31.1.16

Le difficoltà degli apolidi in Italia

In Italia ci sono 15 mila apolidi ( ma le stime ufficiali spesso sono truccate , magari saranno di più ) : non hanno cittadinanza e passaporto, e per questo non possono sposarsi, lavorare e non hanno accesso ai diritti fondamentali. Il fotografo Denis Bosnic ( una più bella dell'altra le altre le trovate qui ) ha raccontato le storie di alcuni di loro per la campagna ‪#‎NonEsisto‬, organizzata dal Consiglio italiano per i rifugiati
In Italia ci sono 15mila apolidi: persone che per diverse ragioni non hanno cittadinanza e passaporto, e per questo non possono studiare, sposarsi, lavorare e non hanno accesso ai diritti fondamentali. La maggior parte degli apolidi in Italia sono persone fuggite dalla ex Jugoslavia durante la guerra. In Europa sono 600mila a vivere in queste condizioni.
L’apolidia è una condizione che può diventare una condanna in un paese come l’Italia, dove il riconoscimento dello status è molto difficile. A causa di procedure burocratiche complicate in Italia solo 606 persone hanno ottenuto lo status di apolide, che gli garantisce di avere documenti regolari. Inoltre l’apolidia si tramanda di padre in figlio a causa dello ius sanguinis in vigore in Italia, che prevede che possano essere cittadini italiani solo i figli di italiani, oppure i bambini nati in Italia da genitori di nazionalità straniera solo al compimento della maggiore età.
Ramadan è nato in Macedonia ed è stato abbandonato dai genitori, è cresciuto con i nonni che non lo hanno mai registrato all’anagrafe e non lo hanno mai mandato a scuola. Dopo la morte dei nonni, quando Ramadan aveva dieci anni, il ragazzo ha deciso di trasferirsi in Italia, qui ha incontrato Elena e se ne è innamorato. “Io vedo per lui, sento per lui, parlo per lui. E per i miei figli”, afferma Elena che ha la cittadinanza romena e nel frattempo è diventata madre di quattro figli che hanno rischiato di essere apolidi come il loro padre.
Sandokan è nato in Italia e ha perso il diritto alla cittadinanza italiana a causa della guerra in Bosnia e delle rigide regole previste dal diritto italiano per gli apolidi. Una persona nata in Italia può chiedere la cittadinanza solo quando ha raggiunto la maggiore età, ma questa possibilità rimane aperta solo per un anno. Quando Sandokan ha compiuto diciotto anni nel suo paese d’origine, la Bosnia, c’era la guerra e il ragazzo non è riuscito a ottenere un documento richiesto dalle autorità italiane.
I figli di Sandokan hanno ereditato l’apolidia del padre. Cristina, la maggiore delle figlie è nata con gravi disabilità fisiche e mentali e non ha avuto accesso a cure adeguate fino a 16 anni. A 18 anni Cristina è in procinto di chiedere la cittadinanza italiana, ma le autorità gliela vogliono negare a causa della sua disabilità mentale: Cristina infatti non può dare un consenso consapevole.
Il 25 novembre 2015 la Commissione diritti umani del senato in collaborazione con il Consiglio italiano per i rifugiati e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha presentato il disegno di legge sul riconoscimento dello status di apolide.

Dinamo Sassari, il gattone portafortuna è entrato dal buco dei cavi tivù Il felino comparso sul parquet durante la gara di Eurocup con il Cai Saragozza sarebbe un randagio, al PalaSerradimigni adesso è il benvenuto

  chi lo dice  che  i gatti  portano   sfortuna  


 da la  nuova  sardegna    del 29 gennaio 2016

Dinamo Sassari, il gattone portafortuna è entrato dal buco dei cavi tivù
Il felino comparso sul parquet durante la gara di Eurocup con il Cai Saragozza sarebbe un randagio, al PalaSerradimigni adesso è il benvenuto

Il                            gatto misterioso attraversa il parquet durante Dinamo Sassari-Cai Saragozza

SASSARI. Non ha un nome e neppure un padrone il gatto che mercoledì sera ha fatto invasione di campo al PalaSerradimigni durante le prime fasi del secondo quarto. Non è di proprietà del custode (Paride e famiglia possiedono invece un bellissimo cane), ma pare che faccia parte della piccola colonia felina che popola la parte alta della pineta che si trova alle spalle dell’impianto sassarese.
Il gatto è comparso sul parquet nel momento in cui la squadra spagnola rimetteva la palla in campo nel primo possesso del secondo parziale. Il primo arbitro ha fermato il gioco e ha atteso che l’animale attraversasse tutto il campo in diagonale, sfilasse in maniera tutt’altro che preoccupata di fronte alla panchina della Dinamo per poi uscire da una delle porte di sicurezza del settore C.
Alla ripresa del gioco la Dinamo ha recuperato palla e fatto canestro. A fine gara sono ovviamente partite le indagini: pare dunque che il gatto si sia infilato in un buco nel muro attraverso il quale passano i cavi delle tv. In ogni caso, visti i risultati, da ora in poi l’animale è benvenuto al palazzetto

30.1.16

Zerez, l'unica dimensione


Parafrasando il bel post di Loris Righetto "Può una poesia cambiarti la vita?", rispondiamo che cambiarla è forse eccessivo, ma illuminarla, renderla più chiara e percepibile a noi stessi, forse sì. E se tanto può uno scritto, quanto può una vicenda umana, una storia in carne e ossa, insomma una persona? È questa la sensazione che si prova dopo aver ascoltato Claude Zerez, profugo siriano, esperto di Storia dell'arte e arte sacra, ospite domenica 24 gennaio del centro culturale "Alessandro Manzoni" di Bresso.
Claude Zerez,  al centro  . foto   presa  da  https://www.facebook.com/media/set/?set=a.938586892856606.1073741957.128059093909394&type=3  di Daniela ( l'autrice  dell'articolo ) dove  ne trovate altre  

