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15.5.25

Ma è possibile che per imparare a non essere creduloni ci deva pensare la magistratura ? il cas di Adriano Panzironi

come da titolo mi chiedo ma noi italiani siamo cosi creduloni che ci vogliono : gente ( ancora qualcuno c'è fortunamete ) coraggiosa nell'ammettere e dire quelle sono panzane oppure ho sbagliato , che crede nella scienza e nel buon senso. Wanna Marchi disse: Finché ci sarà uno stupido disposto a pagare 150€ per un kg di semplice sale (ritenuto miracoloso) ci sarà sempre una Wanna Marchi pronta a venderglielo . È un male endemico, e finché non cambieremo, saremo sempre in balia dell'affabulatore di turno.
  fonti Dott.ssa Alice Rotelli  e  Lorenzo Tosa 




Adriano Panzironi, il “guru delle diete”, è stato condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi di carcere per esercizio abusivo della professione medica. Il processo era cominciato nel 2020.Panzironi aveva fondato una società e un’emittente televisiva con la quale promuoveva una dieta chiamata “Life 120”: di fatto prometteva di allungare la vita fino a 120 anni e la regressione (o addirittura la guarigione) da malattie come diabete e tumori. Inoltre, prescriveva integratori commercializzati dalla sua stessa azienda, che la procura ha giudicato potenzialmente nocivi se assimilati senza controllo medico.


Non solo il “metodo Panzironi” non aveva alcuna validità scientifica, ma si basava sulla vendita di integratori giudicati “di potenziale nocività se assimilati senza controllo medico”.Nel processo si sono costituiti parte civile (giustamente) l’Ordine dei giornalisti del Lazio e ben quattro Ordini dei medici: Roma, Milano, Napoli e Venezia.Finalmente è stata fatta giustizia. Ma i danni che ha provocato non sono quantificabili.


14.5.25

Sulle ali del vento contro il tumore Le protagoniste della Sail for Women: «La barca a vela ci cura lo spirito»

 Partecipazione record, alla seconda edizione della Sail For Women, la veleggiata ideata dall’associazione Avas (Armatori vela d’altura Sardegna) per la lotta ai tumori femminili e per sensibilizzare sull’importanza dello screening. Questa mattina, centoventi cabinati hanno raggiunto lo start all’altezza della Sella del Diavolo da tutti i marina di Cagliari, Teulada e Villasimius e partecipato alla passeggiata a pelo d’acqua lungo la spiaggia del Poetto.Uno spettacolo di sole e colori, su cui ha dominato il rosa, colore del lungo nastro svolazzante su ogni barca e simbolo della prevenzione.

Una fase della Sail for Women (foto concessa da Alessandro Spiga)

Tantissime, non a caso, le donne a bordo, molte al debutto in una manifestazione velica. “La presenza di molte famiglie ed equipaggi femminili, il loro entusiasmo e la loro allegria sono stati il vero successo della Sail for Women”, ha fatto presente il presindete dell’Avas, Carlo Cottiglia, “i proventi della veleggiata andranno a sostegno della lotta ai tumori femminili, ci siamo divertiti facendo del bene, non possiamo che ritenerci soddisfatti”.Sabato, sempre al Poetto, si era svolta l'anteprima della veleggiata, a Kayak & Sup for Women, a bordo di canoe e Stand up paddle.
Le loro voci si sono alzate sopra il vento. Non erano urla di competizione, ma di rinascita. Domenica il Golfo degli Angeli, con partenza da Su Siccu, ha visto srotolarsi più di cento vele per la sesta edizione della “Sail for Women”, la veleggiata per la lotta ai tumori femminili. E sotto ognuna c’era una storia di vita.Le protagonisteA bordo di Belfagor, Giorgia Zaccheddu, 33 anni, sorride con il vento tra i capelli.
«La barca a vela mi ha salvato la vita», racconta.

 Dopo la diagnosi di tumore al seno quattro anni fa, il sogno di diventare velista è diventato ancora più urgente. «Mi sono risvegliata dall’anestesia con l’immagine di me a prua, e lì ho capito che era il momento di iniziare sul serio». Ora naviga con accanto gli amici di una vita e si fa portatrice di un messaggio potente: «L'amore salva ogni cosa». L’imprevisto era dietro l’angolo. «All’ultimo abbiamo cambiato la rotta per cercare di intercettare il vento», ha spiegato l’oncologa Francesca Bruder. «È un po’ una metafora della vita. Anche in condizioni avverse, bisogna imparare a cogliere il vento e posizionare le vele per andare avanti». Dopo trent’anni di professione è convinta: «I farmaci curano tante cose, ma non lo spirito. Ormai in tutte le famiglie ci sono situazioni di natura oncologica. In un futuro ideale quello che facciamo come associazione arriverà anche nel settore pubblico».
Solidarietà
Ma non è finita in mare. Rita Grazietti di Salute Donna Onlus ha annunciato con orgoglio: «Abbiamo raggiunto l’obiettivo: comprare un secondo ecografo super performante». Al Villaggio della Salute allestito a Su Siccu sono stati visitati oltre 250 pazienti. «Tutti i medici hanno lavorato gratis, con strumenti acquistati grazie alle donazioni degli anni passati». Lei stessa ha affrontato un tumore al seno dieci anni fa. «Nonostante avessi la possibilità di essere operata in centri d’élite, ho scelto il Brotzu, abbiamo professionisti straordinari, ed essere circondata dalla mia famiglia, le mie figlie, mio marito, ha fatto la differenza». E ora restituisce con entusiasmo. «Abbiamo molti progetti in atto per i percorsi di guarigione. Il trucco oncologico e le ricostruzioni areola-capezzolo, aiutano le donne a riconoscersi allo specchio. Non sono dettagli, sono libertà».
Il supportoElena Medda, 53 anni, armatrice, ha offerto due barche, Knut e Fenice. «Ogni scusa è buona per veleggiare», ha detto, commossa per aver condiviso la giornata con la madre 87enne.Chi non ha issato vele ha indossato gli scarponi. Una trentina di partecipanti ha seguito Alberto Fenu, chinesiologo, in un trekking sulla Sella del Diavolo. «Ci siamo fermati in cima, abbiamo respirato e preso consapevolezza del perché fossimo lì. Un momento di raccoglimento emozionante».Sul palco della premiazione, applausi scroscianti hanno accolto Carlo Cottiglia, presidente Avas. «Questa è la Sail for Women, passare dei bei momenti insieme».

