18.5.13

L’Ue: piccoli ortaggi fuorilegge, vietato prodursi il cibo ?

  notizie  contrastanti  sulla decisione Ue   riguardo al divieto di prodursi  gli    ortaggi  per  proprio conto .
Infatti è  vero  \  certo   secondo   http://www.libreidee.org/2013/05  è  una  bufala     secondo  http://www.ecoblog.it/post/67805/  .  Io  leggendo entrambi mi sono fatto una idea    che   corrisponde  a  questa  :

Marianna Bulciolu Degortes ha condiviso un link.
Da Giuseppe Dettori:"Considerarla una bufala e non un chiarimento, rischia di far abbassare la guardia verso un progetto ben chiaro di chi, disonestamente, vuole appropriarsi della 'gestione mondiale' dei semi. I nomi delle aziende che si nascondono dietro questi progetti sono ben note!".

Infatti   sempre  da  facebook  


  • Oliviero Sensi Andare a leggere le regolamentazioni : DOCUMENTO DEL FITOPATOLOGICO IN MERITO ALLA CIRCOLAZIONE DEI MEDESIMI SEMI FIORI DROGHE ETC...
    Ieri alle 11.41 · Mi piace · 1


    Immacolata Ziccanu "l’obbligo di iscrizione al registro ufficiale comunitario che, assicurando le caratteristiche delle varietà iscritte, rappresenta una garanzia per i produttori agricoli come per i consumatori."...così inizia il controllo. Mi viene in mente la storia del latte che pian piano è diventato illegale acquistarlo direttamente dal pastore perchè poco igienico ( vedi le porcherie che ci hanno trovato dentro). Son cresciuta col latte di mucca vera e durante la crescita scoppiavo di salute...e non è che fin'ora mi possa lamentare!
    Ieri alle 12.15 · Non mi piace più · 2


E voi  ? Eccovi entrambi gli articoli  a  voi  giudicare      se  considerarlo una bufala  o  vero    .

IL PRIMO 



L’Ue: piccoli ortaggi fuorilegge, vietato prodursi il cibo  Scritto il 16/5/13



Una nuova legge proposta dalla Commissione Europea renderebbe illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” i semi di ortaggi che non sono stati “analizzati, approvati e accettati” da una nuova burocrazia europea denominata “Agenzia delle Varietà Vegetali europee”. Si chiama “Plant Reproductive Material Law”, e tenta di far gestire al governo la regolamentazione di quasi tutte le piante e i semi. Se un contadino della domenica coltiverà nel suo giardino piante con semi non regolamentari, in base a questa legge, potrebbe essere condannato come criminale. Questa legge, protesta Ben Gabel del “Real Seed Catalogue”, intende stroncare i produttori di varietà regionali, i coltivatori biologici e gli agricoltori che operano su piccola scala. «Come qualcuno potrà sospettare – afferma Mike Adams su “Natural News” – questa mossa è la “soluzione finale” della Monsanto, della DuPont e delle altre multinazionali dei semi, che da tempo hanno tra i loro obiettivi il dominio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni sul pianeta». Criminalizzando i piccoli coltivatori di verdure, qualificandoli come potenziali criminali – aggiunge Adams in un intervento ripreso da “Come Don Chisciotte” – i burocrati europei possono finalmente «consegnare il pieno controllo della catena alimentare nelle mani di corporazioni potenti come la Monsanto». Il problema lo chiarisce lo stesso Gabel: «I piccoli coltivatori hanno esigenze molto diverse dalle multinazionali – per esempio, coltivano senza usare macchine e non vogliono utilizzare spray chimici potenti». Per cui, «non c’è modo di registrare quali sono le varietà adatte per un piccolo campo, perché non rispondono ai severi criteri della “Plant Variety Agency”, che si occupa solo dell’approvazione dei tipi di sementi che utilizzano gli agricoltori industriali». Praticamente, d’ora in poi, tutte le piante, i semi, gli ortaggi e i giardinieri dovranno essere registrati. «Tutti i governi sono, ovviamente, entusiasti dell’idea di registrare tutto e tutti», sostiene Adams. Tanto più che «i piccoli coltivatori dovranno anche pagare una tassa per la burocrazia europea per registrare i semi». Gestione delle richieste, esami formali, analisi tecniche, controlli, denominazioni delle varietà: tutte le spese saranno addebitate ai micro-produttori, di fatto scoraggiandoli. «Anche se questa legge verrà inizialmente indirizzata solo ai contadini commerciali – spiega Adams – si sta stabilendo comunque un precedente che, prima o poi, arriverà a chiedere anche ai piccoli coltivatori di rispettare le stesse folli regole». Un tecno-governo impazzito: «Questo è un esempio di burocrazia fuori controllo», spiega Ben Gabel. «Tutto quello che produce questa legge è la creazione di una nuova serie di funzionari dell’Ue, pagati per spostare montagne di carte ogni giorno, mentre la stessa legge sta uccidendo la coltura da sementi prodotti da agricoltori nei loro piccoli appezzamenti e interferisce con il loro diritto di contadini a coltivare ciò che vogliono». Inoltre, aggiunge Gabel, è molto preoccupante che si siano dati poteri di regolamentare licenze per tutte le specie di piante di qualsiasi tipo e per sempre – non solo di piante dell’orto, ma anche di erbe, muschi, fiori, qualsiasi cosa – senza la necessità di sottoporre queste rigide restrizioni al voto del Consiglio.


Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli: «Il problema di questa legge è sempre stato il sottotitolo, che dice un sacco di belle cose sul mantenimento della biodiversità e sulla semplificazione della legislazione», come se il nuovo dispositivo rendesse finalmente le cose più facili, ma «negli articoli della legge c’è scritto tutto il contrario», avverte Adams. Esempio: dove si spiega come “semplificare” le procedure per le varietà amatoriali, non si fa nessun accenno alle accurate classificazioni già elaborate dal Defra, il dipartimento britannico per l’agricoltura impegnato a preservare le varietà amatoriali. Di fatto, spiega lo stesso Adams, la maggior parte delle sementi tradizionali saranno fuorilegge, ai sensi della nuova normativa comunitaria. «Questo significa che l’abitudine di conservare i semi di un raccolto per la successiva semina – pietra miliare per una vita sostenibile – diventerà un atto criminale». Inoltre, spiega Gabel, questa legge «uccide completamente qualsiasi sviluppo degli orti nel giardino di casa in tutta la comunità europea», avvantaggiando così i grandi monopoli sementieri.
E’ quello che stanno facendo i governi, insiste Adams: «Stanno prendendo il controllo, un settore alla volta, anno dopo anno, fino a non lasciare più nessuna libertà», al punto di «ridurre le popolazioni alla schiavitù in un regime dittatoriale globale». Si avvera così la “profezia” formulata da Adams nel libro “Freedom Chronicles 2026” (gratuito, scaricabile online), nel quale un “contrabbandiere di semi” vive in un tempo in cui le sementi sono ormai divenute illegali e c’è gente che, per lavoro, ne fa contrabbando, aggirando le leggi orwelliane imposte della Monsanto. L’incubo pare destinato a trasformarsi in realtà: «I semi stanno per diventare prodotti di contrabbando», afferma Mike Adams. «Chiunque voglia prodursi il suo proprio cibo sta per essere considerato un criminale». Questo, conclude Adams, è il dominio totale sulla catena alimentare. «Tutti i governi cercano un controllo totale sulla vita dei cittadini». Per questo, oggi «cospirano con le multinazionali come la Monsanto», ben decisi a confiscare la libertà più elementare, cioè il diritto all’alimentazione. «Non vogliono che nessun individuo sia più in grado di coltivare il proprio cibo».

15.5.13

il cliente è sempre un cliente ma... non sempre ha ragione

il titolo ed il post  d'oggi    sono ispirati ad  una discussione  avuta (  chi  ha  facebook  in quanto i miei post  sono visibili e commentabili  anche  da  tutti\e     quelli  che non sono fra i miei utenti ,può come i miei utenti saltare  tale  discussione e passare  ala 2  parte  del post  ) avuta  su facebook


  
Il cliente  ha ragione  (  lista   ripresa  con aggiunte  in base  alla mia esperienza personale  dal sito   citato sopra  )  



Se non ci fa perdere tempo 
se  è ( o quasi )  puntuale 
Se non ha pretese assurde
Se ha rispetto per il nostro lavoro
se non ci considera suoi servi
Se ha la nostra stessa pazienza
Se ha la nostra stessa cortesia
Se non chiede ( insistentemente  ) sconti
 sopratutto se. . . PAGA possibilmente   IN CONTANTI O  E' PUNTUALE  NEI PAGAMENTI  .


  Le   analizzo punto per  punto   aggiungendovi la mia esperienza personale  

 1-2 ) 
Quando vai in un negozio   : cerchi possibilmwente  di  non arrivare   quando sta  chiudendo   o  se  ti capita   scegli  in fretta  o  se devi fareti  fare  un qualcosa  (  nel  caso della mia attività una confenzione i  un mazzo di  fiori  )   dici orientativamente  il prezzo che  vuoi  spendere  e  i  commessi    non vedendo l'ora  di  finire  saranno più  contenti nell'accomntentarti  . Evitaperò che  qusto  si ripetà tutte le volte  . 
3) se una cosa  è troppo costosa per  le  tue tasche  o non la compri  oppure  la  compri  se  è necessaria   , ma poi non ci ritorni più , ma   non è  che ti metti a  fare  storie  come   è sucesso   ad  un cliente  del mio negozio 
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2012/03/pazienza-questa-mia-sconosciuta-figure.html
4)  nel senso che pendono le cose   senza  che  nessuno gli abbia detto  di farlo ( come nel mio caso ) oo perchè ne  hano preso  troppe  , capita --- è capitato anche  una vota    andando a fare la spesa   ---- poi che  i sold non ti bastino     e poi  non le rimetti al suo posto  ma dove  capita *
5-6)   esempio successomi da poco  . Delle clienti  avevano  preso   diverse piante  in più  serre    anzichè scendere in macchina  per  caricarsele   sia  prima di prenderne altre  ,( o magarti  dopo   )  hanno preteso  con la scusa che  : <<  che poi  viene  male  a contarle  ( nonostantre  avessi  il block notes  e d  una penna )  per  fare il conto  e  che  biosognava   caricarle  duie   volte  >>  di  portarglierle  con la  carriola  . Non le  ho  mandate  a  .....  perchè   era più grandi  me   ( otevano avere l'età dei miei   genitori  )  , perchè non m'abbasso al loro  livello  e  non voglio sembrare  caffone   anche  se  volte  certa  gentge  se  lo merita  . Ma  soprattutto  perchè  , come  ho già detto  , alll'inizio del ost  , c'è crisi , ed  ogno  cliente  è prezioso 
 Gli altri due   sono talmente lamapanti   che non vole la pena  spiegarli \  commentarli  .  Posso solo  dire  è  da  caffoni  : 1)   chiiedere lo sconto  specie   se acquisti poco e niente   o  quando  certe  cose  sono o già scontante  o  a  prezzi bassi  . 2)  idem  ritardare  nei pagamenti  .