Zerez vive attualmente in Francia. Nel conflitto che insanguina il suo paese ha perso la figlia ventenne, il padre, un fratello e un cugino.
Lo studioso ha lodato "il calore e il cuore dei fratelli italiani", senza dimenticare "la ragione e il cartesianesimo dei francesi". Al cuore, o meglio ai visceri, sicuramente ha parlato, ridestando la nostra antica memoria, sepolta da tempo sotto il cumulo dello scetticismo.
Zerez, cristiano di Aleppo, ci ha accompagnati con un filmato nelle strade bruciate dal sole e nelle penombre fetali, culla della civiltà. Perché l'umanità nasce in Mesopotamia, fra Iraq e Siria. I primi segni di civilizzazione risalgono a settemila anni prima di Cristo. Da quelle parti è nata la scrittura, antenata di quella attuale.
La sensazione è d'un luogo bello, immerso nel tempo e fuori di esso. Uno scampolo d'eterno. A Maaloula, il villaggio cristiano dove ancora si parla e si prega il Padre Nostro in aramaico, la lingua di Gesù, sorgeva la chiesa più antica del mondo, dedicata a Sergio e Bacco, i due martiri e amici, fatti sfilare prima del supplizio in abiti femminili, molto venerati in Oriente. Edificata sui resti d'un antico tempio pagano, è stata quasi completamente distrutta nel 2013, quando il villaggio venne assaltato. La stessa sorte, anzi peggiore, è toccata a San Paolo presso Damasco, alla basilica di San Simeone lo stilita... e a moltissime altre. Ad Aleppo sono state demolite le ultime chiese armene.
Il suq di Aleppo non esiste più. Le vittime sono sia cristiane sia musulmane (anche il minareto d'una moschea del nono secolo è stato raso al suolo e il tempio è cosparso di rovine). "Si viveva in pace, un tempo" ricorda Zerez, e la sua voce non muta tono. È la stessa, semplice, calda ed essenziale, da umanista, da docente. In ogni docente latita un poeta. Rimane sottotraccia, poi d'improvviso esplode. Le pietre degli edifici gli sono care perché conosce il linguaggio dei simboli, e dietro i simboli scorre sangue umano. Sì, per molti secoli le due fedi hanno convissuto pacificamente e ancora adesso, appena si può, ci si riappropria dello spazio rubato, si prosegue, si lava un pavimento, si prega insieme - nella chiesa di San Giorgio si recano cristiani e islamici -, si studia. Dove si può, perché le scuole vengono sistematicamente distrutte.
Le vittime si contano da entrambe le parti. La figlia di Zerez è stata rapita e assassinata da Daesh e il corpo gettato in strada. L'ha recuperato un amico islamico cui la ragazza riuscì a regalare un rosario. Ai funerali, celebrati dopo quaranta giorni, la chiesa era gremita più di musulmani che di cristiani.
Nelle zone controllate da Daesh è proibito tutto, dalla musica alla TV. Il Gran Mufti di Damasco, Ahmad Badr ed-Din Hassoun [noto alle cronache italiane per aver partecipato al digiuno per la pace indetto da Papa Francesco nel 2013, ndA], ha condiviso il dolore di Zerez. Accusato di moderatismo, per ritorsione s'è visto rapire, torturare e uccidere un figlio.
"Non esiste un confine netto tra bene e male, i buoni e i malvagi si trovano dappertutto", ripete Zerez che, come molti orientali, si esprime per apoftegmi, d'una semplicità fin troppo evidente, parabolica. Ma se a pronunciarli è uno che ha attraversato il dolore più atroce, quello per cui non esiste perdono umano, nulla risulta più scontato. E le proposizioni assumono un altro peso, si fanno solide, aprono gli occhi e smascherano il velo dei sofismi. Daesh ha invaso Palmira, occupato il villaggio cristiano di Kariatin, deportato 270 ostaggi. Il parroco, noto per il suo impegno a favore di tutti, è stato camuffato da jihadista e liberato. Si è battuto per la salvezza degli altri concittadini.
Non sempre finisce bene. Durante lo scorso venerdì santo, un cristiano di Raqqa che rifiutava di convertirsi è stato crocifisso in modo da "celebrare" degnamente il suo Dio - questa l'irridente sentenza. Un uomo che aveva rifiutato di consegnare a Daesh la figlia di nove anni s'è visto recapitare la testa della bambina dopo alcuni mesi. Nel 1900 i cristiani erano il 30% della popolazione, ora si attestano intorno allo 0.6%. Corsi e ricorsi storici: lo stesso avvenne nel 1916, dopo il genocidio degli armeni in Turchia.
"Il commercio di organi umani è molto fiorente soprattutto dopo i bombardamenti russi che hanno distrutto una parte considerevole di oleodotti, principale fonte di guadagno per Daesh - prosegue Zerez. - La prospettiva ventilata dai terroristi ai poveri è d'altronde allettante: se un giovane accetta di arruolarsi, gli si garantiscono cento euro al giorno. Poi lo si radicalizza, anche ricorrendo a un'amfetamina come il Captagon che elimina fame, paura e freni inibitori. Dopo sei mesi di addestramento si ordina al 'neofita' di decapitare i genitori e di portarne la testa ai capi di Daesh. Se rifiuta, saranno gli stessi addestratori ad attuare un'incursione, usando violenza alle donne di casa e successivamente eliminandole con tutti gli altri membri della famiglia. Il problema non è religioso. È politico. È culturale. Una casa si ricostruisce, un conflitto armato si può vincere. Ma come ridonare l'innocenza a bambini addestrati a giocare con le teste dei condannati? Queste sono generazioni perdute per i prossimi cinquant'anni".
La maggior parte dei "miliziani" è straniera: "Non parlano nemmeno arabo quindi non conoscono realmente il Corano. Si prefiggono di sradicare dall'Oriente sia il cristianesimo sia la storia siriana".
Zerez ne ha pure per i "foreign fighters" d'origine europea. "Due terzi di essi sono francesi - spiega -, cercano la famiglia che loro manca".
La famiglia, sì. "Hanno cominciato a dimenticare le loro radici giudeo-cristiane e cercano un nuovo senso della vita per colmare il vuoto familiare e spirituale che li opprime". Non c'è spazio, nemmeno qui, per cavilli politicamente corretti. "Il reclutamento avviene tramite il web, come per i loro colleghi di origine extraeuropea. È ben strano - constata il Nostro, ma nemmeno in tal caso muta l'espressività dell'eloquio, sempre ugualmente passionale, mai sarcastico - In nome della laicità e col pretesto d'un presunto 'rispetto' verso altri culti, si aboliscono i presepi [il nostro 'premier', da buon italiano, s'è spinto ben più in là: addirittura velando le antiche statue pagane nude nel timore urtassero la 'sensibilità' del dovizioso ospite iraniano, che peraltro non gli aveva chiesto nulla, ndA]. Ma gli occidentali ignorano che, da noi, i presepi vengono allestiti non solo dai cristiani ma dagli stessi musulmani, i quali considerano Gesù un profeta di pace e di luce. A Damasco, durante le processioni, chiudono le serrande dei negozi in segno di rispetto".
Il dialogo con l'Occidente, lo ammette, è difficile. "Dalle nostre parti non si conosce il concetto di cittadinanza né quello di democrazia. La prima identità è etnica: sei un curdo, un siriano ecc. prima d'ogni altra cosa. La seconda è religiosa; la terza, patriottica. Sono soprattutto i cristiani a tenervi. Io, ad esempio, sono arabo per cultura, ma le mie radici sono aramee. In Siria esiste una confederazione di etnie; se crolla un regime, il rischio di finire come la Libia è concreto e reale. Non so quale soluzione suggerire. So che, in politica, prevalgono gli interessi. L'Occidente stringeva affari con Gheddafi e Assad; poi li ha considerati acerrimi nemici, senza peraltro assumere posizioni precise. La guerra sta dilagando pericolosamente in un effetto-domino che, muovendo dalle ostilità fra sunniti e sciiti, sta per diffondersi in Arabia Saudita, Pakistan, paesi del Golfo e naturalmente Europa: soprattutto in seguito all'intervento russo vi si sono infiltrati 4000 jihadisti, millantandosi come profughi. Si tratta di cellule dormienti, pronte ad agire non appena ricevano un ordine dall'alto". Le cause della guerra sono molteplici: analfabetismo diffuso (circa il 23%), povertà, esasperazione per la corruzione diffusa capillarmente, dalla sommità all'ultimo dei funzionari.
"Dopo l'assassinio di mia figlia ho trascorso sei mesi a ribellarmi contro Dio. Ma, più tardi, la sua assenza è stata sostituita da una grande presenza spirituale. Ho solo quella. Il cimitero dove è stata sepolta non esiste più. Eppure ho avvertito la sua protezione durante la fuga, come facesse scudo a me, a mia moglie, al resto della mia famiglia. Abbiamo superato indenni tutti i pericoli, i posti di sbarramento. No, non ho perso la fiducia nell'umanità. Uomini e donne di pace esistono. Un ebreo canadese molto facoltoso, Steve Maman, ha letteralmente comprato - come Schindler ai tempi del nazismo - centoventi ragazze cristiane e yazide per poterle liberare dalla schiavitù sessuale cui erano destinate. Ricordo con grande affetto le famiglie beduine che sempre ci hanno ospitato e pregato con noi. Penso ancora al Gran Mufti, che accoglieva con me i pellegrini cristiani donando loro un versetto del Corano in cui si loda la Vergine Maria [nella sura 'L'Interdizione', ndA]. Penso agli amici musulmani che mi chiamano profeta, perché secondo loro li aiuto non solo ad amare di più i miei correligionari ma ad approfondire la loro stessa fede. Anche in Libano, i cristiani sono spesso pontieri: vi si trovano comunità miste, di drusi, di sunniti, dove i cristiani non mancano mai per la loro opera di mediazione e pacificazione. Perdono, sì, perdono di cuore. Ma non dimentico. Senza memoria non v'è umanità. Non dimentico, perché 'non sanno quello che fanno'. E ricordo per loro e per me. È il nostro destino, vivere la croce. La nostra dimensione è l'esodo. Ma in Oriente aspettiamo sempre la resurrezione. Arriverà".

