visto che dopo il mio post precedente sul 27 gennaio ricevo ( cosa non nuova visto che m,i succede ogni volta che ricordo il 27 gennaio ) via email ricevo lettere olre ad accusarmi d'avere scarsa menoria e ricordare a senso unico , d'essere filo ebreo e d'essere comuinista e che l'olocauto non è mai esisto , e altre boiate negazioniste rispondo con alcuni estratti ( chiedo scusa se non è roba mia , ma solo un copia e incolla ma a vote specie davanti a situazioni come questi si è basiti da non trovare le parole adatte ) con del numero odierno di diario di repubblica ( qui l'intero numero )
SILLABARIO
NEGAZIONISMO
significativo che questo rifiuto fosse stato previsto È con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti sopravvissuti ricordano che le SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: «In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza,ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà.
Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici,ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo ostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».Curiosamente, questo stesso pensiero («se anche raccontassimo, non saremmo creduti») affiorava in forma di sogno notturno dalla disperazione dei prigionieri. (...) Fortunatamente le cose non sono andate come le vittime temevano e come i nazisti speravano. Primo levi da I sommersi e salvati
Bernando valli
(.....)
Pierre Vidal-Naquet fu uno dei primi ad affrontare i negazionisti (emersi negli anni Settanta) con una serie di articoli raccolti in un libro: Gli assassini della memoria (Viella 2008).Egli rifiutò tuttavia di dibattere faccia a faccia con loro. Non erano interlocutori accettabili. Specialista dell’antica Grecia e impegnato con passione nel denunciare la tortura durante
la guerra d’Algeria, Vidal-Naquet non aggirava i problemi. Come storico e come ebreoscandiva l’atteggiamento verso la Shoah in tre distinti momen-ti. Alla Liberazione nessuno si era interessato ai deportati ebrei. Si era poi passati a un interesse esclusivo, specifico, per il genocidio di cui erano state le vittime. E c’è stata a questo punto - ed è il terzo momento - una sacralizzazione della Shoah, a suo parere rischiosa: perché la Shoah non deve essere considerata un culto, suscettibile di creare un anti-culto, ossia un’eresia. Né deve essere uno strumento politico.
È un genocidio che, insieme agli altri (quello simultaneo degli zingari, quello precedente degli armeni a opera dei turchi, o quello successivo nel Ruanda), deve impegnare gli storici, cui spetta di tener viva la memoria. Vidal-Naquet era contrario alla legge che condanna chi nega i crimini contro l’umanità, perché può far apparire i negazionisti come dei perseguitati. Si può capire, e condividere, il rigore di Vidal-Naquet, quando sottolinea il rischio implicito nella sacralizzaione o nell’uso politico della Shoah, ma è comprensibile, o addirittura inevitabile, che questo avvenga poco più di mezzo secolo dopo, quando i ricordi sono ancora vivi e sono mantenuti tali, anzi sono arroventati, dalla tragedia mediorientale.
I negazionisti vogliono essere considerati dei revisionisti.Una qualifica cui non credo abbiano diritto. Non è revisionista l’intellettuale impegnato a contrastare la realtà, concretamente provata, di un fatto storico, la cui veridicità non richiede supplementi di indagine. Il revisionismo ridefinisce il giudizio su un evento, ne dà un’interpretazione diversa, non ha come fine la sua cancellazione. La storiografia è una continua revisione.Il negazionismo è dettato da un’ideologia.
( .. )
Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici,ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo ostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».Curiosamente, questo stesso pensiero («se anche raccontassimo, non saremmo creduti») affiorava in forma di sogno notturno dalla disperazione dei prigionieri. (...) Fortunatamente le cose non sono andate come le vittime temevano e come i nazisti speravano. Primo levi da I sommersi e salvati
Bernando valli
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Pierre Vidal-Naquet fu uno dei primi ad affrontare i negazionisti (emersi negli anni Settanta) con una serie di articoli raccolti in un libro: Gli assassini della memoria (Viella 2008).Egli rifiutò tuttavia di dibattere faccia a faccia con loro. Non erano interlocutori accettabili. Specialista dell’antica Grecia e impegnato con passione nel denunciare la tortura durante
la guerra d’Algeria, Vidal-Naquet non aggirava i problemi. Come storico e come ebreoscandiva l’atteggiamento verso la Shoah in tre distinti momen-ti. Alla Liberazione nessuno si era interessato ai deportati ebrei. Si era poi passati a un interesse esclusivo, specifico, per il genocidio di cui erano state le vittime. E c’è stata a questo punto - ed è il terzo momento - una sacralizzazione della Shoah, a suo parere rischiosa: perché la Shoah non deve essere considerata un culto, suscettibile di creare un anti-culto, ossia un’eresia. Né deve essere uno strumento politico.
È un genocidio che, insieme agli altri (quello simultaneo degli zingari, quello precedente degli armeni a opera dei turchi, o quello successivo nel Ruanda), deve impegnare gli storici, cui spetta di tener viva la memoria. Vidal-Naquet era contrario alla legge che condanna chi nega i crimini contro l’umanità, perché può far apparire i negazionisti come dei perseguitati. Si può capire, e condividere, il rigore di Vidal-Naquet, quando sottolinea il rischio implicito nella sacralizzaione o nell’uso politico della Shoah, ma è comprensibile, o addirittura inevitabile, che questo avvenga poco più di mezzo secolo dopo, quando i ricordi sono ancora vivi e sono mantenuti tali, anzi sono arroventati, dalla tragedia mediorientale.
I negazionisti vogliono essere considerati dei revisionisti.Una qualifica cui non credo abbiano diritto. Non è revisionista l’intellettuale impegnato a contrastare la realtà, concretamente provata, di un fatto storico, la cui veridicità non richiede supplementi di indagine. Il revisionismo ridefinisce il giudizio su un evento, ne dà un’interpretazione diversa, non ha come fine la sua cancellazione. La storiografia è una continua revisione.Il negazionismo è dettato da un’ideologia.
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1 commento:
Ciao,
já que vim
não posso sair
sem deixar um oi
oi!
Jesus te abençoe,
claudia
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