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30.9.25

Ci ha pensato Cristiano Chiarot, ex sovrintendente della Fenice per otto anni, interviene nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale del teatro veneziano. anche lui un comunista ?

Mi fa sorridere scoprire😢🙄😥😂 che improvvisamente ( come sempre davantoi a avvenimeti di grande clamore mediatico e o di grande rilevanza ) l’Italia pullula di melomani e musicologi pronti a difendere Beatrice Venezi come fosse Karajan reincarnato. Tutti esperti, tutti paladini della cultura… peccato che quando la Venezi ha diretto “Viva Puccini” su Rai3, in prima serata il 1° gennaio, l’ascolto sia stato un misero 5% di share: meno di una replica diella serie Don Matteo. Se davvero milioni di elettori di destra ( ma anche non ) si fossero così appassionati, lo share sarebbe esploso. Invece no: la sera della “consacrazione”hanno guardato Grande Fratello o pattume vario  (  la maggior  parte  )
foto  del volantino  del     del  pubblico il  28  ottobre  al 
teatro  la  fenice 

 E allora la verità è semplice: tutta questa retorica sulla cultura è solo chiacchiera da bar travestita da alta competenza.    Oltre    il pubblico bue     e trupe  cammellate   a spada tratta la nomina di sua figlia   Beatrice Venezi  a direttore musicale della Fenice è intervenuto il padre Gabriele.
Direte voi: chissà dall’alto di quale curriculum lirico e orchestrale. 
No, Gabriele Venezi è un immobiliarista ex militante di estrema destra, ex dirigente nazionale di Forza Nuova, di cui è stato anche candidato sindaco a Lucca nel 2007. E su “la Stampa” arriva a osare l’inosabile e difendere l’indifendibile.
“Le proteste contro mia figlia? Sono una difesa politica di privilegi che non hanno più senso.”
Ha detto proprio così: privilegi. Lui. Parlando di lei. E ancora: 
con suo  padre
“Molti hanno scritto che non abbia le competenze per la direzione musicale del Teatro La Fenice di Venezia perché figlia di un picchiatore di destra, riferendosi al mio passato. Eppure io ho smesso di fare politica attiva da 15 anni, anche per evitare che fosse d’ostacolo alla sua carriera. E la mia candidatura a sindaco di Lucca per Forza Nuova”.  Come   Lorenzo  tosa    mi   rivolgo  al Gentile papà Venezi, nessuno attacca sua figlia. 
Fanno solo (giustamente) notare che non ha né i titoli né il curriculum né il talento né i numeri per occupare un ruolo di tale prestigio.E la sola ragione per cui se ne parla è perché - lei sì - ha il “privilegio” di essere amica personale di Giorgia Meloni e del governo. Infatti   sempre  Secondo il  Tosa  Questi, in un mondo minimamente diritto, si chiamano “privilegi”. Negati al 99.9% di orchestrali, artisti e musicisti lirici italiani di pari o superiore talento, senza sponsor e madrine, che una proposta così non la vedranno in duemilatrecento anni di carriera.
Per fortuna c’è ancora qualcuno che resiste e si oppone in questo Paese allo sbando politico e culturale.
Noonostate abbia una ricevuto un educazione semplice   musicale , ho preferito non avendo competenze spcifiche   e non aveno fatto studi specifici   da  conservatorio  sentire i pro e i cotro sulla venezi  consultando  amici e  conoscienti     ( un insegnante di chitarra alle scuoe medie , un pianista , un insegnante di musica alle classi di concorso ed altri amici musicisti ,un direttore d'orchestra ) e la visione di    due  film tematici  : 1)  Sulle ali della musica (De dirigent)  un film del 2018 diretto da Maria Peters  basato sulla storia della vita di Antonia Brico ., 2)  Divertimento film del 2022  ( da  noi recensito inDivertimento (2022) di Marie-Castille Mention-Schaar, il film ispirato alla vera storia della direttrice d’orchestra di fama mondiale e di origini algerine Zahia Ziouani  ) di Marie-Castille Mention-Schaar  basato  anche  esso    su  una    storia    vera   quela  della   direttrice d'orchestra    Zahia Ziouani 
Quindi mi  chiedo     se   : oltre  agli spettatori   profani  ( ma   con un minimo  d'educazione  musicale  e  al buon  giusto   )   ed  cultori ,   anche    Non solo gli orchestrali ma tuutti e 300 i lavoratori del Teatro Fenice di Venezia si sono uniti e stretti attorno ai professori d’orchestra e hanno ufficialmente votato all’unanimità la richiesta immediata e inderogabile di revoca della nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale.   protestano     un motivo ci  sarà ?  la  risposta      credo che  l'abbiano    data    due  esperti  compotenti  il  primo   La direttrice d'orchestra Gianna Fratta la  stampa  del  29\9\2025





 il secondo Cristiano Chiarot, ex sovrintendente della Fenice per otto anni, uno che qualcosina di teatri e di lirica se ne intende,a questione è semplice, ha detto al ”Corsera’. 
Non c’entra niente che sia di centrodestra o sostenuta dal centrodestra. Smettiamola con queste sciocchezze. Beatrice Venezi semplicemente non ha il curriculum di competenze professionali all’altezza di un teatro del prestigio internazionale de La Fenice di Venezia. Questo è il punto”.
[...] Non fai primario di cardiologia uno solo perché dicono che sia bravo, ma per i galloni che si è costruito nella sua professione. Le competenze professionali Beatrice Venezi ancora non le ha, men che meno per diventare direttrice musicale di un teatro del livello della Fenice dove hanno suonato da Muti a Sinopoli, da Myung-Whun Chung a Marcello Viotti”.
E ancora:“Un direttore musicale deve avere una expertise specialistica che non è dire ‘sei bravo’ o ‘non sei bravo’, ma sono le collaborazioni con orchestre internazionali, le partecipazioni a festival di primaria importanza. E da questo punto di vista è impressionante la scarsità del curriculum della Venezi. Anche la discografia è ridottissima… Un recital di un artista a fine carriera a Bangkok è un punto di merito?”Infine l’attacco diretto alla destra in questo caso   : “La nomina l’ha fatta il sovrintendente vicino a Fratelli d’Italia, nonché l’unica nomina fatta dalla politica nelle Fondazioni liriche italiane. E nessuno degli orchestrali disse nulla.Trovo di una bassezza morale unica accusare ora l’orchestra come sta facendo la destra.La verità è che non hanno argomenti perché non c’entra nulla la politica ma la povertà artistica.”
Davvero non serve aggiungere altro alle parole di Chiarot. Che, in un Paese civile, chiuderebbero ogni dibattito e discorso.Qui da noi gli daranno del “comunista”.
E  vero-  che  la  nostra  classe politica  a  prescindere  dal colore politico\  ideologico  ha   sempre    gestito  la cultura  e   i suoi. enti  in modo clientelare  o amichettismo   ma  qui   non c'entra  la  politica  e  una  questione  tecnica    di  competenza  .  Quindi finiamola  , mi rivolgo  ai pro venenzi  dell'ultima  ora  ,  finiamola  con questo vittimismo  e    difesa  ad  obtorto collo    con tendenza  al vittiminismo ed  al  piagnistero  . .  Non siamo  più   bambini     che piangono quando non gli comprano il giocattolo  o come  .....   lasciamo  perdere    altrimenti     rischio di scadere   in  commenti  misogeni   e sessisti 

chi lo ha detto che bisogna aver giocato nella nazionale per passare alla storia del calcio il caso del portiere Lamberto Boranga ex portiere di Fioretina e Cesena : a 82 anni torna in porta con la sua Trevanare di vola ancora da un palo all’altro