© Daniela Tuscano

Sarah Pain ( alias di Sarah Franceschi ) era la luce

Premessa
Mi scuso per il post caotico , ma ho scritto di getto queste parole appena ho appreso per caso leggendo per sapere sue notizie di come stava procedendo la sua malattia che nonostante l'avessi fra i miei contatti di face book , era morta da un anno .






Solo ora ho saputo che l'anno scorso eri andata via carissima amica grazie per avermi insegnato molte
dall'album  facebook dela  sua  amica    Sara  Barba 
cose ( e d avermi aiutato a smontare alcuni luoghi comuni sul tuo popolo presenti anche , sic , a in certa sinistra italiana e non ) sulla tua religione e la tua cultura ebraica . Eravamo divisi sulla politica israeliana , ma non importa perchè con te c'era rispetto e confronto e si poteva confrontarsi pur nella divergenza d'opinioni .
Di solito i giornali ingigantiscono , creano , montano personaggi , ecc. ma qui hanno ragione

  da   ecco la  cronaca   de il tirreno edizione   di livorno   del giorno della tua morte 

Muore a 43 anni «Sarah era la luce»
Imprenditrice e fondatrice di una loggia massonica è scomparsa venerdì nella sua casa. Oggi l’ultimo saluto di Federico Lazzotti







LIVORNO. «Nemmeno la malattia è riuscita a stroncare la gioia di vivere che mia figlia aveva dentro. Sarah se n’è andata in un attimo, immersa nella luce, mentre eravamo a tavola». È così che mamma Patrizia ricorda la figlia, scomparsa venerdì ad appena 43 anni mentre era nella sua casa di via Tozzetti. Sarah Franceschi che su Facebook si chiamava Sarah Pan, era molti mondi insieme, universi anche lontani che da due giorni piangono la sua scomparsa. Imprenditrice, poetessa, blogger, fondatrice della Loggia Massonica femminile legata al Grande Oriente d’Italia “Hipatya”, appassionata di costplay; in passato aveva fatto anche il servizio militare nella marina militare israelina. Ed il minimo comune denominatore di queste esperienze era il sorriso che mostrava in qualsiasi situazione si trovasse. Ricorda Ivonne: «Ancora non riesco a crederci, rivedo il tuo splendido sorriso. Quella foto meravigliosa nella marina israeliana stupenda. Rivivo il giorno del nostro “Bat-Mitzva”...». Il mondo di Sarah e di chi le voleva bene si è capovolto negli ultimi due mesi e mezzo. «Il 31 ottobre scorso - ricorda ancora la madre - mia figlia era al Lucca Comics vestita da Leila, la principessa di Star Wars, e stava benissimo. Fino a dicembre non sapevamo niente della malattia». E nonostante la diagnosi Sarah aveva deciso di combattere. «In questi mesi - va avanti Patrizia - non le ho mai sentito dire, magari per lamentarsi: “Perché è toccato a me”. Anzi. Sono certa che tutte le persone che le sono state vicine sono state arricchite dalla sua compagnia». Lo ripete anche la cugina di Sarah, Valentina. «L'unica cosa che ora riesco a dire è che lei ha dato a tutti una grande lezione di vita. Era speciale, non è giusto che ce l'abbiano strappata così presto: amava troppo la vita». Intorno a mamma Patrizia, a papà Massimo
e al compagno di Sarah, si sono stretti gli amici, i parenti e tutta la comunità ebraica di cui la famiglia fa parte. I funerali partiranno oggi alle 15 dalla casa in via Tozzetti per andare al cimitero Ebraico dove ci sarà la funzione».

