visione \ recensione che leggerete oggi del film Stranizza d’amuri che porta lo stesso titolo della canzone di Franco Battiato (¹) pubblicata nel 1979 nell’album L’era del cinghiale bianco , andato miracolosamente in onda su una rai sempre più filogovernativa
un immagine del film
miracolosamentre senza censure \ tagli o richieste degli intransigenti reazionati ed omofobi in prima serata sabato 5 luglio 2025 è una risposta a tale post (vedere sotto ) con cui ho avuto una discussione su fb
perchè schifo ? cosa ne sappiamo noi . cosa c'è dietro quella scelta e dei problemi psicologici che essa ha comportato e comportata . e poi almeno lo ha fatto alla luce del sole invece di altri che lo nascondono e hano atteggiamenti omofobici metre in privato .... si comporta o come il protagonista pseudo etero di questo video. e sai quanto ne conosco
Gian Paolo Romanino io non sto come ho detto anche nwl commento precedente giudicando ma criticando perchè quello che hanno scritto non è pensare diversamente ma insultare. cmq grazie del suggerimento lo terrò presentr percla prossima volta.
Infatti esso è un film duro ed indigesto per i benpensanti o meglio quelli che ben pensano (²) ben inquadrato il contesto della vicenda ( la sicilia e in particolare il sud fra gli anni 70\90 ) , nonostante i passi in avanti ma ancora troppo pochi soprattutto nel sud d'italia ma anche no basta vedere le reazioni dei ragazzi quando fu proierttato in un cinema roma( se non erro ) per le scuole il film il ragazzo dai pantaloni rosa tratto anch'esso da una storia vera un ragazzo suicidatosi per bullismo omofobico , della vicenda reale ( qui per maggiori dettagli la storia della vicenda del film recensito ) .
Esso e una Una bella storia prima d'amicizia poi divenuta amore
[-- ] Perché nel cuore c’è arcobaleno di parole inutili bugie… per non morire. E quante lacrime per un amore che poi in fondo colpe non ne ha. Nessuno merita di odiarsi perché non si accetta, il mondo pensa che è diversa un solo bacio e si imbarazza poi condanna una carezza perché crede malattia o una sporca fantasia quella che da sempre è la storia solo mia [...] (³)
Infatti miracolo che il Moige e i pro familia /pro life non abbiano fatte le barricate come quando in rai andò dopo diversi tentavi in prima serata e senza censure in prima serata il film ( stessa tematica ) I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain) un film del 2005 diretto da Ang Lee con Heath Ledger e Jake Gyllenhaal, liberamente ispirato al racconto Brokeback Mountain di Annie Proulx che fu pubblicato per la prima volta sulla rivista statunitense The New Yorker il 13 ottobre 1997 il film, di produzione statunitense, debuttò alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, dove vinse il Leone d'oro. Uscì nei cinema statunitensi il 9 dicembre 2005, mentre in Italia è uscito il 20 gennaio 2006. .... dove fra polemiche e tagli ed solo dopo il 2012 ando in onda sua interezza . .... da « I segreti di Brokeback Mountain - Wikipedia »
Scusate la divagazione . riprendiamo il discorso da dove l'avevamo lasciato
Giugno 1982. In una calda Sicilia che freme per la Nazionale Italiana ai Mondiali di calcio,anche se nella realtà i fatti avvennero due anni prima , due adolescenti, Gianni e Nino si scontrano con i rispettivi motorini lungo una strada di campagna. Dallo scontro nasce una profonda amicizia, ma anche qualcosa di più, qualcosa che non viene visto di buon occhio dalle famiglie e dai ragazzi ed la gente del paese.Per il resto è abbastanza fedele, il film lascia emergere tutto il pregiudizio che regnava nei confronti nelle persone omosessuali e che ancora oggi non si è sradicato del tutto, la mancanza di diritti e tutele e l’omertà e la vergogna dell’interno paese nei confronti di una giovane coppia. In realtà il film Stranizza d’amuriè ambientato nel 1982, non nel 1980 anno il cui fatto reale il delitto di Giarrea cui si ispira. la domanda che verrebbe spontanea a questo punto è 🎬 Perché allora il film è ambientato nel 1982?
La scelta di Giuseppe Fiorello di spostare l’ambientazione di due anni in avanti è narrativa e simbolica allo stesso tempo.inContesto storico più vivido: il 1982 è l’anno in cui l’Italia vince i Mondiali di calcio in Spagna. Questo evento fa da sfondo alla storia e crea un contrasto tra l’euforia collettiva e la tragedia personale dei protagonisti.Ma sopratttto perchè cosa strana e i giocatori quando vincono cosi importanti s'abbracciano e si baciano ma nessuno ( salvo le male lingue \ lingua biforcuta ) ha niente da ridire e dice che sono omosessuali Licenza poetica: il film non è un documentario, ma un’opera ispirata a fatti reali. Cambiare i nomi, l’età dei ragazzi e l’anno permette al regista di raccontare una storia universale sull’amore e il pregiudizio, senza vincolarsi troppo ai dettagli del caso di cronaca. Protezione della memoria: modificare alcuni elementi può anche essere un modo per rispettare la sensibilità delle famiglie coinvolte e della comunità locale, evitando una rappresentazione troppo diretta.In sostanza, Il film Stranizza d’amuri di Beppe Fiorello, pur romanzando alcuni dettagli, ha riportato alla luce questa vicenda dimenticata, trasformandola in un racconto di amore, dolore e resistenza.Infatti lo stesso Fiorello ha voluto trasformare un fatto tragico in un racconto di formazione e libertà, mantenendo intatto il messaggio ma rendendolo più accessibile e potente per il pubblico di oggi soprattutto a quelli che benpesano [²] e :« (...) pensa che è diversa\un solo bacio e si imbarazza\poi condanna una carezza perché crede malattiauna sporca fantasia» .... >> [³]
Il film Stranizza d’amuri (2023) di Giuseppe Fiorello ha avuto un ruolo fondamentale nel restituire dignità e visibilità a Giorgio e Toni. Pur romanzando come ho già detto prima alcuni aspetti, il film ha riportato l’attenzione su una storia dimenticata, trasformandola in un racconto universale di amore e discriminazione.Infatti ha ricevuto un’accoglienza molto positiva dalla critica, che ne ha lodato il coraggio tematico, la delicatezza narrativa e l’impatto emotivo.Ecco i principali punti emersi dalle recensioni: Debutto potente per Beppe Fiorello: la critica ha apprezzato il suo esordio alla regia, sottolineando la sua capacità di raccontare una storia intima e dolorosa con grande sensibilità.Stile poetico e autentico: il film è stato elogiato per il linguaggio visivo delicato, la fotografia calda e l’uso della lingua e della musica siciliana, che creano un’atmosfera sospesa tra nostalgia e denuncia sociale.Interpretazioni intense: i giovani protagonisti, Samuele Segreto e Gabriele Pizzurro, sono stati definiti credibili e toccanti, capaci di trasmettere la fragilità e la forza dei loro personaggi.Temi trattati con rispetto: l’omosessualità, l’omofobia e la violenza sono affrontati senza retorica, ma con empatia e profondità Riconoscimenti e premi: il film ha ottenuto diversi riconoscimenti e ha saputo imporsi nel panorama del cinema italiano come un’opera necessaria e coraggiosa. 🎭 Alcune testate, come https://www.cinematographe.it/ hanno sottolineato anche il valore educativo del film, capace di parlare alle nuove generazioni e di restituire dignità a una storia dimenticata.
