Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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4.9.25
Miss Trieste sommersa dagli insulti dopo la vittoria, la mamma: «Attaccata da chi non accetta italiani con la pelle scura »meno male che la città s'indigna e dice no
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata XXXVIIIIX : - ARMI NON NON VIOLENTE \ ANCHE IL FISCHIETTO PUÒ FAR DESISTERE UN AGGRESSORE! -
Per i non praticanti ed conoscitori di arti marziali o tecniche di autodifesa ci sono anche delle armi non violente cioè
Le armi non violente si possono definire in due modi: da un lato, come oggetti per la difesa personale che non causano danni letali, come lo spray al peperoncino o le pistole a proiettili di gomma; dall'altro, come principi filosofici e politici che rifiutano l'uso della violenza per raggiungere obiettivi di trasformazione sociale, come il movimento nonviolento.
Non importa con quale marca o modello di borsa voi usciate.Quello che conta è quello che scegliete di portare con voi, anche e soprattutto per sentirvi al sicuro quando siete fuori casa. Non basta quindi controllare di avere preso le chiavi, il portafoglio, i documenti e il cellulare. Perché per le donne la borsa può e deve trasformarsi in una sorta di “cassetta degli attrezzi”, al cui interno inserire tutto quello che può farvi sentire più libere e più sicure di voi stesse. Il primo oggetto che non può mancare è il cellulare. Verificate che sia sempre carico, in modo che lo possiate usare in caso di emergenza, e portate con voi un powerbank, in modo da scongiurare il pericolo di rimanere senza bateria. Ancora, portate con voi un fischietto oppure un allarme personale acustico, che potrebbero bastare a scoraggiare le ca!ive intenzioni di un potenziale aggressore. È consigliabile inserire in borsa anche uno spray al peperoncino, purché conforme alla normativa, prezioso come deterrente, ma anche come strumento di difesa. Per chi preferisce non impiegare lo spray, non mancate di portare con voi torce tascabili ad alta intensità, che sono in grado di accecare soltanto temporaneamente un possibile malintenzionato dandovi la possibilità di guadagnare del tempo prezioso per mettervi al riparo. Ci sono poi oggetti che di per sé non sono considerati degli strumenti di difesa, ma che potrebbero fare la di$erenza. Pensiamo per esempio a qualche moneta o a qualche banconota di piccolo taglio, che potrebbero essere utili a chiamare un taxi, nel momento del bisogno. Infine, non dimenticate di portare con voi la prudenza e la consapevolezza. La prudenza sta nel camminare in posti bene illuminati e nell’informare una persona a voi cara del tragitto che vi accingete a compiere una volta usciti di casa. La consapevolezza, altre!anto preziosa, sta invece nell’avere programmi chiari e ben de#niti, con un margine di imprevisto minimo e facile da arginare, e nel conoscere i propri limiti.
il vitimismo di rocco tanica
3.9.25
deunciare per educare il caso di martina sisti che denuncia un molestia fisica non solo con video internet ., Il borgo di Ottone ha perso il suo "Amazon". «Senza botteghe si muore»., Giappone, straniero profana cimitero via Instagram. Nell’arcipelago cresce la fobia del turista.,
Questa ragazza si chiama Martina Sisti, studentessa universitaria di Bari.
Stava camminando nel quartiere Poggiofranco quando è stata affiancata da due ragazzi giovanissimi. Uno dei due l’ha schiaffeggiata sul sedere, scappando poi via in monopattino.
Martina ha deciso di denunciare il tutto giustamente due volte. Pubblicamente, con tanto di foto dei due ragazzi in fuga di spalle. E, soprattutto, ha denunciato la molestia in questura.
E ha fatto benissimo. Perché no, schiaffeggiare una donna sul sedere non è mai una goliardata. Si chiama violenza.
Nel video-denuncia la ragazza ha sottolineato almeno due cose importanti.“Quando ti chiedono come eri vestita durante la molestia… Ecco, così” ha detto mostrando un semplicissimo completo sportivo.
"Non mi interessa se avete 15 anni, non vi hanno insegnato a stare al mondo. E non iniziamo a dire che era solo un schiaffo sul c***, perchè è da quello schiaffo sul c*** che iniziano gli stupri, le violenze, le umiliazioni, per poi arrivare ai femminicidi".
La colpevolizzazione della vittima è già cominciata. Per com’era vestita. Per quello che ha fatto. Per come ha denunciato.
Anche per questo, da maschio soprattutto, sono ancora più vicino a Martina Sisti, a qualunque donna subisca una violenza, di qualunque genere.
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sempre tosa
Ci sarà anche lui, Claudio Locatelli, alias “il giornalista combattente”, che ha deciso di unirsi con una barca al fianco della Global Sumud Flotilla.
Locatelli ha messo in piedi da zero, in pochi giorni, un Vascello Stampa per rompere simbolicamente anche l’assedio sull’informazione da parte di Israele, che impedisce l’accesso della stampa internazionale a Gaza.
