24.2.13

le donne sono un enigma

Alcune sono contente   delle battute   sessiste   e maschiliste  estreme   come quelle di un noto  , in questo caso  , politico italiano (  ogni fatto  e riferimento    a persone    quasi  a fine mandato    è puramente  casuale   Facebook emoticon Linguaccia Facebook emoticon Allegro  )


Altre  come nel  caso  della Littizzetto  in  questo  recente  intervento  in particolare dal  minuto  6.55,  giustamente   non ci  stanno  nè  alla violenza  nè al becero umorismo




 qualche donna  mi sa  spiegare il perchè  questa  contraddizione ?  qual'è  il  limite per  voi  donne   fra  battuta  e volgarità  ?
Comunque  quando le  donne  smetteremo  d'essere  accondiscendenti  all'uomo  violento  ed  a ribellarsi  anche (  spero  di n  )  violentemente al partner  e\o  ai bavosi  



scene  come queste    non si ripeteranno  (  almeno diminuiranno  fino a  scomparire  )














Giorgio Casu da artista giramondo al successo a New York


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  • www.ciseionline.it/ Centro Internazionale Studi Emigrazione italiana (CISEI) 
  • http://www.orda.it/rizzoli/stella/home.htm siamo tutti emigranti  
  • un forum  (ovviamente  bisogna  registrarsi per   commentare  o scrivere) dove  i  sardi  emigranti nella penisola  ( una  volta  si diceva in continente  )  e nel resto  del mondo si    raccontano http://forum.unionesarda.it/forums/show/36.page


da  la  nuova  sardegna  online del 24\2\2013  
«Sino ad un paio di anni fa avevo una gatta, Ashley. Me l'hanno portato via e ora vive a Los Angeles. Con lei parlavo in sardo: abi sesi andendi, itta ses fadendi, itta oisi pappai? Giorgio Casu   (  foto a  sinistra  tratta  dal video sotto  )  vive a New York dal 2007. E' nato nel 1975 a San Gavino Monreale. Oggi è un artista di successo, dipinge, realizza oggetti di design, organizza mostre ed eventi artistici.Gli studi. «Mi sono laureato a Cagliari in Scienze dell'educazione, poi ho lavorato per un paio d'anni come educatore a Guspini, collaborando con un centro di igiene mentale e un centro sociale. Insegnavo animazione grafico pittorica, avevamo un laboratorio enorme, si lavorava tanto e bene. Facevamo attività per adolescenti e anziani. E' stata un'esperienza formativa importante, forse la più importante della mia vita, con un flusso educativo che andava in entrambe le direzioni. Imparavamo ad imparare».L’Inghilterra. A 27 anni Giorgio parte per l'Inghilterra, va a stare a Leeds, nello Yorkshire. L'intenzione è apprendere la lingua. «L'idea era: vado in Inghilterra, studio l'inglese, poi parto in giro per il mondo, così do un senso diverso alla mia vita e magari mi diverto un po'». A Leeds si ferma 2 anni, studia, fa dei lavori saltuari, comincia a dipingere su tela. «Non lo avevo mai fatto prima, anche se ho sempre disegnato, sin da bambino. In Sardegna, per i laboratori, dipingevo su stoffa o su vetro, disegnavo fumetti sulla carta, decoravo oggetti. A un certo punto, per caso, avevo cominciato a decorare gusci di noce di cocco. Un amico mi aveva chiesto di farne uno da utilizzare come posacenere per la macchina, un'automobile che aveva personalizzato. Ho fatto il primo ed è piaciuto, me ne hanno chiesto degli altri. Li decoravo con i colori di automobili o di squadre di calcio. Sono diventati una mania, alla fine pagavo una persona per levigarli, c'era tanta richiesta. Io mi limitavo a dipingerli. Quando sono andato in Inghilterra me ne sono portato dietro un paio e ne ho realizzato alcuni in loco. Ne ho fatto uno anche per l'allenatore del Leeds United».L’incontro. A Leeds incontra Enrico, un sassarese che aveva appena comprato casa e gli propone di realizzare per lui un dipinto su tela. «Ho fatto un grande quadro con quattro fiori giganteschi e l'ho venduto per 13 sterline. Una cifra voluta, perché in Inghilterra il 13 porta sfortuna. Così ho iniziato e dopo 4 o 5 mesi esponevo e vendevo a 5-600 sterline». Imparato l'inglese a sufficienza Giorgio parte per l'Oriente. Due mesi in Thailandia e poi l'Australia, dove si ferma per 2 anni. Quindi decide di spostarsi ancora, vuole andare a stare in una grande metropoli ed è indeciso tra Tokyo e New York, sceglie quest'ultima in virtù della lingua.Gli Usa. «Non avevo voglia di studiare il giapponese e son venuto qui. Non me ne sono mai pentito».
catturata dal video  sopra  
Arriva a New York nel novembre del 2007, va a stare a Brooklyn e si mette a dipingere. Fa freddo, dopo 2 anni trascorsi a seguire l'estate, il primo inverno newyorchese non è piacevole. Ma fa delle mostre che vanno bene, arrivano le prime commissioni di lavori pittorici, dopo qualche tempo chiede e ottiene un visto da artista. Poi la svolta, partecipa ad una mostra alla Casa Bianca,(  con questo ritratto  che trovate  a destra   )   fa degli eventi per il New York Times: la ruota gira.La creatività. «Sono convinto che una persona, se lo vuole e ha un po’ di capacità, puo costruire il suo destino, cambiare le cose. Che per me è anche un poco il senso ampio del dipingere. Credo nella creatività, nella formazione permanente e non ho una meta precisa. Per me il senso di ciò che faccio è rappresentato dal viaggio, dal nomadismo, dalla ricerca. Mi piace fare cose interessanti, che mi stupiscono e mi emozionano». 