Altre, come esempio quella di ondacinema.it pur riconoscendo la forza del tema, hanno espresso qualche riserva sulla caratterizzazione dei personaggi secondari, ma hanno comunque riconosciuto la qualità della regia e della messa in scena.
In sintesi,possiamo dire cheStranizza d’amuri è stato accolto come un atto d’amore e di memoria, capace di commuovere e far riflettere.
Non so che altro dire fatelo vedere e guardatelo con i vostri figli\e . Ci sarebbe altro da dire ma preferisco fermarmi qui altrimenti rischio d'essere prolisso o logorroico è quindi annoiarvi e magari fare spoiller visto che il film pur essendo di 2 anni fa non è a differenza di altre produzioni rai su netflix o primevideo e viene , se non erro trasmesso in tv solo ora .
lo so che non è niente di nuovo queello che dice Marlisa d'amico ma è sempre meglio
ripeterlo ad uno stao che prentende di risolvere il problema conla repressione e con leggi tipo le grida manzoniane
Il contesto sociale e gli ambienti di prossimità hanno un ruolo fondamentale nel contrasto alla violenza contro le donne, poiché rappresentano i primi luoghi in cui è possibile intercettare segnali di disagio, offrire ascolto, e creare reti di protezione. La violenza di genere non è solo un fatto privato o individuale, ma un fenomeno profondamente radicato in strutture culturali e relazionali che vanno interrogate e trasformate. È nei legami quotidiani – nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nei gruppi parrocchiali, nelle scuole – che si possono sviluppare anticorpi sociali, capaci di riconoscere e intervenire tempestivamente di fronte a situazioni di rischio. Le parrocchie e le associazioni presenti nelle comunità, proprio per la loro vicinanza concreta alle persone, possono assumere un ruolo di sentinella, di ascolto attivo e non giudicante. Questo significa promuovere una cultura del rispetto, decostruire stereotipi di genere, sostenere l’autonomia economica e psicologica delle donne, educare all’affettività nelle scuole e tra le nuove generazioni giovani. Il cambiamento richiede coraggio e continuità”.
storie di caldo anomalo e boom di granite e limonate , di scelte di vita religiosa , di maturita in sardo e con figli , contestazione sul metodo della maturità . fonti msn.it ed altri siti internet provenienti da tale portale , canali telegram whatsapp ed altri social e i siti
Infatti ha scelto il silenzio in un mondo che urla: nessun rumore, solo preghiera e ascolto. La storia di Anna Maria, 30 anni, va controcorrente: è il racconto di una donna che ha detto "sì" alla vita monastica, in un tempo in cui le comunità religiose femminili si svuotano sempre più velocemente. «I dubbi ci sono, ma proprio per questo resto. Perché non credo nelle certezze blindate. E ogni giorno è un ritorno alla grazia delle origini» spiega al Corriere della Sera. Il cammino Non è stato un colpo di fulmine. A diciassette anni aveva un futuro diverso in mente: un fidanzato, una casa ed una famiglia numerosa. «Ho sempre avuto un’idea fortissima di comunità. Di famiglia larga, aperta. Ma la relazione dopo quattro anni è finita e con lei tutte le certezze». Ne è seguito un periodo di spaesamento, di ricerca. Così si è messa in cammino. La meta? Santiago de Compostela. «In realtà pregavo perché tornasse il mio ex», racconta ridendo. «Camminavo, piangevo, pensavo e facevo amicizia (...). Ogni sera celebravamo l’eucarestia. Sentivo che non ero sola». «Lasciati amare» Rientrata a Milano, la profondità di quel viaggio ha presto lasciato spazio al ritmo caotico e frenetico della vita urbana: tra il lavoro e il volontariato, qualche storiella ma nessun amore davvero duraturo. Qualcosa mancava: sentiva il bisogno di staccare. Si recava a Gorla o a Brescia, nei monasteri e ascoltava se stessa: «Cercavo uno spazio dove ascoltare ciò che il rumore copriva. Un giorno mi sono detta: smettila di pensare troppo. Lasciati amare». Da quel momento è passato un anno: oggi Anna Maria è una Clarissa Cappuccina. Si alza all’alba, vive il ritmo lento della clausura, alterna preghiera e pittura, meditazione e colloqui con chi bussa alla porta. Non fa attivismo, non ha una missione sociale: ha scelto l’interiorità. «Ho trovato un luogo dove mi sento intera». Una voce controcorrente Ultimamente, sempre più comunità religiose femminili stanno chiudendo per mancanza di vocazioni o semplicemente per l'età avanzata delle sorelle: a Milano, nel 2014, erano 159. Oggi le suore sono 117. Nonostante le celle si stiano svuotando, Anna Maria sceglie di restare, di abitare un vuoto che non fa paura, senza sentire la necessità di una vita diversa: «Ogni scelta comporta rinunce. Ma se stai costruendo profondamente qualcosa i dubbi sono occasione per rinsaldare la fiducia e la fede, non per fuggire. A volte, per capire che la vita non si esaurisce nelle cose, bisogna restare lì dove si è».
attività dove assieme alla limonata a cosce aperte? è molto in voga anche la variante sarchiapone
La tradizione degli acquafrescai, a Napoli, come rimedio contro il caldo: Limonate, aranciate e granite sono un pieno di benzina per dissetarsi e integrare i sali minerali?, spiega Claudio Di Dato di Oasi Chiaia dal 1902, storica attività dove assieme alla ?limonata a cosce aperte è molto in voga anche la variante sarchiapone.
