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18.4.25

DIARIO DI BORDO SPECIALE . Mamma coraggio pianta un campo di 30.000 tulipani per far felice la figlia di 5 anni operata al cervello per una malatttia rara ., carne si o no a pasqua che noia. scontro tra la bramilla e la codiretti , Il tour nell’isola dello chef giapponese Atsuyoshi Hanazawa : «A Tokyo vorrei portare il porcetto»

  da  cronache della sardegna   e non solo di  Maria Vittoria Dettoto



Mamma coraggio pianta un campo di 30.000 tulipani per far felice la figlia di 5 anni, dopo che la bambina viene operata al cervello a causa di una malattia rarissima.🌷🌷🌷


La storia commovente che riporto oggi è una storia d'amore, di sofferenza e di rinascita e parla della piccola, splendida, dolce Sofia.
Sofia è una bambina di cinque anni affetta da una malattia rarissima, della quale soffrono 27 persone in tutto il mondo . Poco tempo fa la bambina è stata sottoposta ad una delicata operazione al cervello per affrontare le continue crisi epilettiche dovute alla sua malattia, che comporta una mutazione del gene KYM2.L'operazione si era resa necessaria perché la bambina con il tempo era diventata farmaco resistente e per lei era l'unico modo per stare meglio. La bambina viene ricoverata all'ospedale Meyer di Firenze per affrontare l'intervento chirurgico. Accanto a Sofia ci sono sempre i suoi genitori che non la lasciano mai sola, né di giorno, né di notte.È proprio durante una notte passata in corsia che la madre di Sofia, la 28enne Greta Turrini, alza gli occhi verso il cielo e vede in una finestra dell'ospedale toscano il disegno di un tulipano su un vetro . . Promette alla figlia che se l"operazione al cervello andrà bene, le dedichera' un campo di tulipani.L'operazione riesce e Greta non ha più le crisi epilettiche



La madre ed il padre comprano 30.000 bulbi di tulipani dall'Olanda e li piantano in un terreno a Castelnuovo Rangone in provincia di Modena . Qui la famiglia riproduce tutte le storie che racconta nelle favole a Sofia, che grazie a questa iniziativa sta meglio ed è felice. Sua madre ogni giorno alle 16 si traveste da Peppa Pig, il personaggio dei cartoni preferito di Sofia e le racconta una nuova storia
.Ogni giorno che passa è per questa bambina e la sua famiglia un nuovo giorno, una nuova lotta alla malattia. Un simbolo di resistenza che si rinnova e rifiorisce, come quei tulipani che si sbagliato colorati e profumati verso il cielo. La vita che cresce e si rinnova. L'azienda di tulipani, la Tulip Wonderland che porta il nome di Sofia aperta il 30 marzo, è stata presa d'assalto da tutti coloro che si sono affezionati al progetto, a Sofia ed ai suoi genitori







La madre ha voluto dedicare a sua figlia queste emozionanti parole che toccano il cuore di tutti/e noi, a corredo di una foto di Sofia in braccio alla mamma nel campo di tulipani.
"A te io dedico tutto questo.
Incredibile come in quattro anni sei riuscita a stravolgere completamente la mia vita!
Tu che così piccolina mi hai sempre insegnato il vero significato della parola " lottare " Io invece ti insegno a credere sempre nei tuoi sogni!".

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leggendo   la   news  

Brambilla: «Stop strage di agnelli» Cualbu: «Mangiarli è tradizione»  Polemica di Pasqua tra la presidente della Lega difesa degli.animali e Coldiretti  L'onorevole: «Passate adieta vegetariana». Il presidente: «Comprate carne locale»

Mi  girano .....   tanto da    non riportare  rispetto a  secondo articolo  del giornale   locale  (  la  nuova  sardegna  )  ma     solo il titolo  . Soprattutto quyando  chi conduce  tale  battaglia  lo fa   ipocritamente  . Infatti  La deputata Michela Vittoria Brambilla chiede a noi di non mangiare agnelli e capretti a Pasqua, una "strage di cuccioli strappati alle madri", e   fin qui niente  eccezionale ci starebbe perchè  chi non condivide le   campagne  contro l'abbandono degli aimali  il maltrattamento degli animali, chiede l'abolizione della sperimentazione animale, della caccia, dei circhi con animali, degli zoo, dell'uccisione di animali da pelliccia, della macellazione rituale e dell'allevamento intensivo. Il problema  è la coerenza   visto   che ha   ed  è <<  sotto processo per i suoi rapporti con aziende che commerciano salmoni e gamberetti.[73][74][75][76][77]  >>( wikipedia  )   .
Ma  però 
Chissà se penserà lo stesso anche dei cuccioli di salmoni e gamberetti. Vedetevi la puntata di Report sulla signora Brambilla. Ve la consiglio.Eccovi il link  : << Report 2024/25 - Dalla parte di (quasi) tutti gli animali - Video - RaiPlay >>Ora  dopo questa  deviazione   riprendendo   il  discorso  Visto      che    ad    ogni  festività  natalizia   o  pasquale   vengono dette  sempre  le  stesse  cose   d'entrambi gli schieramenti    la  stessa polemica  e contrapposizione  inutile  . ogni  uno   faccia  come crede ,  ma non   rompete  . prendete esempio  da quanto ha detto Papa  francesco tempo  fa  <<  Mangiate quello che volete a Pasqua, il sacrificio non è nello stomaco, ma nel cuore. Si astengono dal mangiare carne, ma non parlano con i loro fratelli o familiari >> e  non ci rompete  

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  veniamo alla  seconda    storia  sarda . 

Unica osservazioe che  mi sento di fare  ,  da profano non  da  cuoco  ( so   malapena farmi un uovo soo o una  pasta  a  burro ) , è   che  può fare la stessa  ricetta    sarda   con il maiali nostrani on  è  per  forza necessario che  lo  debba importare  . 

   dala nuova  sardegna     del 18\4\2025
                                      

                                    di Rachele Falchi

Il tour nell’isola dello chef giapponese  Atsuyoshi Hanazawa: «A Tokyo vorrei portare il porcetto» Nella capitale nipponica ha un locale di cucina sarda. A Mores la prima puntata del viaggio a tema «seada»

                              


Mores Fa un certo effetto riconoscere quel legame tipico sardo verso la propria terra, quello che infiamma viscere e pensiero, che tu sia dentro o fuori dall’isola. La Sardegna, quando le appartieni, diventa un meraviglioso tormento. Atsuyoshi Hanazawa dall’isola si è fatto travolgere, all’isola si è abbandonato.

Classe 1960, giapponese doc nato e cresciuto a Tokyo, Hanazawa nella sua vita è sempre stato un artista, muralista per la precisione. Una carriera ricca di collaborazioni molto importanti, uno studio di pittura aperto nel cuore della capitale, nell’elegante quartiere di Jiyugaoka. Circa quindici anni fa la cosiddetta “folgorazione sulla via di Damasco”: galeotto fu un lavoro commissionatogli da un ristorante sardo a Tokyo e il primo incontro con la seada. Quell’esplosione di sapori lo ha inebriato e tramortito, talmente tanto da stravolgere per sempre il corso della vita.