Ma anche, al tempo stesso, ricordare i 247 giornalisti morti ammazzati dall’esercito israeliano a Gaza
dal 7 ottobre 2023.
Questa barca è dedicata a ognuno di loro e ha ottenuto poco fa anche il supporto ufficiale della EFJEuropean Federation of Journalists.
La partenza è prevista domani da Livorno, per poi unirsi alle imbarcazioni della Flotilla.
La barca si chiama “Vik Tekoser”, in memoria di due grandi italiani: il giornalista e attivista Vittorio Arrigoni detto Vik e il partigiano Lorenzo Orso Orsetti, nome di battaglia Tekoser, morto ammazzato combattendo al fianco della milizia curda nella guerra civile siriana.
Non potevi trovare nome migliore, Claudio.
Siamo con voi.
Il borgo di Ottone ha perso il suo "Amazon". «Senza botteghe si muore»
«Andiamo dall’Angelica, che sicuramente ce l’ha». Nei centri di montagna, una saracinesca che si abbassa equivale ad un lutto da elaborare. È quel che stanno vivendo gli abitanti di Ottone, in alta Valtrebbia, a cavallo tra Emilia e Liguria, di fronte al cartello “chiuso” sulla vetrina dello storico emporio.
«Era il nostro Amazon», scrive qualcuno sui social, aprendo il concerto dei ricordi. Perché quel negozio – con l’articolo davanti al nome, come si usa fare da queste parti parlando delle persone che si hanno a cuore – era una parte pulsante del paese dal 1905, da quando cioè Angelica Canevari aprì in via Roma uno spazio dove si trovava davvero di tutto, dal formaggio agli attrezzi per l’orto.
Un po’ ferramenta, un po’ drogheria, un po’ garden e casalinghi, di Canevari in Canevari, ha attraversato le stagioni, visto un paese spopolarsi d’inverno e ripopolarsi d’estate. Senza mai fare un giorno di ferie. Adesso per la signora Jole, l’attuale titolare, è il tempo della pensione. Nonostante i tentativi, non ha trovato nessuno disponibile a continuare. A gennaio Ottone aveva perso un’altra storica realtà commerciale, la panetteria della “Rosannina”, Rosanna Valla, aperta dai genitori nel 1961. Ecco perché vedere la serranda abbassata «fa veramente male», conferma Rosella Ghilardelli, ottonese trapiantata a Genova, ma con le radici in val Trebbia. Ogni martedì prende il treno dal capoluogo ligure e va a scuola a Ronco Scrivia, dove insegna. Esce all’una, riprende il treno, torna a Genova, piglia la macchina e sale ad Ottone. Va a recuperare i ragazzi che alle 16.20 escono da scuola e li porta in oratorio per il catechismo.
«Ad aprile è nato il nipotino, quest’anno raddoppierò le salite in settimana». La figlia Giulia – che con il marito Fabio hanno regalato alla frazione di Truzzi il primo fiocco azzurro dopo settant’anni – è il suo braccio destro nelle attività parrocchiali. Le idee non mancano. Le ultime, la mostra sul Giubileo e il torneo di burraco benefico per il tetto della chiesa. Piccole cose, che servono a dire che la comunità c’è, è viva e vuole continuare ad esserlo. «Se iniziamo a dire siamo pochi – nell’ultimo biennio sono mancati tanti anziani che erano la nostra memoria storica – non si farà mai nulla». Riconosce che Ottone è fortunata: «C’è la farmacia, ci sono due market, c’è il medico, c’è la guardia medica, ci sono le poste, c’è la banca. Certo, l’Angelica è un pezzo di storia che se ne va: la famiglia Canevari è sempre stata di una disponibilità incredibile, un patrimonio di relazioni che con l’e-commerce si sta perdendo». Di bambini ce ne sono sempre meno. Quando Rosella frequentava le Medie, nel 1974, ad Ottone sulle tre classi c’erano 75 iscritti. Da due anni le Medie non ci sono più, sono rimaste l’Infanzia e la Primaria, rispettivamente cinque e una decina di iscritti.
«Un grande cruccio», definisce il sindaco Federico Beccia questo inverno demografico che in un Comune di 400 abitanti (sulla carta sono 670, ma il numero comprende gli emigrati iscritti all’Aire) picchia più forte. «Se chiude una scuola un paese muore». Eppure, lo conferma, i servizi di base non mancano. «Per iniziativa dell’Amministrazione comunale, ogni quindici giorni abbiamo anche il cardiologo gratuito per gli anziani e le fisioterapiste». Come invertire la rotta? «Sono sindaco da 11 anni: la mia impressione è che a livello governativo non si abbia idea di cosa vuol dire vivere in montagna. Un giovane che, per esempio, volesse ritirare l’Angelica, dovrebbe almeno poter avere la sicurezza di una fiscalità agevolata per 10, 15 anni. Non è pensabile pagare qui le stesse tasse di Rimini, non abbiamo lo stesso afflusso turistico. Se un tempo d’estate venivano 56mila persone, l’aria è cambiata ». Secondo: la questione casa. « A Ottone ce ne sono troppe vuote e ad affitti troppo alti, 400-450 euro al mese. Ho adottato una misura poco capita, spero lo sarà in futuro: ho aumentato di due punti l’Imu sulle seconde case e l’anno prossimo proporrò la defiscalizzazione per chi è disponibile ad affittare ad un prezzo equo».