Un fatto non citato   sia  nella "  regole   da me  riportate  all'inizio post  , almeno  io non ho trovato  niente  , nei vari  articoli posst  , ecc . sul rapporto  fra negoziante  \  commesso   è  quello   del cellulare  . Mi spiego meglio  . In negozio   al volte  capita   che  certe persone  entrano  o che  chiamano  o ricevono  chiamate  ( ok può capitare , ma un conto  è  dire    ti richiakmo  o chiudere la chiamata  )  invece  :  anziché   come  si dovrebbe  fare   non lo    si spegne o  si mette  silenzio \  vibrazione   .E  si entra parlando  al cellulare. ed  indicando  a   gesti  alle commesse   quello che  vuoi o  non  vuoi  o  quanto costa  . E  poi quando  essa  ti prepara quello che ha  chiesto continuare  a parlare   ed  uscire sempre parlando  , senza  neppure  salutare  . Ed  è  per  questo che   non biasimo questa  iniziativa   di quattro ani fa  : 
 da  http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/  del  19 ottobre 2009(ultima modifica: 20 ottobre 2009)

PIAZZA SANTA MARIA NOVELLA
Entri nel negozio e parli al cellulare?
E il tabaccaio non ti serve più
Nelle tabaccherie di piazza Santa Maria Novella e piazza Ottaviani, dietro al banco della cassa c’è un cartello con una scritta insolita: «Non serviamo persone al cellulare»


FIRENZE 

Bando alla maleducazione, a quelli che entrano nei negozi e neanche ti guardano, a chi ti chiede di essere servito e parla al cellulare. Da qualche settimana, nelle tabaccherie di piazza Santa Maria Novella e piazza Ottaviani nel centro di Firenze, dietro al banco della cassa c’è un cartello con una scritta «SIAMO STANCHI DELLA MALEDUCAZIONE» - «Lo abbiamo fatto - spiega la commessa della tabaccheria di Santa Maria Novella - perchè siamo stanchi della maleducazione di certi clienti che vogliono essere serviti mentre parlano e a volte litigano al cellulare. È una forma di mancanza di rispetto che non sopportiamo». Insieme alla lotta alla maleducazione, al degrado e alla crisi col fai-da-te, una curiosità arriva sempre da un locale del centro di Firenze.  insolita: «Non serviamo persone al cellulare».( ..... )  


   con questo  è tutto  

13.5.13

Preghiera sulle ceneri del Pd: non farmi morire democristiana la storia di laura Pisano

una delle mosche bianche all'interno del pd  , che  purtroppo preferiscono combattere all'interno  del partito anziché  fuoriuscirne    