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In questi giorni era a Mores, primo giorno del suo ottavo viaggio in Sardegna, insieme a una piccola comitiva di amici e clienti giapponesi che lo hanno voluto accompagnare in questo nuovo pellegrinaggio. Si perché ormai la Sardegna è cosa sacra per lui. «Tutto è cominciato da quell’assaggio – racconta Hanazawa, da una panchina di legno in un piccolo angolo di Mores, che guarda al campanile antonelliano – volevo sapere tutto su questo dolce e sulla Sardegna; così, grazie ad alcuni amici comuni, ho conosciuto Marco Sulas di Galusè e gli ho chiesto di creare per me un viaggio su misura, tutto a tema seada». Non cercava solo una ricetta: voleva capire, entrare nella cultura che l’aveva generata, scoprirne i segreti, i gesti, le mani, le storie. «Quella che poteva sembrare apparentemente una follia – ricorda Marco Sulas, ormai amico fraterno e punto di riferimento di Hanazawa in Sardegna – si è tramutata per tutti in una favolosa occasione: per noi di cimentarci in un progetto estremamente sfidante grazie al quale abbiamo compreso meglio come raccontare e promuovere la nostra terra, mentre per Hanazawa questa straordinaria esplosione di passione verso il nostro popolo, le tradizioni, i luoghi e ovviamente l’enogastronomia ha permesso di trasformare un’idea bizzarra in realtà in meno di sei mesi».

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Nel 2013 apre il Seadas flower caffè, nel cuore di Jiyugaoka, non un semplice ristorante ma un angolo autentico di Sardegna in Giappone che Hanazawa gestisce personalmente, insieme ad Akiko Okabe, dividendosi tra fornelli e colori. Un luogo che non solo serve piatti sardi, ma racconta la Sardegna, ogni giorno, tutto l’anno. Un’impresa vera, cresciuta con dedizione, passione e rispetto. Lì tutto parla di Sardegna: le pareti sono decorate con maschere tradizionali, tappeti, ceramiche, fotografie. La cucina è un omaggio sincero: gnocchetti, culurgiones, pane carasau, vini sardi e naturalmente le seadas, vero simbolo del locale.

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«Siamo diventati piuttosto bravi e fedeli all’isola, realizzando i suoi piatti tipici, ma purtroppo soltanto uno mi è impossibile da replicare in Giappone: il porcetto. Nel mio Paese è molto complicato reperire il maialino da latte – ci spiega Hanazawa – e così resta ancora un desiderio inespresso, far provare ai miei amici e clienti giapponesi questa prelibatezza unica. Ne andrebbero matti». Non è solo un ristorante, però. Il Seadas Flower Caffè è anche la sede dell’Associazione Isola Sardegna Giappone, punto di riferimento per i sardi residenti nel paese del Sol Levante e per chi, incuriosito da un piatto, finisce per innamorarsi di un’intera cultura. Il locale è diventato un piccolo ambasciatore d’isola: racconta storie, tradizioni, promuove esperienze, scambia emozioni. Il legame con la Sardegna è diventato per Hanazawa una missione personale. Non si limita a riprodurre piatti o vendere souvenir: racconta l’anima dell’isola a chi non la conosce, la traduce con sensibilità, la restituisce con cura. Ogni volta che torna in Sardegna, come questa volta, è un ritorno a casa, ogni visita un’occasione per imparare, scoprire e raccontare.La sua mappa affettiva si allunga ogni anno: Tonara, Aritzo, Nuoro, Alghero, Castelsardo, Cagliari, ogni luogo lascia un segno e si riflette poi in un dettaglio del suo ristorante, in un ingrediente, in un ricordo condiviso con i clienti. In questi giorni, accompagnato da Marco Sulas, il gruppo sta vivendo un viaggio esperienziale alla scoperta di una nuova parte dell’isola autentica: da Usini a Mores, dalle coste di Orosei alle strade della Barbagia, tra Bitti, Nuoro e Dorgali, fino alla Marmilla. Un itinerario disegnato per toccare luoghi, sapori e persone, la Sardegna meno patinata, che si concluderà il 23 aprile proprio come tutto è cominciato: nel 2013 a Tonara, questa volta a San Gavino Monreale, Hanazawa realizzerà come omaggio per l’isola un murale a testimonianza di questo incredibile legame con la terra sarda.

Storia di Anna, scappata dall'Ucraina a Cagliari: "Perché non piango davanti alle stragi"




Storia di Anna, scappata dall'Ucraina a Cagliari: "Perché non piango davanti alle stragi" 
Anna Flame è scappata da Odessa quando sono cominciate a cadere le bombe russe e vive da tre anni a Cagliari: "Ho messo tutta la mia vita in una valigia. E qui continuo a modo mio ad aiutare la mia gente



                                                            di Cinzia Marongiu


Puoi lasciartela alle spalle la guerra, puoi scappare lontano dalle bombe, ma non puoi estirparla dal tuo cuore, non puoi non pensare a chi sotto quelle bombe continua a incontrare la morte in un appuntamento
macabro deciso in qualche ufficio del Cremlino. Così anche quando l’ennesima strage compiuta dalla Russia di Putin, una strage vigliacca perché ha ucciso 34 persone che stavano andando in chiesa a pregare nella Domenica delle Palme, sai che non puoi nemmeno permetterti di piangere. Non sarebbe giusto. Le lacrime possono concedersele chi è lì, a contare i cadaveri, a cercare di seppellirli, a consolare figli senza madri e padri senza più figli, a portare un thé caldo a chi deve ingoiare la disperazione per andare avanti in qualche modo.

"Perché non posso permettermi di piangere"


E allora ti chiedi cosa puoi fare per la tua gente, per il tuo popolo, per i tuoi cari che non vedi da anni e l’unica cosa che ti sembra accettabile ha il suono di una canzone, le parole di una poesia, il sorriso di chi spera. Anna Flame da tre anni, da quando è scappata dalla sua Ucraina e si è stabilita a Cagliari dove continua a cantare e a fare la sua musica, conosce molto bene le contraddizioni della guerra perché le vive sulla sua pelle. Ha un sorriso gentile ma la voce incerta quando si racconta e cerca di mettere a fuoco i pensieri. E quell’incertezza non è soltanto dovuta al fatto che si sta esprimendo in una lingua che non è la sua. Cerca di scegliere bene le parole, per far uscire dalla sua bocca solo quei sentimenti capaci di rispettare il dolore della sua gente: “Quando parlo, penso a loro che sono in Ucraina e poi ascolteranno ciò che dico”.

Anna, qual è stato il tuo impatto con la guerra? Noi qui in Italia la vediamo tutti i giorni al telegiornale, ma viverla dal vivo è ben altra cosa.

“Quando la guerra è arrivata erano le cinque del mattino. Io vivevo a Odessa da sola. Non ho più i miei genitori e mia sorella con la sua famiglia sta a Kiev. Sentivo le bombe, vedevo tutti andare a comprare cibo nei supermercati, un fuggi fuggi generale. Tutti noi eravamo disorientati”.

Anche tu sei corsa a comprare da mangiare?


