Il salmo è un inno collettivo, probabilmente cantato per la conclusione della stagione dei raccolti (fine autunno). E’ un invito alla terra e ai popoli di lodare il Signore. Si percepisce il clima di ottimismo e di gioia che i cristiani fanno proprio anche in pieno inverno perché essi raccolgono il frutto della vite che Dio aveva divelto in Egitto e piantato in Israele: il Messia Gesù, la Benedizione del Padre su tutta l’umanità.
Rit. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
1. 2 Dio abbia pietà di noi e ci benedica,su di noi faccia splendere il suo volto;3 perché si conosca sulla terra la tua via,la tua salvezza fra tutte le genti. Rit.
2. 5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino,perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. Rit.
3. 6 Ti lodino i popoli, o Dio,ti lodino i popoli tutti.8 Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. Rit.
Seconda lettura Gal 4,4-7. Non comincia solo un’èra nuova, ma il tempo raggiunge «adesso» la sua pienezza, cioè il tempo è diventato maturo per accogliere Dio, anche se lo rifiuta. La pienezza/il compimento si manifesta in un Figlio che nasce da donna, sottomesso alla Toràh che non libera e infine nella presenza dello Spirito Santo che ci consente oggi di celebrare l’Eucaristia e di chiamare Dio con il nome di «Padre».
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Galati Gal 4,4-7
Fratelli e Sorelle, 4 quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6 E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». 7 Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio. - Parola di Dio.
Vangelo Lc 2,16-21.
Quando l’Ebreo benedice Dio usa sempre il participio passato passivo bārûk-benedetto perché in Dio la benedizione è uno «stato» permanente della sua persona, mai un augurio: «Sia benedetto!» che indica un compiersi nel tempo. Dio è Benedetto. Sempre. Lui è la benedizione. Quando Dio benedice l’uomo trasmette la sua potenza vitale, la sua capacità generativa per renderlo partecipe della sua paternità generante. «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi…”» (Gen 1,28) dove il nesso tra benedire ed essere fecondi, cioè generare è esplicito. Se a questo aggiungiamo che in Gen 1,27 «Creò Dio Adam a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina lo/li creò», la connessione è definitiva. «Maschio» infatti in ebraico si dice «zakàr» e significa «pungente», mentre «femmina» si dice «nēqēbàch» e significa «perforata». La sessualità realizzata del pungente e della perforata fanno/sono l’immagine di Dio che rende feconda la nuova realtà «coppia» con la sua benedizione che genera figli sono «come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa» (Sal 128/127,3).
Quando l’uomo benedice trasmette tutta la sua energia di vita a colui che è benedetto. Dopo il fratricidio di Abele per mano di Caino (Gen 4,10), dice il testo ebraico: «la voce dei sangui- demê (sic! plurale) di tuo fratello urlano vendetta a me dal suolo». I sangui! cioè tutte le generazioni future contenute nel grembo di Abele e stroncate da Caino urlano a Dio perché futuro e presente sono legati in vita e in morte.
Benedire l’anno nel suo principio temporale esprime la volontà di estirpare ogni intenzione di violenza e di sangue dai rapporti sociali perché benedire significa in questo contesto non solo assenza di guerra (prosperità), ma anche Pace (benessere). Partecipare alla «benedizione» del primo dell’anno vuol dire impegnarsi ad essere uomini e donne costruttori di pace, impegnati a generare la fecondità generativa della vita di cui la donna è l’archetipo originario perché tesse la vita come relazione d’amore. Nessuno uomo o donna che fomentino giustifichino o si rassegnino alla guerra, qualsiasi guerra, non possono partecipare alla benedizione né possono riceverla né possono darla. Chi pensa con categorie di guerra è semplicemente sterile, frustrato, inerte e inutile.
