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4.8.25

tenere a bada o uccidere le ossessioni ? questo è il dilemma

in sottofondo

Finalmente ho trovato la forza \ il coraggio , era da un poì' che non parlavo di me e di mettere online un mio scrritto del mio zibaldone cartaceo . Ecovi quindi un post non politico cioè non legato all'attualità .
 Come dice la psicologia « Le ossessioni sono pensieri e/o immagini mentali disturbanti, molesti o imbarazzanti, che non se ne vogliono andare, e che “martellano” insistentemente la coscienza fin dal mattino.
Tali pensieri o immagini, proprio perché contengono particolari brutti, spaventosi e spiacevoli, provocano estremo disagio e ansia. [... ]» ¹ e « [...]  Per tenere a bada le ossessioni le persone mettono a punto dei rituali, cioè dei comportamenti da poter ripetere ad ogni ossessione che riescono temporaneamente a far superare l’ostacolo dell’ossessione. [...]  »² . Infatti Le ossessioni non sono semplici pensieri ricorrenti. Sono idee, impulsi o immagini che si impongono alla mente, spesso contro la volontà. Possono essere:
  • Mentali: pensieri ripetitivi, dubbi, paure.

  • Comportamentali: rituali, compulsioni, evitamenti.

  • Emotive: attaccamenti, gelosie, rimpianti.


 un mio amico psicologo ha letto il titolo del mio post e ha detto che << La frase "Tenere a bada o uccidere le tue ossessioni" esprime un concetto forte e profondo: come gestire quei pensieri ricorrenti e invasivi che occupano la mente in modo eccessivo, spesso disturbando la serenità.>> infatti pensandoci bene la si puo vedere in due modi:

🔹 "Tenere a bada le tue ossessioni"

Qui si parla di gestione, di convivenza consapevole.Significa gestirle, non lasciarsi dominare, imparare a conviverci senza permettere che prendano il controllo della tua vita. esistono per chi sceglie questa via delle Strategie utili:
Riconoscere i pensieri ossessivi, senza reprimerli subito.
Distogliere l’attenzione con attività concrete (scrittura, sport, camminate).
Tecniche di mindfulness o meditazione per osservare i pensieri senza giudicarli.
  • Approccio realistico e sostenibile.

  • Favorisce la crescita personale.

  • Permette di trasformare l’ossessione in energia creativa.

Contro:

  • Richiede pazienza e disciplina.

  • Può sembrare una resa.

  • Non sempre funziona da sola.

 e nei casi più gravi cioe se se diventano troppo invasivi laTerapia cognitivo-comportamentale (CBT), se diventano troppo invasivi .

🔹 "Uccidere le tue ossessioni"

È una metafora più radicale: vuol dire eliminarle alla radice, spezzare il loro potere su di te. Ma attenzione: spesso non si può fare di colpo. infatti Serve Capire da dove nascono (insicurezze? traumi ? perfezionismo?). per sostituirle con pensieri più sani e realistici.Questa metafora suggerisce un taglio netto, una liberazione totale. Ma è davvero possibile?  Ecco  i

Pro:

  • Liberazione immediata (se funziona).

  • Rottura con schemi mentali tossici.

  • Atto di forza e autodeterminazione.

Contro:

  • Le ossessioni spesso hanno radici profonde.

  • Sopprimerle può farle tornare più forti.

  • Rischio di negare parti di sé che chiedono ascolto.

Ed in certi casi, affrontare le paure sottostanti attraverso un percorso psicologico e se si vuole come ho fatto io ( leggere sotto ) auto analisi ed affrontare il proprio grillo parlante . 

🔑 In sintesi:

Non sempre si possono “uccidere” le ossessioni subito, ma si possono disinnescare, rimpicciolire, neutralizzare con il tempo, la consapevolezza e, se serve, l’aiuto giusto

🧠 Esempi di ossessioni comuni:

“Devo avere sempre tutto sotto controllo.”

“Se non rispondo subito, succederà qualcosa di brutto.”
“Devo piacere a tutti.
"Devo per forza sapere / conoscere
ecc


A volte le ossessioni sono come demoni, altre volte come messaggeri. Ucciderle può sembrare liberatorio, ma tenerle a bada può insegnare molto. La vera domanda forse è: cosa vogliono da te? E tu, cosa vuoi da loro?  Gestire le ossessioni è un percorso complesso e personale. Non c'è una risposta unica, si  possono  essee  due approcci: "uccidere" (che metaforicamente significa eliminare o superare) e "tenere a bada" (gestire e controllare).
Quale approccio scegliere   dunque  ? La scelta dipende molto dalla natura delle ossessioni e dalle tue risorse personali. Spesso, un mix dei due approcci è la strategia più efficace.  Infatti A  volte  le tengo a bada  , come   in  questo caso  ,  a  volte le  trasformo o le  uccido.
In quesoi  caso  fra i diversi  modi ³  ho  scelto     quello    di dissinescarle   facendomi   sotto  forma di   dialogo\  scontro onnirico  derivato  ( ma non solo   dalla  lettura   di Martin Mystere  :  l'enigma di Napoleone  e  IL  regista  e l'imperatore (  n  424 e n  425 )  ma    con elementi  di verosomiglianza   tra il mio  Grillo parlante \  l'altro mio  io ed  IO .  

Gr (  grillo  parlante )
IO  ( io ) 

Gr.  .....  tu non sei  più  un  ragazzino  ,  hai  quasi 50 anni  . C'è  qualcosa    che    non mi  puace  in questo tuo atteggiamento . 
IO  spiegati meglio  .
Gr  voglio    dire  che  tiu sei  lasciato   convicere   ad  intrapendere  questa   nuova  avventura   in maniera  fin  troppo rapida   .
IO ma lo sai è  il mio  modo  di fare , lo si che oltre  ad essere  ansioso      sono troppo   impulsivo   ci hai   pure  scherxato sopra  
Gr Si  ma  di solito  avresti   calcolato meglio  i rischi    . invece ...
IO   ?
Gr    questra  volta    c'è   qualcosa   che  ti spinge   più  delle altre    volte  . Lo detesto dirlo  ma     ci vedo  ...
IO cosa   
Gr  l'ennessima , non saprei descriverla  diversamente  ,  ossessione  



IO .... 
Gr  proprio cosi   vedo  nei    tuoi occhi   la  tipica  luce  che assumono   quano sei vicino alla  soluzione  di  un enigma  . Forsemstro usando   un termine un po' forte  ma   quando  ti  appassioni  a dei misteri o cose  poco chiare  ti  ci butti a  capo fisso , ti    fai  prendere la mano   e   a  volte  trascuri   tutto il resto  (  come  hai  fatto  con  il G8  di Genoiva  2001  quando ha  i  colaboratro    con Carlo gubitosa  al libro inchiesta  Genova  nome per  nome  e     soprattutto  alla   contro inchiesta  di Piazza  Alimonda e la  sua  contro inchiesta   ed alri misteri    facendo  anche delle  figure  di  💩  e litigando \  perdendo  compagni di viaggio )  pur  di   saziare   la  tua sete    di sapere  .... e  io ho  paura  sia   una  di quelle  .  promettimi  che pur  cn la  tua  proverbiale  curiosità   ti   manterrai prudente  ...  e  che  starai attento anche per te stesso .
IO te lo promettto stai tranquillo .
Gr adesso raggiungiamo gli altri
IO hai paura che muoia e finisca come il protagonista della canzone morire per delle idee di de Andrè ⁕
Gr beh si , in effetti . Anche se la canzone si rifferisce a coloro che sono guidati totalmente ( non è il tuo caso ) da un ossessione finendo totalmente impegnati a raggiungere un obbiettivo , trascurando il resto e con una detterminazione che spinge a non fermarsi fin quando non lo si consegue .
IO capisco quindi   tale processo si  può  evitare    con la rinucia  e  sapedo di  No 
Gr  esatto  . 
IO per i momento  sospendiamo   tutto  
Gr  Bravo ❤😇👍🏼🧠


