Senza volermi sentire troppo sfigato raccolgo le idee in attesa di un finale di estate snervante, un autunno pesante, un inverno infinito e nuove mirabolanti avventure. Solo io sto aspettando il vento fra i capelli, la pioggia sul tetto e le guanciotte rosse dal freddo?
Le loro vigne situate in Gallura, nell’angolo nord orientale della Sardegna. Tra giganti di granito e querce secolari le nostre uve crescono scaldate dal sole d’estate e accarezzate dal vento di maestrale che contribuisce a mantenere un microclima dove i vitigni trovano la loro perfetta ambientazione.
Qui
alleviamo le nostre uve: il Vermentino di Gallura, unica DOCG della Sardegna, il Moscato di Gallura DOC, il Cannonau di Sardegna DOC, il Merlot, il Cabernet, il Pinot e lo Chardonnay.
All’interno della Tenuta di Balajana della Famiglia Mancini, nel comune di Luogosanto, sorgono antichi stazzi galluresi, finemente restaurati, quella che in Gallura viene chiamata cussorgia , nel quale potrete vivere l’atmosfera unica della natura magica e selvaggia e degustare loro vini. Per Ulteriori informazioni ed prenotazioni potete consultare il loro sito
https://www.pieromancini.it/ da cui sono prese le foto delle vigne e la cartina geografica a sinistra oppure andare in loco oppure : 1) informazioni e prenotazioni contattare:Laura: +39 346 5939675 info@vignetipieromancini.it 2) andare se venite dalle nostre parti in loco Vigneti Piero Mancini (Tenuta di Balajana) Strada Provinciale N. 14 Km 4 07020 – Luogosanto (OT) – Sardegna – Italia
La natura qui sa essere davvero bella. Il verde delle colline e della vigna incornicia antichi stazzi fatti di blocchi di granito. Il resto lo fa la passione per la terra e per il sapore dei suoi frutti. Nelle tenute di Balajana, nel cuore incontaminato della Gallura, a poche curve da Luogosanto, la famiglia Mancini ha voluto celebrare una storia che affascina anche gli astemi. Aperitivo sul prato, cena all’aperto, calici di cristallo e musica di sottofondo. La festa dei trenta anni della cantina Piero Mancini ha radunato amici di una vita, esperti del settore, imprenditori e qualche esponente del mondo politico regionale. Il momento più emozionante è stato sicuramente quello in cui signora Marisa, moglie di Piero Mancini, ha voluto raccontare come tutto era nato.
Festa a Balajana. La cantina delle Vigne di Piero Mancini è una delle più importanti in Sardegna, sia per qualità che per numeri di produzione. A farla da padrone è il vermentino, ma vanno forte anche gli altri tipi di vino. Per questo la famiglia Mancini, a trenta anni esatti dalla fondazione della cantina orgogliosamente gallurese, ha organizzato una festa privata per raccontarsi e ringraziare chi c’è sempre stato. Tutto è cominciato prima del tramonto, per non privare gli ospiti dei colori della natura e della grande vigna. Attorno agli stazzi della tenuta è stato prima servito un gustoso aperitivo, poi l’ottima e raffinata cena a base di pesce. A fare gli onori di casa Marisa Paulis, moglie di Mancini, scomparso nel 2001, e poi i tre figli: Laura, responsabile marketing e comunicazione, Alessandro, responsabile area agronomica e commerciale, e Antonio, responsabile area produzione e amministrativa.
Meglio la vigna. La storia della cantina cominciò molto prima della fondazione dell’azienda. «Io e mio marito ci sposammo nel 1959 e da subito capii quali fossero i suoi obiettivi – racconta Marisa Paulis -. I miei parenti mi regalarono come dono di nozze un assegno, con il quale avrei dovuto comprarmi delle posate d’argento. Ma Piero mi prese l’assegno e mi disse: “Che ce ne facciamo delle posate d’argento? Meglio se ci compriamo un pezzo di terreno per piantarci qualche vite”. E così fu». Piero Mancini, originario di Monti, e stimato dentista a Cagliari, subì continuamente il richiamo della Gallura, della terra e della vite. Pian piano cominciò ad acquistare diversi pezzi di terra da trasformare in vigneto, girando anche il mondo per apprendere tutti i segreti legati alla viticoltura.