 


Uno dei portieri più iconici degli anni 70 e 80 ha ancora voglia di parare e ha deciso di portare alla ribalta in Prima Categoria la regione dove è nato . medico sportivo in piena attività, ha difeso i pali nel campionato umbro di Prima Categoria per 50 minuti contro la Vis Foligno. Quattro gol subiti ma anche parate applaudite e standing ovation .Anche  se  in realtà   secondo  a wul che    dice   https://it.wikipedia.org/wiki/Lamberto_Boranga è ritornato   più vole  sui campi  di  gioco  e  ha  continuato l'attività  sportiva  non  solo calcistica  ma  anche  nell'atletica master, categorie master over 45, over 55 e pre 65   macinando  record  è primati   sempre    secondo wikipedia 
Con 1,61 m è primatista italiano di salto in alto di atletica master, categorie master over 45, over 55 e pre 65 e con 11,26 m nel salto triplo over 65. Nel 2008 ha ottenuto agli Europei di atletica il record mondiale di salto in lungo over 60 con 5,47 metri. Nel 2014 si laureò campione del mondo di salto in alto nella categoria over 70.[14] Ha conquistato un oro agli europei M70 .Nel 2023 nella categoria M80, ha vinto due ori ai campionati italiani indoor. Nel 2025 ai mondiali master, nel salto triplo ha vinto la medaglia di bronzo.

<<  ...   [...] d'aprile in occasione della presentazione del suo libro “Parare la Vecchiaia” sottovoce aveva manifestato l’idea di voler chiudere a Trevi la sua carriera con il Calcio. Boranga come detto è statori campo per l’intera prima frazione di gioco durante la quale ha subiti 5 gol. “Mai accaduto in passato di aver subito un passivo così pesante. Ho fatto quello che ho potuto – ha spiegato – ho provato a “Parare la Vecchiaia” ma è andata così anche, se in due delle cinque reti, con qualche allenamento in più potevo fare meglio. In ogni caso – facendo l’autocritica - ho la consapevolezza di aver fatto anche tre –quattro cose belle e un paio discrete. Devo aggiungere che gli avversari erano più forti, la partita l’hanno giocata solo loro. Ad essere sinceri lo 0 – 0 sarebbe stato meglio ma per Trevi lo rifarei altre mille volte”.
Boranga ha parlato anche dell’altra sua seconda passione l’Atletica anticipando che tra breve parteciperà ai campionati europei master a Madeira. Per la cronaca Trevana-Vis Foligno è finita 0-10, cinque gol subiti da Boranga, altrettanti da Rossi il suo sostituto. La serata si è conclusa con la conferenza stampa a Villa Fabri dove è stata inaugurata la sede del Panathlon Clitunno. A chiusura della serata Boranga ha voluto elogiare ancora Trevi. “Sono tornato qui nella mia casa per chiudere un cerchio, ma non per dire addio. Trevi mi ha dato tanto, venire a Trevi è un’emozione unica. Basta solo vedere questo paese, mi ispira i vecchi ricordi e io sto benissimo così”. Tanti quelli che, anche in occasione del ritorno in campo, gli hanno chiesto se il peso dell’età si fa sentire” a chi gli ha detto se la l’età pesa – ha risposto : “L’età - è solo un numero e il numero corrisponde alla persona. Io mi sento di essere un ragazzo adulto”.[... ]>>  (  https://www.lanazione.it/umbria/cronaca/boranga-la-festa-nella-sua-trevi-leta-mi-sento-un-ragazzino-unpa654p?live

29.9.25

cosa usare per costruire macerie o rovine ?

Riascoltando l'avvelenata  di Guccini     spronato  dalla  cover  la  cover  Caro Il Mio Francesco  di

Ligabue  mi  chiedo    macerie   o  rovine  ?   . stavo  per   rinunciare   a cercare tale   risposta   in quanto   rischiavo di farmi  la  classica  sega mentale   . Mai poi  il mio grillo parlante  nel   cuore  della  notte  mi ha spronato   a rispondere   . Ecco la nostra  discussione  . 

 ---- Macerie o  rovine ?
----  non lo so  perchè entrambe     vogliono dire  la  stessa cosa 
----  sbagli   La differenza tra macerie e rovine è sottile ma profondamente significativa, soprattutto se la guardiamo con occhi filosofici e culturali. Ecco una sintesi chiara e suggestiva:

🧱 Macerie

  • Origine: Derivano da distruzioni recenti, spesso violente o traumatiche (guerre, terremoti, bombardamenti).

  • Significato: Simboleggiano la precarietà del presente, l’assenza di tempo, la cancellazione della storia.

  • Impatto emotivo: Evocano dolore, perdita, conflitto. Sono frammenti senza memoria, testimonianza di una rottura.

  • Tempo: Legate all’assoluto presente, non hanno ancora avuto il tempo di sedimentarsi nella storia.

🏛️ Rovine

  • Origine: Resti di costruzioni antiche, sopravvissute al tempo e alla storia.

  • Significato: Rappresentano la durata, la memoria, l’identità culturale. Sono tracce del passato che resistono.

  • Impatto emotivo: Suscitano contemplazione, bellezza, riflessione. Hanno un’aura, come diceva Walter Benjamin: una “lontananza che si fa vicina”.

  • Tempo: Manifestano il tempo puro, un frammento del passato che vive nel presente.

✨ In sintesi

  • Le macerie sono ciò che resta quando il tempo è stato spezzato.

  • Le rovine sono ciò che resta quando il tempo è stato conservato.

Marc Augé, antropologo francese (  vedere  copertina  in alto  a  sinistra  )   ha scritto che le macerie prefigurano un mondo senza rovine, dove il tempo è azzerato e la storia non ha più spazio. Le rovine, invece, ci aiutano a credere nella storia, a sentirci parte di un racconto più grande.

