1.4.24

Diario di bordo n 41 anno II -amicizie feline , Uova di Pasqua più costose per la crisi del cacao che affonda le radici nella crisi climatica ., Nel mese di Ramadan come nella Pasqua la condivisione del cibo è sacra ., I nazisti andarono a caccia di balene per ottenere l’autarchia della margarina ., e altre storie

 Care lettrici e cari lettori, buona pasquetta.
Spero che ieri abbiate passato un sereno giorno di festa. E che anche oggi possiate trascorrere la giornata all'aria aperta (tempo permettendo) con le persone a voi più care. Se avrete tempo per leggere, in questa newsletter trovate oggi articoli e racconti presi  come  sempre  di più ampio respiro, slegati (   almeno  ci  ho  provato  )  dalla pressione dell'attualità.




25 m ·

In Corso Matteotti a Tempio, c'è una coppia inseparabile che ha catturato il cuore di tutti: Anita e Rocco, due gatti affascinanti per la loro dolcezza e pulizia. Questi amici pelosi hanno scelto di celebrare la loro amicizia ritrovandosi, da anni, sempre davanti allo stesso negozio. Stanno diventando un simbolo per le
passeggiate quotidiane dei cittadini di Tempio, attirando sorrisi e saluti affettuosi dai passanti. Osservandoli, non ho potuto fare a meno di notare l'onda di tenerezza che suscitano in chiunque li incontri. Anita e Rocco non sono solo compagni di vita, ma anche testimoni silenziosi delle storie che si snodano attorno a loro. Condividere la loro storia è un modo per celebrare l'amicizia perché spesso, nel loro piccolo, gli animali sanno insegnare qualcosa a noi umani.
Poi io adoro i gatti, quindi non posso che pubblicare questa foto







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  da   :www.editorialedomani.it/


Uova di Pasqua più costose: la crisi del cacao affonda le radici nella crisi climatica

I prezzi alle stelle del cacao di questi ultimi mesi sono lo specchio di come gli eventi estremi legati al cambiamento climatico stiano già modificando le disponibilità di alcuni dei prodotti alimentari più diffusi e consumati al mondoCacao amaro. Non tanto nel gusto, ma certamente nel prezzo a tonnellata, che è quasi quintuplicato rispetto agli scambi del 2020. In questi giorni a New York una tonnellata di cacao è arrivata a toccare quota 10.000 dollari.A parità di peso, il cacao vale oltre 11 volte più del petrolio. Una crisi di tutto il settore, ma che affonda le sue radici in Africa Occidentale, dove si produce il 70 per cento delle fave di cacao a livello globale. Già nelle prime settimane di marzo, infatti, i principali impianti di lavorazione in Costa d’Avorio e Ghana segnalavano di aver interrotto o ridotto le operazioni perché i prezzi delle fave erano troppo elevati, non permettendo loro di acquistare la materia prima.E tutto questo arrivava dopo un’eccezionale ondata di calore che ha colpito l’area del golfo di Guinea e che ha indubbiamente avuto un impatto anche sul settore agricolo. Molti contadini infatti riportavano danni alle colture, riduzione nella crescita delle piante e un rallentamento in quella dei baccelli, causati proprio dalle temperature estremamente elevate per la stagione.
ONDATA DI CALORE ANOMALAA febbraio, l’Africa Occidentale è stata colpita da un’ondata di caldo insolitamente intensa per l’inizio della stagione, con temperature che normalmente non vengono raggiunte fino a marzo o aprile. Il caldo più intenso si è verificato dall’11 al 15 febbraio, con temperature superiori a 40°C.
Secondo uno studio pubblicato dalla World Weather Attribution (Wwa) la combinazione di temperature elevate e di aria relativamente umida ha portato a valori medi dell’indice di calore di circa 50°C, mentre a livello locale i valori hanno raggiunto addirittura il livello di “pericolo estremo”, con valori percepiti fino a 60°C. Secondo i ricercatori l’indice di calore è più elevato di 4°C a causa dei cambiamenti climatici in atto, e gli eventi di caldo umido così intensi sono diventati 10 volte più probabili con un aumento delle temperature medie di 1,2°C (l’attuale riscaldamento registrato a livello globale).
UOVA DI PASQUA
Non solo. Nel dicembre 2023 la Costa d’Avorio e il Ghana, i due maggiori paesi produttori di fave di cacao al mondo, hanno registrato piogge intense che hanno decimato le rese delle coltivazioni. Precipitazioni totali che sono state più del doppio della media trentennale per quel periodo dell’anno.Le condizioni umide estreme hanno così portato molte piante a contrarre la cosiddetta “malattia del baccello nero”, che causa la marcescenza dei frutti della pianta del cacao. Tuttavia, queste condizioni umide sono state rapidamente seguite dalla siccità tipica di El Niño a febbraio 2024, portando a un’ulteriore perdita dato che la coltura del cacao è estremamente sensibile alla carenza d’acqua. Gli agricoltori si son così trovati dall’avere troppa acqua a non averne abbastanza.
«Gli agricoltori dell’Africa Occidentale che coltivano l’ingrediente principale delle uova di Pasqua che molti di noi non vedono l’ora di ricevere stanno lottando contro condizioni estreme di caldo e di precipitazioni intense», ha commentato in un recente rapporto Amber Sawyer, analista presso l’Energy and Climate Intelligence Unit (Eciu) inglese. Mentre Ben Clarke, assistente di ricerca sull’analisi e l’interpretazione dei dati climatici per le condizioni meteorologiche estreme presso il Grantham Institute, ha sottolineato come «il cambiamento climatico, guidato sempre più dal consumo di combustibili fossili, sta moltiplicando questa sfida naturale in molte regioni, alimentando condizioni sempre più estreme, devastando i raccolti e facendo aumentare i costi del cibo per tutti».
CHI PAGA QUESTA CRISI ?
Fa riflettere un punto su tutti. Chi sta pagando per questa crisi? Certamente i consumatori, che si ritrovano con prezzi al dettaglio estremamente elevati.Ma se guardiamo dall’altra parte della catena la situazione è ancora peggiore: basti considerare che, in media, il 70 per cento del valore totale e il 90 per cento dei margini totali generati dai coltivatori di cacao vanno agli ultimi due attori della catena: ai marchi e ai rivenditori. A monte, solo il 18,6 per cento del valore totale e meno del 7,5 per cento del margine totale sono generati dalla forza lavoro presente nei paesi produttori di cacao (dalla coltivazione del cacao fino alle esportazioni delle fave).C’è da chiedersi, quindi, chi stia realmente guadagnando da quella che sembra essere una crisi di approvvigionamento mondiale, mentre la cioccolata sta diventando sempre più un bene di lusso.


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Nel mese di Ramadan come nella Pasqua la condivisione del cibo è sacra

Cibo e religione sono legati da un connubio antichissimo. Si vede nel rito della messa, ma anche nell’islam, con l’Iftar, il pasto conviviale che spezza il digiuno nel mese di Ramadan La celeberrima frase «L’uomo è ciò che mangia», formulata nell’Ottocento dal filosofo Feuerbach, contiene in sé una verità umana fondamentale. Se andiamo al di là del senso materialistico con cui il filosofo la intendeva, ci rendiamo conto che il cibo non è solo l’alimento necessario per la sopravvivenza fisica, ma è anche un importante segnale attraverso il quale l’uomo interagisce con il prossimo, condividendo le gioie ma anche i dolori. Al di là dei nutrienti, il cibo risulta “condito” da un profondo valore simbolico e conviviale la cui massima espressione la si ritrova in gran parte delle religioni. Il cibo allora rappresenta un importante paradigma che non solo predispone il contatto tra gli uomini ma realizza anche l’incontro con la divinità.Cibo e religione sono legati da un connubio che risale alla notte dei tempi. Sono i dettami alimentari e i precetti da rispettare a tracciare il fil rouge che lega le tre religioni monoteiste, cristianesimo, ebraismo e islam.

Oggi, abituati a mangiare da soli, talvolta in piedi e spesso compiendo altre azioni, le religioni ci ricordano che il cibo non è solo un elemento materiale, ma è un dono di Dio e il sedersi a tavola insieme è espressione di intimità non solo tra i commensali ma anche con il divino.

