato online  su http://www.tubeplus.me/  un   film d'epoca  girato  dalle mie parti nel 1976    più  precisamente  qui per il donwload diretto
Un Misterioso film di cui non si ha praticamente alcuna notizia e di cui non si è ancora trovata una copia. Esistono solo diversi manifesti d'epoca, che farebbero pensare ad un film drammatico sul banditismo sardo. Secondo il Dizionario dei film di Poppi e Pecorari risulterebbe un passaggio televisivo nel marzo del 1978 su Telemontecarloe  una proiezione  nella stessa  Santa  teresa  come   dice  questo articolo   della  nuova sardegna  cronaca Olbia-Gallura  del 15\3\2014



                                  di Giulia Bardanzellu
SANTA TERESA 
Il dizionario del cinema italiano, Poppi e Pecorari, lo cita così: «Film misterioso che non risulta mai essere stato programmato nelle pubbliche sale».


foto  di  Sara Achenza ©









Mai, tranne che a Santa Teresa, dove in molti si ricordano di averlo visto, proiettato per tre giorni di fila. La pellicola scomparsa è quella di «Hanno ucciso un altro bandito», opera del regista romano Guglielmo Garroni, datata 1976. Di questo film, che

  foto Sara Achenza ©

aveva come protagonisti Leonard Mann, alias Paolo, un giovanissimo Pippo Franco, nel ruolo di Sardu, e l'attrice in voga in quegli anni, Laura Belli, nei panni della bella Amanda, oggi restano solo un paio di locandine in vendita su eBay e qualche foto di scena. Gli attori sono ritratti sulle rocce di Capo Testa e tra le strade del rione Santa Lucia.
 Si tratta di scatti pubblicati di recente su Facebook dalla figlia di una delle comparse teresine. Una vera rarità per un film che ebbe la sfortuna di non trovare distributori, per poi dissolversi nel nulla. Alcuni siti internet lo definiscono «un raro film sul banditismo sardo girato in stile western». Niente trama e niente pellicola. Almeno per ora. La ricerca è partita già da tempo e i primi risultati non sono stati incoraggianti. La Cineteca nazionale di Roma non la possiede, così come quella sarda. Si sa che il 22 marzo del 1978 il film andò in onda su Tele montecarlo, l'attuale La7. Difficile pensare che sia stato registrato all'epoca ma tra i cultori del genere potrebbe nascondersi la preziosa e misteriosa opera. A interessarsi della ricerca c'è oggi anche la nipote di Guglielmo, Monica Garroni, pittrice e art director nella pubblicità, figlia di Romolo, celebre direttore di fotografia e anch'egli cineoperatore. Per lei, che racconta di una grande passione per Santa Teresa e per la Sardegna, visitata in lungo e in largo, sarebbe un modo per ricordare la sua famiglia, tutta legata a doppio filo al mondo del cinema. Nella scheda tecnica del film sono presenti anche il cugino Mark Garroni, come assistente operatore, e un altro zio, Gino Pittoni, autore delle musiche: «Sarebbe bellissimo poterlo ritrovare - dice- e per me tornare dove è stato girato tanti anni fa. Un luogo meraviglioso, ricco di poesia, come tutta l'isola. 
Mi sto muovendo con i miei parenti anche in America per verificare la presenza della pellicola tra quelle di mio padre e di mio zio". L'appello è stato inoltrato anche alle emittenti televisive. Il passo successivo è contattare gli stessi attori. La missione è trovare la pellicola scomparsa e ricostruire così un pezzo della storia del paese, da festeggiare con una proiezione pubblica. La seconda dopo quasi quarant'anni.

Sassari Rivincita su Equitalia: cittadina costringe l’agenzia a pagare

  da  la nuova sardegna del 15\3\2014  

Imprenditrice stanca di aspettare invia l’ufficiale giudiziario nella sede di Sassari e chiede il pignoramento dei mobili. Costretta alla resa l’agenzia di riscossione che non versava le spese legali dopo aver perso una causa

  
di Nadia Cossu


SASSARI

 Quando le parti – per un curioso gioco del destino – si invertono può capitare anche che un ufficiale giudiziario piombi nelle stanze di Equitalia per pignorare sedie, scrivanie, quadri. Qualcuno potrà sgranare gli occhi eppure è quanto accaduto a Sassari due giorni fa. Equitalia non paga le spese processuali per una causa vinta da una contribuente che aveva presentato ricorso e il suo avvocato chiede il pignoramento dei beni. Che alla fine non si è materializzato perché proprio ieri mattina l’ente più temuto e “mal sopportato” dai cittadini ha pagato quanto dovuto: 2300 euro. La vera protagonista di questa storia è la titolare di un’azienda agricola di
Cagliari che per un certo periodo ha stabilito però la sua sede a Sassari. A giugno del 2012 si vede recapitare un preavviso di fermo amministrativo – su uno dei veicoli di sua proprietà – e si rivolge subito all’avvocato di fiducia Salvatore Carboni. Il legale scopre che la cartella esattoriale fa riferimento a un presunto debito di 33mila euro che la sua cliente avrebbe con l’Inps. Ma l’avvocato scopre soprattutto che la cartella le era stata notificata nel 2001, che tutto era quindi abbondantemente prescritto e che la titolare della ditta (nel frattempo l’azienda era stata anche cancellata dal registro imprese) quella cartella non l’aveva mai ricevuta. A quel punto scatta il ricorso, si costituisce anche l’Inps e Equitalia resta contumace. «L’ente riscossioni – ha spiegato il legale – sapeva molto bene che stava chiedendo un credito prescritto, ma è andato avanti ugualmente». Il giudice del lavoro (competente perché si trattava di presunti crediti previdenziali) dispone subito la sospensione del provvedimento di fermo amministrativo. Lo scorso gennaio lo stesso giudice Elena Meloni emette una sentenza (la numero 17) che dichiara illegittimo il fermo e condanna Equitalia al pagamento delle spese processuali per un totale di duemilatrecento euro. Ma l’ente di riscossione dei tributi non rispetta quanto disposto dal giudice e continua a non pagare. Si comporta come alcuni contribuenti che spesso e volentieri – purtroppo! – bacchetta e richiama all’ordine. Quando va bene. Trascorsi i termini di legge, l’ufficiale giudiziario avantieri mattina ha bussato alla porta degli uffici sassaresi di Equitalia. Si è guardato intorno, ha parlato con il funzionario di turno che ha capito subito quello che stava per succedere. Solo a quel punto l’ente ha accelerato e ha finalmente eseguito il pagamento. La scadenza (ultima) era fissata per ieri mattina. E infatti, proprio ieri mattina, all’avvocato Salvatore Carboni è arrivata la ricevuta del bonifico effettuato correttamente. Equitalia ha estinto il suo debito e non rischia di vedersi svuotare degli arredi gli uffici della sede sassarese. Cosa che sarebbe senz’altro successa se avesse ritardato di un solo giorno il pagamento delle spese legali.

storie di strada


musica  consigliata


Sono sempre di più le persone, anche giovani, che cercano di guadagnare lavorando ai semafori delle strade delle nostre  città  \ paesi   in questo caso di Cagliari. Conosciamo Francesco e Falù


la seconda  


Israele, cane ferma il traffico per far soccorrere il suo compagno. Ma è troppo tardi
Commuove il web il video, ripreso da una telecamera di sorveglianza in Israele, di un cane che in mezzo a una strada tenta di fermare le auto in transito per permettere il soccorso a un suo compagno investito. Grazie al cane "vigile" un passante riesce a raggiungere l'animale investito, ma purtroppo per lui non ci sarà più nulla da fare.









dopo il caso del marito della Mussolini politicanti e le baby prostitute

in sottofondo    Adelante   ,  Adelante  -  Francesco de  Gregori 



Quando il pedofilo è il vecchio bavoso più potente del paese non è così grave... 