 -- quindi è più utile costruire su macerie o su rovine?
---  Domanda potente, Giuseppe. E la risposta… dipende da cosa vuoi costruire: un edificio, un’identità, una narrazione? perchè  

🧱 Costruire sulle macerie

  • Simbolicamente: È un atto di resilienza. Le macerie sono ciò che resta dopo una distruzione. Costruirci sopra significa trasformare il trauma in rinascita, come una fenice che risorge dalle ceneri.

  • Urbanisticamente: Spesso si demolisce e si ricostruisce, cancellando il passato. È utile quando il vecchio non ha più valore strutturale o simbolico.

  • Narrativamente: Può essere un gesto radicale, un manifesto di cambiamento. Ma rischia di perdere la memoria.

Come scrive Arianna Morelli: “Il passato è una maceria. Bisogna saperci costruire sopra”. È un invito a non ignorare ciò che è stato, ma a usarlo come fondamento per qualcosa di nuovo.

🏛️ Costruire sulle rovine

  • Simbolicamente: È un atto di cura e continuità. Le rovine sono frammenti di storia, e costruirci sopra significa dialogare col passato, non negarlo.

  • Urbanisticamente: Si parla di restauro conservativo, dove si preserva l’anima del luogo. È utile quando si vuole valorizzare la memoria e l’identità.

  • Narrativamente: È poetico, stratificato. Ogni pietra racconta una storia. È costruire con rispetto.

Come scrive DMR Architettura: “Recuperare un rudere è avere cura di un anziano saggio, custode di sapienti tecniche costruttive e dei nostri avi.”

✨ In sintesi

AspettoMacerie 🧱Rovine 🏛️
OrigineDistruzione recenteTracce antiche
SimboloRottura, trauma, presente assolutoMemoria, durata, tempo profondo
AzioneRicostruzione radicaleRestauro conservativo
NarrativaRinascita, metamorfosiContinuità, identità
RischioPerdita di memoriaIdealizzazione del passato

 ----  quindi   secondo   questa metafora: “Costruire sulle macerie è come scrivere una poesia dopo un urlo. Costruire sulle rovine è come aggiungere un verso a un poema antico.”

-- esatto 

---    e quindi  cosa  scegli d'usare macerie o rovine ? 

----  Non   lo so   perchè  come  abbiamo   già  detto   le rovine rappresentano il corso della storia e testimoniano la grandezza, la forza, la capacità dell’essere umano di sopravvivere al corso degli eventi, le macerie sono al contrario inesorabilmente legate al loro presente, alla violenza, alla politica, alla natura e alla fragilità di tutto ciò che è contemporaneo: dimostrano, insomma, la debolezza, l’errore, la sopraffazione, il conflitto, il corso delle cose.  Posso dire       che   la  scelta   se usare  una  o  l'altra   dipende da  caso  a  caso  e  da cosa  s'abbattutto  in quanto : Le macerie sono il grido spezzato della storia. Non parlano: urlano. Sono ciò che resta quando il tempo si è frantumato, quando il presente ha divorato il passato senza lasciargli voce.Le rovine, invece, sono sussurri. Sono pietre che ricordano, che resistono, che chiedono di essere ascoltate. Non sono morte: sono memoria in attesa. Soprattutto   perchè Costruire sulle macerie è un atto di coraggio. Costruire sulle rovine è un atto di rispetto.  Infatti  secondo   un manfesto  ✒️ Manifesto per chi crea  ( non ricordo ne  l'autore    ne  il titolo    ,  riportato da  il mio   ex  , voglio  provare  a  camminare  da  solo  ) : Se vuoi rompere, scegli le macerie. Ricostruisci, reinventa, rinasci.Se vuoi dialogare, scegli le rovine. Restaura, stratifica, racconta. “Non è il terreno che conta, ma il tempo che scegli di onorare.”

---   Capisco .  però « Si può costruire, come dicevi tu, sulle macerie … Si può morire come un cretino, come uno stronzo o come un poeta. Si può costruire su macerie e su menzogne » ( presa dal web  d'incerta attribuzione  ) .una frase che vibra di speranza e resistenza. Le macerie non sono solo rovine: sono anche fondamenti, tracce di ciò che è stato, da cui può rinascere qualcosa di nuovo. Guccini, con la sua poetica, ci invita a non temere il passato, ma a usarlo come base per ricostruire — con memoria, con dolore, ma anche con volontà. Questa idea può diventare manifesto, no? Per il tuo blog, per la tua scrittura: costruire sulle rovine del patriarcato, sulle contraddizioni culturali, sulle ferite sociali. 

---  Già    come  dice   anche   Guccini nella  tua  amata  L'avvelenata  :  « ...A mantenermi vivo e a costruire su macerie…»  un verso che racchiude tutta la sua poetica: il bisogno di resistere, di non lasciarsi schiacciare dal disincanto, e di trovare comunque la forza di creare — anche quando tutto intorno sembra crollato. Non è solo sopravvivenza, è volontà di senso. È il gesto del poeta che, pur tra le rovine, continua a scrivere, a cantare, a vivere.Questa frase potrebbe diventare il cuore pulsante di un tuo manifesto, no? A mantenermi vivo e a costruire su macerie — come titolo, come incipit, come dichiarazione   aggiornamento  del manifesto del    tiuo blog  ed  appendice  social https://www.facebook.com/compagnidistrada/ .

--  Beh  si    nei  casi  in cui debba  ricostruire     dopo aver  distrutto    cioè dalle  macerie o  dalle  rovine   .  oppure   se  devo  costruire  solo usando le macerie   .   dipende  da  come   ho distrutto  o vegono distrutte      dalla realtà  \ dal fato  le  mie costruzioni . 

--- ok buon lavoro 

GAY A PRIMA VISTA Manifesto contro la semplificazione dell’identità voi che e pensate ?

