20.8.16

BURKINI: ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA. SULLA PELLE DELLE DONNE di © Daniela Tuscano

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 MA BASTA PARLARE DI BURKINI SI O NO CI SONO ALTRE COSE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI PIù IMPORTANTI




Ogni mattina ringrazio d'esser nata in quest'angolo di mondo, in cui le mie libertà sono stabilite per legge, i miei diritti garantiti, la mia umanità riconosciuta. È stato un processo impervio, doloroso, lunghissimo. Ha avuto le sue martiri, che hanno lottato e sono cadute perché le loro figlie e nipoti potessero studiare, lavorare, amare chi volevano senza temere punizioni, vendette e anatemi da parte maschile.
La civiltà d'un popolo, la sua maturità democratica, si misurano dal modo in cui vivono le donne. La storia si declina al femminile. E in periodi tormentati, come l'attuale, sono sempre le donne a rischiare di più.
Pertanto, quando troppe voci di uomini s'arrabattano per decretare il margine di libertà che ci spetta, è naturale insospettirsi. E purtroppo, spesso, è pure giusto.
In quest'agosto declinante le pagine dei principali quotidiani sono occupate dalla polemica sul cosiddetto "burkini", il costume da bagno femminile "islamicamente corretto" (simile a una muta da sub) che alcuni politici europei e italiani vorrebbero bandire in quanto sancirebbe, anche visivamente, l'inferiorità delle donne, la loro riduzione a meri corpi, oggetti del desiderio e della predazione maschile.

Data la risonanza dell'evento, sono costretta a occuparmene anch'io.
QUALI VALORI. "Il burkini contraddice i nostri valori", ha decretato il ministro francese Valls, subito imitato dalla super-attivista italiana Zanardo. Ma di quali valori stiamo parlando?
Il Sessantotto nacque in Francia, e si diffuse poi in tutto l'Occidente, all'insegna (anche) della nudità, anzi, del denudamento - non solo femminile - dall'ipocrisia e dal clericalismo fascista/patriarcale. Ricerca, utopistica e immatura ma non meno significativa, d'una innocenza perduta. Ben più sconvolgente in un'Italia in cui il voto femminile aveva poco più di vent'anni, che ancora non conosceva il divorzio e dove vigevano lo ius corrigendi, il delitto d'onore, le donne in gramaglie (poco dopo la mia nascita mia madre, in vacanza in Calabria, si ritrovò al centro di chiacchiere malevole per aver indossato un pur castigatissimo "due pezzi" dagli slip ascellari).
Non soltanto Sud, comunque: la Chiesa stigmatizzava le spalle scoperte delle ragazze e le suore del collegio m'imponevano la veletta che indossavo peraltro con orgoglio, trovandola un accessorio elegante e un segno di distinzione.
Un paese, l'Italia, dove il venerdì santo la TV non trasmetteva Carosello per rispetto ai dettami religiosi. Il '68 lo sovvertì.
Il consumismo tuttavia, "nuovo fascismo" come lo definì acutamente Pasolini, s'appropriò molto presto delle istanze libertarie mutandone la natura, banalizzando e mercificando quel sesso che si voleva spontanea manifestazione d'amore. I risultati non tardarono a manifestarsi: invece dell'erompere della vitalità un brusco calo del desiderio, con conseguente ricerca di piaceri sempre più trasgressivi ed eccentrici; individualismo esasperato; perdita di significato dell'intera esistenza. Seguita, dopo la fuga nei paradisi artificiali, da un invasivo richiamo all'ordine e dal riemergere d'ataviche fobie, discriminazioni, diffidenze.
DONNE ETERNE SECONDE. La libertà è fragile e ardua. La prima a venir conculcata, soprattutto quando non è entrata nel cuore, non scorre nelle vene, non è, insomma, divenuta una seconda, irrinunciabile natura. E che la donna sia una diversa e complementare declinazione di un'unica umanità non è un dato acquisito nemmeno a queste latitudini.
Le donne non compaiono nei testi scolastici, rafforzando l'idea della loro insignificanza. Ad esse è interdetta l'ordinazione sacerdotale.
Il numero di violenze e assassini di donne è poi aumentato in maniera esponenziale nei paesi europei e i responsabili sono in larghissima parte maschi occidentali non islamici (l'unico a denunciarlo con forza, operando un paragone ardito ma efficace tra Isis e femminicidio, è stato il Papa). Le pene loro inflitte sono estremamente lievi, la riprovazione sociale molto debole; spesso, anzi, si colpevolizzano le vittime. I centri antiviolenza chiudono per mancanza di sovvenzioni statali.
I media giustificano quasi sempre gli aggressori e la pubblicità giunge a esaltare la reificazione, lo stupro e finanche l'uccisione di donne come tratto distintivo del maschio "vero". Risale allo scorso mese la pubblicità d'un paio di scarpe che ritraeva una modella riversa a terra, i calzoni calati e i capelli scomposti, senza volto, palese icona d'una violenza conclusa nel peggiore dei modi. Diffusa a ridosso della barbara esecuzione di due donne, è stata poi ritirata per le vigorose proteste degli internauti.
La maggioranza della popolazione maschile non ha dimostrato alcuna solidarietà nei confronti delle aggredite, né ha sentito il dovere di scendere in piazza scandendo "not in my name" come esigiamo lo facciano i musulmani verso il Daesh.
Anche la politica - la destra neofascista e populista, ma non solo - è rimasta indifferente di fronte a queste odiose violazioni dei diritti umani fondamentali. In alcuni casi le ha anzi tacitamente approvate (molti esponenti c.d. "pro-family" definiscono il femminicidio "una strage inesistente" e addirittura "ideologica"!).
Sono gli stessi che si oppongono fieramente a qualsivoglia integrazione dei musulmani, confinandoli in ghetti, vietando loro la costruzione di luoghi di culto in accordo con lo Stato laico e democratico, ritenendoli potenziali terroristi o cavernicoli senza rimedio.
LE VERITÀ MULTIFORMI. E sono proprio loro a strillare contro il burkini. L'Italia allegramente prosseneta, quella delle cene eleganti, si è scoperta all'improvviso turiferaria dei diritti femminili minacciati dall'insopportabile costume (scarsamente diffuso, poi: al mare, dove mi trovo, non ne ho mai visto mezzo...).
Una donna in topless è necessariamente più emancipata di una col burkini? Sì, forse. Anche. Dipende. In realtà il nudo declinato secondo le esigenze del mercato (che è potere, e quindi maschio) non dimostra apertura e disinibizione ma schiavitù non molto diversa dal velo integrale.
Il burkini simboleggia la sottomissione femminile? Sì, forse. Anche. Dipende. Perché prima bisognerebbe domandarlo alle dirette interessate. Come mai nessuno ci ha pensato? Non sarà che pure i laici ed evoluti occidentali giudicano le musulmane talmente arretrate da non avere nemmeno un'opinione in proposito?
Il burkini è imposto dai maschi? Sì, forse. Anche. Dipende. Vietarlo in Tunisia, come avviene, è probabilmente giusto data la situazione di quel paese. Perseguire gli imam barbuti che in nome d'una democrazia altrimenti esecrata vorrebbero imporre un arcaico sessismo (ivi compreso il "diritto" alla poligamia) è doveroso sempre e ovunque. Ma il costume è solo un oggetto: sta a noi - a noi donne, intendo - conferirgli significato. Alcune lo indossano senza costrizione, proprio come il velo, portato perfino da numerose femministe. Altre vestono all'occidentale, sia al mare sia fuori. Il nodo sta tutto qui: nella libertà, consapevole, matura, piena, rispettosa delle scelte differenti. Per altre, ancora, quella specie di scafandro rappresenta l'unica occasione di godersi il mare. Di venire a contatto con culture diverse, donne di opposta, ma non per questo inconciliabile, sensibilità. Negar loro questo primo, timido affacciarsi alla multiformità delle vite contraddice quei valori di tolleranza di cui andiamo giustamente fieri.
L'ENNESIMA MENZOGNA. La voce più acuta è quella dell'asino, avvertiva il profeta Maometto. Mi permetto di contraddirlo: almeno in un simile frangente, a gridare più forte sono le volpi. Perché la surreale polemica sul burkini permette di oscurare i veri scandali. L'opinione pubblica mondiale, secondo la narrazione mediatica, è rimasta traumatizzata dall'immagine del piccolo Omran scampato alle bombe, coperto di calce e sangue, il terrore esanime negli occhi, derubato fin delle lacrime.
Falso. Omran sbiadirà dai nostri cuori esattamente come Alan Kurdi, Hudea e tanti altri. Non è lecito alcuno shock, poiché la guerra in Siria si protrae da sei anni e di Omran se ne sono visti moltissimi, anche più piccoli e, se mi si passa il termine, meno fortunati di lui. La scorsa settimana è andato in fiamme un ospedale pediatrico (uno dei tanti) e dieci neonati sono morti carbonizzati. In Yemen scuole e nosocomi si sbriciolano come sabbia sotto i bombardamenti, annientando intere generazioni di bambini, donne e uomini; e gli aiuti umanitari sono bloccati. Li abbiamo visti, certo: ma non sui quotidiani, non nei Tg. Questi ultimi erano focalizzati sul burkini. Li conosciamo grazie all'abnegazione di volontari, reporter coraggiosi e indipendenti e firme ignorate dalla grande stampa. Forse perché non conviene far sapere che gli ordigni esplosi in Yemen dai sauditi (nostri alleati notoriamente rispettosi dei diritti femminili...) sono di fabbricazione italiana, così come quelli che hanno devastato Aleppo e l'Iraq. Forse perché è meglio tacere del fatturato dell'industria bellica nazionale, triplicato nel corso dell'ultimo anno; ed è facile intuirne le ragioni. Decisamente più astuto, volpino appunto, occuparsi dei centimetri di pelle femminile, evocando astratti principi, mentre i diritti autentici crollano sotto il peso dell'ennesima menzogna.