OVVIAMENTE   è in senso ironico \  sarcastico     perchè  è  un fenomeno come evidenzia  la strofa    della canzone  sopra  citata  : 
<< 
(...)
In questa terra senza più fiumi, in questa terra con molti fumi
Tra questa gente senza più cuore,
e questi soldi che non hanno odore,
e queste strade senza più legge,
e queste stalle senza più gregge,
senza più padri da ricordare,
e senza figli da rispettare.
(...)
>> da  http://www.angolotesti.it/




il calcio malato di razzismo i tifosi sempre più imbecilli il caso vedovca scirea vhs ultra juventini e il caso della squadra multi etnica del casablanca che gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì

dopo il caso   della  vedova  scirea - ultrà  Juventini

repubblica  13 marzo 2014


TORINO - Una risposta durissima e delirante, inaccettabile nei toni e nella sostanza, per replicare a Mariella Scirea. Alla vedova del campione bianconero, che in settimana aveva condannato i cori razzisti che spesso si evano dalla curva intitolata a suo marito, minacciando di togliere alla Sud il nome, ha risposto il gruppo dei Drughi: con una lettera nella quale insultano la signora e affermano che dovrebbe essere lei a rinunciare al cognome Scirea. Poi, nei primi minuti della partita con la Fiorentina, allo Juventus Stadium, la curva Sud ha intonato il coro "Mariella Cavanna, la senti questa voce? La Juve siamo noi". Volutamente gli ultrà bianconeri hanno chiamato la signora Scirea con il nome da nubile, Cavanna.
Nella lettera diffusa sul loro sito i Drughi attaccano Mariella Scirea sul piano personale ("varcò la soglia di Montecitorio grazie alla sua condizione di vedova di un grande campione, non certo per le sue qualità e tantomeno per la sua preparazione") e ricordano che "i cori incriminati, cantati da tutti da più di 20 anni, vengono intonati a pieni polmoni anche nella Nord, solo che quel settore dello stadio è riservato ai Club Doc ed indovinate chi è presidente del centro coordinamento? Bravi, proprio la signora in questione che preferisce tacere per evitare di doversi dimettersi da un incarico evidentemente ben remunerato". 

Inoltre, si legge nella lettera, "ovunque, dal sito della società compreso ai biglietti, passando per le indicazioni stradali fino agli abbonamenti, si parla sempre e solo di Tribuna Sud. Il nome di Gaetano Scirea non è mai contemplato quindi non capiamo come faccia a togliere qualcosa che semplicemente non esiste. Su una cosa siamo tutti d'accordo: giusto evitare tutti di strumentalizzare un Campione amato da tutti". Poi una provocazione: "accettiamo l'invito (ribadiamo invito perché non esiste un documento ufficiale che ne abbia decretato l'intitolazione al marito) della signora e da ora in poi il cognome Scirea non identificherà più il settore più vero e sincero dello Stadium, ma anche lei facesse altrettanto tornando a farsi chiamare con il cognome da nubile: Cavanna". I Drughi, infine, ritengono evidente "l'incompatibilità con il ruolo attuale di presidente del centro coordinamento, pertanto La invitiamo alle ovvie conclusioni di dimissioni inequivocabili. Siamo stati chiari, Signora Cavanna".
Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha parlato di "invasione di campo" da parte degli ultrà. "La signora Scirea tiene alto il nome e l'immagine di suo marito che ha onorato il calcio italiano a 360 gradi con la maglia della Juve e dell'Italia", ha aggiunto il n.1 della Federcalcio. Anche Dino Zoff prende le distanze dalla riposta dei Drughi: "Si è superato ogni limite - ha detto l'ex portiere, icona bianconera e della Nazionale - Mi sembra si stia esagerando: penso che si debba chiudere qui e passare ad avere un comportamento più appropriato. La signora ha solo voluto mandare un invito ad abbassare i toni, invece è stato strumentalizzato"
Sul sito del gruppo ultrà anche un altro comunicato che annuncia l'adesione allo sciopero della curva Sud per la trasferta del 20 marzo a Firenze. Gli ultrà protestano contro le restrizioni dell'Osservatorio, contro i biglietti del settore ospiti a 50 euro e, a leggere quanto scrivono i 'Viking Juve Milano', anche nei confronti del club bianconero che "non ha preso alcun tipo di posizione, subendo passivamente gli eventi, senza tutelare minimamente gli interessi dei suoi sostenitori". 
Il gruppo di ultrà bianconeri dei Drughi ha diffuso una lettera nella quale insulta pesantemente la vedova dell'ex giocatore, che in settimana aveva stigmatizzato i cori razzisti della curva, minacciando di togliere il nome del marito. Zoff: "Superato ogni limite"  


adesso  anche  il caso  ,  fortunatamente  rientrato  (  vedere  secondo articolo  )   ma  fino a quando  ? ,   della squadra    de  Casablanca  team  composto da immigrati gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì

da  la stampa  del 14\3\2014


I giocatori del Casablanca squadra composta da immigrati marocchini


“Esasperati degli insulti razzisti”Il Casablanca si ritira dal campionato  Il forfait dopo il “tornate a casa marocchini di m..” di sabato scorso; il team composto da immigrati gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì