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dopo una storia che sembrerà banale , ma in un contesto nazionale sempre più fatto d'incultura cì sono anche dei casi come : il diploma contemporaneo di madre e figliae gli altri tre racconti sotto
Gianmaria Favaretto, 19enne ex studente del liceo scientifico Fermi di Padova, ha compiuto una scelta che fa discutere: si è presentato all’esame orale di maturità, ha firmato il registro e ha dichiarato:
"Signori grazie di tutto, ma io questo colloquio di maturità non lo voglio sostenere. Arrivederci". Un gesto che, come racconta il giovane in un'intervista rilasciata al Mattino di Padova, non è stato frutto di svogliatezza, ma di una riflessione profonda sul sistema scolastico e sul significato dei voti. Una decisione meditata Gianmaria aveva calcolato che i suoi crediti scolastici (31 punti) e i risultati degli scritti (17 nel tema di italiano, 14 in matematica) gli avrebbero garantito la sufficienza, totalizzando 62 punti. "Credo di essere il primo che fa una cosa del genere al Fermi", ha dichiarato. Ma dietro questa scelta c’è molto più di un freddo calcolo: "L’esame di maturità per me è una sciocchezza", ha affermato, criticando un sistema di valutazione che, a suo avviso, non riflette le reali capacità degli studenti. La critica al sistema scolastico "Trovo che l’attuale meccanismo di valutazione degli studenti non rispecchi la reale capacità dei ragazzi, figuriamoci la maturità", ha spiegato Gianmaria. La sua protesta si concentra sui voti, vissuti da molti studenti come fonte di competizione e stress. "In classe c’è molta competizione. Ho visto compagni diventare addirittura cattivi per un voto", ha raccontato, sottolineando come le pressioni di professori e famiglie possano esacerbare questa dinamica. La sua decisione è maturata nel tempo, soprattutto durante l’ultimo anno di superiori, quando ha raggiunto il suo «limite di sopportazione» rispetto a un sistema che sentiva distante dai suoi valori. Il confronto con la commissione Nonostante il suo rifiuto di sostenere l’orale, Gianmaria non ha lasciato la sala senza un confronto. I professori, inizialmente sorpresi, hanno cercato di capire le sue motivazioni. "La presidente è stata rigida, mi ha detto che non sostenendo l’orale insultavo il lavoro dei docenti che avevano corretto i miei scritti", ha rivelato. Tuttavia, dopo un dialogo con i professori interni, che lo conoscevano bene, la situazione si è risolta con un compromesso: Gianmaria ha risposto ad alcune domande sul programma, ottenendo 3 punti aggiuntivi e chiudendo l’esame con 65/100. Lo studio come percorso di crescita personale "In terza sono stato bocciato, mi è servito per maturare. Sbagliando si impara" ha detto, sottolineando l’importanza di apprendere dai propri errori piuttosto che inseguire un voto. Per lui, lo studio dovrebbe essere un percorso di crescita personale, non una corsa al punteggio. La sua scelta di non sostenere l’orale è stata anche un modo per rivendicare la propria autonomia: "Perché dovevo fare una cosa solo perché la fanno tutti? Ho preferito usare la mia testa". La reazione della famiglia La decisione di Gianmaria non era stata condivisa con i genitori, che hanno saputo tutto solo dopo i risultati. "Ho spiegato loro come la penso. Sono stati comprensivi", ha raccontato. Ora, il giovane guarda al futuro: l’università lo aspetta, e con essa nuove sfide per trovare il suo posto nel mondo, lontano da un sistema scolastico che non lo ha mai pienamente rappresentato.
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«Mio figlio nato durante l’esame per il diploma»: per una giovane di Capoterra sessione suppletiva al PoliclinicoVeronica Vacca, 29 anni, è ricoverata da oltre un mese per una gravidanza a rischio: ha fatto in modo di finire gli studi
Veronica Vacca
Un esame di diploma speciale. Unico. Prima rinviato, perché Veronica Vacca, 29 anni, di Capoterra, è ricoverata da oltre un mese al Policlinico di Monserrato per una gravidanza a rischio. Poi per lei è stata allestita una sessione suppletiva: martedì ha sostenuto la prova di italiano, l’indomani quella di economia aziendale. E giovedì insieme agli esiti degli scritti (19 nel tema, 20 la prova tecnica) è arrivato anche Samuele. «Il tempo di rimettermi un pochino – racconta raggiante al telefono – e darò l’orale». Appuntamento domani mattina, sempre al Policlinico, dove il direttore generale Vincenzo Serra ha messo a disposizione il suo ufficio: «Ci hanno aiutato tutti, i docenti, i medici, la direzione sanitaria: ho tante persone che devo ringraziare, soprattutto mio marito Daniele che mi ha sostenuto e mi ha spinto a non mollare gli studi malgrado sia stata costretta a trascorrere in un letto d’ospedale l’ultimo mese di gravidanza». La storia Quella di Veronica è la storia a lieto fine di una ragazza che si è sempre sacrificata e che ha voluto inseguire a qualsiasi prezzo il traguardo del diploma. «Lavoro da due anni come operaia tessile in una sartoria industriale, prima con mio marito avevamo vissuto sette anni in Inghilterra. Lavoravamo in una farmacia, ci siamo messi sotto per imparare l’inglese, proprio quegli anni di studio e di lavoro mi hanno fatto decidere, una volta rientrata in Sardegna, nel 2023, di riprendere gli studi che avevo interrotto in quarta ragioneria. All’Istituto Atzeni ho frequentato le serali, mi sono trovata benissimo, sia con i docenti, sia con i compagni. Quest’anno sono rimasta incinta ma ho continuato a lavorare e studiare, sin quando ho potuto». Il parto Un mese fa i medici l’hanno trattenuta al Policlinico: gravidanza a rischio per lei e per il nascituro. «Non mi sono data per vinta, volevo questo diploma». Non poteva immaginare che il primo figlio sarebbe arrivato tra gli scritti e l’orale: «Parto d’urgenza, Samuele è nato di sette mesi, sta bene ma non l’ho ancora potuto vedere. Lui l’hanno sistemato nell’incubatrice. E anche io devo rimettermi in sesto per gli orali. Mai avrei immaginato un esame così particolare, da sola, in un bell’ufficio, non insieme ai compagni di classe. Non è stato facile». I primi a complimentarsi con lei per l’arrivo di Samuele sono stati, dopo i familiari, i compagni della quinta A, il preside dell’“Atzeni” Maurizio Pibiri, i docenti che l'hanno seguita durante l'anno Daniela Perra, Federico Bacco, Stefano Salaris , Claudia Pinna, Valeria Pinna e Riccardo Pinna e quelli della commissione di esame presieduta da Carla Anedda. «Spero – chiude Veronica Vacca - che la mia storia possa essere un messaggio per tanti ragazzi e ragazze: anche nei momenti più complicati, non bisogna smettere di credere in sé stessi: di sicuro mio marito ed io la racconteremo a nostro figlio quando sarà grande».
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Un esame in sardo: al Liceo Europeo di Cagliari la lingua di casa entra tra i banchi di maturità
Giaime ha discusso in sardo il tema degli esclusi e dei vinti nella storia, partendo dal celebre dipinto I mangiatori di patate di Vincent van Gogh
Giaime Corongiu A portare il sardo tra le mura dell’esame di maturità è stato Giaime Corongiu, studente dell’ultimo anno, che ha chiesto – e ottenuto – di poter svolgere parte del colloquio orale nella sua lingua madre. Un gesto che va oltre la semplice dimostrazione di una competenza linguistica: è un atto d’amore verso le proprie radici, un’affermazione della dignità di una lingua ormai confinata alla sfera privato. Giaime ha discusso in sardo il tema degli esclusi e dei vinti nella storia, partendo dal celebre dipinto I mangiatori di patate di Vincent van Gogh fino ad analizzare la legge di sfruttamento del lavoro formulata da Karl Marx. Il resto del colloquio si è svolto in italiano e francese, come previsto dal curriculum del liceo europeo. «Parlare in sardo all’esame mi ha permesso di esprimere meglio un pezzo di me – ha raccontato Giaime –. È una lingua che ho imparato in famiglia e che i miei insegnanti hanno sempre valorizzato». La commissione, presieduta dal professor Andrea Prost, ha accolto con favore la richiesta, riconoscendo la padronanza della lingua come parte integrante del percorso formativo dello studente. Un esempio che fa sperare. «Ci auguriamo – ha commentato il corpo docente – che questa esperienza sia da stimolo per tanti altri studenti che parlano la lingua sarda e per sensibilizzare la scuola a valorizzare questo enorme patrimonio linguistico». La scuola, infatti, è il luogo dove si coltiva costruisce il proprio futuro senza però mai dimenticare le proprie radici.
se si tutti gli avvocati delle parti in causa concordano si tale punto un fondo di verità c'è .