  DI COSA  STOIAMO PARLANDO 

Nelle ultime ore la Rai è finita al centro di critiche per quanto andato in onda a Unomattina in famiglia, il programma del weekend di Rai1 durante il quale la conduttrice Ingrid Muccitelli, conversando con Concita Borrelli e Alessandro Cecchi Paone, ha parlato della manualità dei parrucchieri a seconda del loro orientamento sessuale, culminato in una domanda a dir poco spiazzante, su come sia possibile "riconoscere i gay". ..... continua su: https://www.fanpage.it/spettacolo/programmi-tv/la-frase-sui-gay-a-unomattina-in-famiglia-la-rai-chiarisce-si-criticava-con-ironia-una-cosa-surreale/
“Come si riconosce un gay?” Una domanda che sembra innocente, ma che porta con sé il peso di secoli di stereotipi, paure e semplificazioni. Non si riconosce un orientamento. Non si decifra un’anima. Non si etichetta una complessità.Questa domanda non cerca comprensione. Cerca controllo. Vuole ridurre l’identità a un gesto, a un tono di voce, a un colore di camicia. Ma l’identità non è un codice da decifrare. È una trama di esperienze, desideri, lotte e sogni.   Infatti    ha  ragione   questo editoriale  su    l'unione   sarda di oggi 29\9\2025



ecco quindi  che  ✊ Il pregiudizio si annida nella curiosità mal posta: Quando si presume che l’orientamento sia visibile. Quando si cerca di “scoprire” invece di ascoltare.Quando si confonde la diversità con l’anomalia.🔥 La risposta è resistenza:Essere gay non è un segno da riconoscere. È una voce da ascoltare. È una storia da rispettare. È una presenza che non chiede permesso, ma dignità.💬 E allora, cambiamo la domanda:Non “come si riconosce un gay”, ma “come si riconosce un pregiudizio travestito da curiosità?”


28.9.25

dalla testa ai piedi il poeta Francesco Centracchio guida escusionistica nell'Alta Valle del Volturno e sulla catena delle Mainarde.


Francesco Centracchio è una guida ambientale, organizza escursioni nell'Alta Valle del Volturno e sulla catena delle Mainarde. Dopo l’università, ha deciso di trasferirsi a Londra, dove ha lavorato come cameriere. Ma il caos della metropoli, i rapporti spesso superficiali e il periodo di isolamento durante il Covid lo hanno convinto a tornare nel suo paese natale, Rocchetta al Volturno, una comunità di poco più
di 1000 abitanti. Oggi accompagna i visitatori alla scoperta dei paesaggi incontaminati che lo circondano. In questo episodio di JobTitle siamo andati a incontrarlo per capire cosa significhi davvero lavorare come guida ambientale: dalle competenze necessarie alla gestione delle escursioni, passando per la quotidianità di chi ha scelto di restare in un piccolo paese e trasformare la propria passione per la natura in una professione.





Cercando notizie ho trovato il suo account fb nel quale ho letto lì che Qualche giorno fa Edizioni La Gru ha pubblicato Dalla Testa ai piedi una raccolta sue poesie .<< IL libro>> come dice lui stesso  su sul account << testimonia un viaggio verso l’interno inteso come spazio fisico e psichico. I versi conducono su sentieri poco battuti, in piazze minute, in luoghi remoti, abbandonati, sconosciuti dove è possibile affidarsi al suono di un organetto, al respiro, al silenzio, ad un passo lento. In quei spazi può finalmente realizzarsi l’incontro con l’altro, con il sé più profondo >> . Dello steso parere è la casa editrice ( https://www.edizionilagru.com/ ) visto che : << | Un cammino poetico che parte dal corpo e attraversa l’anima, Dalla testa ai piedi è un viaggio emozionale, un respiro profondo tra il vento e la carne, tra i vicoli di un paese in disparte e le crepe del tempo. L’autore ci regala versi che sono carezze e colpi, preghiere laiche e sussurri del silenzio, affondando le mani nella terra, nei sogni, nelle ferite e nella bellezza. Una poesia che non si nasconde: sta sotto la neve, tra le spine, nei fossi e nelle fragole, dove la parola diventa seme e il lettore, terreno fertile. Un libro per chi ha il coraggio di sentire.>>

«Qui l’autistico non è un malato» Paolo Usai: in Francia scelte diverse, non lo curiamo ma lo accompagniamo



non ricordo quale giornale o pagina social dela sardegna abbia riportato tale articolo










La sua vita è nel sud della Francia da oltre dieci anni. La missione: aiutare bambini, adolescenti e adulti con disabilità. Paolo Usai, classe 1986 di Baunei, lavora come psicologo all’interno di un’associazione che si chiama Unapei 66, originariamente nata negli anni ’50 come movimento di genitori con figli che avevano delle disabilità mentali, i quali lamentavano la mancanza di servizi di sostegno, presa in carico e di cura. Come psicologo presta servizio in un Sessad, servizio medico-sociale che fornisce supporto a bambini e giovani adulti dai 4 ai 20 anni con ritardo mentale lieve e medio. Qui, oltre all’attività clinica rivolta ai beneficiari e alle loro famiglie, supervisiona l’équipe educativa e i progetti personalizzati di accompagnamento, in relazione con tutti gli ambiti di vita dei bambini e dei ragazzi. Accompagna anche un gruppo di adulti con disabilità intellettiva grave e disturbi associati - come autismo, disabilità fisica, sindrome di down, epilessia - all’interno di una MAS, una struttura residenziale.
La missione
«Presto passerò ad un’altra unità di sei posti riservati ad adulti autistici in situazione molto complessa – spiega -, con gravi disturbi del comportamento, aggressività, autolesionismo, o altri comportamenti a rischio per gli altri e per sé stessi. Non uso mai la parola “pazienti” quando parlo di loro, perché in francese evoca l’idea di una persona “malata”. Accompagniamo prima di tutto persone, con bisogni particolari senza dubbio, ma pur sempre persone. La malattia è qualcosa da curare, mentre l'autismo o la sindrome di down non si curano, si accompagnano e si sostengono, con adattamenti del contesto di vita in modo da permettere la massima espressione della loro indipendenza e autodeterminazione». Approccio diverso
Nella cultura e nell’approccio francese alla disabilità si trovano alcune differenze rispetto all’Italia. I bambini e i ragazzi seguiti dal Sessad frequentano scuole tradizionali, ma all’interno di queste scuole esistono delle classi speciali con sostegno “Ulis”, che possono accogliere fino a 12 bambini, dove un insegnante specializzato adatterà gli insegnamenti al livello e al profilo cognitivo dell’alunno. Ma questo non significa che siano esclusi o discriminati. «Non si tratta di classi differenziali nel senso tradizionale del termine – specifica Paolo Usai -, gli alunni sono inclusi in una classe ordinaria in base alla loro età, ma hanno come riferimento l’Ulis, dove possono svolgere parte delle attività con un insegnante specializzato. Ad esempio: un bambino che non sa contare le dita della sua mano, anziché subire ore di lezione di matematica sulle frazioni – concetti che per lui saranno astratti e incomprensibili – farà queste ore nella classe Ulis, dove potrà lavorare su un programma più adatto alle sue capacità».