Giappone, straniero profana cimitero via Instagram. Nell’arcipelago cresce la fobia del turista
Giappone, turista internazionale profana un cimitero via Instagram, scatenando un mini-incidente diplomatico. Si tratta solo dell’ultimo, tra i sempre più frequenti “scontri” tra popolazione e turisti stranieri, in un Paese insulare storicamente isolato, che oggi, con il flusso di ospiti internazionali che macina record mese dopo mese, vive in modo particolarmente traumatico i pro – e i contro - degli overtourism.
L’episodio ha come protagonista un turista – che da indizi non confermati sembrerebbe di nazionalità
australiana. È stata infatti l’ambasciata a Tokyo del governo di Canberra ad aver esortato i propri connazionali a mantenere un "comportamento appropriato" durante i viaggi nell'arcipelago. Il tutto è accaduto dopo che un utente di Instagram ha bevuto offerte da una tomba giapponese, scatenando sdegno e rabbia a mezzo web.
Ultimo di una lunga serie di turisti stranieri in cerca di fama che irritano i giapponesi, Lochie Jones, presumibilmente australiano, visto che l’ambasciata australiana non ha confermato la nazionalità del protagonista della vicenda – pubblicato un video in cui beve da una lattina posta su una lapide come offerta, come in uso nel Paese del Sol Levante. Prima di farlo, l’individuo si premura di lanciare una moneta per decidere se aprire o o meno la bevanda, presumibilmente lasciata come dono per gli antenati. A seguire, per non farsi mancare nulla, si premura di emettere rutti davanti alla tomba.
Il video, pubblicato qualche tempo fa scorso, ha scatenato commenti arrabbiati sulla rete. "I cimiteri sono luoghi sacri in ogni paese... Vorrei che (il governo) si assicurasse che non possa mai più entrare in Giappone", ha esclamato furibondo un utente usando un linguaggio e contenuti in parte vietati a i minori.
Ieri, l'ambasciata australiana in Giappone ha scritto sulla sua pagina Facebook che i viaggiatori dovrebbero comportarsi "in modo appropriato" quando visitano l'arcipelago, senza fare riferimento al video. Ha aggiunto di "collaborare a stretto contatto con le autorità giapponesi per garantire che i viaggiatori australiani rispettino le leggi e i regolamenti locali". L'uomo si è scusato per l'incidente in un video pubblicato su Instagram.
In Giappone, l'incidente segue una serie di video provocatori pubblicati da influencer stranieri in cerca di pubblico, che hanno indotto un crescente disagio nella popolazione locale nei confronti degli stranieri e del turismo di massa.
Una città vicino al Monte Fuji aveva installato l'anno scorso una grande barriera per impedire che le foto scattate da un punto panoramico popolare accanto a un minimarket, dove le persone si avventuravano sempre più spesso sulla strada per ottenere lo "scatto perfetto" da pubblicare sui social media.
una piccola bottega che non molla: quattro giovani scommettono sulle Conce La Stamperia nata 31 anni fa si allarga e ridà vita a due locali chiusi da tempo., giovanna falchetto della croce rossa a gaza tra i bambini che muoiono di fame
fonte la nuova sardegna
Sassari, una piccola bottega che non molla: quattro giovani scommettono sulle Conce La Stamperia nata 31 anni fa si allarga e ridà vita a due locali chiusi da tempo

Fuori dalle porte, la vita delle Conce scorre tra segni di comunità e quotidianità: a poche decine di metri resistono la storica edicola che guarda verso Santa Maria, un negozio di frutta e verdura, qualche bar, un meccanico per moto e un elettrauto. Qui ci si conosce un po’ tutti, e il passaggio continuo del trenino Sirio sulle rotaie scandisce le giornate, il suo fischio si mescola al vociare dei passanti. Le vie intorno raccontano un passato difficile.Edifici in rovina, marciapiedi interdetti, saracinesche abbassate e presenze di sbandati che ruotano in cerca di qualche moneta, intorno a un supermercato. Nel 2000, la situazione fuori controllo aveva portato all’emissione di un’ordinanza anti-degrado, che vietava stazionamento e consumo di alcolici per restituire tranquillità ai residenti e ai commercianti. Oggi, però, le cose stanno cambiando. La nuova amministrazione ha avviato progetti di riqualificazione urbana: nuovi parcheggi, aree verdi, scuole moderne e interventi sulla viabilità, con l’obiettivo di trasformare le Conce da zona dimenticata a cuore pulsante della città.

