29.9.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco dal settimanale giallo . prima e seconda parte

Con questa piccola guida a puntate,  d cui  riporto   le  prime  due   puntate  , io  è il  settimanale  giallo  vi daremo ogni settimana un consiglio pratico per mettervi al sicuro prima di chiamare i professionisti del 112. Perchè    


Credere in se stessi e avere una buona autostima sono due componenti fondamentali per riuscire a difendersi in situazioni  di pericolo. Per affrontare fsicamente un momento angosciante e spaventoso
come un’aggressione, dovrete essere prima di tutto lucidi, e certi di potervela cavare. Questa è la parte più complicata dell’autodifesa: riuscire a conservare la fiducia in situazioni estreme.L’errore più grave che possiate commettere è pensare che a voi non possa capitare di essere vittma di violenza. Senza naturalmente voler fare terrorismo spiccio, è importante invece partire da qui: il concetto di autodifesa personale nasce dal fatto che qualcuno non ci rispetta sia dal punto di vista fisico sia da quello verbale. Negare la possibilità che in qualche modo possa succedere anche a noi inevitabilmente fa sì che si abbassi la soglia di attenzione, che invece deve essere sempre molto alta. Il primo passo è quindi de!nire i “confini personali”, un concetto fondamentale che passa dalla costruzione della nostra identità. Comunemente diciamo che siamo noi stessi a insegnare agli altri come devono trattarci: questo significa che con le parole e con i gesti siamo in grado di veicolare messaggi indirizzati agli altri che indicano come vogliamo essere trattati e soprattutto o che vogliamo essere rispettati. Con le parole che usiamo e con i gesti che compiamo, noi tracciamo i nostri confini personali, vale a dire quei limiti che dediniscono dove inizia e dove finisce lo spazio di ciascuno di noi, dal punto di vista fisico, emotivo e mentale. I limiti che noi in qualche mondo scegliamo di costruire non sono fa"i per restare immutati per sempre. Sono fessibili e hanno maglie più o meno larghe che possiamo stringere o meno a seconda del tipo di relazione che scegliamo di stabilire con il prossimo. Quando diciamo “prossimo” intendiamo tu"e le persone con cui, per una ragione o per l’altra, intra"eniamo dei rapporti: il vicino di casa, il collega, lo sconosciuto che sfioriamo in metropolitana o il nostro partner. Disegnare i tuoi confini personali e prendere le distanze sono una tua scelta e un tuo diri"o inviolabili. Pensiamo agli animali, per esempio: anche loro lo fanno, marcando il territorio e difendendolo. Dobbiamo farlo anche noi, naturalmente con modalità differenti, ma senza mai dimenticare che può capitare a chiunque di vedere violati i propri confni personali, deliberatamente o meno .
Ora che abbiamo chiarito il concet!o di “confine”, strumento prezioso per proteggerci e mantenere il nostro senso  di “sé”, è fondamentale che impariate a gestirlo. Può capitare  che per paura di far arrabbiare la persona con cui state interagendo o semplicemente per  quieto vivere, non esercitiate il diritto di essere rispettati.
 In  qualche modo lasciate che l’altro possa invadere il vostro spazio, che vi manipoli o che  vi obblighi a fare qualcosa contro la vostra volontà.
Nel  peggiore dei casi si arriva addi rittura subire violenza "fisica o psicologica. Questo accade se i vostri confini sono deboli e  non sani. All’altra estremità ci  sono poi i confini troppo rigidi, che sono tipici delle perso ne che ambiscono a esercitare il controllo   su tutto   e  tutti   che sono soliti  criticare, intimidire e mostrare  atteggiamenti aggressivi. Provate a fermarvi  su di un caso preciso: state discutendo con  un’altra persona, e questa inizia improvvisamente ad alzare  la voce. Cosa c’è 
dietro il suo atteggiamento ?  Non vi sta facendo del male fisico  ma questo non significa 
che non stia usando dell’aggressività nei vostri confronti. 
Chi alza la voce vuole zittire   il proprio interlocutore, vuole svalutarlo o ridicolizzarlo, oppure ha scelto l’aggressività  verbale per chiedere attenzioni o una qualche forma di ascolto. In entrambi i casi, in 
quello in cui i confini sono troppo deboli e quello in cui sono invece troppo rigidi, si è lontani dall’equilibrio cui si dovrebbe arrivare, quando i  confini personali diventano  un' altro e una protezione preziosa. Ecco quindi che il primo obiettivo da raggiungere, una volta identificati i confini personali del sé e del prossimo, è imparare a rispettare entrambi e a far sì  che gli altri rispettino i vostri,in un continuo equilibrio dinamico, senza trasformarli in muri invalicabi li attraverso i quali tenere gli altri fuori, ma in 
strumenti preziosi per evitare che il prossimo  metta in atto  comportamenti  inaccettabili per  il nostro benessere  fisico e psicologico.
Per riuscire a credere in  voi stessi è fondamentale essere preparati. Vi capitava a scuola? Se avevate studiato molto bene, l’interrogazione faceva meno paura e riuscivate a esporre i concetti con tranquillità. 
Per affrontare qualsiasi cosa con successo è necessario essere preparatati. Dedicare tempo a preparare 
un’autodifesa vi renderà più lucidi. Sentirvi  competenti vi darà !ducia: avrete maggior controllo. 

con questo è  tutto  alla    prossima  lezione 

27.9.24

diario di bordo n 78 anno II bimba di 9 anni scrive al CEO di Barilla: “Vorrei una pasta a forma di tappo”. L’azienda dice si ., Crolla pezzo di soffitto a scuola, insegnante salva i suoi studenti ., una barca in escursione salva capinata da franco rugero salva 50 migranti naufragati a largo di lampedusa

 fonte  thesocialpost  








In casa Barilla arriva una novità creativa grazie all’idea di Margherita, una bambina di nove anni di Genova. La piccola, spinta dalla sua inventiva, ha proposto alla storica azienda un nuovo formato di pasta ispirato ai tappi. Margherita, con l’aiuto della madre, ha scritto una lettera direttamente all’amministratore delegato, Gianluca Di Tondo, illustrando la sua proposta.
La lettera della bambina inizia così: “Sono Margherita e ho nove anni e mezzo e mangio sempre la vostra pasta”. Proseguendo, spiega la sua intuizione: “Proprio oggi pensavo di creare un nuovo tipo di pasta: i tappi! Sarebbe proprio una forma di tappo di pennarello dove il sugo rimane all’interno. Se vi piace, potete idearla”.
Dopo circa due mesi, la bambina ha ricevuto una risposta inaspettata direttamente dall’amministratore delegato. Di Tondo le ha comunicato che l’idea era stata trasmessa al reparto responsabile dello sviluppo di nuovi formati di pasta. Ma la storia non si è conclusa con una semplice risposta formale.
Poche settimane dopo, Margherita ha ricevuto una sorpresa speciale: una scatola inviata da Barilla contenente la “sua” pasta a forma di tappo, realizzata appositamente per lei. Insieme alla scatola, c’era anche un nuovo messaggio da parte di Di Tondo, che le ha scritto: “Come ti avevo promesso, abbiamo lavorato sulla tua bellissima idea dei tappi e siamo riusciti a produrre una prima versione nel nostro impianto pilota utilizzando la tecnologia 3D. Ci potrebbe volere un po’ di tempo per riuscire a produrli su larga scala ma nel frattempo volevamo farli avere a te!”
Questo gesto non solo rappresenta un esempio di come le grandi aziende possano interagire in modo diretto e positivo con i loro consumatori, anche i più piccoli, ma mette in luce anche il potenziale che nasce dall’ascolto delle idee innovative. L’attenzione di Barilla verso la proposta di Margherita è un chiaro segno di apertura verso l’innovazione e la creatività, soprattutto quando proviene dalle generazioni più giovani, che spesso riescono a portare prospettive originali nel mondo degli adulti. La pasta a forma di tappo è un esempio di come un’idea semplice possa trasformarsi in un progetto concreto, anche grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate come la stampa 3D.