Autonomi

Un’altra differenza che in Italia faticheremmo a comprendere è la tendenza dei figli a lasciare il nido e vivere ognuno la propria vita, anche di chi ha delle disabilità. Verso i 30 anni le famiglie fanno domande d’ammissione verso strutture residenziali come quella in cui lavora Paolo, uno dei motivi è la mancanza di una rete parentale. «Le famiglie non lo vivono come un abbandono, è il corso della vita. L’Istituzione diventa la loro casa, in queste strutture vivono un’esistenza piena e felice, e nel fine settimana tornano a fare visita ai genitori». Intanto Paolo continua a formarsi, perché in Francia lo psicologo ha un tempo di documentazione, informazione, ricerca, valutazione, supervisione previsto nel contratto di lavoro, per essere sempre aggiornato.

Sardegna River Jr da Sinnai: “«Ascolto le vite degli altri, ma non sono un impiccione. È un modo per imparare. Faccio tesoro di quello che sento».

Roberto Perra, 30 anni, di Sinnai, è un radioamatore col nome in codice Sardegna River junior, proprietario di un’auto munita di ben 27 antenne.
La   sua  storia    raccontat  a  sull'unione  sarda   del 28\9\2025

«Ascolto le vite degli altri, ma non sono un impiccione. È un modo per imparare. Faccio tesoro di quello che sento». Roberto Perra ha 30 anni, vive a Sinnai, lavora come corriere e guida una Ford Mondeo grigia dalla quale spuntano decine di antenne. «È una macchina in continua evoluzione: adesso
dovrebbero essere 27, ma ho perso il conto perché aggiungo sempre qualche elemento. Una cosa è certa: non la venderei mai». Seguendo le orme del padre Ignazio, volontario del 118 morto quando lui aveva solo 11 anni, Roberto è diventato un radioamatore e ha maturato una passione sfrenata per i Cb ovvero quelli che i meno esperti chiamano “baracchini”. «Di mio padre ho tenuto il nome in codice: io sono “Sardegna River”, ho solo aggiunto “Junior”. Questa passione è esplosa tre anni fa e ora ascolto tutti: camionisti, camperisti, radioamatori semplici. Tutti hanno qualcosa da condividere».

L’estate com’è andata?

«Bene, è la stagione in cui c’è più traffico sulle frequenze, perché ci sono molti turisti. Soprattutto gli svizzeri sono appassionati di radio».

Qualche storia curiosa?

«Un camionista molto triste perché al figlio avevano rubato il telefonino a scuola, ma lui non poteva fare nulla perché era lontano da casa. Mi è dispiaciuto molto per lui».

La sua radio non ha confini.

«Esatto: posso arrivare dappertutto, anche in Groenlandia se voglio, però è inutile perché tanto non capisco la lingua. Invece l’inglese l’ho migliorato proprio restando sintonizzato».

Cosa ascolta in America?

«La polizia, i vigili del fuoco e la stradale. Lì le conversazioni tra agenti in auto non sono protette come in Italia, ormai ho imparato i loro codici».

Per esempio?

«Quando vogliono dire “Fuori servizio” per far sapere che si stanno fermando un attimo, magari per andare in bagno o prendere un caffè, dicono 10-7. Quando rientrano il codice è 10-8».

Qualcosa di più elettrizzante?

«Ho sentito tutte le chiamate durante i roghi a Los Angeles. Una tragedia».

Tornando in Italia, cosa dice a questi sconosciuti?

«Io preferisco ascoltare, intervengo raramente. E comunque si parla di tutto, di cose tecniche ma anche di problemi familiari. Per molti è uno sfogo e si può anche diventare amici. È come una seconda famiglia».

Amici nella vita reale?

«Qualcuno. Ma quelli veri sono i radioamatori. Una volta ho “incrociato” un signore di Capoterra e poi ci siamo incontrati dal vivo».

Mai trovato l’amore?

«No, quello mai».

Problemi con i vicini che temono le intercettazioni?

«No, quello che faccio è legale, ascolto solo chi sa di essere sintonizzato. Quando mi hanno chiesto spiegazioni, le ho date senza problemi».

Quanto tempo dedica a questo hobby?

«Più o meno due ore al giorno. Posso connettermi quando voglio, anche con il telefonino dove ho installato ben 478 applicazioni».

Un bel numero.

«Sì, ma sono un appassionato di telecomunicazioni ed è normale. Il baracchino alla fine mi serve a questo: comunicare con il resto del mondo».

tele Meloni colpisce ancora nepppure i democristiani e Berlusconi erano cosi Questa volta in modo particolarmente grave. La Rai ha rimosso - e rinviato - No other land” dal proprio palinsesto.

 Il film documentario capolavoro e Premio Oscar sulla Resistenza dei palestinesi in Cisgiordania doveva andare in onda il 7 ottobre, proprio allo scopo di restituire un quadro storico di insieme più complesso e sfaccettato.Era già tutto pronto e persino comunicato ufficialmente.Ma all’ultimo minuto è stato eliminato con quella che molti dipendenti stessi definiscono senza mezzi termini “una imposizione dall’alto”.Si parla di una telefonata politica
arrivata direttamente dai palazzi romani.
Risultato? Il documentario è stato spostato prudentemente in altra data, il 21 ottobre, per non intralciare la narrazione unica e unilaterale sul 7 ottobre tutta unicamente appannaggio di Israele.Non sia mai che il governo Meloni si risenta o rischi di disturbare laLobby israeliana . L’ennesima occasione persa per fare del Servizio Pubblico degno di questo nome.L’ennesima vergogna nazionale.Peggio , dai pochi ricordi diretti che ho visto la mia età anagrafica , del consociativismo prima repubblica e forse anche di Berlusconi .

Meno male che flash web




27.9.25

La cantante tempiese lancia un nuovo singolo. «Non sentivo più da un orecchio, ora racconto tutto col sorriso» La sindrome di Ménière non ferma la musica di ElenaSoul

