Il camion
del terrore
Terrorismo, disperazione,
suicidio
di Franco Bifo
Berardi
Alla fine di giugno 2016 un ragazzo
palestinese di 17 anni, Muhammad Nasser Tarayrah, si é introdotto nottetempo in
una casa di Kyriat Arba (letteralmente la "Città dei quattro") un insediamento israeliano alla periferia di Ebron, e ha ucciso a coltellate una ragazzina ebrea di 13 anni
che stava dormendo nel suo letto. Pochi istanti dopo un soldato israeliano ha
ucciso il giovane assassino. Niente di particolarmente sorprendente o di nuovo, anche se non è possibile restare indifferenti.
Si stanno intensificando gli episodi di suicidio assassino: una persona (generalmente un giovane maschio) uccide quante più persone gli capitano a tiro prima di essere ucciso da un agente della sicurezza, un soldato o un poliziotto. L’ultimo, in ordine di tempo, è un maschio 31enne franco-tunisino, che ha scaraventato un camion lanciato ad alta velocità sull’affollato lungomare di Nizza uccidendo più di 84 persone. Si tratta di terrorismo, ci dicono i giornali che giorno dopo giorno documentano episodi di guerra civile globale nell’area euro-mediterranea e in vaste zone dell’Africa e dell’Asia oppone l’esercito islamista all’occidente.
In altre zone, come il Messico e il Brasile, si scatena l’esercito narcotrafficante contro la popolazione civile, mentre negli Stati Uniti d’America mobilita un esercito immenso di squilibrati mentali forniti di armi micidiali e in libera vendita dovunque, motivando, in questo modo, i poliziotti ad uccidere giovani afro-americani. Come nel caso recente di Dallas, quando un afro-americano, reduce dalla guerra afghana, sparava su poliziotti preferibilmente bianchi. Si tratta di terrore, questo è certo. Ma non sono sicuro che la spiegazione ideologica o religiosa sia quella che meglio ci spiega le ragioni di questa violenza che ormai è divenuta l’orrenda norma della vita quotidiana nella società globalizzata.
Libia, ISIS conquista aeroporto a Sirte |
L'insediamento di Kiryat Arba a Gerusalemme |
Gli aironi solitari
Kyriat Arba è un insediamento di coloni israeliani che la legge internazionale considera illegale, l’aggressione israeliana è ininterrotta da decenni per cui è del tutto comprensibile che i palestinesi ripetutamente aggrediscano i coloni che hanno occupato le loro case e distrutto le loro vite. Ma l’azione dell’adolescente Tarayrah ha un carattere particolare per l’età dell’assassino e della vittima, e perché si inserisce in una successione impressionante di azioni che possiamo definire terroristiche solo se estendiamo enormemente il senso di questa espressione. Palestinesi di ogni età ripetono un gesto che appare inspiegabile secondo ogni logica militare o politica: escono dalle loro miserabili abitazioni con un coltello da cucina e si avventano contro il primo cittadino israeliano che capita, tentando, per lo più senza successo, di ammazzarlo.
dei coltelli”
Questi guerriglieri armati di coltello ottengono invece quasi sempre un altro risultato, quello di essere uccisi dai soldati israeliani, che sono armati fino ai denti. Si tratta di un’insurrezione, come suggerirebbe il nome “Intifada dei coltelli” che i giornali hanno dato a questa esplosione priva di senso militare e politico? L’insurrezione è un atto collettivo, un processo fondato sulla condivisione quotidiana di lungo periodo, e si prefigge generalmente di rovesciare un regime. Nel caso dell’Intifada dei coltelli si tratta di aironi individuali, solitari e per di più è evidente che i mezzi non sono adeguati per ottenere il fine.
Il massacro in Marikana, sud Africa
"La morte è un diritto,
ed
esigo questo diritto"
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Come spiegare allora questi atti? A me pare chiarissimo che i giovani palestinesi, stremati dalla miseria, dall’umiliazione, dalla sistematica violenza dello stato fascista e razzista di Israele si stanno suicidando, stanno commettendo quello che in inglese si chiama suicide by cop. Il giovanissimo Tarayrah, per parte sua, aveva spiegato il suo gesto in modo che più chiaro non si può, scrivendo sul suo profilo Facebook le seguenti parole: “Death is a right, and I demand this right”.
Occorrevano parole più chiare per darci la possibilità di comprendere di che stoffa sia fatto il cosiddetto terrorismo che sta lacerando il tessuto della società contemporanea? Quella stoffa è la sofferenza di una parte crescente dell’umanità contemporanea, soprattutto dei giovani, non solamente arabi o islamici. Il suicidio come linea di fuga dall’inferno dell’umiliazione colonialista, dall’inferno della miseria metropolitana, dall’inferno della precarietà e dell’umiliazione.
Secondo World Health Organisation negli ultimi quaranta anni il tasso di suicidio è aumentato nel mondo del 60% (ripeto per chi non avesse ben capito: sessanta per cento). Secondo alcune fonti che ho avuto modo di consultare, questo dato di per sé impressionante non rende a pieno la realtà, perché in molti paesi del mondo (tra cui l’Italia) i Ministeri dell’Interno danno indicazione ai medici di non dichiarare che una persona si è volontariamente data la morte se questo non è provato da una dichiarazione esplicita.
"HEROES, suicidio e omicidi di massa"
Impressionato da questo fenomeno, qualche anno fa gli ho dedicato un libro nel quale avanzo l’ipotesi che non si tratta di una contingenza casuale, ma di una conseguenza del tutto comprensibile delle condizioni di solitudine, umiliazione, miseria psichica e materiale e della percezione sempre più netta che la solidarietà tra oppressi si è dissolta per effetto della competizione e della precarietà e dunque non c’è più speranza di una rivolta collettiva, di una liberazione sociale.
C’è un momento in cui l’ipocrisia e le buone maniere vanno messe da parte. E un liberale deve dire le cose come stanno, pena essere accusato un domani di essere stato imbelle davanti ai mostri avanzanti. Per quieto vivere, pensando di salvaguardare la propria tranquillità borghese. Deve dirlo senza temere di urtare le “anime belle”, che poi spesso tanto belle non sono e grondano ipocrisia.
Ciò che bisogna dire oggi, chiaro e forte, senza ambiguità, è che l’Iislamismo è il nuovo totalitarismo e che come tale va combattuto prima che sia troppo tardi. Il totalitarismo è, come si sa, non un avversario ma il nemico assoluto della società liberale. E lo è sia perché la sua visione della vita, essendo appunto “totale”, non tollera quella distinzione fra le sfere di attività umane, in primo luogo fra la politica e la religione, che è alla base della nostra civiltà; sia perché è animato da un sentimento di “purezza” che considera sacrilega la possibilità stessa che possa esistere una società pluralistica.
Il titolo del libro è "HEROES, Suicidio e omicidi di massa" edito dalla Baldini e Castoldi. Ma cosa è accaduto di nuovo negli ultimi quaranta anni che possa spiegare un incremento così drammatico del suicidio? Cosa è cambiato nell’ambiente in cui i giovani si formano? Due risposte mi vengono alla mente. La prima si può formulare in questi termini: quaranta anni fa venne avviato un esperimento sociale che ha rapidamente cambiato le relazioni fra gli esseri umani, disgregando profondamente la comunità sociale, mettendo gli individui in una condizione di isolamento, di precarietà e competizione continua.