Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
9.5.10
11.3.10
Ecco a voi...
10.3.10
L'Avversario
24.1.10
...
Cancelli e casoni erano il mio mondo, anni fa. Erano la zia che raccoglieva gli ancor lunghi capelli in un'interminabile, finissima treccia d'aglio; e, con perizia da ricamatrice, li avvolgeva poi sulla nuca, a formare un sapiente chignon. Erano densi lucori d'olio, cucine come aie o rustici saloni, sempre un po' in penombra, bizzarre chiese laiche dove il rito si confondeva col ticchettio della pendola e le scarabattole degli avi. Santuari agresti, le cui divinità erano carciofi, carote, topinambur setosi e bitorzoluti. A quei tempi non amavo molto i fiori, perché li celebravano tutti; non le rose, riso d'amore, con quei nomi agghiaccianti di duchesse e regine. Preferivo di gran lunga gli alberi e l'orto, dove l'umano tornava humus, radice e terra, e conviveva tra filari di pomodori e viti, minuto, non invasivo. Restava voce, confusa nel giallo della zucca e il brillìo profondo dell'alloro. Pochi libri si occupavano di questa vegetazione, salvo quelli degli specialisti, mentre per me l'orto era essenzialmente poesia.
In quello di Pejrone ho ritrovato questa poesia. Nulla vi è escluso: non le buganvillee liberty delle ville signorili, non il buffo ombrello dei pini marittimi, non l'esotico delle palme scapigliate, e nemmeno le brutte "giardinetterie" delle nostre autostrade. E, appunto, l'orto, l'orto che ride, che ama e ricambia l'amore, che non è un vezzo decadente, ma famiglia, rispetto. Mitizzato o eccessivamente realistico, l'orto è sempre stato maltrattato dalla letteratura. E' stato dannunziano: artificioso, pietrificato, disossato e prepotentemente umano, anzi, super-umano; o ha significato indigenza, come i marci sterrati pasoliniani dove crescevano, stenti e acciaccati, cavoli fiori per miserabili deschi. Io, invece, nell'orto vedo pace, riconciliazione.
Ride l'orto, e splende il giardino, perché sono pieni: di vita, di ogni vita. Anche di quella insidiosa, che si fronteggia, direi si rigenera, con altra vita: dalla cicala al passero, alla cincia, al pettirosso. Giardiniere era Pascoli, giardiniere era Manzoni; e, quindi, eccelsi catalogatori. Ma non compilavano elenchi: dipingevano arcobaleni.
La pazienza è virtù vegetale, come la speranza. E rincuora, di quando in quando, sedersi sopra un sasso, e aspettare.
19.1.10
Buon compleanno
13.1.10
Terremoto di Haiti: come agire
Per le Donazioni
Haiti e' uno dei paesi piu' poveri del pianeta - e' classificato al 148 posto su 179 secondo l'Indice di Sviluppo Umano dell'UNDP - e fatica a riprendersi da anni di violenza, insicurezza e instabilita' e da una lunga serie di calamita' naturali.
10.1.10
Il problema Nord
1.1.10
Renato è l'unico
***
Mi sento stanca, di quella stanchezza buona, profonda, lineare, fisicamente intatta e indisturbata, che si compiace del suo molle sopore. L'automobile mi riporta a casa. E' sufficiente socchiudere gli occhi, ed eccomi sola. Con un unico accompagnatore: Renato Zero e la sua musica.
Il mio amore per lui, che dura ormai da oltre trent'anni, nacque in sventagliate oasi di luce: al mare, in estate, lo ascoltai la prima volta; sempre al mare, tempo dopo, lo vidi in tv: ed era proprio Capodanno, un Capodanno del '78 trascorso ancora in famiglia, assieme a un cugino già adolescente. Poi ancora al mare, finalmente dal vivo. Allora esilissimo, irriverente, sfacciato, fin troppo provocatorio, un capolavoro di glam e di follia, il giovanotto nudo, come in seguito l’avrei chiamato, portava avanti una protesta tutta intima dove il sesso celava una spiritualità inattesa, da bimbo ferito.