La nuova indagine su delitto di Chiara Poggisembra essere a un punto fermo. Mancano alcuni elementi per valutare il Dna trovato sotto le unghie della 26enne di Garlasco uccisa il 13 agosto 2007. ma a prescindere dall'esito . e le troppe notizie false circondate stanno danneggiando l'inchiesta. Cosa che ha portato gli avvocati dei soggetti coinvolti a fare un appello congiunto.
da il messagero tramite msn.it
Gli avvocati difensori di Andrea Sempio, di Alberto Stasi e della famiglia Poggi contro le notizie false più volte emerse sul caso del delitto di Garlasco è stato fatto nel corso della trasmissione 'Quarto Grado'. Nel corso della puntata in onda venerdì sera su Retequattro erano infatti presenti gli avvocati Massimo Lovati (che difende Andrea Sempio), Giada Bocellari (che difende Alberto Stasi) e Gian Luigi Tizzoni (che assiste la famiglia Poggi). I legali hanno voluto fare un appello contro le fake news «che stanno dilagando» nella vicenda del delitto di Chiara Poggi, la 26enne di Garlasco uccisa il 13 agosto 2007. Situazione degenarata «Da quando questa indagine è iniziata, da marzo, la situazione è via via degenerata - si legge in una dichiarazione diffusa da Mediaset - Ci scontriamo tutti i giorni con una serie di notizie, o pseudo tali, che a nostro modo di vedere, oltre a diffamare alcuni soggetti coinvolti, su tutti la famiglia Poggi, danneggiano moltissimo questa nuova indagine. Credo che sia importante da parte di tutti, al di là delle singole posizioni, di chi difende Alberto Stasi o chi assiste la famiglia Poggi o il nuovo indagato, capire che questo vada un po' oltre. È un senso di responsabilità, anche in quanto avvocati, quello di mettere dei punti fermi sotto questo profilo. Questa è una vicenda drammatica, dove è stata uccisa una ragazza e questo non lo dobbiamo mai dimenticare, dove c'è un condannato in carcere con una sentenza definitiva e dove c'è un nuovo indagato. Credo che sia doveroso rispettare tutti i soggetti coinvolti e anche l'indagine. È doveroso per noi, è un senso di responsabilità da parte di tutti»[... ]
Quando il Titanic stava affondando, in mezzo al panico, al freddo e alle urla disperate, una donna si alzò in piedi.Prese un remo.Si fece avanti.Prese il comando.E cambiò tutto.Si chiamava Margaret Brown, ma il mondo l’avrebbe ricordata con un altro nome: l’inaffondabile Molly Brown.Era nata povera, ma non si era mai lasciata mettere in un angolo.Con suo marito aveva costruito una fortuna, ma non si era chiusa nei salotti eleganti o nei circoli esclusivi: Molly stava dove c’era bisogno. Apriva mense per i minatori, pagava gli studi a ragazze senza un soldo, dava voce a chi non ne aveva.Nel 1912 prese il Titanic per tornare in America da un nipote malato. Non sapeva che quella notte l’avrebbe messa di fronte alla tragedia più grande del secolo.Quando la nave colpì l’iceberg, Molly fu messa sulla scialuppa numero 6.Ma non rimase lì, a tremare nell’attesa.Quando il marinaio al timone esitò, lei prese il remo e cominciò a vogare.Incoraggiò gli altri.Affrontò il gelo.Salvò delle vite.E anche quando fu tratta in salvo sul Carpathia, non si fermò.Mentre molti piangevano, Molly si muoveva tra i feriti, parlava in tre lingue diverse, aiutava, organizzava, creò un fondo per chi aveva perso tutto.Lo fece in silenzio, senza aspettarsi applausi.Lo fece perché andava fatto.Poi arrivò l’inchiesta sul disastro.Lei voleva testimoniare, raccontare, dire la verità.Ma le dissero di no.Perché era una donna.Pensavano di poterla zittire.Non ci riuscirono.La sua forza, la sua voce, la sua storia ci sono arrivate fino a oggi.💙 Molly Brown non è ricordata solo perché èsopravvissuta al Titanic.È ricordata perché non è mai affondata. Né in mare, né davanti alle ingiustizie.E forse, oggi, in un mondo che a volte ci fa sentire alla deriva, dovremmo ricordarcelo: la vera forza non è non cadere, ma continuare a rialzarsi, a vogare, a non arrenderci mai. Proprio come ha fatto lei.
L'imprenditore Mario Gallo, detto "U caciardu", ha ideato e costruito il ferrociclo della Sila. È un prototipo, ma già può viaggiare sui binari della storica ferrovia San Giovanni in Fiore-Cosenza, che attraversa una natura meravigliosa. Come nella migliore tradizione, la burocrazia italiana frena anche in questo caso un progetto valido, sostenibile e in grado di creare posti di lavoro e interesse turistico. se e parla nell'articolo sotto preso dal corrierecdella Calabria
la lente di emiliano
Pubblicato il: 04/07/2025 – 7:21 di Emiliano Morrone
Il ferrociclo della Sila, idea sostenibile e poetica In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare
La ferrovia della Sila parte da San Giovanni in Fiore e si arrampica verso Camigliatello tra rettilinei e curve, gallerie robuste e improvvisi squarci di radura, la Lichtung cara a Heidegger. Il paesaggio sfida le parole per la sua bellezza sincera. La linea attraversa boschi fitti, taglia vallate larghe e silenziose, percorre come sentiero incantato il cuore dell’altopiano calabrese. Con una grazia classica, senza fretta, quasi a rispettare i tempi dilatati della montagna.
Più avanti, il tracciato scende verso la Presila e Cosenza, attraversando luoghi dove resistono tracce contadine, usanze tramandate, una civiltà di condivisione, rispetto, antica cortesia. A quella linea, oggi in parte dismessa, sono legate vicende, comunità e una natura che non ha ceduto al turismo di massa. È un’infrastruttura, se vogliamo chiamarla con un termine burocratico e parlamentare, che per molti versi rammenta il corso locale del Novecento: la fatica e l’ingegno di una gente di periferia, la memoria, le ingiustizie, la povertà e le lotte del popolo silano. È un pezzo di storia che resiste, anche per la permanenza di caselli ferroviari ancora intatti, in grado di restituire al Sud, offuscato dal capitalismo omologante, una prospettiva di autenticità e di sviluppo sostenibile.