“No, io sono rimasta a casa a fare colazione. Non immaginavo ancora che la guerra sarebbe stata così grave e devastante. Mi ha chiamato mia sorella: era disperata all’idea di sapermi da sola. È stata lei a convincermi a scappare. Mi ripeteva: Devi scappare subito. Io non volevo andarmene, non mi sembrava giusto rispetto ai miei cari che invece rimanevano lì sotto le bombe. Ma lei alla fine mi ha convinto. Mi ha detto che era meglio anche per lei se io andavo via perché la preoccupazione per me sarebbe stato un dolore in più. In quel momento ho capito che quando c’è una guerra ognuno pensa alla propria esistenza. Ci si sente soli ma anche responsabili perché non puoi gravare sugli altri”.

Com’è stata la fuga?


“Ho messo tutta la mia vita in una valigia. Ho cercato di portarmi vestiti e scarpe comode, qualche foto, poco altro. La guerra era cominciata da una settimana quando sono andata via”.

Perché se è venuta proprio a Cagliari?

“Ho un’amica che vive qui e l’ho chiamata. Le ho chiesto se potevo venire da lei. Mi a risposto ”certo”. Nella diaspora ucraina che è in atto ci si aiuta tutti a vicenda. Siamo sparsi un po’ in tutto il mondo, Canada, Stati Uniti, Europa ma c’è una rete che ci unisce".

Da tre anni vivi a Cagliari. Com’è stato l’impatto?


"Buono. Ho visto la bellezza di questa l'isola, la natura, la gente: Mi sono resa conto che la cultura sarda è molto forte, perché voi la proteggete, portate avanti le vostre tradizioni”. L’hai trovata simile a quella ucraina? “Sì, molto. Perché anche da noi ora sta succedendo ciò che accade in Sardegna. La gente ora parla ucraino, ha rispolverato i vestiti tradizionali, la nostra musica.

Da tre anni vivi a Cagliari. Com’è stato l’impatto?


“Buono. Ho visto la bellezza di questa l'isola, la natura, la gente: Mi sono resa conto che la cultura sarda è molto forte, perché voi la proteggete, portate avanti le vostre tradizioni”.

L’hai trovata simile a quella ucraina?


“Sì, molto. Perché anche da noi ora sta succedendo ciò che accade in Sardegna da sempre. La gente ora parla ucraino, ha rispolverato i vestiti tradizionali, la nostra musica. È come un richiamo alla propria identità”.

Di certo è una reazione al fatto che l'identità della nazione ucraina, del popolo ucraino sia stata messa in discussione da Putin e dall’invasione da parte della Russia.

“Sì, esatto. Prima non ci si badava. Ora invece sottolineiamo le differenze per far percepire la nostra identità”.

Tu a Odessa facevi la cantante. Qui a Cagliari stai riuscendo a portare avanti il discorso della musica?

“Non posso vivere senza la musica. Appena arrivata qui mi sono chiesta che cosa potessi fare e la risposta è stata proprio di continuare a portare avanti la mia musica, ben sapendo che avrei trovato tante difficoltà, a cominciare dalla lingua. Non canto solo per me ma per la mia gente. Mi sono chiesta cosa potessi fare per loro e credo che la musica e la poesia nutrano le anime. In questo modo sento che li aiuto. E qui in Sardegna ho fatto diversi concerti. Ho studiato canto jazz e mi sono esibita in alcuni locali".



Qual è la tua reazione quando senti le notizie del telegiornale? Quando capita come è successo qualche giorno fa una strage di civili ucraini?


“Ora sono riuscita a trovare un equilibrio emotivo. Il nostro mondo, la nostra situazione purtroppo adesso è questa. Non peno a me ma alla mia gente e quindi mi dico che devo essere forte per loro. In queste situazioni non posso permettermi di piangere perché così non aiuto nessuno, nemmeno me stessa. Così scrivo canzoni e poesie e prego Dio”.

Si parla tanto di pace. Tu ci credi che per l’Ucraina possa finalmente arrivare una pace duratura e giusta?

”Sì, ci credo. Ho molta fiducia nella nostra nazione e nella nostra gente. E sono davvero tanto orgogliosa di come siamo riusciti a rimanere uniti, forti e coraggiosi. In tutto il mondo gli ucraini che, come me sono dovuti andare via, lavorano per la pace che inizia prima di tutto dentro noi stessi”.

Come sta tua sorella? Cosa fa a Kiev?

“Ci sentiamo continuamente. Lei è volontaria e ogni giorno aiuta le persone e gli animali in difficoltà. Aiuta i soldati con cose semplici che però mancano. Anche una tisana, qualche vitamina, un po’ di frutta di secca, alcuni medicinali”.

Quando la guerra, speriamo il prima possibile, sarà finita pensi di tornare a vivere in Ucraina?


“Di sicuro tornerò in Ucraina a salutare la mia famiglia. Mi mancano tanto: sono tre anni che non ci vediamo. Ma poi non penso di restare lì a vivere. Fin da quando ero bambina ho sempre amato viaggiare. Mio padre era un musicista e ha fatto il giro del mondo per ben tre volte. Metà della mia famiglia Tante persone della mia famiglia sono state artiste. Io ho vissuto anche cinque anni in Cina”.

Mi piacerebbe che tu accennassi una canzone che ti è particolarmente cara e mi dicessi perché.


“Vi canto un brano che ha scritto anni fa mio padre quando la sua mamma è morta ma lui la sentiva comunque vicina”.

Calcio. don mattia porcu Sacerdote e parroco di terralba ,parroco presidente di una squadra di calcio festeggia con i giocatori la promozione in Seconda. «Il segreto? Siamo tutti amici»Il miracolo del parroco-presidente Don Porcu ha riapertol’oratorio 4 anni da e oggi gestisce una squadra di calcio

 


risposta a "prima gli italiani" di Sara Curtis ( madre nigeriana padre italiano )

Canzoni suggerite

Niente di speciale - lo stato sociale

Non è  yempo per noi - Ligabue

Proprio niente di speciale per gente speciale  .Prima ha stampato due record italiani in vasca in meno di 24 ore.



Poi, in sole dieci righe, Sara Curtis ha smontato due tra le più grandi sciocchezze che vengono abitualmente pronunciate o date per scontate nella società e nel mondo dello sport.
La prima
“Sono la prima campionessa di nuoto italiana nera, anzi mulatta - ha detto a ‘Repubblica’ - Non mi
piace quando sento dire ‘di colore', non ha senso, a parte che anche il bianco è un colore e poi nessuna pelle al mondo è davvero bianca.”
La seconda “Lo sport abbatte i pregiudizi: c'era qualcuno che pensava che i neri non potessero nuotare velocemente perché avrebbero le ossa più pesanti, che stupidaggine". Esattamente. E può sembrare una cosa da poco, ma anche riferirsi a un nero chiamandolo ( come spesso facciamo tutti per politicamente corretto , compreso me cje adesso farà di tutto per abbandonere tale espressione , razzisti e non razzisti ,) “di colore” è figlio di un retaggio razzista che abbiamo il dovere di smontare e lasciarci alle spalle Ed è bello che sia una ragazza di 18 anni a dare letteralmente lezioni di italiano, di civiltà e, già che c’è, pure di biologia a persone di 40 o 50.