Ogni fine settimana è sempre la stessa storia: in campo arrivano gli insulti razzisti. E così il Casablanca, squadra composta da immigrati marocchini che gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì, ha deciso di ritirarsi dal campionato. Lo racconta l’edizione locale del Resto del Carlino. 
L’ultimo episodio, quello che ha portato la squadra ha prendere la decisione, è arrivata sabato scorso: “Tornate a casa marocchini di m...”, ha gridato uno degli avversari, durante la partita contro il Club juventinità di Forlimpopoli, vinta per 3-0 dal Casablanca. 
I giocatori hanno immediatamente avvertito l’arbitro, ma non è stato preso nessun provvedimento, anche per questo è arrivata la decisone, come ha raccontato Rachid Hansal, 41 anni, capitano della squadra, con un passato nella serie A marocchina e qualche presenza in nazionale. 
Quello di sabato sarebbe, secondo il capitano del Casablanca «l’ultimo di una lunga serie di insulti a sfondo razziale. Purtroppo quasi ogni sabato è così. Non ne possiamo più. E adesso non giochiamo più. Abbiamo fatto anche un esposto alla Uisp, citando il nome dell’autore di quella frase. Di certo offese così non ne sopporteremo più. Era giunto il momento di fare qualcosa. Di prendere una decisione forte. E l’abbiamo presa». 
Da sabato prossimo, il Casablanca non scenderà in campo. Ma intanto Bruno Molea, vicepresidente gruppo Scelta Civica alla Camera e presidente nazionale dell’Associazione italiana cultura e sport si schiera a difesa dei giocatori: «Voglio esprimere tutta la mia solidarietà alla squadra di calcio del Casablanca per gli insulti razzisti ricevuti. È increscioso che non siano stati presi provvedimenti punitivi nei confronti delle squadre avversarie che hanno offeso i giocatori del Casablanca, immigrati di origine marocchina che giocano nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì». E aggiunge ancora: «Chiedo che la Uisp intervenga subito e ponga in essere misure disciplinari contro chi ha leso la dignità altrui e auspico che la squadra del Casablanca torni presto in campo, anche per combattere e vincere contro ogni forma di razzismo, inconcepibile soprattutto quando avviene nei campi sportivi». 


flash della gazzetta dello sport 




Non ci ritireremo dal campionato Uisp. Restiamo in campo perché altrimenti sarebbe una sconfitta rispetto al razzismo". A parlare è Youssif Laazizi, difensore del Casablanca, la squadra di marocchini che, dopo aver ricevuto insulti razzisti, aveva dichiarato di voler abbandonare il campionato Uisp di Forlì-Cesena in cui gioca da anni. La decisione arriva al termine dell'incontro, iniziato oggi alle 13 nella sala della Giunta del Comune di Forlì, tra alcuni calciatori del Casablanca, il sindaco Roberto Balzani e una rappresentanza comunale e una delegazione della Uisp.
"LA UISP NON CI STA" — "Adesso il campionato Uisp può riprendere", dice Vincenzo Manco, presidente nazionale dell'associazione che, per protestare contro il razzismo e solidarizzare con la squadra di immigrati, aveva sospeso il torneo. "Non bisogna abbassare la guardia contro il razzismo, non bisogna minimizzare su ciò che avviene in campo e negli spalti. Questo vale dappertutto: in serie A e nei tornei amatoriali come il nostro. Sport significa dignità, integrazione e rispetto. Per questo può contribuire a cambiare e migliorare il nostro Paese. Se diventa altro l'Uisp non ci sta. Questa vicenda si chiude ma se ne apre immediatamente un'altra: l'impegno per la cultura del rispetto riguarda tutti in tutti i luoghi di incontro, dallo sport alla scuola, al mondo del lavoro". La prossima partita del Casablanca è fissata per domenica alle 10.30 nel campo Buscherini di Forlì, contro il Castelnuovo, squadra di un piccolo centro alle porte della città. I giocatori indosseranno una maglietta con la scritta "NO al razzismo".
Fino a quando le  società    calcistiche faranno il bello o il cattivo tempo   per  poi  andare  con la coda   fra le  gambe   alle  forze dell'ordine   la  situazione sarà destinata  a peggiorare  . Infatti  << ( ... ) il discorso vale per tutti i club, senza eccezioni - si renderà pienamente conto di cosa stiano diventando, o siano già diventate, le enclave degli ultrà negli stadi italiani. La vicenda degli insulti a Mariella Scirea, nella sua miseria, è solo una conferma di ciò cui assistiamo da inizio stagione: l'affermazione continua e costante di un potere rivendicato sfacciatamente e sguaiatamente, anche se si tratta di un potere illegale. La replica feroce alla garbata amarezza della vedova del giocatore-simbolo della correttezza in campo e fuori, che aveva soltanto espresso il proprio rammarico nel vedere la curva intitolata a suo marito teatro di striscioni dementi e canti razzisti, è molto più della reazione stizzita di un gruppo di mascalzoni. E' piuttosto un voler marcare il territorio, un messaggio di pura intimidazione che si traduce così: non vi immischiate, non vi azzardate a parlare di noi, non giudicate le nostre azioni, perché noi siamo i padroni e chi è contro di noi sarà punito. Un'arroganza figlia dell'impunità accordata per decenni (sì, decenni: dentro stadi vecchie e nuovi, non fa differenza) a gruppi e gruppetti uniti da sigle spesso ispirate al fascismo, al razzismo, alla violenza. Li hanno lasciati fare, bollandoli come folklore. Li hanno ringraziati, "i ragazzi della curva". Li hanno omaggiati, in tutti i sensi. Hanno giudicato ragazzate le loro sempre più spinte provocazioni. Adesso si raccolgono i frutti: saranno pure pochi, perché poi la maggioranza dei tifosi, anche in curva, è gente che vuole solo divertirsi e tifare. Ma sono fuori controllo. La polizia li lascia fare, per evitare problemi, i club ne sono ricattati. Fine. (....) continua sempre su repubblica del 13\3\2014 >>

Ora  non bastano le belle e lodevoli iniziative per ora  isolate   come quelle di topolino con le storie ed i messaggi antirazzisti e non violenti








Ti piace il calcio? E la squadra dei topi/paperi Disney? Se la risposta è sì i entrambe le domande, allora preparati a vivere una nuova dose di emozioni fantastico-sportive su Topolino Gol, il nuovo magazine mensile in 5 volumi ispirato al campionato di calcio Seria A dove potrai trovare tante storie a fumetti, avventure speciali che avranno come protagonisti i grandi campioni del calcio italiano, articoli e interviste esclusive a tanti giocatori di Serie A TIM e 20 “scudetti” delle squadre di Serie A TIM “paperizzati”, cioè rivisti in stile disneyano, che diventeranno delle fantastiche copertine da collezione sugli albi “TopolinoGol” e sugli album delle figurine Panini della raccolta “Calciatori 2013-2014”.
La notizia si fa sempre più interessante, vero? Bene, allora sappi che il primo Topolino Gol è in edicola proprio in questi giorni insieme al numero settimanale di Topolino: una coppia di bomber del divertimento davvero irresistibile, sopratutto se pensi che sulla copertina del numero 1 di Topolino Gol ci sono Paperino, Paperoga e Gastone nei panni di novelli testimonial della lotta contro e il razzismo e le discriminazioni.
Topolino Gol, infatti, non è solo una nuova fonte di risate, ma fa anche parte della nuova campagna “Insieme contro le discriminazioni” avviata dalla Lega Serie A insieme a Panini per combattere le discriminazioni di ogni tipo grazie alla sensibilizzazione dei più giovani tifosi di calcio e fan di Topolino. In questa partita contro le discriminazioni, Topolino Gol farà squadra con il secondo dei prodotti più celebri di Panini, cioè l’intramontabile collezione di figurine “Calciatori”, per portare avanti un nuovo calcio sempre più ricco di valori positivi come quelli dell’integrazione e della condivisione.   (  .... continua qui )  


o misure repressive , basterebbe che chi è vero tifoso facesse lo sciopero del calcio in tv o allo stadio cosi le società la smettono di predicsare bene e razzolare male cioè di farsi riccattare dagli ultà


