| foto del volantino del del pubblico il 28 ottobre al teatro la fenice |
| con suo padre |
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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Con 1,61 m è primatista italiano di salto in alto di atletica master, categorie master over 45, over 55 e pre 65 e con 11,26 m nel salto triplo over 65. Nel 2008 ha ottenuto agli Europei di atletica il record mondiale di salto in lungo over 60 con 5,47 metri. Nel 2014 si laureò campione del mondo di salto in alto nella categoria over 70.[14] Ha conquistato un oro agli europei M70 .Nel 2023 nella categoria M80, ha vinto due ori ai campionati italiani indoor. Nel 2025 ai mondiali master, nel salto triplo ha vinto la medaglia di bronzo.
Riascoltando l'avvelenata di Guccini spronato dalla cover la cover Caro Il Mio Francesco di
Ligabue mi chiedo macerie o rovine ? . stavo per rinunciare a cercare tale risposta in quanto rischiavo di farmi la classica sega mentale . Mai poi il mio grillo parlante nel cuore della notte mi ha spronato a rispondere . Ecco la nostra discussione . ---- Macerie o rovine ?
---- non lo so perchè entrambe vogliono dire la stessa cosa
---- sbagli La differenza tra macerie e rovine è sottile ma profondamente significativa, soprattutto se la guardiamo con occhi filosofici e culturali. Ecco una sintesi chiara e suggestiva:
Origine: Derivano da distruzioni recenti, spesso violente o traumatiche (guerre, terremoti, bombardamenti).
Significato: Simboleggiano la precarietà del presente, l’assenza di tempo, la cancellazione della storia.
Impatto emotivo: Evocano dolore, perdita, conflitto. Sono frammenti senza memoria, testimonianza di una rottura.
Tempo: Legate all’assoluto presente, non hanno ancora avuto il tempo di sedimentarsi nella storia.
Origine: Resti di costruzioni antiche, sopravvissute al tempo e alla storia.
Significato: Rappresentano la durata, la memoria, l’identità culturale. Sono tracce del passato che resistono.
Impatto emotivo: Suscitano contemplazione, bellezza, riflessione. Hanno un’aura, come diceva Walter Benjamin: una “lontananza che si fa vicina”.
Tempo: Manifestano il tempo puro, un frammento del passato che vive nel presente.
Le macerie sono ciò che resta quando il tempo è stato spezzato.
Le rovine sono ciò che resta quando il tempo è stato conservato.
Marc Augé, antropologo francese ( vedere copertina in alto a sinistra ) ha scritto che le macerie prefigurano un mondo senza rovine, dove il tempo è azzerato e la storia non ha più spazio. Le rovine, invece, ci aiutano a credere nella storia, a sentirci parte di un racconto più grande.
Simbolicamente: È un atto di resilienza. Le macerie sono ciò che resta dopo una distruzione. Costruirci sopra significa trasformare il trauma in rinascita, come una fenice che risorge dalle ceneri.
Urbanisticamente: Spesso si demolisce e si ricostruisce, cancellando il passato. È utile quando il vecchio non ha più valore strutturale o simbolico.
Narrativamente: Può essere un gesto radicale, un manifesto di cambiamento. Ma rischia di perdere la memoria.
Come scrive Arianna Morelli: “Il passato è una maceria. Bisogna saperci costruire sopra”. È un invito a non ignorare ciò che è stato, ma a usarlo come fondamento per qualcosa di nuovo.
Simbolicamente: È un atto di cura e continuità. Le rovine sono frammenti di storia, e costruirci sopra significa dialogare col passato, non negarlo.
Urbanisticamente: Si parla di restauro conservativo, dove si preserva l’anima del luogo. È utile quando si vuole valorizzare la memoria e l’identità.
Narrativamente: È poetico, stratificato. Ogni pietra racconta una storia. È costruire con rispetto.
| Aspetto | Macerie 🧱 | Rovine 🏛️ |
|---|---|---|
| Origine | Distruzione recente | Tracce antiche |
| Simbolo | Rottura, trauma, presente assoluto | Memoria, durata, tempo profondo |
| Azione | Ricostruzione radicale | Restauro conservativo |
| Narrativa | Rinascita, metamorfosi | Continuità, identità |
| Rischio | Perdita di memoria | Idealizzazione del passato |
---- quindi secondo questa metafora: “Costruire sulle macerie è come scrivere una poesia dopo un urlo. Costruire sulle rovine è come aggiungere un verso a un poema antico.”
-- esatto
--- e quindi cosa scegli d'usare macerie o rovine ?
