29.7.22

Bartolucci chiude bottega, Geppetto si arrende alla crisi: addio al Pinocchio d’autore., L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani Michele Ducato è l'ultimo decoratore L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani Michele Ducato è l'ultimo decoratore., Alber donati e il cottage letterario in un paese di 180 anime tra le colline della Garfagnana,

Le botteghe di Firenze e Roma erano lì dal 1996 e dal 2002. Nel loro spazio profumato di cirmolo in pieno centro storico sono passate generazioni, tra ricordi e nostalgia di una manifattura fiabesca. Anche Michelle Obama, durante la visita ufficiale a Roma del presidente Barack, accettò che le figlie, con la nonna, andassero a conoscere Pinocchio. Un mese dopo al manager dello store romano arrivò una lettera con il sigillo della Casa Bianca: "Grazie per tutto quello che hai fatto - scriveva Michelle - le mie figlie sono state felici. I ricordi del nostro tempo a Roma resteranno con noi a lungo".
Un pezzo di storia se ne va. I due negozi chiuderanno nel fine settimana, a meno che il curatore fallimentare non disponga una proroga di alcuni giorni. "Mi sono trovato spiazzato - racconta Bartolucci - perché la pandemia ha fermato tutto. Siamo rimasti gli unici a non produrre in Cina sottocosto, facciamo tutto a mano con i nostri operai. Solo così si ottiene l'autenticità di un oggetto, che si sente al tatto, con la levigatura di certe rifiniture".




Dalla vecchia falegnameria del mastro alla fabbrica dei sogni. In mezzo il flusso di ricordi, come la costruzione del Pinocchio per la fiction omonima con Bob Hoskins nei panni di Geppetto, dove al centro del palco c'era il banco con i pochi attrezzi necessari, manuali e originali degli anni '40, un trapano, seghetti e uno scalpello curvo.
"Con la ripresa del pagamento dei mutui la situazione è diventata drammatica - racconta Mariagrazia Stocchi, amministratrice delegata dell'azienda e moglie di Francesco -. Per risollevare il fatturato due anni fa avevamo preso anche un locale in affitto in Corso Vittorio a Roma, ma è stato aperto solo quattro giorni, poi c'è stato il lockdown. Lo avevamo allestito con tanta speranza. Invece sì è rivelato un boomerang".
L'agonia è stata lunga, una trattativa durata un anno con un'azienda cinese interessata all'acquisto non è riuscita a cambiare le sorti. "Ora stiamo pensando di cessare ogni attività nel giro di un paio di settimane: dopo Urbino, toccherà al negozio di Firenze, poi Roma. Anche l'e-commerce è sospeso da giorni. Rimangono alcune giacenze dai nostri rivenditori tra i quali Dubai, Madrid, San Francisco, Malta e Atene", confessa Mariagrazia.





Eppure Pinocchio ne ha fatta di strada. Da una favola all'altra, da burattino parlante venduto in più di un milione di pezzi a un impero con 150 punti vendita nel mondo. Ma anche un salto dal passato al futuro, dalla falegnameria di Geppetto al marketing esperienziale: negli angoli adibiti a museo era stata ricreata la bottega antica per mostrare ai clienti la sapiente arte dell'intaglio. Anche per questo, una prestigiosa rivista Usa ha inserito l'azienda tra i primi 15 negozi di giocattoli al mondo e le figlie di Walt Disney hanno chiesto alcuni esemplari da esporre nel loro museo di San Francisco.

La chiusura dell'attività è il grande dolore di Bartolucci: "Mi piaceva vedere la gente emozionarsi, era come passare davanti a un forno e sentire l'odore del pane. E poi le notti a lavorare al banco, quando mi sembrava che i burattini mi parlassero. Era come stare in mezzo ai bambini. Quei negozi per me erano figli". C'era una volta un pezzo di legno.








Un Paese dei Balocchi senza giochi

Sul Pinocchio di Collodi a leggerlo c'è da stupirsi perché si sfatano un paio di miti. La prima riguarda il Paese dei Balocchi. Giochi, sì; ma pochissimi i balocchi. Nel meraviglioso elenco collodiano che dipinge a parole un animatissimo Bruegel compaiono delle spade di cartapesta, cerchi, palle, cavallini di legno e poco altro. Per il resto gli abitanti della gaia contrada si azzuffano, si sbeffeggiano, corrono, saltano, ballano e sono in pratica i parossistici balocchi di sé stessi. L'altro mito è proprio quello delle bugie. Pinocchio ne dice pochissime e il naso gli si allunga anche quando non ne dice. La prima volta è quando si accorge che la pentola in cui spera di trovare di che mangiare non è vera ma è dipinta sul muro. La verità è che Pinocchio "resta con un palmo di naso" - naso che appunto gli si allunga - quando si imbarazza e dall'emozione l'animo gli si ingorga sino a sconvolgergli il sembiante.

E ora solo burattini Made in China

La falegnameria dei Pinocchi acquistabili ora chiude e ci si dovrà consolare con esemplari di produzione cinese e di qualità fatalmente inferiore. Quella di Geppetto però resta dov'è, nei primissimi capitoli di un libro che ricordiamo in modo impreciso, poiché lo abbiamo presente più nella fallibile memoria collettiva che sui nostri scaffali. Apriamolo, ritroviamo quegli "occhiacci di legno". La sua voce tornerà subito a canzonarci, ma anche a ridirci chi siamo.



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L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani


Michele Ducato è l'ultimo decoratore della bottega fondata dal nonno a Bagheria nel 1895. Storia, rinascita e curiosità di questa lontana tradizione.


una  tradizione    che resiste  ed    ha  avuto  uno  splendido  splendore    come dimostra  quest'altra storia  




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Quando


Quando decise di aprire un cottage letterario in un paese di 180 anime tra le colline della Garfagnana, Alba Donati venne presa per pazza. Ma il tempo  ed  il   libro  (  foto  a  sinistra  )  in  cui   racconta  la  sua  vicenda  ovvero     di  Una libreria microscopica in un paesino di180\200 persone sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l'infinito a portata di mano. E che ha subito un incendio ma grazie al Crowdfunding ha riaperto . il resto della stroria nei diue video sotto