unione sarda  del 12\5\2013 
cattura  schermata  da http://www.youtube.com/watch?v=7VxZLYvCRug
L'abbraccio col Popolo delle libertà, insomma il governo di larghe intese celebrato dal papa laico Napolitano I, ha avuto ripercussioni devastanti all'interno del Pd.Al momento di votare la fiducia al gabinetto Letta (come da accordo sottoscritto fra Pdl, Partito democratico e i montiani di Scelta civica), il deputato Pippo Civati s'è fatto venir voglia di fare pipì ed è uscito da Montecitorio. Qualche giorno dopo, ad operazione ormai perfezionata e battezzata, l'ex segretario Cgil, Sergio Cofferati, ha testualmente dichiarato in un'intervista: «Il Pd ha fatto carta straccia del mandato sottoscritto con gli elettori». Buttar via la tessera e andarsene? «Aspettiamo il Congresso, è l'ultima possibilità». Tanto per non allentare la tensione, il primo maggio è stato terribile per il mitico sindaco di Torino, Piero Fassino: in piazza l'hanno salutato con un bombardamento d'uova. Un po' come era successo, molti anni prima, al leader socialista Bettino Craxi all'uscita da un hotel a Roma. L'unica differenza è che a Craxi avevano lanciato monetineIl bollettino sismico segnala cinquanta sedi Pd occupate in tutto il Paese da una base infuriata e decisa a non arrendersi. Col cuore, anche se giurerebbe il contrario, sta certamente coi disobbedienti Laura Pisano, 49 anni, uno dei sette membri della segreteria regionale del Partito democratico in Sardegna. Si limita a dire: «Sono una donna di sinistra».Incontrarla a Cagliari in via Emilia, nelle disadorne stanzette di quella che la cronaca chiama la Casa Bianca del Pci, significa scoprire quali siano oggi patimenti e miserie del militante-tipo. Laura Pisano ha preso la tessera del partito appena quattro anni fa ed è in segreteria regionale dalla primavera del 2011. Non ha aree di riferimento (guai a chiamarle correnti), nel passato prossimo si è occupata di un'associazione ( L'altra cicogna) molto presente nel dibattito sulla fecondazione assistita.Niente padrini, insomma. O leader di riferimento, se preferite. Ha deciso di iscriversi non appena s'è resa conto che «per cambiare le cose, per incidere davvero, bisogna metterci la faccia. Troppo facile criticare e giudicare da lontano, a distanza di sicurezza». Quanto alla carriera-lampo, giura che l'atterraggio in segreteria regionale è stato «un fulmine a ciel sereno, non me l'aspettavo. Mi sono posta domande per arrivare a una conclusione: voglio il rinnovamento e non la rottamazione. Non si rottama, la Storia. Rinnovamento vuol dire invece lottare per cambiare metodi e riti di partito». Depressa dopo quattro anni di quasi inutili battaglie interne? «S'è fatto più di un passo avanti. Ero e resto convinta che il Pd sia una garanzia, anche se talvolta non ne ho condiviso i passi».Avvolta in una splendida collana fatta di bottoni d'ogni misura («i bottoni sono come le mamme: uniscono e non dividono. Dovrebbe succedere anche in politica»), ribadisce un obiettivo che le cronache di questi giorni fanno saltare agli occhi: «Non è più tempo di potentati».
Morale: resta nel Pd o fugge?
«Resto e faccio le mie battaglie».
Neppure sfiorata dal dubbio se fare le valigie?
«Il dubbio ti viene, certo. Ma penso che la coriandolizzazione dei partiti di sinistra ci abbia portato, alle ultime elezioni, a quella che Bersani ha chiamato non vittoria: abbiamo la maggioranza alla Camera ma non al Senato».
Dunque?
«Solo restando all'interno del Pd si può sperare di cambiare le cose».
Secondo lei, che differenza c'è fra Enrico Letta e Arnaldo Forlani?
«Ho rispetto per Enrico Letta come di chiunque la pensi in modo differente da me. Però proveniamo da storie diverse, io e lui».
Destra e sinistra esistono ancora?
«Certamente: la presenza nel governo del ministro Cécile Kyenge lo dimostra. Noi siamo per l'integrazione con altre culture. Fra trent'anni saremo un popolo di vecchi, abbiamo bisogno di nuove energie».
Non è proprio quello che pensa l'europarlamentare leghista Borghezio.
«Per carità, di quello non voglio nemmeno parlare. E, se posso, vorrei farvi una domanda: è obbligatorio per i giornalisti intervistare sempre le stesse persone?»
Sì, perché - fatte salve poche eccezioni - siamo maggiordomi.
«Sono molto critica nei confronti di certa stampa, credo abbia una responsabilità precisa anche in questa vicenda».
La Dc, al massimo del fulgore, aveva otto correnti. Il Pd?
«Dovrebbero esserci due grandi aree ma poi, ahinoi, abbiamo una serie di teste pensanti che ritengono di essere il vero leader del partito».
Ce l'ha un nome di riferimento?
«In un congresso la maggioranza elegge il segretario. Nel momento preciso in cui lo fa, il nuovo segretario diventa il mio leader. Chiunque sia».
D'accordo ma la domanda era un'altra.
«Sicuramente mi fa molta simpatia Pippo Civati. E tutti i rinnovatori, non i rottamatori».
Primo punto del vostro programma elettorale: mai al governo col Pdl. Salvo fare il contrario.
«È il grande dolore di questi giorni. È stato un oltraggio alla base, agli elettori e a moltissimi di noi dirigenti. Io credo che questa soluzione non piaccia a nessuno».
Neanche a Letta?
«Non mi faccia dire cose cattive».
Beh, almeno lo zio Gianni sarà stato contento.
«Sono convinta che mentre Bersani faceva strenui tentativi per mantenere l'impegno con l'elettorato, altri stavano lavorando per trovare soluzioni assai diverse».
Ma come può un militante di sinistra votare Marini per il Colle?