In questo quadro, la scelta de La Stamperia di restare, crescere e investire diventa un simbolo. Non è solo imprenditoria: è resilienza concreta, vita che ritorna nelle strade, comunità che si ricuce, radici che si rafforzano. «Restare qui, vedere il quartiere cambiare e provare a dare il mio contributo – conclude Matteo Fonnesu – è una scelta di fiducia nel centro della città e nelle persone che lo abitano. Questa bottega non è solo il mio lavoro, è la mia maniera di credere che, passo dopo passo, un quartiere possa rinascere».
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ma certi giudici sono del mestiere ? sntenze strambe sulle Donne uccise e violentate: dalla sentenza per l'omicidio di Francesca Deidda a quella per Giulia Tramontano di ieri.
Leggo sempre più basito
dal F. Q.
2 Settembre 2025
“Impagnatiello avvelenò Giulia Tramontano per farla abortire non per ucciderla”: le motivazioni della sentenza che ha escluso la premeditazione
Le motivazioni della sentenza che ha confermato l'ergastolo per Impagnatiello ma ha escluso la premeditazione nel femminicidio di Giulia

La premeditazione non è stata riconosciuta perché lo scopo dell’avvelenamento con il topicida era “l’aborto del feto” e non “l’omicidio della madre”. Per questo “non vi sono” prove che “consentano di retrodatare il proposito” di Alessandro Impagnatiello di uccidere Giulia Tramontano “rispetto al giorno” in cui l’ha accoltellata. Sono queste le motivazioni della sentenza di condanna dell’ex barman per il delitto di Senago del 27 maggio 2023. I giudici, lo scorso giugno, hanno confermato l’ergastolo per Impagnatiello ma non hanno riconosciuto la premeditazione.
Secondo quanto si legge nelle motivazioni, per i giudici le “somministrazioni tossiche” avvenute per mesi non provano che Impagnatiello abbia premeditato l’omicidio dell’allora compagna 29enne. Avere somministrato a Giulia il topicida avrebbe avuto lo scopo di causare un aborto spontaneo e dare “una drastica ‘soluzione’” al figlio che la donna aspettava, di cui lui “auspicava la soppressione”
Scusate non ce la faccio ad andare avanti e agìd aggiungere qualcosa in più a quanto già detto nel titolo . Riesco ad esprimere il mi disgusto su tali sentenze condividendo quato dice M.V.DETTOTO anni luce di distanza nel modo di pensare da me ,
2.9.25
Le gemelle siamesi Abby e Brittany Hensel sono diventate mamme: hanno due teste distinte e un solo corpo
da msn.it
Le gemelle siamesi Abby e Brittany Hensel
Abby e Brittany Hensel mamme per la prima volta. Le due donne, 35 anni, originarie del Minnesota, sono gemelle dicefale siamesi: hanno due teste separate ma condividono il corpo e tutti gli organi vitali, compresi quelli riproduttivi. Con un video pubblicato su TikTok, hanno reso pubblica la nascita del loro primo figlio, di cui al momento non si conosce il sesso. Sulla gravidanza e sul parto hanno scelto di mantenere la totale riservatezza.
Nell'omonimo documentario Abby and Brittany, le gemelle avevano parlato della loro storia e del desiderio di diventare mamme, pur precisando: "Non abbiamo ancora pensato a come funzionerà". Abby e Brittany Hensel sono una delle poche coppie al mondo di gemelle dicefale, che hanno due teste diverse ma condividono il corpo e tutti gli organi, compresi quelli riproduttivi. Le 35enni hanno deciso di mantenere segreta la loro gravidanza, senza condividere sui social nessun dettaglio riguardo agli ultimi mesi e al parto. Le neo mamme hanno deciso di rendere pubblica la notizia con alcune foto su TikTok, che le mostrano con il loro bebè (di cui non si conosce il sesso) in una culla. Nel 2021 Abby Hensel si era sposata con Josh Bowling, infermiere e veterano dell'esercito.
Le gemelle Hensel sono nate nel marzo 1990 in Minnesota e la loro condizione è molto rara: sono siamesi dicefale, hanno due teste distinte e un unico corpo. Abby controlla la parte destra, mentre Brittany quella sinistra. Al momento della nascita, i genitori Patty e Mike decisero di non sottoporle al delicato intervento di separazione perché considerato troppo rischioso. La loro storia è presto diventata pubblica e a soli sei anni sono apparse per la prima volta in tv ospiti del The Oprah Winfrey Show. Diversi anni più tardi, raccontarono la loro quotidianità nell'omonimo documentario Abby e Brittany, prodotto da TLC. Nel marzo 2024, sui social, resero pubblica la notizia del matrimonio: Abby ha sposato ufficialmente Josh Bowling ed è diventato suo marito.