Quel desiderio di colore non era nato forse in un’anima troppo costretta al buio? Di “anime buie” avevo appunto parlato in un post del maggio scorso ispirato a Salvami, brano antichissimo riproposto anche nell'ultimo tour di Zero, conclusosi poco prima di Natale. Lo scorso dicembre milanese è stato, a tutti gli effetti, un mese "renatesco", iniziato con l’imprevedibile Zero Day allo Iulm e suggellato da tre trionfali concerti. Renato – anche coreografo - ha concepito il palcoscenico come un immenso ventaglio, che si apriva e si chiudeva con la maestosità e la leggiadria di enormi ali di farfalla, dal ritmo cadenzato, solenne e mellifluo insieme; e impreziosito da ologrammi dove comparivano gli antichi costumi di scena e le copertine dei suoi numerosi album. Uno show essenziale ma ricco, di musica e di voce, talora potente talora carezzevole, sofferta e grintosa, ma mai invasiva, sempre calibrata.
Con la maturità Zero, che non è mai stato immune da certi barocchismi, sembra voler rinunciare all’orpello con la consapevolezza che, su quel palco, basta davvero solo lui. E avanza, anche. È significativo che abbia aperto questo suo nuovo percorso con Vivo, tratto da quell’album fatale che, da solo, gli avrebbe comunque regalato un spicchio d’eternità nel mondo della musica moderna: Zerofobia. Si trattava, già dal lontano ’77, d’un manifesto programmatico, tanto più efficace quanto involontario.
Renato è vissuto e sopravvissuto, spingendosi oltre sé stesso, accettando qualche compromesso secondo alcuni suoi detrattori, i quali però ignorano sempre il tributo che l’artista deve pagare all’uomo, soprattutto nel caso di Zero, nel quale i due momenti sono spesso mescolati. Ho percepito onestà in questo spettacolo, che ha voluto essere popolare ma non piacione, ammiccando al pubblico senza però arruffianarselo troppo. Unica concessione al Renato “per tutti” (mi verrebbe da dire: “per famiglie”), I migliori anni della nostra vita, fra l’altro interpretata con classe, e una spruzzata, di cui invero non si avvertiva il bisogno, del Dono con Mentre aspetto che ritorni. Ma chi sperava nei grandi classici da stadio, Cercami, Magari, Amico da intonare sventolando cuoricini luminosi – e sempre prescindendo dalla vena inquieta che quei pezzi pure presentano –, è rimasto a bocca asciutta. Non c’è stato spazio nemmeno per Il cielo, pensata come il naturale compimento di Salvami e sbocciata, inattesa e commossa, da un groppo di sfrenatezze disperate, ma tramutata poi, con gli anni, in una liturgia da stadio, più chiesastica che religiosa; per il Renato “asciutto” che si avvicina ai sessanta, un po’ acciaccato ma con la voglia, ancora disarmante e fanciullesca, di confidarci i suoi timori, simili (auto)celebrazioni non hanno più molto senso.
“Poco zucchero”, direbbe Faust’O; poiché il Renato autentico sta altrove, in un remoto ma mai sopito antro da sibilla. E sa ancora graffiare, irridere e provocare. Non più un’ambigua libellula dalle ali di nerofumo, ma l’ormonauta del sesso senza perifrasi, diretto e prosaico; quindi, inerme. Non un nuovo crooner come ha inopinatamente azzardato qualcuno, ma il soul man che si diverte davvero a duettare con Mario Biondi (Non smetterei più) e Fiorella Mannoia (quest’ultima, interprete anche di una personale versione di Cercami).
Un’altra gioventù non è una replica. Renato ha una solidità ancestrale, da bravo figlio della terra. È vitale come un sessantenne, non vispo come un ragazzino. Non gli saremo mai abbastanza grati per questa sua ostinazione a non parodiarsi, a rimanere sempre e comunque ciò che è, nel bene e nel male.
