lo stesso discorso fatto nei post precedenti ( vedi sitografia sopra ) vale anche per questo tipo di donne Quindi Care donne finitila di voler essere come noi uomini e coltivate voi stesse . ma se propria essere uguali a noi cercate di non imitarne gli aspetti peggiori come state facendo negli Usa
repubblica 13\3\2020
A caccia di cervi e fagiani assieme alle amiche. Ecco le Rambo d'AmericaDall'Alaska al Texas sempre più donne imbracciano il fucile. Solo a New York in 53mila, di tutte le età
DI MASSIMO BASILE
NEW YORK
Le donne possono essere imperscrutabili, e quelle che vanno a caccia con fucili semiautomatici? Bosco vicino Yaphank, Long Island, a sudest di Manhattan. Alba di una domenica di febbraio. Jacqueline e Alisson, tuta mimetica e stivaloni neri di gomma, attraversano giardini disseminati di trenini di plastica colorati e Mickey Mouse giganti, per poi addentrarsi nel bosco, lungo un sentiero di arbusti, paludi e alberi di pino. Dopo un’ora di cammino, si appostano dietro un albero e aspettano. Quando compare un cervo, le due donne trattengono il respiro. Una ha il fucile puntato sulla preda. L’altra, l’arco teso. La freccia ha la punta rosa. Tenere gli occhi aperti, le orecchie dritte, sentirsi il battito del cuore, in attesa di quel clic senza pensare al passato.
Non bisogna cercare il lato più oscuro nel nuovo fenomeno che attraversa l’America: negli ultimi quindici anni sempre più donne vanno a caccia, in gruppi di due, tre, cinque. Nel 2001, secondo la National Shooting Sports Foundation, erano 1,8 milioni, nel 2013 sono quasi raddoppiate, 3,3 milioni, e continuano a crescere. Nello Stato di New York nel solo 2018 hanno preso la licenza in 53mila, di tutte le età, donne mature, mamme, studentesse e ragazzine di 14 anni. Definirle “Donne Rambo” è un passaggio ovvio, ma c’è qualcosa di più: mentre negli ultimi dieci anni c’è stato un crollo degli uomini, le donne sono aumentate del 30 per cento.
A Est di Long Island vederle arrivare in mimetica è diventata una scena abbastanza usuale. Le jeep hanno adesivi con scritto “Sono molto più di una che lava e stira” e “Le vere donne introvabili sono quelle in mimetica”. La «cervite», dicono, ti prende quando perdi il lavoro, non dormi, il conto in banca è in rosso e hai una storia finita alle spalle. Puoi avere novantanove problemi, ma quando stai dietro un albero con il fucile puntato, tutto svanisce. «Il mondo — spiega Katty Bruscese, avvocata di New York — ha bisogno più di donne con in mano le corna di un cervo, che davanti allo specchio a farsi un selfie».
Sport o hobby feroce, dipende dai punti di vista. Se gli animali, diceva Groucho Marx, avessero il fucile sarebbe più divertente, ma qui non è un pensiero molto popolare. Le donne cacciano per stare in compagnia, mettere i problemi alle spalle e portarsi a casa da mangiare. «Cibo a inquinamento zero», dicono. Tra Medford e Mastic Beach si intravedono cervi scuoiati appesi in giardino o macellati in garage. Ma è l’idea di caccia a piacere. Fossero vegetariane, probabilmente sparerebbero ai funghi. Nello Stato del Wyoming sono passate in otto anni da 11mila a quasi 15mila e il trend è nazionale. Cacciano tutto, cacciano ovunque. Alligatori in Florida, maiali selvatici in Texas, uccelli acquatici in California, orsi in Alaska, alci in Montana, il tacchino selvatico del Nebraska, il muflone del Nevada, il fagiano del South Dakota.
Tra cacciatrice e preda è una simmetria tragica sempre più popolare. Soprattutto nei weekend. Come nel parco di Shelter Island, est di Brooklyn, raggiungibile in traghetto o, nel caso dei daini, a nuoto. Gli animali si muovono in gruppo, spuntano da una macchia. Un fruscio e scappano tutti, tranne uno. Ha il collo teso, guarda in direzione di Jacqueline e Alisson. Le due donne sospirano tra le foglie. Il vapore bianco del loro respiro. Stringono un occhio per prendere la mira. Il passato non esiste. Devono sentirsi bellissime. Poi fanno clic.
Dopo la riflessione del titolo , scaturita da certe risposte basta vedere i commenti ( che trovate qui ) a questo mio post su fb Giuseppe Scano 12 marzo alle ore 21:42 ·
e #isovranisti rosicano in silenzio
DAILYMUSLIM.IT
Ovviamente la foto è un foto di repertorio visto che le moschee sono chiuse e le preghiere collettive fra cui quella " plenaria del venerdì sono sospese causa coronavirus E' scaturita questa mia riflessione .
Giuseppe Scano21 min · certe persone ( vedere https://bit.ly/2U5fpkH ) come l'account fb con cui ero in contatto Maddy Gabry cosi razziste ed xenofobe ed islam-fobiche che anziché risponderti con dati o fatti che smentiscano la tua fonte e le tue cose ti risponde e risponde a gli altri che gli fanno notare il suo razzismo e imbecillità insultando o con i classici stereotipi da salvini & è meglio perderle che trovarle .
Perchè come ho risposto nella discussione sopracitatea « Le malattie ed le epidemie \ pandemie colpiscono tutti\e ed non stanno a vedere le diverse identità culturali ed etniche . E poi per rosicare intendo commenti alla Maddy Grabry ( vedi sopra ) .» Infatti : 1) la comunità islamica italiana
REPUBBLICA DEL DEL 15\3\2020
oltre ad invitare alla preghiera per noi ha chiuso rispettando la legge dello stato italiano i propri luoghi di culto 2 ) e quella internazionale in ordine sparso ha espresso solidarietà per noi italiani .