Quanche tempo dopo

IO     ho  trascorso  questo  periodo   di  standy  by   \ pausa    per  riflettere  sul nostro discorso  . E' vero sono  un tipo \ una  persona caparbia,detterminata,a cui piace   andare in direzione  ostinata  e  contraria   . Ma   non  mi reputo    un uomo  ottuso  , lo studio  della  conoscenza   e del sapere  , insieme al  dubbio per le   verità cioè  delle  versioni    ufficiali , e l'uso  del complottismo critico    sono sempre stati   per  me  strumenti   formidabili per  aprire  i miei  orrizonti  e  cercare  ( anche    se  oignoi tanto capita  di caderci   )   di evitare  le  Fake news  .  Infatti er  i miei post  e   condivisioni   raccolgo sempre  materiale  , mi documento   per  arrivare  al  miglior  risultato possibile  .  Perchè   ciò che  scrivere  possa   essere strumento  per  ampliare  le proprie  conoscenze  . Ecco  cosa   volevo ottenere l'altra volta . Mi  sono  detto   vero o no   chi  sono io per  dubitarne ?  voglio   davvero rischiare ?  tale  cosa  era  diventata  perme una  vera  ossessione   e rischiava   di farmi prendere   una di quelle  strade che non portano  mai   a niente    o  senza  uscita  da  non vedere   eventuali pericoli   ?   questa mia ricerca  spasmodica  era  forse    diventata  ( anzi togli pur  il  forse  )  un osessione  . E   hi  deciso   d'accantonare   il progetto . 
Gr bravo .  sapevo che  eri  in grado al 90%  di dominare  le  tue  ossessioni   . ma  vedo  chge hai  capito  che  non era il   caso   di  rischiare     cosi  tanto   .Ma   soprattutto  , come  credo che te lo  sia  chiesto     anche tu  in questa  fase di riflessione  che senso  ha   verificare  di persona ,  insomma  fare il  san Tommaso  , per  vivere  poi il resto  della  vita  se  ti dovesse  succedere  qualcosa  . Perchè hai già avuto le  tue  risposte    che  volevi e  non serve  altro  . essere  giunti  fin qui   dovrebbe   essere sufficente  a soddisfare la  tua  curosità  .  Non ne  hai  bisogno  e  soprattutto  non ne  vale  la  pena  . Essa può  avvenire  anche senza  rischiare  la pelle  o    denuncie  inutili   soltanto per  avere  una conferma 
IO  già  proprio  cosi  possiamo  rientrare per   quanto mi riguarda   non c'è  più niente  da  scoprire   . ho avuto   una  risposta   soddisfacente  



 APPROFONDIMENTI 



2.8.25

Álvaro Munera untorero che rifiuta di uccidere il.toro nella corrida

Il post era destinato ad essere pubblicato lunedi per cercare d'accirdo con me stesso e la mia lotta

contro lo scrivere  e condividere continuo  e dedicarmi a due giorni di mare. Ma il forte vento ed il mare agitato    mi hanno , almeno per ora , desistere da ciò  .
 Eccovi una storia interessante trovata su l'account Facebook  di


Durante una corrida carica di tensione, il torero Álvaro Múnera fece l’impensabile. Mentre il pubblico aspettava con il fiato sospeso il colpo finale, lui si fermò, si allontanò dal toro… e andò a sedersi sul bordo dell’arena. Calò un silenzio pesante tra gli spettatori.
Più tardi raccontò il momento che gli cambiò la vita:
“Non vedevo più il pericolo delle corna. Guardavo solo i suoi occhi. Non erano pieni di rabbia, ma di innocenza. Non stava attaccando, stava supplicando per la sua vita. Non era una lotta… era crudeltà.”
Múnera lasciò cadere la spada, abbandonò per sempre la tauromachia e iniziò una nuova battaglia: quella contro ogni forma di maltrattamento sugli animali.
Da torero ad attivista, la sua storia è una potente testimonianza di quanto possa essere trasformativa la compassione. A volte basta uno sguardo, un solo istante… per cambiare tutto.


1.8.25

Fine vita.Marina Oppelli Malata di sclerosi multipla suicida in Svizzera. La morte è una soluzione?

Dopo il caso di Laura Santi  ne ho parlato precedentemente ecco un altra storia di una scelta di suicidio assistito / eutanasia. Scelte che ovviamente, egoistiche o meno , temporanee ( vedere articolo sotto ) o definitive , non si fanno certamente a cuor leggero . Infatti se    anche  l'Avvenire  giornale cattolico   (  vedere sotto l'articolo    )   ammette  che    c'è   : « la sofferenza di migliaia di cittadini italiani. Che non vogliono dover chiedere di morire perché non ce la fanno più. ».
Ecco  quindi   siamo tutti d'accordo  che   ci vuole  una legge  che altre  alle  curae  palliative  riconosca la possibilità  di decidere tramite  testamento  bologico  a prescindere  o meno  da  un trattamento di sostegno vitale  se  uno  vuole  o non vuole  le  cure palliative  o  vuole  o non vuole   vivere  in totale o parziale    dipendenza  dagli altri  o  da  macchine   . 

Avvenire    31\7\2025

 