17.4.25

l'ospedale delle bambole ,"Europol e Frontex non si scambiano dati per non violare la privacy dei trafficanti" , cameriere robot licenziato ma ancora richiesto dal pubblico

Ecco  le storie    e  non  solo    di questo numero   .

La  prima  è di come   nonostante  il paese  sia  svenduto  ( è notizia  di questi giorni  della  vendita e   della : <<  Bialetti venduta, il made in Italy delle caffettiere ora parla cinese >>  di   Wired Italia >> )  A  napoli   c'è  un ospedale  per gli antichi giocattoli non solo bambole   .Un laboratorio bambole orsetti e tanti giocattoli d’infanzia, così stropicciati e feriti dal tempo, riprendono luce. Pezzo per pezzo, cucitura dopo cucitura li restituiamo ai proprietari emozionati, in un attimo di nuovo bambini. Utilizziano antiche tecniche di restauro per recuperare porcellana, legno, cartapesta, plastica, latta; recuperiamo stile, acconciature (parrucche sintetiche, mohair, prodotti specifici) e vestitini di una volta perché non perdano la loro storia (riproduciamo merletti, tessuti e modelli dall’800 ai giorni nostri.) Curiamo anche teneri peluche! Lavaggio, sarciture, imbottiture, trapianto occhi, trapianto nasi, sostituzione di vero pelo. Nel reparto trapianti abbiamo raccolto negli anni braccia, gambe, occhietti e voci diverse per curare tutte le bambole che ci vengono affidate.Sembra retorico affermare che dal 1800 ad oggi, attraverso quattro generazioni, l’Ospedale delle Bambole prosegua un discorso artigianale nato dall’amore per il bello, per tutto ciò almeno che bello era ma che il tempo e altro hanno sconvolto e che proprio in virtù di questo amore ritorna ai fasti di un tempo. Infatti come dicono le proprietarie << Il restaurare oggetti, Santi, pastori bambole diventa nell’ospedale artigianato di qualità, diventa arte proprio perché le quattro generazioni citate si sono tramandate, oltre a tutti i segreti del mestiere, l’amore, la passione e il desiderio di restituire il sorriso a chi in fila, davanti alla porta di questa singolare bottega attende, come in un ambulatorio il proprio turno; ci sono adulti, bambini, tutti per lo stesso motivo: ritrovare nei propri oggetti lo splendore perduto.>>( da Ospedale delle Bambole  il  sito dell'attività  )  


dalla loro pagina  fb https://www.facebook.com/OdBNapoli


Una storia antica, una storia di emozioni,ricordi e oggetti preziosi, di memoria e tradizione



la seconda di  Astrusità della legge  sulla privacy  che   protegge  i criminali   e  punisce   gli onesti   o  peggio   se  tu  pubblichi  un numero  di cellulare   passi  casini  mentre   i trufattori  ma  anche n  ti  possoo  chiamare  da matina  a sera  .  

 da il giornale  tramite   msn.it  

"Europol e Frontex non si scambiano dati per non violare la privacy dei trafficanti"


L'ultima follia europea venuta alla luce è la difesa ad oltranza della privacy dei trafficanti di uomini e dei clandestini a discapito della sicurezza dei cittadini. Frontex ed Europol, le due agenzie che dovrebbero cooperare per contrastare criminalità e immigrazione illegale, non comunicano questi dati personali dal 2022. Il responsabile è il polacco Wojciech Wiewiorowski, garante europeo per la privacy, che pure per questo sta perdendo la fiducia di popolari e conservatori nel Parlamento europeo. «Ci diamo la zappa sui piedi da soli, il garante avalla con le sue decisioni l'assurdità che la tutela della riservatezza di potenziali criminali o clandestini prevale sulla sicurezza dei cittadini europei. È una follia da scardinare» denuncia Sara Kelany al Giornale, deputata e responsabile del dipartimento immigrazione di Fratelli d'Italia. La sospensione della condivisione dei dati fra le due agenzie europee scaturisce da due pareri emessi dal garante per la privacy del 7 giugno 2022 nei confronti di Frontex. Il risultato è che l'agenzia per la difesa delle frontiere esterne respinge diverse richieste di Europol, che lotta contro la criminalità organizzata compresi i trafficanti di uomini. L'assurdo è che sia stata bocciata pure una generica richiesta di dati riguardanti i flussi migratori lungo la rotta dell'Africa occidentale verso le isole Canarie. Non solo: il garante polacco ha avviato un'indagine contro Frontex sul trattamento dei dati personali di delinquenti ed illegali. Due anni dopo ha concluso l'inchiesta «censurando» l'agenzia, la sanzione meno grave, perché Frontex aveva subito interrotto la trasmissione dei dati, cruciali per indagini ed incroci investigativi. Kelany, che fa parte della delegazione della Camera al Gruppo di controllo parlamentare congiunto su Europol, è decisa a dare battaglia e ha presentato un'interrogazione. «Abbiamo ricevuto conferma che lo scambio tra Frontex ed Europol di dati personali relativi a soggetti sospettati di aver commesso reati transfrontalieri, in particolare connessi alla immigrazione illegale, è stato interrotto a seguito dei pareri emessi () dal Garante europeo», riporta il testo. «Non sono stati indicati i tempi per la definizione di un accordo in materia tra Europol e Frontex - continua l'interrogazione - né è stata fornita dal Garante una valutazione sulla opportunità di interventi legislativi volti a bilanciare la protezione dei dati personali con altri interessi pubblici, quali la lotta alla criminalità e la sicurezza». La domanda chiave è «quali iniziative Europol intende assumere () affinché lo scambio dei dati personali () riprenda in maniera sistematica e regolare?». Anche Alessandro Ciriani, Nicola Procaccini e Giuseppe Milazzo, eurodeputati dell'Ecr, il Gruppo dei conservatori europei, hanno presentato un'interrogazione alla commissione di Bruxelles. Il garante polacco, bocciato in gennaio nella Commissione Libertà civili del parlamento europeo a favore dell'italiano, Bruno Gencarelli, rischia il posto. Nel frattempo guai a scambiare i dati di potenziali criminali transfrontalieri, trafficanti di uomini e clandestini.


e   per  finire    sempre  sulle nuove tecnologie  

  a  msn.it

Cameriere robot “licenziato” dal bar di Treviso dopo soli 4 giorni. «Vengono ancora a chiederci di lui»