In Gen 27 Giacobbe, complice la madre, carpisce con inganno la benedizione al fratello maggiore, Esaù. Il quale Esaù, appena se ne rende conto, corre dal padre e implora per sé la benedizione, ma il padre Isacco non può fare nulla perché benedicendo il figlio minore, che per questo resterà benedetto per sempre (v. 33), si è svuotato definitivamente di tutta la sua capacità generativa. Esaù supplica il padre piangendo: «non hai conservato per me una benedizione?» (v. 36); «hai dunque una sola benedizione?» (v. 38). Isacco non può più benedire Esaù perché ha trasmesso a Giacobbe tutto il suo seme promessa/premessa del futuro. La benedizione/fecondità patriarcale conduce la storia della salvezza verso il futuro e viaggia attraverso il figlio minore e non il maggiore. Isacco accompagna Giacobbe, che deve scappare dall’ira del fratello Esaù, con queste parole: «Ti benedica Dio onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi»(28,3) che sono l’eco di Dio creatore in Gen 1,28: «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi…”».
La benedizione come atto che trasmette la vita e la capacità di generarla in ogni relazione umana, comprende due elementi: il gesto dell’imposizione della mano o delle mani e una parola che accompagna e spiega il gesto. Il gesto senza la parola è solo mimica, la parola senza il gesto è solo suono evanescente. E’ la stessa dinamica della creazione: «Dio disse… e così fu». Parola e fatto. Dabàr/Lògos. La Parola è il senso dell’avvenimento che è incarnazione della Parola. Non a caso gli avvenimenti della storia personale, di coppia, di famiglia, di comunità, di popolo, di popoli sono «le parole» con cui Dio parla agli uomini e alle donne di tutti i tempi, mentre la Scrittura ne è il codice cifrato per comprenderne senso e portata, in forza del principio che Dio parla agendo e agisce parlando.
In sintesi, benedire vuol dire essere in comunione di vita con colui/coloro che ricevono la benedizione; in senso spirituale significa generare colui/coloro che si benedice. Altrimenti: chi benedice è responsabile della vita di colui/coloro che benedice. Il nostro tempo è segnato da una sciagura: le parole sono separate dagli avvenimenti e spesso, le parole si rincorrono a vuoto approdando a nulla. Si rischia di perdere la parte migliore della vita, se non si riscopre il nesso amoroso e generante tra parola ed evento della vita: è il senso della benedizione dell’esistenza, quell’evento di vita e di amore che ci genera gli uni agli altri per renderci fecondi gli uni per gli altri. La frattura diventa cataclisma, quando sono le guide (genitori, insegnanti, formatori, presidenti del consiglio, deputati, superiori, parroci, vescovi…) a smarrire il raccordo tra parola ed evento, generando incertezza nei loro governati: i sangui degli eventi taciuti urlano a Dio la responsabilità di chi per opportunismo o convenienza non raccorda evento e parola.
Alla benedizione si ricollega anche la circoncisione al «giorno ottavo», perché consiste nell’incisione del prepuzio del pene maschile come segno di appartenenza al«regno di sacerdoti, una nazione santa» che è il popolo d’Israele (Es 19,6). In questo giorno, «otto giorni dopo» si dava anche il nome al nascituro, il nome che ne esprimerà la profonda natura per sempre perché il nome non è un’etichetta di distinzione, ma il segno fragile dell’anima interiore. Nel vangelo di Lc, il numero «otto» segna la vita di Gesù: all’ottavo giorno è circonciso (Lc 2,21) e riceve il «nome che è sopra ogni altro nome» (Fil 2,9), cioè Gesù / Iēsoûs / Yehoshuà’; «otto giorni dopo» si trasfigura sul monte (9,28) e infine risorge (24,1, dove si usa l’espressione liturgica «nel primo giorno dei sabbati» che è formula tecnica per indicare il giorno ottavo). In tutta la tradizione giudaica e patristica il giorno ottavo è descritto come il giorno del Messia. Nell’alfabeto ebraico il «n. 8» corrisponde alla lettera x (heth) che è chiusa da tre lati, ma aperta sul quarto, quello verso il basso, verso la terra: dall’alto al basso, dal cielo alla terra, da Dio all’uomo perché i cieli possano riversarsi sulla terra: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19), riallacciando il colloquio d’intimità spezzato da Adamo ed Eva (Gen 2,8). E’ il movimento dell’incarnazione.