Trent'anni fa. Nel 1989 Piero Mancini riuscì a coronare il suo sogno di sempre: aprire una cantina tutta sua, proprio di fronte al golfo di Olbia. «Vendemmo tutto quello che avevamo per costruire la cantina. E a me, che protestavo perché al contrario delle mogli dei suoi colleghi non possedevo una pelliccia, diceva: “Tu di che ha tre trattori!”» ricorda col sorriso la moglie. Alla produzione dell’uva venne così affiancata la
vinificazione e l’imbottigliamento. Nacquero i primi vini con l’etichetta Piero Mancini. Il successo fu pressoché immediato: le produzioni Mancini, tutte di grande qualità, ottennero presto il giusto riconoscimento, con l’esportazione che superò fin da subito i confini regionali e nazionali.
la gente non si rende conto che il significato con gli anni ed i secoli cambia e si trasforma da un significato negativo ad uno positivo . E che le parole possono avere anche un altro significato a seconda dei contesti in cui si usano . Per me vedendo tale video che trovate sotto ,ha passato un sentimento di orgoglio per quella cultura. E sì, questa cultura c'è come base la vita selvaggia e questo che è il bello . Infatti rivedendolo mi sembra l'esatto contrario. E' anzi una manifestazione di rispetto nei confronti della civiltà pellerossa. Ma i soliti bigotti benpensanti devono sempre estremizzare tutto. Spero che alla fine la facciano passare comunque.Che cavolo di mondo siamo diventato.Ma dai cosa c'è di offensivo, è una cavolo di pubblicità .
"Quello spot è razzista!": e Dior cancella la campagna social con Johnny Depp Forti proteste per la pubblicità di un profumo che fa riferimento alla cultura dei nativi americani
Bufera social su Dior e Johnny Depp per uno spot di un profumo che fa riferimento alla cultura dei nativi americani. La pubblicità, dopo un lancio su Twitter, è stata giudicata "razzista e profondamente offensiva" da un gran numero di utenti e da rappresentanti della comunità nativo americana, e l'azienda cosmetica ha quindi deciso di cancellare il tweet e ogni riferimento alla campagna dai social media.
"Un autentico viaggio nel profondo dell'anima nativa americana, in un territorio sacro, fondante e secolare" recitava il lancio Twitter. Nello spot per il profumo "Sauvage" si vede Depp camminare nella zona delle Red Rocks, nello Utah, impilando delle rocce per segnare il suo cammino, mentre l'attore Canku One Star interpreta una danza di guerra nativoamericana e l'attrice canadese Tanaya Beatty segue a distanza Depp.
L'accusa è quella di appropriazione di elementi per dare l'idea di una cultura selvaggia e arretrata. "E' profondamente offensivo e razzista - ha detto il Ceo del gruppo di controllo dei media IllumiNative -, non ho idea di come nel 2019 qualcuno possa pensare che una simile campagna possa andare bene".
La casa di moda respinge le accuse. In una nota ha ricordato che il filmato è stato realizzato in collaborazione con consulenti nativi americani proprio con l'obiettivo di "evitare i cliché e l'appropriazione e la sovversione culturale che spesso caratterizzano le rappresentazioni dei nativi".
.... autori e lettori fedeli insorgono: non si spara sul fumetto .
Leggendo questa vignetta di Silvia Ziche mi chiedo ma a che punto siamo ridotti se anche un giornale di centro destra
il foglio , di cui riporto l'articolo sotto è cosi critico e sprezzante verso tali interventi di politici ignoranti ed retrogradi quelli che un tempo si chiamavano vecchi tromboni da https://www.ilfoglio.it/cultura/ del 30\8\2019
È più forte di loro. Proprio non ce la fanno a liberarsi del tic. Quello che, quando c'è da parodiare o sbeffeggiare l'avversario politico, ti porta a citare Topolino. E con lui altri celebri personaggi della Disney (su tutti Pippo e Paperino, ma c'è stato un'epoca in cui andava piuttosto bene anche la Banda Bassotti). Il tic, lo ha ben spiegato David Allegranti sul Foglio [ prime righe libere il resto dell' articolo a pagamento ] , nasce dal fatto che “un pezzo di classe dirigente, politica e intellettuale, piuttosto consistente a dire il vero, è convinto che Topolino sia una scemenza, una roba da ragazzini che non hanno voglia di studiare”. Niente di più falso.