© Daniela Tuscano

19.8.16

Nelle batterie dei 5000 donne, la neozelandese Hamblin e la statunitense D'Agostino finiscono a terra: la seconda ha la peggio e la sconosciuta avversaria l'accompagna al traguardo, rinunciando alla qualificazione

A  quasi  cento dieci  anni    dalla  vicenda  di  Dorando Pietri  olimpiadi   di Londra  1908



  alle  olimpiadi  rio  2016  è avvenuto   un  gesto   dallo stesso  valore  simbolico


che  dimostra  che  nonostante :   gli affari  , il  doping   (  in certi periodi anche   di stato  ) ,  la politicizzazione  , i boicottaggi  o iniziative  contrarie come   questa  del  gruppo fb boicottare le olimpiadi è un dovere
Affogati dalla politica, dai midia dalla cultura d'elite. non siamo in grado di vedere ciò che accade davanti ai nostri occhi. Dopo i mondiali di calcio che sappiamo cosa sono costati a livello umano-sociale al Brasile; adesso è l'ora delle olimpiadi è cominciano a trapellare le prime notizie di uccisioni mirate sui ninos de rua. Mi chiedo? Siamo veramentee impotenti davanti a questi massacri, ricordando i paesi in guerra? Io dico no, il risveglio delle coscienze deve avvenire prima o poi ovunque, Vedi Francia e lo stesso Brasile, il Messico.Solo in questo modo possiamo sperare, come in altri tempi di dare una soluzione alla violenza capitalistica-imperialista e ai suoi genocidi programmati. L'orrore è tra noi e solo noi possiamo combatterlo. Non diamo importanza alle situazioni che ci fanno scivolare nel vuoto, BOICOTTIAMO LE OLIMPIADI


i  veri  valori  dello sport   su  chi     sono fondati  anche  le  olimpiadi e  quindi   il vero  sport   non  sono  ancora   morti  completamente  ma  sono come  un fenomeno  carsico    che  dopo anni  di pausa ritorna  a farsi sentire  
Ecco   la  cronaca  di un gesto bellissimo  che senza  internet  sarebbe passato   inosservato o  quasi     o  confuso fra la marea  d'immagini e  fotogrammi di queste olimpiadi  