La festa ebraica di Sukkôt-Capanne durava sette giorni, ma era prolungata di un giorno per completarla con Shemini azeret – L’ottava assemblea solenne che aveva una forte connotazione messianica (Zac 14,16) perché si compivano due sacrifici: uno per la remissione dei peccati del popolo (Antichità Giudaiche, X, 4, 245-247) e nel secondo si sacrificavano settanta buoi, uno per ogni popolo esistente sulla terra (Talmud (Sukkôt 55b) in espiazione per la loro salvezza, nella festa delle capanne che aveva una forte connotazione messianica. E’ l’espiazione universale di cui s’investirà Gesù sulla croce. Secondo la ghematrìa, il nome greco Iēsoûs ha il valore di 888 (= 8x3), mentre in ebraico, il termine Mashiàch ha il valore finale di 16 (= 8x2). Tutto ciò che riguarda Gesù, il Messia è sempre connesso con il «n. 8» in un rapporto non occasionale, ma salvifico e teologico. Come il 666 è l’imperfezione assoluta (3volte 6) così l’888 è il massimo della perfezione perfetta.
Il Midrash Cantico rabbà 1,1 riporta l’elenco dei dieci cantici che segnano la storia della salvezza: «Dieci cantici sono stati detti in questo mondo... Il primo cantico lo disse Adamo … L’ottavo cantico lo disse Davide, re d’Israele, per tutti i prodigi che aveva fatto per lui il Signore; egli aprì la sua bocca e disse il cantico, come sta scritto: E Davide in profezia cantò la lode davanti al Signore (2 Sam 22, 1/ targum)». Davide re e pastore immagine, tipo e padre del Messia pastore e redentore, conclude l’ottavo cantico profetizzando il Messia, sua discendenza regale. Nella Bibbia greca della Lxx in 2Sam 22,51 l’ottavo cantico si conclude con un riferimento esplicito al Messia: «Al suo cristo/unto, a David e alla sua discendenza per sempre». E Davide nel Sal 12/11,1 canta al Messia sull’ottava corda dello strumento musicale che accoglie il suo discendente nel volto di quel Bimbo circonciso «quando furono compiuti gli otto giorni» perché assume la missione del Messia salvatore e pastore d’Israele che guida nel mondo futuro, nel mondo dei redenti. E’ la conclusione della storia. E’ il ritorno all’Eden dell’«in principio».
Il 1° gennaio, capodanno civile, memoria della circoncisione di Gesù, solennità della Madre di Dio ci introduce con la cetra a otto corde in un nuovo anno, un anno sotto segno del Messia redentore che riceve il nome di Gesù/ Iēsoû /Yehoshuà’ che significa «Dio è salvezza». Il 1° gennaio è anche il giorno della Pace che il Bimbo appena circonciso ci lascerà come suo testamento e obbligo: «La pace vi lascio, la pace, quella mia, vi do» (Gv 14,27).
Iniziando l’anno civile, entriamo dunque nella benedizione di Dio, diventando noi stessi un nome che porta benedizione e fecondità nel segno della Madre che ci insegna come essere fecondi sempre della Parola che si trasforma in rito e del rito che diventa vita, lungo le strade della nostra esistenza, in ogni incontro che sperimentiamo come testimoni risorti di quel Dio-Bambino che oggi diventa benedizione sparsa su noi e davanti al quale noi pronunciamo, benedicendo, il nostro «Amen!» in attesa del nostro giorno ottavo quando entreremo con il Messia nel «regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34; cf Mishnàh, Pirqé Avot, 5, 6).
PROFESSIONE DI FEDE
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine,
morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo.
Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,
la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.
Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede
che noi ci gloriamo di professare, in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.