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Un incidente che poteva trasformarsi in tragedia è avvenuto questa mattina all’Istituto Capellini-Sauro della Spezia, dove una porzione di intonaco è crollata dal soffitto di un laboratorio mentre una classe era in piena attività didattica. Grazie alla prontezza dell’insegnante, che si è accorto del cedimento imminente, gli studenti sono stati fatti evacuare dall’aula pochi secondi prima del crollo, evitando così che qualcuno rimanesse ferito.
L’incidente è avvenuto durante la seconda ora di lezione. L’insegnante, notando i primi segnali di cedimento del soffitto, ha immediatamente invitato gli studenti ad abbandonare il laboratorio. Pochi istanti dopo, una parte del soffitto, situato a circa cinque metri d’altezza, è crollata a terra, colpendo l’impianto di illuminazione, diversi banchi e alcuni computer presenti nella stanza.
Nonostante la gravità dell’evento, fortunatamente nessuno è rimasto ferito. L’evacuazione tempestiva e
il sangue freddo del docente hanno permesso di evitare conseguenze ben peggiori. Sul posto sono intervenuti i tecnici dell’istituto per valutare i danni e verificare le condizioni di sicurezza dell’edificio.
L’accaduto ha sollevato nuovamente interrogativi riguardo alla sicurezza delle strutture scolastiche in Italia, dove episodi simili si sono già verificati in passato. Al momento, le autorità stanno indagando per capire le cause del crollo e determinare se vi siano stati problemi di manutenzione o se il cedimento sia dovuto a fattori esterni. Nel frattempo, le lezioni nel laboratorio interessato sono state sospese fino a nuovo ordine, e gli studenti coinvolti, ancora scossi dall’accaduto, hanno ricevuto il supporto degli insegnanti e del personale scolastico.




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  una  barca in   escursione salva    capinata   da   franco rugero  salva    50  migranti   naufragati  a largo di lampedusa  

Lorenzo Tosa
2 h ·

L’uomo qui sotto si chiama Franco Ruggiero, 69 anni, napoletano. È un uomo di mare, un Capitano con la C maiuscola.
E, insieme ai turisti che stava portando in barca per un’escursione, ha appena salvato letteralmente la vita a 50 migranti naufragati a largo di Lampedusa.Quando ha avvistato il barchino in ferro alla deriva carico di uomini, donne e bambini disperati, Ruggiero non ci ha pensato un attimo. Ha prima messo in sicurezza gli ospiti in coperta, poi, con l’aiuto di alcuni passeggeri, ha soccorso il barchino che
imbarcava acqua, tirando a bordo e salvando la vita a decine di migranti in balia delle onde.
In tutto Ruggiero e il suo equipaggio improvvisato, insieme a un’altra imbarcazione poi accorsa, sono riusciti a salvarne 50, tra cui anche una bambina stretta tra le braccia della madre.Cinquanta vite umane, tranne due: un neonato e un ragazzino di 10 anni che - raccontano i testimoni - “vedevamo risalire in acqua e poi sprofondare giù”.L’ennesima tragedia del mare. Che senza Ruggiero e i suoi passeggeri sarebbe potuta diventare una strage, come a Cutro.Guardo quest’uomo e vedo un capitano, un Capitano vero, nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano in servizio permanente. Uno che ha messo semplicemente in pratica la prima legge di ogni marinaio: salvare vite in mare. Sempre. A ogni costo. A lui e a tutti quelli che erano su quella barca, in quest’epoca di tenebre della ragione e dell’umanità va solo un immenso, commosso, Grazie.

“Verifica dell’età in Internet” Ma vale solo per i siti porno Prevede indicazioni da Agcom: tra le ipotesi, introdurre un codice previa identificazione. Ma chi mai ammetterebbe di richiederlo per siti hot ?

Oggi   , Come  ogni  mattina    ho  visto  la  consueta  rassegna   stampa , non     sono riuscitaìo  a  trattenere le lacrime    e la  pancia  dalle  risate   leggendo questa  notizia  . Infatti  
Chi ha partorito tale cosa dev'esseremqualcuno poco avezzo : alla psicologia delle masse Infatti << quale italiano andrebbe mai a farsi identificare presso un centro per la verifica dell’età o potrebbe richiederla in qualsiasi altra forma se dovesse servire solo per la consultazione dei siti porno? Nessuno, o molto pochi >>. Infatti esso è ancora un tabù, partendo dalla certezza che il porno è ancora un fatto estremamente privato, più privato del sesso stesso. Perché il porno è un po’ come il denaro: non sta bene parlarne  apertamente  .  Ma  sooprattutto   il  fatto  che   si  posso  mettere   divieti  o  sistemi per  bloccare  l'accesso  ma  tanto  ila  fascino del proibito     attira sempre    e  si  escogitano  sempre  mezzi  alternativi   legali  \  o  meno  per      bypassarlo  .  Esperienza   di  uno  che    ha  iniziato    a prima  a leggere    e  poi  a  vedere   la  pornografia  da  9\10    anni . Ci  vorrebe  invece  un educazione    fin   all'infanzia  all'effettività,  alla  diversità  sessuale ( quellla   che   i  retrogradi  chiamano  gender  )     e  poi    da  14\15  al  sesso vero e  proprio  .  Non  probizionismo che    non serve  a niente  .  Infatti secondo 

  IL  FATTO  QUOTIDIANO  27\9\2024

  Virginia Della Sala




C’è un problema, nel decreto Caivano, la misura nata dal governo un anno fa, per mettere un freno alla criminalità giovanile (erano i giorni dopo lo stupro di gruppo nei confronti di due bambine di 10 e 12 anni) che ora potrebbe diventare strutturale oltre che un boomerang a brevissimo raggio: la norma, infatti, introduce la cosiddetta “Age verification”, ovvero l’obbligo per le piattaforme online di verificare l’età degli utenti per evitare che materiale non adatto ai minori possa apparire davanti ai loro occhi. Detta così, tutto bene. Non fosse che l’articolo in questione, il 13 bis, riguarda solo i contenuti dei siti porno. Null’altro. Mentre la maggioranza chiede di vietare i social network per gli under 16 o gli under 13 o gli under 15 (sul punto non c’è ancora concordanza), l’agcom – cui il decreto chiede di redigere le linee guida – ha appena chiuso la consultazione pubblica sulle modalità con cui questo dovrebbe avvenire. Senza le opportune modifiche, però, la soluzione rischia di essere un flop.

PARTIAMO DALLA NORMA:

si dice che “è vietato l’accesso ai minori a contenuti a carattere pornografico, in quanto mina il rispetto della loro dignità e ne compromette il benessere fisico e mentale, costituendo un problema di salute pubblica”; poi che “i gestori di siti web e i fornitori delle piattaforme di condivisione video... sono tenuti a verificare la maggiore età degli utenti” e che “l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce... le modalità tecniche e di processo per l’accertamento della maggiore età assicurando un livello di sicurezza adeguato al rischio e il rispetto della minimizzazione dei dati personali”. A essa, anche la vigilanza sulla “corretta applicazione del presente articolo”.
Le proposte in campo sottoposte a consultazione pubblica, sono diverse, alcune già escludibili per limiti intrinsechi di privacy o di tecnologia: si va dalla scansione della carta d’identità al controllo incrociato con i database dell’anagrafe, dal riscontro con la carta di credito e gli istituti finanziari alla verifica tramite numero di cellulare. Ognuna di queste ha un grosso margine di difficoltà.
Restano allora due ipotesi realmente applicabili, entrambi lascerebbero fuori la questione identità limitandosi a fornire alle piattaforme il dato sulla sola età. La prima è quella della “Age estimation”, la stima dell’età attraverso l’intelligenza artificiale utilizzando ad esempio un autoscatto, che porrebbe però il problema del riconoscimento biometrico, o tramite raccolta e analisi dei dati, che però potrebbero anche essere fallaci o peggio ancora invogliare alla profilazione dei minori, vietata dal Dsa, il Digital Service Act europeo.
La soluzione più quotata sembra quindi essere quella verifica effettuata in modo “forte” da un ente terzo (un istituto finanziario, una società di telecomunicazioni, un erogatore di servizi al cittadino, pure il tabaccaio o lo sportello postale): l’utente deve farsi riconoscere da questo ente indipendente come maggiorenne (ente che avrà quindi la responsabilità di eventuali errori o violazioni) e gli sarà fornito un codice, un token, da inserire sulle piattaforme come prova della maggiore età.
I documenti della consultazione Agcom lo descrivono come un processo che permette alle piattaforme di non conoscere l’identità dell’utente e all’ente certificatore di non sapere quale piattaforma si visiterà.
Sarebbe anche vero, non fosse che il decreto Caivano come dicevamo, stabilisce quest’obbligo solo per i siti porno. La domanda allora è: quale italiano andrebbe mai a farsi identificare presso un centro per la verifica dell’età o potrebbe richiederla in qualsiasi altra forma se dovesse servire solo per la consultazione dei siti porno? Nessuno, o molto pochi. Il progetto, rischia così di fallire a tavolino e e soprattutto si spreca un’occasione importante.