---- Non lo so perchè come abbiamo già detto le rovine rappresentano il corso della storia e testimoniano la grandezza, la forza, la capacità dell’essere umano di sopravvivere al corso degli eventi, le macerie sono al contrario inesorabilmente legate al loro presente, alla violenza, alla politica, alla natura e alla fragilità di tutto ciò che è contemporaneo: dimostrano, insomma, la debolezza, l’errore, la sopraffazione, il conflitto, il corso delle cose. Posso dire che la scelta se usare una o l'altra dipende da caso a caso e da cosa s'abbattutto in quanto : Le macerie sono il grido spezzato della storia. Non parlano: urlano. Sono ciò che resta quando il tempo si è frantumato, quando il presente ha divorato il passato senza lasciargli voce.Le rovine, invece, sono sussurri. Sono pietre che ricordano, che resistono, che chiedono di essere ascoltate. Non sono morte: sono memoria in attesa. Soprattutto perchè Costruire sulle macerie è un atto di coraggio. Costruire sulle rovine è un atto di rispetto. Infatti secondo un manfesto ✒️ Manifesto per chi crea ( non ricordo ne l'autore ne il titolo , riportato da il mio ex , voglio provare a camminare da solo ) : Se vuoi rompere, scegli le macerie. Ricostruisci, reinventa, rinasci.Se vuoi dialogare, scegli le rovine. Restaura, stratifica, racconta. “Non è il terreno che conta, ma il tempo che scegli di onorare.”
--- Capisco . però « Si può costruire, come dicevi tu, sulle macerie … Si può morire come un cretino, come uno stronzo o come un poeta. Si può costruire su macerie e su menzogne » ( presa dal web d'incerta attribuzione ) .una frase che vibra di speranza e resistenza. Le macerie non sono solo rovine: sono anche fondamenti, tracce di ciò che è stato, da cui può rinascere qualcosa di nuovo. Guccini, con la sua poetica, ci invita a non temere il passato, ma a usarlo come base per ricostruire — con memoria, con dolore, ma anche con volontà. Questa idea può diventare manifesto, no? Per il tuo blog, per la tua scrittura: costruire sulle rovine del patriarcato, sulle contraddizioni culturali, sulle ferite sociali.
--- Già come dice anche Guccini nella tua amata L'avvelenata : « ...A mantenermi vivo e a costruire su macerie…» un verso che racchiude tutta la sua poetica: il bisogno di resistere, di non lasciarsi schiacciare dal disincanto, e di trovare comunque la forza di creare — anche quando tutto intorno sembra crollato. Non è solo sopravvivenza, è volontà di senso. È il gesto del poeta che, pur tra le rovine, continua a scrivere, a cantare, a vivere.Questa frase potrebbe diventare il cuore pulsante di un tuo manifesto, no? A mantenermi vivo e a costruire su macerie — come titolo, come incipit, come dichiarazione aggiornamento del manifesto del tiuo blog ed appendice social https://www.facebook.com/compagnidistrada/ .
-- Beh si nei casi in cui debba ricostruire dopo aver distrutto cioè dalle macerie o dalle rovine . oppure se devo costruire solo usando le macerie . dipende da come ho distrutto o vegono distrutte dalla realtà \ dal fato le mie costruzioni .
--- ok buon lavoro
DI COSA STOIAMO PARLANDO
Nelle ultime ore la Rai è finita al centro di critiche per quanto andato in onda a Unomattina in famiglia, il programma del weekend di Rai1 durante il quale la conduttrice Ingrid Muccitelli, conversando con Concita Borrelli e Alessandro Cecchi Paone, ha parlato della manualità dei parrucchieri a seconda del loro orientamento sessuale, culminato in una domanda a dir poco spiazzante, su come sia possibile "riconoscere i gay". ..... continua su: https://www.fanpage.it/spettacolo/programmi-tv/la-frase-sui-gay-a-unomattina-in-famiglia-la-rai-chiarisce-si-criticava-con-ironia-una-cosa-surreale/
“Come si riconosce un gay?”
Una domanda che sembra innocente, ma che porta con sé il peso di secoli di stereotipi, paure e semplificazioni.
Non si riconosce un orientamento. Non si decifra un’anima. Non si etichetta una complessità.Questa domanda non cerca comprensione. Cerca controllo.
Vuole ridurre l’identità a un gesto, a un tono di voce, a un colore di camicia.