28.7.22

Condannato perché picchiava la moglie, ora gli spetta l'eredità. Le figlie: "E' un'ingiustizia"

di cosa  stiamo   parlando  \ in  sintesi 


ma  prima d'iniziare  a parlaere  di lei    ecco la  sua    Petizione · #MoleStato - è così che si difendono le donne? · Change.org

    da  https://pocketnews.it/  e   da  repubblica.it


desireè  gullo  con la  madre scomparsa  da
poco 
È una vicenda triste che, visti gli attuali sviluppo, diventa ancora più triste. È quella di Desiré Gullo, l’educatrice di Corsico che assieme alla sorella Simona ha lanciato una petizione su Change.org affinché al padre, condannato per maltrattamenti e abusi sessuali in famiglia, vengano tolti i diritti di successione nei confronti della moglie, morta lo scorso gennaio di Covid.La cronaca riporta alla fine degli anni Novanta. In quel periodo le due sorelle avevano sei e dieci anni. Ad accorgersi che qualcosa non andava erano state le insegnanti delle ragazze. Un’inchiesta della magistratura aveva confermato i sospetti. Nel 2003 è arrivata la prima sentenza con cui i giudici hanno condannato il padre a tre anni e tre mesi di reclusione per abusi sulle figlie e maltrattamenti in famiglia nei confronti della moglie e della figlia più grande.Accuse che l’uomo ha sempre respinto.  Quelle – secondo lui – erano carezze, erano gesti affettuosi. I suoi avvocati difensori avevano fatto ricorso alla Corte d’Appello, che nel 2008 ha confermato la sentenza di primo grado, riducendo però la pena a un anno e nove mesi.I genitori delle due ragazze erano separati da una ventina d’anni. Non avevano mai divorziato e quindi ora a lui spetta la pensione di reversibilità circa 900 euro al mese e l’eredità, condivisa con la figlia, di un appartamento che la ex moglie era riuscita a comprare e su cui grava ancora un mutuo.


La  richiesta di Desirè e Simona, che oggi hanno hanno 31 e 35 anni, si  scontra però con le norme in vigore. La legge sulla cosiddetta ‘indegnita’ ereditaria’ si applica per omicidio e tentato omicidio, tra gli altri reati, ma i diritti alla successione vengono conservati quando si è stati condannati per reati di violenza domestica. Con la raccolta firme arrivata a oltre 35mila sottoscrizioni, le due donne chiedono la modifica dei tempi di ricorso, divorzio automatico, perdita diritti successori con condanna per violenze, retroattività delle norme.Nell’appello Desirè si rivolge al ministro della Giustizia Marta Cartabia, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Mario Draghi.  “Faccio tutto questo per una buona causa, per mia madre – queste le parole della 30enne di Corsico, – perche’ lei ci ha insegnato a combattere e vorrei finalmente giustizia per me e per tutte le persone che si trovano in una situazione come la mia”. Che cos'è la legge sull'indegnità morale e quando si applica Se la legge sulla cosiddetta "indegnità ereditaria" si applica ai casi di omicidio e tentato omicidio, per esempio, non si ha invece la perdita dei diritti successori quando si è stati condannati per reati di violenza domestica. Da qui l'appello della ragazza rivolto alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Mario Draghi e che ha già raccolto quasi 36mila firme. "Faccio tutto questo per una buona causa, per mia madre, perché lei ci ha insegnato a combattere e vorrei finalmente giustizia per me e per tutte le persone che si trovano in una situazione come la mia".

27.7.22

nei programmi dei politici manca la parola femminicidio di Patrizia cadau


 Valentina Di Mauro, poco più di trent'anni, uccisa stamattina in un paese del Comasco dal proprio compagno, Marco Campanaro.

È morta di coltellate, all'addome e alla schiena.Il registro è sempre lo stesso.È una notizia uguale e identica a centinaia di notizie uguali in questo paese in cui il bodyshaming subito da un politico potente, o il divorzio di una coppia famosa sono cose più importanti di Valentina e di tutte le donne come lei, sommerse o sopravvissute. Oggi la politica, con la p minuscola, comincia il proprio circo di dichiarazioni: parlano di agende, di atti rivoluzionari, di protocolli futuristi da cui però sono scomparse le donne.Nessun accenno alle condizioni in cui vengono lasciate le donne, in pericolo, nessuna preoccupazione futura.La violenza, seppure così sistemica e radicale, la disuguaglianza di genere, la disoccupazione femminile e altre disgrazie contemporanee, la solitudine delle madri davanti a dinamiche di stato efferato, non troverà spazio in nessuna agenda.Com'è sempre stato.

turismo on the road

 


da pirata a guardiano la storia dell’ex hacker diventato “buono”: «Combatto i pirati della rete» Emilio Pinna, ingegnere informatico sassarese esperto in cybersecurity «Per anni pagato per scardinare sistemi digitali, ora insegno a proteggerli»