E poi c'è la Sardegna «che su di me ha un potere rigenerativo che non ho trovato in nessun altro posto al mondo: il silenzio, la tranquillità, il mare. Rituali e luoghi vissuti da quando ne ho memoria, fanno parte di me e mi ricaricano fisicamente per tutto ciò che ha da venire».I carciofi. Per Giorgio l'isola è il posto dei carciofi, quelli di zio Mondino. «Mi basta mangiare il primo che non capisco più niente e mi rendo conto che ho ingoiato schifezze per mesi. Non è il paradiso terrestre, ci sono tante cose che non vanno, ma la qualità della vita è altissima e cerco di venirci il più spesso possibile». Proprio per questo, dice, non vuole incastrarsi in situazioni che lo possano legare, anche a una città bellissima come New York, per lui tra le più belle al mondo, che è insieme un’esperienza e una metafora. «La metafora del mondo che si riunisce in un posto e coabita. Dove l’arabo rimane arabo ma diventa altro e così l’italiano. Dopo una generazione tutti diventano parte di questa cultura “sporca”, io la chiamo così, ma non è un'accezione negativa. E' un luogo che ti succhia l’anima, che propone delle sfide quotidiane, dove c’è da fare ogni giorno, dove bisogna fare ogni giorno. Una città variopinta, in cui incontri persone interessanti, talentuose, una città dai tanti paradossi: in ogni piccolo quartiere c’è una vita diversa, persone diverse, gente che la pensa diversamente».L’infanzia. Giorgio racconta dell'infanzia a San Gavino, felicissima. «Sono cresciuto in una casa enorme, piena d'animali: avevamo galline, tartarughe, cigni e pavoni. C'era un maiale e abbiamo avuto anche un cavallo, quasi una fattoria in mezzo al paese, come una fiaba. E poi d'estate per 3 mesi al mare. Finite le scuole si partiva per Arborea, dove c'era il casotto. Tante famiglie, a San Gavino e nei dintorni, avevano queste piccole abitazioni abusive sul mare. Si formava una comunità: è andata avanti sino a quando avevo 13 anni. Poi li hanno buttati giù. Andavamo con la barca a pescare polpi che poi vendevamo alle signore in spiaggia. Era semplicemente fantastico».

una storia d'altri tempi prima del motore baby clochard, in fuga per vivere il loro amore


La  storia    che  vi apprestate  a leggere  , cari amici e comnpagnidiviaggio  è tratta  da la nuova sardegna online del 24\2\2013  mi fa    rivenire  alla mente  questa   canzone   di un poeta  italiano  tratta   da  uno dei suoi  dischi più  belli  Lindbergh (Lettere da sopra la pioggia) (1992), Epic/Sony Music Entertainment.







Ah, se potessi raccontare
tutto quello che vedo e sento
dall'orizzonte di questo cielo
che picchia giù nel mare
in questa notte cieca di luna
e te
se stai ad ascoltare.

Maria e Manuel, baby clochard in fuga per amore

La storia di due ragazzi del Nuorese di 18 e 26 anni che dormono per strada in Veneto: «Nessuno ci aiuta, i vigili ci hanno multato»



SASSARI. Cinque euro in tasca, due pezzi di pizza già digeriti nello stomaco, l’aria gelida che taglia la faccia. Alle 19 della sera, mentre piove a dirotto, Manuel e Maria stanno sotto i portici nel centro storico di Portogruaro: in piedi, perché se si sedessero potrebbero beccarsi un’altra multa, come un mese fa. Il pensiero corre già alla notte, bisogna trovare un posto dove dormire e non deve essere troppo freddo, perché le coperte nascoste sotto una siepe sono zuppe d’acqua.

La nuova vita di Manuel e Maria è iniziata cinque mesi fa, quando hanno lasciato la Sardegna. La loro è la storia di un amore giovane ma forte, un amore contrastato dalle famiglie: «I nostri genitori non vogliono che stiamo insieme. Per questo siamo stati obbligati ad andare via, non avevamo altra scelta», dice Manuel.Si sono conosciuti a Oliena, dove Maria viveva insieme al padre a casa della nonna. Era rientrata da poco dalla Toscana, dove stava con la mamma e il fratello più piccolo. Anche Manuel era tornato solo da qualche mese a Nuoro: sino ad allora aveva vissuto a Vicenza, con alcuni parenti della madre. A Nuoro Manuel aveva scelto la vita di campagna: pastore, ogni giorno sveglia all'alba  tanta fatica ma «più divertente che lavorare in città», nel negozio del padre. Quando hanno detto alle rispettive famiglie di essersi fidanzati, è iniziato il dramma. Vecchi rancori, storie di inimicizia che i due ragazzi neanche conoscono, ma sufficienti per fare dire al padre di Manuel: «Tu con quella non puoi stare». Stessa reazione a Oliena, a casa di Maria, dove pure i due hanno vissuto per qualche giorno. Ma il clima era terribile, e la decisione è stata quasi immediata: «Partiamo, andiamo lontano».Il primo a salire sulla nave è stato Manuel. Una settimana dopo Maria l’ha raggiunto in Toscana, vicino a Grosseto. E all’inizio le cose non andavano malissimo: «Facevo qualche lavoretto, manovale, lavapiatti o qualunque altra cosa – dice Manuel –, avevamo una stanza, almeno dormivano al caldo». Poi più nulla. A gennaio di nuovo in viaggio, verso il Nord. «A Portogruaro – racconta Maria – perché Manuel conosce la zona e ha già lavorato nelle località turistiche della costa». Ma ancora è presto, gli hotel sono chiusi, il turismo è ancora in letargo. A Portogruaro Manuel e Maria hanno incontrato un clima freddo, «quasi ostile, qui nessuno ci dà una mano, sembra che diamo fastidio anche se non facciamo nulla di male». Porte chiuse, nessun lavoro, neppure un sorriso di comprensione. E sono rarissimi i gesti di generosità «quando chiediamo qualcosa da mangiare o un aiuto per non dormire al freddo», dice Maria. Lei ha una caviglia dolorante e la bronchite cronica. Ha fame e freddo, ma guarda avanti. Indietro non si torna: la Sardegna è lontana, con le famiglie i contatti sono quasi inesistenti, «forse mio padre l’ho sentito 20 giorni fa, e mia madre non può aiutarci perché abita in una casa piccola e per noi non c’è spazio». Il presente è un’incertezza, «perché non sappiamo mai se troveremo qualcosa da mangiare e dormiamo per terra con gli occhi aperti». Il futuro è un’incognita che fa paura, anche se per stare bene basterebbe veramente pochissimo. Qualche soldo in tasca, un letto morbido e una minestra calda. Manuel e Maria alla vita non chiedono altro .Infatti sempre  secondo  il  giornale  

