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2.11.25

eccellenze dimenticate Sessant’anni fa a Cagliari la prima colonscopia al mondo La rivoluzionaria tecnica di Luciano Provenzale, abruzzese di nascita e sardo d’adozione, e del suo team

  Non esistono solo  eccellenze   alimentari     maanche    eccellenze mediche  .  
  da  l'unione  sarda  del   2\11\2025  

                                 di Pietro Loriga ( Gastroenterologo





Il professor Luciano Provenzale, abruzzese di nascita, allievo di Pietro Valdoni, caposcuola della Chirurgia italiana, approdò a Cagliari nel 1964 per ricoprire l'incarico di direttore degli Istituti di Patologia chirurgica e Clinica chirurgica e delle Scuole di specializzazione in Chirurgia, Urologia e Anestesia, presso l'Ospedale S. Giovanni di Dio.Era un uomo brillante, empatico, dinamico, dotato di una genialità messa al servizio della ricerca e dell'innovazione.A Cagliari si circondò di una trentina di assistenti, in gran parte Sardi, fortemente motivati. Tra questi, seguendo un ordine alfabetico, per la Chirurgia: Giuseppe Binaghi, Giovanni Brotzu, Giuseppe Casula, Mario Coraddu, Luciano Di Martino, Valentino Martelli, Francesco Marrocu, Fausto Oggianu, Mario Pisano, Marco Polo, Salvatore Rocca Rossetti, Ignazio Satta, Francesco Sforza, Enzo Usai e tra gli specialisti in Anestesia: Giancarlo Boero, Giuseppe Saba e Achille Sandoli.
Nel 1965 Provenzale, adiuvato da un ristretto team, eseguì la prima colonscopia totale al mondo, utlizzando la tecnica END to END.ll'inizio degli anni 60 esisteva unicamente il gastroscopio di Hirschowitz, lungo un metro, totalmente flessibile, ma privo all'estremità di escursioni verso l'alto e il basso che avrebbero potuto farlo procedere in maniera autonoma lungo le anse intestinali.Data l'inerzia dell’estremità, non poteva che procedere su un filo guida in polivinile, preventivamente introdotto dal naso fino a fuoriuscire all'esterno attraverso il retto, dopo aver percorso il tubo digerente da un’estremità all'altra (END to END). Il gastroscopio veniva introdotto nel retto e fatto scorrere sul filo guida fino a completare l'esplorazione del colon, come rappresentato nell'illustrazione (tratta da Ingegno A, Dagradi AE -The first total colonoscopy -American Jounal of Gastroenterology 1985). Gli autori comunicarono al mondo scientifico la loro pioneristica scoperta, dapprima attraverso la Rassegna Medica Sarda, rivista della Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Cagliari ed in seguito sulle più accreditate riviste internazionali. La colonscopia totale END to END non fu se non inizialmente un'indagine sperimentale, poichè fu utilizzata in campo clinico su circa 450 pazienti, permettendo di individuare e catalogare le malattie del colon, anche con l'ausilio di biopsie e documentazione fotografica.Seppur indaginosa, va contestualizzata in un periodo nel quale, in caso di sospetto di una patologia al colon, non c’era alternativa per verificarne la presenza se non aprire l’addome.
La telecamera
Il team cagliaritano mise in atto ulteriori attività pioneristiche nell'ambito del colon.Produsse il primo film animato di 16 mm dell'interno del colon, presentato a Washington nel 1969, nell'ambito del Postgraduate Course della Società Americana di Gastroenterologia (ASGE).Si racconta che avessero utilizzato una telecamera miniaturizzata recuperata dallo Spitfire, aereo da caccia inglese.Impiegarono inoltre microcapsule telemetriche e radiotrasmittenti ingeribili, fornite dalla NASA per l’innovativo studio della fisiopatologia del colon (motilità e tempi di svuotamento), come riportato da Alessandro Riva al sesto Congresso di Storia della medicina nel 2012.
I progressi
Dopo 2 anni di utilizzo della colonscopia END to END, arrivarono ad alcune considerazioni sulla necessità di una ulteriore progressione della stessa.Aveva infatti come limiti la complessità tecnica, era impegnativa per il paziente, nonostante la premedicazione con benzodiazepine e prevedeva controlli radiologici ravvicinati.Indirizzarono pertanto le loro ricerche verso l'acquisizione di un colonscopio con estremità mobile che potesse progredire nel colon in maniera autonoma, escludendo dunque la necessità del filo guida e dei controlli radiologici. Commissionarono alla società ACMI(American Cystoscope Makers Inc.) un colonscopio animato all'estremità da 2 escursioni verso l'alto e il basso.L’ACMI e la concorrente giapponese Olympus produssero separatamente un colonscopio di lunghezza limitata (circa 90 cm), che consentiva solo una parziale esplorazione del colon.È ben noto, soprattutto nelle attività chirurgiche ed endoscopiche, come l’avanzamento clinico sia subordinato all'evoluzione tecnologica dello strumentario.
La nuova tappa
Nel 1969 l’Olympus Corporation sopperì alla limitazione della lunghezza,commercializzando un colonscopio lungo 187 centimetri, con estremità mobile, detto long body, che consentiva l'autonoma esplorazione dell'intero colon.A quattro anni dalla prima colonscopia totale eseguita dal gruppo cagliaritano, il dottor Hiromi Shinya, gastroenterologo giapponese, utilizzando questo rivoluzionario colonscopio, esegui a New York la prima colonscopia detta moderna, antesignana della tecnica sviluppata in seguito.Nel 1970 il professor Provenzale fu chiamato dall’Università di Roma a ricoprire la direzione della Chirurgia del cuore e dei grossi vasi. Gli assistenti presero altre strade e l'interesse per la colonscopia venne meno .
La fama scientifica
Numerosi i riconoscimenti soprattutto internazionali a Provenzale e alla sua scuola attraverso molteplici pubblicazioni e manuali di Storia della Medicina, il più recente edito nel 2023.Nel 1986 fu insignito dalla Società Americana di Endoscopia di un premio in onore della esecuzione della prima Colonscopia totale al mondo .Il riconoscimento più elevato giunse nel 2020. Alcuni fra i più importanti Gastroenterologi Americani individuarono e resero note attraverso una pubblicazione sulla rivista Gastroenterology Clinics of North America, le 50 maggiori scoperte in Gastroenterologia dal 1950 al 2000. Tra queste annoverarono la colonscopia, facendo riferimento al professor Provenzale quale pioniere della metodica.Questa pubblicazione confermò il riconoscimento a livello mondiale della tecnica sviluppata a Cagliari, quale pietra miliare nel campo della Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva.In Sardegna e soprattutto nella città di Cagliari si sono succedute negli anni varie iniziative per ricordare la figura e l'opera di Provenzale.
Il tributo di Cagliari
La più recente nel Settembre 2025, nell'ambito di un Simposio organizzato dalla SC di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale SS Trinità di Cagliari ( R. Murgia – E. Piras) con una lettura magistrale su “La colonscopia nasce in Sardegna: precursori di un’epoca”.
L’impronta della Scuola
Luciano Provenzale scomparve a Cagliari nel 1987 per una crisi cardiaca, ma ha lasciato una grande Scuola che ha gestito con professionalità la Chirurgia generale, l'Urologia, l'Anestesia e Rianimazione e la Cardiochirurgia a Cagliari e altrove.