Tali persone : « che invece di portarmi fatti o agli articoli che smentiscano tali quello che ho riportato mi risponde ed insulti chi gli risponde con i classici luoghi comuni degli islamfobici e da leghisti &company . Non sapendo o facendo finita di ignorarne ciò che ormai realtà ed vicino a tutti\e ( compresi anche loro ) che ormai l'islam è una realtà \ dato di fatto anche da noi nel bene e male ed dobbiamo impararci a conviverci ed a coesistere come abbiamo fatto fra alti e bassi per secoli che l'ebraismo ed i suoi appartenenti presenti in italia fin dall'impero ( e secondo alcuni anche prima ) di Augusto » ed religioni \ cuti diversi come avvenne fra alti e bassi nel pre cristianesimo
Quindi e qui rispondo a chi mi chiede come faccio a tenermi simili persone se non vi elimino è perchè considero brutto eticamente e poco democratico cacciare le persone anche se certe lo meriterebbero ed preferisco che siano loor ad eliminarmi ed andarsene
passando a fare la spesa , uno di pochi momenti liberi della quarantena , ho visto la libreria chiusa . ed è iniziato la mia elucubrazione sega mentale \ complottista ( perchè bene o male complottisti chi più che meno lo siamo un po' tutti che esprimiamo un dubbio o mettiamo in discussione le teorie ufficiali ma moti superano il labile confine fra prove diverse \ altyernative da quelle ufficiali sconfinando nelle panzane \ fake news ) che si voglia favorire : 1) l'incultura ., 2) la cultura di massa ed omologante a scapito di quella libera e pura . Questo articolo di Simonetta Fiori su repubblica d'oggi mi ha dato la conferma
Virus, la rivolta delle librerie
Il decreto di chiusura scatena la rabbia del settore: “Leggere è essenziale per chi resta in casa. Perché le tabaccherie restano aperte e noi no?”
di SIMONETTA FIORI12 marzo 2020
Una libreria aperta nel centro di Genova, nonostante l'allarme virus, lo scorso 11 marzo
Ma allora il libro non è un bene necessario? La cura dell’anima non vale quanto quella della persona? Va bene che c’è la pandemia, va bene che la salute della collettività viene prima di ogni cosa. Ma perché lasciare aperte le profumerie o le tintorie e per le librerie saracinesche abbassate? I librai questa volta protestano. «Anche perché il nuovo provvedimento è arrivato come una doccia scozzese, dopo le speranze coltivate in questi giorni», dice Maria Laterza, titolare della centenaria libreria di Bari. «Avevamo deciso di restare aperti, come una prova di testimonianza civile. Poche ore al giorno, e il trasposto a casa dei libri scelti al telefono dai lettori. Perché impedire anche questo? Se è possibile farlo per le pietanze, perché non per la lettura?».
Una giornata faticosa, quella di ieri, tra vorticosi scambi di mail tra librai spiazzati dal nuovo provvedimento restrittivo. Anche Paolo Ambrosini, presidente dell’Associazione dei Librai, ritiene arbitraria la scelta del governo. «È chiaro che siamo in una situazione di emergenza, e che questo richiede senso di responsabilità da parte di tutti. Ma è molto singolare che restino aperti i negozi che forniscono il cibo per i cani e non le librerie: penso che si sia trattato di un errore, peraltro comprensibile nella gravità del momento».
Ambrosini ha una libreria a San Bonifacio, in provincia di Verona, e tocca con mano la drammaticità della pandemia. «Noi non chiediamo la riapertura, ma il servizio a domicilio sì. I librai sono stati costretti a rinunciarvi dopo un brevissimo esperimento che si è rivelato fortunato». Poi la provocazione, dettata dalla ferita sanguinante: «Ma se il governo ha deciso che i libri non sono necessari, perché non fermare anche Amazon? Nella preparazione dei pacchi e nella consegna dei libri, i rischi sono gli stessi». Amazon, ossia il nuovo paradiso per i lettori reclusi a casa. E una beffa per i librai indipendenti, spesso costretti a chiudere proprio dal gigante di Jeff Bezos.
Insieme alla grande distribuzione, ossia i supermercati, Amazon e le piattaforme online sono i grandi beneficiari del coronavirus. «Le vendite nelle librerie digitali sono aumentate ben oltre il cinquanta per cento», dice Filippo Guglielmone, responsabile commerciale di tutti i marchi Mondadori, il primo gruppo italiano. Se Guglielmone si tiene basso, Luca Domeniconi parla esplicitamente di raddoppio. «Gli ordini sono aumentati del cento per cento», dice il direttore commerciale di Ibs, la più importante libreria online (di proprietà Feltrinelli e Messaggerie). «È evidente che non riusciamo a essere puntualissimi nella consegna, ma nel giro di qualche giorno riusciamo a raggiungere tutte le case degli italiani».
Per loro come per Amazon, la distribuzione dei libri continua, mentre per le librerie indipendenti viene sospesa fino al 26 marzo, giorno di riapertura. «Non potevano fare diversamente», dice Guglielmone. «Noi portiano i libri dove sappiamo che ci sia la possibilità di venderli». Le novità editoriali saltano per tutti. Le nuove uscite di metà marzo slittano alla fine del mese e alla prima settimana di aprile. Ma per le piattaforme digitali continua il rifornimento dei titoli che invece viene interrotto per le librerie indipendenti.