FEMMINICIDI IN ITALIA QUANDO CI ACCORGEREMO CHE LA RESONSABILITA' e' COLLETTIVA SARA' TROPPO TARDI PERCHE' ANCHE SE NOI CI CREDIAMO ASSOLTI SIAMO COINVOLTI

l'attrice comica Chiara Becchi Manzi mi ha tolto le parole di bocca su tale argomenti


 

La magia dell’Oncologico, a 88 anni suona il pianoforte per i malati di tumore: «Perché? Fa bene» Gianni Vodret non manca mai all’appuntamento: due volte alla settimana, per scelta, si esibisce nell’atrio dell’ospedale Businco

fonti cronache della sardegna e l'unione sarda

Ogni mattina al piano terra dell’ospedale oncologico di Cagliari, si diffondono le note di un pianoforte. A suonarle è un signore anziano, distinto, con lo sguardo gentile e le mani che raccontano una vita intera di musica.Non viene pagato. Non cerca applausi. È lì, ogni giorno, per chi entra con un nodo in gola, per chi attende un esito, per chi accompagna qualcuno con il cuore pesante.Con le sue melodie, leggere e profonde, scioglie per un attimo il peso dei pensieri
. Fa vibrare l’aria di qualcosa di umano, di caldo, di vivo.
In un luogo dove spesso si combatte in silenzio, lui offre la sua presenza come carezza, la sua musica come abbraccio.E forse, senza saperlo, salva un pezzetto di ognuno di noChissà se lo fa come uno sfogo personale, il suo momento di pace/estasi, comunque regala un momento che, al di là delle lingue, arriva a tutte le anime.

Quella del pianista sull’oceano è una leggenda. Questa invece è la storia di Gianni Vodret. Ed è bella: lui ha 88 anni e suona per i malati di tumore. O per chiunque passi nell’atrio dell’ospedale Oncologico di Cagliari: pazienti, loro parenti, medici, infermieri, corrieri che entrano per una consegna. Basta che siano lì di lunedì o di mercoledì, dalle 10 alle 11:  è chino sul pianoforte. A regalare musica. Scaletta d’altri tempi, raffinata. Perché lo fa? «Perché fa bene», dice. Fa bene agli altri e a lui. «E perché mi rende felice questa commozione che si crea. A volte chi ascolta si commuove. E mi commuovo anche io».




L’anziano al piano

Chi entra al Businco non è felice di farlo. Quelle note che arrivano alle orecchie quando si aprono le porte scorrevoli, se non fanno cambiare lo stato d’animo, fanno provare un’emozione. Mercoledì mattina nella hall, davanti all’ingresso, c’erano dei volontari impegnati nell’allestimento dello spazio di vendita delle stelle di Natale: servono per finanziare la ricerca. Lì tutto ha a che fare con la lotta al cancro. Poco a destra, impegnato sui tasti c’era “Gianni”, come l’ha chiamato in modo confidenziale una delle addette all’accoglienza che aveva appena finito il turno: «Ciao tesoro, ci vediamo lunedì», gli ha detto. Anche se non c’è scritto da nessuna parte, Gianni Vodret non manca mai l’appuntamento. Accompagnato da una delle figlie o da Roberta, la tuttofare che lo aiuta in casa («una splendida cuoca») è rigoroso. Vuole suonare il pianoforte per chi passa all’Oncologico e si fa portare dalla sua casa di Monreale: «Non guido più», confessa. Bianchi capelli radi, viso affilato, maglione con i bottoni, dita lunghe, esegue “Champagne” prima di accorgersi che qualcuno vuole rivolgergli delle domande. È abituato al pubblico e a chi lo riprende con lo smartphone. E anche agli applausi che arrivano a fine canzone. Li accoglie con un sorriso timido.

La scaletta dei pezzi da suonare
La scaletta dei pezzi da suonare

Il “volontariato”

«Lavoravo in banca, mezzo secolo fa», racconta, «l’amore per la musica mi è stato trasmesso in famiglia». Autodidatta, ha il repertorio su un foglio a quadretti, scritto in stampatello con tratti tremolanti. Ci sono “Souvenir d’Italie”, “Ancora”, “Stranger in the night”, “Blue Moon”, “Tristezza” e tante altre. «Sono le stesse che suoniamo con un gruppo di amici, il mercoledì sera». L’età dei componenti del gruppo? «Il più piccolo ha 76 anni». Il suo cantante preferito: «Memo Remigi». Tra una risposta e l’altra, distoglie lo sguardo ed esegue un brano: il pianista di 88 anni sembra preferire la musica alle parole per comunicare chi è e qual è il suo intento. «Sì, ci sono pazienti che stanno qui a lungo, scendono quando sanno che ci sono», dice Vodret. Suonava anche alla stazione della Metro, a Monserrato: «In piazza Repubblica i vandali avevano distrutto il piano», ricorda con sdegno. Ma rispetto all’uditorio dei passeggeri, quello del Businco ha un altro senso: «In passato ho fatto volontariato all’ospedale civile. Ascoltavo e parlavo con chi stava male. Qui dall’estate scorsa faccio lo stesso con la musica. C’è tanta gente che passa, alcuni non tornano più. Suono per tutti». Buona parte si ferma, ascolta la sua musica. Sorride. L’ha fatto anche una donna in sedia a rotelle, con la mascherina sulla bocca: si è visto dagli occhi.