Prendete e mangiatene tutti


In questo contesto trova ampio respiro la dimensione conviviale del cristianesimo che secondo Montanari, storico dell’alimentazione, è emersa nel momento in cui da religione di popolo si è aperta a religione universale, scegliendo di condividere e rispettare gli usi di tutti.Nei cristiani, l’espressione più significativa della convivialità la si ritrova nell’ultima cena quando Cristo spezza il pane e lo con-divide insieme al vino con gli apostoli. Basti pensare che, la messa si celebra intorno ad un altare che è ara sacrificale, dove viene “reso presente” il sacrificio di Cristo, e mensa conviviale, dove la famiglia di Dio partecipa al banchetto eucaristico. La messa, infatti, è proprio un pasto comune in cui “si mangia Dio”.Tutto ruota intorno al «Prendete e mangiatene tutti...» dove nel condividere un pasto c’è un elemento di partecipazione tra i membri del convito, partecipazione che viene estremizzata perché uno dei membri assimila a sé gli altri e da loro vuole essere assimilato.Ciò che il cristianesimo condanna è l’atteggiamento egoistico di trattenere tutto il cibo per sé: è la voracità a rappresentare un principio antisociale, d’altronde anche Dante colloca i golosi all’inferno. E a dare il buon esempio, non poteva che essere Gesù: mangia con chiunque lo inviti e non solo con gli amici, tanto che l’ultima cena si svolge a casa di un estraneo.
L’Iftar
E a proposito di condivisione del cibo, non possiamo non fare cenno alla singolare condivisione del cibo che spezza il digiuno quotidiano durante il Ramadan. Nel nono mese lunare di ogni anno i musulmani compiono un digiuno durante il quale non è possibile ingoiare nemmeno una briciola né deglutire liquidi, dall’alba fino al tramonto.
Il digiuno, sawm, introdotto da Maometto nell’anno 624, ha lo scopo sia di esercitare l’autocontrollo, ponendo il credente di fronte alle sue dipendenze fisiche e mentali, sia di dimostrare amore per Allah e rispetto per i poveri.
Ebbene, durante questo mese c’è un momento della giornata molto significativo: l’Iftar, la rottura del digiuno al calar del sole. Questo pasto serale permette di recuperare le forze spese durante le attività quotidiane che non vengono sospese.
Ma c’è una sfumatura di significato che va oltre il puro interesse sostanziale del cibo: per il musulmano che osserva il precetto, condividere il pasto dopo il digiuno, non solo è incontro con il divino ma ha un profondo valore comunitario. I fedeli sono uno di fronte all’altro con la propria individualità ed insieme condividono la vita e i beni della terra.
Dopo il tramonto, la condivisione di pasti e di cibo si moltiplica non solo nelle case, ma anche nelle moschee e, in alcuni paesi, anche ai lati delle strade che si affollano di banchetti che vendono cibo. La rottura del digiuno porta con sé una convivialità così estremizzata che i musulmani tendono a stare svegli più a lungo nelle ore notturne tanto che il ritmo sonno-veglia è alterato.
L’ospitalità e lo stare insieme sono infatti caratteri religiosi importanti per la società islamica, soprattutto se legati alla misericordia, principio fondamentale per il profeta che amava gli Iftar collettivi e aveva piacere di rompere il digiuno insieme ai poveri. Una delle sue raccomandazioni era proprio quella che i compagni non celebrassero l’Iftar da soli ma che coinvolgessero poveri ed emarginati.
Tre datteri sono i protagonisti dell’Iftar accompagnati da un bicchiere di acqua o di latte per preparare lo stomaco al pasto successivo, proprio sull’esempio di Maometto che «…celebrava l’Iftar con datteri freschi, se non ne aveva, altrimenti utilizzava i datteri secchi ed in mancanza anche di quelli, con acqua» (Abu Dawood).
Dopo i datteri, rigorosamente in numero dispari, si alternano altre due portate: una zuppa a base di lenticchie, pollo, avena e patate seguita da un’ulteriore portata più abbondante e varia, con carne, verdure e formaggi.

Leggi   anche  
Natale in Egitto, i copti tra tradizioni culinarie e il terrore del fondamentalismo islamista ( Youssef Hassan Holgado ) 


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I nazisti a caccia di balene per ottenere l’autarchia della margarina

Anche il regime di Hitler aveva grandi aspirazioni autarchiche. Che passarono però dalla ricerca di un animale molto particolare. A un certo punto balenò l’idea di produrre margarina usando il grasso dei cetacei. Tanto da provare a conquistare un pezzo di AntartideSi racconta che Adolf Hitler fosse rimasto particolarmente sconvolto dalle conseguenze del blocco navale che gli inglesi imposero alla Germania nel 1914, durante il primo conflitto mondiale. Le condizioni in cui riversava il paese lo convinsero della fondamentale importanza per una nazione di avvicinarsi il più possibile all’autarchia, per non dipendere in alcun modo da nazioni estere.Al tempo, un terzo del fabbisogno della popolazione tedesca veniva importato e, a causa della restrizione operata per mano della Royal Navy, si stima che nel paese persero la vita 800mila persone, soprattutto per la mancanza di cibo. Quando nel 1933 salì al potere, il Führer pianificò di evitare gli errori dei suoi predecessori: il popolo tedesco avrebbe avuto la sua margarina.

La margarina

Nel 1869 il chimico francese Hippolyte Mège-Mouriès, spinto da un cospicuo premio finanziario offerto da Napoleone III, brevettò un nuovo grasso spalmabile a base di sego bovino e latte. Chiamò il prodotto Margarin, un termine derivato dalla parola greca margaritēs che significa perla, per via del suo aspetto bianco e lucente. L’imperatore era convinto che questa alternativa, più economica del burro, avrebbe giovato alle classi sociali più indigenti. Se in Francia però questo prodotto non fu mai davvero apprezzato, la margarina diventò fondamentale nelle cucine tedesche del primo dopoguerra. Dopo il trattato di Versailles la Germania si trovò a dover affrontare un periodo di grande instabilità economica e in questo contesto drammatico trovare un’alternativa più accessibile al burro fu una salvezza per tanti. Quando in sostituzione del latte vaccino si scoprì che era possibile utilizzare gli scarti di grasso animale abbassandone ancora di più il prezzo, questa antagonista del burro si diffuse ancora di più tra le classi meno abbienti.Si stima che in quel periodo il consumo annuo di margarina tedesco fosse di circa otto chili pro-capite. Di pari passo con la sua popolarità però crescevano anche i timori legati a questo prodotto controverso: prima di tutto perché si scontrava con gli interessi degli agricoltori tedeschi che producevano burro e vedevano le loro produzioni minacciate, in secondo luogo perché la margarina veniva prodotta a partire da grassi importati da altre nazioni.

L’opzione balena

Nel contesto dell’ascesa del nazionalsocialismo, queste condizioni risultavano essere semplicemente inaccettabili. Quando il partito nazista salì al potere nel 1933 infatti, la produzione di margarina venne ridotta del 40 per cento per legge e venne imposta anche una tassa sui grassi di origine estera, in modo da favorire la produzione di burro tedesco. Nel 1936 Adolf Hitler annunciò il celebre piano quadriennale, un ambizioso programma economico il cui obiettivo finale era quello dell’autarchia entro il 1940. L’incarico di gestire il programma venne affidato a Hermann Göring, al tempo un semplice funzionario nazista di alto rango, diventato successivamente leader della Gestapo e consegnato alla storia come il secondo uomo più potente del Reich.

