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23.11.25

una lotta per la vita Mariano ha urgente bisogno di aiuto, appello alle istituzioni e ai calabresi Adesso serve un intervento adeguato e rapido. Mariano ha 12 anni. Non ha bisogno di miracoli. Chiede invece di poter vivere

per  chi volesse  aiutare  Mariano  il ragazzo   di cui  ho già parlato   sul blog  e qui  sotto   riportano  gli ultimi aggiornamenti   lo può  fare  con  https://www.gofundme.com/  più precisamente  qui    su Raccolta fondi per Tamara De Fazio creata da Emiliano Morrone : AIUTATECI A SALVARE NOSTRO FIGLIO MARIANO

da Emiliano Morrone per il corriere della calabiria





Da anni raccontiamo con il Corriere della Calabria la storia di Mariano, dodicenne di Vena di Maida (Catanzaro) alto quasi un metro e mezzo e arrivato a pesare 180 chili. Il ragazzino è affetto da una malattia rara, ha la vista indebolita e pesanti difficoltà respiratorie, rischio di apnea notturna e



gravi impedimenti nel camminare, tanto che segue la Dad e il catechismo da casa, via Internet. Dorme in maniera irregolare, respira male, si può muovere poco, si affatica subito e in sostanza non riesce più a svolgere le attività di base.
La lotta di Mariano e della sua famiglia
Anche se tranquillo e continua a sperare, Mariano sente la propria vita restringersi, mentre la madre tenta di sostenerlo con coraggio e pazienza assieme al papà, a tutta la famiglia. La cui storia è un viaggio continuo, spesso doloroso. Prima a Roma, al Bambino Gesù. Poi a Firenze, al Meyer. Infine a Genova, al Gaslini. Ogni volta la speranza di una risposta, di una diagnosi, di una cura. E un copione identico: lunghe attese, visite lampo, controlli rinviati, indicazioni non definitive, terapie sulla scorta dei sintomi. E il paziente sballottato tra Sud e Nord e viceversa, senza una presa in carico per inquadramento complessivo. La madre, Tamara De Fazio, ha attraversato l’Italia con determinazione e dignità, fiduciosa, resistente, caparbia. Sempre attiva, la signora ha speso tempo, energie e soldi perché suo figlio non aveva altra strada.
La diagnosi è arrivata soltanto di recente, però, quando la condizione di Mariano era già grave. Nel frattempo, lui è cresciuto sentendo il proprio corpo diventare un ostacolo. Ma con una serenità personale spiazzante. Tuttavia, ora la scuola in presenza è diventata impossibile e la quotidianità si è ristretta a pochi metri di casa. Questa è la realtà: una famiglia che ha dato e speso tutto, un minore che campa in una condizione estrema, un sistema che ancora non ha saputo garantirgli le risposte giuste, divenute sempre più urgenti.
L’appello
Adesso serve un intervento adeguato e rapido. Esistono in Italia centri pubblici capaci di affrontare l’obesità infantile più complessa. La Pediatria B dell’Ospedale Maggiore di Verona, a direzione universitaria, è una di queste strutture. Lì Mariano può essere valutato, ricoverato, assistito con strumenti che nel Mezzogiorno non sono ancora disponibili. Perché ciò avvenga servono due elementi: un mezzo sanitario attrezzato, necessario per spostare un dodicenne di 180 chili in sicurezza; un aiuto economico, che copra i costi del trasferimento e permetta ai genitori di restargli accanto durante le cure.La famiglia non può farcela da sola. A questo punto la Calabria istituzionale deve prendere una posizione. Il presidente della Regione, il suo esecutivo, il Consiglio regionale, i parlamentari, i sindaci, le diocesi, le associazioni: tutti sono chiamati a un gesto concreto. Non c’è più spazio per le attese né tempo per i rimpalli. A questa chiamata possiamo rispondere anche noi, come comunità. Possiamo sostenere il viaggio. Possiamo aiutare i genitori. Possiamo, con una quota minima, diventare parte della soluzione.
Mariano ha 12 anni. Non ha bisogno di miracoli. Chiede invece di poter vivere.La sopravvivenza del ragazzo dipende dall’efficienza del sistema pubblico e dalla capacità della sua terra, la nostra, di restare umana. Questo è il momento in cui la Calabria può confermarlo. Oppure può voltarsi dall’altra parte, però senza poter dire che non sapeva. (redazione@corrierecal.it)



Il 25 novembre un impegno collettivo per cambiare e dire no alla vittimizzazione secondaria e provare a farsi che il25 novembre sia tutti i giorni

IL post   in questione  era  stato  scritto  di getto qualche mese fa . E come i coccodrlli giornalistici  lo avevo messo in word progres per tirarlo fuori proprio il 25 novembre .Quindi mi  scusoin anticipo se i  linl e  gli eventi ivi riportatoi  dovessero essere  superati  e    non più  raggiungibili  .  Questa  è la  mia  risposta   a  chi  la  pena  cosi  : «   violenza sule  donne  ?  la  risposta  di Nordio  non è  il  problema ma  chi l'applaude » 