Un papà cicogna rimasto solo ad accudire i quattro piccoli dopo che la mamma è morta lo scorso fine settimana a causa di un cavo ad alta tensione.

da facebook

 

Un papà cicogna rimasto solo con quattro piccoli dopo che la mamma è morta lo scorso fine settimana a causa di un cavo ad alta tensione. 🕊️💔
Per fortuna, ha accettato l’aiuto degli esseri umani: tre volte al giorno, un uomo sale sul nido e nutre sia i cuccioli che il papà.
Un gesto di amore che supera le specie. ❤

 

13.5.25

ipocrisia degli anti islamici e del'islamfobici gl immigrati no i regimi e di doni dei governi si ?il caso del regalo dell'arabia saudita a Trump

 

una  delle immagini dell'aereo donato
a  trump dll'arabia saudita  
Abbiamo avuto conferma che i musulmani che arrivano sui barconi fanno schifo e non li vogliono e se muoiono se la sono cercata.Se invece i musulmani regalano un aereo da 400 milioni all’uomo più potente del mondo, nonché milionario, allora sono buoni e meritevoli di rispetto.Se quello stesso aereo fosse però stato donato per aiuti umanitari, allora forse avrebbero fatto schifo in quanto musulmani.Il problema non è solo essere islamofobi. Il problema è che a loro fanno schifo i poveri.islamofobia

                                                  Arianna (@ariannastrega) • Threads

L'INTELLINGENZA ARTIFICIALE PORRA' FINE AI CANTAUTORI ? «Finti amici vestiti da lupi...» Ecco la canzone per Emanuela Orlandi scritta dalla AI

https://fai.informazione.it/


 Il brano creato dall'intelligenza artificiale: «Per un gioco ingenuo sei finita in mezzo ai grandi...»

                   Fabrizio Peronaci / CorriereTv

Si intitola «La città nella città», con un riferimento indiretto al Vaticano, la canzone scritta dall'intelligenza artificiale (AI) su impulso di Marco Arcuri, il consulente fonico entrato di recente nel caso Orlandi-Gregori. Il testo si rivolge sia a Emanuela sia a Mirella, scomparsa il 7 maggio 1983. La melodia è d’impronta cantautorale, i versi sono giocati su assonanze e anafore e il ritornello tende a restare a mente. Motivetto orecchiabile. «Finti amici vestiti da lupi / e bastardi pagati per soldi / vi hanno preso la vita in un lampo / vi hanno usato senza via di scampo...».  


 essa  descrive benissimo  il  caso   di Manuela e Mirella    ,  ma  sopratutto spiega  perchè   alcune  ersone  sentite  dalla  comissione   d'inchiesta  dello stato italiano hano  chiesto    la  secretazione  della loro  seduta  . 

aspettiamo prima di definire papa Leone XIV

cari   amici Maga    e  cari teocon ,   prima definire   il  nuovo pontefice   erede  di bergoglio ,  non sarebbe    meglio aspettare  ?   Infatti  È difficile prevedere che papa sarà Leone XIV
Oltre a essere poco inquadrabile nello schema fra "conservatori" e "progressisti", certe sue dichiarazioni risalgono ormai a diversi anni fa  come    riporta   


 ilpost.it  Venerdì 9 maggio 2025

È difficile prevedere che papa sarà Leone XIV
Oltre a essere poco inquadrabile nello schema fra "conservatori" e "progressisti", certe sue dichiarazioni risalgono ormai a diversi anni fa