Nelle batterie dei 5000 donne, la neozelandese Hamblin e la statunitense D'Agostino finiscono a terra: la seconda ha la peggio e la sconosciuta avversaria l'accompagna al traguardo, rinunciando alla qualificazione. La giuria ha riammesso entrambe

16 agosto 2016 - RIO DE JANEIRO (Bra)
Si invoca sempre il fair play e lo spirito olimpico, ma ogni volta che se ne scorge una manciata, ci si accorge poi quanto nei fatti in realtà manchi. E quanto un gesto come una mano tesa per aiutare qualcuno a rialzarsi e una spalla offerta per condividere la fatica, rappresentino per ciascuno di noi. E' capitato questa mattina sulla pista di atletica, durante le batterie dei 5000 metri femminili: verso la fine della gara la neozelandese Nikki Hamblin e poi l'americana Abbey D'Agostino cadono in seguito ad una brusca frenata del gruppo. Il ginocchio della seconda compie una brutta torsione, ma nonostante il dolore si gira e va ad aiutare l'avversaria a rialzarsi.
Ricominciano insieme la corsa, zoppicando. Pochi passi dopo, la statunitense finisce di nuovo a terra e rimedia una distorsione al ginocchio. In questa occasione è la Hamblin a soccorrerla. Le due proseguono a fatica verso il traguardo, insieme e qui si abbracciano in un'atmosfera commovente. Concludono all'ultimo posto, e mancano la qualificazione. «Sono così grata ad Abbey per quello che ha fatto per me», ha commentato la neozelandese. Chiarendo che, prima della gara, lei e l'americana non si conoscevano: «Non l'ho mai incontrata prima, non è una cosa sorprendente? E' una donna straordinaria. Indipendentemente dall'esito della gara, questo è un momento che non ho intenzione di dimenticare per il resto della mia vita. Se, tra vent'anni, qualcuno mi chiederà di Rio 2016 - ha aggiunto - beh, racconterò questa storia». La giuria ha deciso di riammetterle, ma non è certo che entrambe possano essere in condizione di gareggiare.
 






MA BASTA PARLARE DI BURKINI SI O NO CI SONO ALTRE COSE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI PIù IMPORTANTI

molti   di voi  (  sia  fedeli  lettori  che   lettori occasionali  )    mi chiedono   ulteriori  spiegazioni   all'articolo precedente.

Ed  ecco  che mentre mi spremevo le meningi  per  rispondere  loro  che  ho letto  sulle notifiche  dei miei contatti   di  fb   questo post ,  un  anticipazione    di  quello   che  avrei voluto dire  io   ,  del mio  compaesano  




Sergio Pala
Il burqa in spiaggia..ne ho letto e sentito di tutti i colori...favorevoli, contrari...a parte che almeno queste donne non hanno l'assillo della prova costume o... della ceretta perfetta. Scherzi a parte, sta storia che sono "retrograde" vi sta sfuggendo di mano...a me non darebbero fastidio in spiaggia. Ho il pelo sullo stomaco.. e son abituato a ben peggio:
A) balenottere che se non fosse per il perizoma chiameresti "Green peace" segnalandone l'arenaggio;
B) vecchiette in topless, con due fichi secchi ( di quelli che usano per fare i dolci) al posto delle tette e con vene varicose presenti in google maps;
C) maschietti in slippino sulla riva che insistentemente si toccano il pacco, pensando di averlo scordato e lo tastano come si tasta il melone prima di comprarlo;
D) vecchietto seduto sulla sdraio che legge la Gazzetta mentre il suo testicolo esce dalla "tana" a prendere fresco.
E potrei continuare.
Vabbè..io esagero..sdrammatizzo...ma l'abito non fa il monaco... quindi al mare uno vada come vuole.. rispetto hai e rispetto avrai.. e pazienza se un coglione esce dalla mutande...mi preoccupano di più. ..quelli che escono per strada...



Ora mi chiedo   perchè   se  ci sono altri  praticanti  fondamentalisti   \  ortodossi    (  vedi  foto  sotto  )  nessuno\a  s'indegna   e  nessun politicante   calvaca l'onda   malpancista   ?


ebrei ortodossi  che  fanno il bagno   presa  da
  https://www.facebook.com/aldovincentdue?fref=ufi






Ora  concordo  con quanto dice su  Sabika Shah Povia  una giornalista freelance nata a Roma da genitori pakistani.  in questa intervista sul quotidiano http://altoadige.gelocal.it/italia-mondo/ del 18\8\2016    