Preghiera dei fedeli. All’inizio di un anno nuovo, veniamo dalle nostre famiglie e dalla nostre case, dai nostri affetti e dalle nostre preoccupazioni per essere la famiglia della famiglie di Dio, la casa affettuosa dove ognuno si senta a suo agio, accolto e benedetto. Dio solo scruta il nostro cuore e solo Lui valuta i nostri bisogni in ragione della nostra salvezza. Iniziamo l’anno nel segno della Donna e nelle sue mani deponiamo la nostra attesa e la nostra fede. La benedizione di Dio, che è la sua fecondità scenda copiosa su di noi, e attraverso di noi sul mondo intero e sulla Chiesa.
Su di noi che iniziamo l’anno civile nel segno della Benedizione,
Sia benedetto Colui che viene Benedetto del Padre, Vieni, Signore Gesù!
Sui figli, bambini e bambine di cui gli adulti sono custodi,
Sui nostri figli lontani, sui nostri figli vicini o distanti! Vieni, Signore Gesù!
Sulle persone che amiamo con le quali condividiamo gioie e dolori,
Su chi ama, su chi serve, su chi soffre e chi spera, Vieni, Signore Gesù!
Su chi inizia l’anno senza luce, affogato nel buio dell’incertezza,
Su tutto il mondo, martoriato da guerre, carestie e siccità, Vieni, Signore Gesù!
Su di noi e sul nostro cuore, oggi, domani, sempre nel Nome Santo di Dio:
Su tutti noi sia la conversione del cuore la benedizione del Padre, la Vita del Figlio e la forza dello Spirito perché con l’aiuto di Dio possiamo iniziare e portare a termine il nuovo anno e viverlo in benedizione vivente e generante per chiunque incontriamo nel nostro cammino. Amen! Amen!
[Intenzioni libere, poi]
Purificati e pacificati, entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni simbolo della nostra vita e della nostra partecipazione.
Presentazione delle offerte [la benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la santa Chiesa.
Preghiera sulle offerte. O Dio, che nella tua provvidenza dai inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, fa' che in questa celebrazione della divina Maternità di Maria gustiamo le primizie del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti. Per Cristo nostro Signore. Amen
PREGHIERA EUCARISTICA III[7]Prefazio della B.V. M. II: Maria modello e madre della Chiesa
Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore. Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. É cosa buona e giusta.
E’ veramente giusto renderti grazie, è bello esaltare il tuo nome, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Ci benedica il Signore e ci protegga (cf Nm 6,24).
Ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo, nella festa della beata Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa.
I cieli e la terra sono pieni della gloria della tua santità. Osanna nell’alto dei cieli.
All’annunzio dell’angelo, accolse nel cuore immacolato il tuo Verbo e meritò di concepirlo nel grembo verginale; divenendo madre del suo Creatore, segnò gli inizi della Chiesa.
Rallegrati, Maria, il Signore è in mezzo a te! Oh, sì! Eccomi la tua Parola si compia in me.
Ai piedi della croce, per il testamento d’amore del tuo Figlio, estese la sua maternità a tutti gli uomini, generati dalla morte di Cristo per una vita che non avrà mai fine.
Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre.
Immagine e modello della Chiesa orante, si unì alla preghiera degli Apostoli nell’attesa dello Spirito Santo.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il tre volte «Santo».
Assunta alla gloria del cielo, accompagna con materno amore la Chiesa e la protegge nel cammino verso la patria,
fino al giorno glorioso del Signore.
Kyrie elèison, Christe elèison, Osanna nell’alto dei cieli. Christe elèison, Kyrie elèison.
E noi, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo con gioia l’inno della tua lode:
Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Kyrie elèison, Christe elèison, Kyrie elèison.
Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura.
Il Signore faccia brillare il suo volto su di noi e ci sia propizio (cf Nm 6,25).
Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.
«Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio», il Padre del Signore Gesù (cf Sal 67/66,5).
Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.
«Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (Fil 4,4).
Nella notte in cui fu consegnato, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione,
lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Poniamo il Santo Nome su di noi, sulla Chiesa e sul mondo ed egli ci benedirà (cf Nm 6,27).
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6).
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
«Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore … nato da donna, nato sotto la legge» (cf Mc 12,29; Gal 4,4).