TREVISO - Quella mattina di un anno fa, in Piazza dei Signori, sembrava l'inizio di una piccola rivoluzione. Al bar Signore&Signori, storico locale nel cuore del centro, era arrivato Bob: non un nuovo cameriere in carne e ossa, ma un robot. Moderno, operoso e silenzioso, programmato per portare con precisione piatti e bevande ai tavoli, aveva destato curiosità e simpatia tra i clienti ancora prima di servire il suo primo caffè.
Peccato che il suo servizio sia durato appena quattro giorni: tra la pavimentazione irregolare e la calca degli avventori, Bob ha dovuto issare bandiera bianca. Eppure, a distanza di più di un anno, qualcuno continua a chiedere di lui, spinto dalla curiosità per quella particolare parentesi hi-tech. «Vengono ancora a chiederci del robot – racconta il titolare Luca Marton –, anche la settimana scorsa qualcuno l’ha nominato».
L’idea era semplice: non sostituire il personale, ma alleggerirne il lavoro, rendendo il servizio più veloce e, nelle intenzioni, anche più efficiente. Per il titolare Luca Marton, Bob era "un aiuto concreto, non un rimpiazzo", una sorta di compagno di squadra metallico che avrebbe permesso ai camerieri di concentrarsi di più sui clienti, risparmiando loro le corse dalla cucina alla sala. Il robot, dal valore di 20mila euro, era stato presentato con entusiasmo: mappatura autonoma del locale, velocità fino a 20 km/h, programmazione personalizzata. Insomma, tutto faceva pensare a un perfetto connubio tra tecnologia e ospitalità. E invece, dopo soli quattro giorni di prova, l’avventura si è interrotta.
 DIFFICOLTÀ
Il motivo? A tradire Bob non sono stati i circuiti, ma i sampietrini. «Qui faceva fatica perché il terreno è accidentato» racconta oggi Marton, con un sorriso tra l’amaro e il divertito. Piazza dei Signori, con la sua antica pavimentazione irregolare, si è rivelata un ostacolo insormontabile per il robot cameriere, che se la cava egregiamente, invece, sulle superfici lisce e lineari. Il bar, poi, vive di un’umanità disordinata: gruppi che si spostano all’improvviso, clienti che si alzano e si siedono, tavoli disposti a seconda delle esigenze. Bob, abituato a seguire un percorso prestabilito, era incapace di districarsi tra avventori in continuo movimento. «La domenica qui sembra di essere a Roccaraso» scherza Marton, riferendosi alla folla che riempie il locale nei giorni più gremiti. Con quel via vai, anche il robot più evoluto si ritrovava spaesato. E così, dopo quattro giorni di tentativi, il piccolo cameriere è stato messo da parte.
IL FUTURO
Nonostante la breve esperienza, Marton non ha dubbi: «Quella tecnologia è il futuro, è già una realtà nei locali con spazi più adatti. Al Sud queste macchine vanno a ruba», osserva. Nel frattempo, al Signore&Signori, il personale è tornato a servire senza aiuti meccanici: quattordici dipendenti in carne e ossa, una squadra che, tra pioggia, sole e gruppi di turisti, continua a fare il suo lavoro con l’elasticità e l’intuito che, almeno per ora, le macchine non possono replicare. Ma a quanto pare, la memoria di Bob continua a vivere nei ricordi dei clienti: «Vengono ancora a chiederci del robot – racconta il titolare –, anche la settimana scorsa qualcuno l’ha nominato». La storia del piccolo cameriere finito a riposo dopo appena quattro giorni fa sorridere, ma solleva anche uno spunto profondo: la tecnologia, per quanto brillante, non sempre può sostituire l’esperienza umana. Soprattutto in luoghi dove a contare non è solo la velocità, ma anche la capacità di adattarsi al momento, agli imprevisti e a quell’atmosfera viva che rende un bar come Signore&Signori un piccolo pezzo di comunità. Bob, intanto, aspetta tempi (e pavimenti) migliori.

SPRAY URTICANTE: USATELO SE NON CI SONO ALTERNATIVE E COME USARLO - Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XXIV - XXV

 

Nelle puntate  precedenti  Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco  ripresa  al settimanale giallo , s'è  già parlato,  come  dic e lo stesso curatore  , dello spray al peperoncino e del suo utilizzo in caso di aggressione, ma vista la delicatezza della questione torniamo sull’argomento.Onde ad evitare   fati come  quello    che    successo  ad una ragazza   a Sassari  , rea   d'averlo  usato per  difndersi da  una violenza



                                                         da la  nuova sardegna   del 16\4\2025 


Il suo utilizzo per reagire al tentativo di aggressione fisica, violenza sessuale, rapina o stalking è sempre una legitti ma scelta oppure ci sono limiti fissati dalla legge che vietano  di usarlo in speciche circostanze?Va detto che in Italia l’utilizzo dello spray al peperoncino è legale soltanto se impiegato come strumento di  autodifesa contro una palese e attuale minaccia. L’uso, inoltre, deve avvenire nel rispetto del principio di proporzionalità che opera nel contesto della legittima difesa, evitando perciò aggressioni “preventive” e anteriori all’insorgenza della minaccia. Ma non solo.Esiste una precisa disciplina in tema di spray e proiettori balistici a base di Oleoresin Capsicum, vale a dire il principio attivo che troviamo all’interno degli spray al peperoncino.Questa sostanza è in grado di provocare irritazione temporanea agli occhi, alla pelle e alle vie respiratorie.Un decreto ministeriale ha stabilito i requisiti tecnici che devono avere gli strumenti di autodifesa previsti dalla legge. La miscela non deve essere maggiore di 20 ml e la percentuale di Oleoresin Capsicum disciolto non deve essere magggiore del 10%, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5%. Ancora, devono essere dettagliate nell’etichetta informativa del prodotto l’assenza di sostanze in#ammabili, corrosive, tossiche, cancerogene  o di aggressivi chimici. La confezione deve essere sigillata all’a!o della vendita con l’apposizione di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale. La gittata massima dello spray non deve superare i tre metri, e non può essere venduto a persone che abbiano meno di 16 anni. L’utilizzo di uno spray al peperoncino, non munito di una  delle caratteristiche che vi abbiamo appena elencato, sarà  da considerarsi illegale, con conseguenze anche penali
ora  come  usarlo
Premesso che tuttii gli spray in commercio sono , ovviamente  dipende  dai siti   di vendita  , conformi al decreto ministeriale 103 del 12 maggio 2011, quale tipo di spray scegliere? A getto balistico o a getto conico? Personalmente consiglio il primo. Questo tipo di getto infatti ha una consistenza chimica più liquida e concentrata. Grazie a questa sua cara!eristica riesce a colpire possibili aggressori a una distanza maggiore rispetto allo spray a ge!o conico, mediamente tra i 90 cm e i tre metri.Questa distanza vi consente di colpire l’aggressore mantenendo una certa sicurezza personale.La presenza di fa!ori meteorologici improvvisi come il vento o la pioggia non modi#ca in alcun modo la traiettoria del getto. L’effetto di uno spray al peperoncino, se spruzzato verso un aggressore, è immediato: provoca irritazione agli occhi, rendendoli di&cili da aprire, oltre a lacrimazione intensa e bruciore sullapelle.L’azione combinata di questi ffetti causa disorientamento e fastidio intenso, offrendo un prezioso margine di tempo per fuggire o cercare aiuto.Naturalmente è fondamentale tenere sempre lo spray a portata di mano. Le aggressioni sono improvvise, non ci lasciano il tempo di razionalizzare, e per questo abbiamo bisogno che la nostra “arma” sia sempre pronta all’uso.Consiglio di tenerla sempre vicino, possibilmente in una tasca della borsa facilmente accessibile, perché in momenti di emergenza anche pochi secondi fanno la differenza.Quando estraete lo spray, assicuratevi di impugnarlo con fermezza, tenendolo con la mano dominante. Evitate prese deboli o insicure, perché potrebbero farlo cadere o rendere diffcoltoso l’uso rapido in caso di panico.La presa deve essere decisa, ma non così forte da compromettere la manovrabilità dell’attuatore. Una volta estratto lo spray urticante, puntatelo verso il volto dell’aggressore, ricordando che l’obiettivo è colpire occhi, naso e bocca.