 Ora bado   alle ciancie     e  vediamo   al  post

come ogni anno Il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, una ricorrenza che dovrebbe rappresentare un momento di riflessione profonda, ma soprattutto un impegno quotidiano


.Una  delle classiche  iniziative   é quell di   Marsala,  nella figura  della nuova responsabile provinciale dell’UDI (Unione Donne in Italia), Francesca Parrinello, subentrata a Valentina Colli – presidente del Centro Antiviolenza “La Casa di Venere” che  – traccia una panoramica delle sfide e delle azioni necessarie per affrontare il fenomeno. << Da 24 anni mi occupo di violenza sulle donne, e mi sento quasi come se il 25 novembre fosse diventato un esercizio retorico: scendiamo in piazza, contiamo le vittime del patriarcato [... ] e poi tutto si ripete. Non possiamo limitarci a gesti simbolici come le panchine rosse. Serve un impegno costante”, spiega Parrinello >> in   Il 25 novembre un impegno collettivo per cambiare e dire no alla vittimizzazione secondaria articolo  del portale itacanotizie.it 
Infatti Per le operatrici antiviolenza il focus non è solo il supporto alle vittime, ma altresì una visione a 360° del problema: <<Chiediamo atti concreti. Serve una rete capillare di professionisti formati, medici, magistrati, avvocati, forze dell’ordine, per evitare la vittimizzazione secondaria, quando le donne vengono giudicate o non credute” continua Parrinello. Un caso emblematico citato dalla professionista, riguarda un padre condannato per violenza domestica considerato idoneo per l’affidamento condiviso dei figli. “Il Tribunale, basandosi su una relazione del Ctu, lo ha definito una persona perbene e accudente. Come possiamo accettare questo?>> domanda sempre la stessa Francesca Parrinello. Le varie associazioni  antifemminicidi  sottolineano la necessità di istituire tribunali specializzati con magistrati formati in materia di violenza di genere. Paesi come Spagna e Inghilterra hanno già adottato simili approcci con risultati concreti: la Spagna, in particolare, ha ridotto i casi di violenza del 20% grazie a riforme strutturali introdotte oltre un decennio fa. Altri punti fondanti l’importanza dell’educazione sentimentale nelle scuole per scardinare alla radice il problema in futuro. Tuttavia, in Italia, anche solo introdurre l’educazione sessuale rappresenta una sfida, così come parlare agli studenti di cultura LGBT+ o transgender.  Una questione critica per il nostro territorio spesso meta di sbarchi, è quella delle donne migranti vittime di discriminazioni multiple: La violenza che subiscono non è solo di genere, ma anche razzista, a partire dai Centri di permanenza per i rimpatri. La nostra politica non pratica l’accoglienza, ma il respingimento >> denuncia sempre la Parrinello. 
La vera sfida è far sì che questa consapevolezza non si limiti a un solo giorno all’anno. La lotta contro la violenza sulle donne  [ sia che  si usino termini come patriarcato , maschilismo, femminicidio , violenza del genere  ] deve essere un impegno costante, capace di lasciare un segno nelle aule di tribunale, nei governi e nelle scuole. Solo così potremo costruire una società più giusta e rispettosa per tutti\tutte\tuttə .



22.11.25

IL CASO DELLA FAMIGLIA INCONTAMINATA

E  te pareva  che  tale  caso   venisse  sfruttato   propagandiscamente  


La madre  dei ragazzi ,Catherine, afferma che la società offra modelli tossici, ipercompetitivi, stressanti, poco attenti al benessere individuale e che vuole che i figli si formino in modo sano ed equilibrato prima di entrarci da adulti. Altrimenti detto: l’idea è quella di prepararli ad entrare in un mondo disfunzionale da sani di mente.Ma il sistema, il medesimo sistema che considera le baby influencer la norma, decide che debbano essere puniti per aver dimostrato che ci si può sottrarre ai fallimentari modelli imposti dalla società dello schiavismo capitalista.



Il  discorso   mon riguarda  solo la "famiglia nel bosco" perché la stessa ha tenuto a specificare come l'abitazione in cui vivono sia immersa nella natura ma sia altresì circondata da altre case e il contesto non sia quello di un bosco.
 In video, un contributo di Sara Penelope Robin. certo da un lato ha ragione



ma un compremesso alla , vedere il film , Captain Fantastic un film del 2016 scritto e diretto da Matt Ross
Protagonista del film è Viggo Mortensen, che interpreta il ruolo di un padre fuori dagli schemi che ha vissuto in isolamento con la sua famiglia per oltre un decennio, lontano dalla moderna e consumistica società.Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2016, per poi essere proiettato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2016, dove ha vinto il premio per la miglior regia. Nel corso del 2016 ha ottenuto diversi riconoscimenti.  .... per  la    per la  trama  continua  su   Captain Fantastic - Wikipedia