Sono giovani e si trovano già in mezzo a una strada. Dormono all'aperto, sotto la neve, rischiando di morire per assideramento, in questi giorni di freddo pungente. Infagottati nei loro sacchi a pelo, credevano di non dare fastidio a nessuno, invece sono stati multati per "occupazione di suolo pubblico”, e accompagnati al comando della polizia locale. Dovrebbero sborsare 240 euro, ma loro non hanno i soldi neppure per mangiare.Si chiamano Maria Puddu e Manuel Melis, hanno 18 e 26 anni. Sono sardi: lei è nata a Nuoro e le sue origini sono di Orgosolo, ma ha vissuto per molti anni in Toscana; Manuel è nato a Vicenza ma è nuorese. Sono arrivati a Portogruaro, al confine tra il Veneto e il Friuli, poco più di un mese fa. Nella cittadina di 25mila abitanti in provincia di Venezia, ai clochard non sono tanti abituati. Per questo Maria e Manuel vengono guardati con una certa curiosità. I due si difendono dal freddo con sciarpe, cappelli e maglioni pesanti. Chiedono un lavoro, qualsiasi lavoro, per trovare una sistemazione e andare avanti. La vita li ha sbattuti in mezzo a una strada. Per loro andare avanti non è facile, e ogni ora della notte e del giorno può riservare cattive sorprese. Possono permettersi di consumare un caffè al giorno: «Lo prendiamo lungo, così facciamo metà per uno – racconta Manuel Melis –, ci laviamo nei bagni dei bar. Prima va lei, poi vado io. Qualcuno ci regala dei biscotti per mangiare. Ma patiamo la fame». E devono fare i conti anche con l’indifferenza, la mancanza di sensibilità da parte delle persone alle quali, invano, hanno chiesto aiuto. «A volte ci trattano malissimo. Siamo andati alla Caritas, ma non abbiamo avuto risposte. Dal Comune ci hanno cacciato. Dormiamo in Galleria dei Portici (centro storico ndr) ma due persone ci hanno detto di recente che diamo fastidio e che lì non possiamo stare».Lì sono stati multati, per avere dormito per terra tra i portoni di due case. Il comandante della polizia locale Roberto Colussi dice che Maria e Manuel «non collaborano con noi e con la comunità, lasciano sporcizia e per questo gli agenti sono tenuti a intervenire». Ma fa discutere il provvedimento della multa nei confronti di due clochard, di due ragazzi in così evidente difficoltà: non hanno i soldi per un panino, impensabile che possano sborsare 240 euro per pagare la sanzione. Qualche giorno fa Maria e Manuel raccontano di essere stati cacciati dalla sala d’aspetto della stazione ferroviaria: «Volevamo dormire – racconta Maria – perché inciampando mi ero slogata una caviglia. Ma non c’è stato nulla da fare: ci hanno cacciato, abbiamo dovuto dormire all’aperto. Ma cosa abbiamo fatto di male? Vogliamo solo lavorare, per questo per siamo venuti qui e presto ci sposteremo verso le località turistiche, come Bibione e Lignano Sabbiadoro. Speriamo che lì non ci chiudiano le porte in faccia».


 rispondo in anticipo   a chi dice  : <<  gli stranieri e i rom anno tutto cio' che chiedono questi poveri ragazzi italiani sono costretti a vivere nell'indifferenza e per giunta anche multati  perchè dormivano in strada ma che cazzo di mentalità' ha quella gente ., Impensabile una cosa del genere, e questo e' solo un piccolo pezzo di una storia ancora piu' grande, della poverta' di migliaia di famiglie nell' indifferenza totale dello stato , che ormai e' solo uno specchietto per le allodole.,LO STATO PENSA AGLI ALTRI NON A NOI italiani RIFLETTETTE POVERI RAGAZZI., Lo Stato Italiano preferisce dare il benessere alle persone extracomunitarie, percarità anche loro nè avranno bisogno ma prima di loro c'è la popolazione Italiana....!!! ma dove stiamo andando a finire...??? Boh....forza ragazzi.....  ecc  >> 
  facendo mio  questo commento   trovato nell'articolo  della  nuova sardegna   : << Vorrei proprio sapere cosa c'entra esternare il proprio razzismo, italiani, rom, extracomunitari .... la miseria e povertà non ha alcuna nazionalità >> e  concludo riportando  i messaggio 
 alle  famiglie   dei diue  ragazzi di    


Per le famiglie di questi due ragazzi: perché non li aiutate? È così terribile che abbiano scelto di stare insieme? È sangue del vostro sangue e voi li lasciate a crepare di freddo. Mantieni l'odio che tanto l'occasione si presenta... è così vero?

20.2.13

carnevale tempiese pentolaccia 2013

per mancanza  do tempo le metto ora












c'è ancora bisogno di povocazioni ? 60 cm di gonna in meno e passi da suora a prostituta

da  http://www.diggita.it/  sito conosciuto tramite  la  richeiesta  di contatto  sul mio plusgoogle  del suo fondatore  Filippo della  Bioanca 

Ecco la foto

di un artista canadese che ha voluto lanciare una provocazione: bastano 60 cm di tessuto in meno per passare dall'essere considerata una suora piuttosto che una prostituta o una ragazza "facile" in generale.
  prima di di dire  la  mia    voglio  come sempre  , ma  tanto scommetto  che nessuna  di voi risponderà  e parteciperà  ( Ma  io non  smetto di sperare  )  un sondaggio


cosa ne  pensate  ?
  
pollcode.com free polls 


Strano















                                                                                Strano    
                         
Strano come un gruzzolo d'aria
in ruscelli di sentieri
Strano come un mare
fermo, senza nuvole,
tra odore di boccaporti
e ciocche di parole
Strano perché apolide
nel vento perso
di comignoli al sole,
tra noia e rivoluzione
sapiente e malandrino
Strano perché in bilico
precario su questa terra,
incerto come foglia,
vela dolce di dolore.

19.2.13

anche i boia posso cambiare idea Jerry Givens: storia di un boia che ha mollato davvero ed è+ passato agli abolizionisti

Dopo aver  letto  su  Rsera edizione  delle  19 di repubblica.it  d'oggi   (  gratis  fino   fine marzo ) ma  , [sic ]  of  cute&past , ma  grazie  al cattura  scheramata  sono riuscita  a salvcare  le foto che trovate  sotto , la  storia   cdi  Jerry Givens he  riporto sotto presa  d'altri siti   mi sono meravigliato . Infatti credevo  che certe cose , in un paese  forcaiolo   che  ha  ancora oltre   ( anche  se  in  diminuzione  ) la pena  capitale    fra  gli emendamenti   l'uso libero delle  armi ,   avvenissero solo nella  letteratura  e nel cinema  ( 1 2 )

invece .....
ecco la  storia  sia  in sintesi  ( per chi non ha  tempo  o voglia  di leggere  tutto  l'articolo  )  attraverso  questo video  di rainews24



  sia  qui sotto   con   news  prese  da



Usa, "io, ex boia, oggi lotto contro la pena di morte"