continuano le violenze sulle donne degli Italiani e ministro Nordio incolpa ancora gli stranieri per i femminicidi: perché il suo discorso non regge ed vicinissimo al razzismo

Mentre  continuano  i  femminicidi e  le  violenze  sulle done e le  sentenze  vergognose d'assoluzione dei carnefici ( Assolti da stupro: "Ragazza era consenziente anche se ubriaca" ):


il ministro  della   giustizia  , Carlo Nordio viene , come riporta     quest'articolo  : « Il ministro Nordio incolpa ancora gli stranieri per i femminicidi: perché il suo discorso non regge »  di   https://www.fanpage.it/  ,contraddetto principalmente dai dati statistici. Sebbene sostenga che gli stranieri siano responsabili di una percentuale sproporzionata di femminicidi rispetto alla loro popolazione, i numeri mostrano che la stragrande maggioranza dei femminicidi in Italia è commessa da italiani. Inoltre, non specifica quali nazionalità o culture intenda, rendendo il suo discorso generico e poco fondato. Infine, il problema dei femminicidi è 
più ampio e radicato nella società italiana, non limitato a questioni culturali legate agli stranieri.
 Ricordiamo che in Europa L'Italia è stato uno degli ultimi paesi in Europa ad abolire il delitto d'onore, eliminandolo dal codice penale nel 1981 con la legge 442/1981. Questa legge cancellò anche il cosiddetto "matrimonio riparatore", una pratica che permetteva agli uomini accusati di violenza sessuale di evitare la pena sposando la vittima.Penso che il Paese in mano a questi pseudo governanti sia destinato a non evolvere poi molto !.   

  Infatti mi     chiedo    come  mai per   questa  destra  (  parlamentare  ed estra  parlamentare  )   la  maggioranza    dei femminicidi   viene   commessa da  uomini   italiani  o neo  italiani  ?  Forse  perchè   siamo alle  solite    quando   una  classe  politica     non  sa  come  prendere  atto dei  propri fallimenti   in  tale  ambito  oltre a  usare  la  repressione  e la  propaganda   usa  il vecchio metodo   ( sempre  efficace  (  vedere  : I  e  II   miei  articoli   su  fake news e  complottisti  )   di cercare un nemico a  ttti  i costi    \ il classico  Il capro espiatorio   in questo  caso  uno  straniero   o   quella  che      su  considera   una  cultura     diffrente \     inferiore      come  dimostrano   le riforme  proposte  dei programmi scolastici    che  esaltano  la  superiorità  occidentale

Ora è  vero che  ogni cultura , compresa la nostra  ,  ha  degli aspetti negativi   soprattutto  riguardo  alle donne  , ma  da  li  a  dire quello che  hann detto  : Veccchioni ,  Valditara  e  i suoi  pseudoesperti  , ed   ora  anche  Nordio   non va  bene  .IL  modo  di trattare  le  donne  , atteggiamento      che  culmina  nel  revenge  porn e  nel   femminicidio (o violenza  di  genere come la  choiamano in molti  )   riguarda  tutti  al  di là   delle proprie culture \  identità   d'appartenenza . Quindi noi tutti  dobbiamo essere    educati al  rispetto   delle  diversità culturali  a prescindere   dalla nazionalità   .  Concludo   scoimettendo che  riceverò   email  o commenti del tipo  :  <<Cavoli ha ragione, voi negate l'evidenza giustificate tutto in nome di cosa ? difendete   gli stranieri  >>   allora  dico   questo  : quale evidenza ? Adesso ditemi   quanti femminicidi negli ultimi anni sono stati fatti da immigrati e quanti da italiani . Io non difendo nessuno  una  persona   che   comette  dei crimini , soprattutto    quelli  contro le  donne stupro  e  femminicidio   sempre un  putribondo figuro   e un criminale  rimane   a prescindere . 
Per concludere  Solo negli ultimi mesi sono stati una decina e tutti commesi da italiani . Quindi perché gridare allo scandalo per dei casi rari ma ignorare volutamente la maggioranza ?  Semplice perché è propaganda e c'è gente che abbocca  alla  propaganada   e alle  fake news    ci  crea  su  un  complotto  ( I e II  ) !! 

16.4.25

Messico, il cantante toglie dalla scaletta un brano molto amato ( Si trattava di un controverso brano che elogia le azioni dei narcotrafficanti ): il pubblico reagisce distruggendo il palco


In Messico esiste un sottogenere musicale chiamato «narcocorrido» e che è famoso per i testi indulgenti verso l'attività dei cartelli del narcotraffico. È un genere molto amato
dal pubblico al punto che di recente, dopo che l'artista Luis R. Conriquez ha eliminato da un suo concerto i brani di questo genere, il pubblico ha assaltato il palco rompendo strumenti e arredi. Il video, girato sabato 12 aprile alla fine del concerto alla Feria del Caballo nella città di Texcoco, mostra il momento in cui il pubblico ha assaltato il palco per protesta. (Storyful)

replica di Pepa mesina parente di graziano Mesina acontinua a giudicare l'ex Primula Rossa e la sua famiglia da sempre. Anche ora che Graziano è morto.


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Ieri una parente di Graziano Mesina, Peppa Mesina, dopo il funerale del suo congiunto ad Orgosolo, ha commentato l'articolo di articolo su Grazianeddu riportato da https://www.cronachedallasardegna.it/ scrivendo il seguente messaggio:
"Sicuramente ad accoglierlo tra le sue braccia ci sarà la sua cara mamma, zia Caterina, per potergli donare tutti i mancati abbracci che le circostanze della vita gli ha sottratto.Vae hin Deus, un Dio di Giustizia e Misericordia.Sta a lui giudicare ed essere misericordioso, noi non siamo nessuno.Graziano ha già iniziato a scontare le sue pene e noi quaggiu' a caricarcene altre con i giudizi e le cattiverie. Chi è senza peccato scagli la prima pietra".

Ho ringraziato privatamente e lo faccio anche in pubblico la signora Mesina prima di tutto perché scrivendo quelle parole ha deciso di esporsi pubblicamente e tutti noi sappiamo che non è facile farlo mai vivendo un lutto.Tantomeno un lutto come quello di Graziano Mesina, che durante tutta la sua vita ha fatto parlare di sé e lo fa adesso che è morto e questo ha ovviamente avuto una ricaduta sui suoi parenti.Ha ragione la signora Mesina: "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra". Da giorni anche questa testata giornalistica viene attaccata perché ho scelto di espormi pubblicamente a difesa di Mesina scrivendo e lo ribadisco che meritava in quanto malato terminale migliori cure e come
detenuto di essere portato in Sardegna per avere la sua famiglia vicino.
Non ho mai scritto di farlo santo. Vi ho scritto e lo ribadisco che dovreste avere rispetto per un uomo anziano che è morto e per la sua famiglia che coi vostri commenti e giudizi, continuate ad esporre alla gogna mediatica, quando loro non hanno mai avuto e non avranno mai nessuna colpa.Graziano Mesina ha pagato per i reati commessi scontandosi oltre quarant'anni di carcere. E nel frattempo la famiglia scontava le offese, le critiche ed i pregiudizi di chi come in questi giorni, parlando male di Graziano buttava discredito anche su di loro. E non è giusto.Rinnovo le condoglianze alla signora Peppa, a tutta la famiglia Mesina, alla comunità di Orgosolo.