26.9.24

Perde il marito per un infarto, la moglie (e mamma di due figli ): «Il lutto? La morte di un uomo non mi rovinerà di certo la vita»

E'  vero   che Ognuno reagisce al lutto a modo suo. Non c'è giusto o sbagliato, o una legge universale che detta le regole, in questo caso o in casi simili vedere il
post : < < Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto» .,  Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne >>   in articolare  la  prima vicenda  .Ma quando affermi una cosa del genere vuol dire che non lo amavi abbastaza e      vuoi subito  dimenticarlo   . Infatti   Ma ciò non mette al sicuro dal giudizio altrui. Lo sa bene Holly Smith, una donna di 28 anni e mamma di due bambini, che ha da poco perso il marito, morto a 31 anni per un infarto. Dopo l'accaduto, Holly ha pubblicato una breve clip su TikTok in cui è impegnata a cucinare insieme ai figli, sorridente e felice, come se nulla fosse accaduto. E in didascalia scrive: «Continua a muoverti. Non vivere nel passato».Il modo in cui la donna sta affrontando il lutto ha causato reazioni avverse e polemiche da parte degli utenti, che hanno ritenuto irrispettose le sue parole e il fatto che sembri considerare il papà dei suoi bambini "un uomo" come tanti altri. 

La mamma e il lutto: «Non mi rovinerà la vita»

Dopo la morte del marito, diverse persone avevano commentato i suoi contenuti sui social chiedendole come potesse continuare a vivere «come se fosse tutto apposto». E Holly ha deciso di rispondere con un video in cui, mentre cucina insieme ai due figli, spiega il suo pensiero sull'argomento. Le sue prime parole sono: «Perché non è il mio Dio».Poi continua: «Perché un uomo che muore non rovinerà di certo il resto della mia vita. E un avvenimento negativo nemmeno». Questa frase in particolare ha finito per scatenare un dibattito ancora più acceso e un'ondata di critiche per aver definito il marito e il padre dei suoi figli "un uomo", paragonabile a chiunque altro. Nulla di speciale. «Che cos'è successo per farvi pensare che è tutto brutto, scuro e deprimente? Dobbiamo sistemare la situazione, sradicare il problema».«Basta vivere nel passato - dice Holly -, basta vivere nella vostra testa. Cercate un futuro migliore, un domani migliore. E vi prometto che se cominciate ad avere qualcosa a cui aspirare e vi create una ragione per svegliarvi ogni giorno oltre all'istinto di sopravvivenza... allora inizierete a sentire nuovamente gioia e felicità».Le sue parole, tuttavia, non sono state ben accolte, né la sua spiegazione apprezzata. «Mio marito è morto inaspettatamente 4 anni fa e non mi riferirei mai a lui come "un uomo morto". Ciò che è morta è l'intera vita che avevamo pianificato insieme - scrive un'utente -. So che il lutto è diverso per tutti ma... wow!». 

Iwao Hakamada, l'ex pugile 88enne assolto dopo la condanna a morte: ha passato 56 anni in prigione





Iwao Hakamada, l'ex pugile 88enne assolto dopo la condanna a morte: ha passato 56 anni in prigione
© Social (Facebook etc)



A più di mezzo secolo dalla sua incriminazione con l'accusa di quadruplice omicidio, l'ex pugile professionista Iwao Hakamada, oggi 88enne, è stato assolto in uno dei casi giudiziari più controversi della storia giapponese. Il tribunale distrettuale di Shizuoka ha finalmente emesso una sentenza che ribalta una condanna a morte che gravava sull'uomo a seguito di un presunto eccidio avvenuto nel 1966.Hakamada aveva trascorso 56 anni in prigione, una condanna che si è rivelata ingiusta alla luce di nuove prove emerse nel 2014, quando l'ex pugile era stato rilasciato in attesa di un nuovo processo. La sentenza assolutoria, arrivata dopo anni di battaglie legali e appelli, rappresenta uno dei pochi casi in Giappone in cui una condanna a morte è stata annullata: appena il quinto caso dal dopoguerra che vede un ribaltamento simile.Le cause del processo
Il caso risale al 1966, quando un incendio devastò la casa del datore di lavoro di Hakamada, uccidendo l'uomo, la moglie e i due figli, i cui corpi furono trovati ricoperti da ferite da taglio. La polizia incriminò Hakamada per omicidio, rapina e incendio doloso. La condanna si basava su tracce di sangue trovate su cinque capi d'abbigliamento rinvenuti in una vasca di miso 14 mesi dopo il crimine. Gli investigatori sostenevano che il sangue corrispondesse a quello delle vittime e dello stesso Hakamada.
L'ex pugile inizialmente confessò gli omicidi, ma in seguito ritrattò, affermando di essere stato torturato durante gli interrogatori. Nonostante ciò, nel 1980 la Corte suprema confermò la condanna a morte. Tuttavia, con il passare degli anni, diverse incongruenze emersero nel caso, tra cui la discutibile attendibilità delle prove forensi e, soprattutto, l'inattendibilità della confessione di Hakamada.
La fine dell'incubo
Negli ultimi decenni, Hakamada ha sofferto di gravi problemi psicologici, sviluppatisi durante la lunga detenzione. Sua sorella, Hideko Hakamada, oggi novantunenne, è sempre stata al suo fianco, sostenendolo in tutte le udienze e lottando per la sua libertà. Ma non è stata l'unica: il processo del 2023 ha attirato l'attenzione di centinaia di persone, molte delle quali si sono radunate fuori dal tribunale di Shizuoka per assistere all'epilogo di una vicenda giudiziaria che ha scosso il Giappone.
Nonostante le ripetute richieste di condanna da parte dei pubblici ministeri, che continuano a sostenere la colpevolezza di Hakamada, la corte ha riconosciuto l'insufficienza delle prove e ha finalmente emesso il verdetto di assoluzione. Ora, l'attenzione è rivolta alla possibile risposta dei pubblici ministeri, che potrebbero decidere di ricorrere contro la sentenza. Tuttavia, dopo oltre mezzo secolo di dubbi e incertezze, il nome di Iwao Hakamada è finalmente stato ripulito.
Dopo oltre mezzo secolo di incertezze, il nome di Iwao Hakamata è stato finalmente ripulito, e la sua storia ha permesso di riaccendere il dibattito sulla pena di morte in Giappone, uno dei pochi paesi industrializzati a mantenere questa pratica. La pena capitale gode ancora di un ampio sostegno pubblico, ma la vicenda di Hakamata pone interrogativi sul rischio di errori giudiziari irreparabili.

Un ciclista scrive a Feltri una lettera (e una denuncia): “Vorrei fargli provare l’agonia di chi ha perso un figlio”

Federico Balconi, presidente dell’associazione ciclistica “Zerosbatti” che prove assistenza giuridica alle vittime degli incidenti stradali, ha dichiarato voler mostrare a Vittorio Feltri, membro del consiglio regionale di Fratelli d’Italia e direttore del Giornale, la conoscenza del dolore causato dalla perdita di un figlio in un incidente stradale. Questo affermazione è arrivata in risposta alle dichiarazioni di Feltri durante l’evento “La grande Milano, dimensione smart city”, tenutosi al circolo filologico milanese, in cui ha espresso il suo fastidio per le piste ciclabili e ha rivelato di apprezzare i ciclisti solo quando vengono coinvolti in incidenti. 