Avete presente quei film americani dove c’è un hacker che a un certo punto viene assoldato dalla CIA, oppure da qualche altra agenzia o articolazione del governo, per stare dalla parte dei “buoni”? Ecco, è più o meno quello che è successo a un esperto di cybersicurezza di Sassari. Lui si chiama Emilio Pinna, ha 38 anni e una storia avvincente da raccontare che inizia quando era appena adolescente. A 16 anni Emilio mangiava pane e Linux nella sua cameretta e ha imparato a scardinare server e siti di mezzo mondo. Poi è cresciuto, si è laureato in Ingegneria informatica, è stato il primo dipendente di Abinsula e
dopo qualche anno si è trasferito a Londra dove le banche più blasonate lo hanno pagato per “scassinare” i loro sistemi informatici. Ora Emilio Pinna è passato dall’altra parte: ha fondato una start up che insegna ai programmatori ad evitare i problemi alla fonte, perché prevenire è sempre meglio che scassinare per riaggiustare. Il piccolo hacker Come in ogni storia di successi informatici che si rispetti, tutto comincia sempre in un garage o in qualche angolo di casa. Non è stato molto diverso per Emilio Pinna, che da ragazzo passava ore in cameretta a smanettare su computer e sistemi operativi che all’epoca erano davvero accessibile per pochi, come Linux. E vivendo tra righe di comando, shell e bash, ha acquisito competenza a palate. La sua specialità? Scardinare i sistemi digitali. Tant’è che ha cominciato a farsi notare negli hackmeeting in giro per l’Italia, roba per nerd puri. «In quegli anni la cybersecurity non era l’industria da 140 miliardi di dollari che è ora – racconta Emilio Pinna – l’ambiente era più simile a un far west e le informazioni erano difficili da reperire e ci si avvicinava perché affascinati dalla filosofia open source e dalla scena underground hacker». La crescita Pinna ha affinato all’Università le conoscenze acquisite nell’underground: ha scelto la facoltà di Ingegneria informatica col corso a distanza del Politecnico di Torino a Scano di Montiferro e poi la specialistica in sede, in Piemonte. «Conclusi gli studi – racconta Emilio – sono stato il primo dipendente di Abinsula, la start up nata a Sassari nel 2012. Ho contributo a mettere le basi della loro offerta cybersecurity e ho lavorato per il comparto automotive di Torino. Poi come tanti ho sentito il richiamo dell’estero per fare nuove esperienze: ho lasciato la Sardegna e ho vissuto e lavorato tra Copenhagen e Londra. In pochi anni sono approdato nel settore finanziario
londinese lavorando per Barclays e JPMorgan». Red team Nelle sue numerose esperienze lavorative l’ingegnere ha fatto parte dei cosiddetti red team. «L’industria informatica ha preso questo termine in prestito da quella militare – spiega Pinna – per indicare un gruppo di persone capace di attaccare i sistemi di difesa dell’azienda allo scopo di testare la validità delle protezioni. Il lavoro consiste nel fare operazioni di adversary emulation lunghe mesi, durante le quali si conduce un attacco ai sistemi dell’azienda committente dall’inizio alla fine. Ogni operazione ha un obiettivo finale ben definito, come sottrarre denaro infiltrandosi nei circuiti bancari, manipolare transazioni elettroniche, rubare documentazioni interne o dati dei  clienti». Il gatto e il topo Gli operatori del read team che devono occuparsi di portare avanti l’attacco lo fanno in tutti i modi possibili. I componenti della squadra hanno infatti diverse specialità che variano dal puro hacking informatico, al social engineering di chi sfrutta le debolezze umane per ottenere accessi non autorizzati: per esempio Kevin Mitnick, tra gli hacker più famosi della storia, era un genio in questo aspetto. E poi si arriva fino al physical red teaming, cioè gli operatori si infiltrano fisicamente negli uffici per compromettere le reti interne ad alta sicurezza, collegando alle prese di rete apparati che gli consentono di acquisire i diritti di amministratore di sistema. Le stesse organizzazioni allestiscono anche un blue team, ovvero il team di difesa, il cui scopo è scovare gli attaccanti prima che facciano danno. «È il gioco del gatto e del topo – conclude l’esperto in cybersicurezza – che ha lo scopo finale di misurare quanto l’organizzazione è resiliente ad attacchi informatici e non, e cosa si può migliorare nella rilevazione e prevenzione di attacchi esterni». Dall’altra parte Dopo anni passati a lavorare come hacker delle più grandi multinazionali, Emilio Pinna ha deciso di utilizzare le sue conoscenze per insegnare ad altri come ragiona e agisce un hacker: ecco allora SecureFlag , la app nata per creare «sistemi più resistenti e un futuro  più sicuro 

  e  sempr e dalla  nuova  sardegna  


26.7.22

intervista alla scrittrice Silvia Ranfagni: “A 13 anni mi disse: sono non binario. Era mia figlia Alba, oggi si chiama Alex”

repubblica  26\7\2022

Intervista alla scrittrice: "È stato un temporale estivo, mi credevo
progressista e mi sono scoperta conservatrice. Ma quando ho capito che aveva pensieri suicidi, la priorità è diventata accogliere. Quanto al padre, sulle prime ha detto: ti amo come sei. Ma in segreto ha ammesso: fosse stato il fratello a sentirsi mezza femmina non ce l'avrei fatta"

La sua esperienza non è affatto una tragedia, ma è iniziata come spesso accadono le tragedie, in modo tranquillo e del tutto inaspettato. "Mamma, sono trans. Anzi,
sono non binario" è la frase che è piombata addosso alla scrittrice Silvia Ranfagni un anno fa, mentre scolava gli spaghetti. Di fronte a lei un tredicenne che credeva "figlia" e che lentamente ha imparato a chiamare "figlio", Alex. 
Ranfagni, ricorda le parole di suo figlio?
"La metafora che ha usato è stata questa: "Mamma, hai presenti i binari di un treno? Sono due, come maschio e femmina. Io sono come un terzo binario in mezzo che fa come un serpente che si avvicina ora dalla parte della femmina, ora dalla parte del maschio. A volte mi sveglio più maschio, a volte mi sveglio femmina, non lo so nemmeno io da cosa dipende. Mercoledì, per esempio, ero maschio".
Lei come ha reagito?
"Quelle parole hanno avuto per me la violenza del temporale estivo, quello che non ti aspetti. Improvvisamente non ero più sicura di niente, neanche della mia capacità di essere madre. Possibile che non avessi mai capito l'intima natura di Alba, che non l'avessi mai vista, davvero? Chi c'era dietro quella maschera che diceva "ho preso nove in Italiano", "buono il purè". E poi, davvero faceva sul serio? Una settimana prima voleva essere un vampiro".
E allora cosa ha fatto?"Gente più antica di me avrebbe detto: 'Due schiaffoni e via'. Io invece continuavo a domandarmi: quanto un genitore deve contenere e quanto accogliere? Ho trascorso ore su internet e ho divorato libri americani. Poi un'amica mi ha indirizzato al Saifip, il servizio di un ospedale romano dove la dottoressa Maddalena Mosconi e il suo team, da trent'anni, accompagnano bambini e adolescenti con disforia di genere e le loro famiglie".
Quali sono state le cose più difficili da accettare?
"Forse sono state due: la prima albergava proprio dentro di me. Fino a quel momento mi reputavo una donna progressista, di mentalità aperta, avevo scritto un film sui trans, letto molto, incontrato persone. E invece ho scoperto delle resistenze. Quando si tratta di modificare la percezione del proprio figlio c'è sempre in agguato un'ottusa conservatrice". 
L'altra difficoltà?
"Quando mio figlio mi ha detto: "Adesso il mio nome è Alex". La scelta del nome è una cosa importante, identitaria. Suo padre e io avevamo impiegato mesi e cura per individuarlo. È stato invano? Credo che la nostra sia la prima generazione in cui, a scegliere i nomi, non sono più i genitori ma i figli stessi. Una rivoluzione copernicana. Cambia l'asse di rotazione".
Lei ci è riuscita?
"A pronunciare il nome di Alex, sì. Anche se non subito. Però ancora oggi non so se chiamarlo figlio o figlia, mi ingarbuglio. Mi hanno consigliato di usare l'asterisco alla fine, oppure la u, oppure di non usare la vocale finale. La storia del non binarismo non è affatto semplice". 
E il padre di Alex, in questa storia?
"La sua prima reazione è stata wow: "Sei mia figlia, ti amo e ti amerò sempre. Questa è la tua vita e hai il diritto di viverla come sei". Poi però ha aggiunto che lui di binari non capisce e non ne vuole sapere nulla. In segreto, infine, mi ha confidato: "Se fosse stato suo fratello a sentirsi mezza femmina non ce l'avrei fatta, ma siccome così è più maschio... E vabbuò". Un distillato di patriarcato".
E a scuola?
"Esperienza stupenda. Alle medie Alex aveva un professore che faceva con i ragazzi una cosa speciale, "Il cerchio della fiducia": ognuno a turno parlava di sé, a patto che nulla trapelasse dal cerchio. La sofferenza di Alex è emersa lì per la prima volta. Quel docente era convinto che nella scuola occorra uno spazio di parola che consente una libertà senza conseguenze".
Ora come va?
"Nonostante sia trascorso un anno, io ancora arranco, mi sento smarrita, persa in una selva di nomi, categorie, etichette. Ma l'aver scoperto che Alex maturava pensieri suicidi ha stravolto le urgenze: accogliere è diventato l'unico imperativo. Ammetto però che alcune domande mi tormentano ancora".
Quali?
"In questi mesi mi sono più volte interrogata sulle possibili ragioni di questo suo sentire, essere. Poi un giorno Alex mi ha chiesto: "È un problema come sono, mamma?". La risposta è stata secca: "No, non è un problema". È solo che è tutto nuovo per me".
In che senso?
"I ragazzi oggi si affacciano a un mondo dove il corpo non è un dato fisso, ma è modificabile con la chirurgia, e hanno imparato a concepirsi come "modificabili"; la progressiva conquista di zone di parità tra donne e uomini ha poi reso obsolete categorie millenarie. Alla velocità della luce ogni nostro punto esclamativo si è trasformato in un punto di domanda. Io, invece, ho bisogno di più tempo. Forse non sono l'unica. Perciò, quando Alex esce, io prego. Ci metto tutta la mia speranza laica in questa preghiera: "Che nessuno mai possa farsi scherno di te"".