Da quando il cardinale statunitense Robert Francis Prevost è diventato Leone XIV i giornali di tutto il mondo hanno iniziato a cercare informazioni sul suo conto, per capire cosa aspettarsi dal suo papato in base a quello che ha detto e fatto in passato. È un’operazione complicata, per molte ragioni: prima di tutto perché Prevost non è facilmente inquadrabile dentro a categorie come “progressista” o “conservatore”, per quanto valgano dentro la Chiesa.
Sebbene sia tendenzialmente considerato più assimilabile alla prima, per tutta la sua carriera ha svolto incarichi di mediazione e di recente sono riemerse alcune sue dichiarazioni assai poco accoglienti nei confronti delle persone omosessuali. Peraltro sono premesse del tutto simili a quelle con cui iniziò il mandato di papa Francesco, che almeno all’inizio era considerato un candidato di compromesso e non apertamente schierato: su molte questioni, per esempio la migrazione e il cambiamento climatico, fu poi chiaro il suo allineamento a sinistra.
Prevost inoltre sarà un papa con un profilo mai visto, per tante ragioni: non sarà solo il primo papa statunitense ma anche il primo boomer, nato cioè subito dopo la Seconda guerra mondiale, e anche il primo papa ad appartenere all’Ordine di Sant’Agostino nella storia della Chiesa. Le sue dichiarazioni passate poi non coprono tutte le questioni di cui dovrà occuparsi da papa: sappiamo poco, per esempio, su cosa pensi delle disastrate finanze del Vaticano.
A giudicare da diverse sue dichiarazioni passate sembra comunque piuttosto allineato a papa Francesco, che nel suo discorso inaugurale ha citato più volte, su un’idea di chiesa accogliente, sull’attenzione ai paesi non occidentali e alle persone migranti.
Prevost ha parlato più volte della necessità che la Chiesa diventi una «tenda», immagine cara anche a papa Francesco, in cui c’è posto per tutti, senza esclusioni o rigidità ideologiche. «Quando un’ideologia diventa, per così dire, il padrone della mia vita, allora non posso più dialogare con un’altra persona perché ho già deciso come andranno le cose. Pertanto, sono chiuso all’incontro e la trasformazione non può avvenire», ha detto Prevost durante un’intervista con l’ordine agostiniano italiano.
Nei suoi discorsi pubblici poi Prevost insiste spesso sul suo passato da missionario in Perù, un paese di cui ha anche ottenuto la cittadinanza, e sulla necessità di una Chiesa che non respinga nessuno. Jesus Leon Angeles, coordinatrice di un gruppo religioso di Chiclayo che lo conosce dal 2018, ha detto a Reuters che negli anni Prevost ha dimostrato attenzioni speciali per i molti migranti venezuelani che si sono rifugiati in Perù scappando dal regime di Nicolás Maduro. Al contempo, Prevost non ha fatto mai dichiarazioni esplicite sulla necessità di accogliere le persone migranti.
Anche sul cambiamento climatico Prevost sembra allineato a papa Francesco: durante un convegno del 2023 in Vaticano disse che era ora di passare «dalle parole ai fatti» verso una maggiore sostenibilità: dall’altra parte non è solito criticare il sistema economico che ha originato il cambiamento climatico né tantomeno il modello capitalista, due punti su cui invece papa Francesco era molto più duro.
Nelle ultime ore sono state molto commentate alcune sue dichiarazioni del 2012 per indicare una sua ostilità ai diritti delle persone LGBTQ+. Quell’anno in un discorso ad altri vescovi si lamentò del fatto che nei media occidentali e nella cultura pop venissero promosse «idee e pratiche in contrasto con il Vangelo», citando fra queste «stili di vita omosessuali e modelli di famiglia alternativi, comprese le coppie dello stesso sesso e i loro bambini adottati». Quando era vescovo di Chiclayo, in Perù, si oppose invece a un’iniziativa del governo di introdurre gli studi di genere nelle scuole, dicendo che «la promozione dell’ideologia di genere confonde, perché cerca di creare generi che non esistono».
Sono dichiarazioni significative, ma di diversi anni fa: è insomma difficile capire che posizionamento avrà durante il suo pontificato solo a partire da queste, oppure se nel frattempo Prevost abbia cambiato idea, in un senso o nell’altro.
Sappiamo invece che è generalmente contrario al coinvolgimento delle donne in ruoli di potere all’interno della Chiesa. Nel 2023 durante una conferenza stampa disse che «estendere il sacerdozio alle donne non risolve necessariamente un problema, ma potrebbe crearne uno nuovo»: è la tesi principale della fazione conservatrice della Chiesa contro un maggiore coinvolgimento delle donne, richiesta ormai da anni dalle fazioni più progressiste.
Anche su questo tema però è possibile che le sue opinioni siano più sfumate di quanto sembrino: quando nel 2023 papa Francesco nominò tre donne al Dicastero per i vescovi, il dipartimento del Vaticano di cui è stato a capo dal 2023 all’aprile del 2025, Prevost disse che «il loro punto di vista è un arricchimento», e che la loro nomina indicava «una partecipazione vera, reale e significativa».
Per quanto riguarda gli abusi sessuali Prevost è stato coinvolto tangenzialmente in due casi, uno in Perù e uno negli Stati Uniti. In entrambe le occasioni è stato accusato di avere gestito male le accuse nei confronti di sacerdoti a lui vicini: in compenso nelle più recenti dichiarazioni pubbliche su questo tema Prevost è sempre stato molto netto. In un’intervista del 2023 con Vatican News, per esempio, disse: «Il silenzio non è la soluzione. Dobbiamo essere trasparenti e sinceri, accompagnare e aiutare le vittime, perché altrimenti le loro ferite non si rimarginano mai. C’è una grande responsabilità in questo, per tutti noi».