Eppure le iniziative porta a porta degli indi hanno avuto un grande successo. «Era l’alternativa calda e affettuosa all’algido servizio reso da Amazon», dice Maria Laterza, che è riuscita ad attivare la distribuzione a domicilio solo per una giornata. La libreria per ragazzi Tuttestorie ha ricevuto ordini da una famiglia di Codogno che la scorsa estate ha trascorso le vacanze a Cagliari: «Per intrattenere i bambini a casa», hanno detto alle libraie. Anche Fabrizio Piazza della libreria Modusvivendi racconta il suo viaggio attraverso Palermo con una vecchia valigia coloniale carica di libri destinati ai lettori. «Funziona così. Il cliente chiama e ci descrive i suoi gusti. Spetta a noi selezionare una scelta di libri che possa essere di suo gradimento. Per una spesa minima di sessanta euro portiamo la valigia dei sogni a casa. Ora però è tutto sospeso. Dobbiamo capire se siamo ancora autorizzati a farlo». Prima che arrivi la fine del mondo, aggiunge Piazza.
Solo in un romanzo distopico si può immaginare la distribuzione dei libri con guanti e mascherine bianche. «Ma chi può impedirlo?», interviene Romano Montroni, storico libraio e presidente del Centro per il Libro. «Nel decreto del governo non è scritto che sia vietato farlo. Le librerie possono rimanere chiuse. Però si attiva un telefono parlante che ascolti le richieste dei lettori e suggerisca titoli avvincenti. Poi si confezionano i pacchi e si portano a domicilio, anche in bicicletta. Che male c’è?».
Nel segno della speranza s’era aperto l’anno per le librerie, con la nuova legge sulla promozione del libro che tutela i loro diritti. Poi la tragedia del coronavirus, mitigata dalla illusione che gli arresti domiciliari potessero favorire la lettura. Infine la notte fonda della chiusura, con l’impossibilità del servizio a casa. «Però dalle crisi più nere possono scaturire nuove idee», dice Maria Laterza. «Stanno nascendo anche al Sud nuove solidarietà tra le librerie indipendenti alle quali potremo dare un assetto più organizzato».
Parevano traversie, sono opportunità. Una curiosità. Tra i favoriti degli italiani, oltre La Peste di Camus e Cecità di Saramago, Spillover di David Quammen, dedicato ai cacciatori di virus. Pubblicato tempo fa da Adelphi, viene riproposto con fascetta aggiornata alla nuova peste. Più che evasione, i lettori cercano un’immersione riflessiva nella pandemia. Nella speranza di sconfiggerla, con le armi della comprensione. Il libro bene necessario o superfluo? «Spero che la presidenza del consiglio ascolti il nostro appello», conclude il presidente dei librai Ambrosini.
Questa è la noia: Una donna sola Con lo sguardo appeso A una finestra Un'altra che vaga Incappottata, nera In rigagnoli di luce Chissà dove Ha smarrito il cuore In quale letto Ha perduto il ricordo Rimmel o seta Acquistati all'angolo È un ferroviere Con odor di desco Nella fredda cabina Dei suoi pensieri Nessun rito di passaggio Solo eterne traversine E tu ripeti Che questo è pur bello Per questo vivi E canti e soffri Fra meditate plaghe E vaste città Dietro usci, mozziconi Di vacue attese Là ci sei Là ti trovi Laddove muore La speranza Risuona, fulgente La tua canzone
di cosa stiamo parlando
Delle polemiche dovute alla cattiva interpretazione di un autocritica , ambigua al mio maschio alfa ( morto di figa o maschio allupato , ecc ) in questo mio precedente post :https://bit.ly/3cShauj di cui riporto un altra foto
Ora va bene il post è un po' ambiguo ed come tutti gli scritti ( no solo miei ) poco chiari può dare addito a diverse interpretazioni . Ma qui si esagera .
Ecco una discussione su tale post post avuta sul gruppo facebook naufraghi di splindernei giorni scorsi :
***** . Flavio Burroni [ il moderatore del gruppo ] potresti per cortesia far togliere questo pezzo?
***** Giuseppe Scano, perché è un articolo orribile. Non so di chi sia, ma è un pezzo che avvalora certe tesi sullo stupro. E se l'intenzione fosse stato un pezzo ironico, non è riuscito molto bene.
Giuseppe Scano ****** è mio . Nessuna ironia ho solo descritto i miei dubbi ed incomprensioni dopo una esperienza se leggi l'articolo . E lungi da me d'invitare o incitare allo stupro ed al femminicidio
*****Giuseppe Scano, quella è la scusa che molti uomini usano. Che se una donna si mostra, si merita quel che le accade. State attenti alle parole che hanno un peso. Ci sono processi basati sui vestiti che indossava la vittima. Scandalosi processi.
Giuseppe Scano **** nessuna ironia ma autocritica se leggi bene contro certi miei comportamenti da maschio alfa. Pensi che non riesco a vedere film erotici o hard che trattino o che hanno scene di stupri o violenze femminili . E quando ho visto , incuriosito da u documentario su RAI storia sulle conquiste delle donne in Italia , il film documentario : "Processo per stupro", RAI, 1979 [ https://bit.ly/2Q8r7K2 ] o , il capitolo dell'episodio l della violenza de la storia di Elsa Morante , l'opera teatrale di franca rame in cui raccontata la sua esperienza . mi viene la nausea e piango otre a non ...... ci siamo capiti
***** Quando lei scrive "ma poi non lamentatevi se.." non mi pare un'autocritica .Ho scritto quel che penso del pensiero e delle parole contenute nel post. Chiudo qui.