@fedelazzotti

   cosi  come queste  poesie  a te  dedicate  dolce  amica



ama la libertà 
ama l'uguaglianza 
odia gli estremismi 
una piuma bianca
dal cuore grande
ora angelo 
sei un pezzo di cuore mio
sei un pezzo di cuore nostro 
per chi ti ha amata
per chi ti ama
non ti scorderò mai
dolce principessa guerriera 
stellina dal cuore d'oro
ci manchi dolce Sarah Pan...

altre  poesie di  chi  le  ha  voluto bene
La poesia di Alessandra

Ora      che poeta    non sono    ti dedico questa  canzone





BUON VIAGGIO HERMANO QUERIDO
E BUON CAMMINO OVUNQUE TU VADA
FORSE UN GIORNO POTREMO INCONTRARCI
DI NUOVO LUNGO LA STRADA

 ora   mi  fermi qui altrimenti   finisce  che non riesco a vedere quello che  scrivo  visto che le lacrime mi stanno coprendo  gli  occhi con la loro umidità







Il capostazione che salvava gli ebrei (e poi non volle dirlo a nessuno)



LA STORIA

Il capostazione che salvava gli ebrei
(e poi non volle dirlo a nessun
Spiava nella posta i loro nomi. Poi li andava a cercare e li avvisava

di Paolo Foschini e Roberto Rotondo





MILANO Parenti di eroe cercasi. Perché l’eroe, morto da tanti anni, era uno di quelli che la loro storia se la portano via col funerale senza averla detta a nessuno e fino a tre giorni fa non si sapeva di lui neppure il nome: che invece era Andrea Albisetti, classe 1885, durante l’ultima guerra capostazione di Tradate, tra Milano e Varese. Un servitore dello Stato come tanti, a vederlo ora mentre fa partire un treno nell’unica sua foto rimasta. Però guardatelo bene e pensateci, se credete di aver avuto in famiglia da quelle parti un ferroviere lontano e dimenticato. Perché è stato l’uomo che, intercettando e leggendo in controluce i dispacci in arrivo con gli ordini d’arresto, fra il ‘43 e il ‘45 salvò silenziosamente la vita a numerosi ebrei. Un filo che si intreccia con l’odissea di un ormai famoso violino andato e tornato da un campo di sterminio, due fratelli nella campagna di Russia, ricordi di alpini e partigiani, un professore di storia, un suo ex studente che grazie a una ricerca fatta per lui al liceo e ripescata tre giorni fa ha ricostruito la tela intera. Questa’era una volta a Tradate un capostazione che aveva due figli. Si chiamavano Dorligo e Serajevo, in quegli anni c’erano anche nomi così. Un giorno i due dovettero partire per andare a fare la Seconda guerra mondiale in Russia. Per molto tempo in paese si raccontò — ma questa cosa non è mai stata confermata — che fu il padre in persona a fischiare la partenza del treno coi suoi ragazzi dentro. Tornò soltanto Serajevo. E per tutta la vita, fino a quando anche lui morì, dedicò ogni sua energia a cercare anche solo una traccia del fratello rimasto con altre migliaia di alpini là sotto la neve. Inutilmente. Dorligo però ottenne una medaglia d’oro. L’Associazione nazionale alpini a Tradate lo ricorda ogni anno.


ecco come ci si è arrivati 

http://video.corriere.it/eccome-come-nacque-ricerca-capostazione-eroe-che-salvava-ebrei/c4494dc8-c534-11e5-9850-7f16b4fde305

A salvarsi, in famiglia, era stato solo il loro papà. E molti anni dopo, ad alcuni amici, raccontò come era andata: il capostazione di Tradate — disse in pratica — aveva letto il mio nome in controluce dentro una delle buste che arrivavano da Roma con gli ordini d’arresto e anziché mettermi sul treno per Milano che voleva dire San Vittore mi fece partire in direzione opposta.
È un professore che vent’anni fa insegnava storia al liceo Marie Curie di Tradate, Alberto Gagliardo, ad appassionarsi di racconti come quello. Storie di ebrei nella zona di Tradate. Affida ai suoi studenti di allora il compito di cercarne altre. E loro ne trovano diverse. Alcune hanno in comune proprio la vicenda del capostazione. A ricordarsela con più precisione è un anziano signore di nome Oscar Stenfeld. Lo studente che lo intervista si chiama Federico Colombo: «Neppure Stenfeld però si ricordava il nome del capostazione». Le storie finiscono in un libro che il professor Gagliardo riesce a far pubblicare dall’Associazione nazionale partigiani,Ebrei in provincia di Varese. E tutto sembra finire là.
Senonché l’ex studente Colombo, oggi 34 anni, educatore in un gruppo di sostegno a minori in difficoltà, la passione per la storia non l’ha persa e nel frattempo è diventato presidente dell’Associazione studi storici tradatesi. A cui l’amministrazione chiede una mano per le prossime celebrazioni del violino. E Colombo si mette in moto. Comincia a raccogliere materiale, recupera anche la vicenda del capostazione di cui nessuno sapeva il nome. «Ma è perché nessuno — dice ora — aveva mai potuto fare il collegamento. Chi conosceva la storia dei fratelli Albisetti, cioè gli alpini, non sapeva cosa aveva fatto il loro padre. E chi conosceva la storia del capostazione, cioè gli ebrei sopravvissuti, non sapeva che avesse avuto due figli partiti per la Russia e che il loro cognome era Albisetti». Solo che? «Solo che mio padre era un alpino. E la storia me l’aveva raccontata. Così, quando ora ci siamo messi a lavorare sul violino, mi è tornata in mente quella vecchia intervista che avevo fatto a Oscar Stenfeld. E ho fatto due più due».

Casalecchio di Reno (BO ) No alla croce in cimitero. Offende gli islamici”. E’ bufera politica

Ecco un altro buonista d'accatto , di << questi burattini vogliono pubblicita' ormai e' quella la fissazione ! l >> ) da un commento  alla news in questione nella mia bacheca di fb . Logico che tale evento suscitasse le classiche reazioni identitarie estreme ( o identità chiuse come preferisco chiamarle io ) al limite della xenofobia e del razzismo del tipo : non ci si può aspettare altro se non la svendita delle nostre più profonde radici culturali . oppure 
(..) Come se a chi professa religioni diverse dal Cristianesimo possa dare fastidio una croce. Come se le altre nazioni si preoccupassero di togliere i loro simboli per non far sentire in imbarazzo i cristiani. L’Italia invece lo fa, dimenticandosi i valori e le tradizioni che l’hanno caratterizzata per secoli. Lo ha fatto in molte scuole (togliendo i crocifissi) e ora lo fa anche in quel luogo in cui i defunti riposano nel sonno eterno. Il tutto in nome di una laicità che si ostenta anche quando i cittadini pretendono il rispetto della loro religione. Non bastavano le statue oscurate insomma, ora si insiste anche in un cimitero privandolo del più potente simbolo di speranza espresso dalla civiltà dell’Occidente. Di certo sarà difficile chiamarlo camposanto. >>         da http://www.ilgiornaleditalia.org/news/politica/873884/Nemmeno-una-croce-su-cui-piangere.html
oltre la  consueta  disinformazione di siti di destra o centro destra che danno la colpa solo al sindaco perchè del Pd . L'unico articolo, che riporto sotto  ,  al momento abbastanza  
da http://www.news24italia.com/
obiettivo  anche   se  di un giornalismo approssimativo   (  di solito quelli  del quotidiano  sono molto precisi ) è ,  quello  di repubblica    edizione  Bologna  ma non trovo dettagli utili. del  tipo Chi ha deciso? quando? cosa ha deciso, esattamente? Hanno letto una qualche delibera (quale?) oppure stanno solo riportando quel che dice un tizio di ForzaItalia?