chi lo dice che la vecchiaia sia una tomba ? Viareggio, la prima patente la prese quando l'Italia era monarchia: ora Mario Bonetti , 102 anni, ha ottenuto il rinnovo

Un paio di mesi fa l'arzillo nonnino ha ottenuto l'autorizzazione per poter continuare a guidare la sua Panda



Quando Mario Bonetti ha preso la patente l'Italia era ancora una monarchia. Più di ottanta anni dopo, Mario Bonetti la patente addirittura la rinnova. Adesso ha la veneranda età di 102 anni e viaggia

tranquillamente a bordo di una Panda per Viareggio, la sua città. Se non è un record poco ci manca: Mario ha rinnovato il documento di guida pochi giorni fa, due mesi dopo aver spento le centodue candeline sulla torta. Mario inoltre è fratello di Uberto Bonetti, indimenticato autore di Burlamacco, figura indiscussa della festa più famosa di Viareggio, il Carnevale.
L'utilitaria di Mario Bonetti viaggia proprio verso la Cittadella del Carnevale e si nota in giro per la città. La nipote Adriana Bonetti, figlia di Uberto, spiega: "Ha rinnovato da poco la patente a Viareggio, è un uomo pieno di vita, una forza della natura. Capisce tutto, scherza, è intelligente e ancora ogni tanto fa qualche lavoretto".
Anche i medici al momento del rinnovo sono rimasti stupefatti, come continua la nipote Adriana: "Gli hanno detto 'lei è perfetto, nonostante l'età' e gli hanno permesso di montare ancora sull'auto. Certo, non fa grandi viaggi e deve rimanere dentro a Viareggio, ma comunque ha una vista perfetta e i riflessi sono a posto". Dove va il signor Mario con l'auto? "Spesso è col nipote carrista Luigi, alla Cittadella, è molto prudente alla guida".
Un passato da geometra alle spalle: "Ma era quasi un architetto, era uno dei più bravi della città" afferma la nipote. Bonetti prende spesso le sue quattro ruote, specialmente in estate, mentre in inverno utilizza la macchina più di rado. "Quando ci ho parlato mi ha detto 'cosa faccio senz'auto? Non c'è nessuno in giro, mi annoio e la gente è sempre davanti al pc, devo muovermi'. Un portento vero" continua la nipote.

La mafia è anche ... di blindflowers

  Da https://www.facebook.com/blindflowers


La mafia non è soltanto propria di coloro che uccidono la giustizia fisicamente nella persona di un giudice o di una vittima, ma mafioso è anche colui che vota il politico che promette un posto al figlio che non vuole studiare, scavalcando altri; mafioso è chi pensa che con la raccomandazione ci si sistemi per sempre in barba agli altri;

 mafioso è chi fa parte di salotti e consorterie di casta; mafioso è il giornalista che si sottomette alla regola di tacere se il padrone glielo impone e di mentire se il padrone glielo ordina; mafioso è il recensionista che recensisce solo libri che gli ha imposto il giornale e poi ti scrive in privato dicendoti che il tuo libro gli é piaciuto ma non scriverà un rigo per te perché tu non sei la casta. Mafioso è il professore universitario che dice che chi non ha soldi all’università non ci deve andare (sentito con le mie orecchie). Mafioso è quel docente che copia  sil lavoro degli studenti sapendo che tanto così si usa da secoli e tutti stanno zitti; mafioso è lo scrittore tesserato che sta in tv facendo propaganda di partito e fingendo di combattere contro la mafia. La mafia non è solo propria del mafioso di professione che fa oltretutto una vita di mer...a, ma di tutti coloro che hanno una mentalità mafiosa nel loro piccolo quotidiano.

25.7.22

Così un battaglione di 1.600 "soldati" anatra è diventata l'arma segreta di un viticoltore

 L'industria vinicola sudafricana impiega circa 270.000 persone e produce alcuni dei vini più ricercati al mondo. Ma non tutti i lavori sono lasciati agli esseri umani. Fuori Città del Capo, sulle rive del fiume
Eerste, il Vergenoegd Löw The Wine Estate ha riproposto una pratica secolare mettendo in campo un battaglione di anatre per tenere i suoi vigneti liberi dai parassiti. Ispirandosi alle anatre utilizzate per rimuovere insetti infestanti dalle risaie in Asia, l'azienda vinicola si avvale dei servizi di circa 1.600 anatre per rendere la produzione del vino più sostenibile. "Le anatre sono i soldati dei nostri vigneti", spiega l'amministratore delegato Corius Visser. "Mangiano gli afidi, le lumache, i piccoli vermi... mantengono i vigneti completamente liberi dai parassiti". 



Le anatre pattugliano il Vergenoegd Löw The Wine Estate fin dagli anni '80. La specie, l'anatra corritrice indiana, non è in grado di volare, ha una particolare posizione eretta e un olfatto molto sviluppato. Le "ferie annuali" delle anatre avvengono durante la vendemmia, altrimenti mangerebbero l'uva. Durante questo periodo, le anatre si nutrono in pascoli aperti, nuotano in un lago vicino e si sottopongono a un allevamento selettivo, spiega Visser. Le anatre non vengono consumate nel ristorante del vigneto: "Sarebbe come mangiare un collega", spiega Gavin Moyes, responsabile della sala di degustazione della tenuta.