Tra i molti punti del piano, che spaziavano dal riarmo della nazione alla costruzione di nuove infrastrutture, venne anche ridisegnato l’approvvigionamento dei grassi e in particolare dell’olio di balena, ingrediente fondamentale sia per l’industria bellica (utile, ad esempio, nel processo di creazione della nitroglicerina) che per la realizzazione di prodotti alimentari. Nello stesso periodo il cherosene, una nuova sostanza raffinata a partire dal petrolio, si stava diffondendo sempre più velocemente come combustibile economico per le lampade a olio, soppiantando proprio l’olio di balena fino ad allora impiegato e producendo un’eccedenza che non si capiva come poter smaltire. Furono due aziende produttrici di margarina a capire che quel grasso poteva essere impiegato come ingrediente nelle loro ricette. Il paese che forniva la quasi totalità di questo ingrediente era la Norvegia, che si era spinta fino all’antartico per la caccia dei cetacei, a causa della decimazione già avvenuta in tempi precedenti nell’oceano Atlantico. Göring iniziò quindi a valutare l’idea di compiere una spedizione per far sì che anche la Germania potesse avere un proprio accesso alle acque antartiche, assicurandosi tutto l’approvvigionamento di olio di cui necessitava per soddisfare i consumi dei tedeschi. Nell’agosto del 1936, il ministro degli Esteri Konstantin von Neurath trovò un territorio non reclamato in Antartide e l’idea prese definitivamente forma. L’area designata era nota come Queen Maud Land ed era stata precedentemente esplorata proprio dai norvegesi, che le diedero il nome della loro regina. La spedizione fu organizzata nell’estate del 1938 e alla guida fu posto Alfred Ritscher, un comandante navale decorato della Prima guerra mondiale. La nave Schwabenland, dal nome della regione tedesca della Svevia, salpò da Amburgo il 17 dicembre 1938 e alla spedizione presero parte 82 persone tra scienziati, ufficiali e balenieri, più due aeroplani utili per la ricognizione di tutto il territorio dall’alto. La porzione di territorio destinata ad essere conquistata si sarebbe chiamata Neu-Schwabenland, o Nuova Svevia. A bordo dell’imbarcazione un ufficiale nazista si occupava di controllare il rispetto degli standard richiesti dal regime. Ci volle un mese prima che l’imbarcazione raggiungesse la costa antartica e una volta approdati l’equipaggio iniziò subito a cartografare la regione.

Piano sfumato

Le cose però andarono diversamente da come erano state pianificate. Il 14 gennaio 1939 infatti, mentre la baleniera era ancora in viaggio, attraverso una proclamazione reale la Norvegia decise di ufficializzare la propria rivendicazione sulla Terra della Regina Maud. Per questo motivo la spedizione non durò a lungo e il 5 febbraio del 1939 la nave ripartì per la Germania. Tornato a mani vuote, Göring cercò un modo per risolvere la situazione. Venne a sapere di un farmacista che aveva scoperto come sintetizzare la margarina dal carbone, il suo nome era Arthur Imhausen. ùIl comandante convinse il partito nazista ad investire sulla nuova promettente tecnologia e quando Hiltler venne informato della scoperta, ne fu entusiasta. Possiamo immaginare che lo fosse meno nell’apprendere che la reputazione del suo partito stava venendo salvata da un uomo di origine ebrea, ma in quel momento l’autarchia era più importante.


legi anche 
  
L’autarchia impossibile del fascismo Andrea Strafile
La torta fascista per sostituire il panettone Alberto Grandi

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Quest’anno si va in gita l’anno prossimo


I casi di Pioltello e di Torino hanno oscurato altri problemi, che riguardano molti più studenti in numerosi istituti. Per la precisione, per il 50% degli studenti, quest’anno, le gite scolastiche rimarranno un miraggio. La ragione principale è quella economica, con le famiglie che fanno fatica a permettersi l’esborso per mandare i figli in viaggio. Ma questo aspetto tocca anche i professori, che da tempo chiedono compensi maggiori per l’impegno e la responsabilità che si assumono in questi contesti. 👉🏼 Gite scolastiche? Per uno studente su due sono un miraggio: costano troppo e i docenti non vogliono partire








Le università telematiche rischiano di chiudere


Negli ultimi mesi si è complicata anche la situazione delle università telematiche. Tutto verte attorno al rapporto tra il numero degli studenti e quello dei professori. Nelle università telematiche c’è un professore ogni 380 alunni, in quelle tradizionali lo stesso rapporto è oltre dieci volte minore: 28,5. Differenza eccessiva secondo un decreto del governo Draghi, che stando ai termini attuali deve essere sanata entro il prossimo novembre. Al momento, però, una soluzione sembra lontana.
👉🏼 Università telematiche, boom di studenti ma rischio fallimento con le regole di Draghi. Il governo Meloni le salverà?


I problemi della primavera in anticipo


La primavera non è solo la stagione delle gite scolastiche. È anche quella delle scampagnate, delle allergie e delle giornate tiepide. Protagoniste del periodo che anche quest’anno si sono presentate ben prima del normale. Già prima dell’equinozio le temperature di molte città italiane si sono avvicinate ai 20 gradi, mandando in tilt le simbiosi naturali tra fiori e rispettivi impollinatori, anticipando la fine del letargo di molti animali, e mettendo la parola fine a un inverno che non è mai veramente iniziato.👉🏼 L'equinozio di primavera arriva un giorno prima con temperature sopra la media

Sulle Alpi manca la neve e lo sci muore

Gli inverni sempre più caldi non stanno mettendo a repentaglio solo gli equilibri naturali, ma anche le attività umane. In questi anni, a soffrire particolarmente è stato lo sci, con decine e decine di impianti che ogni stagione chiudono definitivamente, e centinaia d’altri che continuano a sopravvivere solo grazie a centinaia di milioni di euro di finanziamenti pubblici. Iniezioni di liquidità definite da Legambiente come un «accanimento terapeutico».👉🏼 «150 milioni di soldi pubblici agli impianti sono accanimento terapeutico»


Il nuovo codice della strada non agisce sulla principale causa di morte sulle strade

Le giornate lunghe e il tepore spingono tante persone a rispolverare la bicicletta e a unirsi a quelli che invece la usano tutto l’anno per fare attività sportiva o semplicemente spostarsi. L’uso della bici come mezzo di trasporto è tra le soluzioni più efficaci per agevolare gli spostamenti nei centri urbani, eppure il nuovo codice della strada, al voto in questi giorni alla Camera dei Deputati prima di passare al Senato, ha diverse misure che penalizzano i ciclisti e gli altri utenti deboli della strada. Il nuovo testo è stato duramente criticato da esperti ed attivisti. Infatti l’obiettivo dichiarato dal ministero dei Trasporti di Matteo Salvini è ridurre il numero di vittime sulle strade, ma non agisce sulla prima causa di morte: la velocità dei veicoli a motore. Anzi, propone di alzare i limiti, riduce la facoltà di controllo e quella di multare i contravventori.👉🏼 Il nuovo codice della strada al voto alla Camera: «È un codice della strage, così non rende le strade più sicure»


Perché le auto elettriche non si ricaricano con la dinamo


Una mobilità più sostenibile passa anche da una decarbonizzazione dei mezzi a motore, che dovranno cedere il passo alla mobilità attiva e a quelli elettrici. Da giorni è diventata virale   soprattutot sui  social  e   condivisa  anche  da  me  che  sono ignorante  in materia  nonostante  abbia  fatto  il liceo scientifico     , un’immagine che mostra la ruota di un’auto elettrica collegata a una dinamo. Una soluzione apparentemente semplice per estendere di molto la durata della batteria del mezzo. Ma che in realtà è solo controproducente.
👉🏼 L’auto elettrica che (non) si ricarica con la dinamo






Se sei arrivato fino a qui, grazie per il tempo che ci hai dedicato. Ti aspettiamo per le prossime puntate e… ricorda che mi \  ci  trovi anche su  facebook ,  Instagram, Threads, Twitter













31.3.24

questo è il calcio” è la frase più idiota e frequente che si senta pronunciare nell’ambiente del calcio giovanile di Lorenzo Rossomandi - Scritti