*Gastroenterologo

Bazulini Pasolini, a 50 anni dalla morte di © Daniela Tuscano

Così leggerebbe il suo nome un giovane arabo che non l'avesse mai sentito nominare, e credo che Pier Paolo sarebbe il primo a esserne divertito. Forse persino lusingato. E così molti lo leggeranno, perché la prima traduzione di «Ragazzi di vita» è uscita a Beirut (edizioni Dar as-Saqi) due settimane fa. «Ragazzi di vita» è il suo romanzo più noto, e insieme il più datato, come del resto gran parte della narrativa pasoliniana. Ma questo stare fuori tempo si situa anche fuori del tempo, e solo a noi europei, in grado ormai di concepire nient'altro che la linearità cronologica, sfugge quel senso di parola sacra, vale a dire inalterata e inalterabile, che invece altrove si ritrova, anzi si vive, in quotidianità spietata, coi suoi atroci
limiti verghiani, afasica, forse senza riscatto. Ma chissà. E allora «Bazulini» - storpiatura che rievoca il Bayazid di Racine, e come quest'ultimo figlio cadetto, erede d'una dinastia gloriosa ma destinato a una fine miseranda -, il più europeo (e italiano) dei poeti del secondo Novecento, potrà essere compreso, e amato, proprio dall'altra sponda del Mediterraneo. Più che da noi, che l'abbiamo ridotto a un santino, o un santone, fra citazioni false, celebrazioni retoriche e accostamenti inutili. La verità è che «Bazulini» ancora infastidisce e imbarazza, sia i conservatori, impossibilitati a eluderne l'epilogo infame, sia, ancor più, i progressisti, i quali, semplicemente, lo rimuovono - «datato», appunto - per i suoi sensi di colpa (di peccato, in realtà, ma la differenza non si concepisce più), e per quel lato nero da nascondere, come certe fiabe ch'essi vorrebbero stolidamente edulcorare. La vitalità di Pasolini-Bazulini non è vitalismo ma aspirazione di purezza, resurrezione impossibile e però nominabile, come si nomina ancora l'inferno, il bene, il male, Dio. Certo, non da noi; non qui. Pasolini-Bazulini è un reperto di ciò ch'eravamo stati, un fossile d'anima, un frammento d'umanità comune in cui fra mille incagli ci si poteva ritrovare. Per questo la sua critica al consumismo e al liberalismo è tanto più vera, e così fraintesa: non in nome del sol dell'avvenire, ma per quell'unità spezzata ch'egli cercò strenuamente nel tempo eterno delle periferie, dei
 ragazzi mai cresciuti, poi dell'Africa, e finalmente negli Orienti, ben sapendo che anche Alì avrebbe avuto gli occhi azzurri un giorno, e sarebbe finito malandro, ma forse ci si poteva provare, pur senza speranza - egli l'aveva perduta - ma tentare, scommettere, fino a morirne, perché no. Unico modo di vivere appieno. Quello che noi abbiamo svenduto.
 © Daniela Tuscano

1.11.25

L’amore di un padre. il caso Massimiliano Masia, il padre di Omar, il giovane scomparso lo scorso weekend nel tragico incidente lungo le strade galluresi.