La storia di Tyler Cohen, analista di DoorDash che dall’estate del 2019 ha inoltrato fino a quattro candidature al mese a Big G:alla fine ottiene il posto dei suoi sogni. E incanta LinkedIn



Google lo scarta 39 volte ma lui insiste: alla fine ottiene il posto dei suoi sogni. E incanta LinkedIn

La storia di Tyler Cohen, analista di DoorDash che dall’estate del 2019 ha inoltrato fino a quattro candidature al mese a Big G: la sua ostinazione è di ispirazione per molti di quelli che sognano un lavoro in un colosso techGoogle lo scarta 39 volte ma lui insiste: alla fine ottiene il posto dei suoi sogni. E incanta LinkedIn

 di Simone Cosimi

Lui si chiama Tyler Cohen, si occupa - anzi, si occupava fino a qualche giorno fa - di strategia e gestione delle operazioni a DoorDash, una piattaforma statunitense di consegna di cibo a domicilio. Ma il sogno di questo senior analyst con un trascorso nel colosso della consulenza EY e molte altre esperienze nel marketing era un solo: lavorare in Google. Solo che Big G, a quanto sembrava, proprio non lo voleva: l’esperto, laureato alla Northeastern University e con un curriculum di tutto rispetto compresa una limitata conoscenza del cinese mandarino, è stato infatti scartato ben 39 volte. La quarantesima, però, è stata quella giusta.

Una storia che insegna il valore della perseveranza, quella di Cohen, esplosa su LinkedIn, il social network professionale per eccellenza controllato da Microsoft. “C’è una linea sottile fra perseveranza e malattia - ha scritto l’uomo in un post di grande successo, condividendo una schermata significativa della sua posta elettronica - sto ancora cercando di capire quale mi appartenga”. In quello screenshot è racchiuso il lungo corteggiamento a Mountain View: si tratta dell’elenco di tutte le e-mail ricevute da Google in cui, con saluti e ringraziamenti, gli è stato detto che non era stato selezionato per le varie posizioni per le quali di volta in volta, a partire dal 25 agosto 2019, si era candidato. Fino all’ultima, datata 19 luglio 2022 ed emblematicamente intitolata “Welcome to Google!”. Obiettivo raggiunto.

Un risultato se possibile ancora più paradossale visto che arriva proprio in un momento in cui tutti i colossi del tech, Google e Apple inclusi, stanno rallentando il ritmo delle assunzioni programmate per i prossimi mesi (e presentando agli investitori conti non esattamente scintillanti) sull’onda delle incertezze geopolitiche, della crisi delle supply chain internazionali e dell’inflazione. E in certi casi procedendo a una serie di licenziamenti. Big G, parte della holding Alphabet, ha in particolare sospeso i nuovi ingressi per due settimane stabilendo oltre tutto un rallentamento per il resto dell’anno.

In un'email inviata pochi giorni fa ai dipendenti e visionata da The InformationPrabhakar Raghavan, vicepresidente senior di Google, spiegava tuttavia che la pausa delle assunzioni non avrebbe avuto ripercussioni sulle offerte già estese ai candidati (fra i quali, per il rotto della cuffia, dev’essere evidentemente rientrato anche il nostro Tyler Cohen), ma che Google non avrebbe formulato nuove offerte fino al termine della pausa. "Utilizzeremo questo tempo per rivedere le nostre esigenze di organico e allinearci su una nuova serie di richieste di personale prioritarie per i prossimi tre mesi” aveva scritto Raghavan. Per avere un’idea delle dimensioni del recruiting in questo genere di pachidermi, basti pensare che lo stesso Ceo Sundar Pichai all’inizio di luglio aveva certificato come nel solo secondo trimestre dell’anno fossero state assunte altre 10mila persone. Allo scorso marzo l’organico era di oltre 163mila dipendenti, che al momento saranno dunque sopra quota 170mila.

Cohen è dunque fra quelli che non si sono fatti scoraggiare dal vento che stava cambiando già da un qualche mese: d’altronde ha tentato consecutivamente di farsi assumere da Google per tre anni di fila anche con tre o quattro candidature al mese, puntualmente rigettate, per arrivare appunto al totale di 39 tentativi. Il suo era un desiderio che si lanciava oltre gli ostacoli macroeconomici o la situazione internazionale.

Su LinkedIn la storia del suo successo (o meglio, della sua ostinazione, il successo dovrà ora guadagnarselo sul campo) ha coinvolto qualcosa come 22mila persone e raccolto centinaia di commenti. Il più significativo dei quali proprio da parte dell’account ufficiale di Google: “Che viaggio è stato, Tyler! Era proprio ora”.

23.7.22

Firenze, strappa il burqa ad una donna incinta e la spinge fuori dal treno: "La gente come voi qui non ci deve stare

 



premetto  che  il  burqua  non mi  piace  sia che  sia  (  la maggior  parte  dei casi   obbligatorio    e  imposto  )   sia  che sia spontaneo \  scelta   dalla  donna  stessa  .   IO lo  considero poco  rispettivo  per

una  donna  ed   la  sua  dignità  , e  come  tale ne  va combattutto   l'uso  . Ma  non in queasto modo   altrimenti si finisce  d'essere  peggio di quelle correnti islamiche   che lo impongono alle donne .

  da repubblica  23 LUGLIO 2022 ALLE 11:15 

Il fatto davanti a molti testimoni tra cui il capotreno. La giovane mamma, che ha denunciato il fatto alla Polfer, era accompagnava un altro figlio di 11 anni che è scoppiato a piangere. Identificato l'aggressore



Prima strappa il burqa dal volto a una donna incinta, poi la strattona e spingendola fuori dal treno le intima di non provare a salirci più. "La gente come voi qui non ci deve stare, hai capito?”. Questo è quello che si sarebbe sentita gridare, il 15 luglio alla stazione di Calenzano (Firenze), una donna di origini marocchine al settimo mese di gravidanza e con appresso il figlio di 11 anni. A scatenare la rabbia verso la donna, e il burqua da lei indossato, un 35enne originario di Vaiano (Prato), che accortosi di lei sulla banchina intenta a salire con il figlio su un treno regionale l’avrebbe raggiunta per inveirvi contro.
L’agguato però non si è limitato alle solo offese verbali. L’uomo infatti ha afferrato, spintonandola, la donna finendo per fuori dal treno, ancora fermo in stazione. L’intera scena si è consumata sotto gli occhi spaventati del figlio della donna che per la paura è scoppiato a piangere. La donna poi, sotto shock, è scappata temendo per l'incolumità sua e del bambino. Ad osservare la scena erano presenti anche il capotreno e diversi testimoni.
Una volta allontanatasi dal suo aggressore, la donna e il bambino sono riusciti a salire su un altro treno, scendendo alla stazione di Campo di Marte a Firenze dove la mamma ha sporto denuncia alla polizia ferroviaria. L'aggressore, un pendolare che tutti i giorni prende lo stesso treno per recarsi a Firenze al lavoro, è stato individuato, e il giorno seguente, identificato dagli agenti.