da https://www.facebook.com/lorenzorossomandiscritti


Per un periodo della mia vita ho fatto il dirigente di una squadra di calcio di ragazzini (per chi non lo sapesse, i “dirigenti” sono quegli omini in tuta che portano le borracce e i palloni in panchina e raccolgono le maglie sporche e fangose dei giocatori a fine partita).
I motivi per cui l’ho fatto sono essenzialmente due:
- mio figlio giocava in quella squadra;
- preferivo stare in panchina che in tribuna, per non sentire ciò che di peggio le persone possono tirar fuori dalle loro bocche;
Ebbene, sono riuscito a far sì che il presidente delle squadra mi revocasse dal ruolo.
No, non pensate male.
Non si viene cacciati dal ruolo di dirigente per aver offeso arbitri, aver litigato con qualche dirigente avversario o aver chiamato ne*ro qualche ragazzetto.
Non l’ho fatto, ma se l’avessi fatto, come altri lo hanno fatto, nessuno mi avrebbe tolto da quel ruolo.
Sono stato cacciato perché ho richiesto a gran voce che venisse rimosso dal suo ruolo un mister che chiamava “froc*i” tutti i giocatori della squadra che non dimostravano un particolare impegno in campo.
Succedeva spesso.
Succedeva in campo, durante la partita, succedeva negli spogliatoi e durante gli allenamenti.
Era il suo modo di spronarli: “Ehi… cos’hai stamattina? Sei diventato froc*o?”
“Ehi… cosa pensi che questo sia un gioco per froc*?“
E così via…
Per non parlare degli arbitri… anche loro tutti froc*!
All’inizio richiesi personalmente al mister di smetterla, ma ebbi come risposta qualcosa che somigliava ad un: “sto educando i ragazzi alla vita”.
Quindi pensai di informare la dirigenza (quella vera).
Facemmo una riunione dove io chiesi che il mister fosse rimosso. Il presidente ribatté che era un mister molto bravo tecnicamente e che anche i risultati erano dalla sua parte.
Ed io, sciocco, gli chiesi se per lui fossero più importanti i risultati sportivi o quelli educativi.
Ovviamente non rispose, ma disse che il mister era “intoccabile”.
Pensai di convocare una riunione con i genitori per informarli su ciò che stava accadendo.
Alcuni rimasero colpiti e mi appoggiarono, altri mi dissero semplicemente che quello “era il calcio”.
Comunque con la parte “sana” facemmo così tanto baccano che il presidente fu costretto a sostituire il mister.
…e io fui revocato dal ruolo di dirigente (porta borracce) della squadra.
Beh… devo dire che ne vado piuttosto fiero!


P.S. “questo è il calcio” è la frase più idiota e frequente che si senta pronunciare nell’ambiente del calcio giovanile.

Israele, polemiche per lo scatto di una vittima di Hamas che vince il premio "Foto dell'anno" -

 Apprendo  internet    stamattina leggo    che  una  foto     del 7  ottobre  2023    Sta suscitando polemiche in Israele.   il premio vinto dal fotografo palestinese Ali Mahmoud (   foto  sotto     a  destra  ) per la foto (   foto  al  centro  ) 


che ritrae su un pickup il corpo martoriato dell'israeliana Shani Louk (  fotto   sotto    a  sinistra  ) portato via dai miliziani di Hamas il 7 ottobre. "È una delle immagini più importati degli ultimi 50 anni", ha detto però il padre della ragazza in difesa dello scatto.
La foto  vincitrice Il premio Pictures of the Year, gestito dal Donald W. Reynolds Journalism Institute presso la Missouri School of Journalism, include una categoria "Team Picture Story of the Year" che riconosce "lo sforzo collaborativo di uno staff di fotografi che copre un singolo argomento o notizia". Il primo posto è stato assegnato a una selezione di 20 foto della guerra Israele-Hamas scattate dai fotografi dell'Associated Press (AP).La prima foto della selezione è stata scattata da Ali Mahmoud e raffigura il momento terribile in cui il corpo della 22enne Shani Louk viene trasportato sul retro di un camion dai terroristi di Hamas cheridono e se ne prendono gioco. La didascalia recita: “I militanti palestinesi tornano nella Striscia di Gaza con il corpo di Shani Louk, una cittadina tedesco-israeliana, durante il loro attacco transfrontaliero contro Israele, sabato 7 ottobre 2023”

Ora Nonostane io  sia  è chi  mi  conosce   sia   in internet   e  non solo, , un tipo  molto  polemico  , questo  è uno dei casi in cui  non  capisco  dove    siano perchè  tale  foto    che  ha  avuto  il placet  ed i  complimenti  del padre  dellla  ragazza    abbia  creato   tante    polemiche  .  Per  me  non ce ne  sono  .  le  accuse  lanciategli     o direttamente    sono  fallaci e  frutto ella propaganda israeliana  .                                   Alcuni utenti infatti, sostenevano che il fotografo e l'agenzia avessero mancato di rispetto alla vittima e alla sua famiglia scattando foto angoscianti e vincendo un premio per averle mostrate. In particolare, il freelance palestinese Ali Mahmud, autore dello scatto, è stato in seguito accusato da Israele di essere “embedded” con Hamas, di essere stato cioè preallertato dell’attacco e di aver avuto perciò l’occasione di scattare foto di scene terribili, insieme ad altri tre colleghi che poi hanno venduto gli scatti, oltre che ad Ap, a Cnn e Reuters. Contro di lui una causa è in corso, anche se il  reporter ha sempre negato ogni tipo di accusa.o i dirrettamente    visto  che   molti     accusano  . L'Ap e la Reuters - che pubblicarono la foto - furono accusati da parenti della ragazza e da altri partecipanti al festival Nova, dove avvenne il rapimento, di aver impiegato un fotografo che aveva accompagnato i miliziani nell'attacco.    Secondo me  Ali Mahmoud  il  fotografo   in questione  ,  è  un palestinese  di religione  ebraica  (  non necessariamente  sionista )  e  si trovalva  li in quel momento   e ha  colto  l'occasione al  volo  ed  ha  scattato la  foto    Infatti    Nissim Louk, il padre di Shani, è invece intervenuto in difesa dello scatto. Al sito di informazione Ynet, l'uomo ha dichiarato: "È positivo che la foto abbia vinto il premio, è una delle foto più importanti degli ultimi 50 anni. Queste sono alcune delle foto che plasmano la memoria umana, l'ebreo che alza le mani, i paracadutisti al Muro del Pianto, foto che simboleggiano un'epoca. Questa documentazione di Shani e di Noa Argamani sulla motocicletta, simboleggiano quest'epoca. Penso che sia una buona cosa usarla per informare sul futuro. Se comincio a piangere, cosa ne verrà fuori? Questa è storia. Tra 100 anni guarderanno e sapranno cosa è successo qui. Viaggio per il mondo e tutti sanno chi è Shani.

“Gli errori sono necessari, utili come il pane, e spesso anche belli, per esempio la Torre di Pisa.” è il caso di Storie di errori memorabili di Piero Martin

Edizione: 2024, II rist. 2024
Pagine: 200
Collana: i Robinson / Letture
ISBN carta: 9788858153499
ISBN digitale: 9788858154670
Argomenti: Attualità culturale e di costume,Scienze: storia e saggi 
In questi tempi in cui ogni cosa deve essere presentata nella luce migliore, di cui i social in particolare Instagram sembra la vetrina ideale, l’imperfezione e l’errore non sono ammessi e sono mal visti tanmto d'essere consierati fallimento . Eppure sbagliare è spesso una grandissima occasione di imparare, di fare nuove scoperte e di crescere o
per dirla ( vedi citazione nel titolo alla Gianni Rodari ) : «In questi tempi in cui ogni cosa deve essere presentata nella luce migliore, di cui Instagram sembra la vetrina ideale, l’imperfezione e l’errore non sono ammessi. Eppure sbagliare è spesso una grandissima occasione di imparare, di fare nuove scoperte e di crescere. Ce lo racconta il fisico Piero Martin che ha dedicato un libro alle storie degli errori memorabili ». Ce lo racconta il fisico Piero Martin che ha dedicato un libro alle storie degli errori memorabili .  

 

Da  https://www.laterza.it/scheda-libro/

Non si tollera, non si riconosce, non si perdona, ma non si può evitare. È l’errore, prezioso compagno di quel meraviglioso errare che è la vita. Un viaggio sorprendente tra memorabili incidenti di percorso della scienza: sbagliare non solo è umano ma spesso è anche molto utile! Spesso si considera la scienza il regno della certezza e della verità. Invece, il dubbio e l’errore sono fondamentali per il progresso del sapere in ogni settore. E, come accade nella vita di ogni giorno, anche nella scienza l’errore si presenta sotto molteplici forme: c’è l’errore che è motore di nuove conoscenze, ma anche quello frutto dell’ideologia o della fretta. C’è l’errore riconosciuto e quindi fecondo, ma anche quello testardo.In questo libro scopriremo storie affascinanti di chimica, biologia, medicina e soprattutto di fisica, dal punto di vista di chi sbaglia. Incontreremo scienziati come Fermi, Einstein e Pauling e studiosi quasi ignoti. Scoprire che anche i grandi della scienza hanno sbagliato sarà una iniezione di ottimismo. Viviamo in un mondo che con l’errore ha un rapporto difficile. Oggi più che mai è importante rivalutarlo: lunga vita all’errore!








oltre la scheda del libro riporto , non sono riuscito a sintetizzarla , la recensione fattta daalla newsletters <altrestorie@mariocalabresi.com>