con poco si puo' creare molto La storia di Il sassarese Nicola Dau ha creato “Loan Shark” insieme al torinese Luca Folino . «Il mio videogame costato 10 euro adesso vende in tutto il mondo
da la nuova 2\9\2025
La storia di Nicola Dau, 26 anni: «Il mio videogame costato 10 euro adesso vende in tutto il mondo» Il sassarese Dau ha creato “Loan Shark” insieme al torinese Luca Folino: «Sembra un gioco di pesca, in realtà parla del fenomeno dello strozzinaggio»

Sassari Sei un pescatore italiano sommerso dai debiti. Nel mezzo dell'ennesima notte in mare, prendi all'amo qualcosa di diverso: un essere marino parlante che ti promette di renderti ricco... ma a quale prezzo? Scopri a tue spese che quel pesce dall’aspetto disgustoso, di nome Cagliuso, si è fatto prendere all’amo di proposito, ma quando propone di aiutarti vuole approfittare della tua situazione, a costo di rovinarti. Fino a chiederti addirittura un occhio, o la barca. Gettandoti sempre più nelle mani del Loan Shark, che in inglese è lo “strozzino”.E’ l’idea originale che nei primi giorni dall’uscita ha conquistato già decine di migliaia di appassionati di videogames del genere horror. Che su questa base hanno creato un gioco capace di interessare giocatori, influencer e addetti ai lavori di tutto il mondo. A realizzarlo due giovani esperti del settore, il sassarese Nicola Dau (26 anni) e il torinese Luca Folino (27 anni), ex-sviluppatori nel settore AA (giochi di fascia medio-alta), la cui amicizia si è cementata sul bus 71 di Torino che per un anno e mezzo li ha portati a casa dal lavoro, insieme a un artista anonimo, "Tremotino".
Amici che dopo un’esperienza comune nell’industria videoludica hanno fondato lo Studio Carota (il nome deriva dall’abitudine di sgranocchiare l’ortaggio nelle pause di lavoro). La carota fa bene non solo alla vista, ma fa mettere bene a fuoco il futuro e le possibilità che offre.
Quota 25mila copie
“Lo squalo vuole indietro i suoi soldi. Cattura abbastanza pesci e ripaga il tuo debito prima che sia troppo tardi. Pesca o vieni pescato” recita l’efficace presentazione del gioco che sta facendo il botto: a due settimane dal rilascio 25mila copie vendute, 35mila in “carrello” come desiderata, un trend che non si ferma (negli Usa il 62%delle vendite, il resto diviso tra tutto il mondo) tanto da attirare le attenzioni della grande industria, nonostante fosse nato come prova per testare la capacità del duo di muoversi da soli nel magmatico mondo dei videogame. «Il progetto è del tutto indipendente – dice Nicola Dau –: nessun editore, è autofinanziato con… 10 euro e auto-pubblicizzato. La maggior parte delle riunioni creative per Loan Shark sono avvenute passeggiando nei parchi».
Storie intense e uniche
«Costruiamo i nostri giochi sui loro punti di forza e ci lasciamo ispirare dalle nostre debolezze – spiega il Carota Studio – Puntiamo su storie intense e uniche e vogliamo portare nel mercato, dominato soprattutto dalla cultura Usa, una prospettiva radicata invece nelle nostre origini, nei luoghi in cui siamo cresciuti e nelle influenze che ci hanno formati», dice Nicola, che dopo le superiori si è trasferito in Scozia per studiare all’Università di Abertay (Dundee), polo europeo del settore dove si è laureato col massimo dei voti. Il suo sogno? Creare opere ambientate in Sardegna. Luca, laurea in Scienze delle Comunicazioni, il giornalismo nelle corde, si ispira alla grande letteratura italiana. I due si completano benissimo caratterialmente e professionalmente e si vede.
Horror psicologico
Loan Shark, dalle atmosfere inquietanti, è solo un punto di partenza, con significati molto profondi, alla faccia di chi ritiene che giocare in video sia solo un passatempo ine a se stesso: «Non è il solito gioco di pesca rilassante come altri sul mercato» dicono Nicola e Luca. «Si tratta di un horror psicologico incentrato sulla talassofobia. Il giocatore interpreta un pescatore indebitato, ormai senza tempo per saldare i propri debiti, che riceve l’aiuto inaspettato di un pesce parlante con cui intavola dialoghi surreali. All’inizio, la creatura sembra offrirsi di aiutare senza chiedere nulla in cambio, ma ben presto inizierà a pretendere favori sempre più impegnativi. Occorre affrettarsi a pescare tanto e meglio possibile (suggestive le visioni subacquee della pesca a mosca e delle creature marine che devono abboccare). Il gioco esplora così le dinamiche con cui una persona può scivolare nel debito e restarne intrappolata, fino a non poter più risalire». I temi principali di Loan Shark, che Nicola e Luca definiscono “una fiaba oscura”, sono il fatto di recitare un ruolo disturbante, la paura del mare, la sensazione di “avere l’acqua alla gola”.Il tutto con un sottofondo di black humor che non guasta.