Nonostante abbia già tutto scritto. Giunto al successo nel ’77, il suo in verità era già un approdo. Nella sua precedente gipsoteca musicale, incompiuta, e perciò geniale e fascinosa, aveva ormai affastellato di tutto: il primo (e l’unico) ad aver affrontato in termini appropriati la pedofilia, con un brano restituito in questo tour, grazie al chitarrista Fabrizio “Bicio” Leo, all’originaria matrice rock, nervosa e tragica, cronachistica e smembrante, accompagnato da un video in cui migliaia di occhi infantili dalla consistenza di molluschi si disfacevano sotto mani tramutate via via in artigli e adunchi rami secchi. E, su tutto, il lungo lamento di Renato, straziante ma senza dolorismo, cristallino e lesivo come una vetta aguzza.
Era comparsa la già ricordata Salvami, ma pure bislacchi provini incisi chissà come, un po’ nonsense, un po’ futuristici, un po’ nevrastenici come 113 che qui Renato ha rivestito da canzone “vera”, con accompagnamento carioca e relativo poncho-volant incorporato. E il Cristo che si sfarina di Potrebbe essere Dio risale al 1980.
Tutto si conclude con Gli unici, una dedica al pubblico, o anche a sé stessi, per essere ancora qui, soddisfatti e ammaccati, ma tutto sommato integri. E curiosi della vita. Con Mi vendo, nel modo in cui l'aveva presentata, Renato avrebbe potuto benissimo chiudere la sua avventura artistica: in effetti, in seguito, nulla è rimasto più uguale nella musica italiana. Ma quel personaggio che poteva vivere, o ansimare, solo di frenesia (M. Del Papa), che "piaceva ai camionisti" come lui stesso ha ricordato, era necessariamente destinato a durare nei cupi bagliori d’una notte, dopo averne assorbito i miasmi incrostati e bituminosi. “Ho sempre avuto la sensazione che se fossi arrivato fino ai 18 anni avrei avuto un mazzo così – ha dichiarato Renato in una recente intervista -, poi, quando ho visto che arrivavo a trenta, ho detto sarò come Gesù, me ne andrò a 33. Passati i 33, mi sono reso conto che stava succedendo qualcosa di strano. Poi, ora che ho festeggiato i 59 anni, non so più spiegarmelo”. E grazie al cielo resta questo stupore, e la grandezza e la fatica del tempo che avanza. Senza che il Nostro sia diventato un umorista. Intanto, sono giunta a casa. Ho concluso il mio viaggio e mi sono accorta di non essere affatto sola, come pensavo all'inizio; con me ho portato volti, ma anche case, marciapiedi, fermate del metrò, rimpianti. Vapori. Lo devo a lui, agli amici che hanno condiviso questa mia passione, nonché ai compagni di viaggio di Renato (Giampiero, Roberto, Mariano) che mi hanno permesso di condividere con tanti questa nuova, erratica avventura.
31.12.09
... sono tracce .
sono tracce .
… sono le tracce dell’amore che lasciano nostalgie
gli indelebili ricordi che a volte fanno male ,
e tra i padri fondatori e i maestri del pensiero
han per te un’arte antica che ancora vive …
… è un tesoro che regna in molti cuori
e giustifica le mille occasioni di momenti emozionali
si perdono nel vuoto in un solo grido ,
è la voce dell’anima che sale da quella croce …
… sono tracce che dal nulla mi distoglie
e dal mio canto triste afferro e ferro ferri di cavallo,
un gioco del pensiero che da sfogo ai poeti maledetti
agli uomini che vivono nell’egoista sfera …
… e con mani tese abbraccio i confusi
questi arrivano da lontano e camminano a piedi nudi,
su di un barcone si sono avventurati
e in cerca di una patria la dignità le ha lasciati soli …
… e farà sognare a sera le menti pure
felicemente in epoche future,
il ricordo di te e le incerte storie
delle mie attese e di un anello ci fa catena …
… sono tracce che tu donna lasci su questa terra
in un piazzale di una piccola fermata:
qui ti perdi e ti innamori fingi di addolorarti e ti consoli
per un uomo fai le pazzie poi ti accorgi che non è sincero …
… tracce che a volte si sporcano nel fango ,di sangue!