Ci crede senza timori Mario Gallo, imprenditore di San Giovanni in Fiore sopra i 70 anni che non ha perduto la sua fame di idee. Dopo aver acquistato il catamarano “Caciarda”, così chiamato dal soprannome familiare, con cui gira le coste italiane assieme a gruppi organizzati, Gallo ha incanalato la sua energia verso un sogno nuovo: un prototipo di ferrociclo, un veicolo a pedali per viaggiare proprio su quei binari della Sila dimenticati. L’ha pensato come strumento per uno sviluppo dolce dell’altopiano, utile per l’escursionismo, per la raccolta dei funghi, per la contemplazione dell’intorno quando non arriva il treno storico. Con mente fervida e mani operose, questo anziano giovanile ha costruito, sperimentato e proposto il mezzo in questione. Ma è qui che l’Italia si scopre ancora immobile, complicata, autolesionista. Difatti, se da un lato la legge numero 128 del 2017 – voluta dall’allora ministro Dario Franceschini – riconosce le ferrovie turistiche e persino l’uso dei ferrocicli sulle tratte dismesse, dall’altro lato mancano ancora le condizioni attuative. Il testo c’è, approvato all’unanimità da Camera e Senato. All’articolo 10 si prevede la possibilità di utilizzare veicoli a pedalata naturale o assistita – i ferrocicli – sulle linee dismesse o sospese, purché in possesso dei requisiti tecnici Uni. È una norma all’avanguardia, pensata per dare – per dirla con Battiato – «un’altra vita» a centinaia di chilometri di binari abbandonati. Ma, come spesso accade, alle parole non sono seguiti i fatti. La norma tecnica è stata redatta con il contributo della Federazione italiana delle ferrovie turistiche e museali (Fiftm), dell’Agenzia per la sicurezza ferroviaria (Ansfisa) e del ministero dei Trasporti. Un tavolo tecnico è stato pure attivato, nello specifico tra gli enti preposti. Già nel 2019, peraltro, l’Associazione Ferrovie in Calabria, realizzò un prototipo avanzato di ferrociclo. Ora manca l’ultimo passaggio burocratico, ma nessun ente si assume la responsabilità di concedere le autorizzazioni. Tutti dicono Sì, ma nessuno firma. Tutti riconoscono l’opportunità, ma nessuno si prende il rischio. Dunque, le buone idee restano nel limbo, tra l’entusiasmo dei cittadini e l’inerzia degli apparati. Intanto, non è stata ancora conclusa la ristrutturazione della tratta ferroviaria Cosenza-San Giovanni in Fiore. Il progetto, finanziato da Ferrovie della Calabria con fondi pubblici, doveva essere terminato entro il 2024, ma il tratto tra Camigliatello e San Giovanni in Fiore resta chiuso, inutilizzabile. Le traversine ci sono, le gallerie attendono la messa in sicurezza e i binari si arrugginiscono a poco a poco. Nonostante le promesse. Nonostante l’interesse crescente per il treno della Sila. Nonostante le decine di migliaia di turisti che ogni anno visitano l’altopiano, come pure documentato dagli studi dell’economista Unical Francesco Aiello. Il rischio concreto è che anche questo investimento si perda per mancanza di volontà politica o per pigrizia burocratica. Eppure, ci sono esperienze che mostrano tutt’altro andazzo. In Francia, l’associazione Vélorail de France ha attivato oltre 60 linee per un totale di più di 1000 chilometri. Solo nella zona del Larzac, 17 chilometri di rotaie attirano migliaia di turisti al giorno nella stagione estiva e creano posti di lavoro stabili, microeconomie, identità condivise. In Italia, con oltre 1.500 chilometri di linee dismesse già mappate, si potrebbe fare molto di più. L’economista Roberto Ghiretti, in uno studio sugli impatti economici del turismo lento, ha dimostrato che l’interazione tra mobilità dolce, cultura locale e ambiente naturale produce effetti duraturi, distribuiti, stabili. Non effimeri, non drogati da grandi eventi oppure da speculazioni. Nel caso della Sila, la ferrovia storica è già legata a una narrazione di profondità che rinvia alla presenza in quei luoghi di Gioacchino da Fiore, il pensatore calabrese che nel XII secolo prefigurava un’epoca dello Spirito, in cui l’uomo avrebbe vissuto in pace con il creato. «Sarà allora il tempo in cui la legge sarà scritta nei cuori e non più su pietra», profetizzava l’abate calabrese nel Liber Concordiae. Non è forse questo il senso di una ferrovia riconsegnata ai cittadini, senza cemento, senza ruspe, senza devastazioni? Non sarebbe opportuno un binario che sia strada per le persone, perché tornino alla voce accogliente della natura, al fascino della realtà, della normalità e dell’esperienza tangibile?
Ecco perché serve oggi un impegno puntuale da parte della Regione Calabria, delle Ferrovie della Calabria, del ministero delle Infrastrutture. Occorre completare la ristrutturazione della linea Cosenza-San Giovanni in Fiore, attivare una sperimentazione del ferrociclo a partire dai prototipi già pronti, stabilire finalmente un ente preposto alle autorizzazioni e accompagnare le comunità in un percorso di valorizzazione vera e convinta. Perché, come ha insegnato il giornalista e scrittore Paolo Rumiz, viaggiare in treno significa riconciliarsi con il tempo e con lo spazio. E perché, come sa chi vive in montagna, quando una ferrovia riapre, riparte anche una comunità. In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare.
una puntata , quella di questa settimana , tenuta sul il settimanale Giallo all'interno il Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto antiaggressione Antonio Bianco istruttore dei carabinieri, della polizia penitenziaria e dei vigili del fuoco, è ufficiale della Croce Rossa.tenentebianco@gmail.com
P.s per chi vuiole approfondire l'argomento trova sotto dei link
Siete a casa tranquilli e vi state rilassando dopo una giornata di lavoro. All’improvviso sentite un rumore
sospetto che vi porta a pensare che qualcuno possa essersi introdotto in casa vostra. Potrebbe essere un ladro?Ancora una volta la regola è “vietato fare l’eroe”. Insomma,anche se vi sentite forti e sicuri di voi stessi, siate prudenti.
Prima di tutto non accendete luci in casa, non fate rumori e non fate nemmeno movimenti bruschi. Visto
che siete le persone che meglio conoscono la vostra abitazione, individuate un luogo sicuro in cui potervi nascondere, meglio ancora chiudendovi a chiave, se possibile. Verificate che il vostro cellulare sia in modalità silenziosa:nel caso in cui non lo fosse, cambiate immediatamentel’impostazione e chiamate il 112 sottovoce, senza farvi sentire. Se non vi sentite sicuri a parlare, chiamate e restate in
linea. Alla polizia è sufficiente per localizzare la vostra posizione e intervenire in vostro soccorso. Se il vostro cellularesupporta il servizio, inviate un messaggio di emergenza.Per nessuna ragione al mondo affrontate il ladro. Nonurlate e non minacciatelo, perché potrebbe essere armato o
sotto l'effetto o di alcol o di stupefacenti, che potrebbero alterare le sue capacità reattive e mettervi in ulteriore pericolo.
Se invece siete fuori casa e vi accorgete di come qualcuno si sia introdotto nella vostra abitazione, non entrate, perché il malvivente potrebbe trovarsi ancora in casa.
Chiamate il 112 e allontanatevi a distanza di sicurezza, possibilmente osservando da una posizione che vi garantisca protezione, e attendete l’arrivo delle forze dell’ordine. Dopo l’arrivo della polizia, seguite le indicazioni che i militari vi daranno. Una volta al sicuro, non spostate e non toccate nulla, perché rischiereste di compromettereeventuali tracce che il ladro potrebbe avere lasciato dietro
di sé. Fate l’inventario di ciò che manca e presentate denuncia. Se vi sentite turbati, non abbiate timore di condividere le vostre paure e di farvi aiutare.