Queste osservazioni hanno suscitato la reazione di esponenti politici locali e regionali appartenenti al centrosinistra e di coloro che lavorano per la tutela dei diritti dei ciclisti. In una lettera pubblicata sul loro sito web, l’associazione Zerosbatti ha annunciato il suo piano di querelare Feltri e di presentargli tutti i casi di ciclisti coinvolti in incidenti, che hanno ricevuto assistenza da parte dell’associazione nel corso degli ultimi anni. Il memo evidenzia che tra queste vittime ci sono padri, madri, figli, mariti, mogli, nonni, molti dei quali hanno perso la vita, lasciando dietro di sé familiari e amici a causa dell’atto irresponsabile di un conducente di auto, potenzialmente con lo stesso punto di vista di Feltri.
“Se potessi, vorrei fargli capire la devastante angoscia che due genitori provano quando perdono un figlio a causa della negligente disattenzione di un’autista, evidenziando con dolore l’assurdità e il
sconcerto di un simile evento”, queste le parole di Federico Balconi. “Gli proporrei di unirsi a noi in bicicletta, dove rischiamo di rimanere vittime di veicoli motorizzati oltremodo prepotenti e pericolosi. Vorrei anche illustrargli le notevoli iniziative europee mirate a rendere le città più sostenibili ed adatte all’uomo, evidenziando i notevoli vantaggi per salute, umore, lavoro e rapporti sociali. Dovrei spendere del tempo a spiegare alla persona in questione i molteplici benefici, sia diretti che indiretti, che derivano dall’utilizzo della bicicletta, riguardo al benessere del cuore, dei polmoni e anche dello spirito, innescato dalla sensazione di libertà mentale e fisica che ne consegue”, ha proseguito l’avvocato. “Potrei fornire dati incontrovertibili che dimostrano che la maggior parte degli incidenti tra auto e biciclette sono quasi sempre causati da automobilisti, ma preferisco dedicare il mio tempo a scrivere questo pezzo e preparare una denuncia a favore di tutti i ciclisti che rappresentiamo attraverso l’associazione, in linea con l’impegno da noi preso di essere i primi in Italia a fornire un sostegno legale per la tutela dei diritti dei ciclisti”, ha ribadito Balconi.
“Svolgo il mio lavoro di avvocato per il dovere, non solo professionale, ma anche etico, di prendermi carico della protezione dei diritti che sono stati violati, addirittura ignorati. Devo ciò a ogni socio, che sia ciclista o no, affinché determinati pronunciamenti – ha concluso – non restino impuniti”.

Papà no vax curava i figli con “acqua magica” e teneva lontana la mamma vaccinata: «Attenti, è radioattiva»

 capisco   che  non ti  voglia  vaccinare   e  cerchi cure  alternativa  .  Ma    questa  è pura  follia  .  non  puoi imporre  a  gli altri    le  tue  scelte  



Un no vax a processo. Da quando si era vaccinata contro il Covid l'ex marito aveva convinto i figli che fosse «radioattiva» e non consentiva loro di avvicinarla. L'uomo è ora imputato a Bergamo e come

riferisce l'edizione locale del Corriere della Sera la donna ha di nuovo con sé da un mese i due ragazzi di 16 e 13 anni che erano stati in comunità per tre anni per riprendersi da quelli che, secondo l'accusa, sono stati i maltrattamenti psicologici del padre.
No vax, acqua magica e processo
Il padre, con cui è separata dal 2017, ha perso la responsabilità genitoriale e da fine agosto ha il divieto di avvicinamento. Le difficoltà erano già sorte nel 2018 ma dal marzo 2021, quando la donna si era vaccinata contro il Covid, erano divenuti insostenibili. «Non venivano più a tavola con me, si cucinavano loro da mangiare dicendomi "tu non puoi toccare", non salivano in auto, se mi sedevo sul divano mi spingevano via con calci e pugni», ha raccontato in aula. In quel momento i figli avevano 13 e 10 anni.
«Mi dicevano che ero radioattiva» ed è convinta che glielo avesse inculcato l'ex marito. Nel capo di imputazione è scritto che l'uomo li «persuadeva di non avvicinarsi alla madre per almeno 40 giorni» dopo la vaccinazione». «Diceva "ragazzi uscite, che non è niente", che il Covid non esisteva e la mascherina era dannosa. La mettevano abbassata. Fece saltare loro la scuola, il più grande venne bocciato in terza media per le assenze» e prima della pandemia, «aveva sospeso l'antibiotico a uno dei nostri figli quando nel fine settimana erano con lui». Invece «dava loro boccette con dell'acqua magica, io le svuotavo e mettevo l'acqua normale» ha raccontato, aggiungendo che l'ex marito «imponeva le mani sui bambini dicendo che avrebbe assorbito il loro dolore» Nel 2022 l'imputato era stato prosciolto dal gup «perché il fatto non sussiste» e il giudice parlò di una «preoccupazione iperprotettiva per i figli», su cui potrebbe aver inciso la parziale incapacità di intendere e volere riconosciuta dal perito. Su ricorso del pm, però, la Corte d'Appello ha mandato l'uomo a processo.

24.9.24

Fedez e Tony Effe: si legge “dissing”, ma è solo “scazzo”

 io  non avrei saput  dire  di  meglio . Non esiste  più uno scazzo    come  si deve  .   

Fedez e Tony Effe: si legge “dissing”, ma è solo “scazzo”

Il dissing tra Fedez e tal Tony Effe, con schizzi che hanno riguardato i non meno artisticamente inutili (quando non pallosamente dannosi) Niky Savage e Taylor Mega, è spaventosamente perfetto per

raccontare appieno il grado zero della “musica” italiana attuale. Va da sé che nello scrivere questo (che è poi una constatazione più ovvia dell’ovvio), non penso minimamente che nella musica di oggi non ci siano talenti (ce ne sono, ma se li filano in pochi). Al tempo stesso, mi do in anticipo del passatista nostalgico matusa, e quindi mi zittisco da solo con il sempiterno “okay boomer”, che è poi la risposta pavloviana degli analfabeti musicali giovinastri che pensano – davvero! – che i troiai che ascoltano siano artisticamente rilevanti. Ciò detto e ribadito, qualche considerazione. Da un punto di vista musicale, e si perdoni qui la bestemmia nel parlare di musica, la sfida tra Fedez (verso cui umanamente nutro un affetto profondo e a cui auguro ogni fortuna per le ben più serie battaglie che sta affrontando) e tal Tony Effe (sublime archetipo del non-artista e sorta di versione artisticamente eunuca dei grandi Eminem che furono) è meno che orrenda.

Una roba così vomitevole, prim’ancora che volgare, che in confronto una sfida neuronale tra Gasparri e Morgan parrebbe al confronto quasi stimolante. A chi crede che l’italia abbia ancora qualche speranza, ricordo che un paese che si rincoglionisce con un hit estivo (?) del tenore di

Sesso e Samba è oltre ogni canna del gas. Siamo invecchiati male pure nei tormentoni, perché rispetto a ’ste brodaglie pseudo-alternative di tal Tony Effe (e derivati) persino Asereje delle Las

Ketchup sembra una jam session dei Jefferson Airplane.