Niente croce all'entrata del cimitero, è polemica in provincia di Bologna  A Casalecchio il consiglio comunale a maggioranza Pd sceglie di non utilizzare il simbolo cristiano. E il centrodestra insorge



                                               Un cimitero   (foto d'archivio)





BOLOGNA - Niente croce all'ingresso del cimitero, e scoppia la polemica. Scontro a Casalecchio di Reno, città di 36 mila abitanti alle porte di Bologna, dopo la decisione del Consiglio comunale di non collocare il simbolo religioso all'entrata del cimitero cittadino. A partire all'attacco è in particolare il centrodestra, che attacca il sindaco Pd Massimo Bosso.
"Fa rabbia e tristezza la decisione del sindaco di vietare la croce - attacca in una nota Fabrizio Nofori, portavoce provinciale di Fratelli d'Italia-An -: da quando la croce è un'offesa per le altre religioni?". Ad ogni modo, prosegue, "si sa, per il Pd che copre le statue dei musei capitolini, senza che fosse nemmeno richiesto, per non offendere il presidente iraniano Rohani, non ci si può aspettare altro se non la svendita delle nostre più profonde radici culturali".
"Mi sembra eccessiva la polemica scaturita da quella che è un'espressione in piena libertà e autonomia del Consiglio
comunale. Tutti i consiglieri hanno votato secondo coscienza - la replica del sindaco Massimo Bosso - io mi sono astenuto dalla votazione, lasciando che ogni consigliere esprimesse la sua posizione e il suo voto e accettando la decisione che ne è conseguita. In Consiglio comunale ha pertanto prevalso una linea di pensiero più legata alla laicità che ritiene il Cimitero comunale un luogo pubblico, di tutti, a prescindere dalla confessione religiosa".
Quindi prendo per buono , l'articolo di repubblica , in quanto cercando sul motore di ricerrca del comune di Casalecchio non ho trovato niente , sicuramente ho cercato male io , o non le avranno emsse o le'avranno tolta . delle delibere e determinazioni del comune indicato non ho trovato nulla.delle delibere e determinazioni del comune indicato . L'uniche cose che posso dire sono 1) La Vera Laicità non è fare cosi questa è laicizzazione , se proprio voleva fare una politica d'integrazione delle diverse credenze e religioni avrebbe dovuto aprire un area del cimitero dedicata ai mussulmani . Sarebbe stata una scelta più saggia ed equilibrata 2) concordo quanto dice il commento a tale post sulla mia bacheca 

Vedo che iniziamo a focalizzare il fulcro del problema che non è certo la croce ma l'uso strumentale di essa; si è capito che a Rohani non fregava niente considerato che in Vaticano non hanno celato alcuna opera e che in quel luogo "infedele" c'è entrato; si è capito che i Presepi non sono il problema dei Fratelli Musulmani. Il problema è la scaltrezza di certi Amministratori che non se ne pongono nell'agitare il drappo rosso davanti al toro. Vi dò una dritta: i tori non temono il rosso (i recettori riconoscono solo due colori); i tori si spaventano dei movimenti che non comprendono e, vada detto: sono allevati specificamente per quello. Domanda: siete tori o toreri ? Un caro saluto ❤

3)  confermo  quanto ho detto nel post  precedente  sulla visita  del capo di stato Iraniano in  Italia  e  che  certe espressioni ed  gesti  di esagerato buonismo (  buonismo d'accatto ) o  politicamente corretto ,   a tutti  i costi , da qualunque parte politica \  culturale  provengano ,   sono una  


  e  mi  chiedo  ,anche se  poi la  risposta  , come sempre vola  nel vento  (  citazione  musicale \ letteraria  )    qualcosa del genere    a questo commento  lasciato  sula bacheca  di un mio contatto che  ha  condiviso il mio post  


Stefania Eusebi Paranoia pura!...basta!.Piuttosto mi chiedo : siamo tanto ignoranti noi che offendiamo con la nostra cultura o sono tanto suscettibili "gli altri" che vogliono integrarsi senza il rispetto reciproco delle diverse culture?!?


 con questo è tutto  alla   prossima 

Benedizione rifiutata ad Aicha al funerale, il parroco di Arnasco chiede scusa "Rammaricato profondamente " don Angelo "invoca la comprensione di tutti" dopo le polemiche sul funerale della vittima del crollo

 come  al solito    i media nazionali  non seguono bene  le  news    o  ne  riportano  solo  quando sono clamorose  .    e le riassumo  o le  mando  in edizioni regionali \  locali  .  Ed è   caso  della vicenda  di  don Angelo  Chizzoloni   . vedere  url sopra  per la  prima parte della vicenda








Benedizione rifiutata ad Aicha al funerale, il parroco di Arnasco chiede scusa
"Rammaricato profondamente " don Angelo "invoca la comprensione di tutti" dopo le polemiche sul funerale della vittima del crollo   NADIA CAMPINI



Don Angelo Chizzolini Don Angelo, il parroco di Arnasco che durante i funeralinon ha benedetto la salma Aicha Bellamoudden, la donna marocchina morta nel crollo della sua casa, chiede scusa. Questa mattina alle undici ha incontrato il vescovo coadiutore della diocesi di Albenga-Imperia, monsignor Guglielmo Borghetti e la Curia ha emesso un comunicato ufficiale dove si spiega che don Angelo Chizzolini "e' rammaricato profondamente che la decisione del vescovo per un gesto di apertura e piena solidarietà umana e cristiana sia diventata l'occasione per far divampare sentimenti di divisione e polemica. Consapevole che il suo comportamento durante la liturgia delle esequie ha ferito la sensibilità di molti _ prosegue la nota _ don Chizzolini chiede pubblicamente scusa, se ne dispiace profondamente e invoca la comprensione di tutti, pronto a dimostrare con i fatti i suoi più intimi sentimenti di apertura e tolleranza. I tempi sono difficili e tutti abbiamo bisogno di serenità, comprensione e stima reciproca. I valori del dialogo pacifico e della convivenza civile impongono di non esacerbare gli animi."

Nell'incontro in Curia monsignor Borghetti aveva chiesto a don Angelo"chiarimenti sulla questione che ha suscitato tanto clamore nella stampa locale e nazionale e nell’opinione pubblica." E don Chizzolini, come recita il comunicato ufficiale, "ha spiegato ordinatamente come sono andate le cose dal giorno stesso
della tragedia che ha colpito il caro paese di Arnasco; ha dichiarato la sua piena adesione alla scelta operata dal vescovo di concedere la presenza nella Chiesa Parrocchiale della salma della signora Aicha Bellamoudden, vittima della tragedia, per le esequie celebrate in rito cattolico. Peraltro già la sera precedente il sacerdote aveva pregato presso l’Obitorio dell’Ospedale di Albenga e anche benedetto le salme dei due coniugi." Quindi chiede scusa pubblicamente.