Jerry Givens ha eseguito 62 condanne a morte. Oggi, dopo 17 anni di lavoro, è uno dei più appassionati oppositori della pena di morte. La sua storia raccontata dal Washington Post

di Redazione 17/02/2013


Per ben 17 anni Jerry Givens è stato il boia del braccio della morte in Virginia. Ha eseguito 62 condanne a morte, 37 con la sedia elettrica e 25 con l'iniezione letale. Per anni, anche grazie al ricordo di un brutale omicidio di cui era stato testimone, Givens non ha mai avuto dubbi sul suo lavoro. Ma ora è diventato uno dei più appassionati oppositori della pena di morte.La sua storia, raccontata dal Washington Post, è esemplare di come l'opinione pubblica stia cambiando, in Virginia e negli Stati Uniti.Ex operaio poi diventato secondino, e infine "executioner", Givens aveva una sua routine. Rasava la testa del ondannato, chiedeva ai Dio di perdonarlo per i suoi delitti, infine lo legava sulla sedia elettrica. Poi cercava di farsi un vuoto nella mente e azionava l'elettricità."Dopo non ti senti certo felice, pensi alla famiglia del condannato e a quella delle vittime", racconta l'ex boia.Per anni Givens si era sentito nel giusto. Quando aveva 14 anni, un uomo armato aveva fatto irruzione ad una festa e aveva sparato all'impazzata, uccidendo una ragazzina che gli piaceva. Allora aveva pensato che quell'uomo meritava la morte. E questo pensiero lo aveva sostenuto anni dopo nel suo lavoro di boia. Nel 1993, però, un uomo condannato a morte in Virginia per un delitto brutale, l'omicidio e lo stupro di una giovane madre, fu scagionato completamente dal test del Dna. E Givens cominciò ad avere i primi dubbi.
 Nel 1999, fu condannato a quattro anni di carcere con l'accusa di aver comprato un'automobile con i proventi di una vendita di droga. Givens continua a dirsi innocente da quella accusa, ma la prigione fu per lui un punto di svolta. Lesse molto la Bibbia e approfondì la sua fede battista.
"Pensai alla crocifissione e mi chiesi se avrei mai potuto essere io a mettere a morte Gesù". Così decise che il suo ex mestiere di boia non era compatibile con la sua fede.

UN ALTRO GIORNO E' ANDATO - Francesco Guccini

18.2.13

non si è mai vecchi per certe cose Judo, super-cintura nera a 98 anni: Keiko ottiene ''il decimo dan''

  tale  news    riportata   sia nei due video sia  nei dettagli    conferma il  mio post  precedente ovvero  spesso la    vecchiaia  è  anche  felicità 


video  originale   qui   sotto  trovato tramite il motore  di ricerca interno  di  donwloadhelper ( opzione  per  scaricare  video   da  youtube  e   non sdolo di mozilla  firex  fox  )






quello ridotto  e  sintetico di  repubblica .it     da  cui  hopreso anche  la didascalia













A 98 anni Keiko Fukuda, un'anziana signora originaria di Tokyo e residente ormai da anni a San Francisco, è diventata la prima donna ad aver raggiunto il più alto riconoscimento nel Judo: il decimo dan. Ci sono soltanto altre tre persone, al mondo, che possono indossare la sua stessa cintura nera. E sono tutti uomini. Molto tempo fa Keiko, ultima allieva vivente di Kano Jigoro, fondatore del judo, ha abbandonato il Giappone - mandando all'aria anche il suo matrimonio - perché nel suo paese gli uomini, anche se tecnicamente inferiori alle donne, avevano accesso alle cinture più alte in tempi molto più rapidi. Una forma di discriminazione che ha spinto la donna a volare in America, dove tuttora insegna judo, a San Francisco, presso il Soko Joshi Women’s Judo & Self Defense Club. Le immagini che state vedendo sono estratte da un documentario  sulla sua storia - in lavorazione, previsto per il 2012 - dal titolo "Sii forte, Sii gentile, Sii bellissima". Tre insegnamenti che l'anziana Keiko è solita dare alle sue allieve.

Gianna rinasce a nuova vita FONNI. La commovente testimonianza: «Ho ritrovato la fiducia nel futuro»

  da http://www.labarbagia.net/rubriche/rassegna-stampa-di-michele-arbau  che riporta  questo  articolo  dell'unione  sarda  del  17\2\2013 . Una  storia  di come  noi sardi  ,  regione d'italia   con il più altro  numero di malati  di Scla  non abbia un centro   che  sia iscritto  \ registrato  fra quelli che  sperimentano tale metodo ,  e per  curarsi  (  in quei casi  in cui il metodo  Zamboni   funziona  ed è fattibile  )  debba  andare  fuori   dalla propria  regione  . 

Mi sono sottoposta ad un intervento chirurgico, affidando le mie speranze a quella che ritengo sia la sola possibilità per migliorare la qualità di vita di chi è malato di sclerosi multipla, come me. Ho deciso di parlare pubblicamente della mia situazione e dell'intervento che ho subito». Gianna Allena, 35 anni ad aprile, è originaria di Nule e vive a Fonni da quando si è sposata. La scoperta della malattia nel 2007 non ha disarmato il suo coraggio e la determinazione con cui ha affrontato il percorso, credendo fortemente nel metodo studiato dal professor Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell'Università di Ferrara.
dal  profilo  di facebook della protagonista  
IL RICOVERO «Il primo ostacolo da superare, quando ti ritrovi nelle mie condizioni, è quello di non credere che possa esserci una via d'uscita. Io, al contrario, ho pensato che fosse importante scommettere nel futuro. Mi sono recata a Benevento, presso lo studio del professor Alessandro Rosa, per approfondire gli esami: l'ecocolordoppler ha rivelato un'ostruzione sia alla giugulare sinistra che a quella destra. Confortata dal sostegno morale di mio marito ho deciso di prendere in seria considerazione la possibilità dell'intervento. Sono stata operata il 22 settembre dello scorso anno». L'operazione che ha subito, come previsto dal metodo Zamboni, consiste in un angioplastica dilatativa.
LA GRINTA DI UN TEMPO «I benefici post-intervento sono immediati. Pensavo di non avere nessun problema alla vista e invece mi sono resa conto che, dopo l'operazione, i colori apparivano più vivi e le immagini ben definite. Ho sentito fin da subito le gambe e le braccia leggeri. È da mesi ormai che non provo nessun segno di stanchezza. Il mal di testa che prima mi opprimeva oggi è un brutto ricordo. Ho ritrovato finalmente la grinta di un tempo». La patologia delle giugulari malformate è riconosciuta come malattia dal settembre 2009, ma soltanto il 17 luglio del 2012 il Ministero della Salute ha deliberato in via definitiva l'avvio della sperimentazione in Italia. «La lista d'attesa è lunghissima - dice Gianna -. La Regione Emilia-Romagna ha finanziato lo studio della cura Zamboni. Purtroppo non tutti i pazienti riusciranno ad essere sottoposti all'intervento prima della fine della sperimentazione anche se pian piano qualcosa sembra cambiare».
LA SPERIMENTAZIONE Sono quattro i centri che hanno iniziato le sperimentazioni dello studio “Brave Dreams” (metodo Zamboni) e si prevede che a breve il numero degli Istituti autorizzati a entrare nella fase operativa salga a dieci, incluso il Policlinico Universitario di Monserrato. «Fino ad ora non sono mai riuscita a parlare con i medici del presidio sardo -spiega Gianna - ho provato a chiamare diverse volte ma senza successo. La nostra speranza rimane quella che il metodo Zamboni possa diventare presto la cura per i malati di sclerosi multipla».
Roberto Tangianu

17.2.13

Come diventare vecchi felici: «Non rinunciate ai vostri sogni»