L’idea poi del dissing è di per sé divertente, perché di fatto è uno scazzo tra artisti. Dunque un’interruzione del quieto vivere e del politicamente correttissimo. Solo che qui non c’è musica e non ci sono artisti. E non c’è nemmeno lo scazzo, perché è tutto volto a far crescere l’hype (e dunque le visualizzazioni, e dunque il fatturato dei contendenti, che almeno in questo sono dei veri geni). Il tenore qualitativo della contesa è da galera, non nel senso che ci siano degli estremi penali (anche se a volte potrebbero esserci, tra sessismo e machismo), ma nel senso che un bambino di sei anni farebbe rime più articolate e meritorie. Eppure tutti ne parlano da giorni, anche quel che resta della sempre più sputtanata critica musicale, e non per ribadire la nullità artistica dei “brani” in oggetto, ma (anche loro) per catturare like di contrabbando. L’ignoranza è tale che, per molta gente, questi dissing hanno davvero una rilevanza artistica e meritano perfino elucubrazioni pensose. Ma stiamo scherzando? Qualcuno si ricorda i dissing veri, tipo Dalla che scazza con Guccini in tivù a fine Settanta perché il primo è “troppo musicale” e il secondo “troppo testuale”? O ancora, il Guccini de L’avvelenata, sfogo sublime (che però Francesco non ama granché) nato da parole troppo puntute del critico Riccardo Bertoncelli? C’è stato un tempo in cui gli artisti veri si crivellavano, a volte persino ferocemente, ma con un rispetto di fondo. Accadde tra Pierangelo Bertoli e Pino Daniele, che quando si incontrarono si rasoiarono senza pietà (roba tipo “Le tue canzoni sono proprio brutte”, “Ah sì? E a me non piace per niente la tua voce”). Resta poi mitologico lo scazzo tra Dario Fo e Franco Battiato. Fo, la prima volta che lo vide, si avvicinò e con fare sentenziante disse: “A me i tuoi testi non piacciono!”. E Battiato, a bruciapelo: “E a me che cazzo me ne frega!”. Meraviglia. Per non parlare delle botte che si son dati per anni Blur e Oasis. Oppure Vasco e Liga (sperando che ora facciano pace, certo, ma questa è un’altra storia). C’è stato un tempo in cui anche la litigata era foriera di ispirazione e capolavori. Ora invece si chiama “dissing”, e partorisce solo schifezze. Condoglianze.

ma cos'altro deve succedere perchè si smetta con il trash dell'informazione ? il caso dellintervista di Myrta Merlino al matricida Lorenzo Carbone

Ci può anche  stare  ,   anche  se  è moralmente  ed  eticamente  discutibile   ,    intervistare  come ha  fatto   la  Merlino  con la  sua troupe  intervistare   a  caldo   \  in diretta  Lorenzo Carbone, il cinquantenne accusato di aver ucciso la madre Loretta Levrini nella casa dove vivevano insieme a Spezzano di Fiorano (Modena). L'uomo, che dopo la morte della donna era come sparito nel nulla, ha confessato l'omicidio in diretta televisiva.  Non è   una  novità Soprattutto perchè    è già  successo    altre  volte  in  tv   . Ma  c'è  mdo e modo e  modo  .  E  quindi   : <<  Le notizie si danno >> si difende la conduttrice al Corriere della Sera ricostruendo quanto accaduto: <<Ricevo la telefonata del mio inviato qualche minuto prima di andare in diretta. Una cosa pazzesca. Ho poco tempo per decidere. Mi preme solo una cosa: che non danneggi l’indagine. L’uomo era ricercato. Chiamo subito i carabinieri. Mi autorizzano a mandare in onda le immagini dell’intervista. Ho ragionato da giornalista >> .  Ma     a  tutto c'è un limite  .  Infatti  La conduttrice in studio, Myrta Merlino, che lancia l’esclusiva di una confessione in diretta senza fare nulla per nascondere l’eccitazione.Un cronista che incalza un uomo in lacrime e in evidente stato di choc: “Ma l’hai uccisa tu?”  L’altro che gli fa il
terzo grado su cos’è successo, “cosa ti è passato per la testa?”, “perché non sei andato dai carabinieri?”, “dove sei andato finora?”, e ogni domanda in più non fa altro che far esplodere il cortocircuito di un uomo in stato confusionale e, insieme, lo share del programma.  E ancora: “Perché l’hai strangolata?”, come se esistesse una risposta valida, sensata, in un momento di fragilità e in un simile stato di alterazione. Infine l’uomo scoppia in lacrime e le telecamere zoomano sugli occhi, per non perdersi nessun dettaglio di un uomo disperato che ha appena ammazzato sua mamma con l’Alzheimer e non sa spiegare il perché. Questa non è tv verità e neppure giornalismo. Questa è la tv dello sciacallaggio, voyeurismo puro, pornografia del dolore su una tragedia del disagio, della disperazione, dell’abbandono - di lui e della madre - della quale a nessuno dei giornalisti e degli spettatori frega nulla. Gli interessa solo vedere negli occhi un “assassino” che crolla incalzato dalle telecamere. Come se fosse un film. Ma questo non è un film, è vita vera con persone vere e tragedie verissime. Come e peggio di Barbara D’Urso.   L'allieva    ha  superata  la maestra  . 
Ai commenti  contro la scelta di Pomeriggio Cinque di mandare in onda il servizio, la stessa conduttrice Myrta Merlino ha deciso di intervenire in difesa di tale scelta.   <<  l'azienda mi ha dato ragione. Deontologicamente la notizia vince sempre. E noi l’abbiamo data, con sobrietà e rigore", ha replicato Myrta Merlino attraverso Il Messaggero.La conduttrice ha poi continuato affermando: ,<< Giuffrida (l’inviato che ha realizzato l’intervista, ndr) mi ha chiamata e mi ha detto che aveva trovato Carbone, ci aveva parlato e l’aveva fatto arrestare. Ha avuto la prontezza di chiamare i carabinieri, se non li avesse chiamati non avremmo mai mandato in onda il servizio. Ho parlato con i Carabinieri e la prima immagine che abbiamo trasmesso è stata quella dell’arresto. Non abbiamo rincorso l’assassino né intralciato le indagini. La storia è chiusa e la raccontiamo perché ne siamo stati testimoni oculari .  Ho  seguito due principi: la mia coscienza e la mia professionalità. Rifarei tutto quello che ho autorizzato, le notizie si danno - afferma - Ricevo la telefonata del mio inviato qualche minuto prima di andare in diretta. Una cosa pazzesca». «Ho poco tempo per decidere, mi preme solo che non danneggi l'indagine. L'uomo era ricercato. Chiamo subito i carabinieri, mi autorizzano a mandare in onda le immagini. Ho ragionato da giornalista. Carbone era in stato di choc? Sì ma ha raccontato i fatti, con lucidità. Per non turbare la sensibilità di chi ascolta ho tagliato le parti scabrose, i particolari di come aveva ucciso sua madre».>> Una risposta secca, apparsa a molte persone  un po’ troppo cinica, soprattutto se messa in relazione alla delicata situazione. Come e peggio di Barbara D’Urso.   L'allieva    ha  superata  la maestra    Questa non è tv verità e neppure giornalismo. Questa è la tv dello sciacallaggio, voyeurismo puro, pornografia del dolore su una tragedia del disagio, della disperazione, dell’abbandono - di lui e della madre - della quale a nessuno dei giornalisti e degli spettatori frega nulla. Gli interessa solo vedere negli occhi un “assassino” che crolla incalzato dalle telecamere. Come se fosse un film. Ma questo non è un film, è vita vera con persone vere e tragedie verissime  purtroppo . Dopo la messa in onda del servizio in questione, sui social si è creata una vera e propria polemica e, tra i tanti commenti apparsi sulla piattaforma X, mi   ha attirato particolare attenzione quello della giornalista e vicedirettrice di TgLa7 Gaia Tortora. "Quello che è accaduto oggi a Pomeriggio Cinque è gravissimo. Non è questo il nostro mestiere. Stracciato il codice deontologico stiamo toccando il fondo", ha infatti scritto la giornalista dichiarandosi palesemente contro la scelta della redazione del programma.La giornalista, sempre su X, ha poi rimarcato il suo parere ripubblicato anche un post di Ermes Antonucci, il quale affermava: "Un programma Mediaset ha mandato in onda un’intervista a un uomo in evidente stato confusionale, tornato a casa dopo essere sparito una notte, che confessa l’omicidio della madre, malata di demenza. Ma che bisogno c’era? È ormai passata la regola che tutto possa essere scritto e trasmesso, senza che nessuno si ponga mai un problema non dico deontologico (figuriamoci), ma persino umano? Il circo mediatico ha toccato un suo nuovo punto più basso".    E con questo chiudo  