E ringrazio le migliaia di persone che qui in questi giorni hanno mostrato invece misericordia e Pietà verso Graziano Mesina, che come ha scrivo Peppa ora potrà riposare sereno tra le braccia della mamma Caterina. Vae hin Deus Grazianeddu.

cosa diranno i "prima gli italiani" su Sara Curtis ( madre nigeriana padre italiano ) che ha battuto il record della Pellegrini

 da  Lorenzo Tosa  

Bisogna che si parli di quello che ha appena combinato in vasca questa ragazza qui, Sara Curtis da Savigliano (Cuneo), che a 18 anni ha buttato giù di 17 centesimi il record italiano sui 100 stile libero che apparteneva da nove anni alla Divina Federica Pellegrini.Le sarebbe bastato un 53.8 per qualificarsi ai Mondiali. Lei ha toccato nel tempo monstre di 53.01, 8 decimi prima, con una nuotata che non si vedeva da anni con questo mix di grazia e potenza. Primo posto per distacco, pass per Singapore e miglior crono stagionale al mondo. Tutto insieme. E poco fa si è ripetuta nei 50 stile, nuotati in 24.52, quattro centesimi meno del suo stesso primato italiano. Figlia di madre nigeriana e padre italiano, Sara è anche l’emblema di una nuova Italia che molti ancora si rifiutano di vedere e riconoscere, a meno che non siano campionesse, ovvio… Non chiamatela “la Ceccon femminile”. Come se, per una donna, l’unico modo per essere riconosciuta fosse quello di essere accostata a un collega maschio.Sara è solo Sara, quella che a due anni era già in vasca e che a 18 anni non ha nessuna intenzione di smettere di studiare. Anzi, vorrebbe pure iscriversi a Psicologia. “Nuotare mi aiuta a studiare”. E viceversa.Più del record (straordinario), mi ha colpito Sara Curtis come persona, la semplicità, l’umiltà, il garbo con cui racconta e si racconta.L’augurio è che si goda tutto, senza ansia e con la minima pressione

possibile (un po’ è inevitabile quando hai un talento del genere), coi tempi giusti e senza perdere nulla del percorso.
La strada è quella giusta.




Sara non è “la Ceccon femminile”. Sara è Sara Curtis, ed è già un nome che risuona fortissimo da solo. Una ragazza che unisce talento, umiltà e voglia di conoscenza: un modello autentico per l’Italia che verrà, quella che accoglie, cresce e splende con orgoglio.Grazie Sara per questa emozione. E avanti tutta, con il cuore leggero e lo sguardo fiero!

RISPOSTA DELL'ANTROPOLOGO MARCO AIME ALL'ARRAMPICARSI SUGLI SPECCHI DI ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA CHE INSISTE SULLA FALSA SUPREMAZIA DELL'OCCIDENTE

Scusate   se  riprendo   l'argomento affrontato nello   scritto    : <<   Come si fa a dire che la storia è stata scritta solo in Occidente ?  secondo le “Nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”  ...... >>    nei giorni  precedenti   ma l’autore dell’incipit «solo l’Occidente conosce la storia» scritto nelle indicazioni nazionali per l’insegnamento della storia difende  la  sua  vetusta ed astrusa   teoria    arrampicandosi sugli   specchi   la sua tesi e sfida chi lo critica: «Fuori i nomi!». Infatti  su editorialedomani  c'è  la bellissima risposta dell'antropologo Marco Aime  

N.B 
Se non dovesse  bastarvi quest articolo  riportato   sotto  eccovi altri   articoli  per  approfondire

Ma  ora bado alle  ciancie   ed  ecco  l'articolo  in questione 

 da https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/  14 aprile 2025 • 19:50
Se Galli della Loggia insiste sulla (falsa) supremazia dell’Occidente


Molte voci si sono levate contro le linee guida per l’insegnamento della storia, e, purtroppo, quell’incipit «Solo l’Occidente conosce la storia» ha finito per diventare celebre. L’autore, Ernesto Galli della Loggia, dopo aver affermato che «in Italia è rarissimo che si possa discutere nel merito: meglio denigrare l’interlocutore», si difende denigrando i suoi critici, accusandoli di non conoscere la lingua italiana. Non voleva dire che gli altri non hanno storia,

ma «che solo in quell’area geo-storica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima...».

Il primo sistematico testo storico cinese, lo Shiji (Memorie di uno storico), fu scritto da Sima Qian nel II secolo a.C., e agli inizi del 700 d.C. Liu Zhiji redigeva lo Shitong, in cui descrive lo schema generale delle storie dinastiche ufficiali del periodo degli Stati Combattenti, la loro struttura, i loro metodi, la sequenza, su cui si plasmerà la storiografia cinese a venire.
Il persiano al-Biruni (X sec.) scrive un trattato di cronologia dei popoli antichi (al-Āthār al-bāqiya), ricco di preziose notizie storiche e culturali, e un’opera d’insieme sull’India e la sua civiltà (Kitāb al-Hind), grazie alla sua conoscenza del sanscrito e al suo profondo interesse scientifico per una cultura straniera.
Ibn Khaldun (XIV sec.), peraltro molto apprezzato in Occidente per la modernità delle sue concezioni, introduce nel mondo islamico la nozi one di “storia ciclica”, fondata su fattori profanigenerati dalla naturale tendenza a indebolirsi delle generazioni sedentarizzate, eredi dei conquistatori nomadi, trascinate però in una progressiva e inesorabile decadenza a opera della ricchezza e del modo di vita urbano.