2 g 

Massimiliano, vigile del fuoco che ha appreso della morte del figlio mentre si trovava sul posto per i soccorsi, ha lanciato a tutti una grande lezione di vita.E parlando di Enrico l’amico di Omar che era alla guida della bmw precipata nel ponte di #Baldu ha detto: «Enrico era l’amico di Omar, era un fratello per lui. Non c’è nessun rancore, nessun risentimento. È successa una tragedia. Ho saputo che da ieri stanno circolando notizie e parole sui social che devo smentire. Noi non ci costituiremo parte civile contro l’amico di Omar. È privo di fondamento. Non solo non ci costituiremo in un eventuale processo, ma non
faremo nulla contro Enrico»: Massimiliano che si è recato a #Calangianus, nella casa di Enrico, ha poi aggiunto: «Sono andato a casa del ragazzo, lui era lì e abbiamo parlato. Per stargli vicino, questo è quello che è successo. Non ci sarà alcuna azione legale da parte nostra contro Enrico. Abbiamo nominato un legale, l’avvocato Nino Vargiu, che ci assiste per tutte gli adempimenti con la Procura». Commossa ma gratitudine verso i colleghi dei Vigili del fuoco: «Loro sono così, sento la vicinanza di tanti. Anche questo fa parte della nostra professione, essere solidali nelle difficoltà, con dignità. Indossiamo questa divisa con orgoglio”.Un padre immenso, che anche oggi nei funerali del figlio ha lanciato a tutti una grande lezione di vita 

Nudo e violenza: Salomè a Sassari vietata ai minori. È polemica e uno studente del liceo atzuni apre il dibattito su tale decisone . voi cosa ne pesate ?

Leggo  su la nuova sardegna del 1\11\2025 cher il teatro di Sassari vuole vietare ai minori la rappresentazione dell'opera lirica Salomè di Richard Strauss, ,ma uno studente del liceo musicale su la rubrica della nuova sardegna LaNuova@scuola apre il dibattito voi cosa ne pensante ? Vistom che si parla da più parti di avvicinare i giovani ai classici della lirica e della musica . Ecco  dal giornale   entrambe  le  campane    a  voi decidere  chi seguire  

Ora     ci si chiede  Perché la Salomè è vietata ai minori di 18 anni? Perché porre un limite di età alla visione di uno spettacolo artistico? 

A porre il quesito è Luca Foddai - Liceo musicale Azuni a Sassari che fa parte del progetto LaNuova@scuola.

«L’Ente Concerti “Marialisa De Carolis” recentemente ha deciso di vietare la visione della Salomè di Richard Strauss ai minori di 18 anni, il cui motivo risiede negli argomenti trattati e nella presenza di scene di nudo. Ciò mette in discussione il rapporto tra arte e censura, presumibilmente giustificato dalla protezione della “sensibilità” dei giovani, ma che va a ledere il diritto all’accesso alla cultura e all’espressione artistica. È realmente lecito escludere una parte di pubblico impedendo la riflessione su temi provocatori e forti? Chi decide cosa far vedere ai giovani? La Salomè è un’opera di Oscar Wilde musicata da Richard Strauss ed è considerata uno dei capolavori della tradizione operistica tedesca per la tensione drammatica che esplora profondamente la psicologia dei personaggi. Essa porta agli estremi tematiche come la sensualità, la moralità, il potere e la morte, suscitando emozioni forti con la capacità di sconvolgere gli spettatori e gli ascoltatori. Nel corso della storia umana, l’arte ha sempre avuto il ruolo di provocare e di mettere alla luce realtà scomode: essa non è nata per accontentare tutti, ma per affrontare il lato oscuro dell’umanità senza filtri. Purtroppo, la censura smussa questo aspetto, solitamente riducendo le opere a un semplice prodotto di consumo senza avere un reale valore espressivo alle spalle. Vietare ai minori di 18 anni Salomè per i motivi citati in precedenza rivela che si ha una persistente paura nel mostrare sensualità e intensità emotiva che essa può trasmettere nonostante essi siano strettamente legati alla trama del melodramma e siano essenziali per un risultato coerente ed efficace. Sono proprio quelli i momenti in cui si trasmette al pubblico la tensione tra il desiderio carnale e la tragedia che ne consegue. Inoltre, chi ha deciso di applicare la censura non ha tenuto conto della maturità intellettuale dei giovani, in quanto non è il nudo a generare scandalo, ma la paura di affrontare le tematiche della manipolazione e del conflitto tra potere e libertà individuale presenti nell’opera: evidentemente esse sono considerate un tabù per i ragazzi, e non un’occasione per riflettere su argomenti che non hanno età. La società contemporanea davanti a queste problematiche agisce con ipocrisia: se da una parte si chiede maggior libertà di espressione, dall’altra si applicano restrizioni che vanno a limitare le potenzialità di un'opera o il pubblico a cui è rivolto. Non si avrà mai un progresso culturale se si agisce in modo da non permettere un confronto aperto, e col passare del tempo, rischia di mettere il paraocchi alla società, disprezzando completamente ciò che non è conforme a dei canoni standard: d’altronde le più grandi opere artistiche sono sempre quelle che mettono in discussione il gusto e le idee delle masse. Davvero vogliamo che l’arte sia un linguaggio universale, aperto a tutti e che dia una visione totale del mondo? Dobbiamo lasciarla libera di fare il suo lavoro senza piegarla alle convenzioni, per permetterle sempre di stupire e destare meraviglia?»