Non solo perché il settimanale Topolino, che lo scorso aprile ha compiuto 70 anni, rappresenta un pezzo di storia, cultura e letteratura del nostro paese. Non solo perché molto spesso sulle pagine di quella che viene considerata come una “lettura da incolti”, sono state romanzate grandi opere letterarie come la Divina Commedia, Don Chisciotte, L'isola del tesoro (giusto per citarne alcune). Ma anche perché, a ben vedere, il personaggio di Topolino rappresenta il prototipo del “sapiente”. Grande risolutore di problemi, con un intuito che molti dei nostri politici, almeno stando agli episodi recenti, non sembrano avere.
Ma nell'epoca dell'ipersemplificazione, del rutto libero, nel messaggio che deve necessariamente parlare alla pancia dei cittadini, titillare i loro istinti belluini, tutto questo non pare aver alcun valore. Così, daje a Topolino. L'ultimo in ordine di tempo è stato Matteo Salvini che descrivendo il governo nascente, frutto dell'accordo Pd-M5s, lo ha definito il governo di “Pippo e Topolino”. Immediata la reazione di Francesco Artibani, sceneggiatore del settimanale, che su Twitter ha commentato: “Matteo, alla fine quello che conta è che mercoledì prossimo Topolino sarà ancora al proprio posto. Tu no. E questo è tutto quello che c'è da sapere”.
Se ho capito bene, @matteosalvini ha di nuovo citato “il governo di Pippo e Topolino”. Ma come dice @Artibani1, Topolino c’è sempre, ogni mercoledì, e lui no. ;-)
Amici, non è citando i singoli capolavori (chissà poi perché, sempre del passato) che si “difende” Topolino. Perché ci sono state anche storie bruttine, brutte, mediocri...
Come è logico, data la quantità.
L’importante è l’enorme valore culturale e artistico nell’insieme.
Insomma l'opposizione Disney è viva e, per fortuna, lotta insieme a noi. Nella speranza che, come dice Faraci, il mondo (politico e non solo) si accorga dell'“enorme valore culturale e artistico” di Topolino e, magari, contribuisca a elevare un po' il livello del dibattito pubblico.
Da qualche anno a questa parte tutti i weekend Pietro Bartolo si mette in viaggio. Europa, Italia, nord, sud, isole. Scuole, circoli, convegni, associazioni, piazze. «Ufficialmente» Pietro Bartolo presenta i suoi libri (prima Lacrime di sale, ora Le stelle di Lampedusa), ma in pratica racconta quel che ha visto e che non può (e non vuole) dimenticare in 30 anni da medico di Lampedusa. Si porta dietro un cd, Pietro Bartolo, e mentre parla chiede di proiettare alle sue spalle, immagini, brevi video.Sono un pugno nello stomaco, dice, ma servono a capire meglio, a rispondere alle peggiori ovvietà dei nostri tempi «perché non te li porti a casa tua?», «non possiamo accoglierli tutti». In questa strana estate di crisi di governo, di navi ONG che continuano a rimanere ferme, in attesa, Pietro Bartolo – reso noto dal documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi e che da qualche mese porta avanti la sua «battaglia» anche a Bruxelles, dove è stato eletto con il Pd e oltre 135 mila preferenze – è arrivato anche a Lipari, isole Eolie. Come Lampedusa, siamo in Sicilia ma dall’altra parte, non quella degli sbarchi dei migranti.«Sono un lampedusano e questo è il mio stesso mare, sono stato medico responsabile lì per 30 anni. Ho trascorso più notti al molo Favaloro che a casa mia», racconta Bartolo, che nella sua prima vita è stato pescatore, scampato a un naufragio, nei giardini del Centro Studi eoliano, «Ho visto tantissime cose, in tutti questi anni, ho visto l’orrore». Ha visitato più di 350 mila migranti, e di ognuno conserva la storia. C’è stata una bambina di 4 anni – arrivata insieme alla madre, violentata, stremata, di cui si prendeva cura – che non voleva più i giocattoli. Non sapeva cosa farsene. E poi Anila, un’altra bambina di 8 anni, sbarcata a Lampedusa da sola, dopo aver attraversato il deserto e conosciuto le violenze della Libia. Anila, come si legge in Le stelle di Lampedusa, cercava la mamma, sapeva che avrebbe potuto trovarla in Europa, senza sapere cosa fosse l’Europa. «Alla fine l’abbiamo trovata, faceva al prostituta in Francia», continua Bartolo, ancora in contatto con molti che ha incrociato: «Alcuni mi telefonano spesso, qualcuno viene anche a trovarmi, altri cerco di continuare ad aiutarli come posso». Ma Bartolo se chiude gli occhi rivede anche tutti quelli senza nome, i cadaveri che ha dovuto fotografare, ispezionare. Moltissimi bambini, come quelli che vide nel 2013, quando aprì i 368 sacchi della grande strage di Lampedusa: «Quei bambini, con i vestitini nuovi, le scarpette, dentro i sacchi non li dimenticherò mai. Le mamme li avevano vestiti a festa, proprio come facciamo noi, per dirci “i nostri bambini e i vostri sono uguali”».