Bari, apre Dick Factory: tutti in coda per la pasticceria sexy. "Così sfatiamo i tabù"

da https://www.telebari.it/attualita e da repubblica video


In vetrina non ci sono simboli fallici e immagini osé, che avevano fatto storcere il naso ai commentatori più pudici. L’effetto sorpresa, però, è senza dubbio assicurato, ed è stato rivelato nel pomeriggio del 20 luglio alle 18, quando in corso Vittorio Emanuele 64 ha aperto al pubblico la prima pasticceria ‘sexy’ di Bari.
da https://www.quotidianodipuglia.it/

L’annuncio corre sui social ed è arrivato il pienone, perché il locale di venti metri quadri aspetta di accogliere decine di curiosi e golosi anche da fuori Bari. Dick Factory apre dunque i battenti, a una manciata di metri dalla centralissima via Sparano e dai palazzi del governo della città.

 Sul web la curiosità è incontenibile e sui social i follower aumentano.A curare il restyling del locale e la scelta
dell’arredamento è stato Marcello Ritella, progettista e general contractor, molto conosciuto tra i ristoratori baresi per avere messo la firma su operazioni riuscite, come anche questa sembra essere. Il nuovo “Dick Factory” si prepara a diventare punto di riferimento per addii al celibato e nubilato da tutta la regione.Casse automatiche super tecnologiche, arredamento con luci a neon rosa, fenicotteri, poltrone zebrate, piume, e anche un semaforo. Niente peni e vagine in vetrina o nell’insegna. “Non vogliamo fare facile scandalismo – assicurano dal locale – la nostra è semplice e simpatica goliardia”.Dick Factory nasce sulla scia di locali simili diffusi in tutta Europa: in Italia è stata Mr Dick a fare da apripista, inaugurando a Milano la prima pasticceria sexy specializzata in cupcake e waffle. Il locale barese proporrà proprio i gustosi dolci a cialda, croccanti fuori e morbidi dentro, a forma di peni e vagine, come ‘spoilerato’ da giorni sui profili social. Si partirà con il menù a base di waffle, ma presto arriveranno anche i gelati.Dick Factory, la chiacchierata pasticceria sexy made in Puglia, dopo un’intensa e animata campagna social (qui la curiosa call per la ricerca del personale), ieri pomeriggio ha ufficialmente aperto i battenti a Bari, in corso Vittorio Emanuele.Niente simboli fallici e immagini osé in vetrina, come avevano anticipato a Telebari i gestori dell’attività (leggi qui), ma tanti doppi sensi e molti sorrisi da entrambi i lati del bancone.In fila per curiosità, per divertimento e anche per sfatare qualche tabù. In pieno centro a Bari, in corso Vittorio Emanuele, apre la pasticceria sexy Dick factory. E si rivela subito un successo: nel pomeriggio inaugurale sono oltre cinquanta, in media, le persone in fila costantemente davanti al locale. Da Dick factory si possono acquistare waffle a forma di pene o vagina – chiamati “Lui” o “Lei” – da condire con diversi topping al cioccolato, granelle e praline.



E gli addetti alla preparazione dei dolci scherzano con i clienti giocando con i doppi sensi. "Abbiamo aperto una pasticceria sexy perché volevamo strappare un sorriso – dice uno dei soci del locale, Luca Pisanò – Spesso questo argomento viene trattato con molte riserve e timidezza, invece può essere affrontato con allegria, simpatia, leggerezza e goliardia"

22.7.22

Polifemo e gli altri i tesori dell'arte salvata., Il paese groppodalosio in lunigiana di 10 abitanti ora ha un bimbo in più ., Un gruppo di amici ha deciso di invecchiare duemila bottiglie di vino Doc dell'Etna inabissandole ai piedi del vulcano nell'Area Marina protetta Isole Ciclopi.



Rubati dai tombaroli e arrivati dall'altra parte del mondo grazie al mercato nero: i reperti recuperati dalla Guardia di Finanza ora hanno una nuova casa a Roma.


                                di Francesco Giovannetti








Museo Dell'Arte Salvata
Museo

Sito Web

Indicazioni

Via Giuseppe Romita 8, Aula Ottagona Del Museo Nazionale Romano - 00186 Roma (RM)
telefono 06 477881


incuriosito    da  quyesto  video    ho  cercasto  in rete  ed  ecco cosa  ho  trovato  sul  sito  ufficiale  del  museo

Opere d’arte trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente e poi, finalmente, riportate a casa, per ricucire quel tassello rubato alla storia e al patrimonio nazionale.


Fatto salvo il principio che ogni opera debba tornare al suo territorio di provenienza, il Museo dell’Arte Salvata vuole essere un luogo dove questi beni potranno transitare ed essere esposti al pubblico per un periodo di tempo delimitato.
Le restituzioni dovute alla diplomazia culturale o a seguito delle indagini del Comando Carabinieri TPC e del lavoro dei Caschi blu della cultura, il ritrovamento tra le macerie dei terremoti e in seguito agli interventi in caso di calamità naturali e conflitti, i salvataggi grazie ai grandi restauri, senza contare i recuperi fortuiti di antichità o dovuti agli scavi di emergenza per lavori pubblici e privati, i capolavori restaurati dall’Istituto Centrale per il Restauro (ICR): tutte queste opere d’arte troveranno nel Museo dell’Arte Salvata un approdo per un periodo durante il quale saranno esposte al pubblico prima di essere ricollocate nei musei di appartenenza.
L’allestimento del nuovo Museo, composto da teche e pannelli modulabili a seconda delle necessità delle opere, permetterà ogni volta di cambiare la disposizione all’interno dell’Aula che diventerà uno spazio espositivo ad hoc per accogliere sempre nuovi tesori rendendoli fruibili dal grande pubblico. L’incessante recupero di opere d’arte permetterà un turnover regolare: mentre i pezzi esposti saranno collocati nei musei di pertinenza, nuove opere recuperate saranno esposte al fine di rendere continuo l’aggiornamento sul magistrale lavoro di recupero costantemente in corso. [....]
Dal 16 giugno al 15 ottobre 2022
In occasione dell’apertura al pubblico del Museo, saranno esposti i recenti ritrovamenti frutto delle attività di contrasto al traffico illecito di beni culturali svolta dal Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale, sempre sulle tracce dell’arte. L’esposizione si fonda sugli oggetti che il Reparto Operativo TPC ha fatto rientrare dagli Stati Uniti d’America in un arco temporale compreso fra il dicembre 2021 e la scorsa settimana: un corpus imponente di opere con numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà.
Sono reperti che risalgono a diverse attività investigative condotte dai “Carabinieri dell’Arte” in collaborazione con le Autorità statunitensi, sequestrati presso direzioni museali, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Avevano sopportato la consueta trafila dei traffici illeciti di settore: scavi clandestini, ricettazione, esportazione illecita. La restituzione all’Italia è avvenuta il 15 dicembre 2021 presso il Consolato generale di New York, ove alcuni pezzi sono rimasti in mostra per qualche mese.