anche le donne trans vengono molestate e gli aggressori se la cavano con poco per via del patteggiamento il caso di minerva uzzanu

legggi anche  
chi  è  Minerva  Uzzanu
chi è Minerva Uzzanu e la sua   testimonianza 


 da  la    nuova  sardegna    1\11\2025 



Sassari «È questo il messaggio che vogliamo mandare come società? Che ogni uomo che molesta una donna ha diritto al cartellino giallo finché non viene denunciato di nuovo?»: lo chiede Minerva Uzzau, 25 anni, ragazza transgender e attivista per i diritti di genere. Lo sfogo nasce da un’esperienza personale: più di un anno fa raccontava pubblicamente un episodio di molestie e insulti subiti a Porto Torres. Oggi racconta un epilogo che non avrebbe voluto: «Il mio aggressore se l’è cavata con un patteggiamento». Il ragazzo ha salutato il giudice dell’udienza preliminare patteggiando poco più di un anno di reclusione con pena sospesa e convertita in un percorso di recupero al Cam, il centro di ascolto maltrattanti. Un nulla di fatto, secondo Uzzau: «Caso figlio di un sistema che vuole mettere la toppa nella maniera più frettolosa possibile».
I fatti si riferiscono ad agosto 2024, dopo la festa del carnevale estivo, poco prima delle 4 del mattino, Minerva è seduta al tavolino esterno di un kebab col fratello e due amici. Da un’auto scendono quattro ragazzi e due si avvicinano a lei. Uno di questi gioca con i suoi capelli, poi la prendono tutti in giro, le vomitano addosso insulti transfobici: «Sei un maschio, sei un maschio».
Lei risponde a tono, allora uno torna indietro e le mette le mani addosso, le palpa il seno: «Le tette sono vere», urla agli amici. Lei reagisce e lo colpisce, i presenti evitano che la situazione degeneri. Ma uno dei ragazzi inizia a filmare Minerva con il cellulare mentre l’altro le si para di nuovo davanti e la prende in giro. In poco tempo finisce tutto. Alla lunga rimane la paura e la rabbia per una violenza di quel tipo. Minerva Uzzau, che proprio per le sue lotte da attivista e attraverso il racconto social della sua transizione è diventata una figura molto seguita nell’isola, sfrutta la cassa di risonanza di Instagram e denuncia l’accaduto.
Dalla bolla del web si finisce in aula di tribunale. Ma la risposta della giustizia, ammette, lascia l’amaro in bocca. «Il mio corpo è stato violato, violenza che ho denunciato alle autorità – racconta oggi in un altro post su Instagram –. L’udienza preliminare ha concluso il procedimento penale con il patteggiamento del mio aggressore. Un patteggiamento, in cui io come persona offesa non ho diritto di parola».
E poco dopo riflette: «Dov’è la voce delle nostre martiri? Di ogni donna che viene sistematicamente silenziata da accordi fra terze parti che non le coinvolgono minimamente?». Infine: «La sentenza di oggi non mi restituirà quella serata di agosto. Non mi restituirà i mesi di sofferenza e di insicurezza che questa vicenda mi ha causato. Non pulirà il mio corpo dalle macchie che le sue mani mi hanno lasciato». L’ultima parte del suo messaggio social è di reazione: «Non sarà questa sentenza a fermarmi».
A margine dei riflettori web, Minerva Uzzau a margine non nasconde il tono deluso da una sentenza che sembra appiattire le conseguenze di quanto accaduto. Però non arretra e ne approfitta per incoraggiare le donne «a continuare a denunciare» a prescindere da com’è andata nel suo caso. Assistita dall’avvocato Daniele Solinas, promette che agirà in sede civile per ottenere «almeno delle scuse formali». E «ci tengo che molte donne sappiano che le vittime di violenze in sede legale possono richiedere il patrocinio a spese dello Stato. Spesso la paura di affrontare delle spese spinge a rimanere zitte».

FILASTROCCA SEMISERIA PER HALLOWEEN di DANILA SELIS


concludo i  miei  post   di  guerriglia  contro culturale  su   HALLOWEN ED  OGNI  SANTI    riportando questo post  di 
 
Danila Selis
12 h 

Accogliendo l'invito del gruppo "la poesia si fa bella" di scrivere qualcosa per Halloween e/o per il ricordo dei cari, ho buttato giù una filastrocca non autobiografica.
FILASTROCCA SEMISERIA PER HALLOWEEN
Son nata brutta da fare paura
e, non avendo la controfigura,
vidi mamma, le mani nei capelli,
gridare: "tutti i bimbi sono belli"!
Tra loschi figuri
e orribili ragni,
con l'angoscia
tra capo e calcagni,
crebbi così, da spaventare
chi si trovava ad incontrare
quella bimba dagli occhi cerchiati,
come fantasmi allucinati...
Se domandavo
"dolcetto o scherzetto"
mi colpivano con il Folletto
e crescendo sempre più brutta
pensai di essere ormai alla frutta.
Soffrivo di svariate fobie,
di puzzolose aerofagie,
non curavo arte e cultura,
brutta com'ero da fare paura.
Indossavo bianche lenzuola
e, come zombie, me ne stavo da sola,
nel tentativo di mascherare
quell'aspetto che faceva cagare.
Un giorno, stanca della situazione,
presi un treno alla prima stazione,
portavo un corno di corallo
ed un gonnellino di sangallo.
Così conciata mi ritrovai ad un ballo
e mi sentivo ammirata... uno sballo!
Era una festa americana,
con gente mascherata tutta strana.
Tra zucche intagliate con gran cura
al fine di mettere paura, tornai felice a casa e, grande cosa,
mi sentii bella e fresca come rosa.
Sognai mia mamma quella notte,
con la tristezza lei faceva a botte.
Mi diede anche numeri vincenti:
"Non solo di bellezza siamo abbienti,
ma con qualche provvido soldino
sarà migliore il risveglio del mattino.
Ricorda, figlia, che ti ho sempre amata,
anche se bruttarella, mia adorata".
Specie nei momenti amari
sono un grande tesoro i vostri cari".