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, attendiamo il tuo ritorno: Maràn, athà – Signore nostro, vieni.
Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.
Non siamo più schiavi, ma figli ed eredi della promessa per volontà di Dio (cf Gal 4,7).
Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.
Come Maria, conserviamo la Parola di Dio meditandola nel cuore (cf Lc 2,19).
Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi e le sante, nostri intercessori presso di te.
«Lo spirito del Signore è su di me, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri» (cf Is 61,1; Lc 4,18).
Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa Benedetto, il Vescovo Angelo, il collegio episcopale, il clero, le persone che vogliamo ricordare … N.N … e il popolo che tu hai redento.
«I pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia» (Lc 2,15-16).
Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale.
«Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano» (Lc 2,18).
Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.
«I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20).
Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; ricordiamo tutti i defunti … concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, per la tua gloria immensa, o Lògos eterno circonciso nella carne.
Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELLA UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.
Padre nostro in aramaico:
Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:
Padre nostro che sei nei cieli
Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!
Antifona alla comunione ( Lc 2,19): Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
Dopo la comunione. In questo 1° giorno dell’anno, guardiamo al mondo intero e spalanchiamo il nostro cuore ai miliardi di uomini e donne che misurano il tempo e le stagioni con ritmi diversi dai nostri, perché sono scanditi dal ritmo della fame e della sete, della schiavitù e dello sfruttamento.
Te Déum laudámus
Concludiamo con l’Inno «Te Deum», ringraziando il Signore per l’anno che si è chiuso e ringraziandolo anticipatamente per quello che oggi inizia. L’inno detto «ambrosiano», dalla critica moderna è attribuito con certezza a san Niceta (335 ca. – dopo il 414) vescovo di Remesiana (oggi Bela Palànka, presso Niš in Serbia) dal 366 che lo compose introno all’anno 400, nel tempo in cui era viva la lotta contro l’eresia nestoriana che negava la divinità di Cristo. In origine l’inno era rivolto a Cristo, ma successivamente, attenuatasi la tensione eretica, l’inno acquistò il respiro trinitario che mantiene ancora oggi.
1. Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore.O eterno Padre, * tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli * e tutte le potenze dei cieli:Santo, Santo, Santo * il Signore Dio dell'universo.
I cieli e la terra * sono pieni della tua gloria.
sono pieni della tua gloria.
2. Ti acclama il coro degli apostoli *e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *la santa Chiesa proclama la tua gloria,adora il tuo unico Figlio, * e lo Spirito Santo Paraclito.
3. O Cristo, re della gloria, * eterno Figlio del Padre,tu nascesti dalla Vergine Madre * per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
4. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.*Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, *che hai redento col tuo sangue prezioso.Accoglici nella tua gloria * nell'assemblea dei santi.
5. Salva il tuo popolo, Signore, *guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
6. Degnati oggi, Signore, * di custodirci senza peccato.Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
7. Pietà di noi, Signore, * pietà di noi.Tu sei la nostra speranza, *non saremo confusi in eterno.
Dedichiamo all’Africa, il nostro pensiero e la nostra preghiera del 1° giorno del nuovo anno, a quel continente dalla cui salvezza dipende anche la nostra.
«Si alza dolce, fiera, impetuosa la voce della figlia del mio popolo». Con queste parole nel 2004 il giornalista Jean-Léonard Touadi, presentava una raccolta di poesie di Elisa Kidanè, comboniana africana in Italia, terra di missione. Vogliamo proporre una sua poesia dedicata a Maria, Madre dell’Africa, che con quel suo «anticipando l’alba, generando l’aurora» ci rivela quale deve essere lo spirito di questo tempo di Natale e di ogni nostro giorno: anticipare l’alba e generare l’aurora o come dice il salmista: «Svègliati, gloria mia, svegliati il liuto e l’arpa e io vorrò svegliare l’aurora» (Sal 57/56,9; cf Sal 108/107,3)
Elisa Kidanè, Nei tuoi occhi
[8].
1. Avanzi
maestosa,
più che regina,
e nei tuoi occhi
riflessa sta
una forza
a te solo conosciuta.