Due anni esatti dopo la richiesta all’Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina (Asugi) di accedere al suicidio medicalmente assistito, respinta per tre volte, Martina Oppelli è morta somministrandosi il farmaco letale. A differenza della sua richiesta di poterlo fare in Italia, però, la 51enne triestina affetta da Sclerosi multipla da oltre vent’anni ha cessato di vivere in un centro specializzato in Svizzera Valutando più volte il suo caso – l’ultima il 1° luglio – l’Asugi aveva verificato che non sussiste una delle condizioni fissate e ripetutamente ribadite dalla Corte costituzionale per ottenere l’aiuto alla morte
volontaria: la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, intesi non come sostegni alla vita quotidiana di una malata grave ma come presidi medici che sostituiscono funzioni vitali. Un punto fermo, per i giudici costituzionali, a garanzia di tutte le persone che si trovano in condizioni analoghe e che vanno protette da derive e scelte letali contro la loro vita, così come detta lo spirito complessivo del nostro ordinamento.A pronunciarsi contro la richiesta della donna triestina e a impedire che si suicidasse era stato anche il Tribunale di Trieste, che a fine marzo ha rigettato la sua richiesta per lo stesso motivo espresso dall’Azienda sanitaria. Due verdetti di autorità differenti – sanitaria e giudiziaria – che sono giunte alla stessa conclusione. Martina Oppelli però non ce la faceva più e ha deciso di suicidarsi ugualmente. Una scelta tragica, come ogni suicidio, davanti alla quale c’è spazio solo per il dolore e il rispetto. Lo stesso rispetto per tutti i pazienti nelle sue condizioni – e anche più gravi – che impone di riflettere sul fatto che la soluzione di morte volontaria per una malattia che si è fatta insostenibile è sempre drammatica, una sconfitta per tutti. E richiede che si evitino le consuete polemiche riflettendo piuttosto su cosa occorre fare perché situazioni come quella di Martina Oppelli si possano prevenire e la morte non diventi la via d’uscita ordinaria a casi simili. Che fare, dunque?Anzitutto ascoltare la voce dei vari malati come e per ultima la donna triestina: «Fate una legge che abbia un senso, una legge che tenga conto di ogni dolore possibile – dice rivolgendosi ai parlamentari nel suo messaggio di congedo diffuso dall’Associazione Coscioni –, che ci siano dei limiti, certo, delle verifiche, ma non potete fare attendere due, tre anni prima di prendere una decisione. In questi ultimi due anni il mio corpo si è disgregato, io non ho più forza, ma non ho più forza nemmeno di respirare delle volte, perfino i comandi vocali non mi capiscono più. Perché sono dovuta venire qui all'estero? Perché non ce la facevo più ad aspettare, non ce la facevo più. Per piacere fate una legge che abbia un senso e che non discrimini nessuna situazione plausibile. Scusate il disturbo».
E' vero , sempre secondo avvenire 
Ci sono anche storie identiche ma opposte nei loro approdi. E sono [  ? non  ci sono   dati  certi ] certamente la grande maggioranza (silenziosa). Come quella di Maria. Malata anche lei di sclerosi multipla in uno stato molto avanzato, Maria – nome di fantasia – ha recentemente portato la sua testimonianza nel corso dell’udienza alla Corte costituzionale per un caso di richiesta di eutanasia, poi dichiarato inammissibile: «La gente – aveva detto Maria – non vuole morire, mi pare assurdo che qualcuno dica il contrario. La mia vita deve rimanere inviolabile da terze persone, anche se io richiedessi in un momento di disperazione di essere uccisa. Secondo questa logica pericolosa, tutti i malati dovrebbero morire».



"Maria", la malata di sclerosi multipla che è comparsa davanti alla Corte costituzionale


Eppure, della sua voce di malata grave che chiede cure e non morte pochi si sono accorti. Perché? «Come si dice, fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce. Fa più notizia, e non solo – è la risposta di Maria –. Secondo me, le richieste di farla finita arrivano da persone lasciate sole, che non ricevono aiuto sufficiente. Io ho avuto la fortuna di aver incontrato le persone giuste, tra amici, sacerdoti, medici, e ovviamente mio marito. Ricordo ancora che la prima dottoressa che si era occupata di me mi aveva regalato due biglietti per un concerto, proprio per spronarmi a vivere pienamente la mia vita. È una cosa bella ma, in fondo, dovrebbe essere normale. Se incontriamo una persona sul cornicione del quinto piano la invitiamo a buttarsi o ci offriamo di aiutarla a risolvere i suoi problemi? Si evocano termini come misericordia, libertà, dignità, ma si tenta di far passare l’idea che esista una libertà di uccidersi. La dignità, quella vera, è nel poter continuare a vivere. Siamo nati per questo».
Ora    Sul caso di Martina Oppelli si era pronunciato Paolo Pesce, medico, bioeticista, collaboratore della Diocesi di Trieste e del vescovo Enrico Trevisi, che aveva spiegato come «la commissione dell’Asugi» chiamata a valutare il caso della malata triestina ha fatto «una scelta coraggiosa perché in passato, per un caso analogo, aveva riconosciuto che la sola necessità di assistenza continua per l’alimentazione, l’igiene personale, erano condizioni sufficienti per essere considerate trattamenti di sostegno vitale. La signora Oppelli, che ha già fatto apparizioni pubbliche, appare pienamente cosciente, è assistita per tutte le necessità della vita quotidiana, assume farmaci per il controllo dei sintomi legati alla malattia, ma non è, per quanto noto, legata né ad alimentazione né a idratazione, né a respirazione artificiale. Sta proprio qui il centro della questione, portato avanti dall’Associazione Coscioni. La Corte costituzionale nel 2019 aveva affermato che non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli. La Corte non ha riconosciuto il diritto al suicidio assistito ma ha depenalizzato il reato di aiuto al suicidio nel caso ricorrano le suddette condizioni».Decisivo capire cosa sia un trattamento di sostegno vitale: secondo il medico triestino, «si tratta non di un semplice sostegno, ma di una vera e propria sostituzione di una funzione vitale che l’organismo è ormai del tutto incapace di assicurare autonomamente». La valutazione fatta propria anche da Asugi e Tribunale. Chiariti i termini della questione, e in attesa di capire se e come verranno recepiti in una legge nazionale, resta la sofferenza di migliaia di cittadini italiani. Che non vogliono dover chiedere di morire perché non ce la fanno più.

  concludo     rispondendo  : 1) A  chi mi dice   che  è Dio  che  decide    se  darci o toglierci la  vita  Dico  che  lui ci ha  dato  il libero arbitrio    cioè  scegliere  se   seguire  la  bibbia   e quindi   quello   che  tramite  suo figlio Gesu   e  i  suoi  profeti   ( apostoli )  e  rappresentanti  (  preti o  altri  esponeti religiosi  )  ci ha  lasciato scritto  . 2)  alla  domanda   del titolo   . Dipende  da  persona  a   persona   come riportasto anche  dall'articolo stesso . 

diario di bordo n 139 anno III Reham, rapita a 9 anni, fatta schiava da al-Baghdadi e tornata libera a 20 ., Agata pedretti, 18 anni, di Cherò (Piacenza) unica donna in azienda agricola di cherò: tra trattori e lavoro manuale in officina ., Olbia un diploma da 100 di un ragazzo con lo spettro autistico ,