«Marini è stato a capo di un sindacato per moltissimi anni, ha rappresentato un aspetto importante della società. Il fatto è che il caso è stato gestito molto male: non c'è stato dibattito, discussione interna».
In che senso?
«Bersani, dopo aver annunciato d'avere una grande sorpresa per il candidato alla presidenza della Repubblica, ha tolto dal cilindro il nome di Marini. Sbagliato: doveva prima proporlo e poi sondare il terreno».
In fondo, votare Marini è come approvare la mozione Ruby nipote di Mubarak.
«Il vero scandalo è stato proporre Romano Prodi e fargli mancare i voti all'ultimo minuto».
In perfetto stile prima repubblica.
«Purtroppo sì, è esattamente così».
Scusi, ma lei non si vergogna quando parla con la base?
«No perché personalmente sono sempre stata coerente. Purtroppo ci siamo infilati in un cul-de-sac e immagino l'imbarazzo dei nostri rappresentanti parlamentari».
Non sarà che il Pd è nato male e cresciuto peggio?
«Il Pd nasce da un mescolamento di olio e acqua. Se però l'emulsionamento è fatto come si deve, viene fuori qualcosa che fa bene alla democrazia. Nel nostro caso invece è mancata proprio la miscelazione tra chi proveniva dalla Dc e chi dal Pci. Non sono stati superati vecchi steccati ideologici».
Fosse stata deputata, avrebbe obbedito e votato per Marini?
«Avrei votato contro».
E sarebbe stata espulsa dal partito.
«Pazienza. Non si può accettare un nome senza che ci sia prima un confronto e un metodo. Per chi, mi domando io, poteva essere una grande sorpresa il nome di Marini?»
Prima del voto di fiducia, lampi e tuoni, subito dopo tutti allineati.
«Chi è uscito dall'Aula, come Civati, ha compiuto un gesto di coraggio. Voleva segnalare il dissenso da una decisione presa fuori dal partito».
Perfino Rosi Bindi, che detesta Letta, lo ha poi votato da buona diccì.
«Ha fatto un discorso molto critico, ha ribadito la differenza tra noi e il centrodestra».
Però poi lo ha votato.
«Diciamocela tutta: io credo che questo non sia un governo nell'interesse del Pd. Per quanto ne facciamo parte, per quanto saremo leali, abbiamo scelto di seguire l'interesse generale».
E chi lo dice che questo è l'interesse generale?
«Il risultato delle elezioni. Dalle urne è venuta fuori un'Italia divisa in tre tronconi. Impossibile, a meno di un'alleanza, riuscire a formare un governo».
Morale: il nemico B. non solo è al governo ma tiene sotto schiaffo la maggioranza.
«Non capisco».
La faccia la mette Letta, l'agenda politica la scrive Berlusconi.
«Su alcuni temi purtroppo sì».
Bersani è stato umiliato e triturato.
«La vittoria ha tante madri, la sconfitta ha sempre un solo responsabile. Bersani ha cercato, con disperazione e coerenza, di chiudere un accordo col Movimento 5 Stelle. Non ci è riuscito. Il resto sono effetti collaterali».
Ha mai sentito Enrico Letta dire qualcosa di sinistra?
«Tempo fa. Aveva dichiarato che un governo insieme a Berlusconi per il Pd non era neanche lontanamente ipotizzabile».
La nomina di un ministro nero non è stato effetto speciale, cortina fumogena?
«Nient'affatto. Penso invece che, affidando alla Kyenge l'Integrazione, il governo abbia voluto dare un segnale forte e chiaro. Anche se poi l'orientamento di Letta sembra lontanissimo da quello del neo-ministro».
Grillo ha responsabilità nella nascita di questo governo?
«Tantissima. Se avesse avuto il coraggio di dire vi do la fiducia e ve la tolgo ogni volta che mi pare, se avesse accettato di condividere un discorso programmatico (che tra l'altro aveva molti punti in comune col suo), non sarebbe accaduto nulla di quello che abbiamo visto. Ha mancato proprio di coraggio, e lo sa».
Tenuto conto dello stato di salute del Pd, non sarebbe meglio scappare verso Sel?
«Per un militante di sinistra? Guardi, proprio il fatto che il Pd abbia in Italia cinquanta sedi occupate, che il confronto sul governo Letta sia così aspro, significa che la base del partito gode di buona salute. Non accetta a capo chino e si fa sentire».
Peccato che il vertice sia sordo.
«Questo è un discorso ampio e complicato da affrontare. Sono comunque del parere che bisogna tornare alla politica di un tempo, a un rapporto stretto e costante con la base».
Altrimenti meglio Sel?
«Sel, movimento di cui ho grande stima, non fa rete. E come tale ha un peso contrattuale, politicamente parlando, molto ridotto. Può disturbare, essere coscienza critica ma non ha la forza per incidere nel corpo vivo delle grandi scelte».
Curiosità: quanto conta il Pd sardo a Roma?
«Sono tra quelli che auspicano la nascita del partito democratico sardo, federato con quello nazionale».
La domanda, però, era un'altra: quanto contate a Roma?
«Poco. Ce ne siamo accorti nel corso della formazione delle liste elettorali per le Politiche: abbiamo dovuto subire candidati totalmente estranei al nostro territorio».
Non è molto diverso da quello che accade nel partito-azienda di B.
«Abbiamo fatto grandi primarie ma poi ce le siamo giocate al momento di definire le liste. Non si può chiamare a raccolta una massa enorme di elettori e poi muoversi secondo una logica che penalizza alcuni e ne premia altri. È questione di coerenza e di rispetto dei militanti di centrosinistra».
Dunque non c'è speranza: moriremo democristiani.
«Alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni, debbo confessare che questa paura ce l'ho anch'io. Ma siccome sono un'ottimista, mi rifiuto di pensare negativo. Non andrà sempre peggio, anzi».
                               pisano@unionesarda.it