Per  quanto riguarda  la  vicenda   in sè    fa però sorgere dei  dubbi  che  sono  gli stessi    che  leggo   su  thereads   

Se invece di biondi e anglofoni fossero stati neri e africani, avrebbero ricevuto la stessa solidarietà dagli italiani?

rainbowgio

Riguardo ai bambini nel bosco, mandati CON LA MADRE (quindi NON strappati alla famiglia) in una struttura protetta. Vorrei dire una cosuccia ai fanatici della vita bucolica e a quelli che "magistrati cattivihih"! Questi bambini sono finiti in ospedale per un' intossicazione da funghi, il che lascia presupporre una scarsa responsabilità in coloro che li hanno nutriti, cioè i genitori. Inoltre non vedevano mai altri bambini e non avevano socialità. Vi sembra normale nel 2025? 👇🏼

voi cosa ne pensate ? lasciate se vi và un parere nei commenti   

violenza sule donne ? la risposta di Nordio non è il problema ma chi l'applaude

  Nordio   non si  è preoccupato   di ricercare le  cause   remote  e  profonde   dei femminicidi   ma     si limitato  a    dire  


. Ora  ha ragione ,  mi ha   anticipato  ,    Roberto D'Adorante


Quando chi dovrebbe difendere le vittime si rifugia nel lessico da bar, non è solo indegno: è pericoloso.
Perché se la cultura istituzionale scivola nel dileggio, nel maschilismo da caserma, allora non crolla solo il rispetto: crolla lo Stato.Il problema non è un ministro che parla come nel 1925.Il problema è un Paese che lo applaude.E che poi si stupisce se le donne continuano a morire.La giustizia non è un ruolo: è una responsabilità.E oggi, quella responsabilità, è stata calpestata.Ancora una volta

21.11.25

come i giovani vedono i femminicidi e l'amore dalla nuova@scuola della nuova sardegna

 questi  interventi   confermano   quanto  ho  detto nel post  ‹‹ il patriarcarto non vive solo negli uomini ma  vive in chi :  lo giustifica in  chi  chiude  gli occhi  in  chi chiama rispetto quello che  è paura ››



 


“Mrs Playmen”: l’incredibile storia vera della donna che ha trasformato il porno in rivoluzione facendo concorrenza a playboy. Occhio allo SPOILER

In Italia c’è stata una grande rivoluzionaria, di cui però si sa poco. Il suo nome era Adelina Tattilo, e Netflix ha raccontato la sua storia nella serie Mrs Playmen. Abbiamo esplorato tutta la sua vita, la sua carriera e il suo carattere leggendario insieme a ‪@BeyondOrdinaryBorders‬, che ha indagato sui
retroscena di una vita davvero iconica.
Questa   introduzione   del  documentario   di  youtbe  (  vedere  url sotto  fra  gli url consultati   )   : « Adelina Tattilo  Mrs Playmen hanno inventato l'eros  dell'italia  »  stato   un  di quel   fattori    che  mi   ha  fatto   giudicare un buon  prodotto     fin  dalla   prima   puntata  . Infatti  ho finito di vedere la serie netflix Mrs playmen la seconda serie TV più vista in Italia. In sette episodi, la miniserie racconta la storia della direttrice della prima rivista erotica italiana, tra scandali, battaglie civili e rivoluzione culturale . La visione ha confermato appieno   quanto avevo detto nel mio post : << quando il porno era trasgressione . Mrs. Playmen, su Netflix la serie con Carolina Crescentini e Filippo Nigro >> )
 Una buona colonna sonora , sia nei pezzi di Santi Pulivalenti sia nella scelta originale e non banale come di solito avviene nei film e le altre opere ambientate nel passato per i pezzi del periodo preso in questione
 .  

 Dai siti consultati ( vedere gli url a fine post ) si ricava che la Tattilo è stata una donna coraggiosa e contro tutti e contro tutto in un italia di profonda trasformazione che era quella degli anni 1960\1980 . Vista la commistione di generi , in cui la storia della rivista e di Adelina Tattilo esso è un altro documentario , dopo Porno e libertà un film documentario del 2016 diretto da Carmine Amoroso. sulla storia dell'ìerotismo e del porno nella cultura italiana : dall’emancipazione femminile del post-’68 ai grandi movimenti artistici underground del 1977, dove improvvisamente eterosessualità e omosessualità trovarono una zona grigia in cui interfacciarsi attraverso la pornografia cinematografica, il fumetto, il teatro e la letteratura.Vari sono i riferimenti agli autori italiani di quei tempi, rallegra contraddizioni della critica, della politica e le loro reazioni al fenomeno.Infatti  la trama segue il momento di rottura: quando il marito, Saro Balsamo, l’abbandona, lasciandola sola con i creditori e la responsabilità di un marchio che sembra ormai destinato al fallimento, la donna prende le redini di una rivista erotica e, contro ogni previsione, la trasforma in simbolo di emancipazione femminile. Ispirata alla vita reale di Adelina Tattilo, la serie esplora il rapporto fra corpo, desiderio e libertà in un’Italia in fermento: battaglie per il divorzio, diritto all’aborto, scontro con un patriarcato radicato. Il risultato è un ritratto audace di una protagonista che rompe silenzi e convenzioni.