da la nuova sardegna 27\9\2025

 Tempio Pausania
 Ha la musica nel sangue e il bel canto inciso nelle corde vocali. Non acaso, ha deciso di intraprendere la carriera di cantante da quando aveva22 anni, Al secolo Elena Delussu, molti, soprattutto quelli che vanno per locali e concerti, la conoscono con il suo nome d’arte ElenaSoul. Oggi esce un suo nuovo inedito, un singolo, "Vertigine", che segue di pochi mesi il primo singolo, “Disillusa”, di cui ha curato
testo e musica. Tempiese,39 anni, Elena, come tanti altri artisti, ha dovuto fare fronte a non poche difficoltà. Una di queste avrebbe potuto segnarne la carriera e infrangere i sogni . «Nel 2017 mi è stata diagnosticata la sindrome di Ménière. Improvvisamente avevo iniziato a non sentire più all’orecchio destro. Sono seguite visite, accertamenti, risonanzae, alla fine, è arrivata questa croce che sarà la mia compagna di vita. Ora lo racconto col sorriso perché a distanza di anni mi sono adattata a questa nuova versione di me, imparando a convivere con la  malatia». Uno dei momenti più difficili l'ha portata a prenderequasi la decisione di smettere  Qi Cantare. scelta fortunatamente accantonata, perché la voce e le canzoni di ElenaSoul  meritano di essere ascoltate.Qualcosa di questa esperienza trapela anche nei testi delle sue canzoni, con riferimenti eleganti a chi le è rimasto vicino e a chi si è invece  dileguato ,ma ciò che conta, confida Elena, è «essere liberi di fare  e dire ciò che vogliamo e donare il nostro tempo e il nostro amore a chi davvero merita di starci accanto». Tutto questo con quella sua cifra artistica che rende riconoscibile il retroterra soul e R&b in cui si è formata, Anche  se   questa  volta   ha vira verso un genere pop più ballabile con richiami alla dance degli anni ‘90 che non ha mai nascosto di amare quasi alla follia. Da brava cantautrice, ha curato ancora una volta testoe musica. «Per l’arrangiamento mi sono fatta aiutare da due dj e producer, Damiano Parisi, pugliese, e Luca La Manta, siciliano. Non è stato semplice collaborare a distanza e mettere insieme le idee tramite videocall, ma, una volta registrate le parti vocali, grazie al prezioso aiuto del produttore Roberto Baldanzeddu di Calangianus, è stato tutto in discesa. Ho poi affidato tutto al  duo Parisi & La Mantfa per curare nel dettaglio arrangiamento, mix e mastering». Il brano è disponibile nei principali digital store. (g.pu.)





Non abbiate paura: la psichedelia è cura Festival della Psichedelia, nuova tappa di un percorso avviato con “Metamorfosi. Filosofia e medicina in scena”. Alla guida, la direttrice artistica Daniela Usala, medico chirurgo



unione sarda 27\9\2025



Ancora oggi, a Cagliari, il Teatro Massimo ospita il Festival della Psichedelia, nuova tappa di un percorso avviato con “Metamorfosi. Filosofia e medicina in scena”. Alla guida, la direttrice artistica Daniela Usala, medico chirurgo: «Sono sempre stata interessata a tutto ciò che ruota intorno alla cura, soprattutto alle nuove possibilità della ricerca neuroscientifica. La psichedelia mi ha incuriosita tanto da approfondire il tema anche con un festival».
La psichedelia, in ambito medico, indica l’uso controllato di sostanze psichedeliche che, seguite da un percorso terapeutico, interrompono i circuiti abituali del cervello e favoriscono nuove connessioni utili nel trattamento di depressioni, traumi e dipendenze. In Italia, l’unica sostanza oggi autorizzata a scopo medico è l’esketamina, usata in ambito ospedaliero per il trattamento della depressione resistente ai farmaci tradizionali.
Psichedelia è un termine che porta con sé diffidenza, come spiega il medico: «Il Festival è una sfida. Abbiamo deciso di tenere in primo piano il titolo, senza nasconderlo». Portare la medicina a teatro, poi, non è semplice. Tutto è nato dall’osservazione: «Durante l’università vedevo medici trasformarsi in veri personaggi teatrali. Con Mirella Ferro, la produttrice di Metamorfosi, avevamo deciso di metterli in scena e unire medicina, filosofia e arte».
I temi sono tanti, si parla anche di “potenziale trasformativo”: «La mente è condizionabile più di quanto pensiamo. Una parola può bloccare o liberare. Inoltre, i farmaci psichedelici, se usati con rigore clinico e non a scopo ricreativo, permettono di accedere a opportunità che richiederebbero anni di meditazione. Non è una scorciatoia: ci vuole preparazione nel medico che somministra e onestà nell’accompagnare il percorso».
Il Festival si muove tra rigore e nuove prospettive, con ospiti che esplorano tra l’altro scienza e filosofia, antropologia e psicoterapia, restituendo sintesi e visioni. Con la presentazione dell’attore Fabio Marceddu, «intervengono figure sia dell'Università di Cagliari che della Simepsi, società scientifica che si occupa di Medicina Psichedelica in Italia, ricercatori e divulgatori e una lectio conclusiva del filosofo Silvano Tagliagambe». Dall’Isola parte così un esperimento culturale e scientifico che invita a ripensare i limiti della coscienza e a trasformarli in opportunità di cura.

perchè s'uccide e miei dubbi quando chiamarlo femminicidio o omicidio


Rompo la mia  astinenza ( non  significa  che  sia  indifferente  a  tali  fatti )   sul recente  omicido \  femminicidio   ai danni  di  una   donna , colpito da  uno  dei  pochi  scritti intelligenti  e non sbilanciati sul  carnefice come la maggior parte dei media  o di gogna  mediatica   colpevolizzazione  della vittima .

Perché si uccide? E perché siamo così assetati di conoscere, di classificare, di incasellare in fretta la vittima e il carnefice? Perché, se l’assassino è extracomunitario, proviamo rabbia e rancore, mentre se è bianco e benestante iniziamo a cercare possibili scenari che – senza giustificarlo – finiscano comunque per annacquare il gesto?
Un ricco bianco che commette un delitto era “alterato”: ma che significa? Aveva bevuto? Era drogato? Vittima di un raptus religioso? E se fosse stato povero e straniero? Non aveva forse lo stesso “diritto” a bere o drogarsi?
E la vittima? Diventa subito eroina, martire o – peggio – una donna con una vita “travagliata” alle spalle. Salite, inciampi, cadute: etichette già viste, già sentite, che rischiano di strappare un sorriso amaro se non fosse che c’è da piangere.
Ieri, durante una trasmissione di Videolina, ho apprezzato l’intervento di Cristina Cabras che, da studiosa esperta di delitti “rapaci”, ha ricordato che è troppo presto per delineare un quadro psicologico e sociale del presunto assassino. Ma nell’era delle quick news non c’è tempo per l’attesa. Servono verdetti in cinque minuti, condanne esemplari, cuoricini, lacrimucce e un bel “R.I.P.”, prima di passare a un’altra storia.
Il caso di Cinzia Pinna è esemplare. La ragazza scompare, iniziano le ricerche: le forze dell’ordine capiscono subito che non si tratta di un allontanamento volontario. Le indagini si concentrano su un giovane molto conosciuto ad Arzachena. Dopo due settimane, il caso si chiude: il ragazzo confessa, il corpo di Cinzia viene ritrovato, la stampa costruisce la notizia. Ma resta un problema: come presentarla?
Forse un tentativo di stupro? Ma cosa c’entra la pistola? Lei era salita in macchina “consenziente”? Su questo presunto consenso si innesta una trama che è ancora tutta da dimostrare, ma che mostra come le storie vengano spesso raccontate più dai narratori che dai giornalisti. E allora bisogna spiegare il gesto del rampollo agiato: era un bravo ragazzo, forse egocentrico, ma buono; gran lavoratore, allegro. Sì, è vero, dopo l’omicidio ha preso l’elicottero per andare al compleanno della madre, ma – si dice – i figli so’ piezz’e core.
Il nonno, il padre, lo zio sindaco: tutto finisce nel racconto. Ma cosa c’entra la parentela illustre con l’aver sparato a una donna indifesa? Che nesso c’è tra il femminicidio e l’amicizia del nonno con l’Aga Khan?
La vera domanda è un’altra: dov’è Cinzia in questo racconto? Perché non parliamo di lei, del fatto che si è fidata di un “bravo ragazzo” che a un certo punto ha impugnato una pistola – legittimamente detenuta? qualcuno l’ha chiesto? – e ha sparato come se davanti a sé avesse un nemico da abbattere?
Queste sono le domande che contano. E, nel tempo, forse troveranno risposta. Ma state certi: poco hanno a che fare con il nonno potente o con il padre imprenditore. Quella è solo cornice. E i giornali, troppo spesso, ci raccontano solo la cornice, dimenticando il quadro. Come se, davanti alla Gioconda, ci limitassimo a descrivere l’intaglio della cornice senza guardare lo sguardo enigmatico del dipinto.
Se vogliamo davvero rispettare la memoria di Cinzia Pinna e restituirle la dignità che merita, dobbiamo riavvolgere il nastro e mettere al centro le domande scomode:
perché l’ennesimo femminicidio? Dove sbagliamo, e perché continuiamo a sbagliare? Come è possibile che, nonostante campagne pubblicitarie, formazione, sensibilizzazione, ci siano ancora uomini – bianchi, neri, ricchi, poveri, credenti o atei – pronti a puntare una pistola contro una donna? Perché?