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Nel borgo di Groppodalosio, in Lunigiana, da 16 anni non si vedeva un fiocco appeso a una porta.


 
Ora i cittadini sono diventati 11, grazie all'arrivo di Federico.


di Margherita Cecchin



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Un gruppo di amici ha deciso di invecchiare duemila bottiglie di vino Doc dell'Etna inabissandole ai  ai piedi del vulcano nell'Area Marina...
Scendere in cantina 40 metri sotto il mare
piedi del vulcano nell'Area Marina protetta Isole Ciclopi.





un ottima  idea    da quel poco  che ne  capisco  di  vini 

21.7.22

Lei, lui e l'altro ma senza segreti: con il poliamore la coppia dimentica la monogamia di Francesco Cro Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale, Viterbo

leggi prima




Una relazione stabile con più di un partner in cui tutti sono al corrente della presenza dell'altro. Secondo una ricerca internazionale una persona su cinque sperimenta questo tipo di rapporto nella propria vita
21 LUGLIO 2022 ALLE 07:30 



La monogamia è la forma di rapporto amoroso più diffusa nelle società occidentali e in generale in tutto il mondo. Tuttavia una quota crescente di coppie sta sperimentando altri modi di essere consensualmente in relazione con più di un partner. Parliamo di poliamore, la possibilità di avere relazioni stabili con più persone. In genere c'è un partner principale e un secondo, il cosiddetto 'amante'. Ma la differenza è che tutti sono al corrente della situazione e l'hanno accettata. Non ci sono segreti. Un'utopia? Non sembrerebbe.
Secondo la psicologa americana Rhonda Balzarini, che ha coordinato una ricerca effettuata dai dipartimenti di Psicologia di varie università statunitensi e canadesi su oltre 1.300 persone impegnate in relazioni non monogame consensuali, fino a una persona su cinque sperimenta una situazione del genere nella propria vita.
Le coppie non monogame risultano ugualmente soddisfatte e coinvolte dal loro partner rispetto a quelle monogame e anche alcuni parametri come la gelosia, la frequenza dei rapporti sessuali, la longevità della coppia, il grado di felicità o di depressione non sembrano variare significativamente.
Come cambia la monogamia
Il poliamore è una forma particolare di non monogamia, nella quale i membri della coppia non sono genericamente 'aperti' ad altre esperienze sentimentali e sessuali, ma stabilmente e intensamente coinvolti in una vera e propria relazione amorosa con più di un partner, in genere due.
Talvolta i due partner vengono percepiti diversamente: c'è quello 'primario', con cui si convive (spesso è il coniuge), si condividono progetti e finanze ed eventualmente la cura dei figli, e un partner "secondario", con il quale c'è minor coinvolgimento per quanto riguarda la vita quotidiana ma c'è una maggiore intesa sessuale.
SALUTE AMORE
La gelosia tuttavia sembrerebbe essere più spiccata verso il partner primario, soprattutto per le donne, che tendono maggiormente a pensare che il loro partner primario non le ingannerebbe mai. Non tutte le situazioni di poliamore prevedono questa sorta di gerarchia tra i diversi partner, e il sesso non è sempre centrale nella costruzione di nuovi legami sentimentali fuori dal matrimonio.
Coppie stabili
La monogamia è una questione sociale e culturale ma anche biologica: alcune specie animali sono portate a formare coppie stabili che durano anche oltre l'allevamento della prole e altre no. La biologa Sue Carter, docente emerita di biologia presso l'Università dell'Indiana a Bloomington, ritiene che il comportamento monogamico delle singole persone non abbia tanto a che fare con l'amore ma più con alcuni fattori neuro ormonali specifici, in particolare variazioni individuali nella sensibilità all'azione dell'ossitocina, ormone prodotto in occasione degli stimoli affettuosi che favorisce l'attaccamento a un partner, della vasopressina, prodotta durante i rapporti sessuali e che favorisce l'aggressività maschile verso i rivali in amore, del testosterone e dei glucocorticoidi, ormoni dello stress che riducono la mascolinizzazione e favoriscono il comportamento sociale accudente.
Il conflitto interiore
La consuetudine monogamica, fondata su basi biologiche, sociali, culturali ed etiche, può rappresentare un motivo di grande conflittualità interiore per le persone coinvolte in una relazione poliamorosa e diventare una sfida anche per i terapeuti di coppia, le cui convinzioni morali potrebbero interferire con la valutazione e il trattamento psicologico delle persone impegnate in relazioni non monogamiche.
La maggior parte delle ricerche sul tema dimostra che le coppie non monogamiche possono essere altrettanto stabili e soddisfatte di quelle monogamiche. La comunicazione sincera e il consenso reciproco sono però fattori decisivi perché tutti i componenti della relazione possano raggiungere benessere e soddisfazione. In questo modo anche il problema della gelosia potrebbe essere attenuato o superato: in un'ulteriore ricerca su oltre 3800 persone coinvolte in una relazione monogama o poliamorosa Balzarini ha notato che le reazioni all'interesse del proprio partner per un'altra persona possono anche essere positive, soprattutto quando la coppia ha già attraversato un'esperienza di poliamore.
Amore mi sono innamorata di un altro
Comunicare al proprio partner 'primario' la presenza di un'altra persona può essere molto difficile, soprattutto quando la coppia è partita da una relazione monogamica e il desiderio di aprirsi ad altri rapporti riguarda solo uno dei due membri. A ricordarcelo anche il divertente film del 1969: 'Amore mio aiutami' con Alberto Sordi e Monica Vitti. Sono passati anni dall'uscita di quella pellicola, ma le cose non sono molto cambiate: in amore non accettiamo facilmente la condivisione. Vogliamo essere "gli unici", ma qualcuno però è di opinione diversa e sceglie il poliamore.
I consigli
Ma cosa fare se vogliamo prendere questa strada e temiamo di ferire chi ci sta accanto? Sarebbe opportuno comunicare quanto prima al partner il proprio coinvolgimento emotivo o sessuale in un'altra relazione, perché quanto più dura la clandestinità di un amore tanto più è difficile superare il risentimento del partner per essere stato ingannato, soprattutto se è lui a scoprirlo. La fedeltà, poi, non è esclusa dalle relazioni poliamorose: esiste infatti il concetto di 'polifedeltà', secondo il quale i membri del rapporto di poliamore sono fedeli tra di loro, differenziandosi così dalle coppie aperte e da quelle che cercano al di fuori del matrimonio gratificazioni sessuali.
La morale tradizionale non aiuta, perché la riprovazione genera sensi di colpa e può spingere a nascondere o a negare il fatto che a volte si possono realmente amare due persone contemporaneamente e che, molto più spesso di quanto vogliamo ammettere, un solo amore non ci basta.

Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale, Viterbo

I carabinieri in alta uniforme salutano l’unione civile tra Claudia ed Elena, vicebrigadiere a Roma Elena e Claudia hanno detto il loro sì a Cefalù, provincia di Palermo


  colonna  sonora 
Hallelujah -  Jeff Buckley
L'AMORE MERITA- Simonetta Spiri, Greta, Verdiana e Roberta Pompa

 IL paese reale è ( anche se non completamente visto che ancora non c'è il matrimonio lgbt , e le unioni non valgono cioè i contraenti non hano gli stessi diritti di chi contrae matrimonio ) è più avanti della imbelle classe politica . Infatti : << .... Lo Stato maggiore della Difesa ha imposto già dal 2017 le linee guida sulle celebrazioni dei militari anche dello stesso sesso", spiega l'avvocato cagliaritano Giorgio Carta, "e l'Arma si è dimostrata più avanti di altre istituzioni: il matrimonio tra persone dello stesso sesso nn è un tabù ....  segue  su YouTG.NET - Picchetto d'onore (e colpo di sciabola) per il matrimonio della carabiniera con la sua sposa >>. E storie come quella riportata sotto presa da https://www.fanpage.it/ del 20\7\2022 sembrano dimostrarlo

Elena, vicebrigadiere del servizio radiomobile Cassia di Roma, si è unita civilmente all'imprenditrice Claudia. Il 18 luglio scorso hanno pronunciato il loro sì a Cefalù, provincia di Palermo. Per festeggiare
le due donne, i colleghi carabinieri di Elena hanno fatto un picchetto d'onore in alta uniforme. Al passaggio di Claudia ed Elena i carabinieri si sono messi sull'attenti e hanno fatto un colpo di sciabola. Tantissimi i commenti e le congratulazioni pubblicate sotto i video della cerimonia postati su Facebook. "Che belle che siete! Tanti auguri", ha scritto per esempio Anna. "Un'emozione unica e indescrivibile", ha detto Francesco. "Augurio di ogni bene futuro ‘piccola' Claudia nel cuore", le congratulazioni di Maurizio.





I carabinieri sull'attenti all'arrivo del vicebrigadiere Elena All'arrivo del vicebrigadiere, si vede nei video della cerimonia, i militari si sono messi sull'attenti sulle note del tema ‘Gabriel's Oboe' di Mission, composto da Ennio Morricone. Elena indossava l'alta uniforme dei carabinieri, mentre Claudia indossava il tradizionale abito bianco. Quest'ultima ha fatto il suo ingresso sulle note di ‘Hallelujah', il famoso
brano del cantautore Leonard Cohen.La prima unione civile gay nell'Arma La prima unione civile tra un carabiniere e il suo compagno è stata quella tra Paolo e Nunzio. La cerimonia è stata celebrata nel 2018 a San Rufo, un piccolo paesino del Vallo di Adriano. Il militare lavora nella compagnia di Castellammare di Stabia e, come Elena, anche lui ha indossato l'alta uniforma da carabiniere per pronunciare il sì insieme al suo compagno e attuale marito.


e da repubblica

Elena Mangialardo è vicebrigadiere del nucleo radiomobile della compagnia Cassia: si è unita con l'imprenditrice romana Claudia De Dilectis

Camminano sottobraccio sotto il ponte di sciabole deimilitari in alta uniforme. Lei, Elena Mangialardo, vicebrigadiere del nucleo radiomobile della compagnia Cassia, indossa l’alta uniforme dei carabinieri, la moglie Claudia
De Dilectis, imprenditrice romana che lavora al Pam, in abito bianco. Scene da un matrimonio. Le due donne si sono dette “si” il 18 luglio scorso a Cefalù, in Sicilia. IL momento
del “si” è stato accompagnato dalle note di Gabriel's Oboe di Ennio Morricone, dopo il passaggio sotto un ponte di sciabole dei carabinieri invitati al matrimonio che hanno atteso il loro passaggio mano nella mano. Una passione sbocciata a Cefalù, la città natale di Mangialardo: otto anni fa l’inizio della relazione, che il 18 luglio è stata ufficializzata con il matrimonio.

concludo  non solo augurando   ogni bene  alla  coppia  ma  anche    con  la stessa  domanda    che   si  pone  il  sito https://www.youtg.net/ (    trovate  il link  all'articolo nele riche  precedenti ) 




Non è mancato nemmeno un gesto che di recente è finito al centro delle polemiche: il colpetto di sciabola sul sedere della sposa, mentre si inchina a raccogliere il cappello dello sposo (in questo caso sempre sposa era) che un collega ha provveduto a far cadere poco prima. "Una pratica maschilista che va abolita", ha dichiarato l'avvocato Carmen Posillipo, matrimonialista del foro casertano di Santa Maria Capua Vetere, già nota per le sue battaglie in favore del rispetto delle donne.E proprio in risposta all'avvocato la pagina Facebook "Puntato, l'app degli operatori di polizia" ha pubblicato il video del matrimonio [lo  trovate  sopra  ] tutto al femminile tra la vicebrigadiera e l'imprenditrice: "Ma il gesto è maschilista anche se sono Due Donne a farlo? Arma dei Carabinieri al passo con i tempi, giustamente riconosce il diritto di amare", si legge nel testo a corredo, "Ma ora verrebbe da chiedere a quel famoso avvocato che contestava il colpo di sciabola come gesto maschilista, e se sono 2 donne a fare questo gesto?", è la domanda provocatoria. 


con  questo  è  tutto    alla  prossima   “Sperando  che tali matrimoni  ( in  realtà unioni  civili    )  sia solo un monito per tutti ad avere il coraggio di amare. e  che  diventi    normale  e  non  slo  un  fattom eccezionale .  M'auguro che tutto ciò possa servire a far vedere semplicemente la forza dell’amore nonostante tutto” questa la “chiamata al coraggio” delle due ragazze.