2. E vai,
da sempre,
macinando miglia
ingoiando polvere
caricando pesi
coltivando sogni.
3. E vai
con passo fermo
e coraggio infinito
segnando tappe
per capitoli nuovi
di un libro antico.
4. E continui
ad andare,
instancabile
venditrice
di speranza.
Non importa
se la pioggia
inzuppa le tue ossa,
se il sole
nel Dio della Vita,
riflesso
nei tuoi occhi
custodito
nel tuo cuore
di Madre d’Africa
e ostinata custode.
brucia l’anima tua.
Nei tuoi occhi gentili
riflessa sta
una meta
a te solo conosciuta.
5. E vai
incontro alla notte.
Ad attenderti
le stelle,
impazienti di danzare
al ritmo dolce
del tuo cuore.
6. Eppoi
prima che spunti il sole,
riprendi il cammino
anticipando l’alba
generando aurora,
e i popoli d’Africa
vedendoti avanzare all’orizzonte,
maestosa,
più che regina,
rinnovano,
ancora una volta, la fede
Affidiamo alla protezione di Maria il nuovo anno che inizia nel segno della donna
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,Santa Madre di Dio;non disprezzare le nostre suppliche
quando siamo nella prova,e liberaci da ogni pericolo,o Vergine gloriosa e benedetta.
Preghiamo. Con la forza del sacramento che abbiamo ricevuto guidaci, Signore, alla vita eterna, perché possiamo gustare la gioia senza fine con la sempre Vergine Maria che veneriamo madre del Cristo e di tutta la Chiesa. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Il Signore è con voi oggi e sempre E con il tuo spirito!
Il Signore che è nato per noi è con tutti voi! E con il tuo spirito!
Il Signore che si sottomette alla Toràh di Mosè vi benedica e vi protegga. Amen!
Il Dio che è nato da Maria nella pienezza del tempo vi colmi della sua pienezza. Amen!
Il Dio che nessuno può vedere senza morire, vi mostri il suo volto nel Bimbo che celebrate. Amen!
Il Dio che i cieli non possono contenere, venga in voi e vi stabilisca la sua Dimora. Amen!
Il Dio che si è rinchiuso nel seno della donna vi riveli il suo Volto materno. Amen!
Il Dio che è sempre fedele alla sua promessa, vi doni la sua pace e la sua luce. Amen!
Il Dio che viene a noi Principe della Pace con un vangelo di pace, sia la vostra Pace. Amen!
Il Dio che viene a noi Bambino in ogni bambino e bambina, sia davanti a voi per guidarvi. Amen!
Il Dio che è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, sia dietro di voi per difendervi. Amen!
Il Dio che Maria, la Madre, offre al mondo come Redentore, sia accanto voi per confortarvi. Amen!
E su tutti voi, che avete partecipato a questa liturgia nel segno di Gesù ebreo
per sempre Figlio della Donna e Padre della Pace, discenda dal cielo la benedizione
dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
L’Eucaristia termina come rito, l’Eucaristia inizia ora come vita: andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita! Rendiamo Grazie a Dio che nasce per noi!
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© Capodanno 2008 / Solennità della Madre di Dio – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]
Paolo Farinella, prete – 01/01/2008 – San Torpete – Genova
[1] L’asterisco che precede (*) indica che le letture sono quelle del nuovo lezionario entrato in vigore con la 1a domenica di Avvento, Anno A (2 dicembre 2007).
[2] Dicono le cronache che l’Imperatore Teodosio favorevole in un primo tempo a Nestorio, non volesse firmare il decreto del concilio, ma firmò quando vive un’immensa folla, spontaneamente convenuta davanti alla basilica di San Giovanni per inneggiare a Maria la Theotòkos/Madre di Dio in un tripudio di festosità. L’imperatore impressionato accettò e diffuse il decreto conciliare contro Nestorio. Il popolò accompagnò ogni singolo vescovo alla propria dimora, illuminando la città con la luce delle torce e cantando inni di ringraziamento. Era il 31 luglio dell’anno 431.