da  avvenire  tramite msn.it

Reham, rapita a 9 anni, fatta schiava da al-Baghdadi e tornata libera a 20




© Fornito da Avvenire

Essere rapiti da piccoli vuol dire dimenticare volti, lingua, identità. I genitori yazidi lo temono quanto la morte: potrebbero non ritrovare mai più i propri figli. Nei ricordi offuscati di Reham Haji Hami, cresciuta nelle mani dei suoi aguzzìni, c’erano ancora i visi dei fratelli. Rapita a 9 anni da Khanasor, nel Sinjar (Iraq) ad agosto 2014, insieme a sua sorella, cinque fratelli e altri 6.700 donne e bambini, è tornata a casa 11 anni dopo, ventenne.
Ha resistito a traumi, indottrinamento e violenze, certa che non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia: invece pochi giorni fa l’Unità di protezione delle donne (Ypj), la milizia curda femminile, l’ha trovata nel campo di al-Hol, in Siria, dove vivono 39mila sfollati radicalizzati, soprattutto le mogli e i figli dei miliziani del Califfo. «Sono rimasta con la moglie di Abu Bakr al-Baghdadi per quasi sette mesi», ha raccontato a Kurdistan24. «Alla fine, lui in persona mi ha detto che voleva che fossi sua e voleva farmi diventare sua figlia, ma che dovevo dimenticare le mie origini, la mia religione, tutto ciò che riguardava l'essere yazida».
Le commemorazioni dell’11esimo anniversario del genocidio degli yazidi, la minoranza religiosa curdofona trucidata durante l’avanzata del Daesh nell’estate 2014, con Reham sono nel segno della resilienza. Ma anche del bisogno di giustizia.
Il genocidio è in corso perché a fronte di 12mila vittime e 220 fosse comuni, ne sono state scavate solo 64, dopo l’interruzione della missione investigativa UNITAD dalle Nazioni Unite. Perché oltre 200mila sfollati, soprattutto yazidi, non hanno fatto ritorno nelle loro case (l’80% delle infrastrutture è distrutto), e i campi profughi nel Kurdistan iracheno periodicamente sono sotto minaccia del governo regionale che vorrebbe chiuderli con la scusa dell’emergenza finita. Perché manca la sicurezza: gli Accordi di Sinjar del 2020, secondo cui tutta l’area dove storicamente vivevano yazidi, cristiani, sciiti, Shabak, Mandei e Kakai sarebbe dovuta tornare sotto il controllo di Baghdad, non sono stati applicati: restano i quartier generali locali di Ybs, Unità di resistenza di Shingal (e le Ypj), legati al Pkk turco e gli sciiti delle Forze di mobilitazione popolare. Perché i tribunali iracheni, secondo la “Yazidi female survivors law” che stabilisce protezione e risarcimenti per le vittime, periodicamente condannano a morte membri del Daesh per i loro crimini (l’ultimo lo scorso 24 luglio) ma condannare a morte non è giustizia. Solo la Germania, in base al principio di giurisdizione universale, nel 2019 ha condannato all’ergastolo marito e moglie per crimini contro l’umanità: avevano ridotto in schiavitù una donna yazida e fatto morire di sete sotto il sole la figlia di 5 anni.
Non basta: anche larga parte dei fanatici e delle fanatiche che dall’Europa si unirono al Daesh restano parcheggiati il più a lungo possibile dalle cancellerie dei propri Paesi nei campi di accoglienza di al-Hol e Roj: difficile gestire la loro radicalizzazione, che indottrina anche i loro figli. E soprattutto, non c’è giustizia perché mancano ancora all’appello oltre 2mila donne e bambini, catturati per essere schiave sessuali e giovani combattenti. Molte di quelle che non tornano è per non abbandonare i figli nati dalle violenze: la comunità non può accettarli. A fine giugno sono tornati dalla prigionia anche Dima Amin, 23 anni: i suoi aguzzini l’avevano portata in Turchia. E Rawand Nayif Hamid, preso a sette anni insieme a 77 membri della sua famiglia. Anche i loro ricordi sono offuscati, ma sono stati più forti dell’indifferenza del mondo.

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da www.   Gaeta.it
 
Agata pedretti, 18 anni, unica donna in azienda agricola di cherò: tra trattori e lavoro manuale
Agata Pedretti, diciottenne di Cherò (Piacenza), rompe gli stereotipi lavorando come unica donna in un’azienda agricola, trasformando la passione per i trattori in un contratto stabile e una carriera concreta.









Agata pedretti, giovane diciottenne di cherò, in provincia di piacenza, ha scelto un percorso insolito rispetto ai coetanei. Qui, tra campi e macchine agricole, è l’unica ragazza dell’azienda dove lavora. Da sempre appassionata di trattori e meccanica, ha trovato una strada professionale lontana dagli stereotipi femminili. Dopo aver concluso la scuola superiore, è entrata nel mondo del lavoro con un contratto stabile, dimostrando che le passioni possono diventare mestieri solidi.
Un lavoro tra polvere, tute da lavoro e nessuna attenzione alla moda
Agata pedretti ha chiarito subito cosa significa per lei il lavoro: “Non ho problemi a sporcarmi le mani, non ho nemmeno il problema di farmi le unghie”. Le sue giornate passano con la tuta da lavoro addosso, a sistemare trattori e macchine agricole. Non le interessa inseguire mode o seguire le tendenze di bellezza che tante ragazze della sua età cercano di rispettare. Preferisce rimboccarsi le maniche e affrontare compiti che richiedono forza fisica e attenzione tecnica, in un ambiente dove sono quasi esclusivamente uomini. Questo atteggiamento ha fatto di lei un punto di riferimento nell’azienda di cherò, rendendo chiaro che il lavoro manuale non conosce discriminazioni di genere.
La passione che nasce in famiglia tra campi e motori
Fin da piccola, agata è cresciuta a contatto con i trattori. “Con mio papà e mio fratello, che abitano in campagna, mi chiamavano sempre a guidare trattori e a mettere mano alle riparazioni”, racconta lei stessa. Questo coinvolgimento precoce le ha permesso di sviluppare competenze tecniche e una confidenza rara con macchine complesse. La famiglia ha giocato un ruolo decisivo nel suo percorso, stimolando un interesse concreto per il lavoro agricolo in senso pratico. La quotidianità vissuta tra i campi e i mezzi agricoli ha fatto crescere in lei una passione autentica, che si è tradotta in una scelta professionale.
Dal diploma al contratto stabile: un giovane talento nel lavoro agricolo
Agata pedretti ha appena terminato la scuola superiore, ma ha già un contratto di lavoro stabile con l’azienda di cherò. Questo passo testimonia quanto la sua preparazione pratica e la sua dedizione siano state apprezzate dal datore di lavoro. Non si tratta di una scelta temporanea, ma di un investimento sul futuro di una ragazza che sa destreggiarsi con trattori e macchinari agricoli complessi. Il territorio piacentino, con la sua tradizione agricola radicata, offre spazio anche a giovani donne come agata, che dimostrano che l’esperienza e la passione possono aprire strade in settori tradizionalmente maschili.
Essere donna e tecnico in un ambiente prevalentemente maschile
Nel contesto dell’azienda di cherò, agata si distingue come unica donna tra colleghi principalmente uomini. Questa condizione l’ha portata a misurarsi con un ambiente poco usuale per una giovane di 18 anni. La sua presenza testimonia come il lavoro agricolo stia lentamente evolvendo, accogliendo figure femminili che non si sottraggono ai compiti più impegnativi. Non si limita a un ruolo simbolico: agata dimostra quotidianamente la propria competenza, affrontando problemi tecnici e interventi su trattori senza riserve. L’esperienza di una giovanissima operatrice come lei potrebbe essere l’anticipo di una più ampia partecipazione femminile nei lavori agricoli manuali, tradizionalmente riservati ai maschi.
Agata pedretti conferma nel territorio di piacenza come motivazione e preparazione si traducano in opportunità di lavoro concrete, persino in ambiti meno battuti dalle nuove generazioni e dalle ragazze. La sua storia rappresenta un esempio chiaro di come determinazione e talento sappiano fare la differenza.