«Benissimo. Ma allora, fuori i nomi (e magari anche le date)! Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale!», ribatte Galli Della Loggia.
Bene: il sovrano indiano Aśoka (304-232 a.C.) introdusse leggi che rappresentavano una vera rivoluzione culturale: furono proibiti la caccia e anche il ferimento di animali, si ridusse la gravità delle pene, concesse almeno 25 volte l’amnistia a prigionieri e condannati a morte, fece costruire ospedali per uomini e animali, università, ostelli gratuiti per i pellegrini, sistemi di irrigazione e traffico fluviale, e nuove strade. Le sue leggi proibivano ogni discriminazione per casta, fede o schieramento politico. In generale, le leggi introducevano nuove restrizioni, ma non rinnegavano alcuno dei principi morali preesistenti delle varie religioni che componevano l’impero.
Nel 604 d.C. (seicento anni prima della Magna Charta) il principe del Giappone Shotoku introdusse la Costituzione dei diciassette articoli in cui si legge: «Le decisioni importanti non devono essere prese da una sola persona. Devono, invece, essere discusse da più persone (…) Non dobbiamo provare nessun rancore, quando qualcuno non è d’accordo con noi. Perché tutti gli uomini hanno un cuore, e ogni cuore ha le sue inclinazioni».
Nel XII secolo il filosofo ebreo Maimonide, costretto a fuggire dall’intolleranza dell’Europa, trovò rifugio alla corte di Saladino, gran difensore dell’islam, che gli conferì anche cariche importanti. Mentre Giordano Bruno ardeva sul rogo a Campo dei Fiori, l’imperatore moghul Akbar affermava la necessità di un dialogo tra le diverse religioni dell’India
«Fuori i nomi dei luoghi della terra dove prima che in Europa ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!».
Nelson Mandela, nella sua autobiografia Lungo cammino verso la libertà, ricorda come già da ragazzo fosse rimasto colpito dallo svolgimento democratico delle discussioni nel suo villaggio natale, Mqhekezeweni, in cui tutti avevano diritto di parola. In African Political Systems (1940) Meyer Fortes ed Edward E. Evans Pritchard sostengono che «la struttura dello Stato africano presuppone che re e capi governino sulla base del consenso». Parlano degli Stati tradizionali, prima che arrivassero le potenze occidentali a portare la democrazia. E in molti villaggi africani vige il principio dell’unanimità dell’assemblea e non della maggioranza. In molti regni africani esistevano forme di controllo sul sovrano, che potevano portare anche all’eliminazione del monarca stesso, se esagerava nei suoi comportamenti. Presso i Bamileke del Camerun, ogni mattina l’equivalente del giullare ricordava al sovrano che poteva finire in polvere in qualunque momento.
Nessuno vuole condannare a priori l’Occidente, ma neppure arrogarsi il primato di tutto ciò che è buono (per noi), condannando gli altri a una sorta di serie B storico-culturale. Soprattutto, questa separazione nega i molti e fruttuosi scambi che il mondo occidentale ha avuto con altre regioni del mondo. Chiude una presunta cultura in un recinto, che in realtà è sempre stato aperto, per fortuna. Davvero dovremmo fare tesoro delle parole del premio Nobel Amartya Sen, quando scrive: «Ci sono stati grandi esempi di tolleranza e intolleranza da entrambi i lati di questa presunta radicalizzazione del mondo. Quella che va corretta è la tesi, frutto solo d’ignoranza, dell’eccezionalismo occidentale in materia di intolleranza. Ma non c’è alcuna necessità di sostituirla con una altrettanto arbitraria generalizzazione di segno opposto».

Dopo aver vegliato sulla tomba del suo padrone, adesso il gatto Hachiko ha trovato la sua felicità

  da  https://wamiz.it/news/

Di Anna Paola Bellini Redattrice | Traduttrice
Pubblicato il 15/04/25, 11:03
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Hachiko ha trascorso sette anni vegliando la tomba del suo umano. Dopo la sua morte, le sue ceneri riposeranno finalmente in pace insieme a lui.
C’è chi pensa che i gatti siano creature distaccate, indipendenti, incapaci di provare un attaccamento profondo. Ma la storia del “gatto Hachiko”, come è stato affettuosamente soprannominato, smentisce

ogni pregiudizio.Per sette anni, questo gatto rosso ha vissuto accanto alla tomba del suo umano nel cimitero di Machačkala, capitale della repubblica russa del Daghestan, diventando simbolo di una fedeltà senza tempo.
Il legame che ha resistito a tutto
Dalla morte del suo compagno umano nel 2018, il gatto non ha mai voluto lasciare quel luogo di memoria.Non aveva un nome, ma il personale del cimitero lo conosceva bene. Ogni tentativo di portarlo via o adottarlo falliva miseramente: Hachiko tornava sempre lì, cocciuto, fedele, sfidando le intemperie, le malattie, la fame.
I volontari che lo hanno seguito negli anni raccontano di come respingesse ogni tentativo di conforto, quasi volesse restare vicino a chi non c’era più.



Nel febbraio 2025, dopo che la sua storia è diventata virale su Telegram, le sue condizioni di salute sono peggiorate. Portato a San Pietroburgo per essere curato, ha vissuto due mesi in una vera casa, coccolato e amato. Ma il suo corpo era ormai provato. E alla fine si è spento, circondato da persone che avevano imparato ad amarlo.
Le ceneri accanto alla tomba del suo amato
Ora, il gatto Hachiko tornerà accanto al suo umano per sempre. Le sue ceneri saranno sepolte lì dove aveva scelto di vivere, accanto alla tomba che non aveva mai voluto abbandonare. Un gesto semplice, ma potente, che rende omaggio al suo desiderio: restare. Sempre.
Questa storia commovente, che ha fatto il giro del mondo, ci ricorda che l’amore e la lealtà non conoscono specie. Che anche un gatto, spesso giudicato schivo, può dimostrare una dedizione immensa. Perché restare, quando tutto invita ad andare, è forse il gesto più rivoluzionario di tutti.

15.4.25

Si laurea con 110 e lode, ma a discutere la tesi è l'avatar creato con l'intelligenza artificiale: «Lo abbiamo educato nella discussione della tesi»

 da msn.it 

Veronica Nicoletti, classe '98, è tra le prime studentesse d'Italia a discutere la tesi col supporto del suo avatar, realizzato con l'intelligenza artificiale. Originaria di Arpino in provincia di Frosinone, la 26enne si è laureata con 110 e lode all'Università di Cassino e del Lazio Meridionale.
La laurea con l'avatar da 110 e Lode
«Educare all'Intelligenza Artificiale, educare l'Intelligenza Artificiale: mitigazione dei Bias» è il titolo
del suo elaborato che Veronica Nicoletti ha discusso in aula magna di fronte alla commissione del corso di Scienze Pedagogiche. La neo dottoressa ha offerto una dimostrazione pratica a sostegno della sua tesi, grazie ad un percorso di back story (un percorso a ritroso) realizzato con l'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale.
Il risultato è sorprendente se si pensa che la tesi è stata discussa interamente dall'avatar, addestrato dalla sua creatrice anche nel rispondere alle domande dei professori. Durante l'esposizione il compito di Veronica si è limitato ad assistere la sua rappresentazione AI.
La tesi sperimentale verso nuove frontiere
Il progetto ambizioso, perché proteso verso nuove frontiere, è stato appoggiato fortemente dai relatori, che in questi quattro mesi hanno seguito Veronica: «Abbiamo fornito all'avatar tutte le mie principali caratteristiche, sia caratteriali che fisiche, per adattarlo alla mia persona. Ho dovuto scegliere l'abito per questa giornata sulla base di come è stato elaborato dall'IA il mio personaggio». Poi, la 26enne ha spiegato le modalità di ricerca. «Lo abbiamo educato nella discussione della tesi, inserendo tutto il mio piano studi e le indicazioni fondamentali per la discussioni della tesi stessa. Un progetto rivolto anche alle future generazioni che spero possano trarre ispirazione».
«Mi piacerebbe che gli studenti possano avere un avatar personale per i propri studi, che li conosca e sappia migliorare il loro apprendimento e la loro conoscenza» ha rimarcato una professoressa accogliendo con entusiasmo il progetto della candidata.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...