 Cosa ne pensa della presa di posizione del primo ministro francese Valls a sostegno delle amministrazioni francesi che hanno vietato l’uso del burkini in spiaggia?
«Penso che vietare l’uso di un abito vada contro i valori stessi dell’Occidente. Sono convinta che ognuno debba essere libero di vestirsi come vuole. Non vedo proprio il problema nell’indossare il burkini: non copre il volto e quindi non va contro la legge francese del 2010 che vieta l’uso del velo integrale nei luoghi pubblici. La Francia ha una laicità estrema, pur di ostentarla si arriva anche a frenare le libertà dell’individuo, andando contro gli stessi principi del paese. Vietare il burkini mi sembra quindi una contraddizione».
[... ]
Quali possono essere le conseguenze del divieto?
«Secondo me può solo portare maggior divisione e meno integrazione. Le donne che si vedono vietata la libertà di andare in spiaggia in burkini possono sentirsi frustrate, marginalizzate, prese di mira. Sentire di non poter vivere la propria identità ed esprimere la propria personalità nel paese in cui ci si trova può solo aumentare il rischio di radicalizzazione.
Il dibattito sull'uso del burkini in spiaggia è arrivato anche in Italia.
«La nostra situazione è diversa. Numericamente ci sono molti meno musulmani che in Francia. Non ho mai visto nessuna donna in burkini sulle spiagge italiane, a Roma è anche difficile trovarlo nei negozi. Mi capita di vedere delle ragazze fare il bagno in leggings e maglia larga, ma nessuno ci fa mai troppo caso, forse sembrano ragazze che si fanno un bagno non programmato».
Quale sarebbe l’atteggiamento giusto da tenere se l’uso del burkini si diffondesse nel nostro paese?
«Si dovrebbe accettarne l’uso con naturalezza e tolleranza. Il burkini non è poi così diverso da una muta con una cuffia. Se una ragazza bianca indossa una muta e una cuffia per farsi il bagno non ci sono problemi, se lo fa una ragazza “marrone” è polemica. Pensare di vietarlo a me sembra discriminatorio. Queste leggi sono simbolo di paura verso il “diverso” e ostacolano la convivenza tra diverse culture.

 Infatti   

Nowhere Man
Nowhere Man Se è senza senso il divieto di indossare il burkini nelle nostre spiagge perchè nelle spiagge di molti paesi islamici le donne che mettono il bikini vengono arrestate? (se non di peggio)
Giuseppe Scano
Giuseppe Scano perché come da noi sono fondamentalisti
Daniela Rossi
Daniela Rossi Esatto il nostro divieto di burkini è il loro divieto di bikini
Giuseppe Scano

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Daniela Rossi
Daniela Rossi C'è chi fa il bagno rivestiti di lardo ....
Bell'articolo
Fausto Podda
Fausto Podda Il problema secondo me non è tanto che facciamo il bagno al mare vestite, Il problema nasce se vengono costrette. Ma vai e dimostralo...




Lorena Shanon Darkrose
non è corretto che se noi andiamo la dobbiamo adeguarci a loro e che se loro vengono qua loro non si adeguino a noi. come non è altrettanto bello sentire di guerre..ma tanto parliamoci chiaro ...le guerre tra noi umani sono tuttavia presenti e fa schifo uguale
Giuseppe Scano
Giuseppe Scano vero . però la proibizione non è modo giusto e si trasforma in imposizione , abbassandoci al loro stesso livello Lorena Shanon Darkrose
Lorena Shanon Darkrose
Lorena Shanon Darkrose non abbassandoci al loro livello non abbiamo ottenuto che il loro apprendimento andiamo in altro continente e facciamo quello che vogliamo. vanno fermati
Giuseppe Scano
Giuseppe Scano Lorena Shanon Darkrose vero ma con il buon senso e senza generalizzazioni


Antonella Pirina
Antonella Pirina Io dico una cosa, se vado in spiaggia vestita, nessuno mi dice nulla, se entro in acqua vestita, al massimo qualcuno può pensare che io sia strana...come a me pare strano vedere gente,a tempio, vestita con addosso qualcosa poco più grande di un costume da bagno!!! Ma una persona, se non offende nessuno, sarà libera di vestirsi come le pare???
Ora  come ho già detto all'inizio di questo post   il  velo anzi  i vari tipi di velo  islamico  e non solo 
in quanto anche  le nostre  suore ed  in alcune regioni  (  anche  se  sta  scompareendo  visto che a portarlo sono le  anziane  odurante le  manifestazioni religiose  e  folkoristiche   )     del sud   d'italia  (  sardegna compresa )   a  me  , se  è  spontaneo e  non si  è costrette    non mi distuba  ,eccetto il burquaperchè sia   che  sia  spontaneo  sia  il  cointrartio  vedi afganistan  viola  la  dignità delle  donne    .  La  penso  come Gianfranco bettin  cioè  usare  il  buon senso
 per  gentile  concessione  dell'autore
da   la nuova  sardegna del  18\8\2016
Meno editti  e     maggiore  equilibrio  
Nessuna donna dev’essere  obbligata a indossare  il burkini. Nessuna donna dev’essere obbligata a non indossarlo. Sembra facile, no?  Sono le basi del nostro diritto,delle  libertà personali inviolabili.Nessun  uomo dev’essere obbligato a farsi crescere la barba. Nessun  uomodev’essere obbligato a tagliarsela. Facile anche questo.
A  volte, più che alla sfera del diritto,
sembra di alludere a quella del buonsenso. Perché dunque siamo in una
tempesta culturale, ideologica e  politica? Perché una  discussione che dovrebbe essere certo difficile ma aperta, ricca, complessa,diventa unilaterale, gli argomenti  si tagliano con l’accetta, i  dogmi sostituiscono la ragionevolezza e il confronto? Perché, con ogni evidenza, questa è diventata una discussione  sul potere. Anzi,uno scontro  di potere. Dibattere sul burkini  (o sulla barba, o sulla poligamia,o l’omosessualità e così via,
con una predilezione per quanto  attiene al corpo, alla sessualità)  significa toccare punti nevralgici sia dei rapporti di potere interni  al mondo che esprime l’obbligo (o il forte condizionamento)  a indossarlo sia interni al
mondo che vorrebbe vietarlo (o anche solo superare quei tali condizionamenti ). Il premier  francese Valls che dà ragione a chi vieta il burkini non esprime  solo un tradizionale giacobinismo istituzionale francese sulle  questioni di laicità, ma anche la più contingente volontà politica di enfatizzare lo scontro concerte  correnti dell’Islam e, ben s’intende, di mandare un messaggio  ai propri elettori (e a quelli  che vede a rischio di seduzione  da parte dei Sarkozy e Le Pen).
Potremmo fare discorsi analoghi  per il caso italiano e anche  per l’Europa e l’Occidente, magari sostituendo la questione degli stili di vita con il tema davvero  epocale, la questione delle questioni: i movimenti migratori  e il rimescolamento prodotti  dalla globalizzazione.Vietare per consentire più libertà non sempre  è un paradosso.
In certi casi la necessità del divieto appare inequivocabile. Pensiamo alle atroci mutilazioni genitali,o ai matrimoni forzati.
La gioia di chi si toglie il velo o si taglia la barba nelle città liberate dall’occupazione dell’Is - o anche in tante vicende che si incistano  nelle nostre società e  che vengono felicemente risolte imponendo lo stato di diritto - ce lo dice nel modo più lampante.
In altri casi il limite tra la tutela  da un arbitrio e l’imposizione  di una sorta di contro arbitrio rischia
di essere più sfumato, speciequando il divieto non sia dettato da ragioni di sicurezza (che  impongono di essere identificabili,se necessario) ma, esplicitamente,da scelte di “valore”. Per questo servirebbero meno editti,e soprattutto un minor grado  di inquinamento politico nel  confronto delle idee e degli stili di vita. E anche, da parte di chi  parla dall’interno delle nostre società,una maggiore  consapevolezza  di quanto i nostri stessi  comportamenti, anche quelli in  apparenza più autonomi, disinvolti  e disinibiti (l’opposto di ciò  che fa indossare il burkini e tutte  le varianti di abbigliamento che  nascondonoo“soffocano” il corpo),siano spesso condizionati,addirittura stimolati, da sofisticati
apparati di manipolazione,dallo“sciame digitale” (il cui più  fine analista, Byung-Chul Han  ha di recente approfondito e intrecciato  i due concetti, età della  rete e condizionamenti, in  “Psicopolitica”, edito da nottetempo, acutissimo saggio sul  nesso tra libertà e costrizione oggi).Sia,dunque,l’equilibrio del legislatore, che decide per tutte e  tutti, a mitigare le forzature dei  leader politici e/oreligiosi,combattendo senza tregua,con leggi e strategia operative, chi conculca  la libertà, chi sottomette  chiunque, sapendo che la misura  fondamentale per valutare il grado di civiltà è,  ancora e più  che mai oggi, il grado di libertà  delle donne. In spiaggia e ovunque altrove.In tutti imondi,reali  e virtuali, di cui è composto l’unico mondo in cui tutti viviamo.