23.9.24

Fotografia: 'Calabria con i miei occhi', ragazzi autistici raccontano una terra e la disabilità

 (Adnkronos) 
L'attrice Margareth Madè è la madrina d’eccezione della presentazione del volume fotografico 'Calabria con i miei occhi', in programma Cosenza: "Queste manifestazioni sono come un abbraccio che ti accoglie e ti riempie il cuore di umanità e di autentica bellezza", ha detto Madè all'evento organizzato al 'Fellini'. "Ringrazio Paola Santelli

dell’associazione Jole Santelli per avermi permesso di fare questa meravigliosa esperienza", ha aggiunto Madè.  'Calabria con i miei occhi' nasce grazie al contributo e alla collaborazione dell’Associazione Jole Santelli con 'Modelli si nasce onlus', la prima ed unica realtà associativa in Italia ad offrire percorsi formativi personalizzati che preparano i ragazzi autistici ad entrare nel mondo della moda e della pubblicità come modelli. I ragazzi e le ragazze autistici indossano abiti di fashion designer e brand emergenti quali: Beatrice Bocci Designer, Boutique Central, Hobo’s, Migale Couture, Vintage Revenge e White Official. "Questo book promozionale della Calabria con alcune delle sue location più suggestive ha visto come modelli dei meravigliosi ragazzi autistici che con naturalezza si sono immersi nella natura risultando quasi dei modelli professionisti -hanno detto Paola e Roberta Santelli-. La loro forza e la loro voglia di esserci si evince chiaramente dalle foto e questo è un buon auspicio per il loro futuro e una grande speranza per il tanto temu

film per l'autunno \ inverno . un mondo a parte di Il film di Riccardo Milani con Albanese e Raffaele

In  una  malinconica  giornata     tra  autunno (  inziato   da poco   astronomicamete   )  e inverno , in  una  tv  ancora  estiva    ho  visto  su primevideo  il  commovente  ed  bellissimo     film  Un mondo a parte  un film del 2024 scritto e diretto da Riccardo Milani  con Antonio Albanese e Virginia Raffaele . Un film    che  secondo    (ci ha  azzeccato in pieno ) Flavio Natalia di Ciak la regia di Milani basata sul «raccontare l’umanità delle persone con la chiave della commedia» riesce a «calarci in realtà rurali molto più diffuse di quanto si pensi . Raccontare l’umanità delle persone con la chiave della commedia» riesce a «calarci in realtà rurali molto più diffuse di quanto si pensi».IL regista «mettere in luce un
fenomeno spessissimo  trascurato come la scomparsa di comunità rurali e montane. Infatti   alcuni critici  hanno  affermato    riguardo alla tematica   che vi siano solo « un paio di situazioni che interrompono il ritmo oliato della storia »  Si apprezza    inoltre l'intervento di credibili attori per un giorno , sostenuti da una « credibile » Raffaele e « la mimica da fuoriclasse » di Albanese.
Infatti  Antonio Albanese è ancora una volta all'altezza, in una favola sulla solidarietà umana. Sorprendente Virginia Raffaele   i netto  miglioramento    che va al di là  delle  sue  imitazioni (  per   la  quale  è conosciuta     nonostante      un buon  curricula     cinematografico  \  teatrale   )     che  hanno dato  fastidio  e creato polemiche   e fastido    del  potere    politico  \  intellettuale  



Valerio Sammarco del Cinematografo afferma che il film mantiene in tutta la durata «un’indiscutibile vitalità», trovando tuttavia «qualche linea narrativa di troppo» come il tema dell'omosessualità adolescenziale. Ma  che  sinceramente  a mio avviso   non da  fastidio   anzi il contrario  è un  valore aggiunto . Il recensore sottolinea che sia leggibile la «consueta cifra» del regista, sebbene vi siano affinità riguardo agli aspetti culturali visibili in Io speriamo che me la cavo e  benvenuti  al  sud  Riccardo Milani torna a scegliere Antonio Albanese come suo alter ego, con cui condivide le caratteristiche di generosità d'animo, impegno civile e comune decenza, facendone un eroe per caso, come era successo anche nel suo recente Grazie ragazzi.Una  bella  La colonna sonora originale è stata composta da Piernicola Di Muro e si compone di undici tracce. Le due canzoni del cantautore abruzzese Ivan Graziani presenti nel film sono Agnese e Taglia la testa al gallo, entrambe incluse nell'album Agnese dolce Agnese pubblicato nel 1979.Ottime le fotofrafie    el Abruzzo nelle località montane del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise di Pescasseroli, Opi, val Fondillo, Villetta Barrea, lago di Barrea e Civitella Alfedena, nel paese abbandonato di Sperone e nella piana del Fucino a Gioia dei Marsi. Discrete   le  altre    quelle   con l'utilizzo di neve artificiale, sono state girate lungo la strada statale 83 Marsicana e nella città dell'Aquila, mentre quelle iniziali sono state realizzate a Roma. Ora  La formula cinematografica non è nuova, e attinge appunto  tanto a Benvenuti al Sud quanto a Io speriamo che me la cavo, ma anche a Baby Boom e ad un film precedente dello stesso Milani, Come un gatto in tangenziale (sempre protagonista Albanese), sia per il contrasto fra due provenienze sociali opposte, sia per il bagno di realtà che Michele, votato ad un'ideologia bucolica di sostenibilità ambientale, dovrà fare a confronto con una popolazione immersa in una natura non sempre amena, e stanca della fatica ingrata che comporta fare gli agricoltori in certe zone d'Italia.
E'  vero    che  La sceneggiatura, di Milani e Michele Astori, dipinge forse gli abruzzesi come un po' troppo arretrati, e c'è anche qualche caduta di tono a scopo comico, come il suggerimento che un bambino marocchino "puzzi" (sarebbe bastato evidenziare che la bambina che lo dice riecheggia il pregiudizio del padre) o l'equiparare un ritardo cognitivo a "fare lo scemo" di alcuni abitanti di Rupe. Ma in generale si avverte il genuino affetto che Milani ha per la sua terra di origine, e il suo rispetto per l'istituzione scolastica come baluardo di civiltà. È interessante anche il modo in cui la sceneggiatura inserisce certi accomodamenti all'italiana come un tentativo di raddrizzare le storture della burocrazia, invece che di frodare le istituzioni.
Albanese è come al solito all'altezza del ruolo, ma sorprende    per  il   miglioramento  in  woirdo progress    come  ho già scritto  nelle   righe  precedenti  per efficacia Virginia Raffaele sia per la capacità di calarsi a fondo, lei romana, nell'accento di sua madre, sia per quella di impersonare in modo riconoscibile una delle tante figure scolastiche che combattono una quotidiana battaglia per difendere il diritto all'apprendimento dei bambini, e aggiornarlo con corsi di storytelling, educazione digitale e sessuale che non sono solo goffi tentativi di seguire i trend del momento ma argini all'isolamento e all'oscurantismo: e anche su questo Milani evita di romanticizzare la realtà locale.
Un mondo a parte è una favola intenzionata a tradurre in forma di commedia popolare un depauperamento tangibile e lo spettro di una generale rassegnazione "a perdere una cosa dopo l'altra", riconducendoci ad un principio base di solidarietà umana. Nella sua semplicità ha molto cuore, e chiude su Ivan Graziani, abruzzese doc, che incarna nella sua musica la sincerità delle intenzioni artistiche. E siamo abbastanza certi che il tormentone "la montagna lo fa" diventerà...virale. 
Ecco      che  Vedi Antonio Albanese arrancare per una strada di montagna, quasi inghiottito dalla neve, lo vedi bloccarsi con le ruote che non vanno né avanti né indietro, e un lupo che lo guarda. E pensi: “Ecco," dira  qulcuno " un altro film come Benvenuti al Sud, con qualcuno che si ritrova in un paesino di un’Italia ignota, con mille difficoltà da superare, e che alla fine si innamorerà di quel paesino  finendo  per   rimanerci  ".  Infatti  agli amanti     del cinema italiano  sembra di aver già visto questa storia,  di  quest’Italia di paesini, innocente e comica, senza trucco ma con un gran cuore, che ti gira dentro gli occhi fin da Pane, amore e fantasia, per arrivare a due film girati poco più giù, Basilicata coast to coast e Un paese quasi perfetto. Tanti piccoli paesi quasi perfetti, abbiamo visto nel cinema italiano degli ultimi anni. Buoni per ambientarci una favola, per raccontarci che l’Italia è ancora bella, che non siamo brutti, sporchi e cattivi  e  che  esiste   un  anche un  altritalia  (  cit  musicale ) 

22.9.24

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto» ., Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne

Canzone suggerita  


lo so che certe storie sono più adatte per la commemorazione dei defuntiGiorno dei Morti  o Hallowen    se  preferite  ma     visto il    forte legame  tra  vita     e  morte ,  fra   rinascita   ogni momento è     quello giusto  .  