Giuseppe Scano ****** certo la frase contenuta nel post in questione [ che ho modificato ]
è, ambigua ma va contestualizzata Cmq ok libera di pensarla come crede . Se l'amministratore del gruppo lo ritiene opportuno . Può rimuovere questo post ambiguo
Quindi prima d'invitare i moderatori ma anche gli altri utenti alla censura \ rimozione ed giudicare un post solo negativamente contestualizzatelo
( magari , soprattutto a chi non mi conosce o mi conosce da poco ed solo sui social o per polemiche scritti , atteggiamenti , da mina vagante \ in libertà e senza filtri della mediazione e della razionalità leggetevi ( chi lo avesse letto lo rilegga visto che l'ho modificato e riscritto in maniera meno ambigua ) trovate l'url in cima \ all'inizio di questo post
canzone suggerita I Treni A Vapore - Ivano Fossati
Inizialmente leggendo le ultime news canticchiavo in contemporanea al suo passaggio in radio ( una delle mie compagnie oltre alla rete in tempi quarantena da coronavirus ) questa canzone e proprio da questo sono stato preso dal pessimo sentendo i suoi ultimi versi : << Se avremo ancora un po' da vivere\ La primavera intanto tarda ad arrivare >>. Ma poi ecco chje mi arriva su watzapp questo messaggio poesia che allego sotto che insieme alla bella giornata sospesa tra l'inverno e la primavera ( vedere mie foto allegate di una nostra pianta )
Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più.
Ma la primavera non sapeva nulla.
Ed i fiori iniziavano a sbocciare,e il sole a splendere, e tornavano le rondini.
Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse.
Era l’11 marzo 2020 e i ragazzi studiavano sui pc da casa.
Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa.
Dopo poco chiusero tutto, anche gli uffici.
L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali e la gente si ammalava.
Era l’11 marzo del 2020 e tutti furono messi in quarantena obbligatoria: i nonni, le famiglie e anche i giovani.
Allora la paura diventò reale, e le giornate sembravano tutte uguali.
Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire.
Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse avuto bisogno.
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri, l’anno in cui il mondo sembrò fermarsi e l’economia andare a picco.
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti.
E poi arrivò il giorno della liberazione.
Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita e che il virus aveva perso...
Che gli italiani tutti insieme avevano vinto.
E allora uscimmo per strada
Con le lacrime agli occhi
Senza mascherine e guanti
Abbracciando il nostro vicino
Come fosse nostro fratello.
E fu allora che arrivò l’estate, perché la primavera non lo sapeva e aveva continuato ad esserci...
Nonostante tutto
Nonostante il virus
Nonostante la paura
Nonostante la morte.
Perché la primavera non lo sapeva
Ed insegnò a tutti
La forza della vita 🌸
il discendete dell'attuale proprietario di questo bar è uno che ha sfidato i tabu
Un Bar storico che si trova in un intero palazzo,si estende su 4 terrazze ed è davvero molto particolare per l'arredamento che definirei" fallico", molto originale e divertente.Un qualcosa di diverso dai canoni classico a cui siamo abituati direttamente indirettamente ( carretti siciliani, pupi siciliani e simili cose ) se si ci entra con lo spirito giusto ci si scherza e ci si diverte tanto, anche le ragazze più pudiche riescono a farcisi belle grasse risate.
Infatti i curatore della pagina FB GOLFO ARANCI NASCOSTA Massimo Velati ha pubblicato questo post
Massimo Velati si trova qui: Faro della Vittoria. 10 marzo alle ore 23:59 · Trieste Faro Monumentale della “Vittoria” a Trieste. "Lanterna grande, recuperata dal dismesso faro di Tavolara in Sardegna (perchè sostituito dal faro permanente ad acetilene disciolto di Punta Timone), messa in perfetto ordine".
Elogiato per le sue ricerche di cui il post sopra e la citazione fra la sitografia del mio post è solo la punta dell'iceberg dedicate al faro di tavolara , ma non solo , anche da questo articolo della nuova sardegna del 13\3\2020
Su una pagina Facebook [ vedere sitografia in cima ] ricostruito il viaggio della luce dell’antico faro dell’isola portata nella città ridiventata italiana
L’avevano smontata, impacchettata e spedita lassù, seicento chilometri a nordest. La lanterna del faro che segnalava ai naviganti l’ingombrante presenza di Tavolara da quasi cento anni illumina e domina dall’alto il golfo e la città di Trieste. La curiosità era rimasta sepolta sotto il peso della storia. A rispolverarla è stato però un appassionato di storia locale. Massimo Velati, di Golfo Aranci, tra fotografie d’epoca e vecchie carte ingiallite ha infatti scoperto che il famoso faro della Vittoria di Trieste, un monumento nazionale che tra l’altro commemora i caduti della prima guerra mondiale, ha uno stretto legame con la Gallura e con l’isola di Tavolara in particolare. LA SCOPERTA. Massimo Velati, che su Facebook cura la pagina “Golfo Aranci nascosta”, appena ha un momento libero si mette sulle tracce di storie vecchie e dimenticate. Stavolta è venuto a sapere, dopo una lunga e appassionante ricerca, che la lanterna del faro della Vittoria è la stessa del vecchio faro di Tavolara, dismesso un secolo fa. «Mi chiedevo dove fosse finita – spiega –. Poi ho scoperto che si trova a Trieste, dove nel 1923 hanno iniziato a costruire il nuovo faro. Sicuramente è stata restaurata e modificata, ma i documenti parlano chiaro: è la lanterna di Tavolara». IL FARO DI TAVOLARA. La struttura è vecchia quasi quanto lo stato italiano. Il faro di primo ordine di Tavolara fu infatti costruito tra il 1864 e il 1866 e attivato nel 1868 nella zona più esterna dell’isola, poco lontano dal cosiddetto arco di Ulisse, nel