Non concordo con lui e con chi definisce tale fatto un femminicidio in quanto perche , almeno allo stato attuale delle indagini , non ci sono gli elementi che lo costituiscono e ne sono alla base cioe : rapporti non consensuali , controllo fisico e psicologico e/o altre dinamiche di potere e di abuso . Con questo non lo sto né difendendo non sono ne amico , parente , il suo legale nè sminuendo il crimine , perche di crimine si tratta , ovvero omicidio . Tant'è che La magistratura ha formalmente contestato l’omicidio volontario aggravato, e il termine “femminicidio” è stato usato da media, attivisti e anche da figure religiose e civili che hanno organizzato fiaccolate e appelli contro la violenza sulle donne. Come ha detto don Pietro Denicu, promotore della fiaccolata a Castelsardo:

“La morte violenta di una giovane donna è l’evento più tragico e doloroso che la vita umana possa conoscere. Non possiamo permettere che l’indifferenza cancelli Cinzia e con lei tutte le altre vittime, mai più”.

In sintesi per loro , chiamarlo “femminicidio” non è solo una questione terminologica, ma un atto di riconoscimento del contesto culturale e sociale in cui è avvenuto. È un modo per dire che la violenza contro le donne non è un fatto isolato, ma parte di un problema sistemico.IL  che  è giusto ma   un termine      che  va  saputo usare a temo e  a  luogo  ed   in questo caso  non lo  è  

26.9.25

potenza delle favole . il guardiano dei porci di Il guardiano di porci (Svinedrengen) di Hans Christian Andersen del 18l41 , spiega cosa è la libertà .



tra i tanti post del blog ( sia  con cdv.splinder.com   sia attualmente  con bloggger ) che ho scritto sulla libetà in particolare queli a cui sono più legato ( mi. scusa se il link dvessero essere non più attivi e le persone decedutre ma si sa in 21 anni d'attività gli eventi si evolvono )
credo che le favole vedere il post la global flottiglia spiegata ai bambini siano oltre che utili necessarie Ed  proprio quella  riscoperta   grazie  al programma  riserva indiana   di Hans .C.Hendel  che  la  descrive   meglio  .
Essa Narra di un principe che si traveste da guardiano di porci per corteggiare una principessa arrogante. È nota anche come Il guardiano dei porci o Il porcaro.

Trama da  Il guardiano di porci - Wikipedia

Un povero principe che ha un piccolo regno vuole sposare la figlia dell'imperatore e le invia in dono un usignolo del bosco e una rosa che cresce presso la tomba di un re solo una volta ogni 5 anni. La principessa però respinge sdegnosa gli umili regali, in quanto cose realissime e naturali e non costruite artificialmente.Il principe allora si traveste ed assume il ruolo di porcaro al palazzo di lei. Una volta
giunto sul posto di lavoro crea una casseruola musicale; la principessa corre attraverso il fango fino alla capanna del porcaro, disposta a pagare anche con 10 baci l'insolito strumento. Quando poi il guardiano dei porci crea un sonaglio, la principessa arriva a pagare addirittura con un centinaio di baci. L'imperatore li coglie in flagrante, e, profondamente disgustato del fatto che la figlia si riduca a baciare un porcaro per ottenere gli strumenti musicali da lui creati, finisce con lo scacciarli in malo modo tutti e due. Il principe, dopo aver così giudicato la giovane principessa indegna del suo puro amore, si lava il viso, indossa il suo abito regale e nella sua nuova veste la rifiuta davanti a tutti, proprio come aveva fatto suo padre con lui.La principessa viene lasciata tristemente da sola fuori dal portone del palazzo di lui a cantare.

C’ERA UNA SVOLTA - raccontare ai bambini il movimento della Global Sumud...

In sostegno al movimento umanitario, civile, globale e pacifico più grande della storia:Global Sumud Flotilla. Siate liberi di condividere questa storia con i bambini che avete intorno, che siate genitori , insegnanti, educatori o esseri umani responsabili. Perché il sentimento di empatia e umanità si coltiva così come si apprende il saper riconoscere dove “c’è il giusto” e dove invece “non c’è.”. Anche se dai bambini abbiamo tanto da imparare, non lasciamoli soli. Siate liberi di ascoltarla , tradurla , silenziarla e leggergliela voi. Siate liberi e difendete la libertà.