CARO REDBEPPEULISSE NON E' A QUASI 50 ANNI SEI TROPPO GRANDE PER IL GRANDE COCOMERO OPS HALLOWEN .....

 


come     da titolo ironico    oggi   rispondo  ad  un email  inviatami  da  un lettore  per  i miie  post  su    su  halloween

 ****
redbeppe@gmail.com

Ciao 
  ti  ho  scoperto  sui social e  quindi   anche la  tua  appendice  blogger  . E  proprio leggendo alcuni  post   mi  sono accorto che nostante  sia  un mio coetaneo [ qui   si  riferisce alle  attività  fatta appunto per  hallowen  lo  scorso anno  con la  classe 76  per  la  festa  di settembre   vedere archivio ]    tu  di febbraio  io  di marzo )  e come me  vicino ai 50,sei infervorato e prepari  (per il pagano hallowen  non capisco ma  in alcuni post hai  dimostrato   d'essere   una persona religiosa  e di fede  .  ......
  antonello *

* nome  di  fantasia per  richiesta  dell'interessato 


Ecco come si celebra oggi, con quali nuove tradizioni e quali piatti portare in tavola. L’eco celtica di Halloween (Samhain)  cioè quella americana    introdotta  a partire dalla  fine degli anni  80\90  si è innestata in Italia su un tessuto forte di riti familiari e comunitari  soprattutto nel sud  in una celebrazione moderna di divertimento, creatività e comunità. Che si decide di festeggiare in grande stile o in modo più sobrio ( cosa  rara  in quanto generalmente  esso è  un rituale   conformistico  ) , l’importante è creare ricordi felici con i figli e insegnare loro il valore della tradizione, del rispetto e della condivisione  . Infatti  Halloween o meglio  -- cosi  lo  distinguiamo dall'americata --  i riti   pagani o semipagani offono  anche  un’opportunità unica per esplorare la fantasia, 




affrontare le paure in modo giocoso e rafforzare i legami familiari e comunitari. Può essere un momento per incoraggiare la


 quadro ad olio ispirato dal cartone e dal fumetto dal medesimo titolo "Trick or Treat", del 1952.

creatività dei bambini attraverso la realizzazione di costumi e decorazioni, per insegnare loro l’importanza della generosità nel condividere dolci e regali, e per esplorare insieme storie e leggende di diverse culture. 

Il vero spirito di Halloween risiede nel divertimento condiviso e nell’unione della comunità. Che si scelga di partecipare alle tradizioni più tipiche come il trick-or-treat o di creare tradizioni familiari uniche, l’essenziale è vivere questa festa con gioia e consapevolezza, trasmettendo ai figli valori positivi e creando momenti speciali che ricorderanno con affetto negli anni a venire.  Ma  veniamo  alla    tua definizione     di demoniaco  . Halloween ha radici cristiane, ma anche pagane: il suo nome deriva da “All Hallows’ Eve”, cioè la vigilia di Ognissanti. Tuttavia, molti cristiani (  e  papagalli     coloro  che hqanno amndato il cervello all'ammasso \  in cassa integrazione   e  ripetono quelo  chge  dice  la propaganda  )oggi la rifiutano per le sue connotazioni moderne legate all’occulto.Ecco una panoramica del rapporto tra Halloween e il cristianesimo mista  di ricordi e ricerchè fastte  in rete  : sul🎃 Origini cristiane del nome. 
Quello   che  , SIC ,   chiamo     comunemente  Halloween è la forma contratta di “All Hallows’ Eve”, ovvero la vigilia di Ognissanti, che si celebra il 1° novembre.Come molte festività cristiane, anche questa vigilia era considerata un momento sacro di preparazione spirituale.Secondo  altri  però  sarebbe  solo una   festa  dalle 🕯️ Influenze pagane . Le radici storiche di Halloween  quello   reimportato in  italia negli anni80\90   risalgono alla festa celtica di Samhain, che segnava la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno.In realtà  tasli festività  in europa  hanno radici  ben  pià profonde   fra pagane   e  cristiane    soprattutto    forma  di religione  \ devozione  popolare  . Infatti  si  è  sempre  creduto   , ricordo ancora  mia  nonna  (  religiossima   e  ulttra credente  un cattolicesimo pre  concili  vaticano II )     che  la  notte   fra i  del  31  apparecchiava  dopo cena  la tavola  imbandita  per  i morti  e  preparava   dolcetti  o offerte  (  mele  granate , noci   )  da  dare  a  bambini  che    venivano a fare , quello che  noi oggi  chiamiamo dolcetto o scherzetto .In questa notte si credeva che il confine tra vivi e morti si assottigliasse, permettendo agli spiriti di tornare sulla Terra.Con l’avvento del cristianesimo, molte di queste usanze furono assorbite e reinterpretate alla luce della fede. Però prevale  l'aspetto commerciale \  mercificato del H.  Americano  . Infatti alcuni cristiani , sia cattolici che protestanti, non partecipano a Halloween  (    anche  se    sono  di  parere opposto   il  capisco e  li rispetto )  perché la considerano troppo legata all’occulto, alla morte e a simboli inquietanti. Ritengono che la festa contrasti con il significato spirituale di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti (2 novembre), che celebrano la vita eterna e la speranza cristiana.Infatti  alcuni gruppi  parrochiali   e  genitori   che  non lo festeggiano   propongono delle🌟 Alternative cristiane: Holyween .In risposta a Halloween, alcune comunità cristiane propongono “Holyween”, una celebrazione alternativa che esalta la santità e la luce, con processioni, preghiere e travestimenti da santi trasformandolo in un’occasione di testimonianza cristiana.Mentre per  alcuni cristiani  ( veri  o  ipocriciti  \  opporrtunisti  )  la rifiutanoo a prioristicamente  o  per le sue derive moderne, altri cercano di reinterpretarla alla luce della fede, trasformandola in un momento di riflessione e memoria. Altriancora  l'accettano come  normalità  . Il ilmio  obiettivo  è  qiuello di ivo è recuperare il significato spirituale ed  antropologico  del 31 ottobre .lascian  liberi  di festeggiarlo   siua  alla prima maniera     che alla seconda  , di  non  festeggiarlo . Senza  etichette  e criminalizzazione   da  una  parte  e della  'altra . 