12.5.25

post it di gliulia Acerba

Andiamo in giro con dei post-it che ci attacchiamo addosso da soli o che ci facciamo attaccare dagli altri. Alcuni dei miei post-it stavano su con il Super Attak e c’erano scritte cose del tipo: sei incostante, in piscina durerai poco sei in carne, non dimagrirai scrivi cose autobiografiche, non hai tanta fantasia, ti vergogni a leggere in pubblico e la letteratura fantastica non ti piace. Un martedì mattina Michela, la mia osteopata, mi ha detto “devi passare in acqua più tempo possibile”. Un giovedì un angiologo mi ha detto “nuotare le fa bene” e io mi sono detta: beh allora mi iscrivo in piscina! Costume, occhialini,accappatoio, cuffia, bagnoschiuma, shampoo e infradito. Ho trovato la piscina giusta per i miei orari e dentro quella piscina Vittorio, un istruttore paziente e preso bene che, vasca dopo vasca, mi ha fatto capire cosa fossero le endorfine. E poi Irene, un’istruttrice discreta e appassionata. Mi ha insegnato come mettere la testa a dorso e come respirare a stile. In acqua, insieme a me, persone di tutte le età, tutte molto accoglienti. IL PRIMO POST-IT È CADUTO. Un lunedì mi sono svegliata e mi son detta “smettila di lamentarti della pancia” e ho cercato una nutrizionista. L’ho trovata, sono andata da Marta in un giorno di pioggia di gennaio. Ho scoperto una ragazza gentile e preparata che ha capito che senza pizza e Nutella non potevo vivere e, con molta professionalità, passo dopo passo, mi ha insegnato a nutrirmi senza sfondarmi. Ho dovuto inserire parole nuove nella lista della spesa: farina di avena, yogurt greco, cous cous, burro d’arachidi, feta, pollo, piadine. In un anno sono dimagrita 10 chili. IL SECONDO POST-IT È CADUTO. Un giorno Facebook mi ha proposto la pubblicità di un corso di scrittura lungo, da ottobre a maggio. L’ho letto, l’ho riletto, lo sapevo quasi a memoria. Sentivo che dovevo darmi una possibilità con la scrittura. Si poteva scegliere fra 4 insegnanti. Per me scegliere è molto molto difficile. Allora ho chiesto consiglio a Giulia, una mezza parente, e lei me lo ha dato. Ho scelto di fare OVER30 con Loredana, Silvia e Marta. Di loro non sapevo nulla. Loredana nella presentazione del suo corso avevo scritto di vampiri, draghi e fantasmi. Oddio, non è che sto facendo una cazzata? Silvia aveva scritto che ci avrebbe fatto disimparare con autori che io non avevo imparato quindi ho pensato che avrei potuto farcela. Marta aveva scritto che avrebbe messo in mezzo il corpo e infatti all’inizio non l’avevo scelta perchè un post-it mi diceva “corpo no! Corpo no!”, ma poi mi sono lanciata. A ottobre 2024 sono andata per la prima volta a Torino, alla Scuola Holden con un quaderno carino e la mia penna preferita. Ci sono tornata a novembre, dicembre, gennaio, febbraio, marzo, aprile e infine maggio. 8 fine settimana in mezzo a persone che non sapevano nulla dei miei post-it, del disordine del mio armadio o di che faccia abbia mio fratello. Persone sconosciute che piano piano si sono svelate, e io con loro. Ho avuto due grandi privilegi: essere guardata, letta, ascoltata da corpi nuovi. Guardare, leggere e ascoltare corpi nuovi. In un anno ho scoperto che ho fantasia, che mi piace anche la letteratura fantastica, e leggere a voce alta davanti agli altri, anche col microfono. IL TERZO POST-IT È CADUTO. Ho scoperto anche che negli occhi delle persone, se guardi bene, puoi trovare: l’intelligenza artificiale, la nonna morta, la rabbia, il passato fricchettone, la poesia di una sirena, il dispiacere di una sorella, un disturbo alimentare o un delitto da risolvere, l’attesa per un’adozione, lo sconforto per l’oppressione in Palestina, le scuse o le lame per un amore passato, un padre in fin di vita, la Resistenza, ma anche Anna Magnani incazzata con Ingrid Bergman, lo yoga che ti appisola, una mamma che ami e odi, Agnelli che piange il figlio suicida, un narcisista distruttivo, Maria Montessori mamma, un mondo senza arte e una città che dopo 7 anni non si fa ancora chiamare casa. NON SO QUANTI POST-IT SIANO CADUTI A QUESTO GIRO. Nel mondo è pieno di gente che ci attacca i post-it addosso, siamo noi i primi. Pare, però, che ci siano anche persone che ti si palesano davanti per staccarteli, quei post-it, e tu gli puoi anche dire “Hey, come ti permetti? Ci ho messo una vita per attaccarli così bene, ci sono affezionata! Lasciameli!”, ma loro niente. Sono come dei super-eroi in borghese. All’inizio sembrano invisibili, ma poi, se alleni l’occhio, impari a riconoscerle. E una volta che le riconosci e le fai entrare nella tua vita, speri che ti si appiccichino addosso come i Post-it Super Sticky, i migliori sul mercato.

Giulia Acerba

11.5.25

altro che panchine e scarpe rosse questo si che è un bel gesto .poeta di Serra cerca di sensibilizzare su un argomento sempre più tristemente presente nella cronaca sostituendo in tre vie della Capitale l'intitolazione alle donne uccise


Poeta della Serra ribattezza le vie romane con i nomi delle vittime di femminicidio
Il poeta di strada originario di Matera che da anni affida la sua poesia a muri di città italiane e cassonetti.
Un modo per "lasciare un segno positivo" scrive su Facebook .
Convinto che la poesia di strada “rappresenti il futuro” con un post su Instagram poeta di Serra cerca di sensibilizzare su un argomento sempre più tristemente presente nella cronaca sostituendo in tre vie della Capitale l'intitolazione.




"Stamattina ho ribattezzato alcune vie del centro di Roma dedicandole alle ragazze vittime di femminicidio: via Tomacelli diventa via Ilaria Sula, via della Caravita diventa via Giulia Cecchettin, via della Scrofa diventa via Laura Papadia", ha scritto a commento del video.
Tre vie, tre femminicidi che hanno sconvolto le cronache e che sono rappresentativi del fenomeno. Quello di Giulia Cecchettin uccisa dal fidanzato l'11 novembre 2023. E quelli più recenti di Ilaria Sula, la studentessa ternana scomparsa di 25 marzo e ritrovata in un dirupo dentro una valigia, uccisa dall'ex fidanzato. Infine il femminicidio di Spoleto, quello di Laura Papadia, uccisa dal marito forse perché voleva un figlio.

in viaggio verso nuovi orizzonti


 

per i complottisti Le morti improvvise sono tutte colpa del vaccino anti Covid.

Ogni volta che viene pubblicato un articolo nel quale si parla della morte improvvisa di una persona, ci sono i/le commentatori/trici che dicono che la morte sia certamente imputabile alla somministrazione del vaccino anti Covid, perché prima queste cose non accadevano. Questi commenti che si leggono qui come in tutte le altre testate, e non solo , sono privi di qualsiasi fondamento, senza sapere nulla di quanto sia realmente accaduto alla persona deceduta, mi domando a chi o cosa servano, visto che nessuno ha la certezza della causa della morte sino all'eventuale autopsia.