punto più estremo del golfo di Olbia. La struttura, che si trova in cima a una imponente parete calcarea a strapiombo sul mare, è massiccia ed elegante allo stesso tempo. Un faro dall’architettura ottocentesca, con la facciata colorata da strisce gialle e rosse, rimasto poi attivo fino alla fine della prima guerra mondiale. Nel 1922 fu infatti inaugurato il nuovo faro di Punta Timone e la più anziana struttura venne mandata in pensione, resistendo comunque allo scorrere dei decenni. Oggi è ancora in piedi, ma è impossibile da visitare visto che si trova in zona militare. Solo pochi olbiesi hanno avuto il privilegio di metterci piede, come quelli che, in particolare negli anni Cinquanta, raggiungevano Tavolara in barca perché stanchi dei soliti tuffi nel mare davanti alla città. «Andavamo sull’arco di Ulisse, era imponente e meraviglioso. E salivamo anche sul castello, che in realtà era il vecchio faro» aveva raccontato qualche anno fa alla Nuova zia Anna “Boccia” Spano, la tabaccaia di piazza Regina Margherita. UN PEZZO A TRIESTE. Una volta dismesso il faro di Tavolara, la lanterna venne smontata e spedita in una Trieste appena diventata italiana. Per celebrare l’annessione e commemorare i caduti della grande guerra, lo Stato decise infatti di costruire un imponente faro di 68 metri di altezza e 8mila tonnellate di stazza. La lanterna non venne costruita dal nulla, ma fu utilizzata quella della vecchia struttura di Tavolara. Lo ha scoperto Massimo Velati tra le pagine de “L’Elettrotecnica”, il giornale dell’allora Associazione elettrotecnica italiana, dove si legge: «La lanterna grande è recuperata dal dismesso faro di Tavolara in Sardegna (perché sostituito dal faro permanente ad acetilene disciolto di Punta Timone), messa in perfetto ordine». Sulla lanterna venne poi innalzata la statua della Vittoria Alata, che da nord guarda tutto il mar Adriatico. Inaugurato nel 1927 alla presenza di re Vittorio Emanuele III, e progettato dall’architetto Arduino Berlam, il faro di Trieste è uno dei monumenti simbolo della città. Ancora oggi in funzione, viene aperto al pubblico durante alcuni periodi dell’anno per dare la possibilità a tutti di ammirare Trieste e il suo golfo da una posizione decisamente privilegiata.
Un giovane di Tempio lancia un accorato appello invitando a rimanere a casa al fine di tutelare chi, come lui, è più fragile di fronte alla minaccia del virus e il suo appello si diffonde subito sul social. Era il 9 marzo, quando si invitava tutti a rimanere a casa contro il coronavirus, limitando gli spostamenti non necessari. È in questo momento di assoluta confusione, in cui molte persone rifiutavano di accettare le limitazioni, che irrompe l’appello di un giovane ragazzo di Tempio, per sensibilizzare la comunità a rimanere a casa per tutelare chi, come lui, è più fragile di fronte alla minaccia del coronavirus. Racconta la sua malattia: la leucemia, scoperta il 13 maggio 2019, i cicli di chemioterapia e le difese immunitarie azzerate e i tanti ricoveri. “Son rimasto ricoverato in una stanza di 20 metri quadri – racconta – con un altro coinquilino per più di 50 giorni, non potevo vedere più di due persone alla volta, in orari di visite molto ridotti, altroché quarantena”. “Questi ricoveri di 30 giorni ciascuno sono durati da maggio a novembre, con 10 o 15 giorni di dimissione tra un ricovero e l’altro, ovviamente – continua – anche questi giorni da passare in modo molto riservato evitando luoghi affollati.” Arriva poi il racconto del ricovero a Cagliari per il trapianto di midollo osseo, iniziato il 4 novembre: “Quaranta lunghi giorni dentro una stanza, dove potevo ricevere visite dietro un vetro spesso e parlando attraverso un citofono e una cornetta. Quarantena mi sembra riduttivo, direi isolamento – continua –. Evito i luoghi affollati da 10 mesi, mi lavo le mani ogni volta che tocco qualcosa di sporco, non bacio sulle labbra la mia ragazza da 10 mesi”. Infine, dopo il racconto, l’appello: “Fatelo per quelli come me, salvaguardate i nostri sforzi, se sono sopravvissuto io, un ragazzo di 20 anni, dentro una stanza di 20 metri quadri per 10 mesi, riuscite voi a rimanere rinchiusi per 15 giorni dentro la vostra comoda e confortevole casetta? Non fatelo per voi, fatelo per noi”.
In questo periodo di forzata quarantena da corona virus ho visto , finito di vedere questo pomeriggio , in streaming Vero ci sono dei limiti evidenti messi in evidenzia in questa video recensione di BadTaste.it Essendo un film disneyano . Ma secondo me il film è fatto bene . Infatti mi ha fatto venire la voglia , cosa rara , di rileggere il romanzo omonimo e il seguito ( anche se l'autore lo ha sempre smentito ) 𝔃𝓪𝓷𝓷𝓪 𝓫𝓲𝓪𝓷𝓬𝓪 . Ottimo resa del romanzo , un po' stravolto ( ma è normale nella trasposizione da un sistema artistico ad un altro ) ma mica tanto visto che i valori e le tematiche sono rimaste , anzi potenziate , le stesse . Anche se , tesi con cui non concordo , « Questo film però, secondo molti , ne tradisce lo spirito Nelle opere originali gli animali pur assurgendo a personaggi di primo piano, dotati di una loro individualità, interiorità, intenzionalità sono e restano animali, non sono mai umanizzati, come al contrario avviene in questa versione quasi disneyana; da qui un crollo verticale della verosimiglianza.» ( daniele rossi commento alla video recensione ) . A me è piaciuto vedere Harrison Foird in un ruolo inconsueto nel quale riesce ad essere un ottimo attore . Un film buono per un filone ipersfruttato direttamente o indirettamente ( vedi il film Into the Wild - Nelle terre selvagge la cui sintesi puà ò essere rappresentata dal video sotto e da questa intervista al suo protagonista ed in parte dal film Capitan fantastic ) . Commovente , filosofico .