12.5.13

Gavino Ledda : no all’uomo padrone «I matrimoni non durano per sempre, anche Papa Francesco cambi le regole»


Quando il tuo amore non produce amore reciproco e attraverso la sua manifestazione di vita, di uomo che ama, non fa di te un uomo amato, il tuo amore è impotente, è una sventura.
                                                     Karl Marx


riprendendo  l'argomento femminicidio e sul  veregognoso \  turpe  violenza  sulle donne   già trattato  precedentemente  su  questo blog  (I II )    riporto qui   sotto questa interessantissima  provocazione   dello  scrittore  sardo   Gavino Ledda ( foto sotto   a destra  )   sul rapporto  femminicidio religione   fonte di Pier Giorgio Pinna   dalla nuova sardegna del  12\5\2013


INVIATO A SILIGO. «I femminicidi si stanno trasformando in fenomeno terribile, sconvolgente. E allora io, l’autore di Padre padrone, dico un no deciso alla violenza. Basta con le donne usate e distrutte come cose. Basta con chi, pensando solo adavere e mai a essere, giudica le persone come una sua proprietà privata. Basta con matrimoni destinati a durare per sempre. Basta divinizzare sa proprietà de sa femmina». Gavino Ledda è sofferente per una lieve indisposizione. Ma dalla sua casa di Siligo coglie con estrema lucidità le degenerazioni di una società malata.
E per meglio spiegare il proprio pensiero parte da lontano. Come sempre con immagini visionarie: «Non uccidere: così dice il quinto comandamento. Già migliaia di anni prima di Mosé il padre padrone, cacciatore e predatore, esercitava il suo potere con la forza. Ma erano i primordi dell’umanità. Adesso la mente deve avere il sopravvento sui muscoli. Così capisco quel che succede oggi solo ricordando quanto sia stato incompreso Gesù quando predicava il perdono. Ed ecco, riflettendo sull’appello ad amare il prossimo come se stessi, dobbiamo tutti pensare di essere senza il bisogno di possedere. Queste stragi che partono dall’idea che le donne debbano appartenere a un padrone devono cessare, sono dissennate».
«Ritenere che l’impegno preso dai cristiani a non separare ciò che il Signore ha unito non rende gli uomini simili a Dio – incalza Ledda – Solo il dieci per cento di ciò che Cristo ha detto, appena la sommità di un iceberg, è stato recepito dagli apostoli. Ed è perciò che adesso mi rivolgo alle istituzioni e al vicario di Pietro, nella sua umana santità, perché tutti comincino a pensare di cambiare le regole. È stata l’esperienza a diretto contatto con la natura fatta in tanti anni fin da giovane a mostrarmi quanto sia sbagliato pensare che le donne, i bambini, la famiglia siano proprietà esclusive del padre».
Una breve interruzione per un sorso di caffè nella cucina della casa con il portone d’ingresso circondato da un arco sovrastato dalla testa di montone in trachite rosa. Poi, lo scrittore riprende: «È da cristiano che lancio il mio appello: si rifletta a fondo sulle conseguenze che derivano da un altro comandamento, il nono: non desiderare la donna d’altri. Ecco il punto da tenere presente con estrema attenzione: Mosè, nonostante la grandezza di conduttore scelto da Dio, ha messo il piede in fallo. Del resto, erano tutti uomini e potevano sbagliare». «Ma dare quest’imperativo dopo aver prima ammonito a non desiderare la roba d’altri fa credere ai deboli di spirito, agli uomini più fragili, che la donna sia un oggetto – osserva – E così oggi, con un metodo di revisione galileiano, bisogna assolutamente superare questo concetto errato di proprietà applicato non alle cose ma agli essere viventi».
«Io d’altronde l’avevo capito fin dal mio incontro-scontro col padre padrone, una lunga esperienza che mi è servito da collaudo umano»,prosegue il narratore di Siligo.
«Mio padre infatti non ha mai alzato una mano su mia madre: sapeva che noi figli l’avremmo difesa e lui le avrebbe prese», spiega. «Ma nell’ovile, quando facevo il pastore con lui, mi ha picchiato spesso – racconta Gavino Ledda – Sino a 24 anni, sinché ho deciso di andare via di casa. Quel giorno lui ha cercato di colpirmi ancora una volta. Ma io l’ho bloccato e l’ho spinto verso il muro immobilizzandolo. Davanti a tutti i familiari, allora mi ha provocato: “E dai ischude, picchia”, mi ha detto sfidandomi. Ma non sono cascato nella trappola: “Vedi che si può discutere senza ricorrere alla forza”, ho replicato. Ed è stata la mia vittoria, la vittoria di tutti quelli che rifiutano la violenza. Mi ha salvato la grazia di Dio, una scintilla arrivata dal cielo. È stata la giornata più bella della mia vita. Anzi, io quel giorno sono rinato».

ecco come fare del carcere uno strumento di repressione Il recupero dei carcerati può passare anche attraverso il lavoro di salvaguardia della memoria di un istituto di pena.



dalla nuova  sardegna online 

Detenuti archivisti fanno rivivere la colonia penale di Tramariglio

Il recupero dei carcerati può passare anche attraverso il lavoro di salvaguardia della memoria di un istituto di pena. È quanto accaduto a sei detenuti che, ammessi al lavoro esterno, hanno catalogato e digitalizzato registri e schede della vecchia colonia agricola

ALGHERO. Quando hanno cominciato a frugare negli scantinati umidi di San Sebastiano, gli altri detenuti di certo non li invidiavano. Cercare vecchi fascicoli della colonia penale agricola di Tramariglio tra scarafaggi, topi, escrementi e polvere, non può essere un premio. Anzi, sulle prime è sembrata persino una pena accessoria per chi di problemi con la giustizia ne ha già abbastanza. La squadra di sei «scelti» per l’articolo 21 (il lavoro all’esterno del carcere) era una sorta di miscela esplosiva quando, un anno fa, è cominciata l’esperienza: condanne per omicidio, rapina e furto, traffico di droga. C’era un po’ di tutto e la scommessa era solamente sulla durata: quanto resisteranno? Se lo chiedevano in tanti. Invece Lorenzo Spano, 59 anni,; Daniele Uras, 40; Roberto Varone, 43; Simone Silanos, 36; Giuliano Usala, 46, non hanno mai mollato. All’appello manca solo Davide Aristarco che, nel frattempo, ha concluso il percorso carcerario ma ha lasciato testimonianze concrete (disegni e illustrazioni) del lavoro svolto. Gli altri, il lunedì, mercoledì e venerdì, escono la mattina dalla casa circondariale di via Roma, a Sassari, e vengono accompagnati nel laboratorio del Parco regionale di Porto Conte, a Tramariglio, dove stanno completando la digitalizzazione degli archivi: hanno ripulito e schedato 1190 registri e 290 fascicoli (52 metri lineari di documentazione). Una ricerca imponente, tra articoli delle cronache del tempo per poi passare alla scannerizzazione e all’archiviazione dei materiali. Ogni volta che tiravano fuori un fascicolo relativo a Tramariglio (anche perchè negli scantinati non c’era un ordine per località ma solo tanta confusione e degrado, alla fine esultavano). Così i detenuti che lavorano sono diventati protagonisti del progetto che fa riemergere tutta la storia umana inedita di Tramariglio: ritmi di vita dei carcerati, storia delle evasioni, racconti sulle attività lavorative, la vita sociale dei secondini. E poi lettere, memorie, racconti e persino libri, tutti rigorosamente scritti a mano. Il prossimo mese, proprio a Tramariglio, nel cuore del Parco di Porto Conte, sarà allestita una mostra che rende evidente l’attività svolta dal gruppo di detenuti nell’ambito del progetto voluto da Parco con l’amministrazione penitenziaria e l’Archivio di Stato di Sassari. Si sta definendo un elenco informatico che prelude al riordino virtuale delle serie archivistiche ed è stato recuperato materiale storico: manette, divise, oggetti dei detenuti, utensili da lavoro. L’aspetto più innovativo dell’iniziativa - che ha permesso ai sei lavoratori di acquisire la qualifica per un futuro reinserimento nel lavoro - riguarda il coinvolgimento dei detenuti come risorse propositive, nel senso che hanno avuto un ruolo primario nella interpretazione e l’elaborazione dei fatti. In pratica hanno messo a disposizione la loro esperienza di vita vissuta, tra errori, punizioni, drammi e speranze, per rileggere vicende e documenti di prigionieri di tanti anni fa. Analisi, discussioni e confronti, valutazioni finali che aggiungono significato alle altre iniziative del Parco di Porto Conte, dove è stato scelto di «dare un’anima al luogo» con la progettazione del museo del carcere (in larga parte già in funzione e visitabile). Il lavoro sporco, alla fine, ha pagato. I detenuti impiegati nel progetto di digitalizzazione degli archivi hanno acquisito la qualifica di esperti anche tra le celle di San Sebastiano. In tanti hanno cominciato a chiedere informazioni: «Cosa c’è in quegli archivi, cosa avete trovato?». Ogni giorno così, sempre più curiosi. E loro professionali e fedeli alla consegna: «Non possiamo dire niente, dobbiamo rispettare il segreto». Anche così si ricostruisce un uomo.