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31.7.25

il caso di Milano aggiornamento forse è stato il turista francese ebreo a provocare e aggredire, anche fisicamente,

 LEGGI  PRIMA 
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/07/famiglia-ebrea-aggredita-in-autogrill.html

L'articolo Antisemiti all’autogrill: tutto fa brodo pur di non parlare di Gaza   di  InsideOver    che    riporto sotto   sembra    smontare   la  versione   ufficiale    dei fatti  di Milano  di  cui avevo  parlato  conil beneficio del  dubbbio   nel post  precedente   (  vedi  url  sopra  )  

Antisemiti all’autogrill: tutto fa brodo pur di non parlare di Gaza








Picchiato a Lainate, portava la kippah”. “Aggressione dei due turisti ebrei a Lainate”. “Aggressione antisemita in autogrill”. E così via, per due giorni, molto oltre questo piccolo campionario di titoli a effetto. Compreso quel genio che è andato in Parlamento con la kippah, per far vedere che lui “non ci sta”. O i fenomeni del ministero degli Esteri di Francia, pronti a gridare “all’insopportabile aggressione antisemita” del loro concittadino. O il ministro italiano che fiuta l’occasione e la spara grossa: “Caccia all’ebreo”. O il cazzaro da redazione che, siccome il turista dice che in quell’autogrill i casi di antisemitismo sono frequenti, lo riscrive pari pari, senza nemmeno chiedersi perché proprio a Lainate (dove, guarda combinazione, chi qui scrive vive da un paio di decenni), e in un autogrill, dovrebbe annidarsi un simile focolaio di antisemitismo. Un caso perfetto in cui querelante e giuria coincidono: perché il turista ebreo grida all’aggressione e il coro dei media emette la condanna, sulla sola base delle sue affermazioni. Mentre il compito dei media sarebbe di verificarle, le notizie, non di prendere per buona la prima versione che passa. Non era che la stampa è il cane da guardia del potere ?


Poi, ops, salta fuori un’altra possibile versione. Ne parla nei particolari Paolo Mossetti nell’articolo che abbiamo appena pubblicato. Si scopre che forse è avvenuto esattamente il contrario: forse è stato il turista francese ebreo a provocare e aggredire, anche fisicamente, salvo poi mettere fuori il classico videetto da telefonino per fare la vittima e creare il caso. A sostegno di questa tesi non solo le affermazioni di un avvocato ma una denuncia penale e un referto del pronto soccorso. Ops. Potrebbe essere una ripetizione del caso della ristoratrice di Napoli, prima accusata di aver “perseguitato” due clienti ebrei poi scagionata perché si è scoperto che i rompicoglioni e provocatori erano quegli altri. Ma intanto i due erano stati ricevuti in Comune, con tanto di scuse pubbliche.
Nel caso di Lainate noi ovviamente non sappiamo chi abbia ragione. Non abbiamo prove a favore degli uni o degli altri e nemmeno ne cerchiamo. C’è una denuncia, qualcuno indagherà, forse lo sapremo. A ogni buon conto il turista francese se n’è andato e dubitiamo che torni per aiutarci a chiarire. Però ci fa impressione la reazione pronta e unanime della stampa italiana: univoca, a senso unico, basata su notizie che nessuno aveva e su certezze che nessuno poteva nutrire. In buona sostanza, fondata solo ed esclusivamente sul pregiudizio e sulla speculazione.
Nel caso di Lainate noi ovviamente non sappiamo chi abbia ragione. Non abbiamo prove a favore degli uni o degli altri e nemmeno ne cerchiamo. C’è una denuncia, qualcuno indagherà, forse lo sapremo. A ogni buon conto il turista francese se n’è andato e dubitiamo che torni per aiutarci a chiarire. Però ci fa impressione la reazione pronta e unanime della stampa italiana: univoca, a senso unico, basata su notizie che nessuno aveva e su certezze che nessuno poteva nutrire. In buona sostanza, fondata solo ed esclusivamente sul pregiudizio e sulla speculazione.
Un pregiudizio razzista, innanzitutto. Perché il turista è ebreo, bianco ed europeo, mentre i suoi “avversari”, pur essendo cittadini italiani, sono di origine araba. Non provate neppure a dire che è un caso. Nessuno sapeva niente di preciso dei fatti (a parte, ovviamente, la versione del francese) ma subito il “buono” era il signore ebreo e i “cattivi” gli italiani di origine araba. Guarda combinazione.
E poi una speculazione politica. Perché agitare alla minima occasione la storia dell’ebreo perseguitato e dell’antisemitismo imperante non è che l’altra medaglia dello slogan “Israele ha il diritto di difendersi” che tanto piace ai governi Italia e Germania e che tanto è piaciuto, in questi anni, anche ai governi che ora, senza peraltro prendere il minimo provvedimento concreto, si lavano la coscienza con il riconoscimento di uno Stato di Palestina al cui smantellamento, attraverso gli insediamenti illegali israeliani, hanno assistito senza batter ciglio.
Su InsideOver non abbiamo mai esitato nel condannare le stragi del 7 ottobre 2023 e nel raccontare Hamas per quello che è: un movimento terrorista islamista e un partito politico totalitario, non certo uno strumento per la liberazione della Palestina. Ma quale “difesa” esercita Israele decimando una popolazione come quella gazawi, sparando su chi cerca di procurarsi un sacco di farina, facendo morire per fame centinaia di bambini? Quale difesa ha esercitato Israele nei confronti della Siria, che da mesi bombarda e occupa senza che il regime di Al Jolani abbia alzato un dito per aggredire lo Stato ebraico?
Storie come quella di Napoli (inventata, come si è visto) o come quella di Lainate (e vedremo se inventata o no) sono perfette armi di distrazione di massa. Servono a farci volgere lo sguardo, a farci credere che per certe azioni in fondo in fondo ci sia una certa giustificazione. Vogliono insinuare il dubbio che il genocidio di Gaza non esista (a dispetto di tutte le inoppugnabili testimonianze, da quella della rivista scientifica Lancet a quella dei medici Usa che scrissero a Joe Biden fino alle chiarissime definizioni Onu del concetto di genocidio, codificate in un trattato a suo tempo firmato anche da Israele) e che, al contrario, esista una specie di congiura mondiale ai danni dello Stato ebraico.
Senza tanti giri di parole: l’Italia non è un Paese antisemita come non è un Paese anti-arabo. Al contrario, Israele è una popolazione che discrimina la corposa (20% della popolazione) minoranza araba. E quasi tutti i Paesi arabi nutrono spiriti antisemiti. Non noi. Qualunque cosa possa dire o scrivere sui social la minoranza di idioti che si esercita in invettive antisemite, mentre peraltro tutti i giornali e le Tv cercano di far credere che criticare un Governo laico come quello attualmente in carica in Israele sia un attentato non solo contro Israele stesso ma contro tutti gli ebrei del mondo.
E già che ci siamo: ci piacerebbe che qualcuno facesse anche un pizzico di mea culpa rispetto a certe narrazioni. Non pensiamo tanto alle organizzazioni ebraiche o del sionismo organizzato, che in fondo perseguono i loro scopi statutari. E nemmeno ai giornali italiani che ripetono senza esitare i dati delle agenzie di sicurezza ebraiche, senza mai chiedersi se queste non abbiano un qualche interesse nel dipingere l’Italia e l’Europa come un solo calderone di antisemitismo. Pensiamo ad altri, per esempio a personalità indubbiamente onorevoli come quelle raccolte nell’associazione Setteottobre, che ancora all’inizio di quest’anno spiegavano che è pro-Pal “normalizzare l’accusa di genocidio demonizzando la democrazia israeliana“, come se a normalizzare la decimazione dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania non fosse il Governo Netanyahu. Decine di morti anche oggi nella Striscia, l’avete saputo? Sempre convinti che la fame indotta a Gaza sia un’invenzione di qualche fanatico con la kefiah al collo? E il fatto che Israele sia una democrazia che cosa c’entra con le bombe sui campi profughi? Non dovrebbe essere un’aggravante?
A questo punto, e lo diciamo ovviamente come paradosso, c’è da augurarsi che sui fatti dell’autogrill di Lainate sia vera la versione del turista ebreo francese. Perché altrimenti lo spettacolo offerto da gran parte del giornalismo e dell’intelligencija italiana sarebbe troppo sconfortante. Anche se contribuirebbe non poco a spiegare perché da questo Paese i giovani se ne vanno e perché l’Europa si presta ogni volta che un Presidente Usa alza il dito.