Parla Elena Pagliarini, 40 anni, infermiera a Cremona, ritratta stremata e addormentata in una foto che è diventata un’icona
DI PAOLO GRISERI
MILANO - Poi ha spinto la tastiera verso il computer e ha piegato un lenzuolo sulla scrivania, per appoggiarci la testa. "Non era ancora finito il turno ma ero stremata". Elena Pagliarini quasi si giustifica. A 40 anni, da 15 in ospedale, si stupisce ancora: "Dopo quella foto mi chiamano in tanti. Mi ringraziano. In un periodo normale mi avrebbero criticato".
per non perdere la memoria di questi giorni e lasciare testimonianza a chi sopravviverà ecco alcune storie su tale fenomeno
La prima triste ed emblematica che dovrebbe far riflettere a coloro che ancora lo sottovalutano e credono alle bufale ed ai ciarlatani ed non vogliono fare sacrifici . In cina ed a codogno ( primo focolaio italiano ) lo hanno fatto e stanno rincominciando a vivere , sperando che il loro sacrificio non sia stato inutile a causa d'incoscienti
da repubblica online de 11\3\2020 Coronavirus, bloccata in casa con cadavere marito forse contagiato
E' accaduto a Borghetto Santo Spirito, nel Savonese. Per rimuovere salma è necessario aspettare l'esito del tampone. In quarantena fiduciaria i sanitari intervenuti per i soccorsi
fotogramma
Costretta a rimanere in casa, in autoisolamento, con il cadavere del marito. E' quanto accade a una donna di Borghetto Santo Spirito, in provincia di Savona. L'uomo 76 anni, che da tempo mostrava sintomi riconducibili al coronavirus è deceduto nella notte, stroncato probabilmente da un malore. La moglie, anche lei potenzialmente infetta, ha chiamato subito i soccorsi: i militi di una pubblica assistenza sono entrati nell'abitazione per tentare di salvarlo con un massaggio cardiaco ma non c'è stato nulla da fare e sono ora in quarantena fiduciaria.
La salma si trova ancora adesso per terra, a faccia in giù in una stanza della casa: trattandosi di un potenziale contagio, il protocollo sanitario prevede che prima di rimuovere il cadavere si attenda l'esito del tampone, effettuato nel pomeriggio. Una situazione da incubo: "Non so nemmeno definirla a parole - ha detto il sindaco Giancarlo Canepa, giunto sul posto - Sono vicino al dolore della donna e dei parenti che stanno vivendo questa situazione surreale".
La donna fortunatamente non mostra sintomi, ma visto il potenziale contagio non può uscire di casa e per questo ha passato parte della giornata sul balcone: per tranquillizzarla le ha telefonato anche il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. "E' disperata, non sa cosa fare e come comportarsi - hanno spiegato i parenti - non c'è nessuno con lei ad aiutarla e consolarla. Forse si potevano prevedere casi del genere e evitarle questo calvario".
Secondo quanto ricostruito l'uomo sarebbe morto per un arresto cardiaco, ma è necessario capire se avesse o meno contratto il Covid-19 e se questo possa aver influito sulle sue patologie. L'uomo avrebbe iniziato ad accusare i sintomi alcuni giorni fa e, su consiglio del medico, avrebbe anche svolto degli esami radiologici al torace dopo i quali, però, sarebbe stato dimesso. Se i tamponi dovessero rivelarsi positivi per la moglie e le altre persone venute a contatto con la vittima scatterà la quarantena.
"In riferimento al caso della donna di Borghetto Santo Spirito che si trova nella propria casa con la salma del marito, deceduto la scorsa notte, Asl2 precisa quanto segue: L’azienda esprime vicinanza alla famiglia e in particolare alla vedova. Questa sera si recherà nell’abitazione personale incaricato, non di ASL 2, per l’adeguata sistemazione del defunto, in attesa del referto del tampone faringeo. Domani mattina, secondo le procedure di legge, si provvederà al trasferimento della salma e agli accertamenti del caso".
La seconda da rep.repubblica del 11\3\2020
Io, in quarantena tra i monti. Dove la solitudine è la norma: solo l'orso non sa degli appelli a stare in casa Nei masi sopra Montès stare a distanza è un appello incomprensibile: dai tempi della Spagnola non ci si stringe più la mano per salutarsi. E la zona rossa del Lodigiano sembra lontanissima
DI GIAMPAOLO VISETTI
Montès (Trento) - Sulle gemme già gonfie degli
alberi più coraggiosi, all'alba è tornata la neve. I larici stavano
preparando i primi fiori rossi, ma si sono fermati. Di giorno l'erba
sgela e diventa morbida. La notte il freddo indurisce gli steli come
bastoni. Ignaro di tutto si è invece svegliato l'orso. Non è stato
avvisato che prolungare il letargo questa volta poteva essere un gesto
educato. Il virus, da Milano e dalla pianura Padana, risale invisibile
anche le montagne. Adesso lo sanno tutti che è meglio rintanarsi e
diventare un po' orsi. Tutti a parte lui. Non segue, ormai è chiaro, i
bollettini della Protezione civile. Il sole scalda e dopo mesi si ferma,
una bestia sa solo che lentamente deve far ripartire lo stomaco. Così è
uscito dalla tana, sui crinali sopra Bolentina, e di buon passo ha
raggiunto un apiario a Claiano. Da qui vede la Presanella e il passo del
Tonale che scende verso Ponte di Legno. Controlla con il naso alzato
gli ultimi sciatori che lasciano le piste chiuse e gli alberghi deserti
per rientrare nelle città spazzate dalla febbre. A fine inverno non c'è
miele nei telaini. Ha mangiato api e larve perché anche l'orso, come
tutti in questi giorni sospesi, ha il problema di sopravvivere in
qualche modo.