29.1.16

Bari, su eBay dopo 70 anni la lettera d'amore del soldato dalla prigionia



a chi mi dice che pubblico solo storie del nord e del centro nord e che ho dimenticato il "mio "sud e la mia sardegna ecco un storia del sud 

da http://bari.repubblica.it/cronaca del 28 gennaio 2016
Bari, su eBay dopo 70 anni la lettera d'amore del soldato dalla prigionia: "Forza, tra un po' passa"La lettera è stata venduta qualche giorno fa su eBay e i nipoti di Pietro Catalano, che l'aveva inviata alla moglie dall'Egitto il 14 settembre 1945, cercano ora l'acquirente per poterla avere
di ANNA PURICELLA


Una lettera d’amore indirizzata alla moglie. Datata 14 settembre 1945 e spedita dall’Egitto: campo di prigionia inglese 312. Pietro Catalano era un soldato originario di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, prigioniero durante la Seconda guerra mondiale. Scriveva alla sua Maria che lo aspettava. Ma la lettera non è mai arrivata. È finita a Oxford e poi dopo più di settant’anni su eBay. A scoprirla per prima è stata un’utente di Facebook che navigava sul portale di annunci alla ricerca di cartoline antiche di Ruvo e si è imbattuta in quell’oggetto mai consegnato al destinatario.
Ha postato l’annuncio sul gruppo “Sei di Ruvo se…” e le ha risposto Daniela Bombino: Pietro Catalano - o meglio, Pierino - era suo nonno. Ma è arrivata troppo tardi: la lettera è stata venduta per poco meno di dieci euro. La guerra era finita da qualche giorno, quel 14 settembre, ma il soldato era ancora in Egitto. Alla sua amata chiedeva notizie di casa (“Hai detto che gli zii sono venuti. Beati loro! E Rocchino e babbo come stanno?”), ma si premurava anche della vita di Maria. Pierino voleva ricevere da lei lettere più lunghe: “Come mai non hai scritto il foglio intero nella lettera con la foto? Solo metà. Scrivi a lungo e più spesso”. Evitare che la moglie venisse sfruttata: “Non voglio assolutamente che ti mettessi a fare qualsiasi servizio che riguardi la bottega e cerca di scegliere quando devi andare per evitare seccature”.



E soprattutto non vedeva l’ora di riabbracciarla: “Non ne posso più di viverti lontano ma ora siamo per ritrovarci, per riaverci. Coraggio ancora un po’. Passerà anche questo periodo che certo è il più duro ma pensa poi dopo: quanta ruggine andrà via!”. E in effetti i due si sono ritrovati: “Mio nonno tornò a Ruvo, certo – racconta ora la nipote, che si dice “piacevolmente sconvolta” per il ritrovamento – È morto qui vent'anni fa”. La lettera è autentica: “Ho riconosciuto la sua grafia facendo il confronto con un’altra lettera che aveva scritto a mia madre anni fa. E poi tornavano troppe cose, dall’indirizzo sulla busta alle persone cui faceva riferimento, a partire da Rocchino, il fratello di mia nonna”.
Purtroppo, però, il sogno di una vita coniugale serena e lunga non si è concretizzato. “Mia nonna morì nel 1946 – continua Bombino
– praticamente un anno dopo il rientro del nonno. Io non l’ho conosciuta, mia mamma aveva pochi anni quando è successo”. Quello che resta sono i ricordi. Daniela e la sua famiglia stanno provando a mettersi in contatto con l’acquirente della lettera. “Ho scritto al venditore, che per motivi di privacy non ha potuto fornirmi i dati di chi l’ha acquistata. Mi ha promesso però che cercherà di parlargli per spiegare la situazione”.

Policlinico San Matteo, viaggio nel reparto fantasma Pavia. Al quinto piano del Dea 8 stanze, 16 posti letto, ambulatori: attrezzati e pronti da due anni e mai utilizzati

Sperando che news come queste non si limitino a creare solo indignazioni e post commenti incazzosi che poi sfoceranno ( nessuno , sottoscritto compreso n'è immune ) da populismo e qualunquismo .Ma portino ad agire e a usare l'unica arma che abbiamo per chi ancora ci crede il non votare e rivotare politici idioti e fare gruppo di pressione onde evitare simili sprechi e quindi debiti per i quali bisogna poi tagliare anziché sui rami secchi e non sulle cause dello spreco

  da  http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca del  29\1\2016

Policlinico San Matteo, viaggio nel reparto fantasma
Pavia. Al quinto piano del Dea 8 stanze, 16 posti letto, ambulatori: attrezzati e pronti da due anni e mai utilizzati
di Donatella Zorzetto




PAVIA. È un reparto pronto da due anni, ma non funziona. O meglio: non è mai stato fatto funzionare. È un reparto “fantasma” con posti letto, attrezzature, ambulatori, spazi comuni. Peccato che tutto questo non abbia mai accolto un solo paziente, perchè la direzione generale del San Matteonon ha garantito ad esso alcuna operatività.

Il “reparto fantasma” si trova al quinto piano del Dea. Oltrepassata la divisione di Urologia, è sufficiente fare pochi passi per trovarsi di fronte ad una porta spalancata e ad un corridoio vuoto. Metri e metri sotto le luci a neon, senza un paziente, un infermiere o un medico. A destra le camere da letto: sono otto in tutto, con 16 posti complessivi. Camere nuove, come del resto in tutto il Dea, in stile americano: due letti, altrettanti tavolini, un bagno, attrezzature moderne e all’avanguardia. Ma tutte rigorosamente chiuse a chiave. Al di là delle tendine abbassate si intravedono i letti e le sedie ancora avvolte dal cellophane. Sono stanze fotocopia; qua e là un po’ di disordine perchè qualcuno, da altri reparti, si è preso qualche seduta perchè ne aveva bisogno. Solo una camera, rimasta aperta, a luci accese svela tutta la sua desolante assurdità: i due letti supermoderni sistemati al centro, il resto allestito tutt’intorno, il bagno che sa ancora di pittura. Tutto pronto per nessuno.

Ogni tanto all’imbocco del corridoio sbuca una figura in camice bianco: sono soprattutto tirocinanti per i quali in una stanza è stato allestito uno spogliatoio. Quello è l’unico spazio utilizzato da due anni. Il resto è lì, aspetta che qualcuno decida. E mentre nelle altre divisioni del Dea le liste d’attesa si allungano perchè i posti letto non sono sufficienti, al quinto piano c’è un’ala che nessuno fino ad ora ha occupato. Eppure i pretendenti ci sarebbero: attualmente sono ancora fuori dal Dea i reparti di Otorinolaringoiatria, Ematologia, Oculistica, Cardiochirurgia. Ma mentre per quest’ultima sembra si sia arrivati alla decisione del trasloco, per le restanti divisioni è ancora buio fitto.