“In Egitto ci sono nato e vissuto i primi 12 anni, dopo non ci sono più tornato. Non avevamo tanto, ma sono cresciuto con le nostre tradizioni culturali e religiose. Poi, una volta arrivato in Italia, la mia vita non è stata sempre facile”. Quella di Mohamed ‘Momo’ Elmaghraby, 29 anni, professione pugile, è una storia che parte da lontano, cerca tante strade – non sempre comode – e finalmente imbocca quella del lieto fine: “Ho una compagna, abbiamo un bambino che ha appena compiuto un anno e stiamo aspettando una bambina. Lavoro come fattorino in un centro culturale perché con la boxe, almeno ai miei livelli, non si campa. Me lo dico da solo, ho proprio messo la testa a posto”. In Italia una partenza problematica In mezzo parecchie problematiche: “Una volta arrivato in Italia sono iniziati i problemi. I miei genitori non andavano d’accordo. Mia madre è tornata con il resto della famiglia in Egitto e con mio padre non parlavo. Quindi, sono finito in una comunità fino a quando, all'età di 18 anni, ne sono uscito e mi ha ospitato in casa sua un amico". “Il razzismo? Solo tra bambini” La classica fase senza punti di riferimento in cui la sciocchezza è dietro l'angolo: “Ho fatto tanti casini, diciamo che ero un ragazzo vivace che non rispettava le regole. Bevevo, fumavo, mi buttato in tutte le risse”. Una integrazione problematica e sullo sfondo l’ombra del razzismo: “Un po’, ma solo da ragazzino. Non sapevo la lingua e mi prendevano in giro per quello e per le mie origini. Finiva sempre allo stesso modo, gli alzavo le mani e la piantavano”. "Notato durante una rissa, così ho iniziato con la boxe” Le sliding doors sono arrivate dal pugilato. “Ero a Monza, in stazione, coinvolto in una rissa. Mentre facevo a botte mi ha notato una persona che lavorava in una palestra con Matteo Salvemini, negli anni Ottanta campione d’Europa dei pesi medi. Mi ha detto che potevo far confluire tanta rabbia su un ring”. E sul ring ha funzionato, se è vero che sabato catalizzerà l’attenzione del pubblico milanese nella riunione organizzata da Taf – The Art of Fighting – al Centro Pavesi nella rivincita contro Stiven Leonetti (primo incontro vinto da Momo tra mille polemiche). Il match è caratterizzato da feroce rivalità: “C’è un vero astio. Niente di specifico, sono quelle cose che nascono dal nulla. Poi io ho messo del mio, esagerando un po’ sui social per tenere alta l’attenzione”. “Sognare con giudizio, aspiro a essere al vertice in Italia” Momo ha un idolo (“Mike Tyson, mi è sempre piaciuta la sua voglia di emergere dal basso”), ma ha i piedi ben saldi per terra: “Sognare va bene, ma bisogna farlo con obiettività. A disputare un titolo mondiale non penso ci arriverò mai. Mi basta essere uno dei migliori in Italia e magari farmi rispettare all’estero”. Parole da uomo tranquillo: “Ma solo grazie alla boxe che mi ha dato una sistemata, altrimenti i guai si sarebbero sprecati”.
Tre luglio del 2003: nell'ambulatorio della guardia medica di via Garibaldi venne uccisa la dottoressa Roberta Zedda, per mano di quello che doveva essere un paziente in cerca di cura.Il Comune ora, a distanza di 2 anni dall'assassinio, ha deciso di intitolare una piazza
del paese alla memoria di Roberta. L'inaugurazione e la benedizione della piazza di fronte al Comune avverrà proprio il 3 luglio. L'iniziativa è promossa dall'amministrazione comunale di Solarussa, in collaborazione con il Comune di Sanluri e la Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici. Era il 3 luglio 2003, un giovedì di passione: la dottoressa di Sanluri, Roberta Zedda, viene assassinata nell’ambulatorio di guardia medica a Solarussa dove prestava servizio. Ieri a 22 anni esatti da quel disastro, l’Amministrazione comunale di Solarussa le ha dedicato la piazza principale del paese, di fronte al Comune, e una scultura realizzata su progetto di Roberto Virdis.La cerimonia«Solarussa - dice il sindaco, Mario Tendas - a Roberta Zedda stimata e benvoluta da tutti aveva intestato l’ambulatorio dove ha sacrificato la vita per servire la comunità e con una targa il defibrillatore donato dal comitato di San Gregorio. Oggi le dedichiamo la piazza principale e la scultura a ricordo della professionista gentile e garbata». Il fratello della dottoressa, Antonello Zedda, non ha parole: «Vorrei evitare di fare dichiarazioni, preferisco rimanere in silenzio». Parole di dolore esprimono i colleghi intervenuti alla cerimonia voluta dall’intera amministrazione. Presenti le autorità provinciali, consiglieri regionali, il presidente nazionale dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, e quello provinciale, Antonio Sulis. Tantissima la folla unita nella preghiera durante la messa celebrata da don Mariano Pili nella chiesa della Madonna delle Grazie: pace, perdono, Dio ti salvi. La tragedia Né Dio né gli uomini quel 3 luglio di 22 anni fa hanno fermato la mano impazzita di Mauro Zancudi, il ragazzo che armato di un coltello a serramanico si era scagliato contro Roberta Zedda che con tutte le forze cercava di respingere le sue folli avances, come racconterà dopo poche ore dall’omicidio ai carabinieri. Il pubblico ministero chiederà l’ergastolo, si chiuderà con la condanna a 30 anni. Le due mamme Ma torniamo al 3 luglio 2003. Le telefonate di due mamme ai carabinieri si incrociano nel cuore della notte, tra il 2 e il 3. Una arriva da Solarussa: «Mio figlio è strano, agitato. Non vorrei che gli sia successo qualcosa, vi prego venite a casa». Poco prima ai militari un’altra donna in ansia telefonava da Sanluri: «Da ore non abbiamo notizie di mia figlia, è il medico di guardia notturna a Solarussa. Potete andare a controllare in ambulatorio?». Partono le pattuglie. L’ambulatorio è illuminato ma il medico, la 32enne Roberta Zedda, non apre e non risponde al telefono. La scoperta Sfondano la porta, la trovano per terra, il corpo trafitto da coltellate (più di 20 diranno i medici legali), sangue dappertutto. Una pattuglia piomba nella casa del ragazzo nervoso, turbato. «Racconta ai carabinieri cosa ti è successo», implora la mamma. I militari capiscono e dopo dieci ore di interrogatorio avranno la conferma. «Sì, sono stato io. Ho bussato, mi ha aperto, sono entrato, ho chiesto la ricetta, ero solo». L’aggressione, la difesa, le coltellate. Sogni infranti Roberta, laureata da 4 anni, sempre sorridente e disponibile con chi la notte bussava alla porta dell’ambulatorio privo di sistemi di sicurezza (le guardie e le telecamere arriveranno solo dopo) aveva accettato quel lavoro pericoloso che, aveva confidato a un’amica, avrebbe fatto in attesa della specializzazione in malattie infettive. Non è andata così, i sogni si sono spenti in un luglio d’inferno, a due passi dalla piazza per sempre di Roberta Zedda, la ragazza in camice bianco assassinata in una notte nera.