14.3.14

altro che master chef Non è la solita torta: ora in pasticceria c’è il cake designer monia melis e giuseppe cossu

D a  la  nuova sardegna  Olbia-Gallura  del 13\3\2014
di Dario Budroni 

OLBIA La torta può diventare una trousse piena di accessori, con tanto di rossetto, smalto e mascara. Oppure una nave pirata comandata dal mitico Capitan Uncino, senza dimenticare quella di Minnie seduta con le gambe accavallate. Capolavori di zucchero colorato. Monia Melis, con l’aiuto del marito Giuseppe, ha creato un mondo a base di fantasia e dettagli stupefacenti. Il suo laboratorio ogni giorno sforna opere che sbalordiscono invitati e festeggiati. «Tuttavia la nostra non è una pasticceria, ma ci occupiamo di rivestire le torte con decorazioni artistiche rigorosamente in pasta di zucchero, sia in 2D che in 3D» racconta lei, 33 anni, originaria di Ittiri e da tempo a Olbia. «Lavoriamo con le pasticcerie. Loro

.
preparano la torta e noi la decoriamo. Per esempio io qui non ho neanche il forno» continua mentre lavora nel suo laboratorio, l’unico in città, aperto un anno fa, che si chiama appunto «Monia cake design». Qui dentro lo scopo è quello di assecondare il cliente in ogni sua richiesta. Se un bambino ama per esempio i dinosauri, lei decora la torta con un Tirannosauro con la bocca spalancata. Se un ragazzo è invece un tifoso romanista, lei realizza Colosseo e lupa capitolina. Ma c’è anche chi avanza richieste piuttosto curiose e bizzarre, come una torta a forma di seno o un’altra con un bel teschio in primo piano, per gli amanti del dark. «Questa è l’arte del cake design. E mi piace moltissimo. Una passione nata per caso, qualche anno fa, mentre guardavo la tv – racconta Monia Melis -. Così ho provato quasi per gioco, mi sono data da fare e alla fine ho aperto un laboratorio. Nella mia vita non avevo mai decorato nulla. Da piccola sapevo solo disegnare». Un talento innato, insomma. Perché Monia, aiutata dal marito Giuseppe Cossu, originario di Torpè, che di professione è invece elettricista, è una vera fuoriclasse del cake design.
In poche ore riesce infatti a decorare torte anche di grosse dimensioni, usando solo pasta di zucchero e coloranti alimentari. E così, con l’aiuto di piccoli utensili, riesce a riprodurre oggetti e personaggi. Monia Melis, comunque, non è soltanto una brava decoratrice di torte, ma anche di cupcake, biscotti e confetti. «Una discoteca, in occasione di una festa di Halloween, ci ha invece chiesto di rivestire un manichino di pasta di zucchero. Lo scopo era quello di farlo “sbranare” dai ragazzi durante la serata» aggiunge Giuseppe Cossu. Dunque, una cosa è certa: con due genitori così, i loro bambini, Christian e Asia, non faranno mai una brutta figura alle feste di compleanno.

11.3.14

chi fa da se fa per tre . Cina, 15 km col figlio disabile in spalla per portarlo a scuola

da  repubblica

Yu Xukang percorre tutti i giorni trenta chilometri a piedi per portare Qiang a scuola. Yu è un papà quarantenne single; Qiiang, un bimbo di 12 anni, affetto da una malattia che gli impedisce di camminare, a cui è stata costruita una cesta su misura per poterlo trasportare agevolmente in spalla.



Vivono nel Sichuan, in una remota località rurale. Ogni giorno Yu si alza alle 6, parte alle 7 con il figlio sulla schiena e arriva a scuola dopo due ore. Va a lavorare e alle 16 lo va a riprendere per tornare insieme a casa. Trascorre sei ore della sua giornata avanti e indietro tra casa, scuola e lavoro per non far perdere neanche un giorno di lezione a Qiang.


La moglie li ha lasciati quando il bimbo aveva solo tre anni e Yu non si è arreso e neanche perso d'animo: "Non arriviamo mai tardi", racconta sorridendo. La storia di Yu, comparsa su diversi giornali locali, ha convinto il Governo ad offrire a questo papà coraggioso, un alloggio vicino alla scuola

10.3.14

i viaggiatori



 i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.

                             (I fiori del male - C. Baudelaire)

9.3.14

( aggiornamento post ) Il racconto di una delle prime testimoni di giustizia al Carmine. «Io sono andata contro Cosa Nostra, ora mi sento felice» La vita di Piera Aiello , una donna antimafia

le mie  impressioni ed  il mio resoconto  su  il convegno

da  la nuova sardegna  del  9\3\2014  
Il racconto di una delle prime testimoni di giustizia al Carmine. «Io sono andata contro Cosa Nostra, ora mi sento felice» La vita di Piera, una donna antimafia
di Giuseppe Pulina 

TEMPIO “Una donna felice”, così Piera Aiello, una delle prime testimoni di giustizia della storia tutta italiana della lotta alla mafia, definisce se stessa. E lo fa, malgrado la non facile vita che le è toccato vivere, abbandonando la terra in cui è nata, la famiglia e gli affetti più stretti, lontana da tutto e da tutti con una bambina di tre anni da far crescere. Felice malgrado tutto e nonostante circostanze e fatti che avrebbero piegato la resistenza di tante altre comunissime persone. Così Piera Aiello è apparsa anche al pubblico che, al Teatro del Carmine, ha seguito l’incontro organizzato da Libera e Sardegna solidale, coordinato da Giampiero Farru, Maria Luisa Sari e Francesco Puliafito. Dopo i saluti di rito del sindaco Romeo Frediani e la presentazione del circolo locale di Libera da parte di Carlo Menicucci, intervistata da un gruppo di cinque studentesse delle scuole superiori cittadine, Piera Aiello è entrata nel merito di
Piera  Aiello  in una   trasmissione  televisiva
questioni, anche molto personali, che hanno fatto luce su diversi aspetti del sistema di vita legato alla mafia. Dalle sue parole si è capito che essere donna oggi e in determinati contesti sociali non è cosa indifferente. «Innamorata del figlio di un boss mafioso, cosa che ignoravo – ha dichiarato l’Aiello – ho scoperto di essere stata scelta come moglie del mio futuro marito proprio da mio suocero. Decisi di interrompere il legame, ma mi fu impossibile per le pressioni che ricevetti». Prima il suocero e poi il marito vennero uccisi dalla mafia. «Sola, senza un’amica del cuore, avevo soltanto i miei diari, su cui scrivevo tutto e in cui ho annotato dieci anni interi di storia della malavita». Diari i cui contenuti aveva ben memorizzato e che il giudice Borsellino, lo “zio Paolo”, come imparò a chiamarlo in seguito ad un affettuoso suggerimento dello stesso magistrato, seppe come usare in indagini che hanno messo a soqquadro l’organizzazione mafiosa. Alle studentesse che le hanno chiesto dei suoi rapporti con la cognata Rita Atria, Piera Aiello ha detto di essere stata fortunata ad averne fatto la conoscenza. «Rita, una piccola, grande donna, era più coraggiosa di me, perché lei, contrariamente a me, proveniva da una famiglia mafiosa che pure amava tantissimo. Separarsene fu per lei molto più doloroso. Anche se aveva solo 17 anni, le chiedevo consiglio. Quando posso, vado a Partanna per farle visita al cimitero». Tra le piccole, grandi battaglie di Piera Aiello, impegnata in questi giorni a far valere una legge che riconosca meglio la figura dei testimoni di giustizia da uno Stato che non sempre li tutela adeguatamente, c’è stata anche quella per la lapide da dedicare a Rita, un atto osteggiato a lungo dalla suocera. Vicina a don Luigi Ciotti e a Libera, Piera Aiello ha fatto sapere che l’ultima cooperativa giovanile che sta nascendo grazie alla legge 109 che autorizza la trasformazione delle proprietà sequestrate ai mafiosi in beni sociali si occuperà delle terre di Rita Atria. E questa è solo una delle tante, ma ancora insufficienti, misure che la miglior società civile del nostro Paese ha saputo ideare per colpire al cuore Cosa nostra.