«L'errore fa parte delle nostre vite. Tutta la nostra vita è fatta di scelte, è fatta di bivi. Qualche volta prendiamo la strada giusta, altre quella sbagliata. Ma l’errore non va lasciato da solo, riconoscerlo è fondamentale per capirlo e per farci pace».
A parlarmi di quanto sia importante cambiare il nostro rapporto con gli errori è un professore di Fisica sperimentale all’Università di Padova, si chiama Piero Martin e l’ho cercato perché ha scritto un libro, intitolato “Storie di errori memorabili”, in cui racconta che la ricerca è piena di errori che sono stati utilissimi, perché hanno fatto fare grandi progressi alla scienza. Mentre leggevo il libro pensavo che il suo ragionamento potesse essere valido anche per tutto quello che ci accade nella vita, perché se gli errori li riconosciamo e li comprendiamo questo ci fa crescere e forse anche diventare persone migliori.
Anche Piero Martin ne è convinto, tanto che nella nostra chiacchierata – che potete ascoltare nella nuova puntata del podcast “Altre/Storie” – lo chiarisce subito: «A me piace molto pensare come anche di fronte agli errori più gravi, quelli che purtroppo talvolta capitano e ci portano davanti alla giustizia, la nostra Costituzione nel suo articolo 27 preveda la pena come momento di rinascita. Perché anche dagli errori peggiori si può rinascere, si può ricostruire».
La verità è che viviamo in una società e in un mondo in cui i fallimenti e gli errori sono considerati sentenze inappellabili, non incidenti di percorso; invece dovremmo imparare a trattarli come tali, perfino ad apprezzarli, perché, sottolinea Martin, «sbagliare non solo è molto umano ma spesso è anche molto utile».
Ma gli errori e le imperfezioni preferiamo rimuoverli, fingere che non esistano. Basta aprire Instagram per rendersene conto: le vite sono tutte belle, levigate, mai stanche, persino i tramonti e i panorami sono perfetti. «Succede perché oggi la nostra narrazione è tipicamente una narrazione di successi, eppure accettare di essere fallibili ci darebbe un’enorme libertà e anche un po’ di felicità. Perché vuol dire che uno si sente libero di poter essere quello che è, senza essere giudicato. Anche nella ricerca scientifica è così: le pubblicazioni presentano tutto ciò che è andato bene, ma spesso dietro una cosa che è andata bene ce ne sono tante che non hanno funzionato. Raccontare anche questo sarebbe molto utile, perché permetterebbe ad altri di evitare di fare gli stessi errori».


Enrico Fermi, premio Nobel per la fisica nel 1938 (© Wikipedia)


Gli chiedo quale sia per lui “l’errore degli errori” nella ricerca scientifica, quello che preferisce. «Quello che a me piace di più, per tutte le implicazioni che ha avuto è stato quello di Enrico Fermi. Vuoi perché Fermi è un grande maestro per tutti noi, vuoi perché l'ha fatto come Antonio Cabrini quando ha sbagliato il famoso rigore durante i Mondiali di Spagna del 1982. L'ha fatto in quella che era la sua finale mondiale, ovvero la consegna del premio Nobel. Nella lectio magistralis che tenne nel dicembre 1938 al ricevimento del premio Nobel raccontò i suoi risultati e tra questi la scoperta dei presunti elementi transuranici, cioè più pesanti dell'uranio. Era una scoperta assai importante, salvo che pochi mesi dopo altri fisici scoprirono che non era così, ma che Fermi aveva scoperto, senza accorgersene, la fissione nucleare. Qualcosa di davvero troppo grande anche per lui da immaginare. Ebbene, Fermi non solo riconosce l’errore, ma chiede di inserire un’errata corrige nel testo della sua lezione in cui riconosce di aver sbagliato e questo ai miei occhi ne eleva ancora di più la grandezza».
Nel libro c'è una frase bellissima di Karl Popper che dice: «Evitare errori è un ideale meschino. Se non osiamo affrontare problemi che siano così difficili da rendere l'errore quasi inevitabile non vi sarà allora sviluppo della conoscenza. Nessuno può evitare di fare errori. La cosa più grande è imparare da essi». A me sembra una frase fantastica perché ci ricorda che se non corri il rischio dell'errore allora sarai paralizzato e costretto ad accontentarti di fare sempre le stesse cose.


Piero Martin, professore ordinario di Fisica sperimentale all’Università di Padova


Martin mi racconta il caso di un errore che si è trasformato in una grande opportunità, anche economica, per chi lo ha commesso. Si tratta di un errore collaterale: «È molto noto nel campo della medicina ed è il caso del Viagra. La storia è che la Pfizer stava studiando un medicinale per curare l'angina pectoris quando è emerso che in realtà faceva un effetto diverso. La storia mi sembrava un po’ esagerata e inverosimile e allora sono andato a cercare e ho trovato un'intervista radiofonica dell'allora direttore della ricerca e sviluppo che raccontava come un giorno un'infermiera fosse andata da lui a segnalare che tutti i pazienti maschi al momento del controllo dopo l'assunzione della pastiglia si mettevano a pancia in giù. Inizialmente non capivano il perché, ma poi fu chiaro che quella pastiglia faceva un altro effetto, e quei pazienti erano imbarazzati. Così da un errore di progettazione nacque uno dei farmaci di maggior successo e di certo una grande ricchezza per la casa farmaceutica».
Mentre il professor Martin parla, io penso che nelle scuole si dovrebbe tenere un corso di storia degli errori e insegnare a non fare drammi se si sbaglia: «È fondamentale lasciare i più giovani liberi di sbagliare. Dovremmo uscire dalla tentazione di giudicare e di incasellare ogni cosa con un voto: sotto il 6, sopra il 6…
C'è una grande figura della matematica italiana, Federigo Enriques, che ha scritto: “Un maestro sa che la comprensione degli errori dei suoi allievi è la cosa più importante della sua arte didattica».


Immagini di nudo" ma era la diretta della Via Crucis: Radio Maria censurata sui social

Immagini di nudo" ma era la diretta della Via Crucis: Radio Maria censurata sui social  • 14 ora/e  da  Tgcom24 "


 





Durante la serata di Venerdì Santo, proprio mentre si stava svolgendo l'evento religioso al Colosseo, la pagina social dell'emittente, si è vista oscurare la diretta. "Chiediamo scusa a tutti gli amici che seguivano la prima parte della Via Crucis in adorazione del Signore in Croce. Facebook ha eliminato il post per “contenuto immagini nudo”. E ha ristretto i parametri di visualizzazione. Forse Facebook non sa che il Cristo fu spogliato delle vesti ma le parti intime coperte con panni. E pensare - scrive Radio Maria - che è morto in croce anche per loro. Naturalmente - assicura poi - riattiveremo la diretta ogni volta". È il messaggio postato sul social network dagli amministratori della pagina.Meta oscura la via Crucis. Il post con la diretta pubblicato sulla pagina Facebook di Radio Maria è stato rimosso dal social per "possibile condivisione di immagini di nudo o atti sessuali". A dirlo è la stessa emittente radio, in un altro post, denunciando l'accaduto e scusandosi con i fedeli che stavano seguendo l'evento.

30.3.24

Diario di bordo n 40 ANNO II . La figlia non gli dà un nipote e lui lo fa concepire a una madre surrogata ., Il limite al numero di studenti nelle classi c'è già, il nuovo codice della strada, i problemi della ricerca con ChatGpt

Buongiorno  a tutti \ e \*
 bentornati con la nostra rassegna settimanale di storie, notizie e opinioni 


 IL  caso successo  in Cina  è   il frutto della  degenerazione    della Gravidanza  per  altri  o  Utero in afitto come la  si voglia  chiamare . Ma  soprattutto atto  di arroganza  ed  prepotenza  maschile  , leggi patriarcato  