16.8.16

UNO STRANO CRISTO © Daniela Tuscano


Avanza uno strano Cristo, veste da rapper, gambe da calciatore , o contadino, o entrambi. Sguardo basso e lento, persino un’aureola a incorniciare il volto immancabilmente barbuto. Alle sue spalle, avanzi di Bronx su una luce cieca. Al suo fianco, un fucile. Un Cristo armato, come in certi dipinti sudamericani.
Solo i benpensanti ne rimangono scandalizzati. Quell’arma non spara,... si difende. È una fionda, pur se uccide. Vi è costretta. Lo strano Cristo si chiama Massoud, la lotta ce l’ha nel nome. Musulmano, 28 anni, non lavora la terra ma fa l’ingegnere e ora si trova lì, in un Bronx libico chiamato Sirte. Combatte contro Daesh, “i falsi musulmani che distorcono l’Islam”. Continuerà a combattere finché non li avrà respinti. Suoi compagni sono altri giovani, ben più giovani di lui, ragazzi che cercano un futuro, già veterani di guerra. Chi ha una paura fottuta di morire, altri che se la sono fatta passare. Pensano al dopo, a quando torneranno agli studi, al lavoro. Esausti ma tenaci.
Forse non li capiremo mai del tutto. Dei loro occhi, qualche lampo c’inquieterà. Ma calpestano questa vita. Sono giovani e soli. Possiamo voltarci altrove? Un giorno, reduci, percorreranno le nostre strade. E lo faranno da cittadini.

dichiarazioni parte II

  colonna  sonora
Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa - L'amore merita


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chi lo   dice che  per  amore  bisogna  fare  outing o coming out.  ?   si  può amore  e  stare  bene  lo stesso  .  la  storia  di Rachele  Brtuni medaglia  d'argento, dedicata  alla sua  compagna  Diletta  ,  nella  10 km  nuoto    a  rio nel  2016  lo   dimostrano .
Infatti  : <<  (  ...  ) non sarà solo una bandiera a portare il colore a raccontare di un'altra libertà che muore perché l'amore ne legge ne pretesa  (  ...  )  >>  (   dalla  canzone  l'amore  merita  vedere    sopra  il post    )


  da  la stampa  del 16\8\2016 


Rachele Bruni e la medaglia per la compagna Diletta: “Non penso ai pregiudizi”
“Non ho mai fatto outing o coming out. Vivo per me stessa, per la mia passione per il nuoto e per le persone che mi vogliono bene”




Una ragazza solare, forse un po’ troppo spontanea: i genitori di Rachele Bruni, argento nei 10km di nuoto a Rio de Janeiro, la descrivono così. «Dedico questa vittoria alla mia famiglia, all’esercito, al mio allenatore e a Diletta, che mi hanno seguito e sostenuto», ha detto l’azzurra a Casa Italia. La dedica alla sua compagna ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica, anche se lei racconta: «L’ho sempre vissuta naturalmente, senza problemi. Non ho mai fatto outing o coming out. Indubbiamente ci sono persone che hanno troppi pregiudizi, però io vivo serena e tranquilla. Non penso ai pregiudizi, vivo per me stessa, per la mia passione per il nuoto e per le persone che mi vogliono bene», ha detto dopo la vittoria. Simona e Bruno, i genitori, ne raccontano un po’ il lato nascosto.
Rachele Bruni e la compagna Diletta