I sindacati sull’argomento non spendono molte parole. E per ora non fanno barricate. Gli unici a prendere posizione sono gli esponenti della Uil. Marco Grignani, responsabile Uil San Matteo, sottolinea: «Non escludiamo che quell’ala sia destinata a Cardiochirurgia, ma di certo i trasferimenti dei reparti andavano completati. Abbiamo aperto un ospedale nuovo e non c’è ancora una clinica vecchia completamente vuota». Per la Uil, che nelle prossime settimane incontrerà il nuovo direttore generale Nunzio Del Sorbo, insieme ai colleghi delle altre sigle sindacali, sono diverse le cose da chiarire. «Gli sprechi si moltiplicano – prosegue Grignani –, e un trasferimento un po’ più oculato e veloce certo non farebbe male. Siamo preoccupati soprattutto
perchè l’assistenza che si presta all’interno di diverse unità operative è al limite». E conclude: «Il 3 febbraio, come abbiamo convenuto nell’ultimo incontro tenuto in Prefettura, cominceremo ad analizzare quanto personale serva per organizzare i nuovi turni di lavoro. Noi ci saremo».


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TRENTO Trento, il bar lascia la porta aperta ai ladri: «Ma solo per il caffè». Al “Divinito” di piazza Silvio Pellico dopo un furto e diversi tentativi di intrusione, arrivano singolari cartellI

Una storia  curiosa    da http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/trento/cronaca  29\1\2016 



Trento, il bar lascia la porta aperta ai ladri: «Ma solo per il caffè»

Al “Divinito” di piazza Silvio Pellico dopo un furto e diversi tentativi di intrusione, arrivano singolari cartelli

29 gennaio 2016




TRENTO. Dopo un furto estivo portato a termine da una gang di ladri acrobati ed una serie di tentativi di effrazione sia col piede di porco che provando a rompere i vetri antisfondamento, al Divinito bar di piazza Silvio Pellico, angolo Galleria Itas, hanno deciso di fare un pubblico appello ai potenziali ladri. Per evitare ulteriori danni, sono stati appesi dei cartelli nei quali si comunica sia che la cassa è vuota, ma anche le slot machine e che entrambe sono collegate all'impianto d'allarme:
“La cassa dei soldi è vuota e non la lasciamo di certo piena per voi – si legge nell'ironico messaggio – quindi se volete entrare per rubare alcolici o a farvi un caffè fatelo pure: lasciamo la porta aperta... certi di una vostra collaborazione, ringraziamo.” Beh, a questo punto non si può che entrare per sentirsi confermare che è proprio così: «Per riparare la vetrata non basta l'incasso di una settimana», dicono.



Nel locale si scopre che la specialità della casa è la cucina thailandese e che il papà diRatana che gestisce il “Divinito” insieme alle figlie Zaira e Solinda Rizzi, era Puniab Sing Pataja, maharaja del Puniab, un principe Sihk indiano e suo padreBhupinder Singh, detto il Magnifico. Dietro al banco ci sono così le eredi del ceto nobile dell'India e Ratana è di mamma thailandese e papà indiano. A Trento è conosciuta per aver gestito i “2 Giganti” e dopo un passaggio a Riva del Garda è al secondo anno al Divinito. «Durante il giorno l'attività è seguita da Zaira e Solinda, a mezzogiorno con mio marito Paolo Rizzi cuciniamo».
La sorpresa è che il mercoledì è sempre proposto un piatto thailandese a rotazione ed il venerdì pesce. Tutti i giorni invece, è in menù il “Kawamukay”, un piatto a base di pollo sfilacciato e riso. Uno dei segreti è «cuocere sempre il riso col brodo e mai con l'acqua», dice Ratana. «Il sapore è del tutto diverso e ci sono persone che lo mangiano quasi tutti i giorni». Così, una pausa pranzo alternativa può essere fatta a base di cucina thailandese fresca, praticamente in centro a Trento.
Alla sera il Divinito chiude a mezzanotte, ma non si può mangiare: «Cambia la clientela: a mezzogiorno sono tutti pranzi di lavoro leggeri e veloci, la sera facciamo aperitivi, stuzzichini e musica», dice Paolo Rizzi. Che aggiunge: «Sa cosa mi lascia amareggiato? Che se facciamo una festa i vicini protestano e poi quando è suonato per venti minuti l'allarme, nessuno lo ha sentito».

28.1.16

Battezzare i bambini è reato !! occhio alla Bufala



va bene essere contro la comunista europa che ormai non ha più niente di quello che aveva in origine , e battersi per abbatterla e ritornare ala sovranità popolare o riformarla e rifarla . Ma con le bufale ed invenzioni per incrementarne l'odio non andiamo da nessuna parte .


In questi giorni questa bufala è tornata a girare nonostante  sia stata  smentita   e  smontata   già due anni fa  ( vedere siti postati sotto )   grazie a il Giomale, che di fatto è diventata la principale fonte dei   bufalocomici  \  bufalisti del web italiano.  che non sin rendono conto  che  esso è un giornale satirico   come dice   http://www.butac.it/il-giomale-o-il-giornale/. Infatti  

lice ma efficace, cioè la somiglianza della m con la coppia di lettere rn. Considerando che la maggior parte dei share addict manco legge quello che condivide, questo trucco permette di far sembrare il link proveniente dal un sito “””””””””””affidabile””””””””””””” come il Giornale. Su Facebook poi la resa è buona e finora ha tratto in inganno un sacco di persone
Ma cos’è il Giomale? Come sempre basterebbe leggere per capire, ma scorrere la pagina fino in fondo è senza dubbio faticoso
giomale
© 2015 Il Giomale. All Rights Reserved. E’ possibile utilizzare gli articoli contenuti in questo sito solo se esplicitamente citata la fonte tramite link di collegamento.Il Giomale non è a tutti gli effetti una testata giornalistica, e come magazine satirico alcuni articoli contenuti in esso potrebberò non corrispondere alla veridicità dei fatti. ATTENZIONE, questo è un magazine online non riconducibile in nessun modo al giornale “Il Giornale”
O accentata a parte, è molto chiaro: “come magazine satirico alcuni articoli contenuti in esso potrebbero non corrispondere alla veridicità dei fatti”Anche perché per credere a certe notizie bisogna davvero impegnarsi. O essere dei grossissimi boccaloni.