La figlia non gli dà un nipote e lui lo fa concepire a una madre surrogata


Voleva a tutti i costi un nipote ma la sua unica figlia gli aveva annunciato di non volersi sposare e nemmeno avere gravidanze: così l’uomo all’insaputa della famiglia ha fatto concepire una bambina da una madre surrogata e si è presentato a casa. E’ successo in Cina dove a far scoppiare il caso è la moglie del protagonista la quale ora vuole divorziare. La donna di 53 anni, di cognome Guo, ha detto che
quando è tornata dal lavoro un giorno di settembre 2022, ha visto una donna sconosciuta in casa con in braccio un neonato. E’ stata la ragazza a dire che la bambina era sua e del marito e che lei era la nuova domestica.
Un nipote-figlio con la maternità surrogata illegale
Guo sotto shock ha poi appreso il folle piano organizzato dal marito: il bambino era nato tramite maternità surrogata dopo che suo marito aveva pagato un’agenzia. Guo e suo marito, che vivono a Yiyang, nella provincia di Hunan, nella Cina centrale, hanno una figlia di 29 anni, che ha detto loro di non vuole né sposare né avere figli. “Mio marito ha detto: ‘La tua scelta significa che non sarò mai nonno. Che senso ha avuto crescerti?”, ha detto Guo.
Ruba i documenti della moglie, a sua insaputa diventa madre
L’uomo ha anche annunciato di essere pronto a rifarlo. Dato che la bambina era venuta al mondo bella e sana, potrebbe tornare all’istituto di maternità surrogata per chiedere un maschio. Una affermazione che ha mandato su tutte le furie la moglie che è intenzionata a chiedere il divorzio. Il marito le ha rubato la carta d’identità per richiedere il certificato di nascita del bambino in cui si afferma che lui è suo padre e Guo è sua madre.
La figlia di Guo ha detto che suo padre non è assolutamente in grado di allevare la bambina da solo. È preoccupata che una volta che i suoi genitori divorzieranno, lei avrà l’obbligo legale di allevare il bambino. Un episodio agghiacciante tenuto anche conto che la maternità surrogata è illegale in Cina. Nel 2023, le autorità hanno emesso una direttiva per reprimere l’attività

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Il nuovo codice della strada


Mercoledì scorso la Camera dei deputati ha dato il via libera al nuovo codice della strada. In fase di scrittura da mesi, le modifiche sono state fortemente volute dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Il testo, che passa ora in esame al Senato, contiene una delega al governo per la scrittura del nuovo codice, oltre a disposizioni da votare in sede parlamentare. La versione approvata dai deputati è stata fortemente contestata da esperti, attivisti e Comuni. Infatti, il nuovo codice ha come obiettivo quello di incrementare la sicurezza sulle strade,  e  fin qui     va  bene  ma lo fa principalmente inasprendo le pene, ostacolando la mobilità attiva e senza agire sulla velocità dei veicoli a motore, la principale causa  insime  all'uso  scriteriato al volante   di  cellulari ,  delle vittime della strada, che diventa più difficile da limitare e controllare.  per   approfondire 

 Cosa cambia col nuovo codice della strada
 Perché il nuovo codice della strada è contestato
 Come funziona l’alcolock, il sistema per impedire la guida in stato di ebbrezza

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Una città per anziani è una città per tutti?


Il tema della sicurezza stradale è strettamente legato a quello dell’aspettativa di vita. Basti pensare che la scarsa sicurezza delle strade italiane costituisce la prima causa di morte nella fascia tra 15 e 29 anni. Un dato che, assieme ad altri, evidenzia la necessità di ripensare il tessuto urbano e il funzionamento delle città. Secondo numerosi esperti, cartina tornasole del benessere dei cittadini sono gli anziani, primi a soffrire quando le cose funzionano male e primi a trarre beneficio quando le cose funzionano bene. Come cambiare, dunque, i centri urbani ? Un suggerimento: «A misura di anziano».

 «Una città per anziani è una città per tutti»

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Le quote di stranieri nelle classi invocate da Salvini ci sono già


Salvini non è solo responsabile dell’impulso per la riforma del codice della strada, ma anche per aver pronunciato una frase che nelle ultime ore ha fatto parecchio discutere. Sull’onda delle polemiche per la scuola di Pioltello, che ha deciso di chiudere per il giorno finale del Ramadan, il ministro ha invocato a gran voce un limite alla percentuale di alunni stranieri nelle classi. Limite che però esiste già.Infatti  

 Scuola, il «tetto» agli alunni stranieri esiste già ed è nato per favorire l'integrazione. Ecco come funziona

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Pur   essendo    antisionista   non sono  d'accordo .   va  bene  condannare la  politica   dello stato d'israele   ma   non l'intero popolo   e la  sua  cultura  in quanto  l'ebraismo non  è  solo sionismo 
 La Normale di Pisa contro il bando di collaborazione accademica con Israele

Nel frattempo, anche la Normale di Pisa si è aggiunta all’Università di Torino nel rigettare il bando Maeci Italia-Israele. L’ateneo ha comunicato che la decisione del Senato accademico è stata presa alla luce della risoluzione Onu. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, infatti, per la prima volta, ha approvato una risoluzione che chiede il cessate il fuoco a Gaza, dove ormai la popolazione vive da settimane senza acqua potabile, cibo e servizi essenziali a causa dell’assedio messo in atto da Israele.


 Anche la Normale di Pisa chiede lo stop al bando con Israele. Le critiche dal ministero: «Gli atenei non possono schierarsi o entrare in guerra»
 L'Onu chiede il cessate il fuoco a Gaza per la prima volta, Usa si astengono. La reazione di Netanyahu contro Washington

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Il mondo accademico ha problemi con ChatGPT

Guardando a un lato più prettamente accademico, il mondo dell’Università si trova a fare i conti in maniera sempre più concreta con l’intelligenza artificiale generativa, e in particolare con i modelli di linguaggio in grado di generare testi a volte indistinguibili da quelli scritti dagli esseri umani, che spesso non sono esenti da violazioni di copyright, plagi e inesattezze. A scoppiare, questa settimana, è stato il caso della Svezia, dove nel 2023, i casi di sospetto plagio dovuti all’AI sono stati 223.  Infatti  in
 Svezia, 82 studenti sospesi per aver usato l'intelligenza artificiale durante gli esami: «Proibirla è assurdo, servono regole»
Intelligenza artificiale che viene utilizzata anche nella scrittura di articoli accademici pubblicati su prestigiose riviste scientifiche. L’AI è una tecnologia utile per i ricercatori in moltissime maniere, ma spesso le riviste richiedono che il suo uso venga dichiarato esplicitamente. Così non hanno fatto alcuni studiosi cinesi, dimenticandosi di smussare una parte di testo che tradiva un netto copia e incolla che non ci si aspetterebbe di trovare su una rinomata rivista scientifica. Al di là della svista, la vicenda sembra mettere in luce un altro fenomeno: la costante pressione a cui i ricercatori sono sottoposti per fare sì che pubblichino il maggior numero possibile di articoli, ad inevitabile detrimento della qualità e dell’accuratezza di questi ultimi. Ma o soo  nelle  università ecco    L'articolo dei ricercatori cinesi scritto con ChatGPT. Beffata la rivista scientifica: «Dobbiamo capire cos'è successo»

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Arrivano le videolezioni di Spotify




Nel mondo dell’istruzione, intanto, è pronto a lanciarsi anche Spotify. Il gigante dello streaming musicale, infatti, dopomi podcast   è in procinto di aggiungere una nuova sezione alle categorie presenti sulla piattaforma. Quella dei videocorsi.Quindi  Non solo musica, su Spotify arrivano le video-lezioni: dove e come funzionerà







Se sei arrivato fino a qui, grazie per il tempo che ci hai dedicato. Ti aspettiamo per le prossime puntate e… ricorda che ci trovi anche su Instagram, Thread,  linkedin, Twitter, facebook





la via crucis non è solo festività pasquale ma alcuni neglio alcune la subiscono tutti i giorni il caso di patrizia cadau che ha denunciato il suo carnefice ed ora si tova a processo per averlo diffamato

da  
21 h 

Io ci credevo tanto nella Giustizia e nello Stato.
Lo Stato.
Quest'imponente costrutto fatto di norme, di diritto, di valori fondanti la vita di tutti.
Lo Stato contrapposto alla barbarie per garantire ordine, rispetto, protezione dei più deboli dalla prepotenza.
Sono stata tirata su così, con una fiducia tonta e smisurata nei confronti dello stato. E della Giustizia.
Quella che consente ad un violento incallito di esercitare violenza.
Quella che permette ad un padre violento di continuare ad essere maltrattante, lasciandolo impunito, benché condannato.