«È stata coraggiosa a dare un segnale al mondo dello Sport? Per noi è del tutto normale, la colpa semmai è dell’ipocrisia delle persone». Rachele dice di «essere difficile da gestire», ma secondo mamma Simona «non si comporta diversamente da tutti gli altri giovani». «Il punto di svolta - svela il papà - è stato l’incontro con l’allenatore (Fabrizio Antonelli), che l’ha saputa prendere per il verso giusto. Il vero cambiamento della sua carriera». I sacrifici sono stati necessari nella sua vita. Uno su tutti: il trasferimento da Carmignano, provincia di Prato, a Roma per gli allenamenti. «Ne abbiamo sentito tanto la mancanza, è una presenza positiva», racconta la famiglia, composta anche dalla sorella Rebecca, la più grande, e Gherardo, il più piccolo. La gara della Bruni è stata concitata nel finale e segnata dalla squalifica della francese Muller, che le ha permesso di passare dal bronzo all’argento. I genitori, però, avevano subito notato la scorrettezza dalla rivale: «Eravamo insieme al Presidente Malagò e ci siamo detti “ma questo è un colpo da pallanuoto”», raccontano alleviati dopo la decisione finale. «Ora è tempo di festeggiare», come dice la stessa Bruni.

dichiarazioni © Daniela Tuscano [ parte I ]



Lui è un antico cavaliere. Lei una giovane principessa. La fiaba si compie, nella richiesta di matrimonio di Qin Kai alla sua campionessa He Zi, sullo sfondo dei giochi olimpici. L’uomo che sta per cogliere la sua rosa è giustamente intimidito. Un timore stilnovista. Che non venga meno neppur dopo; che permetta alla sposa di sprizzare sempre gioia, una gioia senza sesso, vitale, crea...tiva. Sarebbe quello, il più bel dono d’amore. Il miglior giorno è l’ultimo. 

Per Isabella Cerullo e Marjorie Enya è invece il primo, almeno pubblicamente. È l’amore che non si vergogna più di sé. E per questo ha una forza orizzontale, impensata. Gioiscono come adolescenti, quasi incredule. Un tempo non lontano c’erano le Navratilova, le Mauresmo, i Louganis. Pioniera la prima, con un’innocenza d’uomo ma sofferta e ansante, glaciale e complessa l’altra. Louganis il più fragile, un Apollo smarrito. Altri e altre, poi, continueranno a celarsi, confondersi e abbassare gli occhi. Tempi umani, linee oblique.

14.8.16

le origini dell femminicidio e dello stalking sono nel linguaggio e s'incomincia d'appena s'inizia a parlare

 sottofondo la  colonna  sonora  del film basilicata  coast  to  coast
Musica  a tema  Le mie parole -Samuele Bersani -


Ecco  un altra  forma    di censura  più  subdola    di  quella     classica
censura s. f. [dal lat. censura «ufficio di censore; giudizio, esame»]. – 1. Grado e dignità di censore (nella Roma antica), e tempo che durava la carica. 2. a. Esame, da parte dell’autorità pubblica (c. politica) o dell’autorità ecclesiastica (c. ecclesiastica), degli scritti o giornali da stamparsi, dei manifesti o avvisi da affiggere in pubblico, delle opere teatrali o pellicole da rappresentare e sim., che ha lo scopo di permetterne o vietarne la pubblicazione, l’affissione, la rappresentazione, ecc., secondo che rispondano o no alle leggi o ad altre prescrizioni. Con sign. concr., l’ufficio stesso che è addetto all’esame  (....) 
presa  dalla  voce  omonima del  dizionario  http://www.treccani.it/vocabolario/

  cioè  se  parla ,  ma  non ti  metto in  evidenza   in prima  pagina ma  ti   riporto  in  fondo  econ un piccolo trafiletto    magarti quasi nascosto  , o nelle  edizioni locali   . per  giunta  da  zona  a zona  della  stessa   regione vedi esempio la  nuova  Sardegna che  ha   ben      4   edizioni ( ridotte  poi  a  3  )  locali    e  quindi  , esempio  , uno di Sassari  non  sa  (  salvo  casi gravissimi  che  compaiono  nella sezione  generale )     quello    che succede  iniziative  culturali  comprese   in Gallura   .  Quindii chiedo  ma  è possibile  che   certi articoli cosi importanti    vengano relegati  ,  come   questo  , nelle edizioni locali  di  un grande  quotidiano nazionale  .  

  Ora  dopo lo sfogo   un ulktima  cosa  prima di  riportare  il post      d'oggi tratto da  http://firenze.repubblica.it/cronaca  del  4\8\2016

le parole non  solo sono importanti
ma  sono  anche  come pietre e  del passo da li alla violenza   a seconda  dei soggetti  può essere  sottile 



Ora   il post

La studiosa Irene Biemmi: "Iniziano alle elementari gli stereotipi che dividono" di ILARIA CIUTI


Corpi bruciati, bastonati, violentati, uccisi. Corpi da possedere, domare, eliminare se non si possono avere, se dietro questi corpi spunta una testa, una volontà, una libertà. È orrenda la lista delle donne uccise, è misera quella dell’impotenza di maschi che per esistere uccidono. Basta: lo si vorrebbe gridare, soprattutto fare. Ma fare, non si fa. «Non serve niente se non si comincia da lontano, da una cultura rovesciata rispetto a quella di oggi, da una nuova generazione che abbia una concezione diversa dei ruoli di genere». Dice Irene Biemmi, ricercatrice all’università di Firenze e autrice del libro «Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri del elementari» (Rosenberg & Sellier) da cui è stato tratto lo spettacolo- conferenza tra Biemmi e Daniela Morozzi, «Rosaceleste », che inaugurerà il 13 ottobre al Puccini la rassegna “Una stanza tutta per le».