[3] Anche per il dogma dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre 1854 il papa dichiarò ufficialmente ciò che il popolo da secoli professava e credeva. Lo stesso avverrà per l’ultimo dogma mariano: l’Assunzione del 15 agosto 1950. Singolare che le verità di fede che riguardano la Madre sono sempre anticipate dal popolo di Dio, prima ancora e a volte contro la teologia ufficiale, costretta a prenderne atto. Non è un caso che la tradizionale teologia cattolica insegna che il «sensus fidei» del popolo di Dio è infallibile allo stesso modo del magistero ufficiale nei casi in cui questi si trova nelle condizioni dell’infallibilità (cf Lettera di Giovanni Paolo II al card. Roger Etchegaray in occasione della pubblicazione degli Atti del Simposio Internazionale “L’Inquisizione” [Città del vaticano, 29-31 ottobre 1998], 15 giugno 2004, 2-3; la Lettera riporta altre citazioni magisteriali sull’argomento).
[4] Narrano le cronache, e noi per grazia di Dio ne fummo testimoni emozionati e protagonisti, che la sera di quel memorabile giorno, il popolo romano si riversò spontaneamente e senza organizzazione in piazza San Pietro, ciascuno munito di una fiaccola. Fu uno spettacolo indimenticabile: un mare di fiaccole palpitava nel cuore della Chiesa, segno visibile di quella «novella pentecoste» che al mattino il papa aveva evocato nel suo discorso inaugurale. Ancora una volta, il popolò capì, sentì e visse l’evento prima della gerarchia. Dal Concilio di Efeso al Concilio Vaticano II, lo stesso «sensus fidei» dava corpo ad una fede corale e si riconosceva nell’evento del concilio che avrebbe rivoluzionato la chiesa e segnato il sec. XX. Quella sera, il papa, fuori di ogni protocollo, si affacciò alla finestra del suo studio e di fronte al mare di luci che dondolava davanti a lui, fece il più bel discorso del suo pontificato, passato alla storia come «Il discorso della luna» o «della carezza ai bambini».
[5] In ebraico Rosh Hashanàh (lett. «testa/inizio dell’anno») cade tra settembre e ottobre (mese di Tishri). dura dieci giorni e si conclude con lo Yom Kippur/giorno dell’espiazione quando si suona il corno di ariete per ricordare a Dio i «meriti di Isacco» che si fece legare dal padre Abramo per essere immolato (Aqedàh/legatura di Isacco). Dio sentendo il suono del corno e ricordandosi di Isacco, trasforma il giudizio di castigo in medicina di misericordia. In questo giorno si prega: «O Signore nostro e Dio dei nostri padri regna sull’intero mondo nella tua Gloria e sorgi su tutta la terra nella tua Maestà» (Ufficio di Rosh Hashanàh, Shemoné Esre, ’Elohènu ve’lohe).
[6] Chi volesse approfondire può consultare la nostra rubrica «Così sta scritto» sulla rivista Missioni Consolata, dove questi temi sono un po’ più sviluppati. Sul significato di «benedizione»: Anno 107, 3 (2005), 50 (di cui la presente omelia è una sintesi); sul significato della nascita «da donna»: Anno 107, 10, (2005), 64-66; sul significato della circoncisione al «giorno ottavo» Anno 108, 1 (2006), 66-67. Gli stessi articoli sono consultabili sul sito della rivista Missioni Consolata al link: www.missioniconsolataonlus.it/cerca.php?cat=25&PHPSESSID=1ee97374bbc55f960f75650dc5a13439
[7] La Preghiera eucaristica III è stata composta
ex novo su richiesta di Paolo VI in attuazione alla riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Non ha un prefazio proprio, ma mobile e per questo, forse, ha finito per essere scelta, nella pratica, come la preghiera eucaristica della domenica.
[8] Fonte: «Giorno per giorno» della Comunità Evangelho è Vida del Bairro Rio Vermelho di Goiás [GO], Brasile del 25.12.2006.