quando il cinema riscopre la musica rapporto fra lezione21 di Baricco e la 9 di Bethoven

l'enigmatico film ( mica tanto per chi è cresciuto a musica classica e lirica ) lezione 21 di baricco 

 mi sta facendo riascoltare , proprio in questo momento , la sinfonia n° 9 in re minore op 125 corale ovvero la nona di Bethoven

11.5.13

cambia le tue parole cambia il tuo mondo


ieri  sera   attraversando  il soggiorno   per  andare in camera mia  ,  a rivedere  nel mio pc   il dvd  lezione 21  di baricco  , mi è  capitato  di sentire  in tv ( mi  pare  fosse  in un dibattito   politico  de la7)  queste parole o, o qualcosa di simile  :  quando sento le seguenti espressioni: "ma anche no", "quant'altro", "piuttosto che" (usato come disgiuntiva).  Ho letto  nello  squardo  di mia madre  un a  ex insegnate  di lettere  alla  scuola media  ormai in pensione  da un ventennio  la stessa sensazione di fastidio che prova Moretti nel film  Palombella  rossa   da me  citato più volte     sul  vecchio e  nuovo  blog  ( vedere  archivio)  e  di cui potete  vedere  qui la  scena  clou  qui  alcune  citazioni dal film . Inizialmente   provavo  ( a  volte  la  riprovo  nel settore  da  10  anni le  stesse  espressioni prima repubblica  , scendere in campo  , ecc  )   ma  poi mi sono assuefatto   considerando ciò una battaglia persa . Ma  una recente  discussione ( vedere  qui  ) con il  mio amico    autore teatrale  e  cinematografico  Massimiliano Leveque  ,  e vedendo questo video





da   cui ho  preso il titolo  , ho deciso  di  rimettere  in discussione  questa mia  passività     provo anch'io, la  stessa  sensazione   di mia madre  .  Perchè le   parole sono importanti, perché è vero che chi parla male pensa male oppure non pensa affatto. Però  , è inutile   combattere  o  lamentarsi   solo protestando . Ma  dobbiamo   come dice  questo video  e   questa   canzone  dei Mcr ( Modena  city Ramblers  ) 
 


in particolare  :<<<  (...)  che servono nuove parole, che ora servono nuove parole!  qui  il testo completo (...) >>  solo cosi  la  guerra  all'omologazione linguistica  culturale  ormai sempre  più imperversante  in tutti gli  strati  sociali  dal basso  all'alto  può essere   sconfitta  o isolata 

Il generale Pasquale Preziosa: "Non possiamo rinunciare agli F35" ovvero comprare una cosa inutile , costosa , diffettosa

Pubblicato il 10/05/2013 16:59
Il capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare: “Occorre rinforzare le nostre difese aeree.




secondo me nell'insistenza  da parte delle  nostre istituzionie dai vertici militari non  voler  acquistare a tutti i costi la patacca  degli f35 c'è un presunto giro di milioni € , proprio come fu anni fa per la http://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_Lockheed . Se gli stessi americani ( vedere qui la  puntata , una  delle poche trasmissioni rai  per  cui valga la pena  paga il canone  ,  di presa  diretta  di rai3 .) e ora la denuncia britannica di problemi per i nuovi caccia, che non sarebbero in grado di decollare in verticale in particolari condizioni climatiche , i militari e le istituzioni insistono per comprare 'ste patacche tanto paga pantalone .quindi come Martino Mannoni ( commento al video di tiscali   qui  gli altri  ) : <<
Mi auguro che il nuovo Ministro dell'Economia stabilisca con saggezza quali sono le attuali "PRIORITA'"...e sappia convincere il Ministero della Difesa........che prima degli F35......ci sono migliaia di Cittadini che chiedono dignità..e.....provvisoriamente UN PIATTO CALDO!!!!!!!!!!!!!! >> anche se ci credo poco


10.5.13

lo stato italiano toglie l'acqua alla sardegna e i parlamentari sardi dormono ?

Lo stato italiano toglie l'acqua ai sardi. A Roma le nuove norme anti terremoto per gli invasi non tengono conto del fatto che in Sardegna il pericolo non esista. E così, se il decreto non verrà modificato, bisognerà buttare a mare più della metà dell'acqua raccolta. Paradossale se pensiamo che fu proprio lo stato italiano a proporre che venissero costruite le centrali nucleari in Sardegna proprio perché terra antisismica.