quando il bianco e nero è magia i quadri di Gavino Ganau e le foto di Antonello Pirodda

se prima non usavo il bianco e nero o tecniche d'invecchiamento nelle mie foto adesso e ( anche se devo ancora capire come fare ) con i video dopo aver visto le opere   di , Gavino Ganau  e  Antonello Pirodda  , due  amici 

da  la  nuova  sardegna  edizione gallura  del  9\3\2014
 
di Sebastiano Depperu 
TEMPIO E' il mago del bianco e nero. Il pennello del tempiese sfuma l'infinita perfezione del bicromatismo d'autore. Il pittore Gavino Ganau è stato apprezzato, di recente, nella sua città. A Tempio, infatti, ha esposto durante la manifestazione "Arsdegna". «La mia pittura, in bianco e nero, è stata alimentata, sino a un certo punto, dal confronto con i linguaggi mass-mediali e le icone popolari della contemporaneità - racconta Ganau -. Le opere ricadono dentro differenti filoni tematici che si condensano in composizioni più o meno complesse dove, attraverso l’uso di frame di tipo filmico e fotografico, realizzo un unicum poeticamente  sentito». Nell’ultima ricerca, invece, Ganau ha spostato l’attenzione verso una modalità più profondamente metaforica. L’immagine finale, come condensato di una riflessione esistenzial-sociologica, si produce con spontaneità a partire dalle analisi di teorici come Baumann e Illich, dove anche l’inserimento della parola scritta ha una sua funzione nella composizione pittorica.. Classe 1966, ha iniziato a dipingere e interessarsi di arte contemporanea durante gli studi universitari a Sassari dove si laurea in Agraria. La prima mostra, invece, è arrivata nel gennaio 1998 a Bologna (Exit, a cura di Edoardo Di Mauro), una collettiva di artisti della nuova generazione. La svolta nel percorso espositivo arriva nel 2001. «Una cara amica - spiega - Alessandra Vasa, mi ha fatto conoscere uno dei migliori critici italiani, Luca Beatrice.

dalla  nuova  sardegna   pagina  cultura  su    arsdegna festival delle arti del 8-16\2\2014


  Grazie a lui riesco ad entrare nel circuito nazionale dell’arte contemporanea, esponendo i miei lavori in un paio di gallerie milanesi. In concomitanza con la mia personale al Man di Nuoro del 2001, l'amico e talentuoso web designer Paolo Carta (autore, tra gli altri, dei siti di Ennio Morricone, Gigi Riva e Giammaria Volontè), ha creato il mio sito internet ufficiale». Inizia, così, a lavorare con diversi critici, oltre a Luca 





                                 mia  foto   ad  arsdegna  del  8-16-2014




.Beatrice, Gianluca Marziani, Maurizio Sciaccaluga, Antonio Arévalo e tanti altri) che lo hanno seguito in collettive e personali Ha collaborato, anche, con diverse gallerie e partecipato a mostre istituzionali e premi (“Insulae Creative Turbolences”, “URBS”, “Arte e Sud”, “Human@art”, “Arte Italiana” a Dubai). E' stato, anche, finalista del IV Premio Cairo della rivista Arte Mondadori, importante riflessione annuale sulle nuove tendenze dell’arte italiana ma anche al Premio Lissone e al Celeste. Le sue opere sono state esposte in varie Fiere di arte contemporanea. Nel 2011, ha partecipato a Artipicità, una mostra voluta da Diego Dalla Palma al Teatro dei Filodrammatici di Milano.


e le foto di Nicola Pirodda  video preso dal suo sito  http://antonellopiroddafoto.wordpress.com/





8.3.14

ORFANI NUOVE RILEVAZIONI OCCHIO SPOILER


  
Dopo aver riletto i primi 4 numeri per farmi un idea chi sia l'uomo con il fucile . E Cercando anticipazioni sul n°6 ed eventualmente i successivi del fumetto orfani . Quando mi sono imbattuto in questo due articoli , soprattutto il primo ( che riporto sotto integralmente ) che confermano le previsioni che feci quando , qualche post fa , parlai del primo numero . Ma soprattutto era da quasi 20 anni ( quando riscopri il l'anime e poi il romanzo , da cui è tratto l'anime , secondo me incompleto non finito di Alexander Key )





e più che non mi non mi riappassionavo a tale genere 






ORFANI #5Nuove rivelazioni









Non c’è più dubbio: Orfani spacca! E questo numero cinque, appena dato alle stampe, ne è la conferma più palpabile. 
La storia prosegue – sempre seguendo il duplice binario passato/presente – da dove l’avevamo lasciata a gennaio. Con questo nuovo albo scopriamo come – nel passato –, dopo la morte di Felix, sia entrato a fare parte del gruppo degli Orfani il tenebroso italiano, Raul, arrivato dopo la morte di tutti gli altri suoi compagni in una missione suicida che questa volta tocca compiere agli Orfani. Nel presente, fatto di attacchi sempre più devastanti dritti al cuore del fantasmatico nemico, vediamo come Sam – la mocciosa – e tutti gli altri abbiano superato la scomparsa dell’amico Ringo/Pistolero e si dedichino anima e corpo alla “nobile arte” del fare cadaveri. Ma proprio Raul, l’uomo con il fucile del titolo dell’albo, si accorge di qualcosa che non lo convince e va a parlare con la sempre più mefistofelica professoressa Juric.

