a cura di Simone Canova, Jacopo Fo, Gabriella Canova, Maria Cristina Dalbosco
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questa settimana vi proponiamo una breve scheda di un libro per alcuni aspetti scomodo, per altri sconvolgente. Si tratta di "Cacciatori di corpi" della giornalista Sonia Shah.
Buona lettura!
"Questo libro", scrive John Le Carré nella prefazione, "è un atto di coraggio da parte di chi lo ha scritto e dei suoi editori. Da quando ho pubblicato 'Il Giardiniere Tenace' ho ricevuto bozze di libri, talvolta interi dattiloscritti, da specialisti del giornalismo investigativo determinati a sollevare il velo che copre il lato oscuro dell'impresa più lucrativa del mondo: l'industria farmaceutica. Quando mi sembrava che il lavoro che mi era stato sottoposto fosse meritevole di pubblicazione, e scritto in un linguaggio scorrevole, non appesantito da montagne di termini medici astrusi, lo inoltravo a qualche agente letterario o a lettori editoriali. Eppure, a quanto mi consta, nessuno di questi autori ha mai visto realizzato il suo progetto. E se a distanza di mesi ne indagavo con discrezione le ragioni, la risposta, confezionata nei modi più diversi, in sostanza era sempre la stessa: 'troppo rischioso'. [...] Con un linguaggio chiaro, facilmente accessibile, e una ricca casistica accuratamente documentata, Sonia Shah assesta con questo libro un bel colpo per conto di tutti coloro che sognano di imbrigliare l'enorme potenzialità positiva insita nell'industria farmaceutica, di vedere i prodotti messi finalmente a disposizione di coloro che ne hanno più bisogno e di ridurre l'avidità che ne alimenta le pratiche peggiori".Il perché, in realtà, lo sappiamo tutti. Tali farmaci emergono dal pantano di un'innumerevole serie di esperimenti falliti, ognuno condotto su decine e decine di esseri umani vivi, alcuni dei quali è probabile ne siano stati danneggiati in modo irreparabile. Il fatto che la ricerca medica comporti un prezzo alto da pagare è una verità che non amiamo riconoscere, che non ci piace, che suona sinistra. Eppure, siamo costantemente alla ricerca di pillole che alleviino i nostri malesseri o stimolino il nostro rendimento. Da tempo, persino da quando gli scienziati britannici alla metà dell'Ottocento iniziarono a coprire col segreto il loro lavoro di macelleria sugli animali vivisezionati, viviamo questa contraddizione. Il problema vero è che il peso dei possibili abusi tende a ricadere su quanti tra si ritrovano più poveri e socialmente vulnerabili.
Secondo Usa Today, i protagonisti del "Big Pharma" mondiale come Pfizer, GlaxoSmithKline, Wyeeth, Merck e altri, che oggi già conducono fra il 30 e il 50% dei propri esperimenti al di fuori degli Stati Uniti e dell'Europa Occidentale, avevano in progetto di arrivare entro il 2006 a effettuare all'estero il 67% della loro sperimentazione. "Il trasferimento all'estero della sperimentazione sui farmaci sta iniziando ad accelerare", confermava il Washington Post nel maggio del 2005.
Sonia Shah - rinomata scrittrice e giornalista d'inchiesta, già autrice di "Oro nero. Breve storia del petrolio" (Mondadori, 2005) - ci fa notare che le conseguenze vanno al di là delle sorti individuali dei soggetti coinvolti negli esperimenti, più inquietanti sono le possibili ripercussioni per i sistemi sanitari dei paesi che "ospitano" le sperimentazioni nel loro complesso. Infatti, mano a mano che cresce l'importanza della sperimentazione clinica, una porzione crescente delle già scarse risorse a disposizione viene distolta dall'assistenza ai pazienti. A rincarare la dose, le decisioni politiche degli stessi governanti di cui sopra: norme restrittive nella legislazione sui brevetti e scarsa attenzione all'osservanza dei principi etici nella sperimentazione. Insomma, sembra proprio che ad incoraggiare l'oscuro business multinazionale sempre più spesso ci pensino, fatalmente, coloro che per primi se ne dovrebbero guardare.

Era il giorno del suo compleanno, quel 15 settembre 1993. Voglio insime ad i
Non conosco bene il trambusto che ha vissuto il nostro amico Pino Masciari quella notte di 10 anni fa quando, dopo aver scelto di testimoniare contro i suoi estorsori ed aguzzini, si è affidato anima e corpo allo Stato per collaborare nelle indagini ed ottenere non solo giustizia, ma soprattutto protezione per sé e la sua famiglia. Da quel giorno lui sarebbe stato un “testimone di giustizia”, una sorte che tocca tutti coloro che, per vissuto, si sono trovati a vivere la violenza della malavita fino a trovare la forza di denunciare e testimoniare apertamente contro i propri aguzzini. 
Pino spesso racconta che, dopo aver deciso di collaborare ed essere stato trasferito per motivi di sicurezza, non ha potuto ricominciare a vivere come garantito: niente lavoro per lui e la moglie, un reddito minimo che basta appena ad arrivare alla fine del mese e l’impossibilità di impiegarsi in alcun modo.



Grazie a tutti\e attivi o passivi . Grazie a 

Il resto è rappresentato da opinioni assolutamente personali, gratuitamente e gravemente offensive e oltretutto storicamente false perchè la Rai detiene da tempo saldissimamente la supremazia nel campo radiotelevisivo nazionale.
Un autentico sproloquio (ripeto: altamente offensivo) che coinvolge anche una testata come il Tg1 che non c'entra niente con la notizia del post e che si sta distinguendo per un'informazione ampia e completa. Come dimostra la vicenda di padre Bossi o come la triste storia di Luminic che sto seguendo ora in Romania, in entrambi i casi unico inviato di tutta la stampa italiana.