La quarantena in un maso isolato d'alta
quota, per chi è reduce dalla zona rossa del Basso Lodigiano e dal
centro mentalmente svuotato di Milano, riserva piccoli privilegi.
Migliaia di persone, rifugiate nei luoghi del mondo più lontani anche da
un tampone, lo sanno. Mezzo metro di neve fresca distesa su tre
chilometri di pista forestale, calano un muro insuperabile tra un uomo e
gli altri. Il medico, allertato per obbedienza allo Stato, è solo una
voce remota nascosta nel telefono. Dice però che ha chiamato i
carabinieri. Tocca a loro controllare che qui, tra Mangiasa e Montès, il
letargo umano anti Covid-19 non venga interrotto. Sarà la disperazione,
ma in caserma sono di buon umore. Osservano che marciare nella neve per
vedere da lontano un tipo che spacca la legna per la stufa, con i tempi
che corrono li lascia perplessi. Chiedono cosa sta piuttosto succedendo
a Milano e questa parola viene scandita con il riguardo che si
riconosce al fronte di un'estrema resistenza: a un eroe immaginato
invincibile. Il patto è che, quando il letargo a termine dell'umano a
rischio sarà scaduto, gentilmente si avvisi chi di dovere. Quel giorno,
fatti i conti, sarà anche l'inizio della primavera. Tra le
città di pianura e i villaggi di montagna, la quarantena non fa
differenza: si fonda sulla fiducia ed è questa, da sempre, a permettere
alle persone di vivere insieme.
Qui poi, cambiando discorso, il
coronavirus nel vocabolario è già superato. A quota 1.400 metri i
paesani lo chiamano "chel laòr". Ad essere pedanti, in italiano, può
essere tradotto in "quel lavoro". Sulle Alpi, tra Piemonte, Lombardia,
Veneto e Friuli, non è bello quando con sottili sfumature fonetiche si
definisce qualcuno "chel laòr". Il marchio, a quel punto, resta
indelebile per generazioni perché lavorare, per chi ancora lo fa con le
mani, non è come bere un rosso con gli amici all'osteria. Bene, per gli
ignorati delle montagne italiane che in questi giorni, dopo
tanto tempo, tornano a pensare al nostro Paese malato senza più
disprezzo e con una serietà che ricorda l'amore, il virus cinese è nella
sostanza "chel laòr". Un "lavoro" ed è ovvio che i vecchi, i contadini e
tutti quelli che ancora vivono seguendo prima di tutto la natura,
vogliono dire che sono vicini a chi tra Milano, Bergamo e Venezia, oggi
combatte contro questo brutto mestiere di andare avanti un giorno alla
volta.
Una differenza, tra Milano e i
masi sopra Montès, ad essere onesti c'è. Sui pascoli che salgono alle
malghe del Brenta, chi è isolato non si sente solo. Stare a distanza è
un appello incomprensibile. Restare in casa, mentre fiocca
sul coperto di larice, è un invito puerile. È dai tempi della spagnola
che qui si stringe la mano del vicino solo quando alla fiera si compra
la sua vacca, o un amico accompagna un parente al cimitero. Situazioni
memorabili: per il resto, per salutarsi, si alza il cappello e in
mancanza di questo è sufficiente sollevare il mento a bocca chiusa.
Nessuno, tra chi resta sulle montagne italiane, ha finito tutte le
scuole e le università. Istintivamente sentono però, non per colpa del
virus, che toccarsi e parlarsi nei denti non si fa mai a cuor leggero.
Le mani sono sempre state nella terra e nella stalla. Quando qualcuno
dopo attente riflessioni "apre bocca", lo si ascolta con preoccupazione e
restando alla giusta distanza: quella che si deve a una parola
obbligatoria.
La solitudine, quando in paese si è
rimasti in quindici, non è trascorrere i giorni da soli. È sentirsi
abbandonati. A Milano e nelle città chiuse, tutto questo adesso può
succedere. La scomparsa della folla risulta un cimento spaventoso e
insopportabile. Sulle Alpi e nelle cascine sparse di pianura, dove
quietamente si accetta quello che viene, la quarantena invece non esiste
perché ci si entra quando si nasce e non se ne esce più. Nessuno si
sente solo, o abbandonato, perché mai qualcuno ha concepito l'idea di
arrivare un passo più in là delle proprie forze. "Chel laòr" è un
maestro che ha insegnato il segreto di arrivare soli in fondo al proprio
destino. In alta quota si vive fino a quando si riesce ad aspettare
ancora. È questo il coraggio che permette al gruppo di essere una
comunità, unita davanti alla vita e alla morte che nella natura ogni
giorno si danno affettuosamente la mano.
Nei luoghi anonimi, ignorati e
lontani, il virus così non è ancora arrivato. Gli abbandonati
dell'Italia percepiscono il ritardo come un piccolo, inconfessabile
risarcimento. Del resto se tarda ad arrivare il 5G - dicono - è
sacrosanto tardi a venire anche il Covid-19. Sognano sempre di
trasferirsi a Milano, questo sì. Adesso però c'è meno fretta di scappare
subito perché anche una metropoli, se le togli le persone e le loro
idee, sembra un grande paese impreparato a resistere. Piuttosto: come se
nulla fosse qui l'orso si è svegliato puntuale dal letargo. Non è un
dettaglio. È il prodigio della vita, più forte anche di noi: il regalo
che la montagna fa a chi, in questi giorni, costretto in città o isolato
su un prato, sente che più di tutto a fargli male è la nostalgia di
respirare vicino agli altri, senza pensarci e a bocca aperta.
