l'unico commento che mi sento di fare su questa vienda che leggerete è questo : ma che ...... d'amici\che e fidanzato ( il futuro padre della creatura uccisa dai genitori ) sono visto che l'ha no lasciata sola ed non hanno ( cosi sembra ) fatto niente per sottrarla ad un ambiente di fanatici religiosi . Essa è come se fosse morta Come d'altronde succede sempre più spesso per le donne uccise o maltrattate si piange a vuoto o peggio si strumentalizza o ci si getta come avvoltoi televisivi e\o giornalistici .
Farah, la studentessa di Verona riportata in Pakistan dai genitori e costretta ad abortire
Mi hanno legata al letto e hanno ucciso il mio bambino": i messaggi per chiedere aiuto su Whatsapp alle amiche e al fidanzato italiano. Il padre tornato a a Verona conferma: "Non la lasceremo libera"
di ALESSANDRA ZINITI
VERONA - Un altro amore occidentale negato per una ragazza pachistana residente in Italia. Dopo la terribile vicenda di Sana, la 25enne di Brescia uccisa in Pakistan dal padre e dal fratello perché voleva sposare il ragazzo di cui si era innamorata in Italia, da Verona arriva la storia di Farah, 18enne, che sarebbe stata riportata in patria dalla famiglia e costretta ad abortire con la forza, rinunciando al bambino che sarebbe nato tra qualche mese, frutto della sua relazione con un ragazzo italiano.
A denunciare la vicenda, raccontata oggi dal quotidiano "L'Arena" e dal "Corriere veneto", sono state le compagne di scuola della ragazza, che hanno ricevuto la notizia dalla stessa Farah tramite Whatsapp. "Mi hanno fatto una puntura e hanno ucciso il mio bambino. Mio padre vuole che mi sposi qui", il drammatico messaggio che la 18enne avrebbe inviato alle amiche e al fidanzato.
Farah frequenta l'ultimo anno dell'istituto professionale Sanmicheli ed è fidanzata con un ragazzo di Verona. Qualche mese fa è rimasta incinta e, insieme al suo ragazzo, ha deciso di tenere il bambino. Aveva chiesto alla scuola un provvedimento straordinario per poter sostenere prima gli esami di maturità, che sarebbero caduti in prossimità del parto, per non perdere l'anno. Ma a gennaio i familiari l'hanno portata in Pakistan e non ha più fatto ritorno a Verona.Al ragazzo, suo compagno di scuola, e alle amiche ha mandato una serie di messaggi chiedendo aiuto e raccontando quello che le sarebbe successo: " Mi hanno sedato, legato a un letto e costretto ad abortire". Sul caso sta indagando la Digos che è andata a scuola a prendere informazioni. È stato interessato anche il consolato pachistano.
Dalle testimonianze dei ragazzi sono stati ricostruiti i rapporti non proprio sereni tra Farah e la sua famiglia. L'anno scorso la diciottenne aveva denunciato il padre per maltrattamenti e si era rifugiata in una casa-famiglia che ha lasciato a gennaio per tornare dai genitori con i quali aveva detto di aver fatto pace. Ma subito dopo è scomparsa.
L'assessore ai servizi sociali del Comune, Stefano Bertacco, ha confermato la situazione. Il padre e il fratello della ragazza sono a Verona ma - ha detto - "non c'è nessuna volontà da parte della famiglia di lasciare libera la ragazza alla quale, a quanto ci è stato riferito, sono stati sottratti i documenti ed è costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella".
Farah aveva aderito al Progetto "Petra", la struttura che si occupa delle violenze sulle donne e che l'aveva ospitata fino al 9 gennaio quando è tornata a casa dicendo di essersi riconciliata con la famiglia. La ragazza aveva anche chiesto di continuare a partecipare agli incontri di mutuo-aiuto organizzati dal Centro con le donne vittime di violenze in famiglia "ma non ha mai partecipato - ha spiegato l'assessore - Ha comunicato che era andata in vacanza. Poi si è appreso che era tornata in Pakistan per il matrimonio del fratello, probabilmente è stata una scusa per farla allontanare da Verona. In seguito al Centro Petra si è presentato il fidanzato ed è scattato l'allarme".