Donna “affitta” un fidanzato per 1 ora per non essere truffata durante l’acquisto di un’auto nuova


DA  Carro e motos TRAMITE MSN.IT 




(Foto: TikTok)\

Una donna è diventata virale sui social media dopo aver condiviso di aver deciso di “affittare” un uomo per recitare il ruolo del suo fidanzato per 1 ora mentre acquistava un’auto nuova.
Nel video, l’uomo è visto parlare con il venditore e fare un’ispezione completa del pick-up, arrivando persino a inginocchiarsi per controllare la parte inferiore e aprire il cofano per cercare problemi.
Secondo le ricerche, questa pratica è estremamente comune. I meccanici presumono automaticamente che le donne sappiano meno di auto e quindi adeguano i preventivi di conseguenza.
Un post su Reddit del 2022 ha suscitato un dibattito online dopo che qualcuno ha sentito una officina vantarsi di essere “orgogliosa” di truffare le donne. “Anche se capisco di auto, cercano comunque di truffarmi. Se porto mio padre con me, l’atmosfera è completamente diversa,” ha detto una donna.
“Ho fatto lo stesso per la mia migliore amica lesbica quando ha comprato la sua prima moto. Mi sono sentito onorato,” ha rivelato un uomo nella sezione commenti del video. “È un’ottima idea. Ma assicurati che sappia di cosa parla e cosa cercare. Perché anche lui potrebbe essere truffato,” ha aggiunto un altro.
Foto e video: TikTok @roux.tv. Questo contenuto è stato creato con l’aiuto dell’IA ed è stato revisionato dal team editoriale.

“Io e l’uomo che ho assunto per fingere di essere il mio fidanzato per un’ora così non vengo truffata nell’acquisto di questa auto,” ha scritto Roux nel testo sovrapposto al video, che ha già accumulato oltre 800.000 visualizzazioni.

[ analfabetismo politico parte II ] Il volantino del fantomatico “Movimento Islamico D’Italia” candidato a Padova preso per vero

Dopo i creduloni che si bevono acriticamente la propaganda Meloniana \ leghista \ vannacciana  ( in questo caso )  che distorce a suo favore le critiche del Time , ecco che l'analfabetismo politico e culturale che non fa capire più cosa è vero è cosa sia falso e che : «  [...] se avete preso per buone\le "verità" della televisione\anche se allora vi siete assolti\siete lo stesso coinvolti »⁕
leggo    tramite  msn.it     quest  articolo  Il volantino del fantomatico “Movimento Islamico D’Italia” candidato a Padova di  Open.


Circola la foto di un volantino che riporta il logo del Comune di Padova e viene attribuito a un fantomatico “Movimento Islamico d’Italia”, con alcune proposte politiche in vista di una presunta candidatura alle elezioni comunali. Tra gli elementi presenti nel volantino figura anche un logo con i colori della bandiera LGBT. Tuttavia, il contenuto si è rivelato completamente falso.




  di   Gino Gini
Nel presunto volantino leggiamo:

VOTA MOVIMENTO ISLAMICO
CREDITO ISLAMICO
BASTA CON L’USURA DEL CREDITO, BANCHE PIU’ VICINE ALLE PERSONE
MOSCHEA
FINALMENTE UNA GRANDE MOSCHEA PER PADOVA
POLIGAΜΙΑ
PER TORNARE AD AVERE PIU’ FIGLI
MORALE
PER UNA POLITICA CHE SI ISPIRI AI VALORI DI DIO



Il volantino del fantomatico “Movimento Islamico D’Italia” candidato a Padova
Una provocazione del 2017

Per chi ha fretta
Il volantino presenta in alto a sinistra l’anno di stampa, ossia il 2017.
Il volantino circola, infatti, dal 2017 attraverso i social.
Si trattava di un “esperimento sociale” per testare le reazioni dei passanti.

Analisi

Il volantino circola dal 2017. Come riportato dalla stampa locale, si trattava di una provocazione organizzata per filmare le reazioni dei passanti.




Il volantino del fantomatico “Movimento Islamico D’Italia” candidato a Padova

Collegato a una pagina Facebook chiamata “Movimento Islamico D’Italia” (attualmente chiusa), il 21 marzo 2017 viene pubblicato il seguente post:


Come si suol dire il gioco è bello quando dura poco, il nostro esperimento sociale è finito e ci tocca constatare ahinoi che l’italia è piena di creduloni razzisti e ignoranti. La nostra pagina che non ha nulla a che vedere con la distribuzione dei volantini a Padova è nata per vedere la reazione degli italiani di fronte alla creazione di un partito islamico. La maggior parte degli italiani ha commentato in modo abbastanza pesante sotto i nostri post, altro invece senza alcun motivo hanno invaso la nostra bacheca di immagini di maiali e di simboli nazifascisti accusandoci perfino di aver mancato di rispetto alla cultura occidentale. Spero che tutti gli italiani riescano ad aprire gli occhi e mettano per una volta l’odio e il rancore da parte. Siamo persone non bestie, questo forse ce lo siamo dimenticati. E sopratutto spero che la gente si informi meglio riguardo alla veridicità delle notizie per non incorrere in bufale e trollaggi che al giorno d’oggi sono pane quotidiano.





Il volantino del fantomatico “Movimento Islamico D’Italia” candidato a Padova
Conclusioni

Il volantino non rappresenta in alcun modo un reale “Movimento Islamico d’Italia” e non deve essere considerato attendibile, in quanto si trattava di un semplice “esperimento sociale” rivolto ai cittadini padovani.


Ecco  come   commentano   l'articolo  su msn.it

  • Immagine profilo
    user-xw5dqg6r7e1 ora fa
    lo stato è laico, la religione deve rimanere fuori dalle istituzioni... stiamo andando indietro invece che avanti... oltretutto come fa questo soggetto a proporre la poligamia che non è ammessa costituzionalmente....
    • Gino Gini2 ore fa
      Sarà pure un volantino falso ma l'intenzione di creare una cosa del genere da parte loro non è certo un segreto. E non sono persone aperte e tolleranti come noi. Bisognerebbe essere un pò più severi.
      • Immagine profilo
        a c2 ore fa
        Per par condicio dovreste fare la stessa cosa da loro, magari con riferimenti alla parità dei sessi, alla libertà di genere o solo per l'abolizione del fenomeno delle spose bambine. Magari a Theran o Islamabad per esempio, e poi fare i paragoni....
      •  

      forse perchè   la  norizia   è  fresca  (  cioè di due  ore   fa   )   e    quindi  i  commenti non  sono  tanto creduloni   e  carichi  :   d'odio  , exenofobia  ,   islamfobia  ,  razzismo . Ma   soprattutto  il  primo ed  il terzo    un po  creduloni  e pieni  di paura  irrazionale 

      30.7.25

      pacifismo di Pacmogda Clémentine

       