La terza
è parziale ma : 1) è tratta dalla versione di rep.repubblica.it ovvero la sezione a € di repubblica ., 2) non ne ho voglia , come faccio di solito , ed ho fatto anche prima , di trasformare il testo cioè fare i passaggio da stile pagina base a nessuno stile o di modificare la sorgente della pagina come faccio spesso . Ma trovate nel video sotto la sua storia
repubblica 10.3.2020
Coronavirus, l’infermiera della foto simbolo: “Scusate se sono crollata prima della fine del turno”
MILANO - Poi ha spinto la tastiera verso il computer e ha piegato un lenzuolo sulla scrivania, per appoggiarci la testa. "Non era ancora finito il turno ma ero stremata". Elena Pagliarini quasi si giustifica. A 40 anni, da 15 in ospedale, si stupisce ancora: "Dopo quella foto mi chiamano in tanti. Mi ringraziano. In un periodo normale mi avrebbero criticato". [...]
P.s
mentre stavo scrivendo la chiusa del post d'oggi , butto l'occhio su quanto ha detto Il viceministro allo Sviluppo economico Buffagni che non si può chiudere tuttovero . Ma è a causa ( e storie ce ne sarebbero ma ne sono piene i media nazionali e locali o la nostra pagina fb ed il mio account fb , ne abbiamo a anche qui in sardegna dove è a causa di gente incosciente venuta dalle zone in quarantena che non sopportando la quarantena ed l'isolamento è fuggita nelle case al mare anticipando le vacanze ) di gente, ma non slo loro anche i gestori degli aereporti , che ancora non ha capito le istruzioni e le raccomandazioni del ministero o del Oms e creano problemi al paese .
11 marzo 2020
ROMA - “Dovrebbero essere controlli per difenderci dal virus, qui invece siamo da due ore in coda ammassati come bestie. Altro che prevenzione, questo e il perfetto incubatore per il corona virus” dice una signora esasperata. Sono le 5 e 30 di mattina all’aeroporto di Fiumicino e al controllo passaporti degli arrivi internazionali i varchi aperti per gli europei sono tre su 40 postazioni. La coda di viaggiatori si snoda per decine e decine di metri tra volti stanchi, abbronzati, mascherine di tutti i tipi, da quelle più tecnologiche al fai da te del fazzoletto. Hanno tutti passato lo scanner che controlla la febbre ma questo ormai non rassicura nessuno vista la quantità di casi senza sintomi. In mano tengono tutti il foglio che da quando l’Italia e stLa maggior parte sta rientrando dalle vacanze. Partiti quando il virus sembrava faccenda solo della Cina e al massino del nord del Paese, hanno visto da lontano lo scenario cambiare completamente, avanzare le zone rosse, arrivare divieti, imposizioni. Fino al timore non rientrare in patria mentre le compagnie straniere cancellavano i voli e ripetizione e gli italiani venivano banditi dai luoghi di sogno della vacanza.
“Io torno a casa e starò attenta a non uscire troppo, ho una nipotina di due anni, una nuora incinta, bisogna stare accorti, lo faccio più per loro che per me, bisogna pensare anche agli altri”, sbotta Cinzia Innocenti, toscana verace che non la manda a dire quando critica la disorganizzazione all’indomani del decreto zona rossa.
“Lo sapevano da ieri che dobbiamo consegnare queste autocertificazioni, a Fiumicino non potevano riorganizzare i turni, aumentare gli addetti? Il risultato di questa inefficienza è che da due ore e mezza stiamo qui stretti come sardine e non è sano se tutti ripetono che bisogna stare anche a tre metri...” E’ stanca ma combattiva dopo un viaggio in crociera in cui ha visto soprattutto navi nei porti e mare aperto ma poche città perché nessuno dei Paesi orientali tra Malesia, Tailandia voleva le navi con italiani. “Qualcuno ha detto che vi erano dei positivi a bordo, cosa non vera, e ci trattavano come appestati anche l’unica volta che siamo scesi a Singapore. Meno male che Costa ci ha ripagato tutto”.
“Se ne dovrebbe ricordare il signor Salvini cosa significa sentirsi discriminati, noi in Italia abbiamo fatto ben di peggio, alcuni cinesi visti come untori sono stati malmenati” ricorda Vincenzo Calabrese, 37 anni, avvocato societario di ritorno da una lunga vacanza nelle Filippine. “Quando sono partito tutti mi dicevano: ma sei matto, il pericolo e lì. Ora negli ultimi giorni è l’opposto: ma sei proprio sicuro che vuoi tornare?”
La coda va a passo di lumaca, le mascherine si alzano, si abbassano, perdendo la loro funzione ma la stanchezza e tanta quanto l’arrabbiatura. Perché se all’inizio erano tutti convinti che il virus riguardasse gli altri, ora la realtà e più tangibile.
“Da lontano, all’inizio, ci sembravano notizie un po’ montate. Ora invece di andare in palestra andrò a correre a parco o al mare”, dice Giuseppe, pensionato che trova assurdo usare la polizia per “queste faccende burocratiche di autocertificazioni. Siamo in emergenza, polizia e medici hanno già troppo e troppe cose serie da fare, usino qualche d un altro`”.
Anche Giuseppe, che se ne torna a Grosseto, “dove c’erano pochi casi prima che i Lombardi venissero a piazzarsi li nelle seconde case” cambierà stile di vita. Fa il pasticcere, lavorerà solo di notte producendo prelibatezze da vendere al mattino. In beata, sicura solitudine. Sempre che questa coda finisca. Alle 7 arriva qualche rinforzo in divisa, ma anche gli aerei atterrati sono aumentati e la coda non accenna a diminuire.
non oso pensare cosa sarà con la stagione estiva quando tutti vorremo andare al mare