Quindi aiutiano le vittime con espoti anche anonimi ( se siano fifoni da non volerci mettere la faccia ) onde evitare sia situazioni come queste qui Od avere rimorsin ed rimpinait come l storia che leggete sotto sempre da repubblica d'oggi più precisamente dalal rubrica di concita de gregorio
La ragazzina che a 13 anni si comportava da adulta
Grazie a Cristina Nori
“Ho una storia che porto nel cuore da molti anni, non un tormento ma un dubbio che ogni tanto torna a farmi pensare. Credo che ripensare alle cose del passato invece di seppellirle sia segno che, crescendo, non siamo diventati di pietra, quindi ho deciso di condividerla. Si tratta di una mia compagna di scuola"."Conoscevo Mirella (non è il suo nome, ovviamente) dai tempi delle elementari, quando eravamo compagne di scuola e doposcuola. Alle medie poi ci ritrovammo in classe insieme. Mirella era molto bella e il suo aspetto era già adolescenziale quando era ancora una bambina. Vado al dunque, mi perdonerà il linguaggio crudo. Aveva comportamenti ipersessualizzati già dalle elementari. Usava termini come chia**re e parlava dei ragazzi che baciava, che già fumavano. In prima media portava abiti da ragazza sedicenne ed era già stata con i fighi della scuola e anche con qualche teppistello. Nei due anni successivi la sua nomea di ragazza facile si consolidò: non studiava perché non aveva tempo, usciva tutti i pomeriggi con gente più grande di lei"."Non faceva sport, non andava all'oratorio: passava il suo tempo in giro con i ragazzi, che erano il suo unico argomento. La mia migliore amica, una ragazzina sensibile e amante della musica come me, la definiva una "tr**a, nonostante una famiglia d'oro. Io la compativo. Avevamo tredici anni".Adesso ne ho quaranta, e ripenso a un ricordo che non ho cancellato. Mirella disegnava benissimo e i suoi disegni erano grida. Nudi, braccia incatenate, donne prigioniere di bolle. Non ho la presunzione di dire che fossero richieste di aiuto, ma dovevano avere un significato; all'epoca non esisteva Internet, da cui potevi copiare immagini di ogni tipo: quei soggetti erano suoi. Mirella non era la semplice bella ragazzina col fidanzato, che magari della scuola se ne fregava un po': era una bambina cresciuta troppo in fretta, che non ci permise mai di guardare quello che succedeva all'interno di quella sua ‘famiglia d'oro’, o intorno ad essa"."Dopo la terza media, finse di iscriversi a un istituto professionale ma lasciò prima di concludere il primo anno e andò in fabbrica. Non so se potessi fare qualcosa per lei all'epoca, ma di sicuro posso farlo adesso. Posso forse dare un piccolo contributo al dibattito che finalmente si è aperto sulla considerazione delle donne e sull'educazione dei giovani. Nessuno a dodici anni può definire tr**a una bambina della stessa età e siamo noi genitori a doverlo insegnare ai figli, maschi e femmine.I comportamenti ipersessualizzati devono essere un campanello di allarme per tutti, insegnanti, parenti, vicini di casa, ma queste segnalazioni devono trovare ascolto e comprensione dagli enti competenti, non un muro o un invito a farsi gli affari propri"."Io spero che Mirella abbia trovato persone che si siano prese cura di lei lungo la sua strada. Non l'ho mai più incontrata, ma voglio conservare di lei il ricordo della ragazzina che disegnava benissimo. Se mi imbatterò in un'altra Mirella nel corso della mia vita, ho pensato tante volte e ora m’impegno, proverò a chiedere, ascoltare. A non farmi gli affari miei".