imbrattate di melma fan ristagno,
ma poi a porgerti gli omaggi è sempre il vagabondo
e a capo chino si schifa e mendica perdono …
… e vorrei e lo desidero con tutto il mio cuore
di raggiungere te e le bianche mete,
i miei versi cantarli sempre all’infinito
varchino l’ oceano e si posano su fogli colorati …
… sono i ricordi che ognuno lascia prima di morire
una parte di noi ha le ali e al di là si sente meno solo,
una presenza dell’anima in ognuno fa dimora
traccia un percorso di una vecchia storia …
… lascio tracce ovunque c’è cammino
ci sei tu e non mi vedo ,
nel mio cantuccio ora faccio nido
aspetto mezza notte e vi saluto.
Poetanarratore.
****
FELICE ANNO NUOVO !
30.12.09
Buon capodanno
Senza titolo 1725
31 / 12 / 2009 / ASPETTANDO IL 2010 ! TANTI AUGURI DI BUON ANNO A TUTTI I BLOGGER DA LUCKY L'ESPLORATORE ! :-)
HANNO DISTRUTTO PIAZZA NAVONA! ... RIDATECI IL MERCATINO ARTIGIANALE!!!! - 1
HANNO DISTRUTTO PIAZZA NAVONA! ... RIDATECI IL MERCATINO ARTIGIANALE!!!!
TANTI BACI ROSSELLA.
Questo è quello che si vede oggi.
29.12.09
HANNO DISTRUTTO PIAZZA NAVONA! ... RIDATECI IL MERCATINO ARTIGIANALE!!!!
HANNO DISTRUTTO PIAZZA NAVONA! ... RIDATECI IL MERCATINO ARTIGIANALE!!!!
TANTI BACI ROSSELLA.
Questo è quello che si vede oggi.
27.12.09
ADDIO COMPAGNO DI MILLE AVVENTURE
C'era una volta una gatta
che aveva una macchia nera sul muso
e una vecchia soffitta vicino al mare
con una finestra a un passo dal cielo blu.
Se la chitarra suonavo
la gatta faceva le fusa
ed una stellina scendeva vicina vicina
poi mi sorrideva e se ne tornava su.
Ora non abito più là
tutto è cambiato non abito più là
ho una casa bellissima
bellissima come vuoi tu.
Ma io ripenso a una gatta
che aveva una macchia nera sul muso
a una vecchia soffitta vicino al mare
con una stellina che ora non vedo più...
NON SCAMBIATEMI PR BAMBINO SE OGGI , DEDICHERÒ IL POST AL MIO GATTO , MORTO DOPO 17 QUASI 18 ANNI DI COMPAGNIA .
Addio "frattelino " grazie x avermi accompagnato fin qui . Mi è dispiaciuto non averti potuto salutare bene prima d'uscire in giro per poi tornare e trovarti addormentato per sempre . Di non averti dato , visto quanti esami hai preparato con me , di vedermi laureato .in tempo . Comunque la tia morte sarà un incentivo per studiare e lavorare aLla tesi con più impegno
QU SOTTTO TROVATE DEI VIDEO SU DI LUI DA ME GIRATI , PRIAM CHE LA MALATTIA NE PRENDESSE COMPLETAMENTE IL SOPRAVVENTO
http://www.youtube.com/watch?v=oRInZplyrEI
http://www.youtube.com/watch?v=zqCTFfrfpfQ
La sottile logica delle formiche
Ho visto Dio
spargere polline sulla terra
e con gran pazienza creare le api
e il loro ronzio era una musica
e ho chiesto loro un po' di miele,
per farne una canzone,
una canzone di prima foglia.
Poi mi sono seduto sull'erba
ed Eva scioglieva i suoi capelli,
bella più delle sue sorelle,
bella con i suoi occhi
sogno d'oriente
e non c'era nessun serpente,
solo un gufo che ci guardava
mentre ci amavamo sotto l'albero del pane.