L’ULTIMA BUFALA - La «notizia»  che   racconta che la «Corte Europea ha condannato l’Italia per aver violato i Diritti umani di una donna atea e agnostica e del suo figlio, neonato all’epoca dei fatti, la quale si era ribellata al battesimo del bambino e che il padre senza il consenso della moglie ha battezzato con il rito cattolico come da tradizione». Come al solito nel corpo dell’articolo si cerca di dare una parvenza di credibilità alla faccenda e come al solito spariscono i riferimenti alla «violenza psicologica» citata nel titolo, invero poco realistica visto che il neonato fa fatica a farsi traumatizzare da un evento del quale non conserverà coscienza:


L’Italia, permettendo il battesimo ai neonati viola la carta articolo 9 della Convenzione Europea in combinato disposto con l’articolo 14, in quanto i neonati non sono ancora in grado di intendere e di volere o emettere un atto personale e cosciente e, nella fattispecie sono obbligati e far parte di un associazione religiosa per tutta la vita. L’imposizione del rito chiamato sacramento tradisce il carattere di una dottrina che considera le persone come oggetti, il cui destino è deciso a loro insaputa da una organizzazione religiosa. Infatti, il battesimo impone al battezzato un sigillo indelebile, facendolo diventare a tutti gli effetti un iscritto e membro a sua insaputa e volontà e assoggettandolo alla suoi regolamenti e alla sua autorità. Come si evince nel canone 96 del Codice Cattolico di diritto canonico: «mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri». Questa pratica lede il superiore interesse del bambino: sancito dall’art. 3, dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176. che prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata deve salvaguardare l’interesse superiore del bambino

Ma GLI AMANTI DELLE BUFALE e i creduloni colpiscono ancora . Infatti è Una «notizia» adatta a mandare in fibrillazione i devoti ( specie quelli più conservatori e beghini ) e in effetti è subito stata rilanciata dagli estremisti di destra di Agere Contra e dagli animatori di gruppo come quelli di File teocratici per il popolo di Dio o di Popoli Sovrani, ma ci è caduto e persino un tale Studio Legale Berna, che l’ha condiviso sul suo profilo senza il minimo sospetto

Ci sono tutti gli ingredienti per la satira, l’avvocato è Giovanni Battista (Gianni Battisti) il giornalista è Filippo Salomea…ma voi imperterriti continuate e commentare e far girare come se fosse una notizia vera! Ma è ovviamente inventata, uTonti!



 Meno male che anche a Destra c'è uno che ha un po' di sale in zucca e l'ammette 


Di Riccardo Ghezzi, il 21 aprile 2014



Ci sono siti satirici facilmente smascherabili, altri un po’ più subdoli. Uno di questi è Il Giornale del Corriere - Il Corriere del Mattino, che pubblica notizie inventate ma tutt’altro che grossolane, spesso pure credibili. Facile cascarci, per chi non è pratico dei social network.
Il Corriere del Mattino innanzitutto non è una testata on line registrata in tribunale, bensì un sito dichiaratamente satirico: da un po’ di tempo sull’home page è pubblicato l’avviso “Giornale del Corriere è un sito satirico e dunque gli articoli contenuti in esso sono inventati. La redazione non vuole offendere nessuno. Se qualcuno dovesse ritenersi offeso dai contenuti di uno o più articoli è pregato di mandare un’email al seguente indirizzo: giornalecorriere@live.it“.
Se però alcune bufale sono divertenti o individuabili senza necessità di verificare la fonte, come quelle sulla donazione di 1500 euro al mese a chi ospita una “profuga ucraina” o sulla depenalizzazione dei furti se a commetterli sono gli zingari, altre rischiano seriamente di trarre in inganno.

(...) continua qui





Sono d'accordo e rilancio pure io la proposta ironica di questo forum nliune   www.soldissimi.it/forum/showthread.php?t=909363




Direi che in Italia è seriamente venuto il momento di ABOLIRE il tasto "condividi" su Facebook.

("Il giornale del corriere" e "Lercio", sono siti satirici, come si fa a non capirlo, è scritto anche sugli stessi siti che le notizie sono inventate!  ) 


e   do ragione   a   Paolo  Attivissimo   da  http://attivissimo.blogspot.it/2014/04/allarme-bufala-per-corte-europea-che.html   N.B i neretti   in corsivo sono miei  
(...)  
 Pazienza per i tanti internauti ingenui ,  ovviamente  senza  generalizzare  perchè a  chi  è  chi non capita   di  prenderne  ogni tanto  qualcuna per vera ,  che hanno visto la “notizia”, inviata loro da qualche amico che non sa che ilCorriere del Mattino/Giornale del Corriere è un sito satirico (   come specificato all'interno del loro siti  )   e si sono sentiti in dovere di diffonderla ovunque tramite Facebook. L'utente medio non conosce bene  i meccanismi di propagazione delle informazioni e delle bufale, perché non gliele ha spiegate nessuno. Non macina notizie per lavoro. Non pazienza, ma ilarità e imbarazzo, invece, per i “siti d'informazione” come IlNord o Articolotre, che dimostrano un'incompetenza tanto spettacolare quanto bigotta. E commiserazione per quelli, come Voxnews, che si vantano di aver corretto la notizia, però nel frattempo l'hanno pubblicata senza controllarla, con tanto di strali retorici d'indignazione.
Ma che ci caschi un giornale  di grande  tiratura  e  finanziamenti  pubblici , dove in teoria le persone lavorano tutto il giorno con le notizie e per questo prendono uno stipendio, è una vergogna totale. Vuol dire che in quel giornale non si fa nessun controllo e si pubblica qualunque balla trovata su Internet, senza cercare conferme: infatti non c'è nessuna traccia della sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani sul sito della Corte stessa e nessun giornale estero ne parla (come fa notare WakeupNews). Invece c'erano già, a portata di clic, la sbufalata pubblicata cinque giorni prima da Giornalettismo e quella di Bufale un Tanto al Chilo di sette giorni prima. Niente: la notizia-bufala si conforma alla linea editoriale (o ideologica) del giornale, e allora la si manda in stampa.
In una redazione degna di questo nome, chi venisse beccato a scopiazzare da Wikipedia e a pubblicare panzane senza controllarle e spendere almeno un nanosecondo su Internet a cercare e verificare l'origine della notizia verrebbe mandato a casa a calci nel sedere, per aver tradito la fiducia dei lettori e per aver rubato lo stipendio. Una testata giornalistica seria, quando  capita ,   [ dovrebbe    chiedere ] chiederebbe pubblicamente scusa ai lettori e si farebbe delle domande su come sia stato possibile un fallimento epico del genere. Un Ordine dei Giornalisti serio bastonerebbe chi rovina così la reputazione della categoria. Dei colleghi seri chiederebbero a Caterina Maniaci delle giustificazioni e i danni per aver gettato letame sul loro mestiere. Dei lettori seri inonderebbero la redazione di mail, telefonate e lettere di protesta e smetterebbero di comprare quel giornale.
E invece si va avanti così. Complimenti a tutti.


2014/04/22 20:40



Come da copione, la versione online dell'articolo è stata semplicemente rimossa, senza pubblicare una nota di rettifica o due parole di scuse ai propri lettori. Trasparenza e correttezza innanzi tutto, vero? Macché: meglio far finta di non aver mai sbagliato e nascondere le prove della propria inettitudine. E magari questi sono gli stessi che sono capaci di scagliarsi contro gli insabbiamenti: quelli degli altri. Clap, clap, clap.


La trasparenza secondo Libero.












SE QUALCUNO VI SALE IN AUTO, TAMPONATE QUELLO DAVANTI Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco punta X°

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