I libri delle elementari spiegano il femminicidio?
«Non solo, ma hanno una parte fondamentale nel costruzione degli stereotipi e di ruoli complementari e non interscambiabili. Perfino le parole sottolineano la negatività del discostarsene: maschiaccio per le femmine vivaci, femminuccia al bambino che non fa il duro. Nei libri di lettura scolastica le madri trascorrono la giornata in casa attendendo marito e figli, raramente lavorano e caso mai da maestre, parrucchiere, estetiste. E non sono libri degli anni ’50 ma degli anni 2000. Per gli uomini ho contato ben 50 professioni: geologi, astronauti, esploratori, giornalisti, medici, scienziati e i padri sono raffigurati fuori e al lavoro. Le bambine giocano in camera, i bambini in affascinanti e avventurosi grandi spazi esterni».

Dopodiché?
«Si insinua la percezione che il troppo uscire, soprattutto di notte e da sole, debba essere per le donne pericoloso. Il mondo si spacca in due e la relazione tra i generi diventa un problema. La violenza è problema complesso ma la disparità sociale si riproduce anche nelle relazioni private: relazioni mancate basate su archetipi di uomo forte, prevaricatore, aggressivo, tutte caratteristiche su cui fondare la virilità, e di donna docile, sottomessa».

Da dove cominciare?
«Si è sempre pensato a liberare dagli stereotipi le donne perché discriminate. Certo. Ma bisogna anche giocare d’anticipo e agire sull’educazione dei futuri uomini. Gli aggettivi usati nei libri scolastici per i bambini sono: forti, audaci e coraggiosi, a tratti irosi e violenti. Senza critiche ma con la legittimazione di un’immagine di virilità che fa tutt’uno con la violenza. I bambini devono avere atteggiamenti di sopraffazione sia per farsi intendere tra maschi che con l’altro genere. Ragionare su quale educazione dare ai bambini significa scardinare il principio che virilità sua uguale a forza. I ragazzini hanno paradossalmente un fardello sulle spalle più opprimente delle bambine con cui ormai da anni le mamme ragionano di come svincolarsi».

che  le  parole    sono  importanti lo  dimostra  anche questa  storia 

Appello   di Carolina  B.  ora  17  enne  ex  vittima  di  bullismo  . "fate  come  me  ribellatevi "


qui presa     da  repubblica  del  14\8\2016.  Inizialmente volevo  riportare direttamente  l'articolo  con la  slide  \  cattura  schermata  ma poi  invece   ho deciso di fare  copia ed  incolla 

BRESCIA

Poi  l'altra Carolina ha deciso che la partita con i bulli doveva vincerla lei. «Ma non provo odio, alla fine sono vittime anche loro». Mentre Carolina di Brescia si tagliava le braccia per provare a lenire il dolore dell’anima col dolore del corpo, a 140 chilometri dalla sua cameretta,Carolina di Novara — Carolina Picchio, stessa classe‘99, 14 anni all’epoca — iniziava a dare segni di resa: fino al gesto finale. Il lancio dal terzo piano di casa. Tra lei e i giovanissimi aguzzini che l’avevano filmata ubriaca
mentre in 5 la violentavano, per poi pubblicare i video e sfotterla su Facebook, hanno la meglio loro.
ErA il 5 gennaio 2013,ma «di quella storia ho saputo solo a marzo di quest’anno.
Quando ero in fase di rivincita. Per me e anche per lei che non c’è più». Adesso che ha 17 anni Carolina B. dice che inizia a volersi «un po’ bene», ad accettare il suo corpo e il suo viso che tutto
sono fuorché sgradevoli alla vista.
E che ha smesso di incidersi la pelle con lamette e coltelli. «Guardi qua», sorride seduta in
veranda nella villetta di Costalunga, pochi minuti dal centro di Brescia. Carolina mostra i segni
bianchi lasciati dalle cicatrici delle ferite che s’è inflitta per due anni. Mamma e papà — ex
sportivi — un po’ la coccolano con lo sguardo e un po’ riprendono i più piccoli degli altri
quattro fratelli perché non si scollano dagli smartphone. «La rovina di questi ragazzi è il telefonino
», annuisce Domenico Geracitano, agente di polizia della questura di Brescia. È impegnato
da anni in campagne di sensibilizzazione sul cyberbullismo nelle scuole: è lui che
ha agganciato l’“altra Carolina”. In uno degli incontri con i ragazzi, la 17enne racconta la
sua vicenda: da allora, era lo scorso anno, diventa una piccola testimonial della lotta contro
le violenze psicologiche giovanili.
Come è iniziata la sua storia di vittima dei bulli?
«Ad aprile 2012, fine della seconda media. Ero al Parco Castelli con la parrocchia: quattro
giorni di evangelizzazione. Chi voleva saliva sul palco e raccontava la sua esperienza di fede.
Vado su, e parlo. Il giorno dopo mi dicono che hanno postato il video su Fb. Da lì in poi iniziano
a dirmi di tutto: sfigata, cesso, sei grassa, sei piena di brufoli, fai schifo, sei una troia obesa...
Insulti nelle chat di gruppo della classe».
E lei?
«All’inizio rispondevo, ma era peggio. Andavano giù ancora più pesanti. Arrivavo a casa,
sbloccavo il telefono e trovavo gli insulti: ammazzati, buttati dalla finestra... Se ti dicono che
sei grassa, ti vesti larga. Se ti dicono che sei un essere inutile, ti rendi ancora più inutile. Se ti dicono
che devi morire il tuo unico desiderio è la morte. E il peggio e che ti senti in colpa, vorresti
punirti ma non sai come fare Fino a che...».
Che succede?
«Trovo su Internet immagini di braccia tagliate. Penso che quella è la soluzione; provo una volta, mi sembra di avere pareggiato i conti con il mio essere sbagliata. Diventa un’ossessione: mi tagliavo ogni giorno, anche piu’ volte. In camera, in bagno, in doccia. In giro non alzavo mai le maniche».
Intanto diventa anche lei social-dipendente.
«Ero convinta che la vita vera fosse quella che passa dalle chat. I bulli erano sempre lì,qualcuno lo conoscevo, altri no.
È facile insultarti su Ask in anonimo. Ti infossi e inizi a “sfollare” (dare di matto, ndr). Capisco
Carolina (di Novara). La sua rovina è stata un video. Anche per me tutto è iniziato con un video. Poi viene il giudizio della rete, ecco. La cosa peggiore è il giudizio».
Aveva un pensiero fisso, oltre al senso di inadeguatezza da insulti?
«La morte. Alla ricerca di un aiuto postavo questa ossessione di morte ovunque. Coi miei genitori ci scontravamo sempre.
Quando scoprono che mi taglio, vanno in confusione. Al primo anno di superiori (istituto professionale) divento scontrosa,menefreghista, incazzata con tutti. Provo a fumare qualche
canna. Bulletta per reazione ».Trentun dicembre 2014.
Che data è?
«Litigo coi miei e mi chiudo in camera. Faccio un bilancio della mia vita a 15 anni. Risento le voci dei compagni delle medie:“Sfigata”, “cicciona”. Mi sento una fallita, e cosi prendo l’Ipod e una lametta e scappo dicasa. Mi siedo sopra un ponticello,inizio a tagliarmi. Poi mi butto giù. Mi risveglio su un’ambulanza. Mio padre arriva in neuropsichiatria: nonostante il parere dei medici, rifiuta di farmi ricoverare».
Toccato il fondo cosa succede?
«Smetto di tagliarmi, ma a scuola avevo spesso attacchi di panico. Mia madre ogni volta che stavo male in classe mi portava in posti belli e pieni di pace per farmi ritrovare la calma».
I bulli?
«Ho iniziato a fregarmene. Ho acquistato più sicurezza, adesso mi voglio bene. Ho capito che sono vittime anche loro.
Che per curare le vittime bisogna curare i bulli. Prima mettevo solo felpe nere e larghe. Oggi mi compro anche i tubini, ogni tanto metto scarpe con il tacco ».
Come si sente oggi?
«Sopravvissuta a una guerra. La mia guerra con i bulli. Carolina Picchio non l’ho mai conosciuta,
ma so che sarebbe fiera di me. Aveva ragione quando diceva “le parole fanno più male
delle botte”. Ma oggi so che le botte si possono curare, basta rivolgersi a chi hai vicino e non
cercare di fare tutto da soli».
























































































































