Che situazione c’è oggi al porto di Lampedusa? «Nell’ultimo anno abbiamo notato noi, che siamo la prima frontiera, una riduzione drastica degli arrivi con le barche grandi, ma di piccole ne arrivano tantissime, ogni giorno, dalla Libia, dalla Tunisia. Inutile parlare solo delle ONG, è solo fare campagna elettorale. E anche dire che “diminuendo il numero degli sbarchi, sono diminuiti i morti” è un’altra grande bugia. Non sappiamo quante barche partono ogni giorno dall’Africa, quante ne affondano. Non c’è più nessuno in mare né a controllare, né a documentare, né a salvare queste persone. Pochi giorni fa un peschereccio ha recuperato tre persone da un gommone che stava affondando. Non sappiamo quante altre ne sono morte».
A inizio agosto il parlamento ha approvato il decreto sicurezza bis, fortemente voluto dall’ormai ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Prevede sanzioni e la confisca delle navi che salvano i migranti, e la chiusura dei porti. «Ho pensato ad altre parole ma non ne trovo: è una porcheria immane. E spero che uno dei primi atti del nuovo governo possa essere quello di eliminarlo, almeno per quel che riguarda la parte in cui si stabilisce che salvare le persone è un reato. Salvare le persone è un obbligo, un dovere etico e morale di ogni uomo. A me avevano insegnato che quando una persona ne salva un’altra, diventa un eroe. Salvare una persona è salvare il mondo intero. Adesso le sanzioni previste vanno contro i diritti umani. Ma sono sicuro che un pescatore, davanti a un gommone che sta affondando, se ne frega delle sanzioni, del sequestro, continuerà a salvare vite umane.
Alle ultime elezioni il primo partito a vincere a Lampedusa è stato la Lega. «Io so che i lampedusani continuano ad accogliere. Certo l’onda malefica, come la chiamo io, è arrivata anche qui, c’è chi si è fatto spaventare. Ma sono pochi. Sono quasi 30 anni che mi occupo del fenomeno dell’emigrazione, e lo chiamo fenomeno e non “problema” perché siamo stati noi a farlo diventare un problema. In realtà non c’è mai stata nessuna invasione, i numeri sono sempre ridicoli, si cerca solo di fomentare l’odio ingiustificato. Ma in pericolo c’è la nostra cultura, la nostra costituzione, noi italiani non siamo così, siamo molto meglio. Il Mediterraneo è stato attraversato da tutti i popoli. Da turchi, fenici, egiziani, arabi, greci, spagnoli, tutti hanno navigato in questo mare che ha unito i popoli, mescolato i DNA. Certo, ci sono state anche le guerre ma ci siamo scambiati cultura, religione. Credo che si possa prendere coscienza che, certo, l’immigrazione va regolata ma non esiste alcun pericolo. I valori della nostra civiltà sono quelli dell’accoglienza, della solidarietà, del rispetto alla vita».
Il Parlamento Europeo, a Bruxelles, invece è come se lo aspettava? «Ho scoperto che anche a livello europeo si parla di flussi, di numeri, di porti chiusi, ma spesso si dimentica di parlare di uomini, di persone. L’Europa ha sempre tenuto in considerazione l’Italia, tra i Paesi fondatori, ma ultimamente contiamo poco per via della politica antieuropeista. L’Europa dovrebbe essere più attenta a quelli che sono i diritti umani, intorno a cui è stata fondata, e noi dovremmo occuparci di renderla più forte, più stabile».