   In sintesi, Halloween è  oltre  la  mercificazione    anche   una festa complessa, nata dall’intreccio tra tradizioni celtiche e cristiane.




31.10.25

“Gisèle Pelicot, il coraggio che ha cambiato la legge .La Francia dice basta: il corpo delle donne non è negoziabile”

Frasi chiave dal post “Non spetta a noi provare vergogna, sono loro che devono provarla.” “Voglio che tutte le donne, guardandomi, possano dire: se lei l’ha fatto, allora posso farlo anch’io.”


Una vittoria di civiltà e di coraggio.
Il caso di Gisèle Pelicot dimostra ancora una volta come il dolore di una donna possa diventare un motore di cambiamento collettivo. Non dovremmo mai aver bisogno di tragedie per capire l’ovvio: che il consenso è la base di ogni relazione umana, e che il silenzio non è mai un sì.Mentre la Francia fa un passo avanti nella storia dei diritti, l’Italia sembra guardare indietro, impantanata in un dibattito pubblico che troppo spesso minimizza, giustifica o ridicolizza la violenza di genere.La “Legge Pelicot” non è solo una norma: è un atto di giustizia, una lezione di umanità. E il suo nome resterà come simbolo di dignità e resistenza.
Grazie Gisèle, per aver trasformato la tua ferita in una battaglia per tutte.
Da oggi in Francia il sesso senza consenso è e sarà considerato stupro.È stata approvata definitivamente una legge che rivoluziona l’ordinamento in tema di violenza di genere. E introduce per la prima volta in una legge di Stato il concetto di consenso come “libero e informato, specifico, preventivo e revocabile”.Il silenzio non equivale e non può essere equiparato a un assenso, così come una assenza di reazione non vuol dire sì.Concetti base, elementari, eppure c’è stato bisogno di un
caso mostruoso come quello di Gisele Pelicot per trasformarlo in legge.
Un’altra lezione di diritto e di diritti che arriva dalla Francia, dopo l’inserimento dell’aborto in Costituzione, mentre il nostro Paese regredisce ogni giorno di più.E, se ci sono arrivati, almeno loro, dovremmo ringraziare questa donna qui per il suo coraggio, la sua dignità incrollabile, la sua lotta a testa alta, a volto scoperto, col suo corpo, per tutte le donne.Essa lo ricordiamo , per chi appprende la sua storia solo ora ,Si chiama Gisele Pelicot, la Franca Viola francese. Essa Avrebbe potuto chiedere l’anonimato, previsto dall’ordinamento francese nei casi di stupro. Invece Gisèle Pelicot ha scelto di metterci la faccia, la voce, il suo corpo e ogni cellula della sua dignità assoluta per testimoniare contro il marito e i 50 uomini - non bestie, uomini - da cui è stata per anni ripetutamente e atrocemente violentata. Per anni il marito ha drogato Pelicot, l’ha fatta stuprare da cinquanta uomini, l’ha filmata e infine messo tutto online sulle piattaforme del porno. E a fare tutto questo erano maschi insospettabili, perfettamente inseriti e, soprattutto, consapevoli di quello che stavano facendo. Per tutta la durata del processo, ha scelto simbolicamente di portare il cognome del marito, Pelicot, che non è mai riuscito ad alzare gli occhi in aula per guardarla in faccia. Quando le hanno chiesto se preferiva non comparire con il suo volto al processo, Pelicot ha dato una risposta che è un manifesto di empowerment femminile. “Non spetta a noi provare vergogna, sono loro che devono provarla. Voglio che tutte le donne, guardandomi, possano dire: se lei l’ha fatto, allora posso farlo anch’io”. È stata una fatica enorme, indicibile ripercorrere ogni momento, ogni ferita, ogni dolore inferto da quegli uomini, ma alla fine il tribunale ha condannato il marito a 20 anni, il massimo della pena, e insieme a lui tutti i 50 co-imputati. Non ha avuto giustizia per sé, nulla potrà restituirle quello che le è stato tolto. Ha vinto per milioni di altre donne in Francia e in tutto il mondo. E ieri, anche grazie a quel coraggio, a quella forza inaudita, a quella dignità infinita, la Francia ha approvato una legge con la quale il sesso senza consenso viene considerato stupro. Una legge che porta a caratteri cubitali il suo nome. E che non esisterebbe senza la sua forza, senza la sua lotta, da sola contro tutti. Gisele Pelicot è la Franca Viola francese. Ora lo possiamo dire con certezza. E se la Francia ha compiuto questo passo di civiltà, lo deve soprattutto a questa grande donna. Mi inchino. Lo facciano tutti. Soprattutto gli uomini.