l'importante è partecipare non vincere . Rio 2016, Yusra Mardini arriva 41esima nello stile libero ma esulta: "Ho nuotato per tutti i rifugiati"


Rio 2016, Yusra Mardini arriva 41esima nello stile libero ma esulta: "Ho nuotato per tutti i rifugiati"

YUSRA MARDINI
 
 
 
"L'importante è partecipare" diceva Pierre de Coubertin, l'ideatore e fondatore delle Olimpiadi Moderne. Troppo spesso, però, questa bella verità viene dimenticata dagli atleti che partecipano ai Giochi, i quali versano lacrime amare quando vengono sconfitti.
Tuttavia, c'è chi riesce a gioire anche delle eliminazioni, perché conscio che la battaglia più importante non si combatte su un campo da gioco o in una vasca di 50 metri. Yusra Mardini, l'atleta siriana rifugiatasi in Germania per scappare dalla guerra nel suo Paese, lo sa bene.
La storia di Yusra era già balzata agli onori delle cronache nei giorni scorsi - scappata della Siria e arrivata in Turchia, è salita su un barcone di notte per raggiungere le mitiche sponde greche, per poi subire il naufragio dell'imbarcazione e salvare, insieme alla sorella e ad altri migranti, le 17 persone a bordo nuotando per 3 ore ininterrottamente -, ma ora la ragazza ha voluto lanciare un nuovo messaggio dalle brillanti piscine olimpioniche di Rio.
Dopo aver disputato la batteria per la qualificazione ai 100 metri stile libero ed aver ottenuto la settimana posizione - non sufficiente a passare il turno -, Yusra si è infatti mostrata radiosa alla stampa, facendo dichiarazioni davvero condierevoli per una ragazza di soli 18 anni. "Non importa il mio risultato, sono comunque felicissima di aver partecipato alle Olimpiadi. Penso di aver aperto gli occhi all'opinione pubblica internazionale sulla questione dei rifugiati".
La nuotatrice attualmente residente a Berlino ha avuto anche un pensiero per il suo Team - quello dei Rifugiati, appunto -, di cui è stata portabandiera nella serata inaugurale dei Giochi. "Il mio Team è fantastico, perché ci sono persone di tutte le etnie, di tutti i Paesi e di tutte le nazioni". Un Team che incarna appieno lo spirito olimpico.
La stessa gioia incondizionata, del resto, è stata espressa dal suo compagno di squadra e collega di disciplina Rami Anis, posizionatosi 56esimo (su 59 sfidanti) alle batterie dei 100 metri stile libero, ma che al termine della gara ha esultato come se avesse vinto. Rami, che si è allenato insieme alla Nazionale belga per tutto l'inverno, ha raccontato la sua felicità su Facebook.
"Oggi è il giorno che ho aspettato fin da quanto ero piccolo. Nuoterò per tutti gli oppressi del mondo e darò il mio meglio". Rami e Yusra hanno già vinto la medaglia d'oro per la sportività.

culturamente mainate ha presentato Donna Fenice V – Crisalidi” di Barbara Cavazzana“

  Ieri sera in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne si è svolto presso il Cen...