Ciò che sta contribuendo a farmi apprezzare sempre più questa serie è la presenza costante nelle prime tre pagine di richiami al momento dell’attacco alieno: troviamo puntualmente uno dei nostri giovani e “futuri orfani” alle prese con normalissime attività. Questa volta è toccato al povero Felixche al momento dello scatenarsi dell’apocalisse aliena si trovava davanti al quadro di Pablo Picasso,Guernica (da notare la splendida ricostruzione dell’esterno del museo a opera di Maresca). Significativo il fatto in questo caso gli autori abbiano scelto proprio un’opera–manifesto contro la guerra come questo capolavoro dipinto proprio in occasione del primo vero e proprio devastante attacco aereo, triste preludio al secondo conflitto mondiale. La guerra non è la «sola igiene del mondo» come scriveva il pur geniale Filippo Tommaso Marinetti nel suo
 primo e giustamente famoso manifesto futurista del 1909, ma è la forma più bassa di azione di cui l’uomo è capace: come definire altrimenti un qualcosa che crea/genera/produce distruzione/morte/nulla? Voi direte: «Ma in questo caso non si è trattato di un attacco umano, ma alieno!» e io vi rispondo che al momento sembra così anche se ci sono molti indizi che lasciano pensare il contrario… Comunque la denuncia degli orrori prodotti dalla guerra è, in questa sede, ancor più chiara e netta e questo non può che far piacere agli Audaci ! Roberto Recchioni si sta dimostrando, numero dopo numero, un vero maestro di narrazione e un esperto conoscitore del mezzo fumetto. Con il suo innato senso della continuità, l’autore romano si diverte a montare e smontare le linee guida della storia dando al lettore prima l’impressione di essere sul punto   di risolvere gli enigmi che si trovano a vivere i protagonisti della serie ma subito dopo cala i suoi assi e spiazza tutti con i suoi memorabili colpi di scena finali! Luca Maresca mette in mostra tutto il suo esplosivo talento visivo e conferma una volta di più che questa serie può vantare tra i disegni più belli di sempre – o almeno, tra quelli più curati e meglio legati alla narrazione che si ricordi – e non è cosa da poco per la Bonelli (dove la cura maniacale per l’unione di immagini e parole è sempre stata – per citare i nostri Orfani preferiti e non solo – PURO VANGELO).


P.S. 


Gli Audaci – di comune accordo – hanno deciso di mandare un caloroso abbraccio e una sincera carezza al povero Franco Busatta, divenuto Uomo–Simbolo degli Audaci dopo l’imprescindibile editoriale introduttivo di questo numero. Un appello al caro e saggio Franco: «Quando non sai che cosa scrivere, caro amico, puoi sempre parlare del nostro blog!»


Rolando Veloci


Mi trova d'accordo anche il secondo articolo  del  sito  http://www.lospaziobianco.it/



L’uomo con il fucile spinge a un’ulteriore riflessione sui meccanismi del linguaggio narrativo bonelliano e su uno degli obiettivi dichiarati della serie che è quello di rinnovarlo.
Se si volesse, provocatoriamente, fare una sinossi di questo albo potrebbe essere la seguente:
Ci sono

«Sul wi-fi pochi dati, ma non c’è rischio cancro» L’opinione dei medici sui presunti rischi da onde elettromagnetiche: «Esporsi per 24 ore equivale a una telefonata di 20 minuti sul cellulare.»

cazzeggiando sul nuovo sito  del corriere  della sera   ho trovato questo articolo interessante


di Nicola Di Turi

 DOSSIER
«Sul wi-fi pochi dati, ma non c’è rischio cancro»L’opinione dei medici sui presunti rischi da onde elettromagnetiche: «Esporsi per 24 ore equivale a una telefonata di 20 minuti sul cellulare. E neanche questo è dimostrato essere dannoso»



Carlo La Vecchia
MILANO - «Se davvero le onde wi-fi facessero male, allora dovremmo smettere di usare anche radiosveglia e televisore. Entrambi ricevono onde radio più potenti, perché le emittenti sono molto lontane e quindi è necessaria una forza estremamente maggiore». Carlo La Vecchia, direttore del reparto di Epidemiologia all’Istituto Mario Negri di Milano, non nutre dubbi sulla strategia da adottare per sfatare i timori sulla presunta nocività delle onde wi-fi. Così, nonostante non possa fare a meno di ammettere come  «manchino studi attendibili sulla questione», la strada che sceglie di seguire per dimostrare l’assenza di rischi è una sola, a base di esempi e citazioni. «Quando negli anni ’70 si diffusero in America, le microonde furono studiate senza che emergessero evidenze dell’insorgenza di patologie, né di sintomi quali il mal di testa. Ci sono più dati sui telefonini, certo, e i primi avevano effettivamente un’energia elevata, che portava al surriscaldamento dell’area dell’orecchio. Ma il wi-fi si serve di una frequenza molto alta e di conseguenza di potenza estremamente bassa, perciò non c’è alcun rischio di cancro», spiega il medico. Ed è proprio 
daniele  Santini  
l’assenza di rischi il vero cavallo di battaglia del professore, convinto soprattutto dall’aspetto tecnico della questione: «Il wi-fi copre al massimo due-tre locali e la potenza delle onde è davvero bassa, altrimenti si sovrapporrebbero alle altre. Inoltre, le onde radio umane sono in giro da più di un secolo e non sono mai state accostate a rischi biologici». Il professor La Vecchia, in ogni caso, è in buona compagnia nel sostegno alla tesi della non pericolosità. «Esporsi alle onde del wi-fi per 24 ore di seguito equivale a telefonare per 20 minuti con il cellulare all’orecchio, e neanche questo è stato dimostrato che possa essere dannoso», conferma Daniele Santini, oncologo al Policlinico Campus Bio-Medico di Roma e tra gli specialisti interpellati dal Corriere. Accanto, però, al giudizio di merito, lo stesso Santini non può che lamentare anche «la mancanza di uno studio particolare sui tumori dovuti a esposizione al wi-fi, su un periodo non inferiore ai 5 anni. Comunque, finora è stato verificato solo che l’esposizione per più di 2 ore giorno alle onde dei cellulari, causa un surriscaldamento dei tessuti prodromico alla modifica di alcuni parametri a livello celebrale, ma sicuramente non all’insorgenza di tumori, che non pertiene neanche al wi-fi». Santini cita, tra gli altri, anche uno studio dello scorso anno firmato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS),
Guido Pedroli
 per la quale non esiste alcuna dimostrazione che leghi l’insorgenza di tumori o di danni per la salute, all’esposizione a onde wi-fi. 
«L’insorgenza di effetti negativi dovuti all’impiego dei dispositivi wi-fi è poco probabile e molto limitata. La normativa esclude possibilità di effetti acuti derivanti dall’uso di radiazioni elettromagnetiche», gli fa eco Guido Pedroli, direttore del dipartimento di Fisica Sanitaria dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO). Ma anche dal punto di vista tecnico, secondo Pedroli, non dovrebbero esserci timori sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza. «Le potenze dei dispositivi wi-fi non possono superare i 100 mW, un ordine di grandezza inferiore rispetto a quello dei telefoni cellulari, per giunta normalmente indossati mentre il dispositivo wi-fi si trova quasi sempre a una certa distanza dagli individui. Per inciso, non esistono neanche studi epidemiologici che evidenzino rapporti causa-effetto tra il normale utilizzo dei telefonini e la sterilità», continua il fisico sanitario dell’istituto milanese. Quasi in risposta, poi, all’intervista rilasciata da Francesco Monico al Corriere, anche Pedroli chiama in causa i dati di uno studio firmato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro (IARC). Ma mentre Monico riferisce di una ricerca per cui «i router wi-fi sarebbero pericolosi come i radar», Pedroli cita due pareri diversi firmati IARC e apparentemente in contrasto tra loro. «I dispositivi wi-fi emettono radiazioni simili a quelle dei telefoni cellulari. E secondo l’Agenzia (IARC), non ci sarebbe alcun aumento del rischio di glioma o meningioma cerebrale neppure tra gli utilizzatori regolari di telefoni cellulari da 10 anni o più», spiega il fisico dell’Istituto Europeo di Oncologia. Allo stesso tempo, però, è la stessa Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro ad aver inserito «i campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde nel gruppo 2B, cui appartengono gli agenti per i quali non è possibile escludere la possibilità di effetti cancerogeni. Si consideri, comunque, che nel gruppo 2b rientrano anche il caffè e i sottaceti», conclude Pedroli.