E poi abbiamo visto le formiche
correre come delle dannate,
correre ed erano in tante
perchè era crollato
il loro nido,
per colpa di un'antilope
dalle lunghe corna.
Erano mille e non cadevano
erano mille e non s'uratavano,
eppure correvano come matte
sino al fiume di quel mondo
dal sole giallo.
Eva ha capito che nessuna,
nessuna superava la sua sorella
che nessuna si permetteva
di essere migliore d'un'altra
sino al fiume
sino al fiume.
Eppure sua sorella
piantò dei pali sulla terra,
eppure sua sorella
disse è mia questa terra
e forse per questo
che poi è finita
e forse per questo
che poi siamo andati via
e lei aspettava un altro figlio
e lei era tanto diversa
da me.
26.12.09
Sono una renna ubriaca
Sono una renna ubriaca
con le corna troppo lunghe
per colpa di una moglie
che si finge gelosa
per colpa di un destino crudele.
Sono una renna si
una renna
con il pelo delicato
un mantello da far invidia
a un industriale del borgo
ma è mio
e non lo lascio nemmeno
in prova
al figlio degenere
di quel cornuto
che sputa sugli stranieri.
Sono una renna giocosa
colpita dal complesso d'Edipo
fuggita alla sua emozione
per colpa di un depravato
che mi faceva lavorare
come un dannato
un pancione barbuto
uscito dalla quinta strada
o forse da un romanzo di Dostojevsky
E bevo per non pensare
per non amare
e per non ballare
che i Lapponi danzano
troppo
troppo sul finire del giorno.
Bevo vino di Francia Corta
ma non disdegno nemmeno
un Primitivo di Manduria
perchè sono una renna clandestina
ma mai cretina.
25.12.09
24.12.09
Buon Natale!
Immagine "Civita"
Immagine di Ceglie
La strada di casa…
Ho lasciato i primi passi
nella terra di Tuscia
il borgo antico di Civita
ha visto i miei primi giochi.
Nelle grotte Etrusche
ho cercato la verità!
Per anni mi sono persa…
ho seguito le stelle
l’alba e il tramonto.
Sulle cime dei monti
del Piccolo Tibet
ho ascoltato il vento
e fatto volare i miei aquiloni.
Nella terra della Sabina
ho cercato la mia strada.
E nella terra rossa
degli antichi Messapi
per un po’ mi sono fermata.
Gli amici di Ceglie con tanto amore
mi hanno indicato la strada di casa.
franca bassi
23.12.09
Senza titolo 1720
21.12.09
20.12.09
Senza titolo 1717
Neva a Prato: parla il consigliere comunale di opposizione Donzella
Oggetto:DOMANDA D’ATTUALITA’ SUI MANCATI INTERVENTI ONDE IMPEDIRE LA PRESENZA DI GHIACCIO NELLE VIE CITTADINE
Gli strumenti metereologici avevano matematicamente previsto anche con una certa precisione oraria,la nevicata del 18 Dicembre sera.
Pur tuttavia le vie del centro storico e le principali strade di scorrimento della nostra città sono rimaste coperte dalla neve,che poi ovviamente si è solidificata in ghiaccio.
Tutto ciò oltre la criticità più evidente verificatasi in Viale Nam-Din, ha provocato intasamento del traffico,impossibilità alla circolazione dei veicoli sia privati che pubblici e gravi difficoltà allo spostamento dei cittadini,impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro,o ad esaudire le proprie necessità.
Molti pedoni sono rimasti vittima di traumi essendo scivolati sul ghiaccio che ricopriva i marciapiedi.
TUTTO CIO’ PREMESSO CHIEDO ALL’A.C.
Quali sono state le cause per le quali l’assessorato e gli uffici competenti pur essendo al corrente dell’evenienza della nevicata,non hanno adottato i provvedimenti idonei a prevenire il suddetto stato di cose,a differenza di quanto a titolo d’esempio ha effettuato il Comune di Firenze.