Quella che criminalizza le donne che, sopravvissute alla violenza, raccolgono dignità e coraggio e vanno a denunciarla, per poi essere intimidite.
Quella che consente al violento di circondarsi di un branco di gente colpevole come lui per amplificare l'abuso.
Quella che se chiedi aiuto, non solo ti lascerà sola ma ti esporrà ad altre minacce.
Quella che trova normale fare crescere i bambini nelle aule dei tribunali, rivittimizzarli, e continuare anche dopo aver compiuto la maggior età, finché la loro madre non sia sopraffatta.
Quella che invece di sanzionare gli abusi sanziona i toni coloriti di chi li racconta.
Quella che discrimina le vittime per giustificare gli orchi, i mostri domestici.
Quella che organizza le passerelle in commemorazione delle vittime, ma solo se sono morte, altrimenti si trova un sistema per zittirle del tutto.
Quella che invita le donne a parlare, per poi denunciarle dopo.
Quella che autorizza il violento ad usarti violenza economica spolpandoti di ogni bene, e mettendoti nelle condizioni di subire processi che aggraveranno ancora di più la situazione.
Quella che di fatto è collusa con la violenza, e corrotta fino nel midollo.
Mi fidavo, e invece.
Non è bastato l'orco, brutale, feroce, non sono bastati i suoi complici prezzolati, le sue comari bavose e parassite, i suoi compari pavidi e profittatori.
A loro si è aggiunto lo Stato.
Capace di perdersi denunce, fascicoli e testimonianze e di rinviare a giudizio i testimoni di giustizia come me per avere parlato. E di manifestarsi assente.
Se me l'avessero detto non ci avrei creduto.
Ma come fanno alcuni a vivere consapevoli delle croci che hanno caricato su altri, davvero è un mistero.


spesso dietro delle tragedie, c'è solo un colpevole... ma alcune volte, la legge non tutela agendo in prevenzione. Questo non significa che esistono altri colpevoli ma se fosse possibile prevenire anzichè curare, alcune situazioni potrebbero avere un altra via di risoluzione...

Ci hanno fregato proprio per il senso civico e il rispetto delle istituzioni che abbiamo. Ci hanno fregato perché siamo persone perbene e le persone perbene in questo paese sono destinate a soccombere. Hanno più garbo con i mafiosi ed i corrotti che con noi.

29.3.24

La storia di Antonella, mamma studentessa: di notte partorisce sua figlia Gaia, il mattino dopo si laurea con 110 e lode




Antonella, una giovane studentessa torinese iscritta al corso di progettazione delle aree verdi e del paesaggio presso l’Università di Genova, ha dimostrato che i limiti sono fatti per essere superati. La sua storia, narrata dal Quotidiano Piemontese, si è svolta tra le mura di un ospedale a Torino e l’aula virtuale dell’università, raccontando un doppio successo: la nascita di sua figlia Gaia e la conquista della laurea magistrale con 110 e lode.Il 26 marzo, in una giornata che resterà impressa nella memoria di Antonella, si sono intrecciate la vita nuova di sua figlia e il culmine del suo percorso accademico. Originariamente prevista per una discussione di tesi in presenza, Antonella ha dovuto rivedere i suoi piani a causa di un’imprevista accelerazione dei tempi del parto, che ha portato al ricovero anticipato presso l’ospedale Sant’Anna il 21 marzo. La nascita di Gaia, avvenuta alle 3.21 del mattino e pesante 2 chili e 300 grammi, non ha fermato Antonella. Nonostante le circostanze, ha informato tempestivamente l’Università di Genova, che ha prontamente organizzato un collegamento online per permetterle di sostenere l’esame di laurea. Così, dopo poche ore dal parto, Antonella si è presentata virtualmente davanti alla commissione, dimostrando non solo la sua competenza accademica ma anche un’incredibile forza d’animo.

Il Venerdì santo in cui bisogna difendere la Chiesa dai cattolici o almeno da quelli più intransigenti il caso dell'accoltellamento di Andrea Saltini

 ha ragione ANTONIO GURRADO  su il  foglio del 29 MAR 2024 



Strano Venerdì santo, quello in cui permane l’eco dell’assalto di un giovane ultracattolico ad Andrea Saltini, reo di avere esposto nel museo diocesano di Carpi un’opera reputata blasfema dal gruppo di riferimento dell’aggressore. Strano che si debba commentare come novella notte di san Bartolomeo un atto in fin dei conti grottesco, nella sua drammaticità, compiuto con parrucca, spray e anello contundente. Un atto contro la gerarchia ecclesiastica, visto che il placet alla mostra era stato dato dal Vescovo: e, se il Vescovo è vescovo, capirà in materia qualcosa di più rispetto noi fedeli comuni. Un atto contro la libertà del singolo, in generale dell’uomo e in particolare dell’artista, che costituisce la spina dorsale del cristianesimo. [...] 


a proposito dell'assalto di un giovane ultracattolico ad Andrea Saltini, reo di avere esposto nel museo diocesano di Carpi un’opera Riporto la foto a destra non per farle pubblicità ma per dovere di cronaca e perchè voi tutti\e possiate farvene un idea in merito ) reputata blasfema .
Infatti le polemiche che hanno anticipato tale gesto sono contro il testo del Vangelo, dove Gesù accoglie prostitute e pubblicani mentre ammonisce: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
« Un atto ---- sempre secondo il foglio ---- contro la grandezza della Chiesa, che per secoli si è fondata sulla committenza di opere anche scandalose ad artisti anche scandalosi da parte perfino di Papi scandalosi, nel cattolicissimo tentativo di comprendere tutto e fondere tutto; ma che i bigotti vorrebbero rimpicciolire a colpi di acquerelli edificanti e canzoncine da oratorio.» Strano Venerdì santo, quello in cui bisogna difendere la Chiesa dai cattolici.Infatti inaugurata a marzo, l’esibizione è diventata immediatamente oggetto di ampie discussioni e polemiche, ma anche di una denuncia per “offesa alla religione cattolica, blasfemia e mostra di opere ritenute blasfeme in un contesto sacro“, presentata dall’avvocato Francesco Minutillo a nome di un gruppo di credenti di Bologna, Ravenna e Forlì.E  fin qua niente  di  nuovo in quando  rientra  pur  non condivisibile nel loro  diritto .  Ma quello  che  da   fastidio e indigna   ancor  di più  è che Lo stesso Minutillo oggi non risparmia una buona dose di victim blaming rivolta a Saltini:


[..] “Non commento il merito dei fatti di cronaca avvenuti oggi. Certo è che, dopo le migliaia di firme di protesta e dopo i numerosi esposti depositati e l’apertura di un fascicolo presso la Procura della Repubblica, uno spirito di sana prudenza cristiana avrebbe suggerito di togliere almeno quel quadro dalla mostra”   [...] da https://www.gay.it/
come se fosse   solo colpa  sua  e no  anche   loro    che  hanno   con la richiesta  di censura   alimentato  il clima  d'odio . Infatti parallelamente, il giornale ultra  cattolico   La Nuova Bussola Quotidiana, insieme all’associazione Pro Vita e Famiglia, ha nelle scorse settimane anche avviato una raccolta firme con una petizione online che si oppone alla presenza di arte considerata blasfema negli spazi ecclesiastici, arrivando a oltre 22.000 adesioni.



28.3.24

La storia della classe con 21 alunni e 20 lingue parlate. Un docente: “I test Invalsi ci dicono che in italiano siamo sopra la media” risposta a salvini che vuole ridurre il numero degli stranieri nelle classi scolastiche

   DI COSA  STIAMO  PARLANDO 
Salvini all'attacco dopo il caso Pioltello: «Chiudere per il Ramadan? Resa all'Islam. Troppi bambini stranieri nelle nostre classi» - Open


Da https://www.orizzontescuola.it/    e da   https://corrieredelveneto.corriere.it/

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In classe 21 studenti e 20 lingue diverse, la preside: “La lingua non è ostacolo ma ricchezza”

La storia della classe con 21 alunni e 20 lingue parlate. Un docente: “I test Invalsi ci dicono che in italiano siamo sopra la media”

Un albero di carta, ricco di simbolismo e di storie, accoglie gli studenti di una scuola media di Padova. Le sue foglie e i suoi cuori rossi raccontano una storia di multiculturalità, mescolando venti lingue diverse, tra cui dialetti, inglese, francese, berbero, turco, swahili, moldavo, hausa, yoruba, arabo, padovano, romanesco, darija, rumeno e bengalese.


Un microcosmo di futuro

Come segnala il Corriere della Sera, in questa classe di ventuno bambini che si affacciano all’adolescenza, le lingue si mescolano e si intrecciano, creando un microcosmo di futuro. La loro diversità diventa una ricchezza, un’opportunità per crescere e imparare gli uni dagli altri.