In realtà sono stati però i cittadini a voler mantenere vivo il ricordo della dottoressa. Tempo fa l'amministrazione aveva promosso un sondaggio finalizzato ad individuare figure illustri a cui intitolare alcune vie e piazze del paese. Oltre il 40% dei 484 cittadini coinvolti nell'indagine ha indicato il nome di Roberta Zedda come meritevole di essere inserito nella toponomastica comunale. E ora il volere dei cittadini si concretizza.
L'intitolazione a Solarussa (foto Pinna)
Un specchio circolare che rappresenta due comunità: Solarussa e Sanluri, sopra tante rose bianche donate dai bambini. Due paesi che 22 anni fa, il 3 luglio del 2002, piansero per la morte della dottoressa Roberta Zedda, uccisa nell'ambulatorio della guardia medica di via Garibaldi. Morì a soli 33 anni per mano di quello che doveva essere un paziente in cerca di cura. Da stasera a Solarussa c'è una piazza dedicata alla sua memoria. Si trova davanti al Comune.
È stata inaugurata alla presenza delle autorità ma soprattutto dei cittadini. Sono stati loro del resto a voler mantenere vivo il ricordo della dottoressa di Sanluri.
Tempo fa l'amministrazione aveva promosso un sondaggio finalizzato ad individuare figure illustri a cui intitolare alcune vie e piazze del paese. Oltre il 40% dei 484 cittadini coinvolti nell'indagine ha indicato il nome di Roberta Zedda come meritevole di essere inserito nella toponomastica comunale. E oggi il volere dei cittadini si è concretizzato.
«Nonostante sia passato un lasso di tempo così lungo da quella tragedia che ha spento i sogni della giovane dottoressa nel nostro paese è rimasto un legame stretto, forte e indelebile - ha detto il sindaco Mario Tendas - Vorrei inoltre che questa piazza diventi uno spazio su cui riflettere, un punto di partenza».
L'iniziativa è stata promossa dall'amministrazione comunale di Solarussa, in collaborazione con il Comune di Sanluri e la Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici. Alle 18,30 è stata celebrata la messa, poi la cerimonia di intitolazione. Era presente anche l'architetto Roberto Virdis che ha ideato la scultura in memoria alla dottoressa. «Il suo non è stato sacrificio inutile - spiega invece Filippo Anelli, Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri - Sono state tante le iniziative organizzate da quell'omicidio per sensibilizzare sul tema della violenza nei confronti degli operatori sanitari. Nessuno deve morire sul posto di lavoro. Una situazione inaccettabile, soprattutto nel campo della sanità dove c'è dedizione e altruismo».
Presente ieri anche la mamma di Roberta, Eifisiana, assieme al fratello Antonello che, con gli occhi lucidi, è intervenuto per salutare tutti i presenti: «Sento vivo dentro di me il ricordo di quel giorno, di mia sorella Roberta, anche se la sua assenza domina da 22 anni». E poi ha letto una poesia come se stesse parlando proprio lei, Roberta: «A voi che restate vorrei dire che sto bene ma non posso. Sono quel che ero nel vostro ricordo. Cercatemi nel cielo, fra le stelle, quando la notte è profonda io sono la scintilla». E l''applauso ha riempito la piazza.
With A Little Help From My Friends- cover di Joe Cocker [2] let it be The Beatles [1] Nostalgia canaglia - albano e romina [4] anima mia i cugini di campagna La notte -Aris[6] LA STRADA - MODENA CITY RAMBLERS [5]
L'altra notte non riuscendo a predere sonno dal caldo dopo la lettura dei n 465 e 466 di dylan dog e quest'altra storia avvicente nel essere surreale ho iniziato ad avere un incubo trasformartosi per circa una mezzora in un dialogo interiore prima che venissi avvolto dalle braccia di morfeo ( che sono riuscito , no so neppu,re io come e perchè uno dei mie tanti automatismi a bloccare su carta e che qui riporto più o meno fedelmente ) Ed ecco che il mio grillo parlante inizia a farmi l'interrogatorio e inizare una discussione , ispirata alle letture citate principalmente le due storie di Dylan Dog : Se la notte chiama ( n 465 ) e il seguito chi è sepolto in questa casa ( n 466 ) .
.... che stronzo che sono stato con XXXXX quanto l'ho fatta soffrire . adesso la chiamo o le mando un watsapp ( guardo l'orologio della mia radio sveglia e mi accorgo che è mezzanotte passata ) e
decido di rinviare la cosa a domani . E penso forse è meglio di no . ci ho già provato altre volte ma sono tutte andate a vuoto . ormai è meglio farmene una ragione e fare un bel Let it be*
Vedo che c'è qualcosa ( in sottofondo da un locale vicino si sente , non so se una radio o ua cover band With A Little Help From My Friends- cover di Joe Cocker **) del tuo passato oscuro che hai rimosso ma che vuole tornare in superficie ?
Già è cosi . ma per poterlo o archiviare o rimuoverlo devo ricordare insomma prendere in mano il mio destino . Infatti come per le decisioni ed il vivere la tua vita \ opera d'arte , non si può sempre restare chiusi in una stanza \ comfort zone e lasciare che siano essi a decidere per noi .... anche se per proteggerti .
Quindi stai dicendo che ...
E'arrivato il giorno in cui il passato ( o almeno una parte d'esso ) insime agli errori e ai sensi di colpa \ rimorsi e rimpianti e paure va messo da parte e lasciare che sia l'oblio a decidere cosa farne . Evitando che essi\e siano la nostera unica compagnia
Ho idea che tu stia parlando non in generale ma di una questione personale .
Beh si .....
Sappi che noi non siamo le nostre paure , non siamo che gli altri\e vedono in noi
Esatto . non permetterò al mio passato di condizionarmi
Lo stai ripundiando \ condannandolo ?
No tranquillo . Ho già fatto , autocritica , se intendi questo , tempo fa Insomma ci ho già fatto i conti . Ho deciso cosa archiviare e cosa lasciare andare nello spazio per andare avanti e non rimanere imprigionato in una nostalgia canaglia [4]e fare pace con me stesso e perdonarmi . Se poi a qualcuno darà fastidio si volti dall'altra parte . E non mi faccia domande inutili e ... io ho già dato e non ho più , almeno credo , di cui vergognarmi e di cui recriminare \ darmi addosso e crocifiggermi .
che ire amico mio buin viaggio e buona fortuna anzi meglio Good Night, and Good Luck. non perdiamoci di vista
mai dire mai ormai fa parte di me nella buona e nella cattiva sorte 😂🤔🤗😇
Ora sei libero d rimanere con me o d'andare per la tua strada .