Il Presidente del Gruppo Consiliare dell’Italia dei Valori
Aurelio Donzella
Allegorie al terzo giorno di trapasso
Book-trailer del libro Allegorie al terzo giorno di trapasso di Gianluca Saccone
Quell'odio nato dalla "normalità"
19.12.09
Oggi una mail per me
Immagine di Pristina "Oggi nevica"
Un' immagine per me
Ciao amico lontano se puoi
mandami da Pristina
la tua neve.
Racchiudila dentro una piccola scatola
lascerò che il sole di Roma
la trasformi in piccole gocce di rugiada.
Con la mia fantasia cancellerò
il cemento dalle strade
ti regalerò tanto verde
quel verde che in autunno
si colora di giallo e di rosso
quel verde che in primavera
ti regalerà nuove gemme.
Caro amico lontano
e questo che manca alla tua città!
Solo per te trasformerò i fili appesi
in un pentagramma musicale.
Cercherò un pennello gigante
per cancellare:antenne parabole...
e metterò alle finestre della tua città
gerani di mille colori.
Con la mia fantasia
renderò la tua città più bella
perché caro amico
è questo che manca alla tua Pristina!
franca bassi
Satana tra noi
18.12.09
Da chi abbiamo imparato l'immortalità se non dall'immortale
MANO NELLA MANO NELLA NOTTE DI GIZA
Splende il tuo sguardo mai quasi orfico
nella notte di nettare,
stella fissa nel firmamento,
non muore nel tramonto,non viene sciacquata via dall’alba,
le ciglia battono cicloniche
portando repentini aggrappamenti
e sulla tua bocca inzuppata
dal sangue delle escoriazioni dei papaveri è nata
oh si fremo è nata l’ultima avventura
scala appoggiata al sole
e così dobbiam traballar per la gloria di qualcuno
che non ci ama
ma io L’ho buttata la al sole, voglio il sole
le corriamo incontro scherzando la sera
aspettare era più folle del gesto che abbiamo fatto
così noi correvamo incontro alla sua alba dalla notte
in bilico sul cratere dell’intimo tentativo
sudando antiche secrezioni rem.
Dentro la corsa affannosa sentir la tua dispnea
perché vuoi toccar il folle
fa vibrar le corde che ho attaccato alle stelle
ed essa sembra uscita dal mio sogno d’oro,
troppo lontana che non lo riesco ad acchiappare
hai già compiuto la magia del miraggio,
allora tenterò anche il salto ancestrale
del morir impaziente per veder Dio
come slancio fra i germogli cascanti,
e invecchia il tempo sui nostri sogni sempre vivi,
ora sulla tua pelle scorre un fiume di acque incoscienti
che vorticano nel mio ombelico,
un gesto solo fra noi
scrive un romanzo di mille e mille pagine,
il silenzio in quel attimo
sembra che stia zitto anche il respriro
e in gemito morente viene partorito il “mai più”,
no il tempo di muovere lo sguardo,
siamo nell’infinito sensuale
dove gli uccelli del paradiso sfrecciano via disorientati.
Come svegli dentro il sogno di una notte di Persia,
come far l’amore sotto la guerra mondiale dannata,
saremo come la fine di una cascata,
come la preghiera di un condannato a morte,
satellite perduto nel cosmo dalla base sii forte,
come l’innocenza di una lancia d’avorio per terra,
come lui in coma che non può più dir
ti voglio bene a chi ama,
un orchestra di tutti suicida d’amore diretta
da un eroe sedizioso dalla criniera bianca
che non verrà accolto ne da un Dio ne da un demone,
saremo come l’inspiegabile disteso sinuoso
sulla sponda opposta di un ruscello
delle acque dei ghiacciai,
saremo le urla di libertà portate
dai venti oceanici ad alcatraz,
come l’attesa che
la gloria scenda su la storia del mattino,
saremo come il drago albino portato
con sé da un tornado
sotto una pioggia di petali di iris,
vivi più del primo assaggio
della preda da un tigrotto,
vivi più dell’universo
e i fiumi stellati verranno a noi
e noi saremo come la richiamata del paradiso.