Virale
Loan Shark è stato sviluppato in soli 3 mesi. «L’obiettivo originale era studiare come pubblicare un gioco su Steam e guadagnare, andando bene, 50 euro. Pochi dialoghi e molto spavento, ma ha finito per essere il contrario. Dietro ci sono fidanzate, mamme, fratelli, sorelle e amici a tenere vivo l’entusiasmo». Nienre risorse per pagare i grandi influencer che illustrano in diretta il gioco ai loro tanti follower. Ma l’idea ha fatto comunque il giro del mondo tanto che alcuni si sono proposti per creare gratuitamente versioni in lingue estere, anche in arabo e in cinese. Influencer importanti come l’indonesiano Windah Basudara (17 milioni di follower) si sono offerti di lanciarlo e anche qualche grande piattaforma che inizialmente chiedeva cifre inarrivabili, visto il successo iniziale e imprevisto, si è messa a disposizione. E così il miracolo sardo-piemontese vola. Anzi, naviga nell’oscurità, ma senza paura.
Stephen Kapos sopravvissuto della shoah accusa il governo israeliano di “usare la memoria della #Shoah come copertura e giustificazione per un genocidio in corso a #Gaza
LE CONSEGUENZE DELLLA VIOLENZA DI GENERE O FEMMINICIDIO il caso di Daniela Manda accoltellata 14 volte dal marito: «Dopo mesi ho ancora paura. E con 500 euro al mese e due figli fatico, tra affitto e bollette»
da msn.it
Daniela Manda è stata accoltellata 14 volte - viso, collo, costato, schiena - dal marito nel parcheggio di un supermercato di Seriate. C'erano diverse persone presenti, in quel momento. Una di queste l'ha salvata: un elettricista che in quel momento era sul suo furgone si è fermato, è sceso, ha disarmato l'uomo e l'ha bloccato insieme a un militare dell'esercito fuori servizio. Anche lui è stato ferito nella colluttazione.
Ora per il marito della vittima, Daniel Manda, autotrasportatore 49enne, è stato chiesto il giudizio immediato date le solide prove in mano agli inquirenti. Il 12 novembre, come riporta il Corriere della Sera, si valuterà se concedere all'uomo il rito abbreviato - ovvero uno sconto di un terzo della pena.
«Ho ancora paura»
Daniela Manda ha 40 anni, due figli - una di 14 anni e l'altro di 18 - e, come il marito, è di origine rumene. Ora i due ragazzi vivono insieme a lei. Una vita che però è stata profondamente segnata dalla violenza del marito, quel sei gennaio, nel parcheggio del supermercato. Le ferite riportate, in particolare sulla mano sinistra, hanno avuto un effetto negativo anche sulla sua vita lavorativa: «Ero magazziniera, dovrei tenerla a riposo ma è impossibile».
Ed è stato proprio quel lavoro a scatenare la furia del marito: la rendeva più indipendente. Da lì lo stalkering e le minacce - che lui nega. Ma i messaggi ci sono, come quelli che risalgonoa l periodo in cui la donna si era trasferita altrova per vivere da sola: «Ti troverò io, nessun problema», «Ci vedremo e anche presto», «Ti farai male». E proprio la sera prima dell'aggressione le parole urlate alla moglie quando lei si era rifugiata da un'amica: «Sei testimone, io la Daniela la inseguirò e la ucciderò».
Sono passati quasi 8 mesi dall'accaduto ma lei non dimentica. E ha ancora paura: «Fatico a voltare pagina e, finché non sarà tutto finito, non so cosa aspettarmi». Intanto ha una famiglia di cui prendersi cura e non nasconde le difficoltà economiche, tra affitto, bollette e varie spese da coprire con 500 euro al mese di stipendio. «Riesco ad arrivare fino a un certo punto, di sicuro non a sostenere le rate del mutuo della casa di Pedrengo, che temo ormai andrà all’asta».
🔴 Sei vittima di violenza o stalking? Puoi parlarne e chiedere aiuto chiamando il numero 1522 o chattare direttamente con un'operatrice sul sito www.1522.eu o via app. L’accoglienza è disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo ucraino, portoghese, polacco.
1.9.25
anche i soldati israeliani staanno inziando a non poterne più Il capitano Yotam Vilk rompe il silenzio: “Ho combattuto a Gaza: è ora di dire basta”
da msn.it
L'articolo Il capitano Yotam Vilk rompe il silenzio: “Ho combattuto a Gaza: è ora di dire basta” proviene da Metropolitan Magazine.