Richard Gere, che di recente è salito su Open Arms per aiutare i migranti bloccati a largo di Lampedusa ha detto, «Matteo Salvini fa di un’emergenza umana un caso politico». «Gli immigrati vengono usati per coprire tutti gli altri problemi. Perché, invece, non si parla di lavoro? Quello è un problema reale del nostro Paese. Ma fortunatamente, lo stiamo vedendo, la coperta è corta. Il re può ritrovarsi nudo».
Bartolo, durante la presentazione, blocca lo scorrere delle immagini anche sulla foto della “Porta di Lampedusa, Porta d’Europa”, l’opera di Mimmo Paladino inaugurata nel 2008, in ricordo di chi non è mai arrivato. Si trova sull’ultima punta dell’isola. Dopo c’è solo il mare, dietro l’Italia. «Su quella roccia ci vado spesso, oggi ancora di più. Quando tira lo scirocco, mi sembra di sentirne i lamenti. E quell’odore di cadavere che ti entra dentro. Tante volte durante le ispezioni ho pianto. Tante altre, davanti ai bambini, me ne sono andato. Mi sono sentito impotente, come fosse tutto inutile. Ma sono sempre tornato. C’è sempre bisogno di una coperta, di un tè caldo, di un gesto che faccia sentire umani».
Giuseppe Scano vero . ma un po' di rimpianto te lo fanno venire 'sti odierni politicanti . si ce n'erano anche allora ,e tu che sei di una generazione precedente alla mia dovresti saperlo meglio di me , ma avevano un po' di dignità e di valori e se vogliamo cultura rispetto a quelli d'oggi
Angelo Zarrillo Giuseppe Scano Hai perfettamente ragione gente di cultura superiore, uomini che si combattevano strenuamente ma sempre nel rispetto del avversario. Sono stato poco chiaro anche qui hai ragione tu, volevo dire che se fossero nati oggi il loro pensiero sarebbe al quanto diverso.
A tal proposito, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” questo video ci lascia perplessi. Anche se non c’è alcun profilo di illegittimità se il paziente di 7 anni e i suoi genitori sono contenti e consenzienti non ci sono problemi, ma pubblicarlo su un social è amorale. Del resto oggi farsi pubblicità non è più un tabù. Forse bisogna interrogarsi sul buon gusto di queste immagini. A volte basterebbe il buon senso, ma 1 milione di like in poche ore valgono più del buon senso stesso 🧐😒😞😟🙄😧😲😢
ecco la storia presa da https://varesepress.info/ di agosto E’ tutta indiana l’idea di riprendere un intervento odontoiatrico e trasmetterlo su Facebook. Alcuni medici indiani hanno infatti deciso di pubblicare sul social un’inusuale operazione.
E’ tutta indiana l’idea di riprendere un intervento odontoiatrico e trasmetterlo su Facebook. Alcuni medici indiani hanno infatti deciso di pubblicare sul social un’inusuale operazione. L’11 luglio P. Ravindran di 7 anni, è stato portato al Saveetha Dental College and Hospital di Chennai, dove è stato curato per un gonfiore della mascella inferiore destra. Dopo aver effettuato una radiografia e una TAC, i medici hanno riscontrato una crescita simile a un tumore lungo la mascella inferiore destra che conteneva 526 denti. “Non abbiamo mai visto così tanti denti in nessuna bocca”, ha riferito al giornale Times of India, il dott. Pratibha Ramani, professore e capo del dipartimento di patologia orale e maxillofacciale. I dentisti hanno rimosso la “sacca” in una procedura di un’ora e mezza, gratuitamente. Non è chiaro cosa abbia causato questa inusuale e sproporzionata crescita numerica di denti, unica nel suo genere al mondo, ma i dentisti ritengono che potrebbe essere dovuto a fattori genetici o ambientali. La condizione è nota come odontoma composito composto*, lo riferisce il quotidiano indiano Times of India citando la fonte ospedaliera. Il video che immortala l’intervento con estrazione dei 526 denti, postato sui social, è diventato virale. A tal proposito, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” questo video ci lascia perplessi. Anche se non c’è alcun profilo di illegittimità se il paziente di 7 anni e i suoi genitori sono contenti e consenzienti non ci sono problemi, ma pubblicarlo su un social è amorale. Del resto oggi farsi pubblicità non è più un tabù. Forse bisogna interrogarsi sul buon gusto di queste immagini. A volte basterebbe il buon senso, ma 1 milione di like in poche ore valgono più del buon senso stesso.