Carolina Crescentini (Foto: IMDb)

Al centro di tutto c’è l’ottima e sagaceinterpretazione di Carolina Crescentini (Tutto chiede salvezza, Mare Fuori ), che costruisce un’Adelina Tattilo intensa e contraddittoria: cattolica devota e insieme audace anticonformista, madre e imprenditrice, bersaglio dei benpensanti ma anche guida carismatica di una squadra di creativi, fotografi, intellettuali. Accanto a lei, Filippo Nigro (Chartroux) e Giuseppe Maggio (Luigi Poggi) diventano figure chiave nel suo percorso personale e professionale, mentre Francesca Colucci (Elsa), Francesco Colella (Saro Balsamo) e Domenico Diele (Andrea De Cesari) contribuiscono a ricreare l’atmosfera vibrante, scandalosa e affascinante dell’epoca.Infatti : «[...] La regia sceglie un linguaggio visivo denso e sensoriale: interni saturi, uffici fumosi, redazioni caotiche, corpi fotografati come dichiarazioni politiche più che come semplici oggetti di desiderio. La Roma esterna, tra cronaca nera, cortei, censure e notti al neon, diventa un personaggio a sé. In questo senso, Mrs. Playmen si inserisce con naturalezza nel solco di un dramma storico che non si limita a ricostruire i fatti, ma li interroga, chiedendosi quanto di quelle tensioni sopravviva ancora oggi. [...]» (da Mrs. Playmen: la serie Netflix è una storia vera   di https://netflixmania.it/ ed  un afferesco sociale    che contiene  inevitabilmente, un racconto sull’Italia. Un Paese attraversato da contraddizioni feroci: cattolico e desideroso, moralista e curioso, pubblicamente scandalizzato e privatamente affascinato. In questo scenario, la produzione italiana Netflix come Mrs. Playmen ha il merito di restituire complessità a una figura spesso ridotta a icona di costume  in  vari  film  o serie  tv  ,  ricordandoci che dietro il mito  della  libertaria   Tattilo   c’era una donna in carne e ossa, con paure, intuizioni, errori e una visione prodigiosamente lucida del suo tempo , un a di quelle persone che sano guardare avanti ed essere ancora attuali .
Una serie che si lascia guardare come un romanzo a puntate, tra redazioni fumose, tribunali, scandali in prima pagina e notti romane che sanno di rivoluzione. «E se »   sempre  da  netflixmania  « arrivati ai titoli di coda, sentirete il bisogno di restare ancora in quell’atmosfera di realtà che supera la fantasia, esplorate anche le serie tratte da storie vere su Netflix, dove la cronaca diventa cinema e il passato continua a parlarci al presente » . Concludo    con  quanto dice  ( a rticolo   integrale  fra   gli  url sotto  )  https://www.amica.it/: 
 Raccontare una storia in cui chiedersi «cosa vogliono le donne?» rappresenta un atto rivoluzionario significa aprire la porta a temi che ancora oggi dividono: rappresentazione del corpo femminile, consenso, violenza di genere, disparità. La figura di Tattilo diventa il punto di rottura, l’inizio di una presa di coscienza che mette in discussione l’idea antica secondo cui il corpo delle donne è proprietà degli uomini. Non sembrano gli Anni 70. Sembra oggi.

SITI   CONSULTATI 

20.11.25

MICHAEL GIFFONI, EX AMBASCIATORE ITALIANO A SARAJEVO, CONFERMA LA PRESENZA DI ITALIANI TRA I "CACCIATORI DI UOMINI" PARTITI, TRA IL 1993 E 1994, PER PARTECIPARE ALL'ASSEDIO DELLA CAPITALE DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA...PER DIVERTIMENTO - MICHAEL GIFFONI RIVELA: "ARRIVAVANO VAGONATE DI RICCHI.

   a  chi  mi  dice     che    diffondo  bufale  come  quella  degli italiani  frustrati       che    facevano i  cecchini  in  Bosnia      rivolgo    una  domanda  : <<  anche     lui  diffonde  bufale  >> ?

  da  dagospia 
Estratto dell’articolo di Ilaria Carra per “la Repubblica”

 

MICHAEL GIFFONI 1

"Non ho problemi a dire tutto quello che so. È una storia che allora mi turbò molto. Ma ci dobbiamo calare in quel contesto di guerra". Nella Sarajevo assediata, Michael Giffoni era il vicecapo della delegazione diplomatica speciale (due anni dopo diventò ambasciata). Un giovane diplomatico che fu poi il primo ambasciatore italiano in Kosovo dal 2008 al 2013 (nel 2014 finì in un’inchiesta giudiziaria dalla quale uscì assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste”). [...] 