Adesso ti saluto visto che morfeo è arrivato e come diceva una vecchia canzone : (.... ) E resto sola con me\La testa parte e va in giro\In cerca dei suoi perché\Né vincitori né vinti\Si esce sconfitti a metà\L'amore può allontanarci\La vita poi continuerà (.... )[6 ]
Ho trovato un appiglio per ripondee a coloro che mi dicono che non c'è un emergenza femminicidi \ violenza sulle donne . Ora Lo so che il video non è aggiornato con gli ultimi dati da dicembre 2024 a giugno 2025 . Ma basta è avanza anche se secondo alcuni\e : « Una cosa è lavorare per ridurre un problema, un’altra è dichiarare
l’emergenza! » . Infatti negli ultimi anni, il dibattito attorno alla violenza di genere ha assunto una posizione sempre più centrale nelle discussioni pubbliche, suscitando domande fondamentali: la violenza di genere è davvero un problema diffuso o è esagerata dai media? E se è un problema, cosa si sta facendo per affrontarlo? Dati allarmanti evidenziano che milioni di persone in tutto il mondo subiscono abusi fisici, psicologici o economici basati sul genere, ma non mancano le critiche sul modo in cui questa emergenza viene rappresentata o affrontata. Qual è il reale impatto sociale, economico e politico della violenza di genere? Quali soluzioni concrete possono essere adottate per contrastarla in modo efficace
Il fatto che per alcuni\e NON sia un’emergenza non significa automaticamente che non sia un problema serio . Un problema può benissimo esistere senza essere un’emergenza.
Non ho lettto nè le carte processuali nè estratti i merito su tale notizia .
Una sentenza della Corte di Cassazione segna un punto di svolta nella lotta alla pedopornografia, estendendola al mondo dei fumetti erotici, in particolare ai manga giapponesi. Un uomo è stato condannato in via definitiva per detenzione di materiale pedopornografico costituito da dieci immagini virtuali, realizzate con la tecnica del fumetto, che raffiguravano minori di 18 anni coinvolti in attività sessuali. Ad aggravare la sua posizione, il fatto di averle inviate al profilo Facebook e all’indirizzo di posta elettronica di una minore. L’uomo è stato denunciato e ora condannato in via definitiva a dieci mesi di reclusione e al pagamento di 1.400 euro di multa. Per i giudici della Suprema Corte, la pedopornografia non richiede che le immagini rappresentino minori reali. Anche detenere fumetti erotici che raffigurano personaggi minorenni che sembrano reali configura il reato.
Ma tale sentenza mi sermbra assurda ed ridicola , Perchè fra i due protagonisti : colui che ho mandato \ messi su facebook taliu immagini e colei \ colui a cui erano destinate potrebbero avere non ncessariamente un rapporto pedofilo ma la passione per i manga ( in questo caso ) o anime giapponesi a sfondo erotico , dove la concezione dei rapporti erotici tra persone minorenni non sono a differenza dell'occidente intrinsi di morbosità e di pedofilia . Voi cosa ne pensate ?
Il sindacalista della Cisl era stato assolto in primo grado al Tribunale di Busto e poi anche in Appello, con la motivazione che la reazione della vittima non era stata immediata. La suprema corte ha ordinato di rifare l'appello e ha chiarito i termini della questione
da MetropolitanMagazine tramite msn.it
Il ritardo nella reazione della vittima non può più essere utilizzato per negare la violenza subita. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, annullando la precedente assoluzione in primo grado al Tribunale di Milano e poi in Corte d’Appello e disponendo un nuovo processo d’appello in merito a un caso emblematico avvenuto all’aeroporto di Malpensa.
Il pronunciamento risale al febbraio scorso e riguarda il caso della hostess molestata da un sindacalista della Cisl in servizio a Milano Malpensa, durante un incontro tra i due per affrontare un problema di lavoro.
Nella motivazione la suprema corte chiarisce che il “ritardo nella reazione della vittima”, “nella manifestazione del dissenso”, è “irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale”, perché la “sorpresa” di fronte a comportamenti impropri può porre la vittima nella “impossibilità di difendersi” nell’immediato.
Il caso Malpensa è una storia che comincia (e purtroppo non finisce 😢😁🙄🤔) con il consenso (mancato): un concetto tanto semplice quanto ostinato da far passare in un’aula di giustizia. Non è difficile: un corpo che si blocca non acconsente. Infatti la vicenda del caso Malpensa e la questione più ampia del consenso .Questa storia ( in realtà è storiaccia ) non è un caso isolato. È un manuale di come la violenza sessuale viene ancora letta nei tribunali italiani: con lo sguardo puntato sulla vittima, a cercare quanto si è mossa, quanto ha urlato, quanto ha fatto per “meritarsi” di essere creduta. Un sindacalista, una hostess, venti secondi in un ufficio. Lei paralizzata, con una cartellina in mano. Per i giudici di primo e secondo grado quei venti secondi sarebbero stati abbastanza per dire di no, per scappare, per reagire. Non è successo. Quindi, per loro, non c’è violenza.La Cassazione, almeno, ricorda una cosa ovvia: la sorpresa, lo choc, la paura possono bloccare. Si chiama freezing.
Fenomeno che La scienza , soprattutto quelle sociali , lo dice da decenni, le donne lo sanno da secoli. Ma i tribunali continuano a misurare la legittimità del trauma con un cronometro . Infatti c’è un vizio di fondo: in Italia la vittima deve dimostrare di aver fatto di tutto per sottrarsi. Non basta dire “non lo volevo”. Deve mostrarlo in modo performativo, come se fosse una dimostrazione atletica di dissenso. Se non urla abbastanza forte, se non reagisce abbastanza in fretta, se non morde, allora è colpa sua.
È un principio antico come fa notare il commento di . « Il “Caso Malpensa Hostess”, quando dobbiamo ancora una volta spiegare il consenso » su Metropolitan Magazine. quello in cui la donna che subisce deve essere la donna giusta, la vittima ideale. Il diritto penale occidentale (lo scrivono giuriste come MacKinnon o Smart) non è mai stato neutro. È uno strumento di controllo. La violenza sessuale non punisce solo l’aggressore: giudica nonostante le diverse riforme anche la moralità di chi subisce. « Nessuna donna reagisce come la legge vorrebbe? Allora c’è un problema con la leggeNon esiste un unico modo di reagire. Lo dicono le ricerche sul trauma, lo dice la clinica, lo dice l’esperienza di chiunque abbia ascoltato una donna raccontare uno stupro o un’aggressione. .»Eppure nelle aule di tribunaliu , troppo spesso purtroppo, la reazione viene interpretata: se non c’è, è sospetta. Se c’è, dev’essere spettacolare.Il freezing smonta questa finzione: mostra che un corpo può dire no senza urlare. Può dire no restando immobile. Può dire no senza dare spettacolo di eroismo. E questa realtà non piace a un sistema giudiziario che, di fatto, continua a pretendere di giudicare le donne prima ancora che i colpevoli. Ora Il processo si rifarà, ma è utile così ? Secondo , da profano , Il nuovo processo è un segnale, non una soluzione. La legge c’è, la giurisprudenza pure. Ma la mentalità resta. Fino a quando ci sarà chi continuerà a confondere l’assenza di reazione con il consenso, ogni donna saprà che entrare in un’aula significa ancora dover difendere la propria credibilità \ reputazione , non denunciare un reato. Un corpo che si blocca non “mente” nè esprime un quale “tacito consenso”. Però, quel corpo freezato, si ritrova comunque contro un’intera cultura e mentalità che non vuole credergli.