 Credo che  questo  articolo  \ intervista    riportato sotto  ( una  delle poche  cose   che  si salvano  dellla  gran cassa sardas  berlusconiana  ch'è  l'unione  sarda  )  dell'ottimo Giorgio Pisano sul'unione  sarda  del  17\2\2013  mi sarà utile   per  affrontare la  vecchia    visto  che  a  fine mese  compio  37 anni  

Ma  prima  della lettura  di tale  articolo  consiglio per  chi volesse approfondire  questi argomenti   dei siti   che potrebbero essere  utili

http://www.geragogia.net/ e la  sua definizione

di GIORGIO PISANO  (  pisano@unionesarda.it  )

A 75 anni si può ragionevolmente sperare di viverne altri 17, a 90 ancora altri sette. Il futuro è delle mummie. Siamo sempre più un Paese di vecchi. Italia e Giappone hanno il maggior numero di anziani e la Sardegna, per non farsi mancare nulla, sarà prestissimo la regione più “vecchia” della Terra.
Madrid 2002, documento dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms): ... per far fronte agli effetti negativi dell'invecchiamento della popolazione è prioritario sviluppare programmi di buona vecchiaia che incidano concretamente nel limitare la disabilità . Detto in altre parole: potete morire pure tardi, basta che lo facciate da autosufficienti. La società non è più in grado di assistere lo sterminato esercito d'una terza età sgangherata, malaticcia e perfino depressa.
Da una costola della Geriatria è nata la Geragogia, disciplina che insegna ad arrivare all'appuntamento finale nel miglior modo possibile. Paolo Putzu, 62 anni, cagliaritano, due figli, se ne occupa da sempre. E manifesta da tempi non sospetti una grande passione per migliorare la qualità della vita in vecchiaia. Lo dimostra il fatto che, appena laureato, ha scelto di occuparsi subito di questo tema finendo per dirigere una divisione geriatrica ospedaliera quasi vent'anni. Oggi continua a portare la buona novella d'una terza età possibile e serena a convegni e manifestazioni scientifiche. I colleghi, quelli freschi di laurea, non gliel'hanno mandato a dire: Paolo, perché hai scelto di occuparti di catorci?
Ecco il termine giusto: catorci. Cos'altro è la scatarrante armata di anziani e anzianissimi? Questo, replica Putzu, è uno dei luoghi comuni e neppure tra quelli più divertenti sulla vecchiaia. Da medico è assolutamente convinto che la Geragogia può cambiare un atteggiamento, un modo di pensare, uno stile di vita sospeso tra depressione e rimpianto. Da cittadino fa presente che un vecchio male in arnese costa fra i 60 e i 70mila euro l'anno, iniquamente divisi tra Servizio sanitario nazionale, assistenza sociale e familiari del paziente. «Intervenire è una questione di emergenza, dunque».
La sostanza del discorso è chiara: siccome saremo sempre più una nazione over 80, è necessario correre ai ripari. Imparando a scoprire che la terza età può essere davvero una stagione felice della vita, sempre che la cattiva salute non ci abbia messo in anticipo lo zampino. Antidoti? Putzu, per esempio, nel tempo libero fa il prof di Beatlesmania nell'università di Aristan, nata dal cervello magmatico di Filippo Martinez per rilasciare un'autorevole laurea in Scienze della felicità.
In condizioni, diciamo così, normali, è possibile allungare il periodo di vita attiva, insomma posticipare il giorno del ritiro definitivo. Come fare? Qualche suggerimento intelligente c'è e non riguarda ovviamente patetici trucchetti per ingannare l'anagrafe. Gli eccessi - a cominciare dalla tardona ricostruita dalla chirurgia estetica - sono semmai sintomi di sofferenza interiore e non di serenità. Stesso discorso per certi travestimenti maschili da teenager, per improbabili tinture di capelli che - paradossalmente - esaltano gli anni anziché ridurli. L'ultima sfumatura di colore dell'ex premier (martora in amore a primavera, un'inedita via di mezzo tra il mogano e il rossiccio) sono il segnale di chi non accetta la propria età. E allora si trasforma in una maschera grottesca, occhi tirati all'insù come gli husky e guancette tonde come quelle di un pargolo.
Non è esattamente questa la buona vecchiaia di cui parla Paolo Putzu  (  foto sotto 



  e  qui una breve  "scheda"  su  di lui  ) Che ha molte cosa da dire sul tempo che inesorabilmente ci aspetta.



Cos'è la Geragogia?
«Semplificando un concetto complesso, consigli pratici per invecchiare bene».

Che differenza c'è con la Geriatria e la Gerontologia?

«La disciplina si sta allargando. La Geriatria è la diagnosi e la cura delle malattie dell'anziano, la Gerontologia è la ricerca delle cause dell'invecchiamento. La Geragogia ha una finalità preventiva, punta cioè a fare in modo che si vada incontro a una buona vecchiaia».

Non è solo questione di buona sorte?
«La buona sorte vale nella metà dei casi, aver avuto la fortuna di scegliersi genitori e nonni con i geni giusti. Ambientalisti e genetisti stanno tuttavia modificando continuamente queste percentuali per via di un fattore importante: lo stile di vita».

Quanto conta?
«Parecchio. Conta se non hai fumato, se hai svolto attività fisica, se hai curato bene i tuoi pochi malanni. Allora hai molte probabilità di un buon invecchiamento. Un ruolo importante lo riveste anche il carattere, la capacità di adattamento, la visione della terza età come un periodo di estremo interesse e non solo di declino».

I latini però la chiamavano turpe vecchiaia.

«Non solo loro. Ancora oggi ci sono tantissime persone che vedono nella terza età la svolta fatale dopo una vita brillante. Non sanno probabilmente che il decadimento comincia dopo i 30 anni e che esistono concrete possibilità di rallentare il cammino verso la vecchiaia: basti pensare alla sfera affettiva o sociale. Si tratta di avere progettualità, non rinunciare ai sogni. Mai vivere alla giornata».

Tutto questo dipende anche dalla situazione economica.
«Ci sono vecchi di cinquant'anni e giovani di trenta che pensano e vivono come se ne avessero ottanta. È chiaro che la condizione economica pesa ma non è determinante ai fini dell'invecchiamento».

Poi ci sono quelli che non accettano il tempo che passa...
«È il rifiuto della vecchiaia, la cosa peggiore che si possa fare».

Capelli tinti, giubbino e moto, labbra e seni pressurizzati.
«La speranza di aggirare gli anni in questo modo suggerisce comportamenti patetici: il dongiovannismo, per esempio, o l'aria da ragazzina in una donna matura. È una situazione dolorosa».

Dolorosa, perché?

«Perché sai benissimo che le tue prestazioni stanno calando e non sarà certo una tintura di capelli a rilanciarla. Vivere in questo modo ti costringe fra l'altro a un confronto continuo con chi è molto più giovane di te. Giusto combattere il declino, sbagliato rifiutarlo tentando di mascherarlo».