      Mi sorprende davvero la lotta strana contro la guerra che sembra sia brutta da una parte e buona dall’altra. Mi ero decisa di non parlare più delle guerre. Non è che non abbia nulla da dire ma sono completamente delusa di come noi “pacifisti” ci poniamo davanti alle guerre. Ho come l’impressione che la guerra è a seconda dall’aggressore o del luogo della guerra stessa buona o brutta. Se parli della guerra in Sudan reagiscono due gatti. Che vuoi che sia ? Finché i neri si uccidono fra di loro non riguarda nessuno. Basta che non vengono qua da noi. Se parli del Congo con tutte le donne stuprare e uccise vive, non susciti pietà. Sono affari loro. Avevo pensato un tempo che probabilmente si trattava della distanza di questi conflitti. Troppo lontano per essere sentiti. Poi è arrivata la guerra in Ucraina molto vicina ma non si può parlare. Se ne parli vieni aggredito a volte vengono pure sul privato a invitarti ad andare a combattere per gli ucraini se non sei d’accordo. Cosa vuoi? La Russia ha combattuto al fianco degli alleati per liberarci dal nazifascismo. Allora può fare quello che vuole ora di chiunque. Perché non vuoi che uccide gli ucraini ? Ha solo bisogno dei suoi territori, quelli che ormai fa parte dell’Ucraina, sai la parte russofona. Poi gli occidentali questi guerrafondai devono pagare. Ma pagare come? Guardando uccidere gli ucraini. Poi sai la Russia ha ideato il comunismo che ha fatto sognare una società giusta in questo mondo schifoso. Poca importante se il comunismo alla fine, nella sua pratica,ha fatto esattamente, se non peggio, quello che il nazifascismo ha fatto nei anni 30-40. Poco importa se dove il comunismo è stato usato ci sono ancora dolori da ricordare (gli albanesi ne parlano). Tanto l’Ucraina doveva lasciarsi prendere per farci avere il gas per scaldarci d’inverno. Gli ucraini non hanno nemmeno il diritto di difendersi. Cosa vuoi che sia se muore un bambino ucraino. Un non evento. Tanto è stato ucciso da uno che ha il diritto di fare la guerra per fare le pernacchie a questo cattivo Occidente che fa le guerre in giro per il mondo. Le armi non vanno bene eh! Però solo se ne vuole comprare l’Europa. Le armi della Russia vanno benissimo. Quando gli ucraini bombardano un deposito di armi russi, scatta il finimondo: “ come si permettono? Ora Putin userà la guerra nucleare e moriremo tutti! A questo piccolo Dio sulla terra non bisogna provocare ” . Se le armi non va bene, dovremo essere felici quando vengono distrutti i depositi di armi o no? Quando Putin bombarda in Ucraina nessuno condanna o condannano solo i soliti due gatti. Però su Gaza non è lo stesso. Sembra che i bimbi che muoiono in guerra siano diversi. Se muore un bimbo ucraino non crea sdegno ma se muore uno a Gaza vedremo foto, video, commenti, ecc. Mi sono fermata di parlare della guerra per provare a capire perché la guerra può essere giusta da una parte e sbagliata dall’altra? Non sono ancora riuscita a capire, semplicemente perché per me la guerra non va fatta a prescindere da qualunque motivo. Nessuno deve atttaccare un paese, un popolo, togliere vite umane perché a delle ragioni. Nessuno ha ragione a uccidere degli innocenti. Se Putin ha i suoi motivi per massacrare, anche Netanyahu ne ha le sue. Se possiamo giustificare la guerra di Putin perché non quella di Netanyahu? Tutti vogliono territori e si fottono di un popolo. Tutti condannano Israele gisutificando Hamas. Questo non lo capisco. L’uso della violenza da una come dall’altra parte è sbagliata a prescindere. La violenza chiama la violenza di solito. Si dice che Israele sapeva del 7 ottobre e mi chiedo: è Hamas non sapeva delle reazioni di Israele? Tutti si fottono dei rispettivi popoli senza pietà e la popolazione palestinese si ritrova usata da due parti diversi per interessi malsani. Da 80 anni si usa la violenza senza mai risolvere nulla. Perché continuare su questa strada? La question va posta sia a Israele sia a Hamas. Se una strategia non funziona bisogna cambiarla. Se Hamas avesse chiesto il parere della popolazione palestinese, sono sicura che loro non avrebbero dato ok per il 7 ottobre. Perché costruire dei tunnel sotto un posto come l’ospedale sapendo che si tratta di un luogo di fragilità umana? Se Putin uccide nessuno ci crede quasi quasi sono gli ucraini a ucciderci. Le foto e i video dicono sono falsi. Invece se si uccide a Gaza allora è vero è nasce l’indignazione ovunque. Se metti informazioni o foto di persone uccise in Congo rimangono lì come fossero morti dei cani. Non sono nemmeno le posizioni delle due parti l, cioè Israele e Hamas che mi preoccupano ma la nostra come terza parte non coinvolta che fa rabbridire. Addirittura facciamo anche noi la guerra a chi viene da Israele a volte nemmeno ci vive per dire che siamo pacifisti. Offendiamo ormai spesso chi è israeliano senza sapere chi è veramente, cioè se contro o per il governo sionista. Basta attaccarlo e umiliarlo per sentirci utili alla causa palestinese. Questo però non lo vivono i russi in giro per il mondo. Siamo davvero pacifisti? O manifestiamo le nostre simpatie a un aggressore preciso e antipatie all’altro? Sarà perché Israele è pro occidente che siamo contro la guerra a Gaza o semplicemente siamo mossi dalla pietà per un popolo massacrata? Se la risposta è la seconda allora perché gli ucraini non possono beneficiare della stessa pietà? Cosa ci hanno fatto gli ucraini? Perché del Sudan non interessa? Per le altre guerre sono non guerre mentre solo quella di Gaza è orrore? Se la risposta è la prima, allora non siamo pacifisti ma forse un po’ ipocriti. Io sono contro tutte le guerre e partecipo ormai agli eventi che promuovono la pace fra i popoli. Sono la pace ovunque e non me la sentono più di combattere solo per una delle nostre guerre in corso sul nostro pianeta. Sono delusa completamente dal nostro mondo e ho anche paura perché per come siamo capace di applaudire per una guerra a secondo di chi la fa, so che siamo pronti a ripetere gli orrori passati che da adolescente pensavo ormai non poteva più essere possibile.

      manuale di autodifesa consigli di Antonio bianco esperto anti agressione puntata XXXV se siete in pericolo un fischietto vi può salvare

       non ho  voglia  di  stare a  estrapolare  il pdf    dell'articolo  lo  direttamente    riporto sotto  a     sinistra  




      Inizialmene    pensavo  di saltarla perchè  era sottotono risetto alle altre . Ma poi ho cambiatro idea . Infatti oltre ai cellulari , spray al peperoncino (ora pubblicizzato anche in tv ) un fischietto è un metodo : semplice , legale , economico non violento che può essere sempre usato come dice ache l'articolo ( vedere slide a sinistra ) . Infatti l fischietto, con il suo suono penetrante e costante, è capace di attirare l’attenzione in modo chiaro e inequivocabile, indipendentemente da lingua e cultura, in netto contrasto con la voce che può non uscire o tremare a causa della paura, rendendo difficoltoso un grido di aiuto nitido.Unico limite anche se limitato nel caso ti prendono da dietro e ti tappano la bocca e quindi ti restano mani e piedi e poi la fuga

      29.7.25

      Famiglia ebrea aggredita in autogrill in un'area di sosta lungo l'autostrada nel Milanese un altro caso come della TavernaSantaChiara” di Napoli o vera aggressione ?