La  prima 

Luna di miele da sola, l'avventura di Laura: «Il mio fidanzato è morto un mese prima del matrimonio, così ho affrontato il lutto»



Il marito di Laura è morto a 31 anni per un infarto, un mese prima del loro matrimonio. Il suo futuro è improvvisamente andato in mille pezzi e tutti i piani fatti fino a quel momento hanno subìto un brusco arresto. La ragazza è stata immediatamente circondata dall'affetto di amici e parenti, ma il lutto ha un modo tutto suo per farti sentire sola, anche quando sei in compagnia. Ci sono voci e carezze, ma senti solo freddo e silenzio. Uscirne è difficile, e ognuno lo fa a modo suo. Così Laura ha preso la decisione di partire per la luna di miele da sola, lasciare a casa il senso di colpa per la sua quotidianità da reclusa e provare a vedere se «la vita valesse ancora la pena di essere vissuta».

La luna di miele da sola: il viaggio di Laura
Laura Murphy sapeva che suo marito non avrebbe voluto che si facesse consumare dal lutto e dal dolore. Che smettesse di vivere. «È un'esperienza solitaria, che ti isola, perché non conoscevo nessuno che alla mia età avesse perso un partner - ha detto al Washington Post -. Avevo bisogno di trovare persone che potessero capirmi, perché volevo sapere come andare avanti». E poi c'era il desiderio di
allontanarsi dalla loro casa, dal loro paese: «Sono rimasta lì, seduta, per mesi, senza sapere cosa fare».
La luna di miele del lutto è stata condivisa con una serie di video sui social e Laura ha mostrato il suo viaggio, tra Londra e la Francia, con cene per uno, concerti in solitaria e momenti di puro dolore in cui ha bisogno di mettersi sotto le coperte e farsi «un bel pianto». Un'esperienza simile non è da lei, ammette Laura, che non avrebbe mai pensato di viaggiare da sola e tantomeno di condividere la sua vita sul web.
Dopo aver visto altre giovani vedove partire, Laura si è convinta. Ma i momenti difficili rimangono, come quando ha sentito il suono di un'ambulanza e la sua mente è subito tornata al momento in cui il fidanzato è morto a un ufficio di distanza. Il supporto che ha trovato online, però, aiuta: «Sono stata ricoperta da amore e supporto», dice con le lacrima gli occhi in una clip.


La seconda


Monza, "vicini e parenti non vengano al mio funerale": sul manifesto funebre le ultime volontà di una 58enne© Dal Web

Un funerale solitario, a tutti gli effetti. Del resto, la frase, breve e diretta, presente a
chiusura del lungo testo del manifesto funebre comparso per le strade di Villasanta (Monza), non lasciava spazio a interpretazioni diverse. E l'inusuale vicenda, arrivata sui social con una foto scattata al necrologio, sta facendo molto discutere. Alla formula di rito "non fiori, ma opere di bene" è stato preferito nel finale un "astenersi dalle esequie vicini e parenti". 



Ha lasciato scioccata una comunità il manifesto funebre che annunciava la morte di una 58enne di Villasanta (Monza) dopo una lunga malattia. A dare la notizia del decesso la sorella, che si è fatta carico anche delle ultime volontà della defunta: esequie interdette a "vicini di casa e parenti", senza dimenticare di ringraziare "quanti, incontrandola, le hanno riservato saluti e quanti nell'ultimo periodo si sono sinceramente preoccupati per le sue condizioni". E così al funerale celebrato il 17 settembre nella chiesa parrocchiale del comune brianzolo erano presenti la sorella, che l'ha "amorevolmente accudita fino agli ultimi istanti di vita", (parole scritte nel necrologio, ndr) e un paio di persone, come riferiscono i giornali locali.


21.9.24

Marta ritrova l'uomo amato dalla nonna anni prima e li riunisce: la telefonata è commovente. «Un lieto fine»



Rintraccia il vecchio amore di sua nonna e lo contatta telefonicamente, poi le passa il cellulare: è stato questo il gesto toccante di Marta Oliete e di sua cugina. Capita spesso che con il passare degli anni si perdano i contatti con persone care che in qualche modo hanno segnato il nostro passato. Per questo le due nipotine hanno deciso di regalare alla nonna un momento indimenticabile, una chiamata con l'uomo di cui era innamorata. Dopo una ricerca impegnativa, Marta è riuscita infine a trovare il numero di telefono di José, l'uomo che sua nonna aveva amato anni prima. Superato il naturale nervosismo, Oliete ha deciso quindi di fare il grande passo, ha chiamato José, riprendendo il tutto in un video che ha poi condiviso su TikTok.

La ricerca

Le uniche informazioni in loro possesso riguardavano il nome dell'uomo. Per qualche istante hanno temuto il peggio, ma dopo averlo rintracciato hanno scoperto che José non solo era vivo, ma era anche pronto a riprendere i contatti.

La reazione

L'emozione della nonna è stata palpabile. Quando ha preso in mano il telefono, incredula di sentire di nuovo la voce di un amore di gioventù, viene ripresa mentre sorride e scherza con una genuinità che ha toccato il cuore di milioni di spettatori. «Un video con lieto fine», scrive Marta in didascalia  Il video ha rapidamente accumulato oltre un milione e mezzo di visualizzazioni su TikTok, commuovendo il pubblico e scatenando una pioggia di commenti che sottolineano la dolcezza di questo momento. «Torni sempre nel luogo in cui eri felice. Che bel gesto», scrive qualcuno, e ancora:«Adoro vedere i nonni felici. Sono un esperto nel piangere per persone che non conosco. Grazie per averci regalato questo momento bellissimo ed emozionante».C'è chi si augura di avere persone accanto che possano dimostrare un affetto così grande: «Spero che i miei nipoti facciano questo quando sarò più grande. Non mi accontenterò di meno», e chi vorrebbe un seguito, «Chiediamo più parti per vedere dove finisce questo bellissimo romanzo d’amore. Non dimenticare chi ti rende felice nella vita».

diario di bordo n 77 anno II L'alluvione, Gli infanticidi di Traversetolo il carcere razzista di ilaria la Salis, la teoria gender



Proviamo a dare un po' di colore poetico alle notizie in bianco e nero che circolano sul web, di seguito alcuni dei fatti più cliccati della settimana visti attraverso un filtro a colori

Alluvione in Romagna, di nuovo
La Romagna è di nuovo sott'acqua e  per  la    destra   racconteranno ancora che la colpa è del cambiamento climatico causato dall'uomo, delle nutrie, degli istrici, delle talpe. E mentre la gente si
ritrova le case allagate e i sogni affogati nessuno sembra avere il coraggio di dire la più semplice delle verità, ossia che la Regione Emilia-Romagna ha avuto decenni e decenni per prepararsi a questo scenario, e nessuno ha fatto nulla. E non c'è stato neppure il buon senso di cambiare la politica sulla manutenzione dei fiumi. Quante altre alluvioni serviranno per far arrabbiare davvero noi romagnoli e farci vedere le cose per come stanno?