Ci racconta la Sarajevo del 1994?

“Eravamo costantemente sotto il tiro dei cecchini. Anche noi, pur avendo uno status. La mia Fiat panda giardiniera era piena di buchi. Il contatto con quello che succedeva sulle alture, anche a Grbavica, era praticamente nullo. Era un tutti contro tutti. In situazioni del genere si scatena una ridda di voci incontrollate”.

 

ASSEDIO DI SARAJEVO

Di quali voci parla?

“Ricordo, anche con una certa emozione, quando sono arrivato a Sarajevo, fine 1994. Mi hanno subito riferito: “Sai, lì ci sono i Safari”. Arrivavano vagonate di ricchi da tutte le parti. Cacciatori, ma anche imprenditori. Militari o paramilitari, che in quel conflitto erano forti, li portavano sulle colline e questi pagavano. Poi tutto divenne più chiaro”.

 Quando?

“Arrivò ai funzionari del Sismi l’informativa dell’intelligence bosniaca di italiani tra i cecchini (ne dà conto l’esposto di Ezio Gavazzeni da cui è scaturita l’inchiesta della procura di Milano, ndr). Edin Subasi?, l’ex 007 che lo racconta, non si inventa nulla". 

Cosa riferì Subasi? al Sismi?

assedio di SARAJEVO

“Che i bosniaci avevano catturato un paramilitare serbo, aveva “cantato” che sulle alture arrivano a sparare anche stranieri. Russi, ma anche italiani. Venivano fatti arrivare da Trieste, in volo e con altri mezzi. Riuscivano ad arrivare in Serbia e da lì portati sulle alture. Così fu detto alla cellula del Sismi”. 

Aveste conferme?

"L’informazione sui cecchini italiani ci venne confermata poi anche dal capo di Subasi, Mustafa Hajrulahovi, detto “Talijan”, l’italiano, eravamo in buoni rapporti”.

 

Cosa successe dopo?

MICHAEL GIFFONI 6

“L’informazione venne riferita ai vertici dei servizi segreti romani. Da Roma, dopo qualche mese, hanno fatto sapere ai due funzionari che la pista era stata esplorata, che avevano identificato chi organizzava e che la cosa era stata “chiusa”. Rassicurarono che, almeno dall’Italia, il flusso era stato fermato. E ordinarono di veicolare l’informazione ai bosniaci”. 

Quando?

“L’abbiamo saputo nel 1994. Ma è sicuro che le “malefatte” fossero state fatte anche nel 1993”. [...] 

Dopo cosa successe?

“Dopo questa comunicazione, non è mai stato chiesto né aggiunto nulla, altrimenti l’avrei saputo. Tutto quello che allora venne fatto, sul posto, era quello che potevamo fare da lì, in un contesto di totale disintegrazione”. [...]

UN ALTRO GRANDE FIASCO DELLE FEMMINISTE – MA QUALE PATRIARCATO: IL GRUPPO FACEBOOK “MIA MOGLIE” ERA GESTITO DA…UNA DONNA

 Ecco un caso  do donna  stronza come un uomo * ha ragione lo stesso Dagospia, anche  se con un linguaggio da maschio alfa al limite della misogenia

 da dagospia 
Estratto dell’articolo di Giuseppe Scarpa per “la Repubblica”

https://roma.repubblica.it/cronaca/2025/11/20/news/donna_amministratrice_gruppo_mia_moglie-424992145/

 

gruppo mia moglie

È una donna la persona che, secondo la procura di Roma, avrebbe gestito il profilo "Mia Moglie". È lei al centro di un'indagine per diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, insieme a un cogestore, un uomo, che avrebbe collaborato alla pubblicazione e alla moderazione dei contenuti. 

La novità emerge dalle ultime acquisizioni della polizia postale: i due amministratori avrebbero utilizzato cellulari intestati a terze persone, acquistati con sim card anonime, nel tentativo di rendere più difficile l'identificazione.

 

il gruppo facebook mia moglie 1

L'indagine prende avvio il 19 agosto, quando viene scoperta l'esistenza di un gruppo Facebook nel quale migliaia di iscritti si scambiavano foto delle proprie compagne […] 

[…]  Il gruppo, che contava 32 mila membri, raccoglieva utenti di ogni tipo, ex politici, militari, lavoratori, disoccupati. […]











* Voglio Una Donna - Roberto Vecchioni in Vecchioni Studio Collection (1998)