Ho quasi 50 anni e ricordo morti improvvise di giovani, ragazzi, donne, uomini già da 30/40 anni fa, quando il vaccino anti Covid neanche esisteva,ma esistevano altri tipi di vaccini, anche quelli da qualcuno demonizzati, che hanno contribuito a combattere e debellare le malattie anche se con effetti colaterali . Ma quale farmarco non li ha ? Basta andare a farsi un giro in cimitero per accorgersi di quanti giovani morivano anche prima. Quale era la differenza? Che prima non esistevano i social che sono una cassa di risonanza enorme, arrivano a chiunque, informano in tempo reale su tutto il mondo e danno a tutti la possibilità di scrivere la propria opinione su tutto spesssimo se la minima conoscienza dell'argomento . Ma soprattutto senza umiltà e autocritica qual'ora si sbagli e le tue tesi vengono smentite da ulteriori studi e dalla realtà dei fatti

Mirko Farci, 19 anni, moriva esattamente quattro anni fa, ucciso a coltellate per salvare sua madre Paola Piras dal suo omicida, il pakistano Masih Shaid. Il suo ricordo nel giorno della festa della mamma…

Oggi per la  festa  della mamma   voglio   raccontare  qualcosa  di  diverso dal  solito   fiume  di melassa   zuccherina  .  E lo   faccio ricordardo questo episodio avvenuto esattamente  4  anni  fa  




Mirko Farci, 19 anni, moriva esattamente quattro anni fa, ucciso a coltellate per salvare sua madre Paola Piras dal suo omicida, il pakistano Masih Shaid. Il suo ricordo nel giorno della festa della mamma…

Quattro anni fa moriva Mirko Farci, aveva appena 19 anni. Fu ucciso a coltellate dal 31enn pakistano Masih Shaid, poi connato all’ergastolo. Mirko usò il suo corpo come scudo per frapporsi tra Shaid e sua madre Paola Piras, mentre veniva accoltellata decine di volte dal pakistano, col chiaro intento di ucciderla.Paola Piras si salvò e grazie al sacrificio di Mirko, dopo il coma, tornò dai suoi figli, fratelli di Mirko. Mirko invece non ce la fece: una delle coltellate ricevute gli perforò il polmone e spirò.L’omicidio avvenne a Tortolì a casa di Paola Piras nella quale il pakistano, ex compagno della Pinna, si intrufolò all’alba come un ladro con l’intento a suo dire di un chiarimento con la donna. Shaid ha addirittura dichiarato in sede di processo che fu Mirko ad aggredirlo per primo, pur di discolparsi.
Fatto sta che da quattro anni Mirko non c’è più. Quel ragazzo solare, pieno di vita, che col suo sorriso ci ha colpito tutti, ha finito la sua vita da eroe. Non potevamo non ricordare il suo sacrificio nel giorno della festa della mamma.

ho rivisto la versione di Netflix de Il gattopardo e il documentario il gattopardo dietro le quinte ed ho cambiato idea

 Ho rivisto  a  mente  freddda  e lontano  dalle  polemiche   che  tale  fiction  ha  creato    fra  i   "fans"  del  Il Gattopardo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e il celeberrimo film omonimo del 1963, prodotto da Goffredo Lombardo e diretto da Luchino Visconti, vincitore della Palma d'Oro ,   ho   visto    su  netlix  il Gattopardo  speciale  dietro le quinte   che  mi  ha  portato  a  rivedere sorattutto  nei  passaggi  più emblematici    l  'omonima serie televisiva    netflixiana ,  e  quindi     le mie  posizioni  espresse  precedentementenel post  : << Il gattopardo di netflix parodia   o  telenovela   ? >>.
Con il senno di poi ( lo so che senno di poi son piene le fosse (anche nella versione del senno dipoi n'è ripien le fosse , ma solo chei non cambia idea e rimettere indiscussione le propiuire concezioni è uno stupido  )  posso dire  che    è  un buon  kolossal  e  che  Merlo   ,  forse abituato  alla  versione classica  di  Visconti   ,  lo  vede  solo ed  esclusivamente  come  negativo  non tenendo conto  dello sforzo  che c'è  stato  dietro  (  consiglio oltre questo link   anche d  vedereil docuentario     citato di  netflix  ) soprattutto nella  colonna  sonora     per : rimanere il   più possibile fedeli  al contesto del romanzo   e  del periodo storico  ,  evitare cose  troppo moderne   e snaturare l'operain questione    .
A mio  viso    da  quel    chje ricordo  da studi fatti  e  dalla  trama letta su internet  Il  romanzo non viene  tradito  Anzi si  da dignità  al personaggio di concetta  trascurato nella  prima  versione cinmatografica, anche se  secondo  me    andava  ancora  più approfondita   magari  più della   semplice  durata  di mezzora  ( il tempo di durato  degli episodi ) o  forse    con  uno \  due  espisodi in  più  raccontando meglio  la  situazione   dopo matrimonio  rifiutato  di concetta   ma   qui   correbbe   il rischio   di una probabile  banalizzazione  dell'intera  serie . Posso dire     che  per me  che   fin ora  avevo visto la  visione   cinematografica  di  Visconti  , questa serie  di Netflix   è un invito a  leggere    il romanzo originale  .  voto  6+

10.5.25

SI POSSONO CREARE DELLE ECCELLENZE SENZA LAUREE ? SECONDO ME SI . IL CASO DI Ernesto Colnago famoso costruttore di biciclette da corsa e fondatore dell'omonima azienda.



FONTI   FANPAGE  E   CORRIERE DELA SERA 10\5\2025

“Ho pianto, non mi vergogno”: Ernesto Colnago, leggenda delle due ruote, laureato a 93 anni
Ernesto Colnago, leggenda del ciclismo e pioniere delle bici in carbonio, ha ricevuto a 93 anni la laurea ad honorem in Ingegneria dal Politecnico di Milano. Da contadino a innovatore, ha rivoluzionato il
ciclismo e ora guida i giovani con passione e memoria.A 93 anni, come il suo mentore Enzo Ferrari, Colnago ha coronato un sogno interrotto nel 1942, quando fu costretto ad abbandonare gli studi per lavorare e sostenere la sua famiglia. Giovedì scorso, è arrivato il tributo di un'importante istituzione accademica a uno dei più grandi maestri della meccanica artigianale italiana.