I cittadini vanno educati alla civiltà

sulla  scorta  di quanto  ha  detto    Piera  Aiello   nel convegno ieri  a  tempio pausania    qui  sotto  un mio  breve  diario    dell'evento 

concordo con quanti dice   questo post  preso da  facebook  di  aldo divita

I cittadini vanno educati alla civiltà

8 marzo 2014 alle ore 11.17

 Palermo ore  07:30 Via Tiro a Segno altezza Cantiere Municipale.
Salendo dal Foro Italico verso la via Tiro a Segno accanto al rudere di un palazzo in costruzione abbandonato al degrado assoluto, trovo la strada sbarrata dai cassonetti dati in fiamme, rifiuti a terra e pezzi di lamiere.
Ancora un ennesimo episodio di inciviltà da parte di persone certamente soliti in questi atti di vandalismo.
Tutto questo e incettabile,lo sdegno e l’incomprensione per tali atti non trovano alcuna risposta logica. Credo che sia opportuna da parte delle autorità indagare su questi gravi gesti d’inciviltà,ormai a l’ordine delgiorno.
La zona già e fortemente degradata, dato la presenza massiccia di persone socialmente disagiati, inoltrela presenza di un edificio mai costruito e sequestrato dalle autorità che assieme a tutto il resto ha creato un vero ghetto abbandonato da tutti dove illegalità fa da padrona e l’inciviltà a livelli insopportabili.
Bisogna urgentemente bonificare la zona con la presenza nel territorio circostante delle forze dell’ordine e di tutti i servizi di vigilanza del comune di Palermo.
Naturalmente la priorità e rendere la zona pulita e igienicamente vivibile poi controllo totale di anomalie che sono tantissime. Rispetto alla legalità e alle regole della civiltà, da molti sconosciute. Faccio appello al primo cittadino di agire urgentemente dato la gravita della situazione. Ritengo indispensabile anchel’uso della forza, e del recupero educativo e sociale di queste persone,abbandonate nel totale degrado. Un ulteriore ritardo da parte dell’amministrazione peggiorerà la situazione ormai piuttosto sgradevole creando una fossa di emarginazione.
Ancora una volta mio malgrado sono costretto al compito che meno vorrei espletare.
Questo lo considero un lavoro sporco ma purtroppo qualcuno lo deve fare.
L’opinione pubblica si deve rendere conto che lo sviluppo di una città dipende anche dal processo di civilizzazione dei suoi abitanti.
Nel contempo non deve comunque mancare la qualità dei servizi, che da tempo in questa città sono mediocri,e alle volte inesistenti.
No al ghetto si alla civiltà,cultura e civiltà devono andare di pari passo.


finalmente un convegno sul 8 marzo non retorico . Piera Aiello a tempio p il 7\3\2014

canzone  consigliata  ed  in sottofondo   ROSE DI MARZO - casa del vento
                        ( l'unica foto concessami  dell'incontro   ) 
                           in quanto  Piera era presente   a  viso  scoperto 

Come dicevo dal titolo , ieri a tempio p , i presidi Rita Adria insieme alla sezione   locale  di sardegnasolidale hanno organizzato un" incontro preparatorio a quella che sarà a giornata nazionale del 21-22 marzo organizzata annualmente dall'associazione nazionale antimafia Libera qui.per dettagli della manifestazione
All'evento  è intervenuta Piera Aiello la prima testimone di giustizia donna d’Italia. Ha raccontato rispondendo alle domande degli studenti delle superiori la sua storia che trovate riassunta qui sotto . Il carattere fiero , determinato di questa donna forte può essere riassunto  sia da  :  











Dal  suo  in questo suo libro 








Il carattere fiero , determinato di questa donna forte può essere riassunto per chi non c'era in questa intervista rilasciata alla nuova sardegna del 7\3\2014 


                                   cliccate  sopra  per  ingrandirla

Grande e bella piera aiello . Mi spiace non potervela farla vedere in foto o video . Ma per la sua salvaguardia questo e altro . Ce ne fossero persone così coraggiose piene di vita . Infatti : << "Ma non tornerei mai indietro - ha affermato con orgoglio - E' un sacrificio che vale la pena di fare". Un messaggio fermo che ripete più volte come un mantra, insistendo che bisogna sempre "aiutare chi è in difficoltà perché è caduto nella rete". E le sue parole riescono a emozionare anche i più giovani. (ANSA) del 7\3\2014 >> Alla domanda, apparentemente semplice, fattagli avant'ieri a Porto torres durante l'incontro organizzato da L’iniziativa promossa da Libera Sardegna con il presidio Falcone e Borsellino di Porto Torres, è nata in collaborazione con la locale sezione del Centro servizi volontariato Sardegna Solidale «cos’è la mafia?», Piera Aiello ha risposto che non è solo un organizzazione criminale ma è proprio un certo modo di essere e che si sconfigge partendo da noi stessi, dalla mafia che è dentro di noi intesa come indifferenza nei confronti di chi è vicino a noi e che si trova in difficoltà.Parole grandi che risultano vissute fino in fondo da una donna che rivendica la sua “ribelle” semplicità, ma anche la sua coerenza. Lei racconta in breve la sua storia e risponde alle domande che spesso sono ricorrenti. “Non ha paura?” e lei con tutta la serenità di chi ha potuto farsi una seconda vita, pur con tutte le difficoltà di vivere da vent'anni sotto copertura, risponde: ”Io da ventitré anni quasi sono testimone di giustizia e da allora 'li aspetto'.. prima o poi tutti dobbiamo morire ed io lo farò  senza essermi girata dall'altra parte... io ho respirato quell'aria fresca di libertà che un Totò Riina



























ancora  oggi  con il suo potere e il suo 'fascino televisivo' da mafioso, in una prigione di un metro quadro non può avere... Non dobbiamo mai rassegnarci, dobbiamo sempre cercare la verità, informarci". Un incontro quello di tempio pausania     che Chi aveva dei dubbi gli ha sciolti chi aveva certezze le ha rafforzate . Grazie piera mi hai tirato su il morale e ridato fiducia.Grazie a piera ed a libera ho. Capito ulteriormente la differenza tra testimoni e collaboratori di giustizia . Sono riuscito a stringerle la mano ed a salutarla e non potendo come già dicevo prima , riportare nè foto nè video ,   porto a  voi la  sua stretta   di mano  con   questa  foto  qui  a sinistra  ,  in formato  png presa da  questo canale  di  youtube , per parafrasando  il famoso   sceneggiato televisivo (1984),prodotto dalla Rai per la regia di Luigi Comencini, interpretato da Johnny Dorelli  e poi  un anime degli anni 80    tratti  dal    romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. ( per chi non lo conoscesse o l'avesse dimenticato   trova negli url maggiori dettagli .