Noi però viviamo in una società dove invecchiare è peccato.
«I messaggi che passano sono quelli di tipo strettamente estetico. Per questo chi rifiuta la vecchiaia assume modi di essere del passato ignorando il fattore-tempo. Nel nostro tipo di società l'anziano non ha quasi diritto di cittadinanza. È davvero un catorcio. E nessuno che si accorga dell'assurdità che c'è dietro».

In che senso?
«La ricerca scientifica ha lavorato decenni per allungare le aspettative di vita e poi ci ritroviamo in un mondo dove i vecchi sono diventati un peso. Cento anni fa erano meno numerosi ma considerati preziosi per via della esperienza accumulata con l'età. Oggi questo ruolo non esiste più. Il modello vincente è uno solo: bello, efficiente, veloce».

Ci sono contraccolpi psichici quando si supera una certa boa?

«Quale boa? Quando mi sono laureato io la boa era a 60 anni, poi è passata a 65, adesso vola verso i 75 e prestissimo saremo sugli ottanta. Quel che conta però non è l'età biologica ma la testa. Il contraccolpo psichico si chiama disturbo di adattamento del ruolo e riguarda figure precise».

Quali?

«Quelli che vanno in pensione perché ce li hanno mandati, il capufficio che all'improvviso si ritrova solo con se stesso. Di solito questo provoca un cambiamento del tono dell'umore e, pian piano, si scivola verso la depressione. La Geragogia può far molto».

Come?
«Bisogna aiutarli a riaprire tutti quei cassetti che tenevano chiusi perché avevano ben altro a cui pensare: amicizie, hobby, passioni. In pratica, bisogna riaccendere la vita che era stata rimossa per esigenze di lavoro».

C'è un momento in cui ci si arrende, si alza bandiera bianca?
«Succede. Ma riguarda i vecchi ancorati solo al passato, quelli che passano le giornate a lamentarsi e a piangersi addosso. Ce n'è una grossa fetta che rischia di diventare così per colpa della società».

Che c'entra la società in questi casi?
«Se all'involuzione fisica e alla mancanza del ruolo, aggiungi anche la perdita del 30 per cento del potere d'acquisto della pensione, ecco che vien fuori inevitabilmente un vecchio depresso. Ho visto anziani che, con molta dignità, frugavano nei cassonetti fuori dai mercati ortofrutticoli: beh, è ovvio che quella sia una vecchiaia di disperazione. Facendo attenzione a non confondere tra solitudine e abbandono».

Qual è la differenza?

«La solitudine si può anche scegliere ed è una scelta tua, l'abbandono è una scelta degli altri nei tuoi confronti. L'abbandono viene esercitato dai propri familiari o dalla società che, in questa stagione di crisi, non sa bene che farsene dei vecchi. Ho dati impressionanti».

Di che genere?

«La ludopatia, ovvero la dipendenza dalle macchinette rubasoldi o dai gratta & vinci, è cresciuta negli anziani del 17 per cento. Lo Stato, che avrebbe potuto limitare il numero delle macchinette e la diffusione delle varie lotterie, non ha fatto nulla. Quanti anziani ci si tuffano dentro sperando di integrare la pensione con un colpo di fortuna?»

A che età bisogna prepararsi a invecchiare?
«Comincerei da giovane. Devi pensare, proiettarti nel futuro, iniziare a prevedere cosa potrebbe accadere».

Cambia il rapporto con gli altri?
«Varia da persona a persona. Ogni anziano invecchia in maniera diversa. Generalizzando, gli altri dovrebbero capire (e non accade spesso) che un vecchio ha altri ritmi, ha bisogno di più tempo non solo fisicamente ma anche per ragionare. Il rischio, in questi casi, è non capirsi perché si viaggia a due velocità».

Invecchia con successo una persona su quattro.
«Questo dato può cambiare, lo dice l'Organizzazione mondiale della sanità. Gli anziani malati costano troppo, c'è necessità di arrivare al 50 per cento».

Che dire, poi, di divieti e limiti umilianti?

«Dipende dall'impostazione del rapporto. C'è un atteggiamento iperprotettivo che priva l'anziano di un sacco di cose. Avete presente la figlia super-attenta questo non si tocca-qui ti fai male-questo non si mangia? È un gran danno per chi vorrebbe invecchiare con successo».

Tra gli addii obbligatori c'è anche quello al sesso.

«Ho pazienti che a ottant'anni praticano una sessualità felice. L'importante è capire che a prevalere dev'essere la tenerezza e non la performance. I tempi diventano più lenti ma è sbagliato chiudere le porte e rinunciare».

Cosa fare per invecchiare bene?
«Primo: aspettate a fare le donazioni ai figli, c'è tempo. Non fate le prove generali della morte magari con la vendita della nuda proprietà che oggi è molto di moda. Secondo: mantenete la mente impegnata sapendo che abbiamo una minore efficienza fisica ma non una minore efficienza sentimentale e affettiva».

Il segreto è adattarsi alla vita che fugge?
«Adattarsi alla vita che passa. Cioè avendo coscienza che c'è ancora molto tempo davanti».

Quanto pesa la paura della morte?

«Tantissimo. Per l'anziano la morte è una compagna di tutte le mattine. Ci pensa ogni giorno. Perciò bisogna reagire, organizzare la propria vita seguendo la strada indicata dai nostri interessi. Per il resto, il discorso sulla morte si può accettare e superare prendendo atto che tanto non la si può sconfiggere».

Ma è davvero così importante vivere a tutti i costi più a lungo possibile?
«No. L'obiettivo difatti è un altro: vivere più a lungo possibile in autosufficienza, senza disabilità. Fare in modo, insomma, che l'inizio della disabilità sia più vicino possibile alla fine naturale della vita».