  



Come il suo mentore Enzo Ferrari, l’ingegner Ernesto Colnago ha ricevuto da adulto, a 93 anni, quella laurea magistrale che non aveva potuto prendere in aula da giovane
Il primo logo delle biciclette Colnago:
 un'aquila che cavalca una freccia.
 Gliel’ha conferita giovedì scorso il Politecnico di Milano per «aver concepito numerosi gioielli della meccanica», come ha spiegato la rettrice Donatella Sciuto, introducendo soluzioni tecniche innovative nel disegno dei telai della bici, della sezione
dei tubi e dell’uso del carbonio, ha precisato Lorenzo Dozio, preside della Scuola di Ingegneria Industriale. Conseguita la licenza elementare nel 1942, il più celebre costruttore di biciclette del mondo dovette interrompere gli studi a 13 anni per entrare nell’officina di Dante Fumagalli a Cambiago, periferia milanese, riparando e saldando tutto quello che era riparabile e saldabile: bici, motorette, auto e perfino trattori.
Com’è andata al Politecnico, ingegner Colnago?
«Ho pianto, non mi vergogno di dirlo. Ho pensato a mia moglie Vincenzina che non c’è più, la roccia su cui mi sono sempre appoggiato, a quanto veloci sono passati gli ultimi ottant’anni e a quanto mi mancava non aver proseguito gli studi. C’erano tanti amici e tanti dei corridori che hanno usato le mie bici»

il “vino nuragico” fermentato nelle anfore antiche di Sant’Imbenia L’idea è dell’artigiano nuorese Antonio Arcadu: i primi esemplari di “Simbenia” presentati in una conferenza a Lussemburgo


Proprio come  gli antichi nuragici    ( qui  su : «InsideSardinia: Il vino in epoca nuragica.»  di https://www.medasa.it/insidesardinia maggiori  informazioni  )  l’artigiano nuorese Antonio Arcadu  ha   avuto  ll'idea  di riprorre    un metodo  antico   .  Ecco    cosa  ha  fatto  

  dallla  nuova  sardegna  del  10\5\2025  

                                         di Paolo Ardovino


Sassari
 Una passione può portare lontano. Geograficamente, dalla Sardegna al centro dell’Europa, per esempio. E nel tempo, dai giorni nostri a duemila anni e passa indietro. Tutto racchiuso in calici di vino bianco. Vino bianco nuragico. Realizzato come facevano gli antichi.Circa 48 ore fa nel Teatro gallo-romano di Dalheim, cittadina nel sud del Lussemburgo, i riflettori puntavano un progetto, portato avanti da un ambizioso artigiano sardo, che ricrea le anfore nuragiche e ora come allora le usa per la vinificazione. Sono nate le prime bottiglie, sperimentali, di vino fatto tale e quale a due millenni fa. Dentro, gli stessi sapori dei nostri avi.
Antonio Arcadu, nuorese, artigiano industriale e modellista per un grande marchio motociclistico, insomma un’eccellenza dell’isola, ha dato sfogo, con il progetto “Simbenia”, a una ricerca cominciata qualche anno fa. Visitando le cantine italiane, della Francia, della Spagna, e del Giappone, scopre l’antica tradizione della vinificazione dentro le anfore di terracotta. Contestualmente, il fulcro diventa Alghero. Il sito archeologico di Sant’Imbenia, proprio lì dove sono state ritrovate delle antiche anfore nuragiche. Sembra un segno del destino. «Devo ringraziare la professoressa Anna Depalmas per il prezioso contributo nella ricostruzione fedele».
 Docente di Preistoria e protostoria all’Università di Sassari e direttrice del Ripam, Depalmas ha definito le proporzioni esatte. Così Arcadu, con gli artigiani di Artenova Terrecotte, ne ha create sette.Non erano solo dei contenitori per permettere alle merci, e al vino stesso, di viaggiare nel bel mezzo degli scambi del passato. Sì, ma c’era ance l’aspetto della vinificazione. «Le stesse anfore di Sant’Imbenia probabilmente erano capaci di avere tre funzioni: quella di trasporto, confermata dagli studiosi, ma anche di fermentazione e affinamento», spiega Arcadu, che ha quindi creato una rete europea.«L’anno scorso ho deciso di dare forma a una sperimentazione concreta e ho coinvolto produttori con visioni differenti». Ha lanciato la proposta alla Cantina Gostolai di Oliena. Poi alla cantina lussemburghese Domaine L&R Kox. Dieci anni prima, Corinne Kox aveva introdotto un processo con l’uso di antiche giare di terracotta georgiane, le “kvevri”, per realizzare un metodo di vinificazione riconosciuto addirittura dall’Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Dunque, si è aggiunto un terzo produttore, La Torretta bio di Grottaferrata, a Roma. Tutte e tre hanno presentato il loro vino, tre bianchi, al pubblico che ha partecipato alla conferenza di Dalheim, in platea anche istituzioni e l’ambasciatore italiano in Lussemburgo.«Il sapore? La gradazione è uguale ai vini che siamo abituati a bere oggi, ma questi primi esemplari sperimentali sono risultati molto fruttati, ricchi, organoletticamente completi. La fermentazione in anfora permette di sfruttare al massimo l'uva», dice l’artigiano ideatore. La cantina sarda, che non aveva mai provato una procedura del genere, ha ricevuto molti complimenti e ha lavorato con uve arvisionadu. Gli altri due vini sono stati realizzati da vitigni di Trebbiano e Auxerrois.

Un informatico italiano luigi simonetti e andrea miccoli collega un Commodore 64 a ChatGPT usando un Raspberry Pi. Il retrocomputing incontra l’intelligenza artificiale.