In quanto  a  causa di  un regista  fetentee spregevole  , quello  del film   (  foto a destra  )  la siciliana  ribelle  e e del documentario  “Diario di una siciliana ribelle” (del 1998) l'ha  costretta  a rivivere  l'incubo ed  a rientrare nel  programma protezione  .
Qui  sotto  maggiori dettagli





SABATO 28 FEBBRAIO 2009
Il Film "la Siciliana Ribelle" non è la storia di Rita Atria

Mi chiamo Vita Maria Atria e sono la nipote di Rita Atria, Testimone di giustizia che il 26 luglio 1992, in un estremo atto di resistenza, si è lanciata dal settimo piano del civico 23 di viale Amelia a Roma. Nel '92 ero veramente piccola ma nella mia mente i ricordi sono vividi: lo "zio Paolo" [Paolo Borsellino], la zia Rita, la mamma [la Testimone di giustizia Piera Aiello] che mi chiedeva di non dire il mio nome, per la paura e il timore di essere scoperte.
Da quando sono maggiorenne ho continuato a vivere nell'anonimato e non avevo ritenuto opportuno fare dichiarazioni pubbliche, affidando il mio impegno e la mia scelta ad un gesto: essere tra i soci fondatori di una associazione dedicata a mia zia e lavorare dietro le quinte, anche perché sono una ragazza dalle poche parole e ho preferito finora stare nell'anonimato per poter vivere una vita tranquilla e "normale", sempre fino a quando è possibile. Oggi, mio malgrado, sono costretta ad affidare all'Associazione Antimafie "Rita Atria" (anche perché non lo posso fare direttamente vivendo in località segreta) un comunicato per esprimere in maniera netta e determinata la mia posizione sul film di Marco Amenta dal titolo "La siciliana ribelle", stanca di leggere sui giornali e sui siti web che "è rimasto toccato dalla vicenda", stanca di veder speculare sulla memoria di mia zia, una ragazzina-donna che ha avuto il coraggio di credere nei propri princìpi e di fare determinate scelte, a discapito di se stessa, perché credeva che ci potesse essere un mondo migliore al di fuori del "suo", un mondo onesto, ma a quanto pare si sbagliava. Al signor Amenta vorrei dire che se proprio ci tiene a mia zia allora perché da 12 anni non restituisce materiale privato che in buona fede gli era stato affidato per la produzione di quel film documentario ("Diario di una siciliana ribelle") che per noi alla fine ha rappresentato l'ennesima prova del fatto che nella vita interessano solo le vittime morte, persone che hanno servito lo stato e che ora finiscono nel dimenticatoio o, nelle migliori delle ipotesi, vengono ricordate solo per scopi che poco hanno a che fare con il fare memoria in modo disinteressato.
Nonostante il signor Amenta in presenza di testimoni avesse garantito che "Diario di una siciliana ribelle" sarebbe stato distribuito esclusivamente all'estero e nonostante avesse messo per iscritto che nel materiale filmato contenente immagini private dei miei familiari avrebbe alterato i visi e, inoltre, avrebbe reso irriconoscibile la voce e l'immagine di mia madre nell'intervista girata per il film documentario, non ha messo in atto quanto dichiarato sulla distribuzione esclusivamente estera, e non ha sufficientemente alterato visi e voci come sottoscritto.
Così facendo ha invece messo in serio pericolo me e mia madre.
Non mi interessa sapere se la storia di mia zia abbia toccato il signor Amenta, ma l'amore per una storia, per un impegno civile e morale, si dimostra con i fatti e non con la ricerca del successo, della gloria, degli applausi o della fama.
Non credo che tutto questo serva a ricordare mia zia (e soprattutto una trama che è molto lontana dall'essere la sua storia), ma serva solo per scopi economici e io questo non lo ritengo opportuno.
Spero che il signor Marco Amenta comprenda e accetti questa mia decisione, che viene dettata dal mio cuore e dal profondo amore e rispetto che nutro nei confronti della mia cara zia e della sua scelta.
Appunto, una scelta di resistenza.
                                          Vita Maria Atria

*********

Marco Amenta è riuscito, con i suoi potenti mezzi, a far bloccare in tempi da record su You Tube l'intervista a Piera Aiello e a Luigi Ciotti   che  trovate  nell'archivio   telejato  . Questa intervista è la versione censurata (solo per you tube) in cui Luigi Ciotti esprime la sua opinione su Marco Amenta rispetto alla precedente  .  Forse    togliendola del tutto l'avrebbe fatta  troppo sconcia 


 in cui raccontavano di certo cose scomode.Ma Marco Amenta non potrà di certo fermare la verità.Questa si chiama censura e non impegno sociale!




L'Associazione Antimafie "Rita Atria" afferma:Tutta questa macchina pubblicitaria sulla memoria di Rita Atria ci fa orrore
Stiamo assistendo ad uno dei capitoli più tristi della cinematografia italiana.
Stiamo assistendo anche ad una cosa sconcertante: le grandi testate ignorano il comunicato di Vita Maria Atria e sponsorizzano il film di Amenta.
Le grandi testate fino ad oggi hanno ignorato la presa di posizione di Luigi Ciotti e di Piera Aiello e continuano a pompare un film senza chiedersi come mai non sono stati usati i nomi veri.
A tutti coloro che hanno ancora un minimo di dignità chiediamo coerenza perché Rita Atria non merita l'ennesimo tradimento sociale.Ovviamente la nipote Vita Maria sta prendendo provvedimenti legali.


Concludo  dedicando a Piera  e  sua  figlia  Vita  maria   un post  che  della mia  amica di facebook https://www.facebook.com/marianna.pilo    perchè  siete proprio voi donne    che trovate le  parole  migliori



Non chiedere mai a una donna come fa ad essere cosi' forte... Forte non ci si nasce, lo si diventa! Non chiederle mai perché indossa ancora le corazze con un uomo: forse ha combattuto troppo! Non scavare dentro ai suoi ricordi... Tienila stretta tra le braccia, e ascolta i suoi silenzi...




con questo  è tutto