Strillerò al tramonto della luna il nostro spasmo
per le anime perdute per un bacio
che non doveva assaporarsi
e i monti sfideranno le profondità degli oceani
e il cielo sbatterà le sue immense ali,
io e te abbiamo fatto naufragar i sensi dell’esistenza
per una caduta
una caduta dalla scala verso il sole
nei fiumi vergini solo per continuare
a guardarci negli occhi,
qualcuno dovrà considerarlo.
ALESSANDRO IDISIUM
Amore della vita
Io vedo i grandi alberi della sera
che innalzano i cieli dei boulevards,
le carrozze di Roma che alle tombe
dell' Appia antica portano la luna.
Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.
Pure, lunga la via fu alla sera
di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo
alle luci sorgenti ai campanili
ai nomi azzurri delle insegne, il cuore
mai più risponderà?
Oh, tra i rami grondanti di case e cielo
il cielo dei boulevards
cielo chiaro di rondini!
O sera umana di noi raccolti
uomini stanchi uomini buoni,
il nostro dolce parlare
nel mondo senza paura.
Tornerà tornerà,
d' un balzo il cuore
desto
avrà parole?
Chiamerà le cose, le luci, i vivi?
I morti, i vinti, chi li desterà?
Alfonso Gatto
Cucina Spirituale
Bene, l’orologio dice che bisogna chiudere, ora
Penso che farei meglio ad andare ora
Mi piacerebbe proprio stare qui tutta la notte
Le macchine brulicano nei dintorni tutte piene di occhi
Le luci della strada condividono i loro splendori (il loro cavo riflesso)
Il tuo cervello sembra confuso da una sorpresa sconvolgente
C’è ancora un posto dove andare
C’è ancora un posto dove andare
Lasciami dormire tutta la notte nella tua cucina spirituale/(della tua mente)
Fammi scaldare la mia mente vicino alla tua graziosa stufa
Scacciami piccola, e vagabonderò
Barcollando nei boschetti di neon (in una siepe fluorescente)
Bene, le tue dita disegnano velocemente dei minareti*
Parlano un alfabeto segreto
Mi accendo un’altra sigaretta
Imparo a dimenticare, imparo a dimenticare
Imparo a dimenticare, imparo a dimenticare
Lasciami dormire tutta la notte nella tua cucina spirituale (della tua mente)
Fammi scaldare la mia mente vicino alla tua graziosa stufa
Scacciami piccola, e sarò meravigliato
Barcollando nei boschetti di neon
Bene, l’orologio dice che bisogna chiudere, ora
So che devo andare ora
Voglio proprio restare qui
Tutta la notte, tutta la notte, tutta la notte
torre della moschea
THE DOORS
facebook e non solo mi hanno allontanato
e questa frase di Jacopo Canevacci << La teoria è quando si sa tutto e niente funziona.La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché.In questo caso, abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funziona... e nessuno sa il perché! >>mio amico e compagno di viaggio su facebook
Concorso
Cari amici, nell'anno 2009, ho partecipato al X concorso letterario internazionale: "Tra le parole e l'infinito" ho ricevuto la "Menzione d'Onore" per la narrativa, mi sono classificata al VII posto. Questo premio desidero dividerlo con tutti voi. Grazie ai vostri commenti, ho continuato a scrivere giorno dopo giorno (notti comprese) sul PC, calcolando che ho iniziato a scrivere sulla tastiera esattamente il giorno 20 aprile dell'anno 2007 con il post "Madonna della Grotta". Anche se ci sono stati momenti tristi, ho continuato grazie a voi visitatori 72658. Grazie amici, anche questo per me è un miracolo. Franca bassi
il problema non è tony eff ma un altro visto che anche le paladine delle femministe come dolce nera lo difendono invocando la censura o dicendo come Dolcenera: " Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda "
Negli ultimi giorni non si parla d’altro che di Tony Effe e delle sue canzoni! Io ne ho lette e sentite di tutti i colori, ma c’è una cosa ...
-
https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una stor...
-
Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
-
Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...