il patriacarto non vive solo negl uomini vive in chi lo giustifica in chi chiude gli occhi in chi chiama rispetto quello che è paura

 Rispondo    con questo   titolo  provocatorio  a  chi mi dice   che  ancora  non è  il 25 novembre    e  che  ho troppa fretta nel giocare  d'anticipo .,  e che  le  femministe   e  le nazi femmiste  mi hanno     fatto il  lavaggio del cervello  con la  teoria   del  patriarcato  .  Lo so che   è  un titolo  provocatorio, perchè non tuttti gli  uomini   e  tutte  le  donne    sono  impregnate  di tale  cultura    , ma  molto spesso  le  provocazioni  ,   come  in questo caso, mettono    o dovebbero in luce una verità spesso trascurata: il patriarcato non è solo un sistema imposto dagli uomini, ma può essere perpetuato da chiunque lo giustifichi, lo minimizzi o lo mascheri da rispetto.  Viviamo in una società che spesso si illude di aver superato il patriarcato, ma la verità è che esso non si manifesta solo nei gesti violenti o nelle parole offensive. Il patriarcato vive anche nei silenzi, nelle
giustificazioni, nelle complicità invisibili. Vive in chi chiude gli occhi davanti alla violenza, in chi chiama “rispetto” ciò che è solo paura. Vive persino in chi, pur non esercitando direttamente il potere, lo difende per convenienza, per abitudine, o per ignoranza.
Questo post nasce dalla necessità di smascherare le forme più subdole di patriarcato: quelle che si nascondono dietro l’indifferenza, dietro le donne che insultano altre donne, dietro chi minimizza il femminicidio o lo trasforma in cronaca sterile. Perché il patriarcato non è solo un sistema maschile: è una cultura che ci attraversa tutti, e che possiamo scegliere di interrompere.



Quindi  smontiamo io  lo  faccio    riportando    un video  so l’indifferenza, la violenza non necessariamente fisica ( vedere video emozionale sopra )  scelto  e riportato perchè racconta    se  pur  rielaborati   episodi in cui il patriarcato è stato difeso o ignorato da chi non lo subisce direttamente.Ma  soprattutto   dovrebbe  far  riflettere su come certe forme di “rispetto” siano in realtà forme di controllo  ed   invitare   a rompere il silenzio, a riconoscere le complicità involontarie e a promuovere una cultura del rispetto autentico l’idea che il patriarcato sia solo maschile, sottolineando che anche donne, istituzioni, o società nel suo complesso possono alimentarlo.denunciamo l’ipocrisia di chi finge di rispettare certe regole sociali, quando in realtà è spinto dalla paura o dalla sottomissione.Invitiamo  alla responsabilità collettiva, perché il patriarcato sopravvive anche grazie all’indifferenza e alla complicità silenziosa.Infatti   esso  è un sistema culturale che si manifesta anche attraververso   l'indiifferenza  , la violenza   psicologica  non necessariamente  fisica  tra  donne  , e la giustificazione di comportamenti oppressivi.

30.10.25

Dalla sala operatoria alla tastiera per spiegare l’autismo ai bambini Il cardiochirurgo Francesco Orrù pubblica il suo terzo libro “Il superpotere

 nuova  sardegna  30\10\2025

Dalla sala operatoria alla tastiera per spiegare l’autismo ai bambini
di Luca Fiori