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata LVIII : DA SOLE IN GARAGE? MEGLIO NON USARE L’ASCENSORE

 a  prima vista  la  puntata       odierna  di  Antonio  bianco   per il settimanale  giallo u.ò  sembrare    ovvia  e    scontata ma      come  dicono  :     Roma, il tentato stupro in ascensore e il volto sommerso della violenza urbana  di https://www.ilquotidianodellazio.it/       e    questo  estratto     di   Violenza di genere in Italia: i dati (inquietanti) del fenomeno   di   https://www.alfemminile.com/attualita/   : « [...] Abbiamo parlato tanto di spazio pubblico e trasporti, dalla prospettiva della paura come nuova routine femminile. Ecco, il report fotografa con precisione ciò che tante ragazze raccontano ogni giorno: oltre la metà delle italiane - il 52 per cento - dichiara di aver provato paura negli spazi pubblici, tra le più giovani la quota sale al 79 per cento. Sui mezzi pubblici, la situazione è altrettanto evidente: il 38 per cento del campione totale ha avuto paura almeno una volta di viaggiare sui mezzi pubblici, con un fortissimo divario di genere (32 per cento delle donne contro 19 per cento degli uomini). Tra le giovani della Gen Z, quasi due su tre (65,5 per cento) dichiarano timore o evitano di prendere i mezzi. ActionAid commenta questo dato parlando apertamente di sicurezza condizionata, cioè un modello culturale in cui la libertà delle donne viene costantemente regolata. [...] »  . Ecco  la   puntata  di Antonio  Bianco    e le  precauzioni    da  prendere       in ascensore .

Ma  prima segnalo    che  N.  b      i  corsivi   tra  parentesi  sono  miei   .

Prendere l’ascensore non è certo un’esperienza estrema, ma questo non significa che non si debba prestare massima attenzione, soprattutto se si è una donna, ancora di più se sola. La prudenza deve essere una costante alleata silenziosa, perché gli spazi chiusi e senza vie di fuga necessitano attenzione, e perché la sicurezza personale inizia molto prima che le porte si chiudano. Innanzitutto, osservate chi si trova all’interno dell’ascensore. Se notate che la cabina ospita un individuo che vi genera disagio, attendete[ sempe che non abbiate fretta ] in maniera del tutto legittima che arrivi il turno successivo, magari fingendo di avere dimenticato qualcosa. Ancora una volta, vi ricordiamo che è meglio sembrare diffidenti che rischiare di trovarsi in una situazione poco piacevole. Se invece l’ascensore su cui state per salire è vuoto, controllare [  prima     che salga  qualcuno  con voi o  dopo  di voi  soprattutto  se  sono  più piani  da  fare   ] con un rapido colpo d’occhio che non ci siano punti ciechi o elementi insoliti, come specchi ro"i, pulsanti manomessi oppure luci spente. Una volta  entrati in ascensore,[ soprattutto se ci sono dei tipi sospetti o se sono saliti dopo di voi ] cercate una posizione vicino ai comandi, perché   si tratta della zona di maggiore controllo, dal momento che permette di intervenire subito in caso di emergenza.


 Evitate di mettervi in fondo, dove si può rimanere facilmente bloccati. Se qualcuno entra dopo,[oltre a quanto già detto ] mantenete la calma [   facendo respiri  profondi   ]ma rimanete comunque vigili: uno sguardo diretto, non ostile ma deciso, è in grado di comunicare sicurezza e di dissuadere comportamenti ambigui. Nel caso in cui il disagio cresca, potete fingere di dover  fare una telefonata[ al tuo ragazzo o amico\a  e dirgli che sei in ascensore e stai per arrivare all'appuntamento ] . Lo smartphone [ e i cellulari sono ] è un deterrente:mostrare di poter comunicare con l’esterno riduce la vulnerabilità percepita. Quando le porte si aprono, uscite con passo sicuro, senza tentennamenti e senza voltarvi indietro.Per quanto riguarda i parcheggi sotterranei o i palazzi poco frequentati, soprattutto di notte, è consigliabile [ se ci sono ]   usare le scale. Se l’ascensore [ consiglio che vale anche in casi diversi dalle violenze ] dà segnali di guasto, non rimanete mai all’interno [ da sole ] e chiamate subito l’assistenza. La sicurezza non è paranoia, ma pura consapevolezza: ogni  gesto attento può diventare un atto di autodifesa [ e prevenzione ] .

campagne contro il femminicidio a senso unico

Oltre  alla  campagna   culturale    \ sociale   annuale  sul  femminicidio    qui la  campagna  di quest'anno 


  ancora non ho visto un cartello o altre campagne di prevenzione con un numero che siano gli uomini a poter chiamare se hanno pensieri di un certo tipo, non è la donna che si deve difendere, siamo noi uomini che non dobbiamo stalkizzare  e  uccidere, ci vuole tanto a capirlo ?