L’impegno per l’integrazione

L’istituto comprensivo, situato nel quartiere Arcella a dieci minuti dalla stazione ferroviaria, conta un 39% di studenti extra Ue o con almeno un genitore straniero. La scuola si impegna a favorire l’integrazione non solo attraverso le lezioni, ma anche con una serie di attività extracurricolari pomeridiane facoltative: flamenco, atletica leggera, musica, disegno, laboratori di lettura e ripetizioni.

Sogni e desideri

Nordin, nato a Padova da genitori marocchini, sogna di diventare ingegnere. Cynthia, nigeriana, aspira a fare la medico o la pallavolista. Angela, nata a Padova da genitori dello Sri Lanka, vorrebbe diventare hostess. Souhail, nato a Marrakech, si trasferì in Italia sei anni e mezzo fa e desidera diventare ingegnere aerospaziale. Adele, romana, sogna di fare l’attrice.

La lingua come strumento di inclusione

In classe si parla italiano, ma l’inglese è la seconda lingua. Il dialetto viene usato a volte per non farsi capire dagli altri. Le parole si mescolano quando sono sulla punta della lingua, ma non vogliono saltare fuori. La scuola insegna anche la Lis, la lingua dei sordomuti, per avere uno strumento universale di comunicazione.

Risultati Invalsi sopra la media

I risultati dei test Invalsi confermano l’efficacia dell’approccio inclusivo della scuola. “In italiano siamo sopra la media della Regione, dell’Area Nordest e dell’Italia”, afferma il vicepreside Thomas Bertalot.

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Padova, la classe con 21 studenti e 20 lingue diverse: «Imparano in fretta»

diRoberta Polese

Alla prima A della scuola media Zanella, nel quartiere Arcella. La professoressa: «Non ci trovano nulla di strano, per loro è normale»

Padova La classe all’Arcella con ventuno ragazzini e venti lingue diverse «Imparano in fretta»


Ester è di origini congolesi, ha 11 anni e parla l’italiano, il francese, il lingala e il litetela (lingue che si parlano nell’area del Congo). Il suo compagno di banco si chiama Adam è di origini marocchine e oltre all’italiano parla arabo, berbero, derija e francese. Miracle, nigeriana, parla italiano, inglese, igbo. Angela invece arriva dallo Sri Lanka e conosce il Tamil, il cingalese, l’inglese, il francese e un italiano perfetto. E poi ci sono anche il romeno, il moldavo il turco, il mandarino. In questa prima A della scuola media Giacomo Zanella, nel quartiere Arcella di Padova, ci sono 21 ragazzini e si parlano 20 lingue. Alcuni hanno i genitori che tradizionalmente parlano due lingue diverse a scuola imparano l’italiano, francese e l’inglese. Fuori dalla loro aula hanno disegnato un grande albero con tante foglie colorate, quelle rosse indicano una delle loro «lingue madri», e se ci mettiamo anche i dialetti perché «anche quelli sono lingue madri», spiega la professoressa di lettere Loretta De Martin, le lingue diventano 23 perché ci sono anche il padovano, l’ostiense e il romanesco.

Le domande e le curiosità

«Quando abbiamo detto ai ragazzi che arrivava una giornalista per chiedergli di tutte le lingue che parlano ci hanno chiesto «perché?» – spiega la professoressa De Martin – non ci trovano nulla di strano, per loro è normale». I 21 ragazzi sono tutti figli di stranieri che abitano nel quartiere, sono frutto di un «melting pot» che non comincia alla scuola Zanella, ma molto prima, sin dalla scuola dell’infanzia dell’istituto comprensivo, passando per le elementari. I bambini figli di genitori italiani sono cinque o sei, una ragazzina è di Roma, e ci tiene a sottolinearlo. «Questa classe è un tripudio di domande – spiega la prof – sono curiosi, imparano in fretta, adesso stiamo facendo un percorso sul racconto autobiografico, che implica l’ascolto dell’altro, ecco perché a volte devo frenare la foga delle mani alzate: quando qualcuno sgomita per prendere la parola, di solito non ascolta quello che sta dicendo l’altro».una prof e recuperato il portafogli, il sindaco lo premia: "Ragazzi non siate indifferenti"
C'è chi conosce anche il veneto


Basta lanciare lì qualche domanda per venire travolti dall’entusiasmo. La prima, che viene spontanea, è in che lingua parlino tra loro: «In italiano e in inglese» , rispondono pronti. «Conoscono anche il veneto – aggiunge alla prof, che si rivolge direttamente ai ragazzi - dite voi, che parole conoscete?», la risposta arriva subito: «Freschin! schei!» ridono tutti. Sono molti gli studenti che in questo periodo stanno facendo il ramadam. «Ne sono orgogliosi – spiega la docente – per loro è un passaggio che segna la crescita: stanno diventando grandi, fanno le cose che fanno gli adulti». Ma non è difficile non mangiare tutto il giorno? È Adam a prendere la parola: «Ci svegliamo alle 4 del mattino: preghiamo, mangiamo e torniamo a dormire, poi non tocchiamo né cibo né acqua fino alle 18.26, e ogni giorno allunghiamo di un minuto». Gli amici lo prendono in giro e scherzando dicono che in realtà anche lui non vede l’ora che finisca il Ramadam per mangiare: «Un po’ sì, sono contento di farlo ma so già che quando finirà ci riempiremo la casa di cose buonissime e mi rifarò sui miei compagni di classe che adesso mangiano tutto quello che vogliono».

Musica e sport

E lo sport? In prima A si praticano il calcio, l’atletica, la danza classica, il freesbee. Molti tengono per la Juve, ma non sono la maggioranza. Ascoltano Ghali, Simba la Rue, Mahmood non è tra i più gettonati, molti di loro ascoltano i cantanti in voga nelle loro terre d’origine. A vegliare sui ragazzi la preside Chiara Lusini e il vicepreside Thomas Bertalot: «La lingua non è mai un ostacolo, anzi, è una ricchezza - spiega la professoressa Lusini - dispiace che l’anno prossimo l’istituto comprensivo verrà smembrato, per risparmiare le spese di direzione e segreteria, ma l’anima di questa scuola resta». «I ragazzi imparano tanto con i laboratori, che in questa scuola sono molto apprezzati - spiega il vice preside Bertalot - quanto ai risultati basta vedere le prove invalsi: qui si raggiungono obiettivi medio alti, unica pecca? Ci piacerebbe avere qualche rampa in più per le persone con disabilità».

27.3.24

chi lo ha etto che i nonni non siano utili o siano solo bancomat ? Annalisa Balta: «Vivo con i nonni da quando i miei si sono separati»

Annalisa Balta è una ragazza che su TikTok condivide la sua quotidianità. Lei abita insieme insieme ai nonni e sul suo profilo parla degli aspetti positivi e negativi di questa convivenza che ormai va avanti da più di 10 anni. Questi video hanno attirando la curiosità del pubblico. In molti si sono infatti chiesti come mai la ragazza non viva a casa con i genitori. Annalisa dunque, ha fatto un video per spiegarlo.


 


Sui social sono molti i commenti in cui le viene chiesto il perché vivesse con i nonni e non con i genitori. Ha aggiunto: «Viviamo insieme perché i miei si sono separati quando avevo circa dieci anni e quando mi hanno chiesto: “Tu vuoi stare con la mamma o con il papà?”, io ho risposto con nessuno dei due lasciatemi dai nonni. In realtà già prima che i miei si separassero io passavo tutti i pomeriggi da loro, ma dormivo a casa dei miei. I miei non si sono opposti».




I nonni, racconta la ragazza, sono quelli da parte di padre. Suo nonno Cvijo è di nazionalità macedone mentre sua nonna Danica è serba. Annalisa infatti parla macedone, croato e serbo. In un altro video ha raccontato di non avere rapporti particolari con i nonni da parte di madre: il nonno è morto quando lei era piccolo e sua nonna la vede solo durante le festività.

Qual è il suo rapporto con i genitori?

Spesso le viene chiesto nei commenti quale sia il suo rapporto con i genitori e in un altro video ha spiegato: «Il mio papà vive circa a 20 minuti da casa mia con la sua morosa e lo vedo molto spesso. Mia mamma è quella che mi ha fatto più arrabbiare. Vive sempre a 20 minuti da casa mia con il suo compagno e ha altri due figli. Lei la vedo molto raramente».

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