Il capitano Yotam Vilk rompe il silenzio: “Ho combattuto a Gaza: è ora di dire basta”
Il capitano Yotam Vilk rompe il silenzio: “Ho combattuto a Gaza: è ora di dire basta”. Il nome di Yotam Vilk ha cominciato a circolare fuori dai circuiti militari israeliani non per le medaglie ricevute, ma per un gesto di rottura: dire basta. Vilk è un ufficiale dei corpi corazzati, ha combattuto per oltre un anno nella Striscia di Gaza, guidando operazioni di terra e carri armati. Oggi, però, è una delle voci che si leva contro la prosecuzione della guerra.
Se il 7 ottobre siamo entrati in guerra per salvare ciò che ci era più caro, mi fu presto chiaro che stavamo combattendo perché i nostri leader non avevano mai pianificato di fermarsi.
ha raccontato in una testimonianza raccolta dall’Associated Press.
La ferita morale di Gaza: basta crimini di guerra!
Vilk descrive una ferita che non è solo militare, ma etica. Racconta di aver visto almeno dodici persone uccise in una zona cuscinetto sotto controllo israeliano. Uno degli episodi che lo perseguitano è l’uccisione di un adolescente palestinese non armato:
faceva parte di una storia più vasta, della politica dello stare lì e del non vedere i palestinesi come persone.
Una frase che incrina la retorica ufficiale e mostra la frattura profonda che attraversa chi ha vissuto la guerra dall’interno.
Non è un caso isolato. Negli ultimi mesi, circa 200 soldati hanno firmato una lettera di dissenso: dichiarano che smetteranno di combattere se il governo non raggiungerà un cessate il fuoco. Molti parlano apertamente di ordini di bruciare case non minacciose, di saccheggi, di omicidi indiscriminati. È la definizione di moral injury, una ferita morale che provoca insonnia, flashback, senso di colpa: il peso di aver eseguito ordini percepiti come ingiusti o disumani.
Un atto politico, non solo personale
Il rifiuto di Vilk e degli altri non è solo individuale. È un atto politico che mina dall’interno l’immagine compatta dell’esercito israeliano. Denunciare oggi significa incrinare la narrazione dominante, secondo cui la guerra a Gaza sarebbe necessaria e inevitabile. Al contrario, le voci dissidenti rivelano il costo umano e morale del conflitto: non solo per i civili palestinesi, ma anche per i soldati israeliani che si scoprono complici di pratiche di disumanizzazione. In parallelo, il contesto politico non offre vie d’uscita rapide: i negoziati per un cessate il fuoco sono in stallo, e il governo di Netanyahu continua a mostrarsi impermeabile alle critiche interne e internazionali.
Quella di Vilk è dunque la storia di un passaggio: da capitano in prima linea a dissidente che denuncia la “zona senza legge” creata a Gaza, dove le vite palestinesi sono rese invisibili. È anche la storia di un’erosione della fiducia: nella leadership politica, nell’esercito come istituzione, nella capacità di Israele di fermarsi prima che la guerra diventi un vicolo cieco.
C’è chi, anche tra gli israeliani, crede che si sia entrati in guerra per questo: non per bruciare case, non per ridurre interi quartieri a macerie, non per trasformare Gaza in un laboratorio di controllo e punizione collettiva.
Ha combattuto a Gaza, ma dice “basta genocidio”
Ogni crimine di guerra, per sopravvivere, ha bisogno di propaganda, di impunità e di disciplina. Ogni rottura interna diventa allora un segnale pericoloso per il potere: la consapevolezza che l’obbedienza non è scontata. Le parole di Vilk e degli altri 200 soldati non fermeranno il genocidio da sole, ma aprono una crepa: mostrano che persino dentro l’esercito israeliano cresce chi non accetta più il prezzo morale di tutto questo.
Maria Paola Pizzonia
chi lo dice che un disabile non può essere un chirurgo . la storia Marco Dolfin chirurgo ortopedico all’Ospedale “San Giovanni Bosco” di Torino,
da Gina Serrau Ieri alle 06:36
Marco Dolfin, anni 36, chirurgo ortopedico all’Ospedale “San Giovanni Bosco” di Torino, ha perso l’uso delle gambe 6 anni fa dopo un incidente in moto. Stava andando a lavoro. Si era da poco specializzato
e sposato. Poi un lungo calvario per cui sembrava non ci fosse più alcuna speranza di ricominciare ad operare. Ed, invece, con una speciale carrozzina che gli permette di stare in piedi al tavolo operatorio, Marco continua il suo lavoro a tutt’oggi, definendosi “dottore high tech”. Intanto è diventato anche atleta paralimpico e padre di due gemelli. E penso che dovremmo raccontare più storie come questa.Flavio Filoni un sindaco del sud più precisamente Galatone (provincia di Lecce) risponde a Salvini sulle frasi contro i terroni
Leggo su facebook mi pare Lorenzo tosa questa bellissima notizia
Questa mattina Matteo Salvini era a Galatone (provincia di Lecce) per il suo solito comizio in cui ha ripetuto quattro slogan, tre attacchi ai migranti, due ai giudici e uno a chiunque osi parlare di Covid.Il sindaco della cittadina, Flavio Filoni, Nato a Nardò il 2 marzo 1981, ha una lunga esperienza politica e amministrativa: prima come consigliere comunale, poi come sindaco dal 2017, riconfermato nel 2022.Egli Appartiene al Partito Democratico e guida una coalizione civica che include liste come La Meglio Gioventù, Galatone al Centro e Cambiamenti.È noto per il suo impegno nel valorizzare il territorio salentino e per una comunicazione diretta e incisiva, come dimostra sia la sua scheda sul siuto del comune Comune di Galatone - FILONI Flavio sia la lettera aperta al monologo di Salvini Matteo Salvini Egli ha dato al suo ospite un benvenuto indimenticabile in cui riassume letteralmente vent’anni di intolleranza e ipocrisia.