      dal video che circola in rete  i  protagonisti non sembrano essere, 
      come quelli“Taverna Santa Chiara” di Napoli  di qualche  tempo  fa ,almeno per ora,dei  provocatori.
       Infatti   la  digos  sta indagando  e  la vicenda  è ancora  in corso  . Però
      caldo   posso dire  da  critico   verso lo stato d'israele    per la sua politica , e di  certi israeliani   ed ebrei  sionisti  ( ovviamente senza fare   generalizzazioni inutili   perchè    non tutti  gli ebrei  sono sioisti   ed  israeliani  )  queste  cose  non mi    fano ribrezzo e indignazione  oltre  che  sconforto  come  se   dallìolocausto  \  shoah  e   delle persecuzioni precedenti   l'umanità   non ha  imparato niente   .
      Ora   è
       vero che la vicenda del turista con la kippah aggredito mentre portava in bagno il figlioletto in un autogrill lombardo è microscopica rispetto agli orrori quotidiani di Gaza. Ma è altrettanto vero che quella vicenda con Gaza non c’entra nulla, perché nulla c’entrano padre e figlio con quell’orrore. E l’aggredito ha provato a spiegarlo: sostengono che va spiegato a Netanyahu che non deve bombardare? Ma io sono francese, non israeliano.La sintesi è che in Italia un uomo e il suo bambino sono stati aggrediti per via della loro fede religiosa, unico elemento che degli sconosciuti potessero percepire sul loro conto. Un pogromino da autostrada.Al di là che gli aggressori abbiano capito o no che quell’uomo è francese, e che gliene importi qualcosa, resta che in Italia in troppi pensano che un ebreo in qualche modo sia anche un mezzo israeliano. E questo è particolarmente pericoloso, in un Paese che gli ebrei li ha perseguitati e uccisi e in un periodo storico in cui il governo israeliano perseguita e uccide. Perché chi in qualche modo è un mezzo israeliano sarà necessariamente anche un mezzo italiano. E se non ha qualche diritto in meno, magari avrà qualche responsabilità collettiva in più.           
                        Caffe  scorretto unione  sarda  29\7\2025   di Angelino  Tabasso 

      Concordo  in  attesa  dell'appurarsi  del reale svolgimentio  dei fatti  ,  con lui  specie   nella  chiusa  : <<A qualcuno, sconvolto dalla carneficina della Striscia, possono sembrano sfumature. Ma gli orrori germogliano sulle semplificazioni.>>
      Ma Prendersela così violentemente con una famiglia Israeliana in questo caso che neanche conoscono è da vigliacchi e pregiudizievole ed è anche pericoloso.Giusto per correttezza: non sono israeliani, ma ebrei francesi. sono ebrei punto e basta. Esistono ebrei italiani , francesi, svizzeri. Magari Israele non l'hanno nemmeno mai vista e magai non sono necessariamete sionisti
      infatti concordo anche    con Lorenzo Tosa   


      perchè   descrive   la  differeza    tra  il nuovo antisemitismo ( non con  questo,come  spiegato  nel video  stesso, debba    essere  considerato  meno  vergognoso ed  abberrrate   e quindi  giustificare  chi  ci cade  , come  è  caita   anche al  sottoscritto  ,   per  poii  accorgesene  e  scusarsi pubblicamente   ,  e  trovate  traccia   nel'archivio   dei post  sul  blog   )  e  quello  "classico"  del secolo  scorso   ma  ancora  purtroppo  radicato  ancora  oggi  e che    al  90  %  dei casi  si mescola  e s'unisce  al primo  rendendone  difficile   la  distinzione 

      Con questo è  è  tutto alla prossima se  Dio vuole  e  i  Carabinieri  lo  permettono  

      Per chi suona la campana di © Daniela Tuscano


      Nessun appello, nessuna riprovazione per i 40 e più assassinati (9 i bambini) a colpi di mitra e di machete in una chiesa di Komanda, nella Repubblica Democratica del Congo. Sì, machete. Squartati come vitelli. Va avanti così da decenni, in un crescendo di odio ed efferatezza. Ma non ne troverete cenni o quasi. Pochi trafiletti, rari e brevi filmati, zero volti. Le scarse immagini a disposizione sono d'archivio, le vittime non hanno identità, sono massa indistinta di brandelli umani (?) in un'Africa spettrale, in cui si aggirano torvi personaggi armati fino ai denti degni d'un «mondomovie». Ma questo non è un film. È una carneficina ad opera di gruppi jihadisti ai danni di cristiani di diverse confessioni che, ripetiamo, si protrae da tempo in Nigeria, Niger - dove è iniziato l'esodo di intere comunità -,
      Burkina Faso, Somalia, Eritrea, Sudan, alle quali si aggiunge ora il Congo. Non una campana è risuonata per loro, né unedimeno o gretine o cantanti scosciate hanno sventolato sul palco bandiere che non saprebbero neppure collocare esattamente su una carta geografica. Chi si è data pena per Leah Sharibu e le studentesse di Chibok, tuttora nelle mani dei loro aguzzini? Eppure sono nere, oppresse da un patriarcato feroce; dovrebbero suscitare empatia, solidarietà. Come Maria Joseph e Janada Markus, giovanissime nigeriane riuscite a sfuggire a Boko Haram e ricevute poi a palazzo Chigi in occasione della giornata internazionale della donna. Ma nessuno ha mai udito i loro nomi o, quando li ha sentiti, se ne è strafregato/a.
      Insomma, se cristiani, i non-occidentali non interessano più agli occidentali anti-Occidente. Diventano non-occidentali della concorrenza; il «patriarkato» viene esecrato solamente come l'arma dei «bianchi» sfruttatori colonialisti; altrove, è «tradizione» da rispettare. Nessuna campana per le donne e gli uomini d'Africa, altrimenti bisognerebbe riconoscere che i cristiani/e sono i più perseguitati al mondo (365 milioni secondo World Watch List 2024), che non si tratta solo di «bianchi», che le «altre tradizioni» sono tutt'altro che pacifiche e dialoganti. E non limitiamoci al Continente nero: dal Medio Oriente i cristiani rischiano di sparire, cosa che dovrebbe turbarci un pochino se solo ricordassimo che la culla di quella religione si trova laggiù. Il bombardamento della parrocchia «Sacra Famiglia» di Gaza ha suscitato in Italia miserandi battibecchi da bottega e reazioni anti-israeliane. Il tutto insopportabilmente pretestuoso, la solidarietà alle vittime è stata la grande assente dell'intero «dibattito». Né ci fu per l'uccisione di Shirin Abu Akleh a Jenin nel 2022, o per Nahda Khalil Anton e sua figlia Samar, sempre della comunità «Sacra Famiglia», colpite da un cecchino israeliano. Non s'è avvertita la scorsa settimana e appena ieri, quando i coloni del fascista Netanyahu hanno assaltato il villaggio di Taybeh, l'antica Efraim, ultimo avamposto cristiano in Cisgiordania, al grido di «Cacciamo gli arabi»; men che meno è giunta per i fedeli delle chiese di Sant'Elia a Damasco e di San Michele ad As-Sura, martirizzati dai pro-Isis con la minaccia: «Torneremo». Ma sappiamo che per gli «indignados» di casa nostra il fanatismo islamista non esiste. 
      L'eccidio di Komanda, le sue morti senza nome, hanno almeno smascherato l'ipocrisia e la malafede. Con o senza campane.


      © Daniela Tuscano

      Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

         Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...