16.2.13

ma un sogno fatto due volte è un bisogno o qualcosa di recondito ?

oggi mi sono fatto  anch'io la stessa domanda

Ma mentre  cervcavo dentro di me  una risposta ecco arrivarla  dalla compagna di strada di facebook
Kar Karalis è di certo una verità svelata. un bisogno talmente forte che anche il sogno lo svela con le ombre. bisogna saper interpretare i sogni ripetuti . credo che siano un aiuto un'arma a nostro favore . peccato siano sfuggenti e scomodi

15.2.13

il mio carnevale 2013 reprise

lo so che mi contraddico  rispetto a quello che  dico prima  (  vedere  post precedente  ) ma  spesso anche i pochi secondi descrivono una bella emozione e possono dire di più che   di lunghi e noiosi  \ tediosi  documentari . Ecco i miei video  della mia  giornata  alla  Sartiglia del  10\2\2013 





 




il sud non è solo mafia ma anche coraggio per denunciarla il libro il porto senza Gioia di Aldo Libri – sabbiarossa EDitrice – collana TRACCE

Di solito  c'è  chi dice  che  fb  sia  solo spam , bimbiminkia  , ecc.invece  ricevo  dallo stesso autore    del libro  del titolo  l'invito pubblicitario   : <<  ma un "mni piace" sulla pagina del libro lo vogliamo mettere ? http://www.facebook.com/ilportosenzagioia?ref=ts&fref=ts >> lo  so  che odio  lo spam  , ma  un passa parola   \  un mettere in circolo le  informazioni  può essere  utile  e non costa  niente

il porto è mio

Da qualche tempo sono ritornato a parlare di Gioia Tauro. Non lo avevo fatto per lungo tempo per una prassi che ho sempre adottato. Gli ex si devono astrarre dalle discussioni sulle loro precedenti esperienze. Almeno per un po’. [...] Vi avverto tutti: non scherzate con il porto. Ve l’ho detto: quel porto è mio e non potete condannarlo a morte. E non potete condannare la Calabria alla cancellazione di qualsiasi speranza verso il futuro. Senza il porto, o con un porto fortemente ridimensionato, cosa diventerebbe quell’area? La risposta è semplice, perché è già data dai fatti.
il diorama di Caterina Luciano
il diorama di Caterina Luciano


È appassionato, Aldo Libri, quando parla del “suo” porto. Il porto di Gioia Tauro.
Appassionato ed incapace di fare sconti.
Arriva nelle ultime pagine del libro, la sua dichiarazione di amore e di guerra per quello che sarebbe potuto essere il più grande hub del Mediterraneo. Arriva dopo i nomi, i cognomi, i fatti e i misfatti che incalzano veloci il racconto di quel che è stato fatto e non fatto. Di ciò che si poteva e si doveva fare.
Attraverso la storia del porto, il libro racconta la storia di una sconfitta. Quella della Calabria.

E  credo  dall'intervista  chiaccherata  che  ho fatto  sotto   che  in calabria  e  nel sud  esista ( vedere il caso   ne trovate  treacce  nell'archivio del blog  ,  del libro la società sparente  di emiliano  morrone  e una  nuova  generazione  che  lotta  contro la mafia  e   non si limita  a fare proclami  come i  Quaquaraquà, a volte scritto quacquaraquà  o meglio i professionisti dell'antimafia  ( per  usare dele espressioni di Sciascia  )  .  Ecco l'intervista  \ chiaccherata  avvenuta  proprio sulla  chat  di facebook


hai avuto difficvoltà( omerta silenzi , ecc ) nel raccogliere documenti e testimonianze ?
non ho raccolto documenti o testimonianze. io ero lì e racconto le cose che ho vissuto
.quindi un autobiografia della tua esperienza di sindacalista ?
 possiamo definirla così.è un viaggio sentimentale e politico  sentimentale per il mio amore per quella terra e per molte delle persone che cito. ma anche per un porto che poteva essere il crack positivo e non lo è ancora
perchè pubblicarlo sotto elezioni ? vuoi mandare qualche suggerimento ai politici ?
casualità ci lavortiamo da qualche mese con gli editori di sabbiarosse ed e prima o poi i libri devono uscireesce ora anche perchè l'allarme per il fututro del porto è reale
visto che nel libro : << i nomi, i cognomi, i fatti e i misfatti che incalzano veloci il racconto di quel che è stato fatto e non fatto. Di ciò che si poteva e si doveva fare.>>( da http://ilportosenzagioia.wordpress.com/2012/12/16/1/ ) hai ricevuto minacce , boicottaggi , ed accuse tipo quellwe fecero alla serie tv la piovra e agli autori ( emiliano Morrone e francesco saverio Alessio ) del libro la società sparente ?

 al momento no, per la verità. ma il libro è di 20 giorni addietro se ci fossero episodi negativi li denuncerei senza meno
Il motivo che ti ha spinto a mettere per iscritto la situazione della tua terra?
un atto d'amore e di rispetto ed anche un allarme per la situazione insostenibile.
 se fossi ministro dell'interno o della giustizia qual'è la cosa più urgente che fareste per tagliare i tentacoli della mafia anzi mafie ?
si avvicina una recrudescenza pericolosa della crisi del porto e la calabria si gioca molte speranze di sviluppo ed occupazione
io credo seriamente che ci sia da agire su due direzioni: una locale requisizione , confisca e affidamento dei beni che è una misura che lacera l'immagine di invincibilità e allenta il rapporto col territorio
la seconda è la trasparenza nei pacchetti azionari. quelli delle ipmrese per bene, per essere chiari
secondo te la forma più efficace per parlare di mafia anzi mafie è quella del saggio \ fiornalismo o quella letteraria? qualcosa d'aggiungere o da rettificare o approfondire ?
 poi ci può essere il saggio o il libro d'inchiesta o un diario come il mio possibilmente scritti da chi sa di che parla ecco evitare sensazionalismi ed approssimazioni sono questioni troppo serie la cosa fondamentale è parlarne seriamente
che ne pensi delle accuse lanciate da pdl a una recente fiction tv che parlava di mafia in calabria ? accusando che fa cattiva pubblicità e rovina l'immagine dela calabria ( le stesse accuse fatte a suo tempo alla piovra ) ?
l'immagine della calabria la rovinano la 'ndrangheta e la pessima classe dirigente (non solo politica, dunque). non fiction o opere più o meno "artistiche" che possono piacere o meno quando avremo sgominato la 'ndrangheta e la mala amministrazione potremo a vere il tempoe la voglia di prendercela anche con le fiction che non ci piacciono. prima mi sembrano manovre dilatorie

il mio carnevale 2013

Lo  so  che  questo  post   sarà considerato  da molti fuori luogo   , visto che  siamo in quaresima ed il carnevale   è finito  martedi scorso  , ma seguendo quelle che  erano   le  antiche usanze pagane e contadine  della  pentolaccia ( ormai   diventate  solo lucro    \ Business , dura  fino  a  questa  domenica  con lo svolgimento dela sfilata  rinviata  martedi 
Dopo  questa  premessa   ecco  il mio carnevale 

Giovedi Grasso
La mattina   ho lavorato  perchè abbiamo vacanza  solo il giovedì (  ed  il martedì  ) sera  . Ma la  sfilata  non  si  è fatta   ( vedere le    foto  delle  tribune   fatte  sabato mattina  )  per  la nevicata . 