quando la violenza di genere e anche razzismo la storia di Reine Atadieu Djomkam



da  Lorenzo  Tosa


 Quella di Reine Atadieu Djomkam è una storia di ordinario razzismo. Di dolore, di sofferenza, ma anche di straordinaria resistenza.
È una storia che comincia 15 anni fa, il giorno in cui Reine arriva dal Camerun con un sogno: un futuro dignitoso per sé e le sue figlie.Quella che ha trovato, invece, è
molto diverso.
Reine vive a Pavia, in un alloggio popolare ottenuto dopo anni di lavoro e fatica. È lì che inizia il suo incubo. Ha le fattezze di un vicino di casa, un italiano, italianissimo. Per cinque anni l’uomo le rende la sua vita e quella della famiglia un inferno. La chiama “africana di me***”, le urla di “tornarsene al suo Paese”, la segue sulle scale, alza le mani contro di lei e perfino contro sua figlia mentre va a scuola.Una volta Reine si è sentita dire queste parole qui: “Ti scan** come un mai***, questo è il mio Paese”.Anni di insulti, botte, violenza fisica e verbale, minacce di morte. In un video, scioccante, si sente addirittura la figlia che implora l’uomo di non fare del male alla propria madre. Reine denuncia. Chiama le forze dell’ordine. Mostra video, audio, referti. Tutto. In cambio riceve sempre la stessa risposta: “Abbia pazienza. Esca il meno possibile”.Questo le dicono. Come se fosse lei, la vittima, a doversi nascondere, prigioniera di un razzista, dello Stato e pure di una casa che non può abbandonare neanche volendo.Ci vogliono anni perché Aler offra a Reine un alloggio alternativo. Una forma di salvezza ma anche una fuga, una sconfitta: in un Paese civile non dovrebbe essere lei quella costretta ad andarsene.Ha raccontato la sua storia “Cronache di ordinario razzismo” e se ne sono prese cura le donne di “Non una di meno”. Ma, tranquilli, non leggerete a destra nessun post indignato su Reine e su sua figlia, nessuno le tenderà la mano, perché non porta voti né consenso, solo rogne, fiumi di bile, odio che si somma ad altro odio. “Nessuno pensa agli italiani”, questo diranno.E invece io non riesco a togliermi di dosso questi occhi, queste immagini, queste lacrime, perché raccontano moltissimo di un Paese in cui può capitare di essere insultati e picchiati per anni per il colore della pelle che porti.Arrivi a questa donna un abbraccio enorme, umano, solidale. Per quel che poco che serve.Che abbia finalmente giustizia per quello che ha subito. E sappia che esiste anche un’altra Italia, è solo rimasta per troppo tempo in silenzio. E forse è l’ora che ritrovi la voce.

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spesso. tipi consideratri strani ci danno lezioni di altruismo vero il caso di Giandomenico Oliverio e ladislav di Emiliano Morrone

 Ora Ladislav ha una casa, una famiglia e un'identità. Dovevo raccontare questa storia di umanità privata e di attendismo pubblico. Nella quale, ancora una volta, lo "strano" Giandomenico Oliverio, quel ragazzo dei cani sequestrati, dà lezione di altruismo molto raro. Leggete e condividete, è servizio pubblico del Corriere della Calabria.



eco l'articolo corriere della calabria 20\11\2025


la storia a lieto fine

Il ragazzo che salva i cani… e le persone: Ladislav rinasce grazie a Oliverio

Partito da San Giovanni in Fiore verso Roma, il 65enne ottiene un documento dopo mesi vissuti ai margini. A sostenerlo il ragazzo che dormiva in roulotte con 30 animali


SAN GIOVANNI IN FIORE Notte. L’autobus parte da piazza Antonio Acri, diretto a Roma da San Giovanni in Fiore. Dal finestrino un passeggero ignoto guarda la strada macinata con animo sollevato. Si tratta di Ladislav Tomlein, 65 anni, slovacco di Levoča. Sul sedile accanto siede Giandomenico Oliverio, il giovane sangiovannese che molti conoscono per il suo amore verso gli animali, i cani in particolare. Non è una gita, perché l’anziano ha bisogno come il pane di un documento di identità. Per mesi ha infatti vissuto come nell’ombra, riconosciuto soltanto dai calabresi che l’hanno accolto e confortato ogni volta.
Ladislav approda in Calabria in silenzio, con un cane bianco e una piccola tenda. Giunge a San Giovanni in Fiore senza documenti e riferimenti, dorme all’aperto e affronta il freddo con il proprio amico a quattro zampe. Alcuni cittadini gli danno una mano, tra questi Giovanni Spataro, che continua a sostenerlo con la presenza e qualche aiuto economico. Ma la svolta arriva quando il signor Tomlein incontra Oliverio, che vive in una roulotte a San Leonardo di Caccuri (Crotone), mentre provvede ai propri 13 cani e ai 17 di suoi parenti; tutti i quadrupedi sequestrati l’anno scorso su provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Oliverio non chiede alcunché: ospita Ladislav nella propria roulotte, gli dà un tetto e dei pasti per vivere. Dopo il sequestro degli animali e del terreno, Oliverio lo porta con sé a San Giovanni in Fiore, a casa sua. In sette mesi e passa, Ladislav entra nella sfera familiare del giovane. Non è un ospite né costituisce un peso. Sta lì come presenza stabile; «come uno zio», racconta Giandomenico.
Intanto le istituzioni appaiono sfuggenti. Nessuna struttura pubblica prova a farsi carico di Ladislav, che continua a vivere senza un documento e in teoria senza sanità e gli altri diritti di base. Dell’uomo si occupa anzitutto Oliverio, che intanto deve affrontare un procedimento per presunto canile abusivo e mancata ottemperanza a provvedimenti amministrativi. Le accuse sono ancora in corso ma non cancellano il dato: c’è un pezzo di mondo che rimane fermo mentre il ragazzo, che in giro sembra strano, accoglie senza utili un uomo in difficoltà.
Poi matura la decisione di andare a Roma. Nella notte scorsa salgono sul bus per la Capitale. Stamani, al Consolato della Repubblica Slovacca, Ladislav riceve un documento provvisorio che gli consente finalmente di curarsi, muoversi in libertà e lavorare se ne avrà l’occasione. Nei prossimi mesi il suo Paese gli darà il documento definitivo.