9.5.13

Addio alle pellicole "vecchio stile" L'era digitale seppellisce le ultime sale



                                Una immagine del celebre film "Nuovo cinema paradiso"

Se non dovesse arrivare un aiuto dalla Regione, magari con l'istituzione di bandi pubblici per l'utilizzo di fondi della Unione europea, molte attività rischiano la chiusura.
Addio vecchia pellicola e addio vecchio operatore stile "Nuovo Cinema paradiso": arriva il digitale anche sul grande schermo, ma per molte attività in Sardegna potrebbe essere l'inizio della fine. Il costo della trasformazione (il prezzo di un proiettore digitale si aggira fra i 50mila e i 100mila euro) è alto, quasi impossibile per molti esercenti. Se non dovesse arrivare un aiuto dalla Regione, magari con l'istituzione di bandi pubblici per l'utilizzo di fondi della Unione europea, molte attività rischiano la chiusura. E' l'allarme lanciato dalla sezione regionale dell'Agis-Anec (Associazione nazionale esercenti cinema). Si tratta di un sos che si basa sul confronto con le altre regioni italiane: "Gli altri hanno affrontato il problema - ha detto il presidente Anec Giuseppe Lazzeri - e l'hanno risolto. La domanda è: perché in Sardegna no? A rischio sono soprattutto le sale che ospitano nella loro programmazione film d'autore, con un ulteriore paradosso: da un lato la Regione sostiene la produzione dei migliori registi sardi, dall'altro, se non interviene subito, assisterà alla probabile chiusura delle uniche sale disponibili a programmarli". Più della metà degli schermi sardi, 45 su 71 totali, non sono ancora digitalizzati. Ma ora non si può più aspettare: il 31 dicembre scatterà lo switch off per le vecchie pellicole e chi non si sarà adeguato alla nuova tecnologia rischia di sparire. "La Regione sta trascurando - ha sottolineato il vicepresidente Anec Alessandro Murtas - un settore che vanta un milione e 200 mila biglietti staccati all'anno. Salviamo il servizio". Per gli esercenti è "la poesia del cinema, la bellezza di uscire la sera per godersi un bel film fuori casa". Pronta la replica della Regione: "Non è vero che stiamo trascurando il settore - ha ribattuto Giovanni Follesa, componente del Consiglio di amministrazione di Film commission - lo dimostra il fatto che abbiamo fatto decollare la Film commissione con una decina di produzioni di grande successo". Ma il problema, ribadisce l'Anec, riguarda gli esercizi. "Siamo a conoscenza del problema - ha risposto Follesa - stiamo aspettando l'approvazione della Finanziaria: c'è la massima disponibilità a venire incontro alle esigenze degli esercenti".

UNIONE  SARDA 9\5\ 2013 13:10

Macerata, Forza Nuova insulta ministro "Cécile Kyenge torna in Congo"

il solito disco rotto  dell'estrema destra.infatti come dice  un comento a questo articolo  : <<  tutte stupidaggini già sentite migliaia di volte. consiglio cambiare nome in Forza Obsoleta   >>



  dall'unione  sarda ( eccetto  la  2 foto   che  è presa  dalla mia  bacheca  di facebook )   del  9\5\2013


  "Kyenge torna in Congo". Questo lo striscione affisso da militanti di Forza Nuova davanti alla sede del Pd in via Spalato a Macerata.


Ne dà notizia una nota del movimento di ultradestra, contrario alla proposta del sen. Mario Morgoni di concedere la cittadinanza onoraria al ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge. "Proporrò ai sindaci della provincia di Macerata di invitare il ministro Cecile Kyenge alla prima cerimonia utile per il conferimento della cittadinanza onoraria ai figli di immigrati nati qui. La battaglia per la legge sullo ius soli deve diventare una battaglia di tutta la politica italiana". E' la risposta del senatore del Pd Mario Morgoni, renziano, al blitz di Forza Nuova che ieri notte ha affisso uno striscione fuori dalla sede del Pd con la scritta 'Kyenge torna in Congo', in segno di protesta contro la proposta avanzata da Morgoni di concedere la cittadinanza di Macerata al neo ministro per l'integrazione. "I forzanovisti maceratesi? molti di loro - osserva - sono nipoti di 'clandestinì. I loro nonni emigrarono in Argentina, negli Stati Uniti, o in Australia. A Potenza Picena c'è una copia esatta della piramide di Plaza de Majo che ricorda il grande flusso di migranti maceratesi nelle Americhe". Oggi, dice Morgoni, "il 10% della popolazione della provincia, 30 mila cittadini, è straniera. Possiamo considerarla una comunità separata? sì se pensiamo ad un futuro di regressione. Ma se guardiamo a un futuro di civiltà dobbiamo cercare un profilo comune, un'integrazione reciproca, nel rispetto delle regole e della nostra Costituzione, che parla di dignità e diritti. Come diceva Giuseppe Dossetti, la Costituzione non cala dall'alto ma dal ribollire della storia, dal basso". La globalizzazione, continua Morgoni, è un dato di fatto, "a noi tocca costruire le premesse per la convivenza del futuro. Non decidere 'se', ma solo 'come'; perché il se è già stato risolto dalle dinamiche della storia". Quanto all'iniziativa di Forza Nuova, che a Macerata è piuttosto agguerrita, il Pd valuterà se fare denuncia. "Ma è avvilente l'esercizio di cercare nell'altro, nel diverso, il colpevole della crisi, delle difficoltà del Paese". "Spero che Macerata sia all'altezza della grande tradizione di civiltà che l'ha sempre caratterizzata". Personalmente, il senatore vorrebbe coinvolgere gli immigrati non solo al momento del voto per le amministrative, "ma in tutte le decisioni importanti che riguardano la comunità. Ad esempio qui da noi il tema di nuovi impianti per le energie alternative, biogas ecc., che è oggi il tema più sensibile".