Sassari
 Dal bisturi alla tastiera, dalla sala operatoria alle storie per bambini. Dopo i noir “Crooked City” e “Gabbie per cani”, il cardiochirurgo sassarese Francesco Orrù, 57 anni, torna alla scrittura con un progetto completamente diverso: una fiaba per l’infanzia intitolata “Il superpotere”, pubblicata nel volume illustrato “Tre storie per te – Volume 1”, edito da EEE – Edizioni Tripla E, la stessa casa editrice dei suoi precedenti romanzi.
L’idea nasce da un momento semplice ma profondo. «Qualche anno fa – racconta Orrù – Matteo, il figlio della mia compagna, mi ha chiesto cosa fosse l’autismo. Non sapevo come spiegarglielo a parole, così ho provato a farlo con una storia. E lui ha voluto aiutarmi a scriverla».
Da quella domanda è nato “Il superpotere”, racconto delicato che affronta il tema della diversità con la semplicità e la forza del linguaggio dei bambini. Una storia che insegna a guardare il mondo con occhi diversi, a scoprire che dietro ciò che appare “strano” si nasconde spesso un dono unico, un piccolo superpotere.
«L’autismo è un modo differente di vivere emozioni e percepire la realtà – spiega l’autore – ogni bambino ha il suo superpotere e il compito degli adulti è imparare a riconoscerlo e valorizzarlo, trasmettendo ai piccoli il valore dell’inclusione e della solidarietà».
Medico nell’Unità operativa di Cardiochirurgia dell’ospedale “Santissima Annunziata” di Sassari, Orrù è abituato a curare i cuori, ma con questo libro ne tocca uno diverso: quello dei più piccoli. “Il superpotere” è inserito nel volume Tre storie per te – Volume 1, insieme a “Il giardino dei nonni” di Piera Rossotti Pogliano e “Avventure in cortile” di Cinzia Spriano: tre racconti illustrati dedicati a bambine e bambini dai 3 ai 6 anni, pensati per essere letti insieme a genitori e nonni, per crescere con amore, rispetto ed empatia.
Francesco Orrù ama i gatti, pur essendo allergico. Oltre al suo lavoro, ha numerosi interessi: colleziona Playmobil e personaggi in Pvc o ceramica di Gatto Silvestro, ascolta soprattutto musica blues e legge opere di scrittori statunitensi. Ha pubblicato il suo primo romanzo, “Crooked City”, nel 2021 e il poliziesco “Gabbie per cani”nel 2022. Il nuovo libro di Orrù è disponibile online sul sito di Edizioni Tripla E al prezzo di 15 euro.
Un piccolo volume che parla di autismo, ma soprattutto di umanità, scritto da chi ogni giorno conosce da vicino il valore della cura e dell’ascolto. «Questo racconto è nato per Matteo – conclude Orrù – ma vorrei che aiutasse tanti altri bambini a capire che essere particolari non significa essere sbagliati. A volte, significa soltanto avere un superpotere tutto nostro».

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LV ECCO COME COMPORTARVI SE SIETE IN METROPOLITANA e aggiunta mia IN AUTOBUS

 Soprattutto per chi vive in una città grande, viaggiare in metropolitana è una necessità pressoché quotidiana perché perme!e di coprire distanze grandi e trafficate in poco tempo. Per una donna però può trasformarsi in un potenziale pericolo, ed ecco che il traffico dell’ora di punta, i vagoni affollati oppure le stazioni poco frequentate richiedono qualche attenzione in più. Ancora una volta la prevenzione è l’arma più efficace.
Ecco perché prima di tutto può risultare utile pianificare il percorso con un certo anticipo. Conoscere dove è collocata l’uscita giusta o quale linea prendere di solito porta a ridurre il tempo trascorso a consultare mappe o telefoni, momenti in cui si è inevitabilmente più esposti
a borseggi o molestie. Meglio tenere la borsa e lo zaino davanti, naturalmente chiusi, e il telefono sempre a portata di mano anche se non troppo in vista. Sulle metropolitane affollate conviene scegliere le carrozze più vicine al macchinista o ai vagoni con maggiore presenza di persone. In alcune città, anche se non in Italia, esistono addiri!ura carrozze riservate alle donne, specialmente nelle ore no!urne, che si trasformano in uno spazio di respiro e sicurezza. Durante gli spostamenti, è importante mantenere consapevolezza di tutto quello che ci accade attorno. Se qualcuno vi infastidisce, spostatevi con decisione e cercate il contatto visivo di altri passeggeri o del personale di sicurezza. Se ritenete di essere in pericolo, premete il pulsante d’allarme e segnalate quello che sta accadendo. Evitate di scendere in stazioni poco illuminate o semideserte: se possibile, aspettate la metropolitana in aree videosorvegliate. Se viaggiate di sera, avvisate qualcuno dell’orario previsto di arrivo. Infine, datevi del vostro istinto, che è un allarme prezioso, mai da sottovalutare. Se una situazione vi mette a disagio, non ignoratela: spostatevi, perché cambiare vagone o uscire prima è e rimane un vostro diritto. La sicurezza personale non è paranoia, ma un diritto da esercitare con consapevolezza e fermezza, anche nei gesti più semplici della nostra quotidianità.

Un altro  mezzo di  traporto  metropolitano in cui  ci  può  essere  pericolo   di  molestie  ed  aggressioni   puo'  essere  anche l'autobus    . ecco  alcuni  conigli 

Rimani calma/o sii diretta/o, a vooce alta invita il molestatore a toglierti le mani di dosso e Chiedi aiuto non isolarti, cerca le persone intorno a te e fai notare la situazione. Non esitare ad alzare la voce per richiamare l’attenzione
se c'è poca gente Allontanati e spostati in un luogo sicuro, in una zona più affollata del mezzo o vicino al conducente. Informa immediatamente l’autista descrivendo l'incidente in modo chiaro
non esitare a denunciare l'incidente alle autorità locali, chiama il numero 112 e Memorizza i dettagli se possibile presta attenzione all'aspetto dell'aggressore, memorizza i dettagli. Queste informazioni possono essere utili nelle fasi successive
Chiama il 1522 rivolgiti al numero gratuito attivo 24 h su 24 dove operatrici specializzate accoglieranno le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking
Racconta l'accaduto - se l'esperienza ti ha causato stress o disagio, cerca supporto psicologico. Parla con amici, familiari o professionisti per elaborare l'accaduto e gestire le emozioni

 Non è colpa tua  ricorda che la colpa è sempre dell'aggressore e non tua. Infatti  come disse Franca Viola, «l’onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce». Cerca sostegno da amici, familiari o professionisti per affrontare l'eventuali  conseguenze emotive


Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...