Oliverio e Ladislav


Per Ladislav è la fine di un limbo lungo quanto ingiusto. Per Oliverio è l’ennesimo gesto che parla da sé: dopo aver salvato decine di cani da abbandono e fame, assiste un essere umano lasciato al destino imprevedibile e a un immobilismo pubblico all’italiana. La domanda nasce spontanea: chi ha fatto il minimo indispensabile, le istituzioni o un ragazzo che viveva in roulotte?
Oggi Ladislav scende dal bus con un foglio che gli apre, volendo parafrasare Franco Battiato, «un’altra vita». L’aspetta il suo cane bianco, affidabile, paziente, affettuoso. E in mezzo c’è sempre Oliverio, che continua a muoversi secondo la voce della coscienza. Quella che nessun giudizio “direttissimo” potrà mai irretire.

19.11.25

e se francesco merlo sulle kessler avesse ragione ?

 da  dagospia  

 

Dalla rubrica delle lettere di “Repubblica” 

 

alice ellen kessler

Caro Merlo, sono più anziana di lei, ero già ragazza negli anni del dadaumpa, e trovo malinconico che le gambe delle Kessler vengano raccontate come simbolo di non so quale libertà o modernità femminile. Per noi non sono mai state un modello di niente, né di bellezza né di trasgressione. Lei potrà anche smentirmi, ma sono convinta che anche i nostri ragazzi di allora inseguissero ben altri fantasmi erotici.  

                     Pia Saladino — Pesaro  

 

Risposta di Francesco Merlo 

Erano migliori dei loro balletti e ho una grande simpatia per tutto quello che hanno fatto fuori dalla televisione, per i loro visi con le rughe, per il bene che si volevano, per l'uscita di scena che illumina anche la loro entrata in scena, ma le confermo che nelle mie nostalgie non ci sono le Kessler.

 Lei ha ragione e la ringrazio: in quegli anni di ribellione le Kessler non seducevano noi ragazzi e non erano un modello per voi ragazze. Vivevamo "les années Bardot" e le donne che ci facevano sognare non erano quelle che eccitavano il professor Cutolo.

 

gemelle kessler 1

La tv di Renzo Arbore non c'era ancora e non ci piaceva nulla, meno che mai il varietà prude, di quella Rai democristiana, bigotta, e oppressiva che censurava e licenziava i comici, e non è vero che era migliore, più libera e intelligente degli orrori che vennero dopo, ne fu anzi l'origine. 

 Il 13 dicembre del 1969, l'indomani della bomba di piazza Fontana, Bruno Vespa, annunciando nel Tg l'arresto dell'anarchico Pietro Valpreda, disse: "hanno preso il colpevole". Era sabato e alla 21 partì la sigla delle Kessler a Canzonissima: "Invece i belli come noi che sono tanti / a cantare tutto il giorno vanno avanti". Ecco, forse dovremmo smetterla con la super-retorica funeraria che rende tutti santi i morti della televisione. Ci si può addolorare anche rispettando la verità dell'Italia. 

l'odio corre in rete da giulia cecchetin a silvia obino

 la prima  storia  la conosciamo tutti\e  . Visto   che   ci  stannno facendo  un  film .  E  come  al solito  scoppi.ano  le  polemiche   e  la  gogna  e   l'odio . 



Il problema  è  che   si      estende    anche     persone     in  queto  caso  una  ragazza  , che    non sono   vittime  di feminicidio  ma      di incidenti  stradali .  Oralo  so     che      tale   vicenda  forse non centrerà niente , almeno direttamente , con i  femminicidi   o violenza  di genere  .     

 Ma come è stato detto in «La violenza virtuale è reale, se io non voglio tu non puoi... fatti del genere sono uno dei punti dell'odio misogeno che sono l'anticamera \ origine dei femminicidi

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dopo il caso di Valentina Demurtas in gara per ricordareil padre Silverio ( vedere post precedente ) adesso un altra donna correre una gara di rally . lo sport del rally sta diventando sempre più femminile.  a  la  nuova  dìoggi 




Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

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