Gli infanticidi di Traversetolo e il male del mondo

A Traversetolo, in provincia di Parma, due bambini uccisi e seppelliti dalla propria madre. Questo tristissimo fatto di cronaca, che lascia sgomenti, dovrebbe far riflettere i tanti che vengono convinti   da  quello   che  questa  destra     chiama  le sirene della propaganda woke e femminista che il male del mondo ricada sui maschi. 
Quel che  è  certo     è   che  gli esseri umani sono creature straordinarie, in cui brillano schegge divine, ma dentro portano un abisso profondo in cui bruciano le fiamme dell'inferno. E questa condizione non fa distinzioni di sesso, colore della pelle o cultura. Bene e male compiono la propria danza dentro ciascuno di noi.



Il carcere razzista di Ilaria Salis


Il 75% dei carcerati a San Vittore sono stranieri, dice Ilaria Salis, e per questo le carceri avrebbero un “carattere razzista”. Questo è il pensiero che emerge dalle menti che riescono a processare solo slogan e piccoli dogmi confezionati da altri su cui non si riesce neppure a fare ironia, da quanto è illogico e spiazzante. 


Stop alla teoria gender nelle scuole

La commissione competente della Camera ha approvato un provvedimento dell'on. Ravetto e altri che vuole porre fine alla ( quella che la destra cattolica e non solo chiama ) propaganda gender nelle scuole. Per la prima volta, probabilmente, si dà anche una definizione valida a fini giuridici di cosa sia la teoria gender, ossia “qualunque teoria che affermi l'indipendenza, la variabilità o la reversibilità dell'identità di genere rispetto alle caratteristiche sessuali oppure la molteplicità delle forme di identità di genere in relazione agli orientamenti sessuali soggettivi dell'individuo”. Vedremo se questa  norma oscurantista   finirà per divenire legge.

Ma perchè anche un gesto eroico come quello di Giacomo Gobbato è divisivo


Non tutti i supereroi indossano il mantello.
Il ragazzo nella foto si chiamava Giacomo Gobbato, 26 anni. È morto questa notte a Mestre, ammazzato per aver cercato di sventare una rapina a una donna.Quando si è accorto del tentativo di rapina, non ci ha
pensato due volte ed è intervenuto. Insieme a un altro giovane ha affrontato il rapinatore, che in quel momento ha estratto un coltello e lo ha colpito, uccidendolo e ferendo gravemente l’altro.Giacomo è morto per difendere una donna. È morto per un gesto di generosità e altruismo. È morto facendo quello che ha sempre fatto: aiutare il prossimo. Lo ha fatto per tutta la sua vita all’interno del centro sociale Rivolta di Marghera.A lui il centro sociale ha dedicato parole meravigliose non solo per Giacomo, ma anche per tutti quegli sciacalli - anche di grossa taglia - che useranno (sta già succedendo) questa storia per la solita propaganda d’odio e razzismo visto che il rapinatore uccisore è straniero .

“Questo per noi è il tempo del dolore. Troppo dolore, un dolore che toglie le parole.
Ora diciamo solo che esigiamo di non essere usat* da chi semina odio.
C'è un colpevole. È una persona, una singola. Non importa dove sia nato o di che colore abbia la pelle. E tutto questo succede in una città abbandonata da anni a se stessa.
Non accettiamo strumentalizzazioni. E non le accettiamo per Giacomo che sarà sempre con tutt* noi e per Sebastiano che è con il cuore a pezzi.
A Giacomo, che nella sua giovane vita ha sempre lottato per una società inclusiva, multiculturale, antirazzista lo dobbiamo.
Ciao Giacomo, sarai sempre con noi.”
Allo stesso tempo Sui social c'è già chi ha trasformato questa vicenda in un problema politico.
La destra si scaglia sul problema flussi e la sinistra sull’amministrazione corrente.
Ma il problema è alla base. Questo continuo rimbalzarsi le responsabilità. E un Paese sempre più in preda all'odio, dove però l'esempio di questo bravo ragazzo che difendeva tutti non deve essere dimenticato.Infatti per molti non solo a destra [sic ] il problema è che continuare a negare che ci sia un problema di ordine pubblico, dovuto ANCHE (non solo, ma anche) al far entrare quotidiniamente gente irregolare destinata a rimanere tale (e che quindi non potrà che andare ad allungare le file dei delinquenti)...è un problema, non di poco conto. E lo hanno capito anche la maggior parte degli altri paesi europei, quelli che noi definiamo "civili" a ogni piè sospinto per altre cose. Poi ovviamente c'è un problema che definirei quasi sistemico dovuto al fatto di avere un sistema legislativo basato più sulla tutela del delinquente che su quella delle vittime o dei cittadini comuni.

20.9.24

il parroco di Losson, frazione di Meolo, in provincia di Venezia, vieta il campo da calcio alla squadra femminile: «La comunità è impreparata»

 


  ecco una storia   di   come  che in italia ci sono sacche d'arrettramento culturale e ci vuole una bella guerriglia contro culturale .  Sermbrano le  storie   episodi    della   maggioranza  silenziosa   raccontata  benissimo  nei racconti  di    Giovannino Guareschi  (  l'autore     di Don Peppone  e don  Cammillo  ) . Gente   ostile al cambiamento   meglio  che ha    come punto  di   riferimento   nulla mutare  nulla  innovare . 

  fonti    IL fatto quotidiano  onlnine  ,   leggo.it     da  cui ho scaricato il  video   sotto riportato  

Potrebbe (e dovrebbe) essere una notizia di 50 \60 anni fa, invece è successo la settimana scorsa: il
parroco di Losson, frazione di Meolo, in provincia di Venezia, si è rifiutato di concedere il campo di calcio parrocchiale alla squadra femminile. La causa? La comunità non sarebbe pronta ad accettare qualcosa che, neanche a dirlo, rientra assolutamente nell’ordinaria amministrazione.
La società di Meolo aveva chiesto già all’inizio del mese di agosto la possibilità di utilizzare il campo per gli allenamenti e per la partita della domenica mattina delle ragazze dell’under 15, ma non aveva ricevuto risposta. Nei giorni scorsi, il responso di don Roberto Mistrorigo è finalmente arrivato, anche se non è stato quello aspettato e sperato. “Su nostra sollecitazione – raccontano il custode e l’ allenatore – il parroco ha convocato il presidente della società sportiva e il coordinatore della squadra, comunicando in due minuti la decisione di non concedere l’utilizzo causa ‘impreparazione della comunità’.

Infatti  





Sembra che le parole calcio e donne non possano coesistere per un parroco. L'uomo del Signore si è rifiutato di concedere il terreno di gioco parrocchiale - della frazione di Losson (Venezia) - alla squadra femminile. La motivazione? Sconosciuta. Come riporta il Gazzettino, la decisione non sembra legata al sessismo ma nessuna spiegazione è stata data dal prete se non un generico «impreparazione della comunità».La risposta è «no»
La società calcistica di Meolo aveva chiesto, già agli inizi di agosto, l’utilizzo del campo per gli allenamenti e la partita alla domenica mattina per le ragazze dell’under 15, ma dopo aver atteso a lungo una risposta, nei giorni scorsi il parroco don Roberto Mistrorigo ha convocato i dirigenti del Calcio Meolo per informarli che il campo non veniva concesso.

  Concordo con ò  a  chiusa   : <<   Il prete vieta il campo da calcio alle donne: “La comunità non è pronta”. Ma in che senso? >>  di  (lanazione.it) [...] La frase del parroco, senza possibilità di contestualizzazione e di ulteriori chiarimenti, non può che rimandare a un’antiquata forma di sessismo, decisamente fuori luogo in una società in continua evoluzione che, con tutti i suoi limiti, sta provando a fare dell’uguaglianza uno dei suoi punti cardine. Purtroppo, la strada sembra ancora molto in salita. E i valori del cattolicesimo, almeno in questo ambito, non dovrebbero certo opporsi, ma coincidere.