E quindi  se  è solo usciti nei locali , ma io  causa  i"invecchiamento  " ( faccio  37 anni a fine mese  ) , pochi €  , e problemi di salute e noia ( i miei amici   lavorano fuori   o sono sposati o non gli interessa  più  il carnevale  o altri   lo fanno  solo per  ubriacarsi   )    stessa musica  , divieti  di fumo nei locali  aggirati  , e problemi  di congiuntiviti e cefalee  )   non sono uscito nè  a fare  foto  per il corso  nè   come facevo  fino  a  al'inizio dei 30 anni  a farmi la  6  giorni  ne  a ballare  almeno  un giorno  

venerdi   mattina  e sera lavoro 

Sabato
cattivo tempo  e  turno all'associazione  di volontariato ( la bottega   de il commercio equo e solidale ) quindi causa   forte  grandinata  , mista  a neve  i mimi  e  giocolieri  ,  le bande musicali e  hanno fatto  la  loro breve esibizione  non lungo il corso  , come  tutti gli anni  ma sotto i portici 
domenica 
Mentre qui si  è fatta la  sfilata  di carri allegorici ,. Quest'anno ho  deciuso di unirmi a mio fratello  e  di raggiungere degli amici alla  sfilata  della Sartiglia d'Oristano . Ma      " causa   "   di  mio fratello che   è  andato  nonostante i suoi  quasi  40 anni  a ballare , anche  senza  a differenza degli altri annoi mascherarsi   ed è tornato alle  4 del mattino .,  la paura   di trovare  ghiaccio   e  di rimanere  bloccati non avendo ne  catene  nè  gomme  da neve     ( poi mio padre  ci ha dato  il suo  p cap  )    paura   di  rimanere  bloccati a  campedas  ( passo  della  sardegna  centrale  )  siamo partiti  verso le  11.30\ 12  . Tropo tardi per   arrivare  presto   ( è  a  2  ore da tempio )  ad Oristano  .

Origine del nome

Sartiglia 02.jpg
Il vocabolo Sartiglia o Sartilla (come si diceva un tempo a Oristano) deriverebbe dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino sorticola, anello, diminutivo di sors, fortuna. Nel significato si coglie il senso della gara che è sì una corsa all'anello, alla stella, ma anche una festa legata alla sorte. Un evento nel quale è facile rintracciare reminiscenze di antichi riti agrari attraverso i quali i popoli chiedevano agli Dei la fertilità della terra e l'abbondanza del raccolto.

Origine della Giostra

Le radici della giostra sono sicuramente molto antiche e vanno fatte risalire ai giochi militari utilizzati per l'addestramento delle milizie. La loro introduzione in Europa è avvenuta probabilmente grazie ai Crociati intorno all'XI secolo, i quali a loro volta ne avevano appreso la pratica dai loro nemici Saraceni. In Sardegna, le gare cavalleresche di stampo orientale furono importate dalla Spagna, dove già le praticavano i Mori. La Sartiglia è presente ad Oristano dalla metà del XIII secolo[senza fonte]. È probabile che molti giudici e donzelli del Giudicato di Arborea, educati alla Corte Aragonese (dove era praticato l'esercizio all'anello) una volta saliti al trono giudicale abbiano introdotto in città la Sortija o Sartilla spagnola[senza fonte]. La gara subì molte evoluzioni e fu conservata con alcune varianti. Col passare del tempo e con l'introduzione della polvere da sparo, la lancia cadde in disuso e le giostre equestri vennero usate solo come esercizio per le reclute della cavalleria. Nel corso dei secoli la pratica della Sartiglia si mantenne viva dapprima come manifestazione delle classi nobiliari, poi borghesi coinvolgendo infine strati sociali prima esclusi, diventando in tal modo un'espressione di vita, di costumi e di cultura popolari.
La tradizione vuole che, approfittando della confusione carnascialesca, la popolazione e i cavalieri locali dessero sfogo al profondo odio che provavano per i dominatori aragonesi e che, proprio per porre un argine alle risse sempre più frequenti e sanguinose, il canonico oristanese Giovanni Dessì istituisse nel 1543 legati a favore del Gremio dei Contadini e del Gremio dei Falegnami, per il mantenimento della Sartiglia (dove il corpo a corpo era vietato) e per sostenere le spese per il ricco pranzo da offrire ai cavalieri che partecipavano alla Giostra. La tradizione trova conferma nel fatto che il Gremio gode ancora oggi del lascito (su cungiau de sa Sartiglia) per il mantenimento della Giostra. Il registro delle deliberazioni del medesimo Gremio riporta inoltre la notizia della permuta di un chiuso "detto canonico Dessì posto in territorio di Oristano". Al 1543 si fa quindi comunemente risalire il passaggio della giostra da gioco riservato ai militari d'alto rango da ripetersi, probabilmente, più volte l'anno a manifestazione carnevalesca. La numerazione ufficiale parte comunque dal 1465 per cui l'edizione 2012 è stata la 547a.  ) [...]  continua qui   http://it.wikipedia.org/wiki/Sartiglia






Bella emozionante ( come potete vedere dalle poche foto  sotto   , i video lasciamo perdere ne pubblico un pezzo  di uno  con cattura schermata ,




Mi  baso  su uno professionale (  che trovate  a   sinistra  )   preso  dal canale di youtube SartigliaTv Oristano   che  ho scaricato   da  mozzilla  firex fox ) , ma come tutte le cose emozionanti ha degli inconvenienti . Infatti o ti compri un biglietto , ma devi prenotarlo massimo 2 settimane prima   se  vuoi vedertelo in tribuna  . Se  volete  prenotare  biglietti o altro  eccovi i siti ufficiali     della sartiglia  
sei vuoi vederlo in buona posizione specie la presa della stella dalle transenne,devi essere li massimo dalla mattina presto per una cosa che inizia ale 3 del pomeriggio .
Pero' ci siamo divertiti a girare fra le bancarelle alimentari e vedere i gruppi estemporanei o persone singole di maschere non tradizionali e non ed anbbiamo grazie ad amici d'oristano che ci hanno fatto da guida siamno riusciti a vedere foto sotto da dove partono i cavalli sia delle pariglie che della gara per la stella .

Lunedi lavoro
Martedi una pessima idea degli organizzatori   ( altri anni l'ultimo giorno di carnevale s'era fatto anche con il diluvio e la neve ) niente sfilata , per previsioni sbagliate .
Mentre nei paesi del circondario si è sfilata e sono andati anche carri e grupppi da tempio ( salvo pochi coraggiosi foto sotto ) o quattro gatti

mercoledi
lavoro mattina e sera roba burocratica in banbca e cazzeggio . 
concludo  con questa  Famosissima canzone del gruppo Sardo Tazenda intitolata Carrasecare (carnevale). qui  un video con le  immagini  dei carnevali tipici  ( queli dell'interno   dell'isola  )  e  qui il testo   tradotto   di  cui riporto la frase  centrale   
Balla che adesso viene il carnevale
A scuoterci la vita
Allora potrai anche dimenticare
Le grandi preoccupazioni della settimana
E il cuore no, non si stupisce
E la morte no, non c’entra
E la notte sarà invasa dal vento della primavera
Sei contento
con questyo  è tutto al prossimo carnevale