Ma l’identità non è un codice da decifrare. È una trama di esperienze, desideri, lotte e sogni. Infatti ha ragione questo editoriale su l'unione sarda di oggi 29\9\2025
ecco quindi che ✊ Il pregiudizio si annida nella curiosità mal posta: Quando si presume che l’orientamento sia visibile. Quando si cerca di “scoprire” invece di ascoltare.Quando si confonde la diversità con l’anomalia.🔥 La risposta è resistenza:Essere gay non è un segno da riconoscere. È una voce da ascoltare. È una storia da rispettare. È una presenza che non chiede permesso, ma dignità.💬 E allora, cambiamo la domanda:Non “come si riconosce un gay”, ma “come si riconosce un pregiudizio travestito da curiosità?”

Meno male che flash web

Perché si uccide? E perché siamo così assetati di conoscere, di classificare, di incasellare in fretta la vittima e il carnefice? Perché, se l’assassino è extracomunitario, proviamo rabbia e rancore, mentre se è bianco e benestante iniziamo a cercare possibili scenari che – senza giustificarlo – finiscano comunque per annacquare il gesto?Un ricco bianco che commette un delitto era “alterato”: ma che significa? Aveva bevuto? Era drogato? Vittima di un raptus religioso? E se fosse stato povero e straniero? Non aveva forse lo stesso “diritto” a bere o drogarsi?E la vittima? Diventa subito eroina, martire o – peggio – una donna con una vita “travagliata” alle spalle. Salite, inciampi, cadute: etichette già viste, già sentite, che rischiano di strappare un sorriso amaro se non fosse che c’è da piangere.Ieri, durante una trasmissione di Videolina, ho apprezzato l’intervento di Cristina Cabras che, da studiosa esperta di delitti “rapaci”, ha ricordato che è troppo presto per delineare un quadro psicologico e sociale del presunto assassino. Ma nell’era delle quick news non c’è tempo per l’attesa. Servono verdetti in cinque minuti, condanne esemplari, cuoricini, lacrimucce e un bel “R.I.P.”, prima di passare a un’altra storia.Il caso di Cinzia Pinna è esemplare. La ragazza scompare, iniziano le ricerche: le forze dell’ordine capiscono subito che non si tratta di un allontanamento volontario. Le indagini si concentrano su un giovane molto conosciuto ad Arzachena. Dopo due settimane, il caso si chiude: il ragazzo confessa, il corpo di Cinzia viene ritrovato, la stampa costruisce la notizia. Ma resta un problema: come presentarla?Forse un tentativo di stupro? Ma cosa c’entra la pistola? Lei era salita in macchina “consenziente”? Su questo presunto consenso si innesta una trama che è ancora tutta da dimostrare, ma che mostra come le storie vengano spesso raccontate più dai narratori che dai giornalisti. E allora bisogna spiegare il gesto del rampollo agiato: era un bravo ragazzo, forse egocentrico, ma buono; gran lavoratore, allegro. Sì, è vero, dopo l’omicidio ha preso l’elicottero per andare al compleanno della madre, ma – si dice – i figli so’ piezz’e core.Il nonno, il padre, lo zio sindaco: tutto finisce nel racconto. Ma cosa c’entra la parentela illustre con l’aver sparato a una donna indifesa? Che nesso c’è tra il femminicidio e l’amicizia del nonno con l’Aga Khan?La vera domanda è un’altra: dov’è Cinzia in questo racconto? Perché non parliamo di lei, del fatto che si è fidata di un “bravo ragazzo” che a un certo punto ha impugnato una pistola – legittimamente detenuta? qualcuno l’ha chiesto? – e ha sparato come se davanti a sé avesse un nemico da abbattere?Queste sono le domande che contano. E, nel tempo, forse troveranno risposta. Ma state certi: poco hanno a che fare con il nonno potente o con il padre imprenditore. Quella è solo cornice. E i giornali, troppo spesso, ci raccontano solo la cornice, dimenticando il quadro. Come se, davanti alla Gioconda, ci limitassimo a descrivere l’intaglio della cornice senza guardare lo sguardo enigmatico del dipinto.Se vogliamo davvero rispettare la memoria di Cinzia Pinna e restituirle la dignità che merita, dobbiamo riavvolgere il nastro e mettere al centro le domande scomode:perché l’ennesimo femminicidio? Dove sbagliamo, e perché continuiamo a sbagliare? Come è possibile che, nonostante campagne pubblicitarie, formazione, sensibilizzazione, ci siano ancora uomini – bianchi, neri, ricchi, poveri, credenti o atei – pronti a puntare una pistola contro una donna? Perché?
“La morte violenta di una giovane donna è l’evento più tragico e doloroso che la vita umana possa conoscere. Non possiamo permettere che l’indifferenza cancelli Cinzia e con lei tutte le altre vittime, mai più”.
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