Tutto è in vendita (anche tu?) Da Bernays alla pubblicità "in tutto": breve genealogia della mercificazione totale di Luka Petrilli

Leggere  anche il post 
vendersi  o non vendersi  ?  LETTERA APERTA - Non dimentichiamo mai chi siamo: preti. Il vangelo non è un like \ scambio   d'opinioni  fra  Il sacerdote-influencer  -- Don Alberto Ravagnani   che vende integratori sui social  e  don Fortunato Di Noto

 da  

Meno Rumore menorumore@substack.com  newsletters  di  Meno Rumore | Luka Petrilli | Substack

















Nulla più sfugge alla logica della merce. Non solo i beni materiali, ma anche le idee, le emozioni, le relazioni: ogni cosa assume una forma commerciabile, utilizzabile. Persino il linguaggio con cui ci presentiamo al mondo è permeato da metafore economiche: nella vita bisogna “sapersi vendere”,
“posizionarsi bene”, “costruire il proprio brand personale”.
Non è più sufficiente possedere competenze o qualità: bisogna metterle in scena come stessimo costantemente in vetrina, calibrando la propria immagine, la narrazione di noi stessi che lasciamo agli altri e la desiderabilità che traspare dalla nostra presenza - specialmente online.
Ciò che un tempo apparteneva alla sfera privata – fotografie, momenti di intimità, esperienze quotidiane – oggi circola come capitale simbolico, esposto in una vetrina digitale che promette visibilità, consenso e riconoscimento.
Uno scatto ingenuamente condiviso sui social ha in fin dei conti lo stesso scopo di qualsiasi mezzo pubblicitario: catturare l'attenzione di un audience, piccolo o grande che sia.
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La genesi della pubblicità moderna
Per comprendere come siamo arrivati a questo punto bisogna tornare a un passaggio cruciale del Novecento: l’opera di Edward Bernays, nipote di Freud, che gettò le fondamenta della propaganda - e della pubblicità - moderna. Con il suo libro Propaganda (1928), Bernays mise nero su bianco le teorie che lo hanno portato al massimo successo nell'opera di convincimento altrui: il consenso non si ottiene con argomenti razionali, ma con simboli capaci di agire sull’inconscio collettivo. Bernays nelle sue campagne non ha mai venduto prodotti, ma dei significati.
I lavori a lui commissionati sono ormai leggendari casi di studio:
trasformò le sigarette da vizio stigmatizzato a un simbolo di liberazione femminile, aprendo il mercato del fumo alle donne con l’immagine delle “torce della libertà”: signorine appariscenti vennero immortalate durante la parata pasquale di New York del 1929 con la sigaretta in mano e furono "vendute" a stampa e pubblico come simboli dell'emancipazione femminile;
la colazione americana a base di bacon e uova non nacque da una condivisa tradizione alimentare, ma da un piano di marketing su larga scala ideato da Bernays col consenso di medici compiacenti e finanziato da produttori di pancetta;
in ambito governativo fu membro del comitato che lavorò per spingere l'opinione pubblica degli Stati Uniti ad accettare l'ingresso nella prima guerra mondiale ed ebbe un ruolo decisivo nell'uso delle trasmissioni radiofoniche per aumentare il consenso del presidente Roosvelt
È da Bernays in poi che la pubblicità si emancipa dal semplice commercio: non serve più a informare i cittadini su determinati servizi o prodotti, ma a modellarne i desideri e l'opinione.
D'altronde fu lui stesso, nell’incipit della sua opera principale, a definire la propaganda necessaria anche (e forse soprattutto) in un regime democratico:
La manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica. Coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese. Uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare governano i nostri corpi, modellano le nostre menti, foggiano i nostri gusti, suggeriscono le nostre idee. E questa è la logica conseguenza del modo in cui è organizzata la vita democratica, in cui una gran massa di esseri umani, se vuole vivere insieme come una società, si trova costretta a cooperare.

Edward Bernays — Propaganda




La mercificazione totale
La logica della mercificazione delle opinioni e delle idee si è estesa ben oltre i confini dell’impresa. Oggi non esiste più un “fuori dalla pubblicità”. Ogni foto condivisa, ogni reel, ogni annuncio, anche politico, è un atto di marketing. Le immagini ufficiali dei vertici internazionali sono curate come campagne pubblicitarie, costruite per trasmettere a volte forza, altre unità, altre consenso. Non sappiamo mai se siamo davanti a pura informazione o a un messaggio promozionale: la linea di demarcazione è ormai sfumata, quasi assente.
La comunicazione è stata interamente assorbita dalla logica del marketing. Non si tratta più di trasmettere contenuti, ma di generare attrazione, di produrre desiderabilità, di orientare comportamenti, catturare l'attenzione. In questo scenario, l’informazione non è mai neutrale, poiché sempre sospetta di voler vendere qualcosa, fosse anche un’idea politica o un’identità culturale.
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La colonizzazione di tutte le età
Il processo non risparmia nessuno. Gli adulti sono quotidianamente bombardati da messaggi pubblicitari che non si limitano a proporre, ma profilano e modellano, sfruttando i dati personali per rendere ogni bisogno prevedibile e anticipabile. Gli adolescenti vivono immersi in un ecosistema in cui il valore di sé coincide con la capacità di produrre contenuti e di trasformare la propria esistenza in una merce appetibile, tanto che le stesse esperienze, vanno prima rese presentabili, poi vissute.
Persino l’infanzia è diventata un bersaglio sistematico del marketing: canali televisivi da bambini saturi di spot, influencer che recensiscono giocattoli su YouTube, cartoni animati che fungono da punto di partenza di un funnel che vuole condurre al merchandising. L’innocenza infantile è quotidianamente infiltrata da logiche di consumo che ne plasmano i desideri prima ancora che si sviluppi una reale capacità critica.
La cosa preoccupante è che questo non genera alcun dilemma etico: giudichiamo tendenzialmente normale che ogni spazio della nostra esistenza quotidiana e ogni età della nostra vita, siano costantemente colonizzate da contenuti pubblicitari. I bambini, come gli adulti, gli anziani o i giovani sono semplicemente un target come un altro da convertire.



Rompere il vetro!
Ed eccoci alla domanda che inquieta sullo sfondo: che tipo di società è quella che costruisce la propria sopravvivenza sulla generazione incessante di bisogni indotti? Che non educa al discernimento, ma alla ricerca compulsiva di gratificazioni?
La mercificazione totale non è semplicemente un fenomeno economico: è un paradigma antropologico che ridisegna la società, trasformando gli esseri umani in unità interscambiabili, masse da convincere, addomesticare, portare dalla propria parte. Una società simile non abita più il tempo, ma lo consuma, bombardata dal rumore costante degli infiniti input che gli vengono rivolti contro in attesa della reazione, del click, dell'acquisto, dell'applauso.
Forse, l'unico atto seriamente di rivolta, sarebbe quello di prendersi una pausa, smettere di "vendere se stessi": come un manichino che, stufo di starsene in posa davanti agli occhi degli altri, sfonda il vetro ed esce dalla vetrina.


Fammi sapere cosa ne pensi nei commenti in basso! E se questo articolo ti ha donato uno spunto di riflessione, condividilo con chi potrebbe trovarlo utile! Lo spirito critico cresce solo se diffuso.

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