 Un Commodore 64 collegato a ChatGPTè il risultato di un progetto realizzato da un informatico ingegnere e imprenditore italiano, Luigi Simonetti, è riuscito ad acquisirlo, dando alla luce la Commodore Industries Srl 
Esso   è stato  capace di far dialogare uno dei computer più iconici degli anni ’80 con uno dei sistemi di intelligenza artificiale più avanzati attualmente disponibili.  L’iniziativa mostra come sia possibile integrare tecnologie distanti decenni grazie a una combinazione di ingegno tecnico, protocolli moderni e hardware adattato. Commodore 64 e ChatGPT: un esperimento italiano collega passato e futuro L’esperimento, realizzato da Andrea Miccoli, appassionato di retrocomputing e sistemi embedded, dimostra che anche un dispositivo con 64 KB di RAM e un processore a 8 bit può comunicare con modelli linguistici ba
sati sul cloud, se opportunamente interfacciato.
Un’interfaccia moderna per un sistema vintagePer realizzare la connessione, il Commodore 64 è stato collegato a un Raspberry Pi, che funge da ponte tra l’hardware d’epoca e i server di OpenAI. Il computer invia richieste testuali, che il Raspberry converte in chiamate API verso ChatGPT. Le risposte dell’intelligenza artificiale vengono poi restituite sullo schermo del C64.Il sistema sfrutta la porta seriale del Commodore e una piccola interfaccia sviluppata in linguaggio macchina, ottimizzata per ridurre al minimo la latenza.
 La comunicazione è testuale e lineare, compatibile con la modalità a 40 colonne del sistema originale, con risposte in tempo reale compatibilmente con la velocità del bus dati.Questo approccio dimostra che anche macchine con risorse estremamente limitate possono accedere a servizi cloud, sfruttando dispositivi intermedi capaci di tradurre i protocolli moderni in segnali compatibili con hardware vintage
Il progetto ha richiesto ottimizzazione del codice, gestione della memoria e controllo preciso della comunicazione seriale, operazioni che normalmente superano le possibilità di un dispositivo a 8 bit. L’uso di un sistema intermedio come Raspberry Pi ha permesso di aggirare questi limiti, ma il lavoro di Miccoli si è concentrato soprattutto sulla programmazione del Commodore 64, per garantire una comunicazione stabile.
L’interfaccia grafica minimale, compatibile con i caratteri PETSCII del C64, permette un’interazione base con ChatGPT, trasformando l’esperienza in una simulazione realistica di come sarebbe stato l’accesso a un assistente IA negli anni ’80, se la tecnologia lo avesse permesso.
zzato, il progetto ha richiesto anche configurazioni personalizzate del sistema operativo del Raspberry Pi, per adattarsi al ritmo e alle esigenze del Commodore.L’integrazione tra retrocomputing e intelligenza artificiale non rappresenta solo un esercizio tecnico, ma anche una riflessione sull’evoluzione tecnologica. Il contrasto tra i limiti del Commodore 64 e la complessità dei modelli linguistici moderni evidenzia quanto il progresso dell’informatica abbia ampliato le possibilità di interazione tra uomo e macchina.
Il progetto ha attirato l’attenzione della comunità internazionale, diventando un esempio di come sia possibile far dialogare dispositivi distanti quasi mezzo secolo. L’iniziativa si inserisce nel solco delle sperimentazioni che usano hardware storico per accedere a servizi cloud o reti moderne, spesso sfruttando l’interesse crescente verso l’informatica vintage.

Infatti Nei giorni scorsi, a beneficio di tutti coloro che negli anni ’80 hanno acquistato e utilizzato con soddisfazione un computer Commodore, ha fatto capolino una nuova distribuzione Linux. Si tratta di Commodore OS Vision 3.0, un sistema operativo progettato per rivivere e reinventare l’esperienza di computing degli anni d’oro dell’informatica personale. È un rivale di Windows 11 ?   la risposta   la troivate  qui  su quest  articolo   : <<  Commodore OS Vision 3.0 contro Windows 11: non dovete recuperare il computer anni '80 dalla soffitta >>  di  https://www.ilsoftware.it/

9.5.25

«Riscoprire la carta e il suo profumo» «Valorizzare i prodotti editoriali»


unione  sara del 9\5\2025
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I racconti e le esperienze condivise degli edicolanti esprimono la passione per un mestiere antico. Il loro ruolo resta immutato, accanto alla gente: persone pronte a regalare una parola di conforto o di confronto. «Ho iniziato questa attività quattordici anni fa. La mia edicola si trova a Cagliari davanti all’Ospedale di via Is mirrionis, il Santissima Trinità. Appartiene a un quartiere popolare che abbraccia il presidio ospedaliero e, di certo, i pazienti, i loro familiari, oltre che chi abita nella zona», racconta l’edicolante Roberta Murru, parlando del suo mestiere, di cui apprezza, soprattutto, il contatto con le persone.
«Porsi in ascolto di ciò che il cliente vuole condividere è fondamentale nella nostra professione. Non solo verso la clientela abituale ma anche nei confronti di quella di passaggio», continua. L’edicola è, davvero, uno spazio in cui ritrovarsi, confidarsi, persino. La gente deve riscoprire il profumo della carta: «Bisogna puntare sui giovani che possono apprezzare il rapporto umano che si crea ancora nelle edicole e che, invece, si perde nei meandri della rete telematica».
Un racconto di profonda empatia quello descritto dall’edicolante di Cagliari che riceve affetto e fiducia dai suoi clienti. La risoluzione delle criticità che colpiscono il settore necessita di piccoli passi e riconoscimenti: «Spero in un aiuto da parte delle istituzioni per far rinascere le edicole che si confermano molto importanti per i quartieri». Roberta Murru auspica come molti suoi colleghi uno stravolgimento del contratto nazionale che possa dare nuova linfa al mestiere. «Sarebbe utile promuovere una corsia preferenziale dei prodotti editoriali rispetto alle vendite nei supermercati, per esempio. Nella grande distribuzione i giornali, spesso, sono riposti in un angolo e dopo una veloce lettura sono lasciati negli scaffali a loro destinati. Le nostre edicole sono tanto di più».



Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...