“Caro Matteo ho ascoltato, in diretta Facebook, il suo discorso questa mattina nella nostra Città. Impegni amministrativi mi hanno impedito di venire a salutarla direttamente e presentarle quella che è la nostra comunità che lei, per tanti anni ha definito terronia.È vero, lei viene qui in campagna elettorale ma io non voglio credere a quelli che dicono che lei dopo aver urlato stamattina “prima vengono i pugliesi”, a pomeriggio sia pronto ad urlare che, invece, “prima vengono i lombardi”.Si è complimentato con i salentini perché “esempio al mondo su come ripartire dopo una crisi.” Vede, lei ha ragione, vivere al Sud ed amministrare una Città del Sud non è facile e quella che lei definiva “gente senza cultura del lavoro” in realtà, sono invece, persone volenterose, grandi lavoratori ed amministratori ingegnosi che si danno da fare per fa crescere le proprie comunità, tutti i giorni, soprattutto ora dopo una pandemia globale.Lei, oggi, ha parlato di Italia, lei che nemmeno ai mondiali del 2006 ha tifato Italia e che con la nostra bandiera voleva pulirsi il deretano.Ha parlato di sanità dicendo che “la sanità (pugliese) è stata tagliata da qualcuno”, forse quelli che aveva accanto non le hanno detto che quel qualcuno ha un nome e si chiama Raffaele Fitto, che lei oggi sostiene come candidato Presidente.Lei ha fatto ammenda dei cori razzisti contro i napoletani. Ma deve fare ammenda anche su un’altra lunga serie di insulti contro il Sud, perché, sino a pochi anni fa, lei diceva frasi come queste sul nostro conto “sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”.Forse lei, oggi, con la sua metamorfosi di facciata, finalizzata ad espandere il consenso oltre i confini padani e certo della cortissima memoria degli italiani, è pronto a difendere anche gli insegnati precari del meridione, proprio lei che, solo 6 anni fa, voleva “bloccare l’esodo degli insegnanti precari meridionali al Nord”È vero, però, che la sua storia personale e politica è una lunga sequenza di insulti, allusioni, volgarità gratuite e vecchi pregiudizi che la maggioranza del Sud non dimentica, come quando voleva delle carrozze metro solo per milanesi, per paura di infettarsi di “terronite”. Per dimenticarsi di tutto questo bisogna avere la faccia con certi connotati tutti particolari, anche se piuttosto comuni.C’era un famoso meridionale che amava dire che “cca nisciuno è fesso”, mostrando un’incrollabile fiducia nell’umanità. Posso solo aggiungere che lo spero tanto.”Un Sindaco. Il Sud che non dimentica.
Nella sua lettera pubblica egli ha
Contestato l’ipocrisia di certi slogan elettorali.
Difeso con orgoglio la dignità del Sud e dei suoi cittadini.
Rievocato frasi offensive pronunciate da Salvini negli anni, smascherando la sua “metamorfosi di facciata”.
l'autunno sta arrivando
Anche se per l'equinozzio d'autunno bisognerà aspettare il 23 settembre l’estate volge al termine e siamo pronti a salutare agosto e dare il benvenuto a settembre… ovviamente per chi no riesce a stare fermo e vuole godersi gli ultimi giorni di vacanza o in pensione vuol godersi l'autunno con gli scarponi ai piedi e lo zaino in spalla! 🎒⛰️
Le montagne ci aspettano con i loro laghi alpini ( e non ) scintillanti, i tramonti dorati, i rifugi accoglienti e quell’inconfondibile energia che nasce quando si cammina ✨ Per l’ultima settimana di agosto e la prima di settembre c'è un calendario ricchissimo: 🌅 trekking al tramonto ⛺ notti in tenda sotto le stelle ❄️ esperienze sui ghiacciai 🌳 camminate nei boschi e giornate spensierate in compagnia📅 Che tu sia ancora in vacanza o già rientrato in città, è il momento ideale per vivere la montagna e ricaricarti d energia, con escursioni adatte a tutti i livelli, guidate e coordinate dal team in questo caso di www.guiddy.it
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